i raGazzi SPinTi alla viTa di Massimo Piutti, agosto 2022
“È inevitabile che voi abbiate qui o là dei capelli grigi o delle rughe perché il corpo deve fisico necessariamente invecchiare, ma ricordate che non c’è nessun motivo perché anche l’anima invecchi. In verità essa non deve invecchiare. Per ogni capello grigio o per ogni ruga, l’anima può aggiungere qualcosa di fresco e nuovo. Allora l’invecchiamento è solo la corretta via voluta dallo spirito.” 1
“Dopo quanto ho veduto di piante e di pesci, presso Napoli e in Sicilia, sarei molto tentato, se fossi più giovane di dieci anni, di fare un viaggio in India, non già per scoprire cose nuove, ma per contemplare a modo mio quelle già scoperte” 2
Se i giovani guardassero con spregiudicatezza dentro se stessi, si accorgerebbero della bellezza, della vastità e della complessità del proprio mondo interiore, ma se tale realtà fosse semplice speculazione mentale dettata da meri processi bio-chimici, ciò non porterebbe a nessun miglioramento della persona e anzi molto spesso la condurrebbe inconsciamente a una sorta di depressione. Questo cinico ateismo spinto, mutilato da un profondo materialismo culturale provoca un forte dolore latente che col tempo reca inevitabilmente problemi animici, spingendo i ragazzi a rifugiarsi in mondi spirituali inferiori, abbondantemente propinati come “svago” dall’attuale società. Oggidì si assiste impassibili da un lato a intere schiere di hikikomori3, ragazzi follemente chiusi in se stessi, e dall’altro ad “animali da festa” fomentatori di una socialità da bar marcatamente materialista.
Come si può coltivare un vero approccio alla profondità dell’arte di vivere?
La perdita costante di effimere certezze trovate al di fuori del singolo, ha il pregio di spingere necessariamente, presto o tardi, a dare maggior peso al proprio io, a rivedere i propri ideali per agire nel mondo secondo una volontà individuale libera per quanto possibile. Gli errori lungo la strada provocano dolore e il dolore vuole essere compreso perché l’uomo dando un senso alla sofferenza, ne attenua gli effetti, ma soprattutto incomincia a farsi domande. Proprio il domandare, se è spinto da una vera ricerca di conoscenza, porta alle più alte mete della saggezza, poiché “[…] la massima saggezza del mondo si raggiunge sopportando con calma sofferenze e dolori.” 4
Il malessere non proviene solo da malattie e incidenti, attualmente si sperimentano sempre più i dolori dell’anima derivanti da relazioni malsane, figlie di una società malata. In questo panorama i ragazzi maggiormente volenterosi di trovare o perlomeno cercare di dare un senso a quello che si
trova sulla loro strada, condividono alcuni pensieri o domande con persone più anziane o comunque più instradate sulla via della vita. Molte riflessioni però saranno comprese solo col tempo, in seguito a maturazioni biografiche, com’è giusto che sia, poiché frutto del karma individuale.
Si sente dire spesso che la gioventù d’oggi è molto sensibile e per certi versi si tratta di un’evoluzione verso un criterio empatico alla vita, se altruista. Ciononostante si rischia di dare troppa importanza alle emozioni e alle sensazioni, ci dimentichiamo che da un piacere frivolo possono derivare molte sofferenze e che queste sono da ricondurre ad un approccio, per così dire, esagerato e disinibito alla libertà, che facilmente degrada in ideologia liberista. La dimensione del sentire umano secondo l’antroposofia dimora ancora in una sfera sognante per cui non si può dare la stessa importanza tra il sentire e il pensare. Il primo è in stato di sogno, mentre il secondo in stato di veglia, per cui partire dal secondo per prendere decisioni sarebbe più saggio a meno di fare un serio percorso per educare coscientemente i sentimenti.
In tal guisa un ruolo importante viene giocato dall’educazione e dall’alimentazione, quest’ultima in particolare viene costantemente malmenata da tutta una serie di inquinanti più o meno visibili ma che comunque si palesano negli effetti dei corpi.
L’educazione viene anch’essa bistrattata nell’attuale contesto europeo e mondiale, è soprattutto ostacolata da logiche industriali e funzionali al lavoro materialista fine a se stesso. In particolare i ragazzi fin da giovanissimi vengono imbottiti di concetti astratti, che oltre ad appesantire la memoria, troncano o manipolano il rapporto diretto con la fantasia e l’immaginazione. I bambini prima e i ragazzi poi si trovano a lottare per costruirsi un sano mondo colorato ed immaginifico
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interiore. Ci sono altre forze che contrariamente al corretto sviluppo evolutivo vogliono preconfezionare le immagini e gradualmente (oramai neppure così velatamente) renderle brutte e togliere o deviare la fantasia dei bambini.
Se però si riuscirà ad influire in modo sanno sull’educazione e sull’alimentazione dei piccoli, si potranno liberamente formare dei giovani con fantasia propria, non con pericolose fantasticherie fuorvianti, bensì con una fantasia che faticosamente avranno preservato e costruito, nonché ripescato dalle profondità della loro anima, facendosi largo tra cumuli di immagini spazzatura altamente manipolate e manipolanti. Tale fantasia avrà un carattere molto più forte di quella dei nostri bis-nonni. Sarà coltivata consapevolmente da parte dell’educatore e passando attraverso la “prova del fuoco” delle orrende immagini attualmente propinate a piene mani da parte di tutti gli organi di informazione e commercio, si arriverà ad una fantasia veramente creativa di bene.
L’adulto ha il compito di metterli al riparo da modelli degenerati, per quanto possibile, e cercare di stimolare le loro forze, sviluppandole attraverso un’individuale fantasia morale posta al servizio della parte migliore della società, quella che vuole il vero bene. Per fare ciò sarà necessario partire dalle fondamenta, educandoli ad andare per il mondo con le loro forze, a parlare e a pensare con il cuore. Stimolare il bambino
mediante imitazione di modelli rivolti al buono, al bello e al vero, a cui di pari passo sarà necessario far produrre per mezzo della fantasia qualcosa di nuovo nel mondo.
Serve tanta imitazione quanta fantasia creativa.
Un’importanza fondamentale la riveste l’arte con la musica, la pittura, l’euritmia, la poesia, la fiaba, la scultura, il modellaggio. L’educazione trattata artisticamente sarà assolutamente necessaria, ma dovrà basarsi non solo su un’attività imitativa, ma anche creativa e sarà la fantasia morale, infantile prima e giovanile poi, nata da un individualismo etico e amoroso a formare, mediante archetipi elevati, la nuova società. Il giovane potrà finalmente con occhi diversi, vedere il mondo per fare ciò che è chiamato, per il bene dei suoi fratelli e sorelle.
L’invito è a non aver paura per quello che potrà succederci in futuro, ogni singolo avvenimento sarà per il nostro bene vero, per aiutarci a crescere secondo la decisione saggia intrapresa da tutto il cosmo. A noi il compito di vedere la meraviglia che si nasconde dietro ogni fatto non casuale della vita, che ci parla proprio di noi, di come siamo, ma soprattutto di come saremo.
NOTE
1 - Citazione orale di Rudolf Steiner, raccontata da Herbert Hahn nel 1963 ad un amico, contenuta all’interno di Rudolf Steiner, Lezioni Esoteriche Volume III: 1913-1923, Stampa in Proprio, Prima ristampa 2019, traduzione di Paolo Fuga e Lidoina Polati - pg. 430
2 - Lettera di Johann Wolfgang von Goethe a Karl Ludwig von Knebel dall’Italia datata 18 agosto 1787
3 - “Letteralmente “stare in disparte” (dalle parole hiku “tirare” e komoru “ritirarsi”), il termine si riferisce alla decisione di abbandonare la vita sociale a favore di un totale isolamento. Gli Hikikomori (termine coniato dallo psichiatra giapponese Tamaki Saitō) si rifiutano di avere qualsiasi tipo di contatto con amici e parenti recludendosi nella propria cameretta.” tratto da https://www.cogitoetvolo.it/hikikomoriuna-moderna-solitudine/
4 - Rudolf Steiner, La saggezza dei Rosacroce, Editrice Antroposofica, O.O. 99, Milano, 2021 - pg. 65
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Qualsiasi cosa accada, qualunque cosa, a me sconosciuta, possa accadermi nella prossima ora o domani, certamente non la potrò modificare con la paura e l’ansia.
L’affronto dunque con perfetta pace interiore, con il mare del sentire perfettamente calmo.
Paura ed angoscia paralizzano la nostra evoluzione; respingiamo allora le ondate di paura e di ansia per quanto nella nostra anima ci viene incontro dal futuro.
La devozione nei confronti di ciò che viene chiamato la Sapienza divina presente negli eventi, la certezza che qualsiasi cosa accadrà perché doveva accadere, e che – qualsiasi ne sia la direzione – avrà comunque i suoi effetti positivi; traducendo questo atteggiamento animico in parole, sentimenti, idee, realizziamo lo stato d’animo della preghiera devota.
Ciò appartiene a quello che dobbiamo imparare in questo tempo: dobbiamo imparare a vivere con pura fiducia, senza alcuna sicurezza nell’esistenza, con la fiducia nell’aiuto sempre presente del mondo spirituale. In verità oggi non può essere altrimenti, se il coraggio non deve inabissarsi. Discipliniamo adeguatamente la nostra volontà e cerchiamo il risveglio interiore ogni mattina e ogni sera.
Mattina: Oh Michele, Mi raccomando alla tua protezione
Con tutte le forze del mio cuore, Pongo me stesso sotto la tua egida, Così che l’albeggiare di questo giorno
Possa essere un’immagine del giusto Destino in atto che appartiene al tuo essere.
Sera:
Porto il mio dolore nel Sole al tramonto, Pongo tutte le mie preoccupazioni nel suo radiante grembo:
Purificate dalla Luce, Trasformate attraverso l’Amore, Ritornano come pensieri rinvigorenti, Come forza per atti di gioioso sacrificio.
13 COnTrO la PaUra
Rudolf Steiner, L’intima natura della preghiera, O.O. 59, 4^ conferenza, Berlino, 17 febbraio 1910
QUal’è l’aziOne deGli OSTaCOlaTOri nel nOSTrO TemPO?
di Yarince Vicenzo, settembre 2022
“Oggi lo seducono in una sorta di materialismo teorico. Ma nel futuro [...] oscureranno la vista dell’uomo sulle entità spirituali e sui poteri spirituali. L’uomo non saprà e non vorrà sapere nulla di un mondo spirituale. Insegnerà sempre di più non solo che le idee morali più elevate dell’uomo sono solo forme più elevate degli istinti animali, non solo che il pensiero umano è solo una trasformazione di ciò che anche l’animale ha, non solo che l’uomo non è solo legato all’animale nella forma, ma che discende dall’animale anche nel suo intero essere, e l’uomo prenderà sul serio questa visione e vivrà in questo modo.
Oggi nessuno vive nel senso della proposizione che l’uomo discende dagli animali nella sua essenza. [...] Gli uomini con questa visione del mondo vivranno come animali, sprofonderanno in meri istinti e passioni animali. E in molte delle cose che [...] ora si stanno manifestando, soprattutto nei luoghi delle grandi città, come orge desolate di sensualità senza scopo, vediamo già grotteschi bagliori infernali di quegli spiriti che chiamiamo Asurici” 1
La Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner descrive come l’essere umano nel corso della sua evoluzione sia stato aiutato e ostacolato da diverse entità spirituali. Questa rubrica affronta entrambe le correnti, tenendo in considerazione come esse siano attive ancora oggi e da non relegare al passato, e sottolineando come sia gli esseri che sostengono l’evoluzione sia quelli che la contrastano abbiano contribuito e continuamente contribuiscano a un disegno più ampio: quello dello sviluppo della Libertà umana. Questo “perché ogni forza può diventare più forte solo attraverso la contrapposizione con la controforza. Se non ci fosse la possibilità di sbagliare noi non potremmo evolverci nel pensare. La controforza del pensare è l’errore, e la possibilità di sbagliare deve esserci perché attraverso l’errore, attraverso il fatto che io posso sempre tornare a sbagliarmi vengo portato o a riconoscerlo oppure a patire le conseguenze delle mie illusioni, dei miei errori. Interagire con le controforze serve a rendermi sempre migliore a livello di forze pensanti, sempre meno incline a cadere in errore.” 2 Data la vastità e la complessità degli argomenti trattati, il nostro tema presuppone una conoscenza di base dell’Antroposofia, e in particolare dell’evoluzione umana così come viene descritta ne La Scienza Occulta nelle sue Linee generali (O.O.13). Per questo motivo non si entrerà nei dettagli già descritti in questo libro, ma si tenterà invece di caratterizzare alcune di queste entità, indagando poi dove se ne esplichi l’azione nel nostro tempo. Nella speranza di non risultare dogmatici, lo spazio di questa rubrica è impostato come un libero scambio tra i lettori e l’autore: sono perciò assolutamente benvenute domande o considerazioni.
Cominciamo caratterizzando le quattro entità ostacolatrici principali:
· Lucifero, entità rimasta indietro rispetto all’evoluzione degli Angeli (figli della vita) sull’antica Luna, ha natura astrale e agisce sull’essere umano seducendo e inducendo desideri e tentazioni; cerca inoltre di distogliere dalla materia portando nel passato, nel sogno e nell’illusione. Agisce dalla sfera lunare ed è legato agli alcaloidi e ai campi elettrici artificiali.
È anche l’entità grazie alla quale abbiamo sviluppato il libero arbitro. A questo proposito Steiner scrive: “Gli spiriti luciferici diedero all’uomo la possibilità di esplicare nella sua coscienza una libera attività, ma lo esposero al contempo anche alla possibilità dell’errore e del
male.” 3 e più avanti “La paura è una conseguenza diretta dell’errore. Ma si vede anche come, con l’influsso luciferico, l’uomo sia diventato indipendente da certe forze a cui prima era stato volontariamente devoto. Ora poteva prendere decisioni di sua iniziativa. La libertà è il risultato di questa influenza. E la paura e sentimenti simili sono solo concomitanti allo sviluppo dell’uomo verso la libertà.” 4
Pietro Archiati ne scrive così: “la dimensione luciferica è l’egoismo interiore, dove tutti gli impulsi dell’anima, invece di aprirsi con amore verso gli altri esseri, ritornano avidamente in se stessi. La realtà del maiale è sempre stata presa a simbolo di impurità interiore: è l’unico animale che si avvoltola con voracità dentro ai propri escrementi. Non altrimenti opera l’egoismo dell’essere umano incapsulato in sé. L’egoismo è la malattia del microcosmo legata al mistero della vergogna: l’incapacità di affrontare il mondo delle proprie brutture egoistiche oggettivandole, distanziandosene, guardandole frontalmente con sincerità, porta l’essere umano a viverci come nel proprio ambiente, ad avvilupparvisi dentro con autocompiacimento.” 5
L’Arcangelo che più direttamente ci aiuta a trasformare gli influssi luciferici è Raffaele (Primavera).
· Arimane, entità rimasta indietro rispetto all’evoluzione degli Arcangeli (spiriti del fuoco) sull’antico Sole, costituisce il karma di Lucifero. Esso ha natura eterica e agisce portando verso la materia e il materialismo, distogliendo dallo Spirito; si esprime in tutti i processi di fissazione, da sclerotizzazioni e calcificazioni alla scrittura e alle macchine. Agisce dalla sfera di Mercurio ed è legato alla violenza, alla prevaricazione e al magnetismo artificiale.
“Da un punto di vista spirituale, la comparsa della paura è dovuta al fatto che all’interno delle forze terrestri, sotto la cui influenza l’uomo era giunto attraverso le potenze luciferiche, erano attive altre potenze che avevano assunto irregolarità molto prima nel corso dello sviluppo rispetto a quelle luciferiche. Con le forze della terra, l’uomo ha accolto le influenze di queste potenze nel suo essere, le quali hanno dato ai sentimenti, che senza di esse avrebbero avuto una direzione ben diversa, la qualità della paura. Queste entità possono essere chiamate arimaniche; sono le stesse che - nel senso di Goethe - sono chiamate mefistofeliche.” 6
Pietro Archiati ne scrive così: “la dimensione arimanica è quella dell’illusione che il mondo della materia sia il mondo reale, unico e
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definitivo. Questa malattia nasce dalla paura di fronte all’infinita complessità dello spirituale, di fronte al macrocosmo: la paura genera allora nell’uomo il desiderio di afferrare e soggiogare ciò che sembra stabile, misurabile, controllabile. La malattia del materialismo è dunque la volontà di ridursi al percepibile fisico come inconscia reazione allo spavento che suscita l’affacciarsi all’universo spirituale, dove ci si smarrisce fra miriadi di esseri - esseri del bene e esseri del male - se non si ha la facoltà di distinguerli, se non esiste in noi orientamento spirituale. [...]
Il mistero del rapporto col mondo esterno, che ho già descritto in chiave di iniziazione macrocosmica del nord, è sempre stato espresso nella tradizione esoterica con l’immagine del fiuto sensibilissimo del cane. Il cane si pone, attraverso il fiuto, in relazione col mondo esterno cogliendo qualità olfattive molto più fini di quanto sia concesso a noi. Trasposto nell’essere umano, questo istinto animale diventa il materialismo del pensare arimanico: esso ci fa fiutare tutte le situazioni per sfruttarle al meglio, a danno degli altri. [...]
L’impulso arimanico, disattendendo lo spirito, si serve con grande intelligenza delle qualità della materia sviluppando il senso del potere, la prepotenza, il soverchiamento. Il muso lungo del cane è una metamorfosi dell’organo umano della percezione - della facoltà appercettiva - che fa sorgere nell’uomo non sensazioni olfattive bensì rappresentazioni, come base del pensiero libero.” 7
L’Arcangelo che più direttamente ci aiuta a trasformare gli influssi arimanici è Gabriele (Inverno).
· Gli Asuras, entità rimaste indietro rispetto all’evoluzione degli Archai o Principati (spiriti del tempo o della personalità) sull’antico Saturno, costituiscono il karma di Arimane. Essi agiscono creando il nulla, portando alla distruzione della materia. Agiscono dalla sfera di Venere e sono legati al sadismo, alle torture e alla radioattività artificiale.
“Gli Asuras - i malvagi - sono entità che hanno una volontà diretta al male di un grado superiore a quella delle entità arimaniche e di due gradi superiore a quella delle entità luciferiche.” 8
“Sono di gran lunga i più dannosi e colpiscono soprattutto la vita sessuale, cioè il corpo fisico. Le numerose aberrazioni sessuali del presente sono dovute a questo forte afflusso.” 9
L’Arcangelo che più direttamente ci aiuta a trasformare gli influssi asurici è Uriele (Estate).
· Sorat, demone solare della Rivelazione di Giovanni, costituisce il karma degli Asuras. Esso agisce dalla sfera Solare annichilendo lo Spirito e l’Io umano.
“Ecco perché è così importante che tutto ciò che può tendere alla spiritualità lo faccia davvero. Perché ciò che resiste alla spiritualità resterà indietro, perché non lavora, per così dire, in regime di libertà, ma di determinazione. Questa determinazione farà sì che alla fine di questo secolo Sorat sarà di nuovo libero e che la lotta per spazzare via tutto ciò che è spirituale sarà nelle intenzioni di un gran numero di anime terrestri, come l’Apocalisse prevede profeticamente nel volto animale e nella forza animale per quanto riguarda l’esecuzione delle azioni antagoniste contro lo spirituale. Oggi, del resto, ci sono già veri e propri sviluppi di rabbia contro lo spirituale. Ma questi sono solo i primi germi.” 10
L’Arcangelo che più direttamente ci aiuta a trasformare gli influssi di Sorat è Michele (Autunno).
Fatte queste premesse che ci permettono una visione d’insieme
e che ci accompagneranno nel nostro percorso, possiamo proseguire ponendoci alcune domande: qual è l’azione degli Ostacolatori nel nostro tempo? E con quali azioni può rispondere l’essere umano per contrastare o trasformare la loro azione?
Viviamo in un’epoca in cui il mondo globalizzato e industrializzato delle macchine e della tecnologia è diventato pressoché indispensabile per l’esistenza umana. L’utilizzo sistematico di elettricità, internet, computer e telefoni cellulari è diventato per l’uomo una necessità imprescindibile. Per fare alcuni esempi: sono ormai diventati una minoranza coloro che sanno ancora orientarsi senza navigatore gps, così come coloro che sanno accontentarsi di spostamenti e comunicazioni più lenti.
Appare chiaro che a causa di questi strumenti l’essere umano ha gradualmente perso delle facoltà interiori: il collegamento con la natura, con gli altri esseri umani e con il mondo spirituale. Si può anzi osservare come in realtà le invenzioni tecnologiche del nostro tempo riproducano o anticipino nel mondo fisico materiale lo sviluppo di facoltà superiori umane che anelano manifestarsi. Possiamo addirittura arrivare a fare dei parallelismi diretti tra alcune conquiste tecnologiche dell’umanità e la corrispettiva facoltà spirituale per così dire “mancata”: cosa ha rappresentato lo sbarco sulla Luna nel Luglio del 1969 se non un tentativo di raggiungere le sfere celesti superiori trasposto nella materialitá? Cosa rappresentano gli schermi dei vari dispositivi (televisori, computer, telefoni, tablet, cinema, ecc..) se non una trasposizione arimanica della chiaroveggenza che l’essere umano è chiamato a sviluppare?
Questi sono solamente alcuni esempi sui quali invitiamo a riflettere, a scriverci considerazioni personali o a trovarne di nuovi e più significativi.
Ma potremmo allora domandarci: se le macchine rispondono a bisogni connaturati allo spirito umano, dove sarebbe il problema? Perché portare sul piano fisico queste immagini spirituali non potrebbe essere considerata una direzione evolutiva?
Cerchiamo di comprendere meglio quale sia il dramma di avere svenduto le nostre facoltà superiori ad Arimane. Innanzitutto stiamo parlando di facoltà spirituali che nascono da lunghe preparazioni e percorsi iniziatici, che invece, portate incontro all’uomo di oggi dall’esterno e a buon mercato attraverso la tecnologia, rappresentano un vero e proprio trauma per la coscienza ordinaria a cui viene concesso uno strumento senza essersi guadagnata la capacità interiore di poterlo usare. Da queste premesse può forse risultare più comprensibile la grande difficoltà di orientamento nel mondo digitale e tecnologico odierno: queste sono le stesse che incontrerebbe una persona impreparata alla soglia dei mondi spirituali. La domanda è dunque: come possiamo affrontare questa preparazione? Inoltre, l’aver riprodotto sul piano fisico le facoltà che l’essere umano avrebbe cercato nello spirito ha permesso di colmare e spegnere quella sete e quella necessità di un percorso spirituale. Un’ultima domanda allora sarebbe: nonostante ciò potrebbe essere possibile convivere con le macchine senza che l’essenza e l’esistenza umane ne vengano annichilite? In che modo?
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L’autore affronterà queste e altre domande sul numero seguente. Intanto, per condividere riflessioni e considerazioni o porre domande, invita caldamente i lettori a contattarlo via mail oppure per lettera “per chi sa accontentarsi di una comunicazione più lenta”. Indirizzo elettronico e/o fisico dell’autore possono essere richiesti contattando la Redazione.
Beato Angelico e Benozzo Gozzoli nel 1447 e completato da Luca Signorelli 1499-1502 - Dettaglio della cappella di San Brizio, o cappella Nova, si trova nel transetto destro del duomo di Orvieto.
Dettaglio di Storie degli ultimi giorni, predica e fatti dell’Anticristo
NOTE
1 - Rudolf Steiner, Geisteswissenschaftliche Menschenkunde GA 107, Rudolf Steiner Verlag, Dornach 1988, pp. 249-250
2 - Pietro Archiati, L’Apocalisse di Giovanni. Presente e futuro dell’umanità - Vol. 2, Archiati Edizioni, Cumiana 2010, p. 20
3 - Rudolf Steiner, La scienza occulta nelle sue linee generali O.O. 13, Edizione Antroposofica, p. 187
4 - Ibidem, p.192
5 - Pietro Archiati, Lettura esoterica dei vangeli, L’Opera Editrice, Roma 1996, capitolo 4, p. 46
6 - Steiner, La scienza occulta nelle sue linee generali, pp.192-193
7 - Archiati, Lettura esoterica dei vangeli, capitolo 4, p. 46
8 - Rudolf Steiner, Geistige Hierarchien und ihre Widerspiegelung in der physischen Welt GA 110, Rudolf Steiner Verlag, Dornach 1991, p. 178
9 - Rudolf Steiner, Aus den Inhalten der esoterischen Stunden GA 266a, Rudolf Steiner Verlag, Dornach 1996, p. 169
10 - Rudolf Steiner, Vorträge und Kurse über christlich-religiöses Wirken GA 346, Rudolf Steiner Verlag, Dornach 2001, p. 123
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Von drüben tönt ein Ruf zu mir Dall’Aldilà risuona fino a me un richiamo
Von drüben tönt ein Ruf zu mir: Dem Feind der Liebe und des Lichts ins Auge schauen! Weiter nichts verlangt der Engel jetzt von dir!
Nur dass du wie ein Spiegel wirst, worin der Dämon sich erkennt, in deiner Läuterung verbrennt, Das Böse in sich selbst zerbirst.
Der Herr des Schicksals fordert nicht, dass du die Hand als Richter hebst, nur dass du in der Wahrheit lebst: Der Geist ist selber das Gericht.
Dall’aldilà risuona fino a me un richiamo: Guarda negli occhi di chi è nemico dell’amore e della luce! L’Angelo per ora, ti richiede soltanto questo.
Solo, che tu sia come uno specchio in cui il Demone si potrà riconoscere e nella tua luce purificatrice, ardere: e il Cattivo da sé si sarà spezzato.
Albert Steffen, “Von drüben tönt ein Ruf zu mir” in Wach auf, du Todesschläfer (1941)
Il Signore del destino non pretende che tu alzi la mano, come Giudice, ma soltanto che tu nella verità viva: Lo Spirito stesso è il Tribunale. traduzione
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di Kata Szabados
Giotto e bottega, S. Michele arcangelo e il drago, Cappella degli Scrovegni, Padova, XIV secolo
Per Un CamminO del COraGGiO di Kata Szabados, agosto 2022
Un paesaggio roccioso, desolato; si vedono a perdita d’occhio le innumerevoli configurazioni calcaree, di color biancogiallastro: come se camminassi in un altro pianeta, soprattutto, quando questo spettacolo della Natura viene illuminato dal caldo sole di un’estate indiana, l’aria è folgorante. Vicino, le rovine incantate di un castello. Qui il tempo non corre come è solito fare, con una fretta smisurata e troppi impulsi esteriori, ma l’atmosfera calma che ci accoglie, è a misura di noi, bambini di prima classe.
Non ci voleva tanta strada dalla scuola per arrivarci, anche se da bimba di prima classe già quella tappa introduttiva mi sembrava lunga. Grazie a Dio, c’era anche qualche macchia più verde e poi sempre più zone boscose.
Al momento della vera partenza per la cosiddetta « prova del coraggio » del giorno di Michele, la nostra maestra ci ha messi in cammino individualmente. A volte vedevo un compagno camminare là un po’ più avanti, o quello brancolante dietro di me, così almeno vedevo qualche volto conosciuto sul sentiero. Per il resto camminavo sola sola.
Ogni qualche centinaia di metri, da dietro cespugli, alberi e rocce, si sono fatti avanti degli esseri: qua figure ostacolatrici e demoniache, dai vestiti scuri e là figure soccorritrici, angeliche, vestite di bianco. Gli esseri cattivi volevano rallentarmi nel mio cammino, ponendomi ad esempio un enigma. Il premio per la risposta: un bicchiere colmo di un liquido rosso – è sangue! –sussurrava con un sorriso astuto uno dei diavoli; neanche a sette anni ci credevo: ci davano un buonissimo sciroppo di lampone! Quando dovevano, gli aiutanti angelici sono intervenuti, prendendoci per mano, accompagnandoci per un pezzo. La portata del loro influsso era sempre più grande di quella degli
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esseri maligni: bastava un loro gesto e quelli vestiti di nero si ritiravano subito nella boscaglia, per prepararsi a spaventare i prossimi bambini. I bimbi troppo intimiditi venivano presi e dati a passamano dagli angeli.
Ai due terzi della strada è giunta la vera prova: scendere – nel senso più stretto del termine – nella grotta del drago. Da questo punto di vista, quel paesaggio era dotato di tali meravigliose caratteristiche da non poter augurarsi niente di meglio. Per entrare nella caverna del dragone si è dovuti passare per un buco più stretto e discendere nella frescura e penombra del covo. Questa situazione era già veramente seria e pericolosa, qui ormai anche i maestri facevano da guardia, per poter soccorrere chi stava per scivolare. Un po’ di scivolamento ci voleva: mi ricordo come ogni anno ero di fretta per la paura; eppure, dalla seconda classe sapevo cosa (e chi) mi avrebbe attesa nella gita di fine settembre; certamente volevo scendere ma soprattutto salire sulla superficie sicura velocemente, ed allontanarmi dal regno del drago il prima possibile. Nella caverna non si poteva vedere il mostro, non che avessi il coraggio di guardare attorno; invece, si faceva sentire bene la sua brontolante, orrenda voce (i ragazzi della superiore e forse anche qualche maestro, rantolavano secondo le loro migliori capacità). Tutt’oggi sento l’eco di quei suoni e quel mio cuore che avevo in gola. Giù nella grotta dovevamo prendere da un vassoio un sassolino rosa-bianco. Quei sassolini chiari erano le anime catturate dal drago, e noi prendendoli in mano, le avremmo riconquistate e liberate. Il sassolino è il tesoro, il pegno e speranza della vittoria del Bene, che va custodito con cura nel resto del cammino. Ancora un pezzo di strada, oramai con passi e cuore decisamente più leggeri. In cima alla
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1]
collina del calvario della vicina cittadina ci attendevano già i nostri maestri.
Quando ogni bambino ha finito di percorre il sentiero, interiore ed esteriore, ed è arrivato sano e salvo sul calvario, in un’aria maestosa, tutta la scuola si riuniva attorno all’enorme bilancia, sotto l’ombra dei tre crocifissi. In uno dei bracci della bilancia è posata una grande pietra nera, è il cuore del dragone, dicevano così. Ma ancora lo si doveva sconfiggere definitivamente, come con un ultimo fatale colpo di spada (e l’impugnatura della spada raggiante di Michele veniva invisibilmente presa dalle tante manine dei bambini): sconfiggerlo con i numerosi sassolini raccolti, ammontati sull’altro braccio della bilancia.
Quella conferma arrivata dal mondo esteriore, così desiderata e necessaria per le anime, quel sollievo che permeava i cuori profondi e si diffondeva sulle guance rubiconde dei bambini, quando i sassolini risultavano più pesanti della pietra nera! Ha vinto il Bene, ma certo, così deve essere sempre, è così che ci raccontavano nelle fiabe, a casa, all’asilo, alla scuola...e allora, lì, alla prova di coraggio di San Michele, un mese dopo l’inizio del nostro primo anno scolastico, abbiamo vissuto la fiaba più reale: la lotta tra il Bene e il Male, e infine, il trionfo del Bene. Con quel paesaggio, con quel drago brontolante mi sono trovata esattamente tra quegli scenari che conoscevo bene dalle fiabe. Scenari, che vedevo e rivivevo mille volte davanti agli occhi dell’anima: e allora, agli inizi del mio secondo settennio, ho effettivamente vissuto tutto sulla mia propria pelle. Non si poteva mica scherzare più. La posta in gioco era stata seria da morire, e questo lo potevo sentire fino nel più profondo dell’anima. E la nostra vittoria, accompagnata dal frullo delle ali dell’Arcangelo, aveva un peso altrettanto reale.
Dalla quarta classe in poi, la prova del coraggio dei più piccoli si è trasformata in una gita, dove pero’ alla fine della camminata ognuno doveva aver raccolto due pietre dalla giusta dimensione; una più scura, in proporzione alle proprie azioni cattive e una chiara, che rispecchiasse, per così dire, quante azioni buone avevamo svolto nel periodo di Michele.
In sesta ci toccava scegliere, se volevamo travestirci da diavoli e come forze ostacolatrici intimidire quelli della prima, seconda e terza, oppure da angeli, per aiutarli. Era un’ esperienza esaltante, vivere il tutto anche dall’altra parte. Vestita da bianco, con una ghirlanda di perle bianche nei capelli e con un flauto dolce nella mano, sono andata sul luogo con la mia classe, con la maestra di classe e quella di musica, ben prima dell’inizio della prova. Ci stavamo preparando, valutando i campi, dividendo sedi e compiti; abbiamo preparato anche un accompagnamento musicale, con le melodie legate alla festa di San Michele che tutti quelli un po’ più grandi conoscevano bene. Emozionata, aspettavo che comparissero i primi bambini; noi angeli ci siamo messi a coppie su luoghi ben visibili anche da lontano, sui risalti delle rocce, ma anche nei punti di crocevia, per poter indicare la strada giusta.
Ciò che allora, sia da piccola, sia da più grande, ormai verso la fine del secondo settennio, ho potuto vivere nella nostra scuola Waldorf, vive tutt’oggi in me accompagnandomi con immagini vive, a volte anche assai forti. Un cammino di una portata così vasta, che ha messo alla prova forza e coraggio delle nostre anime e cuori ma perfino dei nostri piccoli corpi ancora in
sviluppo, lascia il suo segno ben nel profondo, indubbiamente. E cosa ne porto avanti, come mi nutro oggi di quell’esperienza?
Ho imparato, che in generale le festività, e in questo caso, il giorno di San Michele, quanto profondamente si possa vivere e così festeggiare in modo autentico, anno dopo anno. Abbiamo potuto percepire l’essere dell’Arcangelo vicinissimo a noi, ovviamente all’epoca senza la minima coscienza. L’impatto esercitato sulle nostre anime – spesso di bambini di città – della natura autunnale in cui siamo stati immersi per ben mezza giornata, non è da trascurare. Grazie al seguire e al vivere tutto il ciclo delle feste dell’anno in questo modo, un sano ritmo del respiro della Terra si è incorporato, quasi inosservabilmente e con naturalezza, nella nostra vita. Tutto questo si presentava come un terreno nutriente, meraviglioso ed essenziale per la nostra vita animica, così da incentivare almeno qualche sincera riflessione ed esame di coscienza quando oggi, da giovani adulti, ci troviamo in prossimità di un giorno significativo come quello di San Michele. Quest’aspirazione di immedesimarsi con la giusta atmosfera delle feste con i giusti preparativi, la presentazione della loro vera, autentica ed archetipica essenza è di un’ importanza immensa nei nostri giorni. Per cui questa caratteristica non può che essere uno dei pregi più grandi delle Scuole Steineriane.
Nel mondo d’oggi, è altrettanto ben evidente la lotta, sempre più sanguinosa ed espansa tra le forze del Bene e del Male, quanto noi abbiamo vissuto reale la lotta di Michele (e con la sua, la nostra lotta interiore) contro il drago. Forse è meno visibile e la maggior parte degli uomini sta ancora dormendo qualche sonno profondo ed è intenzionalmente addormentata; forse stanno sotto l’effetto inibitore di qualche Driade, a sonnecchiare in un prato perduto, mentre un gruppo di persone, già svegliate, stanno alla ricerca dei sassolini bianchi dispersi. E’ chiaro che stiano agendo esseri molto più oscuri e maligni delle ninfe degli alberi; stanno lavorando giorno e notte per far addormentare la gente o manipolare quelli svegli, per averli dalla propria parte: più di un sassolino bianco è passato nell’altro braccio della bilancia.
Oggi spesso il falso è annunciato come vero e la vera verità passa sotto silenzio, colui che è vero, viene zittito. Udire l’ausiliatore frullo d’ali di Michele è sempre più difficile oggi, in quella baruffa celeste e tra i nostri rumori (fin troppo) terrestri. Eppure, altra strada non abbiamo di fronte alla discesa totale, che trovare San Michele, chiamandolo e poi, sotto le sue ali protettrici, combattere come suoi servitori. E Lui ci pretende l’agire, non il pensare; azioni, non parole2. E questo non è da poco, se ci pensiamo con cuore sincero, guardando profondamente in noi stessi.
Forza e coraggio micheliani devono riempire i nostri cuori e guidare le nostre mani, come suggerisce il testo di uno dei canti di Michele. Con la nostra vita di pensiero, con il potere concentrante della vita dell’anima, con la piena potenza del nostro spirito dobbiamo arrivare da Mi-ka-el, e quando, se non nella nostra incarnazione attuale, in quest’epoca, di cui Lui è l’Arcangelo Guida, Protettore e Spirito del Tempo? Possiamo ricevere il suo aiuto, ma soltanto rivolgendogli il cuore più puro e sincero, e la volontà indirizzata a compiere azioni per il bene (anche) degli altri. Raccogliere tante pietre bianche, così da poter sconfiggere, con forze congiunte, l’oscurità. Perché quella grande pietra nera, sebbene pesante, era sola: di fronte
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ad essa, abbiamo il potere di una marea di sassolini, le cui forze hanno il vantaggio di poter essere unite e così, avere una potenza moltiplicata. Nonostante i Cattivi agenti nel mondo visibile e in quello invisibile non siano da soli – in più, il loro progetto e lavoro proceda molto meglio del previsto e anche più velocemente delle aspettative di tanti – i sassolini bianchi esistono davvero. A volte bisogna discendere proprio nei covi del drago per prenderli. Pero’, ricordiamoci che nel nostro cammino, ci assistono sempre degli aiutanti – occhio a quelli falsi - , che non aspettano altro che poterci aiutare. Certamente pure le forze dell’ostacolo stanno in agguato, quasi dietro ogni cespuglio, ma è importante esserne consapevoli: gli aiutanti sono altrettanto presenti, stabili nei crocevia, ad indicarci la strada. Sta a noi, in quale direzione procediamo. Non è più una fiaba. La fine non può essere “E vissero felici e contenti”. Perché andremo avanti e vivremo come abbiamo vissuto in terra, con il peso delle nostre azioni compiute e mancate, svolte per il futuro dell’umanità o meno, con il peso perfino dei semplici pensieri che abbiamo in ogni momento. In questa vita, in quale braccio della bilancia ci mettiamo, con il nostro
agire, sentire e pensare? Vivere e agire nel quotidiano con questa consapevolezza è una responsabilità immensa. Un vero compito degno dell’Uomo. Ma la possibilità al Bene ci è data, bisogna cogliere quest’occasione, o almeno provare a coglierla ad un certo punto della nostra esistenza terrena.
E prima di tutto, viviamo tutto questo con il Cuore, cerchiamo di ricordare con il nostro essere spirituale dei saperi di una volta, dimentichiamo subito i paroloni....Assumiamo nell’anima l’impulso cristiano-micheliano – ad esempio, cantando dall’anima una melodia di San Michele e vivendo veramente la saggezza del suo testo, oppure, studiando l’antroposofia, il che nella nostra epoca ci è stato concesso, oppure con la potenza elementare della più semplice buona azione – affinché la strada in cui camminiamo, possa essere davvero più lucida. E così, le singole piccole vie capillari che attraversano tutta la nostra Terra, possano, un giorno, convergere in un unico, ampio e luminoso viale.
NOTE
Fig. 1 - Questo disegno di Steffen di San Michele/San Giorgio che si combatte contro il drago, è stata sulla copertina della rivista mensile “Fiducia” (1929-1944). La rassegna veniva stampata per i detenuti dei carceri di Budapest, fondata e redatta dall’antroposofa Maria von Nagy, fondatrice della prima Scuola Steineriana (1929) in Ungheria. La collaborazione tra i due antroposofi era stretta, Steffen era presente alla posa della pietra di fondazione della prima scuola, evento per cui aveva anche composto il proprio “Grundsteinlegungsspruch”. Cfr. Kissvábhegyi út 21., a cura di Mária Földesné Boskovitz, edizione
privata, 2018
2 - “Le forze di Michele non possono essere conquistate con una qualsiasi forma di passività (neanche con la preghiera passiva). Le forze di Michele possono essere conquistate soltanto se l’uomo, con la volontà colma d’amore, diventa uno strumento delle forze divino-spirituali. Le forze di Michele non vogliono infatti che l’uomo le supplichi, ma che si unisca a loro, e l’uomo può farlo se accoglie con energia interiore gli insegnamenti del mondo spirituale” Rudolf Steiner, Il corso dell’anno come respiro della Terra e le quattro grandi festività. L’Antroposofia e il sentire dell’anima umana, Editrice Antroposofica, Milano 2011, p. 112.
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San Giorgio, patrono dei cavalieri, scultura in legno di tiglio del tardo gotico, in St.-Michaels-Kapelle, Burg Hohenzollern, Germania. Fotografia dell’autrice
mOnOSUOni Primleier / einklanG di Giacinto Giarusso, 2022
I monosuoni sono dei piccoli strumenti musicali, molto maneggevoli, ciascuno con 9 corde accordate tutte sullo stesso tono.
Grazie a questi strumenti si può sperimentare la ricchezza di ogni singolo suono; avvicinarsi alla qualità del singolo intervallo musicale; sviluppare l’ascolto: in modo immaginativo si potrebbe dire che aiuta a tirare fuori le orecchie e a farle diventare come quelle dei grandi elefanti. Un monosuono viene suonato, arpeggiato, in movimento: una mano lo tiene mentre le dita dell’altra accarezzano le 9 corde con un gesto dondolante, cullante, che può anche essere indirizzato verso un altro suonatore, per creare un dialogo musicale.
Diversamente, si possono suonare appoggiandoli su un tavolo: in questo modo i fori si chiudono in basso andando a formare piccole casse armoniche, che ne amplificano chiaramente il suono.
Tenuti in mano sono ideali per lavori di gruppo e stimolano molto il movimento del corpo dei suonatori. Appoggiati, muovono molto interiormente e risultano molto indicati per creare atmosfere in relazione a ritmi, rappresentazioni di fiabe, teatrini, racconti, oltre che per intonare canti adatti a bimbi del primo settennio, ed oltre fino al 9 anno in genere.
La ridondanza sonora del “3 volte 3” corde, agisce fortemente sul corpo eterico. Il mondo dei suoni inizia a pulsare, a muovere e smuovere forze eteriche. La conchiglia si apre ed il mare inizia ad attraversarla, le onde ne regolano il respiro: per un adulto che ne fa esperienza, dopo poco tempo da quando lo si inizia a suonare, si può avere la percezione di galleggiare in un mare di forze ondeggianti, soprattutto se suoniamo più monosuoni appoggiati vicini, a “tastiera” su un tavolo.
L’effetto ne risulta dolcemente escarnante, espirante per l’animico-spirituale. Per tale ragione è molto adatto per i bambini più piccoli, fino alla seconda-terza classe, ma anche per adulti e anziani: nei casi di insonnia ad esempio, suonato la sera per facilitare l’atto del lasciarsi andare, dell’addormentarsi.
Da un punto di vista antropologico-evoluzionistico musicale, può essere considerato a parer mio, il primo strumento a corde (sviluppo del respiro/sistema ritmico/sentire).
Osservandone le forme / sperimentandone il gesto:
• vive nell’elemento orizzontale / le mani si muovono creando cerchi, come vento sulla superficie dell’acqua;
• non possiede cassa armonica di per se / soltanto in relazione
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all’ambiente esterno, incontrando il palmo della mano o appoggiato su un tavolo;
• le corde contengono rame/suono caldo nonostante la mancanza di cassa armonica;
Si può mettere tutto ciò in relazione allo sviluppo del bambino durante il primo settennio.
Uno strumento che cresce insieme al bambino, anche da un punto di vista economico:
• atmosfera dell’intervallo di V, acquisto i due monosuoni di Re e La;
• pentatonica, aggiungo Mi – Sol – Si;
• arrivano Do e Fa; ho la scala diatonica maggiore; musiche popolari e prime atmosfere modali.
Da questo punto di vista, pedagogico, aiuta ed accompagna il bambino nel suo cammino di incarnazione: che avverrà al meglio se si terrà in seria considerazione la cura del Respiro, tra l’animico-spirituale ed il corpo fisico-vitale. Qui, l’esperienza musicale, può dare un modello armonico anche alla crescita organica del bambino.
Dalla primissima infanzia, intonandosi nell’atmosfera di V,
la mamma può cantare ninnananne usando semplicemente il nome del suo bambino. Durante l’asilo si passa dalla pentatonica ad un primo incontro, molto morbido, con la scala diatonica, grazie alla musica popolare. I monosuoni si possono continuare ad utilizzare fino al Rubicone del nono anno per immergersi nelle atmosfere modali doriche, frige, lidie... si potrà introdurre la scala maggiore di DO, quando il bambino incomincia a “mettere i piedi a terra” (vedi fig. 1).
Il disegno dei fori mostra, nel mondo della luce, un processo essenziale di gesti triarticolati (nelle tre forme ovali) che va ad abbracciare armoniosamente uno degli aspetti che appartengono alla ricchissima essenza fenomenologica degli intervalli musicali: ciò che vive nell’inudibile, tra due suoni, vive nell’invisibile, tra due forme
A partire dall’intervallo di I (stasi) inizia il cammino, la dinamica verso l’ottava (vedi Fig. 2):
• TENSIONE (immaginare il muoversi delle forme ovali TRA la I e la II)
• MOVIMENTO (processo tra la I e la III, intervallo di III)
• FORMA (movimento delle forme tra la I e la IV, intervallo di IV)
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[FIG. 1]
Si attraversa la soglia con l’intervallo di V e le forme si ribaltano:
• FORMA (intervallo di V)
• MOVIMENTO (intervallo di VI)
• TENSIONE ( Intervallo di VII)
In tal modo, viene alla luce anche la complementarietà degli intervalli musicali:
• I e VIII
• II e VII
• III e VI
• IV e V
L’ottava non appare solo speculare e rimpicciolita, ma più presente e risoluta nonostante conservi la calma della forma sperimentata nella I: sveglia nel sonno si potrebbe dire.
Molto bella ed interessante se fatta con i legni planetari:
DO Marte Rovere
RE Mercurio Olmo
MI Giove Acero
FA Venere Melo (betulla, alberi da frutta)
SOL Saturno Faggio
LA Sole Frassino
SI Luna Ciliegio
Si forma una cosiddetta “ottava planetaria”. Attraverso il senso del tatto, dell’equilibrio, del movimento e della vita, si possono percepire in mano le qualità dei legni (massa, peso, venature, calore, durezza...) in diretta relazione con i suoni. Indicata in caso di uso musico-terapeutico. Più costosa in relazione al mercato attuale dei legni nobili.
Che la corrente plastico-pittorica (greca) torni a fondersi con quella musicale-poetica (ebraica): questo un compito, portato da Rudolf Steiner, che chiaramente non avrà mai fine nella libera ricerca operativa. Un inizio lo ha avuto, per fortuna, grazie ai sui impulsi! [FIG. 2]
L’immagine ed i disegni riprodotti nel presente articolo sono di proprietà ed opera dell’autore. L’utilizzo e la riproduzione di essi può avvenire con il permesso dell’autore.
Gli interessati agli strumenti creati da Giacinto, per ordini o semplicemente per curiosità, possono contattare la Redazione per ricevere il contatto di Giacinto, che attualmente si muove anche per laboratori itineranti e tiene workshop; è in procinto di aprire il proprio atelier dove oltre ai monosuoni costruirà lire, lire Tao, kanteli, salteri ad arco e salteri a percussione e giocattoli in legno. I suoi strumenti musicali vengono usati in realtà scolastiche steineriane, in ambito della musicoterapia antroposofica svolta in Italia e all’estero nonché in contesti familiari, essendo adatti per tutte le età.
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Das Bild von Ambrogio Lorenzetti (1285 – 1348) zeigt uns in eindrücklicher Weise, was wir heute in einem geistig bewussteren Zeitalter einer solchen Imagination abgewinnen können.
Das Bild begleitet mich seit meiner Kindheit. Damals erlebte ich den mutvollen Engel in seiner Rüstung, vom wehenden Mantel umgeben, in dieser Dynamik mit dem Drachen, die ich als Kind nicht als Kampf empfand. Auch heute sehe ich mehr ein Eingreifen des Erzengels in ein drohendes Unheil, Ordnung und Gleichgewicht schaffend. Oft wird Michael auch mit der Waage abgebildet. Man denkt zunächst an ein Gleichgewicht zwischen Gut und Böse, aber es geht auf beiden Seiten um eine schwächende Kraft für den Menschen. Dieser hat sich mit dem Erzengel an die Kraft der Mitte der Waage zu halten.
Dank Rudolf Steiner haben wir einen weitreichenden Zugang zu diesem bedeutenden Erzengel erhalten. Er beschreibt ihn als geistigen Führer der Menschheit seit dem Jahre 1879. Michael war immer mit dem Schicksal und der Entwicklung des Menschen verbunden. Nun hat sich kurz vor dem Ende des dunklen Zeitalters «Kalijuga» ein Streit im Himmel ereignet, der sich über mehrere Jahrzehnte hinzog. Als siegende Kraft ging Michael aus diesem Kampfe hervor. Die dämonischen Wesen wurden auf die Erde hinabgeworfen und verbinden sich seither intensiver mit der Lebensgestaltung der Menschheit. Michael ermöglicht dem Menschen jedoch, mit diesen Kräften umgehen zu lernen. Er weist den Drachen in seine Schranken, er tötet ihn nicht. Georg, der Ritter, kann den Drachen irdisch töten. Das geschieht auf der Erde und jedes Kind weiss innerlich, dass es einmal ausziehen will, den Drachen zu töten. Das ist bedeutend in der heutigen Erziehung, solche michaelische Kräfte den Kindern zukommen zu lassen, dass sie die ihnen begegnenden Drachen erlegen können. Diese sind mittlerweile sehr mächtig geworden.
Auf Lorenzettis Bild dominiert er leichten Fusses mit weit offenen Flügeln den sich ausbreitenden Drachen. Er trägt ein Schwert aus Himmelseisen, den Himmel regierend, ein zweites Schwert auf die Erde weisend. Man erkennt darin die Zähmung des sich aufbäumenden Tiers. Michaels Blick bleibt gütig und voller Gleichmut. Deutlich erkennbar spielen die ausgewichteten Dimensionen in seiner Gestalt: rechts – links in seiner nach rechts gewandten Haltung des Körpers und nach links gewandtem Blick, oben – unten in den Schwertern und der Hauptesruhe zum bewegten Körper, hinten – vorne in den Schwertern und im beschützenden Flügelwesen, welches
Il quadro di Ambrogio Lorenzetti (1285 - 1348), mostra in maniera impressionante ciò che possiamo ottenere da una simile immaginazione oggi, in un’epoca maggiormente consapevole dal punto di vista spirituale.
L’immagine mi accompagna fin dall’infanzia; a quel tempo vivevo con quell’angelo coraggioso nella sua armatura, circondato dal suo manto ondeggiante e in quella dinamica col drago, che da bambino non percepivo come uno scontro. Oggi lo rivedo infatti come un intervento dell’arcangelo, in una sventura minacciosa, creando così ordine ed equilibrio. Michele viene spesso raffigurato con la bilancia; nonostante si pensi subito ad un equilibrio tra bene e male, in realtà in entrambi i lati si tratta di una forza debilitante per l’uomo, il quale con l’arcangelo deve attenersi alla forza del fulcro della bilancia.
Grazie a Rudolf Steiner abbiamo un ampio accesso conoscitivo nei riguardi di questo significativo arcangelo. Steiner lo descrive come la Guida spirituale dell’umanità dal 1879 in poi. Michael fu sempre collegato al destino e allo sviluppo dell’uomo. Appunto, poco prima della fine dell’era oscura «Kalijuga», in cielo ebbe luogo un conflitto che si prolungò per diversi decenni. Michael uscì da questa battaglia come potenza vittoriosa.
Gli esseri demoniaci sono stati lanciati sulla Terra e da allora si legano più intensamente alla vita dell’umanità. Michael, tuttavia, permette all’uomo di imparare a gestire queste forze. Egli disciplina e domina il drago ma non lo uccide. Giorgio il cavaliere, può al contrario, nel senso terrestre, uccidere il drago. Ogni bambino sa interiormente che un giorno vorrà partire per uccidere il drago. Questo è importante nell’educazione odierna: far pervenire ai bambini le potenze micheliane consentendo loro di abbattere i draghi che incontreranno. Oltretutto, quest’ultimi sono diventati molto potenti, nel frattempo.
Nel dipinto del Lorenzetti, Michele, dai piedi leggeri e ali spalancate, domina il drago esteso sotto. Porta una spada di ferro celeste, con la quale governa i cieli e una seconda spada che punta alla terra. Si riconosce in questo la domatura della bestia mentre si impenna. Lo sguardo di Michele rimane gentile e pieno di fermezza d’animo. Sono chiaramente riconoscibili le dimensioni equilibrate nella sua figura: destra –sinistra nella postura del corpo rivolta a destra e nello sguardo rivolto a sinistra, sopra – sotto nelle spade e nella quiete del capo rispetto al corpo in movimento, dietro – davanti nelle spade e nell’essenza protettrice delle ali, che trova un eco negli
24 IUVENTAS - Nr. 1 - 29 settembre 2022 miCHael, der STraHlende erzenGel miCHael l’arCanGelO raGGianTe di Peter
,
20221
Appenzeller
agosto
Ambrogio Lorenzetti, Trittico di Badia a Rofeno, dettaglio del san Michele che lotta contro il diavolo (1332-1337 circa; tempera e oro su tavola, 258 x 230 cm; Asciano, Museo Civico di Palazzo Corboli)
in Armen, Brust und Rock in goldenen Verzierungen ein Echo findet.
Michael repräsentiert die Erhaltung der Mitte zwischen zwei gegensätzlichen Kräften, dem auf der Erde sich windenden Drachen und dem um seine Brustpartie wehenden rot-weissen Mantel. Im Drachen erkennt man Ahriman. Dieser will den Menschen zur Verhärtung ins materielle Denken führen. Man sieht den klar unterteilten Wurm, der sich nach vorne in Köpfen vervielfältigt und nach hinten in der Ferne sich windend ausläuft. Die Punkte auf seinem ganzen Körper zeigen an, wie sehr er den Moment fixieren will und dadurch das bewegte Leben vernichtet. Es könnte die Darstellung einer in Noten gesetzten Melodie sein. Die klingende Melodie lebt jedoch von den Zwischenräumen, zu welchen Ahriman keinen Zugang findet.
Im rot-weissen Mantel lebt Luzifer. Er verführt den Menschen in nebulöse Reiche und lässt diesen in Süchten und Begierden weltfern werden. Luzifer würde diesen ahrimanischen Notenpunkten immerhin in der Gestalt einer Fermate etwas Umraum bieten. Er würde allerdings die klingende Mitte im Ton nicht finden können. Beide sind mit dem Menschenschicksal seit langer Zeit verbunden und ermöglichen ihm einerseits den rasanten technischen Fortschritt und andererseits weltgewandte, künstlerische Höhenflüge. Ihre Zusammenarbeit ist in diesem Bilde sichtbar, indem sich aus Drache und Mantel wie eine das Bild ausfüllende Gesamtform ergibt.
Dazwischen wirkt sicher und bestimmt Michael. Er wirkt aus der Mitte heraus, die wir alle in uns durch seelisch-geistige Kraft finden wollen. So hilft er uns, unseren persönlichen Weg und den gemeinsamen Weg von Menschengruppen mutig zu finden und zu gestalten. Michaels Einwirken ist immer Hilfe anbietend zugegen, besonders auch, wenn wir an schwierigen Punkten unserer Biographie stehen.
Michael ist ein hebräischer Name und heisst: «Wer ist wie Gott?» (Quis est ut Deus). In jeder guten Menschentat ist er im Sonnenwesen des Christus als «Antlitz der Sonne» dabei. Dem Feste der Auferstehung an Ostern steht im Kirchenjahr der Michaelstag am 29. September gegenüber. Der erste Jahreszyklus von Ostern bis Michaeli lässt den Menschen das Mitgehen in der Ausatmung der Erdenkräfte spüren. In der Michaeli-Zeit wendet sich das seelische Welterlebnis in innere Verarbeitung und Schulung während der zweiten, einatmenden Jahreshälfte. Michael steht als Wächter und Beschützer mit mächtigen Flügeln gleichsam an der Pforte dieses Tempels. Im Anthroposophischen Seelenkalender steht der zugehörige Spruch Nr. 26, überschrieben mit Z MichaeliStimmung:
ornamenti dorati delle braccia, del petto e della gonna.
Michele rappresenta il mantenimento del centro tra due forze opposte, il drago serpeggiante sulla terra e il manto rosso e bianco che sventola attorno al petto. Nel drago si riconosce Arimane, che vuole portare l’uomo all’indurimento nel pensiero materialista. Si vede il serpente, chiaramente suddiviso, che si moltiplica in teste in avanti e procede serpeggiando all’indietro. I puntini sparsi su tutto il suo corpo indicano quanto voglia fissare il momento e così distruggere la vita in movimento. Potrebbe essere la rappresentazione di una melodia messa in note. La melodia che risuona, tuttavia, vive negli spazi intermedi, ai quali Arimane non trova l’accesso.
Nel mantello rosso e bianco vive Lucifero. Egli seduce l’uomo in regni nebulosi e lo allontana dalla realtà per mezzo di dipendenze e desideri. Lucifero avrebbe per lo meno offerto a questi puntini di note arimanici un po’ di spazio, sotto forma di una corona. Tuttavia, non sarebbe in grado di trovare il centro che risuona nel singolo suono. Entrambi sono stati a lungo legati al destino dell’uomo, consentendogli da un lato di compiere rapidissimi progressi tecnici e dall’altro, di raggiungere grandi successi mondani ed artistici. La loro cooperazione è evidente in questo quadro, che risulta come una forma complessiva costituita dal drago e dal mantello, la quale riempie l’immagine.
Nel frattempo, Michele opera in modo sicuro e risoluto. Agisce partendo dal centro, che tutti noi vogliamo trovare in noi stessi attraverso la forza animico-spirituale. Ci aiuta così a trovare e a realizzare con coraggio il nostro cammino individuale e il cammino collettivo di gruppi di persone. L’influenza di Michele è sempre presente, offrendoci aiuto, soprattutto nei momenti difficili della nostra biografia.
‘Michael’ è un nome ebraico e significa: «Chi è come Dio?» (Quis ut Deus?). In ogni buona azione umana egli è presente, nell’essere solare del Cristo, come il «volto del Sole». La festa della Resurrezione a Pasqua si contrappone nell’anno liturgico alla festa di San Michele, il 29 settembre. Il primo ciclo dell’anno, da Pasqua a San Michele, permette all’uomo di sentirsi parte dell’espirazione delle forze della Terra. Nel periodo di Michele, l’esperienza animica del mondo si converte in elaborazione e addestramento interiori durante la seconda metà dell’anno, quella dell’inspirazione. Michele si erge come guardiano e protettore con ali possenti, per così dire, alla porta di questo tempio. Il Calendario dell’anima antroposofico contiene lo Spruch corrispondente, il no 26, intitolato “ l’Atmosfera di Michele” (Z - Michaeli-Stimmung):
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Natura, il tuo essere materno
Io lo porto nella mia essenza di volontà;
E la potenza di fuoco della mia volontà
Tempra gli impulsi del mio spirito
Affinché possa nascere il sentimento del sé
Per portare me in me.2
Ein letzter Blick auf Lorenzettis wunderbares Gemälde zeigt uns das Willenswesen, welches das mütterliche Sein der Natur in sich aufgenommen hat. Durch Michael bekommt mein Wille Feuermacht. Das Bild ist eine Imagination des Willens selber. Das Willensfeuer brennt überall in dieser Dynamik. Diese «Feuermacht» ist es, die unseren Geist für zukünftige Taten stählt und in meinem neugeborenen Selbstgefühl darf ich mithilfe vom Erzengel Michael den Christus in mir tragen.
Un ultimo sguardo al meraviglioso dipinto del Lorenzetti: ci si manifesta “l’essenza di volontà” (das Willenswesen), che ha accolto in sé “l’essere materno della natura” (das mütterliche Sein der Natur). Mediante Michael, la mia volontà riceve “potenza di fuoco” (Feuermacht). L’immagine è un’immaginazione della volontà stessa. Il fuoco della volontà arde ovunque in questa dinamica. È questa «potenza di fuoco» che tempra il nostro spirito per le azioni future e per cui nel mio appena nato “sentimento del sé” (Selbstgefühl) posso portare, con l’aiuto dell’Arcangelo Michele, il Cristo (“me”) in me.
NOTE
1 - Traduzione dal tedesco realizzata da Kata Szabados
2 - Traduzione di Kaspar Appenzeller
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l TemPiO diviene UOmO di Nicolás Jaime Gemelli, settembre 2022
Dio era divenuto uomo per sollevare l’uomo al Dio
Johann Wolfgang von Goethe 1
Nella continua ricerca personale del proprio centro di equilibrio sembra che il tempo presente tenda il più delle volte a non porci una mano d’aiuto, ma piuttosto a rappresentare sfumate certe prospettive del nostro futuro, venendosi poi a creare confusione e disorientamento interiore.
Oggi, in modo sempre più frequente, viene concessa maggiore attenzione all’aspetto delle cose posto sulla superficie, che si presenta in modo evidente, concentrato più sulla sua forma che nel suo contenuto.
Nella ricerca di risolvere tale problema si potrebbe iniziare osservando il solco del tempo in cui ci troviamo inseriti, ponendo più attenzione alle sue complesse dinamiche. Si tratta di andare alla ricerca del significato degli eventi e di non confonderli per il suo significante. Questo atteggiamento potrebbe risultare positivo nella ricerca di nuovi assi d’equilibrio per poter posare i piedi nel presente in modo sempre più radicato.
L’arte, in tutte le sue declinazioni, senza dubbio è l’azione di trasformazione della natura che più esprime l’essenza umana, ci aiuta a comprendere le dinamiche interne e le maturazioni dell’uomo e del suo essere nel corso del tempo. Da quelli che a prima vista potrebbero sembrare mutamenti di ordine formale scaturiti dalle tecniche e gusti delle varie epoche, risulta possibile tracciare delle chiare traiettorie. Per comprenderne meglio certi aspetti, mi vorrei affidare all’architettura. Ad essa compete maggiormente il mondo fisico che ne rappresenta la condizione di esistenza, anche se, in realtà, non gli è fedele unicamente, perché quest’arte, come le altre d’altronde ma non in modo così esplicito, nascondono un intimo principio che riveste la sua forma: il contenuto spirituale.
L’evoluzione dell’architettura riesce a raccontarci silenziosamente il percorso evolutivo della nostra anima. È un percorso di emancipazione, dove gli dei man mano retraggono le loro forze affinché l’essere umano possa compiere una esperienza autonoma sulla terra, fuori dal grembo della divinità. L’uomo viene dunque messo alla prova nella sua libertà anche se non gli verrà negato aiuto, se richiesto e se esso è pronto ad accogliere quello che fluisce dall’alto. Per meglio sapere attraverso quali impulsi deve lavorare è necessario che operi in sintonia con l’intera evoluzione dell’umanità.
Nella particolare espressione formale dell’edificio sacro riusciamo a scrutare in modo sensibile le intenzioni dell’uomo, perché rispecchiano in maggior misura i suoi più intimi bisogni. I templi, anche quelli più antichi, sono in gran numero ancora conservati e questo arricchisce quella linea del tempo che ci aiuta a figurare la sua metamorfosi. La metamorfosi esteriore
dell’edificio sacro assume sempre configurazioni diverse fra loro, ma nel loro spirito esse ripercorrono un movimento che ricorda lo schiudersi di un bocciolo di fiore: ciò che prima era racchiuso in sé, si apre al mondo. L’uomo conquista la sua libertà.
La prima forma compiuta di tempio nella sua complessità, si manifesta con la piramide nella civiltà egizia. La sua asciutta sintesi geometrica si impone come un sigillo cosmico sulla terra e poggia solidamente per l’eternità. La sua perfetta forma racchiude una polarità: come un raggio di luce, l’apice che sfiora il cielo in un punto, si apre dalla sommità in quattro piani, a due a due intersecati e perpendicolari, sino ad incontrare la superficie terrestre.
La piramide instaura un dialogo non con l’uomo, ma con la volta celeste, e questo rapporto fa riaffiorare nell’uomo moderno la percezione di trovarsi dinnanzi ad un mistero. Il corpo della piramide si distingue chiaramente dall’esterno, i suoi confini sono tracciati con decisione e ciò che avviene al suo interno rimane a noi occulto, la divinità rimane segreta.
Nell’epoca successiva avviene un avvicinamento del tempio all’uomo. Esso rappresenta l’essenza della polis, ma il sacro e il profano continuano ad agire in autonomia l’uno dall’altro: il primo dimora del divino, il secondo dimora dell’essere umano. Il tempio greco non aveva bisogno della presenza dell’uomo per acquisire significato, esso “deve stare nel suo grandioso e solitario infinito che nell’essenza indica soltanto la dimora del dio.” 2
La peristasi intorno alla cella d’altra parte scompone quel confine che prima era cosi definito e viene a creare una vibrazione dovuta all’alternarsi di una colonna e di un intercolunnio, e il tutto si presenta come un unicum, in sé compiuto dinamicamente.
Diminuendo ancora la distanza che separa l’uomo e la divinità, il loro rapporto muta ancora. Questo movimento innesca un processo che porterà il tempio a schiudersi al mondo profano fino a compenetrarlo.
Il tempio che nell’acropoli si ergeva sulla città e la dominava, penetra così all’interno della costituzione della città romana, rimanendone sì il centro indiscusso, ma innestandosi nel tessuto urbano. Questo movimento risponde alle esigenze della cultura dell’Antica Roma dove la religione era inscindibilmente legata alla sfera pubblica. L’avvicinamento del sacro all’uomo non riguarda solamente la scala architettonica, ma allo stesso modo la dimensione di quella umana: all’interno dei templi si svolgono attività che non sono dedicate esclusivamente agli
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i
dei; il luogo sacro che una volta era accessibile solo al sacerdote, adesso lo diviene ai cittadini.
I due ambiti del sacro e profano erano chiaramente entità distinte, ciò nonostante avviene un’apertura del sacro verso la vita della città, verso la vita politica. Con lo straordinario avvento del Cristo la trasformazione diviene evidente: parte del divino scende in terra e diviene corpo, diviene profano, diviene materia. In questo momento la divinità e l’essere umano poggiano sullo stesso suolo, essa si confonde con gli uomini, soffre e muore
come loro. Il Mistero del Golgota scandisce il momento nel quale avviene il travasamento del Dio nella terra, del Dio nell’uomo.
Successivamente all’Editto di Milano viene concessa libertà al culto cristiano e con l’impulso di Costantino inizia un programma di edificazione di edifici basilicali adibiti alla nuova religione.
L’edificio basilicale civile, atto a riunioni di vario genere, viene adottato per la sua essenza maggiormente pubblica. L’aspetto
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William Blake, The Ancient of Days, frontespizio dell’edizione del 1794 del suo libro “Europe a Prophecy”
sacro in tal modo si immerge confondendosi nel profano, portando di fatto alla loro coesistenza. In questa fase trasformativa spicca la diversa configurazione riservata alle colonne. Rispetto al tempio classico le colonne che prima sedevano vigili all’esterno della cella, si ritrovano all’interno del tempio. Questo cambiamento risulta più chiaro se si fa riferimento al cambiamento di paradigma che rappresenta il rovesciamento del guanto: ciò che stava fuori a proteggere la sua parte interna, ora sta dentro e ne viene avvolto.
La caduta dell’Impero Romano d’Occidente costringe il luogo di culto ad un nuovo equilibrio, che si manifesta con l’architettura romanica prima e la sua evoluzione in quella gotica poi.
La luce che penetra fioca all’interno delle navate romaniche è immagine dell’interiorità umana che si apre all’esterno e che viene man mano risvegliata dal tepore della luce divina penetrata all’interno. Questo interno che si apre poco a poco al mondo esterno culmina nel gotico, dove l’interno si dilata fino a che le pareti vengono quasi a smaterializzarsi in sottili cortine di luce colorate vivacemente. La forma gotica tende a superare se stessa ed intessersi col tutto. Anche l’impegno
nel cesellare e decorare il suo interno concorre nel ricreare un ricco e dinamico mondo interiore. Negli appunti di Heinrich Gustav Hotho sulle lezioni di Hegel viene descritto come “gli uomini si muovono all’interno nomadicamente” 3 delle navate gotiche, come se esse rappresentassero l’intero universo. Gli uomini si muovono dentro lo spazio sacro, conquistandolo con il proprio corpo.
Un tempio fatto dall’uomo per l’uomo, al quale egli appartiene definitivamente.
Questo tempio rappresenta la prima forma di emancipazione dell’essere umano, che trova in sé forze che dall’interno lo spingono all’esterno.
Avendo posto l’attenzione su precisi momenti chiave della storia è possibile cogliere ora con l’immaginazione i tre passaggi dello sviluppo dell’anima dell’uomo: l’anima senziente con il periodo egizio-caldeico; l’anima razionale o affettiva con l’epoca greco-romana; l’anima cosciente, periodo nel quale siamo ancora immersi.
Entrato nel momento di sviluppo cosciente della sua anima, l’uomo diviene protagonista dello spazio e del mondo intero. Questa conquista è rappresentata al meglio dal disegno
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Leonardo Da Vinci, L’Uomo Vitruviano, Gallerie dell’Accademia, Venezia, 1490
dell’Uomo vitruviano compiuto da Leonardo da Vinci. Da questo momento l’essere umano si riconosce terra di mezzo tra cielo e terra. Il cerchio tenta la sua quadratura. Creatosi questo mutamento nella coscienza dell’uomo cambia totalmente il fine del suo operare che diviene frutto della sua libertà. La nascita della soggettività nata durante il Medioevo trova quindi compimento nel Rinascimento. L’opera d’arte viene strettamente legata al suo artefice, capace oramai di ergersi autonomamente nel mondo, e la generale attenzione si sposta dall’opera all’artista.
Proprio questo momento storico, che la filosofia nomina come Modernità, è caratterizzato dalla volontà dell’essere umano di focalizzarsi su di sé, conoscersi ed analizzarsi. Il ritrovamento dei testi classici porta l’uomo a voler comprendere il suo passato, e proprio l’atto di studiarlo, lo pone inevitabilmente contrapposto ad esso e ad una conseguente tematizzazione del classico. Quest’ultimo, caricato di teoria, viene snaturato nella sua originalità. Il risultato pratico: il trattato diviene la forma letteraria più diffusa.
La volontà successiva dell’epoca dei lumi di porre entro categorie tutte le branche del sapere è incentivata dalla secolarizzazione, che getta nuove basi per poter riscoprire il mondo in modo sempre più razionale e slegato dalla sua origine divina. Nel campo delle arti l’uomo istituisce canoni e regole da seguire, e poter, in base a questi, riprodurre i risultati indiscutibilmente eccelsi dell’antichità nella loro espressione formale. Ma così si inizia a delineare una tendenza a porre l’attenzione sull’aspetto che riguarda la forma esteriore degli
oggetti e dell’arte, come essi appaiono. Ma il vero quesito sarebbe chiedersi dove è finita la sacralità? Che fine ha fatto la relazione che l’uomo ha sempre coltivato con la dimensione sacra?
Una importante manifestazione della ripresa della dimensione spirituale nel campo delle arti e delle scienze esatte, la vediamo a cavallo tra il XVIII e XIX secolo con il vivo centro culturale nella città di Weimar. Il pensiero del Classicismo tedesco con Schiller e Goethe tenta in nuovo modo di ricostituire un legame con l’epoca dell’Antica Grecia, in cui riconoscevano un ideale da imitare, non nelle forme artistiche esteriori, ma nello spirito che animava quella cultura e che costituiva l’integrità dell’uomo classico. Egli era circondato da una natura primigenia in cui il mondo spirituale si manifestava sensibilmente e lo accompagnava. Il metodo scientifico di Goethe cerca proprio di investigare questa: partendo dall’osservazione del mondo fisico della natura, risalire alle tracce che il mondo spirituale ha impresso in esso.
Gli impulsi di queste ricerche e intenzioni costituiranno le basi per quello che poi porterà all’avvicinamento da parte di Rudolf Steiner alle tematiche che lui affronterà con la scienza dello spirito.
Steiner era cosciente dell’importanza di rappresentare in forma architettonica e portare a nuova luce sul mondo fisico l’anima umana dell’uomo moderno, e che questo fosse una parte fondamentale del percorso di presa di coscienza dell’essere umano. La conoscenza e il contatto del mondo sovrasensibile sono premesse fondamentali per poter esprimersi in libertà. Il primo Goetheanum vuole proprio raccontare con forme,
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Veduta del primo Goetheanum (Johannesbau)
luci, materiali e colori l’anima cosciente, dove l’intersezione tra le due cupole esplicitano in forma fisica l’incontro tra il microcosmo e macrocosmo, tra l’umano e divino, il riversarsi dell’uno nell’altro.
Avendo seguito questa linea del tempo e dello spazio, siamo riusciti ad osservare come l’architettura esprima generosamente l’anima dell’uomo nel corso del tempo, proprio come il nostro corpo è in tutti i momenti piena espressione della propria anima.
Alla luce di queste considerazioni risulta fondamentale andare alla ricerca di ciò che si cela dietro il volto esteriore del mondo fisico, per riuscire a risalire al suo spirito e poi poter comprendere l’intima natura dell’uomo di oggi e per arrivare a formulare interrogativi e proposte sulla natura del tempio del domani.
J.W. Goethe, Darstellung der Urpflanze (La rappresentazione della pianta originaria), 1837; xilografia di Pierre Jean François Turpin su idee di Goethe
NOTE
1 - Johann Wolfgang von Goethe, Winckelmann und sein Jahrhundert in Briefen und Aufsätzen, citato in Rudolf Steiner, Arte e conoscenza dell’Arte - Fondamenti di una nuova estetica, Editrice Antroposofica, Milano, 2014
2 - Rudolf Steiner, E l’edificio diviene uomo. Verso un nuovo stile
architettonico, Editrice Antroposofica, Milano, 1999
3 - Heinrich Gustav Hotho, Die Philosophie der Kunst. Nach dem Vortrage des Herrn Prof. Hegel, citato in Mario Farina, Architettura e teoria dell’opera. Hegel tra classicismo e modernità, 2019
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ediFiCare l’UmanO, ediFiCare COn la PaGlia di Filippo Dottor, 2022
Al centro c’è l’umano, l’edificio lo rappresenta. L’edificio rappresenta l’umano che lo costruisce e lo vive. Le sue intenzioni. Il suo futuro.
Costruire è per il futuro, non è per il passato. Demolire è per costruire. Intorno all’edificio si coltiva.
Si coltiva costruendo, è un atto di costruzione. Entrambi sono necessari per il futuro, per la sopravvivenza dell’uomo.
Costruire l’agricoltura vuol dire costruire i campi, progettare i raccolti, programmare la sussistenza.
Costruire edifici in agricoltura vuol dire costruire identità. Costruire sane identità vuol dire costruire un sano futuro. Il presente mi dà l’opportunità di farlo.
Costruire un sano futuro cominciando dal costruire sani edifici che, inevitabilmente, coinvolgono chi li abita, chi li frequenta, chi li vede, chi li sente.
Considerando che l’edificio è la prima necessità per insediarsi in un luogo, per poi poterlo abitare, coltivare e vivere, allora costruendo in modo naturale si possono porre sane fondazioni per un futuro radioso.
Nel pensiero moderno la sensibilità verso nuovi modi di costruire sta crescendo e l’interesse per ridurre i grandi consumi per la realizzazione dei corpi degli edifici, per il loro mantenimento e per l’intero ciclo di vita è sempre maggiore. La demolizione e lo smaltimento sono costi per la società, per la natura e per l’ambiente.
Il nostro processo ideativo valorizza la qualità sociale dell’edificare e pone come base fondante dell’esecuzione di questo progetto la libera partecipazione della comunità. Ad essi viene infatti offerta la possibilità di imparare a conoscere le soluzioni che la bioedilizia propone, realizzando manufatti che utilizzino risorse locali a km0, in base alle possibilità dell’azienda agricola. Risulta ovvio come sia fondamentale la presenza di una sana coscienza del costruire e di ciò che essa porta con sé. Costruire edifici che saranno abitati non significa, a mio avviso, realizzare soltanto strutture capaci di proteggere il corpo dell’uomo, ma significa costruire relazioni. Significa dare la possibilità di apprendere leggi universali, archetipi, che riportano ad una dimensione reale dell’umano, in scala con la realtà.
Il primo progetto che nasce da questi impulsi lo stiamo realizzando in un’azienda agricola biodinamica alle porte di Roma all’interno di una riserva naturale. Si tratta di un progetto che prende vita dalla volontà di avviare una scuola di agricoltura biologica e biodinamica stanziale e che quindi necessita di edifici dove poter ospitare gli studenti e gli insegnanti. La possibilità di integrare attività culturali all’interno dell’azienda agricola stessa permetterà di sviluppare maggiore consapevolezza e sensibilità verso il fare agricoltura, verso la natura, verso l’ecologia, verso il ruolo dell’uomo e della comunità nell’economia e nell’ecosistema che ruota intorno all’azienda agricola.
Abbiamo deciso di sviluppare un insediamento composto da 6 edifici residenziali capaci di ospitare fino a 24 persone ed un edificio più grande, polifunzionale, che fungerà da nervo di connessione per gli altri e che accoglierà le attività didattiche. L’area interessata dall’intervento sarà immersa all’interno di un orto biodinamico ed una foodforest.
Questo insediamento sarà realizzato in bioedilizia e utilizzerà i principi della progettazione bioclimatica per massimizzare
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Viste aeree delle fasi costruttive
l’efficienza energetica.
Il primo edificio lo abbiamo realizzato in autocostruzione coinvolgendo un gruppo di volontari che, per 12 giorni, si è alternato tra attività di teoria e attività pratiche.
I risultati emersi da questo primo workshop sono estremamente interessanti, tutte le attività svolte hanno lavorato a più livelli portando in ogni partecipante forze nuove.
Per esempio, l’esperienza di raccogliere tutti insieme dal campo le balle, realizzate con la paglia appena trebbiata, di portarle al cantiere, a poche centinaia di metri, per poi posarle come fossero mattoni, una sopra l’altra, realizzando i muri esterni, ha dato l’opportunità ai partecipanti di fare esperienza dell’enorme potenziale della paglia e dei materiali naturali. È fondamentale comprendere quanto i materiali naturali abbiano capacità di soddisfare le necessità degli esseri umani senza dover essere trasformati. Una balla di paglia, per esempio, può essere utilizzata come elemento costruttivo di un muro di un edificio. Essa svolge perfettamente il proprio compito strutturale e di isolamento termico, necessitando solo di essere intonacata internamente ed esternamente.
Inoltre la paglia è un materiale “second life”, cioè scarto dell’agricoltura dei cereali, che viene invece così utilizzato. Tale aspetto ci ricollega con il mondo e con la capacità di interpretare le tradizioni, per rinnovarle. Progettare in paglia non significa imitare o copiare un sistema vecchio di costruire ma bensì declinare le conoscenze del passato per ottenerne
un’evoluzione cosciente. Progettare in paglia applicando i moderni principi della bioclimatica, per esempio, è una sfida anche e soprattutto per i giovani.
Il primo workshop che abbiamo realizzato lo abbiamo intitolato “Edificare l’umano”. Diversi motivi hanno portato a questa scelta, tra i più importanti riconosciamo quello di sperimentare la possibilità di riconnettere l’uomo con la natura, così che gli uomini del futuro comprendano l’importanza della necessità di circondarsi di materiali naturali e di mantenere uno stretto contatto con il lavoro manuale e artigianale, per poter evitare la desertificazione dell’esperienza dell’uomo nel mondo “costruito”. Mondo “costruito” inteso come mondo in cui viviamo tutti i giorni e dentro al quale operiamo condensando lo spirituale nel materiale. Attraverso esperienze di questo tipo, con materiali naturali e poco trasformati, l’uomo si rapporta con elementi non-omogenei, con oggetti non prefabbricati, con elementi vivi che trasformano la fatica in risultati sorprendenti e che permettono di sperimentare la bellezza della disomogeneità naturale degli elementi.
La paglia, la terra ed il legno, uniti al sacrificio che l’uomo opera insieme ad altri uomini tramite la sua fatica, rendono vivi gli edifici e permettono in futuro di usufruire di spazi, oggetti e luoghi ricchi di bellezza e capaci di valorizzare il rapporto sociale.
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NOTE 1 - NaturaSì Magazine - settembre/ottobre, n. 45, pp. 42-43.
Schizzi ideativi del concept progettuale
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Modellini di studio delle architetture nel contesto
arTe SOCiale:
il biCCHiere mezzO PienO
di Sergio Andres Gaiti, settembre 2022
Il noto attore Statunitense Bill Murray una volta dichiarò che, l’altrettanto noto dipinto di Jules Breton Il canto dell’allodola (1884), gli salvò la vita. Nel dipinto di Breton si vede una giovane ragazza contadina con vestiti umili e una falce in mano mentre cammina per i campi sotto le allodole e l’alba che sorge dietro di lei. Murray attraversava enormi difficoltà, tipiche da inizio carriera, e aveva avuto pensieri suicidi dopo una grande delusione teatrale. Mentre camminava per le strade di Chicago per errore è finito all’Art Institute of Chicago, è entrato “pronto a morire” diceva, e quando si trovò davanti a quel dipinto, a lui sconosciuto fino a quell’istante, in quel momento disse a sé stesso “ecco una ragazza che probabilmente non ha tante prospettive; eppure, il sole sorge di nuovo per lei”. La fertilità dell’arte nell’anima trova sempre un campo e un motivo soggettivo, eppure l’arte, quando ha questa capacità di sollevare l’anima, è sempre espressione di una forza universale e atemporale. La suddivisione tra arti superiori e inferiori è irrilevante se nell’arte l’essere umano non trova una qualche forma di elevazione atemporale dei sensi. Questa elevazione che ci fa apprezzare l’incontro tra la luce e l’ombra che troviamo nelle opere d’arte, un matrimonio esteriore di un’esperienza interiore, un’esperienza animico-spirituale. Il colore, il movimento e la forma riecheggiano nella nostra costituzione animico-spirituale come fenomeni del reale, di una regalità dell’anima che ritrova il suo regno nell’oscurità del mondo. In quel momento, in quell’istante magico donato usciamo dal tempo e dallo spazio e ci riconnettiamo, seppur per un istante, con l’io superiore, che ci ricorda, nel battito del cuore, grazie ai sensi ma scostandoci dal cervello, dell’origine e dei motivi della nostra individuale esistenza. Per buoni motivi le belle arti sono considerate ciò che di più elevato l’essere umano abbia mai prodotto. L’esperienza artistica però va ben oltre le arti figurative. In un mondo che rischia nuovamente una guerra mondiale con l’uso di armi atomiche, si intuisce facilmente che l’arte sociale, come incontro tra luci e ombre negli incontri umani, diventa la più difficile e la più importante delle arti in questo momento storico. L’accezione estetica delle belle arti non è estranea all’arte sociale, e quest’ultima deve contemplare la prima ad un livello più elevato della mera ricerca della gradevolezza superficiale di elementi diversi orchestrati con stile. Se la bellezza è luce interiore che splende verso l’esterno mostrando la sua autentica elevatezza, la bellezza nell’arte sociale è luce di pensieri e sentimenti in armoniosa forma che riscaldano l’incontro tra anime e la volontà che li crea. Il riconoscimento della volontà creatrice di incontri è il primo passo della comprensione profonda della responsabilità di essere al centro
del creato. Se incontriamo karmicamente quelli con cui, come artisti, dobbiamo condividere i colori e le tecniche adeguate a comporre un’opera di arte sociale insieme, potremmo dire che le guerre sono incontri karmici in cui l’umanità è chiamata come artista a realizzare un’opera straordinariamente difficile e quindi potenzialmente grandiosa. Iniziare a pensare agli incontri di popoli come incontri di qualità superiori dell’anima ci porterebbe a comprendere rapidamente quali qualità sono necessarie per superare l’impasse comune a tutte le guerre. Per poter raggiungere interiormente qualsiasi forma d’arte, passivamente o attivamente, l’io deve congiungersi alla totalità del fisico e dello spirituale nell’uomo. Una lemniscata vitale rende possibile quest’esperienza agli esseri umani, dotati, per l’appunto, dello spirito individuale. La forma della lemniscata, che troviamo anche nel rappresentante dell’umanità (in senso verticale), è un movimento cielo-terra che crea già individualmente un dialogo tra forze polari. Varie esperienze della vita contemporanea spingono verso una separazione sempre maggiore dell’organizzazione fisico corporea dall’organizzazione animico-spirituale. Questa separazione è un’interruzione di questa lemniscata, congela agli estremi ogni polarità (quella celeste e quella terrestre) e paralizza l’anima perché paralizza i ricettori interpretativi della realtà come movimento e come espressione dinamica di elementi sia celesti che terrestri. Come, per esempio, una lettura della guerra che elenchi solo eventi di carattere bellico, si finisce per pensare che la conclusione del conflitto si darà quanto gli eventi bellici avranno fine. Invece la storia insegna che la fine degli eventi bellici hanno introdotto o altri eventi bellici peggiori o condizioni sociali e spirituali peggiori degli eventi bellici stessi. Oltre alla comprensione del nostro compito storico, che si manifesta individualmente nella vita di ognuno, nell’Antroposofia abbiamo il compito epocale di ricongiungere “lo spirituale che è nell’uomo con lo spirituale che è nell’universo” e questo, l’Antroposofia, lo fa innanzitutto attraverso la conoscenza . Quale significato possiamo ricavare da questo compito nell’arte sociale?
Il tentativo di comprendere e conoscere i fenomeni sociali che stiamo attraversando in questi ultimi anni, e anche quest’anno, potrebbe portarci a individuare tre rischi e tre opportunità per ogni scienziato dello spirito. Il primo rischio è quello di arroccarsi nelle proprie letture e separarsi dagli altri, il secondo rischio è quello di prendere acriticamente qualsiasi posizione provenga da autorità (dentro e fuori dall’antroposofia), e il terzo rischio è quello di separare la lettura fisica sensibile da quella spirituale-animica.
Comunque la si pensi, c’è stata e c’è un’enorme polarizzazione
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Jules Breton, Il canto dell’allodola, Art Institute of Chicago, 1884
sociale in corso, che si esprime radicalmente anche nelle crisi climatiche (i cui effetti variano enormemente nelle varie regioni geografiche del globo). Stiamo subendo nei vari continenti contemporaneamente siccità estrema e inondazioni strabordanti. Il corpo fisico del mondo sta subendo gli effetti di lacerazione dal corpo animico-spirituale, che noi aiutiamo a formare attraverso l’attività delle nostre anime e i nostri pensieri. Cosa succederebbe se un sufficiente numero di persone decidesse coscientemente di non far parte delle polarizzazioni che avvengono socialmente? Quale grande cambiamento climatico vedremmo se riscaldassimo spiritualmente il centro animico-spirituale del mondo? Forse le crisi climatiche ci stanno chiedendo uno sforzo epocale di concentrazione e presenza di non cadere in balia delle polarizzazioni narrative che subiamo tutti i giorni. Questa presenza desterebbe in un numero sempre maggiore di persone la capacità di risanare quella ferita di separazione costitutiva che ci allontana dal nostro vero sé. Questa presenza genererebbe una luce capace di illuminare il buio che si esprime in una crescita esponenziale di fenomeni d’ansia, paura e suicidio.
Allo stesso tempo possiamo osservare come i rischi di sottometterci moralmente ad un’autorità esterna, di cui ci parlava Rudolf Steiner più di un secolo fa, si stiano avverando. È importante non confondere la venerazione e l’ammirazione per la luce altrui con la sottomissione morale. La venerazione verso un essere umano che, nelle sue azioni e parole rispetta la nostra libertà, non fa altro che aumentare la nostra di libertà, in quanto amplia la nostra competenza percettiva attraverso la nostra comprensione delle sue parole e delle sue azioni. L’esempio esterno di una persona colma di luce riscalda la nostra anima e agisce sul nostro io, aprendolo verso nuovi orizzonti. Il nostro spirito è in evoluzione grazie a una persona così e in questo caso la venerazione è un atto evolutivo, invece l’evoluzione si ferma quando accettiamo ciecamente un diktat dall’esterno, da un’autorità esterna. L’accettazione acritica di qualsiasi provvedimento è la morte dello spirito. Se per motivi giustificati o di sopravvivenza siamo costretti a comportarci in un modo che riteniamo non consono ai nostri principi e alla nostra visione del mondo, questa sofferenza può anche rafforzare la nostra resilienza e la nostra comprensione del male. Sarebbe troppo facile approfondire la scienza dello spirito e il mistero del male e, allo stesso tempo, attenderci una vita comoda nella quale il male è sempre qualcosa che solo gli altri fanno e vivono. Se il male è dentro di noi, comprendere cosa facciamo e perché lo facciamo è una via per redimerlo. In quest’epoca di diktat e provvedimenti autoritari che mirano alla robotizzazione della volontà umana, troviamo ampio
spazio per sviluppare la nostra coscienza su come agisce il male nel mondo e com’è possibile redimerlo già nel modo in cui lo percepiamo e, di conseguenza, nel modo in cui portiamo la nostra volontà nel mondo. Una volontà è cosciente nella misura in cui attraversa il buio, e invece di arretrare, si fa strada facendo luce da dentro.
L’ultimo rischio a cui andiamo incontro in questi anni è simile al primo, ovvero della polarizzazione, ma in modo particolare nello studio e nell’approfondimento di aspetti che siano o solo fisico-sensibili o solo animico-spirituali. Se l’ampliamento che dona l’Antroposofia su tutti i temi della vita e su tutto lo scibile umano è grandioso, rischia di essere altrettanto unilaterale una lettura che non tenga conto delle logiche terrene. L’altro estremo è simile all’esempio di cui sopra sulla semplicistica lettura della guerra come un insieme di eventi bellici legati solo al potere o alle risorse naturali. Gli eventi sulla terra hanno un’origine celeste, ma i fenomeni terreni hanno aspetti misurabili e tangibili che non possono essere trascurati in un’ottica di risanamento o di cura sociale. Se nell’arte sociale dobbiamo considerare tutti i colori e le sfumature possibili, è sano sviluppare un giudizio sulle cose che non escluda aprioristicamente l’uso di colori a noi meno affini. Se intendiamo seriamente affrontare le più complesse sfide contemporanee, che vanno dal transumanesimo, alle crisi climatiche, alla libertà di pensiero, si intuisce che queste sfide richiedono una consapevolezza e una competenza su punti di vista i cui metodi e le cui tecniche possono anche essere lontani dalla nostra sensibilità. In altre parole: nell’interesse che nutriamo per il mondo, qual è la nostra responsabilità nella separazione dell’elemento fisico-sensibile da quello animicospirituale? Quali ambiti escludiamo dalla nostra ricerca che limitano la nostra visione delle cose?
Rudolf Steiner sul mistero dell’amore diede un’immagine meravigliosa che vale la pena di ricordare sempre. Parlò di un bicchiere mezzo pieno che si versava verso un bicchiere vuoto e invece di svuotarsi diventava sempre più pieno. Questo “processo dell’amore” è quello che succede nell’anima quando riusciamo a donare incondizionatamente. In questi tempi di separazione e polarizzazione, il dono più significativo per un’arte sociale rinnovata è quello di immaginare cosa potremmo comprendere meglio, cercare di integrare con nuovi punti di vista e come allargare lo sguardo verso ambiti che hanno bisogno di luce vera. Nella percezione e nell’interesse dell’altro è già insito un risanamento, perché nel più drammatico buio una piccola luce può essere una guida indispensabile, per noi e per gli altri.
NOTE
1 - “L’antroposofia è una via della conoscenza che vorrebbe condurre lo spirituale che è nell’uomo allo spirituale che è nell’universo.” Rudolf Steiner inizia così la prima massima delle sue Massime Antroposofiche (O.O. 26)
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Rudolf Steiner, Il Rappresentante dell’Umanità, Dornach, Svizzera, 1920-1925
What is dull in our feeling, What is hard in our thinking, What fails in our willing, We shall lift up
To fields of light, Where the Archangel Michael, Master over the Dragon, Summons our thinking
To move in God’s Glory, Calls to our feeling
To live in God’s Presence, That we may waken Our deepest will To serve with him
The Son of God.
Adam Bittleston, Meditative Prayers For Today, Floris Books, Edimburgo, 1993
Ciò che è ottuso nel nostro sentimento, ciò che è rigido nel nostro pensiero, ciò che fallisce nel nostro volere, noi lo eleviamo ai campi della luce, dove l’arcangelo Michele, dominatore del dragone, sprona il nostro pensare a muoversi verso la gloria di Dio, chiama il nostro sentire a vivere la presenza di Dio, così che possiamo risvegliare il nostro volere profondo, per servire con Lui il Figlio di Dio.
Traduzione dall’edizione inglese di Elio Biagini, in Adam Bittleston, Preghiere meditative per il nostro tempo, Editrice Novalis, 2019
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Michaelmas Atmosfera di Michele
verSO il mOndO SPiriTUale:
Credere O COnOSCere?
di Elio Biagini, 2006
L’atteggiamento dell’anima umana verso il mondo spirituale si è sempre basato sulla dimensione del sentimento; la fede ne era il presupposto ed un caloroso senso di conforto e di fiducia ne erano il frutto. D’altra parte anche verso la natura l’atteggiamento era simile: l’uomo, profondamente integrato nel ritmo delle stagioni, scandiva lo scorrere dell’anno, sia nel lavoro dei campi che nelle feste e nelle celebrazioni, attraverso un atteggiamento spontaneo, maturato con l’osservazione dei fenomeni naturali e cosmici. Questa osservazione aveva certamente un carattere razionale, ed i suoi frutti venivano tramandati, ma al fondo c’era comunque un profondo sentimento di appartenenza a questi ritmi e a questi fenomeni. Dunque, anche in questo caso, un prevalere del sentimento sul pensiero.
In epoche recenti qualcosa è cambiato. Dal XVII secolo le scienze della natura hanno introdotto sempre di più un rapporto con l’ambiente circostante basato sull’indagine e sulla conoscenza. Conoscenza non più solo del fenomeno e del suo manifestarsi esteriore, ma anche delle cause e delle dinamiche, seppur limitate al mondo materiale, che lo originano e lo accompagnano.
Dagli inizi del XX secolo qualcosa del genere è avvenuto anche per la conoscenza del mondo spirituale. La scienza dello spirito, fondata dal dottor Rudolf Steiner, ha creato i presupposti, come era avvenuto pochi secoli prima per l’indagine della natura, che hanno reso possibile un rapporto col mondo spirituale basato anch’esso sull’indagine e sulla conoscenza. Il mondo dello spirito è stato in un certo senso reso “oggettivo”. Essendo però l’oggetto della conoscenza qualcosa che ha a che fare con l’intimità dell’essere umano, e quindi con una parte di chi indaga e osserva, i metodi di ricerca richiedono un percorso evolutivo da parte del ricercatore, poiché non vi è più la netta separazione tra il soggetto che conosce e l’oggetto della conoscenza, come vi è invece quando si osserva e si indaga la natura.
Questa conoscenza, una volta che ne siano maturati i sani presupposti nell’atteggiamento d’anima dello scienziato dello spirito, permette non solo di conoscere il mondo spirituale, ma anche di poter integrare la conoscenza della natura arricchendola con quella dei significati e dei retroscena spirituali che danno luogo ai fenomeni sia del regno minerale, nella crosta terrestre, ma anche nella sua atmosfera, che dei regni vegetale e animale con tutto il loro portato di vita.
E tutto questo è stato possibile perché l’anima umana, similmente alla costituzione fisica dell’uomo, è in continua evoluzione ed oggi può affrontare questi compiti di conoscenza che in un passato, nemmeno tanto lontano, non avrebbe potuto
per mancanza di strumenti.
Dunque nella relazione con il mondo spirituale l’elemento caratterizzante era quello della fede, mentre oggi, da quando è stata portata nel mondo la scienza dello spirito, è possibile avvicinarsi al mondo spirituale in modo cosciente e scientifico.
E’ cioè possibile farsi un’idea del mondo spirituale anche attraverso lo strumento del pensiero.
Utilizzare il pensiero nella conoscenza spirituale è un avvenimento del tutto nuovo che non va affatto confuso con la critica alla religione che viene fatta dagli scienziati materialisti.
Si tratta di qualcosa di completamente diverso: nella critica materialista l’elemento religioso della fede viene rifiutato come frutto di ingenuità, come residuo dell’infanzia dell’umanità. Si applica il pensiero alla religione con gli stessi presupposti gnoseologici che si applicano all’indagine materiale. Non può che discenderne una negazione dello spirito, tra l’altro coerente con quei presupposti. Nella scienza spirituale invece si usano gli stessi metodi di conoscenza preceduti, però, da una altrettanto rigorosa gnoseologia che ponga il processo di conoscenza nella sua vera essenza.
In questo modo l’ambito dell’indagine viene esteso a tutto ciò che è reale: la natura, ma anche il mondo animico e quello spirituale. In questo modo la dialettica tra chi riconosce solo l’esistenza fisica e chi estende la sua conoscenza a tutta la realtà, può uscire dall’asfittico dilemma se esista o no un mondo dello spirito ed una essenza divina, per assumere il respiro di una conoscenza che armonizza la profonda necessità umana del rapporto col divino e il sano, scientifico, atteggiamento di pensiero che caratterizza l’epoca attuale.
Alla luce di queste considerazioni anche la visione del mondo spirituale può essere descritta in termini accettabili, per il pensiero, e coerenti con gli aspetti della realtà fisica e dell’esperienza umana.
Il mondo spirituale è come il mondo fisico, ha i suoi esseri ed ha le sue leggi. L’uomo nella sua individuale essenza spirituale, è uno di questi esseri e conduce nel mondo spirituale una vita attiva e cosciente tale e quale a quella che vive parallelamente nel mondo fisico. Va solo detto che il livello di coscienza ordinaria, quello che chiamiamo “coscienza di veglia” o diurna, non è adatto a percepire questa vita spirituale e dunque, per poterlo fare, è necessario sviluppare un superiore livello di coscienza.
Tuttavia l’uomo vive anche nel mondo spirituale insieme ad altri esseri; vive in un mondo oggettivo nel quale si svolge una storia secondo azioni e relazioni reciproche. L’esito di questa storia, come d’altra parte di quella terrena, non è dunque arbitrario ma la conseguenza delle reciproche influenze e dei
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risultati di quelle azioni. Per determinare questo esito, le azioni umane non sono meno importanti di quelle svolte da altri esseri superiori, e questo comporta una grande responsabilità dell’uomo e dell’umanità verso lo spirito. Di questa responsabilità e del risultato del nostro agire verso il mondo spirituale, siamo per lo più, nelle nostre azioni quotidiane, del tutto inconsapevoli.
Il senso dell’esperienza spirituale umana in questa fase è quello della conquista della propria libertà del volere. Essendo inconsapevole, appunto nella sua coscienza ordinaria, della sua dimensione spirituale, l’uomo agisce nel mondo fisico un po’ spinto dalla necessità, un po’ per convinzione di rispettare proprie libere determinazioni. In realtà nella sua anima agiscono forze esterne, ovvero esseri spirituali che interagiscono con la stessa essenza spirituale dell’uomo. Da queste relazioni nasce la volontà umana che, in questo senso, non può essere libera. Il libero volere potrebbe manifestarsi solo se vi fosse piena coscienza e quindi si agisse con la piena consapevolezza di tutte queste forze. Solo allora l’uomo potrebbe volere liberamente. Finché queste forze agiranno fuori del livello di coscienza del quale disponiamo abitualmente, la libertà sarà solo un’illusione perché qualunque determinazione sarà sempre parziale.
Il grande compito cui è chiamato l’essere umano è proprio questo: elevare la sua coscienza fino ad una piena comprensione di questa realtà così da potersi determinare alla luce della sua intera costituzione: fisica, animica e spirituale. L’esperienza della nostra vita e degli avvenimenti che ci vengono incontro, il destino, ha proprio questo scopo. Attraverso gli avvenimenti, ma anche gli incontri, le presenze umane, misurarsi sempre di più con la nostra natura più profonda, portarla al livello della coscienza ordinaria, agire in questo destino con la piena consapevolezza necessaria. Così l’uomo diventerà libero. Il destino acquista allora un altro senso e un’altra luce. Gli avvenimenti della nostra vita perdono quell’alone di casualità, punitivi o premianti che possano essere, per divenire prove da affrontare e risolvere con sempre maggior consapevolezza. Quando un avvenimento o una persona ci vengono messi di fronte (i più importanti della nostra vita, così come quelli che possono apparire insignificanti), è sempre perché da questo incontro nasce un compito che può essere risolto in positivo, inquadrandolo coscientemente nella nostra realtà personale ed agendo di conseguenza, o in negativo, non percependone il significato e dunque ignorandolo, ed agendo così in modo casuale e scollegato dal panorama generale della nostra esistenza, fosse anche di quella specifica fase. Scaturisce da questo una visione della vita e dell’esperienza umana che da all’uomo il suo giusto valore. Non più un essere in balia di qualcosa di esterno, sia esso la casualità biologica o la volontà divina, ma un essere che determina la propria esistenza anche quando, agendo inconsapevolmente, la orienta verso esiti più dolorosi o faticosi per se stesso. In questo panorama tutti gli avvenimenti acquistano un senso. Ed anche se quelli più tragici, profonde difficoltà nella vita materiale e sociale, separazioni affettive, gravi malattie, morte, siano esse proprie o di altri esseri o gruppi sociali che ci sono cari, possono essere difficilmente accettate nella nostra dimensione psicologica, tuttavia essi mantengono ugualmente quel superiore senso per cui portano alla nostra esperienza spirituale un’evoluzione e nuove future possibilità. Questa affermazione si riferisce, ovviamente, all’esistenza dell’individuo sopranaturale ed al
suo cammino che si svolge nel mondo spirituale e del quale le incarnazioni terrene sono proprio lo strumento per maturare queste possibilità e per sciogliere sempre più i nodi del proprio destino; per primi, tra questi, quelli del rapporto che lo lega agli individui che condividono con lui le incarnazioni ed ai quali è legato dai vari avvenimenti che vivono insieme.
L’esistenza umana, ma in questo senso anche quella della natura che ad essa è intimamente legata (si pensi a quanto l’uomo può influire sugli equilibri naturali con le sue azioni nell’ambiente fisico, sia nel bene che nel male), non è dunque alla mercé di un disegno superiore come interpretazioni religiose, spesso finalizzate al controllo sociale, hanno sempre voluto far credere. Essa invece si svolge in un teatro che è l’insieme dei mondi fisico, animico e spirituale, nel quale ha luogo una grande dialettica tra molti gruppi di esseri e l’umanità tra di essi. E affinché questa dialettica possa aver luogo niente è predeterminato: “Dio” non agisce a piacer suo secondo un “disegno” e soprattutto Dio non è onnipotente. Se lo fosse infatti il fine ultimo sarebbe scontato, ma se così fosse, che senso avrebbe tutto quello che avviene prima? Perché tutta questa vita degli uomini e degli altri esseri spirituali più evoluti, con tutte le loro azioni e relazioni, per poi determinare arbitrariamente il fine da parte di una volontà superiore? Dio invece ha condiviso parte delle sue facoltà con altri esseri che ostacolano deliberatamente il cammino umano in modo che l’uomo stesso, avendo di fronte a sé più alternative nel senso dell’agire, ma anche in quello dei significati morali, possa scegliere e, scegliendo, affinare ed elevare sempre di più quella autocoscienza globale del suo essere cui abbiamo accennato in precedenza. In questo modo l’anima umana si presenta come il teatro di un combattimento tra esseri progredienti che aiutano l’uomo nel suo cammino e esseri ostacolatori che cercano di trattenerlo o cacciarlo indietro. L’Io umano, in quanto componente spirituale dell’uomo, partecipa a questa lotta e può scegliere di volta in volta di stare dall’una o dall’altra parte. Se l’uomo avesse piena coscienza di questi avvenimenti potrebbe scegliere ovviamente sempre in modo da favorire chi lo vuole aiutare; ma non essendovi una tale coscienza è più facile che le scelte siano spesso di segno diverso le une dalle altre. Il rapporto tra le scelte orientate al proprio progresso o, viceversa, alla propria involuzione, è legato al grado evolutivo del singolo individuo. Nelle persone evolute spiritualmente prevarranno le azioni volte al bene (proprio, ma più spesso degli altri), in quelle meno evolute avverrà il contrario con il predominio dell’egoismo e quindi del male individuale e sociale.
Affinché questa lotta, e la partecipazione umana ad essa, possa avvenire liberamente essa si svolge ad armi pari. Dio, come detto, ha diviso parte delle sue facoltà: in particolare ha diviso la scienza con una schiera di esseri ostacolatori, e la potenza con un’altra schiera.
La prima schiera usa il suo strumento per coinvolgere l’uomo in una dimensione puramente speculativa, legata sì allo spirito, ma ad una sua dimensione del tutto separata dall’esperienza terrena, una specie di nostalgia per la vita “paradisiaca”, precedente alla “cacciata”, alla caduta dell’umanità nella materia. Il risultato sarebbe quello di un auto-appagamento intellettuale, di sfondo narcisistico, che non permetterebbe di realizzare un vero legame con l’essenza della vita sulla terra; questa, pur essendo collegata allo spirito, permette la nascita della dimensione sociale solo nella condivisione con gli altri
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dell’esperienza fisica: l’uomo ne verrebbe così privato e, spinto nell’individualismo esistenziale, perderebbe il senso del destino comune con i suoi fratelli.
La seconda schiera usa il suo strumento per stimolare la sete di dominio e di ricchezza materiale, dunque potere e denaro. A differenza dei primi, questi esseri, profondamente menzogneri, negano lo spirito, che è la loro stessa natura, per indurre l’uomo a volgersi esclusivamente alla realtà della materia. Sono loro i padri della concezione materialistica che si è sviluppata negli ultimi secoli. Se da un lato hanno portato all’umanità l’importante facoltà dell’uso di un pensiero oggettivo e chiaro, dall’altro lo hanno però anche indirizzato unilateralmente verso la materia. In questo modo hanno cercato di impedire all’uomo di utilizzare questa nuova facoltà verso tutta la realtà, e quindi di utilizzare il pensiero anche verso il mondo spirituale. Le loro armi seduttive sono il richiamo del potere e del denaro, soli elementi che avrebbero un valore se la vita umana fosse veramente solo materiale e quindi solo di carattere biologico. Tra la tentazione verso una dimensione spirituale slegata dalla vita terrena, a sfondo mistico, con un carattere dissolvente, e l’altra tentazione verso la negazione dello spirito per rivolgersi esclusivamente alla materia, con un carattere indurente, la via di vera evoluzione umana è ovviamente quella di un equilibrio tra le due: vivere compiutamente la propria esistenza e dimensione terrena, assumendosene tutta la responsabilità personale e vivendone tutti i compiti, soprattutto di natura sociale, ma farlo con la piena e chiara coscienza che l’uomo è prima di tutto un essere spirituale, cittadino di due mondi. Dal primo, quello fisicoterreno, deve cogliere tutte le opportunità di sviluppo individuale nelle relazioni con coloro che incontra sulla terra, dal secondo, quello spirituale, deve cogliere l’impulso ad agire moralmente, secondo verità, e sviluppare quindi il senso di altruismo e di fratellanza verso gli altri esseri umani.
Così, per permettere la libertà, a sua volta conquista di un cammino individuale, e quindi per lasciare aperto l’esito delle vicende umane, ed avendo ceduto sia scienza che potenza, Dio non è più né onnisciente, né onnipotente. Gli è rimasta invece la terza facoltà, quella dell’amore. Egli è dunque, lui solo, onniamante, essendo la fonte prima dell’amore
universale, si legga Dante per questo (Paradiso XXXIII, 126 e 145 ). L’amore rimane la sua principale caratteristica e lo è ovviamente di lui solo e non delle schiere ostacolatrici le quali, in una direzione o nell’altra, stimolano una dimensione egoistica e quindi negatrice dell’amore.
Le singole vicende dell’umanità, comprese quelle più insopportabili, come la sofferenza degli innocenti, non sono, alla fine, all’interno di un “disegno” di Dio, né a sua disposizione. Sono invece il frutto di una dialettica, a volte drammatica e tragica, che vede coinvolte le schiere del bene, quelle del male e dell’ostacolo e soprattutto gli esseri umani che, ad un livello di coscienza da noi non percepito nella vita ordinaria, ne sono attivi protagonisti. Ecco dunque che ciò che sulla terra appare odioso, tragico, doloroso e inaccettabile, può avere, in un’ altra economia, dei significati anche positivi (ad esempio caricarsi di forze di volontà per la prossima incarnazione) per l’evoluzione del singolo.
Questa osservazione non libera dal dolore, dalla paura, dal rifiuto per certe situazioni, poiché ad esse la nostra coscienza ordinaria, e soprattutto la nostra dimensione psicologica, difficilmente può assuefarsi, ma pone la questione del credere in un’altra dimensione: non più quella della fede, ma quella di una attivazione della nostra coscienza ordinaria per poterla elevare e poter avere un rapporto sempre più profondo col mondo spirituale anche nella vita di tutti i giorni.
Agendo in questo modo il singolo essere può compiere un percorso evolutivo, ma può dare anche un impulso fondamentale all’evoluzione di tutta l’umanità. Il tema della libertà infatti non ha solo un carattere spirituale e interiore, ma ne ha anche, come ovvio, uno politico e sociale. Sempre, nella storia, una dottrina rivelata, alla quale si aderisce per fede, ha portato ad una esperienza religiosa fonte di passività ed ha generato storicamente predominio sociale e politico. Nel percorso che abbiamo cercato di tracciare invece si apre una prospettiva nuova anche in questo senso: non più una fede, fonte di soggezione, sia intellettuale che politica, bensì una scienza che, basata sulla cosciente attività di ogni singolo essere umano e rendendo l’uomo indipendente dai depositari della verità , ha in sé i germi “rivoluzionari” per una società di veri uomini liberi.
124 “O luce etterna che sola in te sidi, 125 sola t’intendi, e da te intelletta
126 e intendente te ami e arridi!”
142 “A l’alta fantasia qui mancò possa;
143 ma già volgeva il mio disio e ‘l velle, 144 sì come rota ch’igualmente è mossa,
145 l’amor che move il sole e l’altre stelle.”
Dante Alighieri, Paradiso, Canto XXXIII
IUVENTAS - Nr. 1 - 29 settembre 2022
Gustave Doré - Beatrice - 1866
Come ultima lettura, desideriamo proporre ai cari lettori, nello spirito di questo particolare periodo dell’anno, una parte molto significativa dell’ultimo discorso di Rudolf Steiner, tenuto alla vigilia della festa di San Michele dell’anno 1924.
Vi invitiamo a leggere quanto segue sotto, con la vera speranza che nell’epoca attuale sempre più persone vorranno intraprendere seriamente un percorso di studio antroposofico e di autoeducazione e potranno trovare la loro strada verso la corrente micheliana.
Seguono estratti dall’ ultima conferenza, tenuta a Dornach il 28 Settembre 1924, dal ciclo intitolato “Considerazioni esoteriche sui nessi karmici”, Vol. IV, GA 238.
Miei cari amici, mi è stato impossibile ieri e l’altro ieri tenervi la conferenza di S. Michele. Ma per lo stato d’animo sacro che deve venire suscitato oggi in noi e che dovrà irradiare nei nostri cuori e nelle nostre anime, per la solennità di domani dedicata a S. Michele, non volevo lasciarla trascorrere senza parlare, sia pure brevemente, a voi miei cari amici. Che io sia in grado di farlo è stato reso possibile solo per merito della cura, piena di devozione, della mia amica, la Dottoressa Ita Wegman, ed io spero che potrò oggi dirvi quello che desidero comunicarvi in rapporto appunto a questo stato d’animo di solennità. Negli ultimi tempi, miei cari amici, abbiamo avuto da parlare sovente del fluire della forza di Michele nel divenire, nell’evoluzione spirituale degli uomini sulla terra. E farà parte delle più belle conquiste, direi, dell’insegnamento antroposofico, che interpreta i segni della nostra epoca, se saremo in grado nel futuro di aggiungere alle altre feste dell’anno, una festa di Michele compenetrata dal suo giusto stato d’animo. Questo però sarà possibile solamente, quando la forza possente del pensiero di Michele, che oggi è appena sentita o solamente intuita, sarà penetrata in un gruppo numeroso di anime che allora potranno creare il giusto punto di partenza per uno stato d’animo adatto a tale solennità religiosa. Al presente possiamo suscitare un sentimento micaelita all’epoca di Michele se noi ci dedichiamo a sentimenti preparatori per una futura festa di Michele. E tali pensieri preparatori diverranno in noi specialmente vivaci se rivolgeremo il nostro sguardo a ciò che abbiamo visto operare per così lunghe epoche, parte sulla terra e parte nei mondi soprasensibili, onde preparare ciò che deve venire portato a termine per l’evoluzione del mondo nel corso di questo secolo da quelle anime che, in profonda realtà, sono state compenetrate da uno stato d’animo appropriato e si sentono portate a far parte della corrente di Michele. Ed io, in queste ultime settimane, in quelle esposizioni in cui vi ho parlato di quanto si riferisce al Karma della Società Antroposofica,
ho cercato appunto di rendervi comprensibile che voi, miei cari amici, se veramente vi sentite attirati in modo leale al Movimento Antroposofico, appartenete senza dubbio a questo gruppo di anime. Possiamo ancora accennare ad alcune verità e oggi vogliamo appunto farlo, vogliamo rivolgerci a quanto ci porta dinanzi all’anima delle entità che intimamente sono collegate e saranno nel futuro ancora e sempre unite, a ciò che qui è stato esposto come corrente di Michele. (...)
E quando lasciamo operare su di noi ciò che Novalis ha riversato nei suoi ‘frammenti’, vediamo che opera su di noi in modo così profondo, perché tutto quanto egli ha davanti a sé nella realtà sensoria, tutto ciò che gli occhi possono vedere sulla terra come bellezza del creato, vive nella sua anima e ci appare come magico idealismo nella sua poesia con uno splendore quasi celeste. Egli è capace di far risorgere anche le cose più semplici del mondo materiale in uno splendore di luce spirituale per opera del magico idealismo nella sua poesia. E così vediamo appunto in Novalis un luminoso, smagliante precursore di quella corrente di Michele che dovrà guidare anche voi, miei cari amici, ora mentre siete nella vita e più tardi quando avrete superate le porte della morte. Nei mondi spirituali allora ritroverete tutte queste personalità, anche quell’entità di cui vi ho parlato oggi; troverete tutti quelli uniti ai quali dovrete preparare quell’opera grandiosa che deve realizzarsi alla fine di questo secolo e che dovrà condurre l’umanità a superare la grande crisi in cui è caduta. Deve venire realizzata quest’opera, cioè: il potente compenetrarsi con la forza di Michele, con la volontà di Michele che è in realtà ciò che manifesta la volontà dei Cristo, ciò che deve aprire la via per innestare la forza del Cristo in modo giusto nella vita terrena.
E questa forza di Michele potrà veramente trionfare, vincendo la forza demoniaca del drago che voi ben conoscete. Se voi cercate di accogliere questo sacro impulso di Michele in questo
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periodo dell’anno e farne il punto di partenza di quanto per voi, in tutta la sua potenza, in tutta la sua forza, tale pensiero di Michele può portare a manifestazione, non solo come pensiero dell’anima vostra; ma se lo rendete vivente in tutte le vostre azioni, solo allora diventerete fedeli servitori di questo pensiero di Michele, di quanto in senso micaelita, attraverso l’Antroposofia, deve imporsi nell’evoluzione terrena. Se entro i prossimi tempi tale pensiero di Michele diverrà vivente, almeno in un gruppetto di quattro volte dodici uomini e vivrà in quattro volte dodici uomini, che però possano venire riconosciuti come tali non da se stessi, ma dalla Direzione del Goetheanum in Domach, se in questi quattro volte dodici uomini si saranno creati dei condottieri, dei capi, per la disposizione dell’anima rispondente alla festa di Michele, allora potremo guardare con fiducia alla luce che ad opera della corrente di Michele, per effetto dell’attività micaelita, si diffonderà nel futuro in tutta l’umanità.
Poiché le cose stanno così, per questo ho cercato, miei cari
amici, di chiamare a raccolta tutte le mie forze per dirvi oggi almeno queste poche parole. Per dire di più la mia forza oggi non può più bastare. Ma questo è quello che oggi attraverso le poche parole volevo dire alla vostra anima: “affidarvi il compito di indagare durante l’intero corso della vostra vita sul Mistero di Lazzaro- Giovanni, onde poter conoscere in futuro chi realmente sia in ciascuno di voi, Lazzaro-Giovanni”. Accogliete questo pensiero micaelita nel senso di quanto un cuore fedele a Michele può afferrare, quando appare devoto alla luminosa radiante solare veste di Michele, che addita e guida a quanto dovrà avvenire, affinché questa veste di Michele, questa veste di luce, possa trasformarsi nelle parole cosmiche che sono le parole del Cristo e che possono trasformare il Logos cosmico nel Logos dell’intera umanità. Perciò le parole a voi dirette siano oggi queste:
Forze sprigionate dal Sole, Spirituali potenze luminose che portate benedizioni ai mondi, dai pensieri divini predestinate, Voi siete a formare la radiosa veste dell’Arcangelo Michele.
Egli, il Messaggero del Cristo indica a voi il sacro cosmico volere che regge gli uomini. Voi, chiari esseri dei mondi eterici, portate la parola del Cristo vivente agli uomini.
Così appare l’Annunciatore del Cristo alle anime disperate ed assetate di luce: ad esse irradi la vostra parola di luce, nell’epoca cosmica dell’uomo spirituale.
Voi, discepoli della conoscenza spirituale, accogliete il saggio accennare di Michele, accogliete la parola d’amore del cosmico volere creatore, nelle mete supreme dell’anima vostra.
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Ringraziamenti
La Redazione desidera ringraziare tutti gli autori degli articoli della Rivista per la bella collaborazione. Un ringraziamento speciale al collega responsabile della parte grafica, Massimo Piutti, per il suo aiuto fondamentale per la realizzazione della presente Rivista. Vorrei ringraziare inoltre tutte le persone che mi hanno sostenuto e contribuito a Iuventas con delle idee, con lavori di revisione dei testi e delle traduzioni, a volte con dei materiali per lo studio: ringrazio in modo particolare il mio Maestro, Elio Biagini; Luana Rossin; Zsolt Vécsei; Claudia Nardon.
Egon Schiele, Il sole d’autunno, 1912