Il Tascapane - 11

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Trenitalia, ci scusiamo per il disagio PRIMO PIANO the Hub Trieste il co-working

MUSICA il Mondo Nuovo opinioni dal concerto

TRENITAGLIA

il giornale che ti porti dietro luglio/settembre 2012 tascapane.blogspot.com

SPORT la psicoatletica speciale Italica Gigante

SCIENZA intervista ad Adriano De Maio


Vita vissuta / I pendolari di Federico Conti Picamus

Il coraggio di dire cazzate

E dire che la nostra è l’era del digitale, l’era dell’evoluzione, dell’innovazio ne. Ogni giorno apriamo almeno due social network, ci “linkiamo”, ci “piao ciamo”, ci “commentiamo”, ci “twito tiamo”. Ma purtroppo non è tutto oro quello che luccica. Perché nonostante tutto ci stimoli al progresso noi viriao mo verso il regresso. Il regresso sociale. Tirare pacco ormai è un’abitudine, ritardare è uno stile di vita, partecipare ad eventi culturali è un “optional” e la gita fuori porta un ricordo lontano. Ci vediamo queso week-end? “No, devo studiare”. Ci vediamo stasera per un succo (scuo sate ma l’editoriale poi lo legge mia nonna e lo fa vedere alle amiche)? “No, devo studiare” Ci vediamo per le vacanze di Natale? … Questi puntini riempiteli con le vostre cazzate. Le perle di saggezza sono sempre più rare, gli insegnamenti morali vanno sempre più a mancare… ma c’è una cosa che non muore mai: … le cazzate! Ho solo 23 anni e di cazzate ne ho seno tite veramente tante. Sai chi dice cazzate? Tu. Io? Si, tu. Tu come tanti altri: si ovvio in primis i politici, ma anche professori, amici, ufficiali (chi lavora in ufficio). Secondo il dato Istat di Carolina Veno turoli questa settimana si calcolano 10 cazzate al giorno. Sono tante, anzi troppe. Non vi pare?

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Editoriale

E c’è chi le racconta convinto o chi le racconta sapendo che ne sta sparando una davvero grossa, ma ancora peggio c’è che le dice, poi si pente e ne inventa un’altra per farti dimenticare la cazzata prima. Abbandono la parola “cazzata”, pero ché sia mai che qualcuno si scandalizzi. Le cavolate (cosi sono contente le mamme) partono al mattino presto con qualche nuova chicca del coinquilino, proseguono all’Università, magari con qualche professore che non ha voglia di insegnare e finiscono la sera tardi perdendoti tra i video di qualche Youo tubers. Durante la giornata puoi incono trare diversi modelli di “cazzoni”. Non potevo dire “cavoloni”. Perché no? Perché non esiste. Allora ino ventiamola. Detto fatto. Il cavolone è colui è che dice cavolate. Il cavolone è una razza tutt’altro che rara. È un malato contagioso. Infeto ta gli altri, perché colui che l’ascolta pensa (se pensa) “beh, carina questa… se la dice lui, a questo punto la dico anch’io”. Perché si sa il pensiero intelligente non è da tutti ma il pensiero deficiente (cioè che manca di una base solida su cui costruire tale pensiero) è intrinseco nell’uomo medio. Cazzate (uff, non riesco a trattenermi, scusa mamma) abitudinali sono “non ti è arrivato il messaggio?... mmh veo ramente no… strano, io te l’ho mandao to”, “ non posso venire, ho la febbre”, “non riesco, è morta mia nonna… ma come, non era già morta?”. Gli Uffici hanno proprio un manuale pieno di codici e studi che regolameno tano il tono di voce sicuro di sé e la mimica facciale fiera nel dire cazzate. Le amiche isteriche davanti ad un’insao

latona scondita ne sparano 1 al minuo to. E si sa che le amiche isteriche parlao no per almeno 2 ore. 2 ore di cazzate. “Ma secondo te quante calorie ha queo sta insalata?... direi 10 per le carote, 15 per il finocchio… ahahah finocchio… a proposito hai visto Simone, ma quanto frocio è?... oddio guarda là… no, non ti girare… è Claudia… mamma mia è obesa. È diventata obesa per preparare procedura penale… e infatti fa pena… hihihi”. Non vado oltre. Cari lettori, sono certa che vi siate divertiti nel leggere questo editoriale. E se vi siete ritrovati in qualche descrizione è bene che vi offendiate. Abito in via Milano 14 e per le lamentele rivolgetevi alla mia segretaria. Mi sono dimenticata di dire che anch’io ne dico di cazzate.

Carolina Venturoli

State cercando di uscire dal tunnel della routine universitaria lezionemensastudiopausacaffèfacebookstudioaperitivocasa? Volete conoscere gente nuova che non siano i vostri compagni di sbobinature? Volete collaborare attivamente con Il Tascapane come redattori, bloggers, grafici, fotografi, speakers, reporters, vignettisti o illustratori? Avete nuove idee per Il Tascapane? Vieni a conoscerci Giovedi 16 Febbraio alle 18 al Knulp oppure contattaci via facebook o per e-mail all’indirizzo: iltascapane@gmail.com


Il centro delle idee

The Hub è una rete internazionale di spazi fisici dove condividere idee, proo getti e far nascere start-up. Un luogo di co-working, di innovazioo ne e di imprenditoria sociale. The Hub è nato a Londra nel 2005 e ora è sparso in tutto il mondo, da Lono dra a Dubai, da Milano a San Francio sco, da Rotterdam a Trieste. Un habitat ideale per futuri imprendio tori per concentrarsi sul proprio lavoro contando su una rete di connessioni e risorse affidabili. Una popolazione variegata quella che vedrà vivere the Hub: professionisti, imprenditori, creo ativi e giovani studenti. Se questa descrizione non vi ha convino ti ancora, ve lo ripresento. The Hub è ciò che dovrebbe essere l’Università. Ora ve lo spiego cercando di essere chiara. The Hub ti offre delle scrivanie super tecnologiche, delle sedie fatte rigoroo samente con materiale riciclabile, degli spazi in comune , come la cucina o dei salottini, per poter fare social amicizia. The Hub però non sarà solo questo. Ti permetterà di conoscere persone nuove, intelligenti, pazze, normalissime, gente con i cash, gente senza cash, gente con i cash ma senza idee o gente senza cash ma con idee. Vi troverete tutte insieme in una scrivao nia a pensare, concretizzare e migliorao re questa Italia che diciamolo è penosa, per usare un eufemismo. A questo punto i più scettici diranno “embè dove sta la novità?” Non c’è una vera novità. È un progeto to semplicissimo che unisce questi tre ingredienti: idee, persone, luogo. Ed il gioco è fatto. Ma come tutte le cose semplici, sono anche le più difficili. Avere una buona idea, trovare persone che hanno un fine comune e avere un luogo che le unisce è la difficoltà e the Hub è la soluzione. Avremo potuto farlo noi the Hub, si noi all’Università e invece non ci siamo riusciti perché siamo troppo imprigioo

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Primo piano

Sommario

Inchiesta

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> Le chiamano ferrovie dello stato > La multa di 2 € > Alta Velocità in Italia

> Intervista a Paolo Poli

Architettura e musei

> La psicoatletica

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Attualità

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> Carta canta, Grillo vaneggia

Incontri

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> Il Dalai Lama parla agli studenti universitari

Carolina Venturoli

A tavola con gli insetti Lovebugs, il cibo del futuro

Fisica

Un aperitivo insolito organizzato da the Hub, la SISSA insieme ai ragazzi del Master in Complex Actions. Speao ker dell’incontro il professor Maurizio G. Paoletti, docente di ecologia all’Unio versità di Padova ed esperto entomoloo go. Ci ha spiegato che gli insetti hanno molte proprietà nutritive L’unico problema, sottolinea, potrebo bero essere le allergie: ad esempio alla chitina, uno zucchero di cui molti inseto ti sono ricchi. Avremmo dovuto mano giare insetti ma le solite legislazioni ce l’hanno impedito. Vorrà dire che aspeto to la fine del progetto di Foodcast per ordinare qualche larva o qualche cavalo letta, direttamente sul loro sito.

CV

Per l’intervista ai fondatori di the Hub e al prof. Maurizio Paoletti sempre su Tascapanetube

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> Fisica quotidiana: il forno a micronde > Neutrini superluminali: la vendetta

Good idea

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> Laundry: la storia di come la creatio vità vinse la burocrazia > MACAO Milano

Musica

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> Il mondo nuovo

International

20-22

> Latvian society’s watchdog and… its ‘’teeth’’ > Mass Media in Greece > Happy Birthday Kim Il Sung!

provincia di TS

comune di Trieste

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Università di Trieste

Associazioni

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26/31

> Fibre d’amianto > Test su animali e cosmetici > Libera 17 marzo > AIESEC > Poli di aggregazione giovanile

Self-made

DIRETTORE RESPONSABILE Cono Giardullo VICE DIRETTORE Carolina Venturoli CAPOREDATTORE Carolina Venturoli REDAZIONE

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> Un’audiotape come portachiave > Il detersivo biodegradabile > Seitan fatto in casa

Scienza

IL TASCAPANE Il giornale che ti porti dietro NUMERO 11 - Luglio / Settembre 2012

Sport

> Architettura delle stazioni ferrioviarie > Il caso Campomarzio

nati da schemi e pregiudizi antiquati. Talmente prigionieri di noi stessi da aver dimenticato la libertà di condivio sione e socializzazione. Siamo stati sconfitti da the Hub. Ed è da questa idea che nasce in me la voglia di conoscere due dei fondatori di the Hub Trieste. Stefania Quaini e Marco Svara. Appeo na li vedo così sorridenti, capisco già la loro forza e la loro unione. Hanno già tutte le carte in regola per essere dei vincitori. Li intervisto in quello che sarà The Hub, in mezzo ai muratori all’opera. E’ un tentativo di rifugio dal sonno triestino, un modo di lavorare insieme. È il sogno di poter far qualcosa, è l’opo portunità di cambiare. È come una barca in mezzo al mare e il suo destino è nelle mani di chi la cono durrà. Speriamo non sia solo per pochi e che sia ben equipaggiata di salvagenti e di champagne. E come dice il proverbio “se son rose fioriranno”. Intanto aspettiamo l’apero tura dell’hub triestino che si prevede verso Novembre.

Teatro

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> Erasmus placement al Karolinska Institutet > Intervista al nuovo presidente dell’Area Science Park, Adriano De Maio

Debora Andriolo, Ilaria Arena, Eriks Badamsins, Anna Bembi, Giulio Bernardinelli, Beatrice Berton, Roberta Businaro, Stefano Capodieci, Federico Conti Picamus, Martina Cusan, Alex Fabbro, Arianna Iachia, Alessandro Lo Piano, Matteo Mascarin, Federico Movia, Giulia Pellizzari, Alessandra Peruch, Giovanni Puhali, Edoardo Rosso, Dario Scovacricchi, Matteo Verazzi, Vittoria Verazzi, Fani Zacharoudi HANNO COLLABORATO: Marco Simeon (Libera Trieste), Luca Pirillo (Radiophonica), Diego Matuchina (Teatro La Contrada), Guiscardo Urso (AIESEC), Stefania Quaini e Marco Svara (The Hub) PROGETTO GRAFICO Stefano Capodieci www.stefanocapodieci.altervista.org MARKETING E COMUNICAZIONE Carolina Venturoli carolinaventuroli@live.it EDITORE Associazione NoSS – Non Solo Studio Sede Legale: Via Montebello 111, Ferrara – c.f. 93073220381 Registrazione al tribunale di Ferrara n°11 del 10/09/08 STAMPA Rapid Printing P. IVA 03781861210

Il nostro periodico è aperto a tutti coloro che desiderino collaborare nel rispetto dell’art.21 della Costituzione che così recita: “Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, non costituendo, pertanto, tale collaborazione gratuita alcun rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione autonoma”


Le chiamano Ferrovie dello Stato

Prendere il treno, in Italia, fa schifo. Poche corse, ritardi sistematici, annuno ci tragicomici, sporcizia. E nonostante tutto, costi elevati. Noi studenti lo sapo piamo bene, eppure spesso ne ignoriao mo le ragioni, forse convinti che non ci sia nulla da fare, o forse sotto sotto affezionati a questi treni sporchi e in ritardo, come fossero parte del folko lore italico. Infine siamo il paese della Vespa, della 500... sicuramente non dell’Eurostar. Eppure un’Italia con un buon sistema ferroviario sarebbe bellissima… Ferrovie dello Stato Italiane, l’impresa che attualmente coordina il servizio, è organizzata come un gruppo di società. E il gruppo è di proprietà pubblica. La statalizzazione è divenuta necessaria all’inizio del secolo scorso, con la crisi delle ferrovie, provocata dal passaggio al trasporto su gomma, ed alla necessio tà di garantire il diritto alla mobilità, e non lasciare inutilizzate costose infrao strutture. Inoltre il sistema ferroviario è ecocompatibile, motivo in più per renderlo pubblico. Giulio Andreotti, in uno dei suoi moo menti, disse «In Italia, esistono due tipi di pazzi: i matti veri e propri e quelli

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La multa di 2€ Quando essere un cittadino modello non ti ripaga

che sperano di risanare le ferrovie.» Il matto, nel nostro caso, è Mauro Moo retti, attuale amministratore delegato di FS. Ingegnere di origini emiliane che da sempre lavora all’interno del grupo po, segretario nazionale Cgil Trasporti dal 1986 al 1991. Un sindacalista paro ticolare, che ha sempre saputo vedere le cose anche dal punto di vista dei padroo ni, finchè padrone lo è diventato. Sotto la sua gestione, la società ha riportato buoni risultati: è riuscita a pareggiare il bilancio ed è cresciuta. Dall’altro lato, però, il servizio regionale peggiora e i pendolari protestano. Quali, dunque, le criticità? Il servizio regionale non funziona innanzitutto perchè non redditizio: i treni locali sono in perdita. Paradossalmente FS guadagnerebbe molti più soldi se poo tesse scegliere di sopprimerli, e limio tarsi a fornire alcune tratte nazionali, magari in Alta Velocità. Ma non può, perché ne abbiamo diritto. Le soluzioni sono poche quindi o troviamo il modo per rendere tale servizio profittevole, o compensiamo le spese di Moretti con biglietti e finanziamenti pubblici. La prima soluzione richiederebbe la messa a punto di un piano per il trao sporto pubblico più efficiente che coo

ordini in maniera migliore treni e autoo bus con coincidenze, finanziamenti ed incentivi. Anche relativamente al tetto massimo dei prezzi di biglietti e finano ziamenti la scelta è pubblica. E mentre noi pendolari ci lamentiamo di tali tao riffe, Moretti dichiara che “… in Italia oggi i costi dei biglietti sono i più bassi: 3,5 centesimi al chilometro pagati dal passeggero, più 6,8 dal sistema pubblio co; in Germania sono 7,3 dal cittadino e 12,5 dallo Stato; in Francia 11,9 più 9,9”. Ecco perché ci si butta sull’Alta Velocità. Relativamente agli sprechi del gruppo Ferrovie dello Stato, vi rinvio al lio bro “Fuori Orario”, di Claudio Gatti (Chiarelettere, 2009), un’inchiesta ben documentata sugli sbagli e la disorgao nizzazione che hanno caratterizzato per decenni la gestione della compao gnia. È necessario quindi un dibattito pubo blico, che consenta di trovare la miglioo re soluzione per tutti. Non è Moretti a dover decidere e non sono neanche i politici italiani. Siamo noi, popolo italiano, origine e scopo del servizio ferroviario. Cosa ne vogliamo fare?

Federico Movia

Scendo di corsa dalle scale. Ho dimeno ticato lo zaino. Ma dove ho la testa? Citofono. “Ilaria buttami lo zaino”. Aspetto. Urlo: “muoviti”. Lo butta. Corro verso la fermata dell’autobus. E come nei migliori film vedo passare il mio autobus davanti agli occhi. Panico. Niente panico. Aspetto. No, non posso aspettare. Andrò a piedi. Ma si, mi dico speranzosa, sono sempre in ritardo i treni (come se fosse una consolazione, ndr). Vuoi vedere che l’unica volta che sono in ritardo io, lui è in anticipo? Nao sce la sfida tra me e Trenitalia. Scomo metto 10 euro che è in ritardo. Dai, sono quasi arrivata. Altro ostacolo da superare, la fila sia alla biglietteria che alle macchinette. Apro1 una parentesi: ma le macchinette, avete notato anche voi che sono più lente dell’uomo dietro al vetro, vero? Di solito funziona cosi: c’è un tipo alle macchinette che la mago gior parte delle volte sta guardando i treni per capodanno 2014 e tu ti chiedi ma proprio adesso devi vederli. Fai la stizzita ma poi lo importuni. Scusi… ehm scusi (un colpo di tosse ci sta tutto in questi casi) posso fare il biglietto che il mio treno parte tra 5 minuti. Oh no, lo annunciano di già. Chiudo la pareno tesi. Mi lascia passare con una smorfia

stizzita. Faccio il biglietto ma continua a dirmi attendere… attendere prego. Miracolo. Ho stampato il biglietto. Vado verso l’ostacolo più grande l’oblio teratrice. La prima non funziona, la seconda nemmeno. Ce n’era una terza ma manca solo un minuto alla parteno za e corro verso il treno. Poi spiegherò l’accaduto al controllore. Sfinita mi sieo do. E dopo due minuti che siamo paro titi penso, beh di solito funziona che lo puoi scrivere in penna (data, orario e città di partenza). Lo faccio spensieo rata. Chiedo al mio vicino di poltrona se anche per lui “la scrittura” va bene. Mi dice di si. Ne è convinto come me. Arriva il controllore e lo fermo per spiegargli l’accaduto. Roberto di Trenio talia. Sembra un uomo come tanti altri ma dietro la sua immagine da uomo per bene, si nasconde un predicatore di Trenitalia. Mi dice che non si fa e che dovevo andare a cercarlo e raccono targli cosa era accaduto. I miei vicini d’avventura si infuriano con Roberto e il povero ragazzo che mi ha consigliao to di scrivere la data sul biglietto (ora diventata la prova del reato) si offre di pagare la multa. Roberto è irremovibio le e mi dice che devo pagare la multa perché in Friuli Venezia Giulia vale

questo regolamento. Pazzesco mi dico ma sono pronta per pagare la multa, perché mi sento una cittadina modello e se ho violato questo regolamento (che vale sono in Friuli) pagherò. Tra me e me penso “cavoli, speriamo di farcela. Ho solo 20 euro nel portafoglio. Sai che figura se è 25 o peggio 30 euro?”. Il pensiero viene interrotto da Robero to che mi passa il foglio giallo. Leggo. Sono 2 euro di multa. Do la moneta mentre le signore affianco a me contio nuano a difendermi e mentre il ragazzo mi dice che era colpa sua e che ci teneo va a darmi i soldi della multa. In conclusione se fossi stata zitta, molo to probabilmente saremmo arrivati a Portogruaro (che si trova in Veneto) e la regola non sarebbe più valsa e non avrei preso la multa. Ma a pensarci bene ero contenta. Pero ché vi chiederete? Beh due euro non mi hanno rovinato la vita ma il senso di cittadinanza che mi hanno dimostrato i miei compagni di viaggio mi ha fatto credere che esiste un popolo e che preo sto ci ribelleremo.

Carolina Venturoli


Trenitalia

E tu che treno sei?

Tra scioperi e tagli i treni si fermano

Scegli il tuo modo di viaggiare

Da qualche mese a questa parte molti sono stati i disagi avvertiti dall’utenza delle Ferrovie dello Stato e, in particoo lare, da coloro che sono costretti per lavoro ad utilizzare i trasporti pubblici quotidianamente. Non a tutti è noto quali siano le circoo stanze alla base dei frequenti scioperi e quali siano i disagi subiti dai lavoratori del settore. Una delle questioni fondao mentali riguarda il contratto nazionale collettivo di categoria, il cui rinnovo viene rimandato da ormai 3 anni, con il conseguente forte malcontento da paro te dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato che si trovano a dover affrontare una precarietà ed una mancanza di gao ranzie ingiustificata.

Oltre ad essere una reazione alla situao zione relativa al rapporto di lavoro, gli scioperi e le manifestazioni rappreseno tano anche l’apice della protesta ai tao gli prospettati principalmente in abito di tratte regionali e notturne. Un gran numero di personale viaggiante rischia, a causa dei suddetti tagli, di perdere il posto di lavoro e, inoltre, nell’ultimo periodo, si sente sempre più spesso parlare di cassa integrazione anche in questo settore (cosa che in precedenza non era mai accaduta). Per quanto riguarda la condizione dei lavoratori addetti al servizio notturno, va precisato che essa è notevolmente peggiorata dal fatto che la società di cui fanno parte non ha ottenuto il rinnovo

del contratto da parte di Trenitalia. Il sistema dei trasporti ha iniziato ad andare in crisi anche a colpa della mano canza di una struttura integrata e sinero gica alla base. Ogni comparto è stato lasciato in balia di una crescita disoro ganica che ha portato nel tempo ad una disfunzione estesa all’intero apparato. Sicuramente, infine, la situazione ecoo nomica in cui versa l’Italia di questi tempi non aiuta poiché anche per gli interventi di prima necessità, come la manutenzione delle infrastrutture, l’azione delle istituzioni risulta essere carente su tutto il territorio.

spot da persone un po’ in là con l’età (quale giovane al giorno d’oggi ha un ufficio da portarsi dietro? ndr). La Business, su misura per i manager un po’ meno importanti, ma che coo munque necessitano della nuova “area del silenzio” dove poter lavorare in pace, ben lontano dalla plebaglia, cioè dai “livelli di servizio” inferiori. La Premium, su misura per chi non è abbastanza ricco da poter ambire ai primi due livelli, ma nemmeno così pezzente da mischiarsi con “loro”. Infine la Standard, fatta su misura appunto per “loro”. “Loro” che nello spot di Trenitalia sono rappresentati da una allegra famiglia di immigrati. “Loro” che in realtà, saremmo quasi tutti noi. “Loro” sono i poveri comuni mortali che non vogliono dissanguarsi per fare un viaggio in treno, o quelli che di viago

gi ne devono fare cinque - sei a settimao na, e assolutamente non sono solo - né per forza - gli immigrati. Felici di essere inclusi anche loro in questa innovao zione tecnologica italiana, nonostante possano farne parte solo in lontananza, o meglio: da una lontananza segregata. Eh sì, perché al suo debutto in società, il Frecciarossa presentava un’ulteriore peculiarità: dalla classe Standard non si poteva accedere né alla carrozza rio storante né alle altre classi -perché è di classi vere e proprie che si tratta-. Ora, dopo una semi-rivolta popolare, i paso seggeri “standard” possono accedere almeno al bar. Che gentile concessione.

Anna Bembi e Vittoria Verazzi

Il Titanic su rotaie

Sembra quasi di esserselo sognato: lo spot pubblicitario del nuovo treno freco ciarossa, che tanto ha fatto discutere un mese fa, è scomparso dal web. Ha lasciato qualche traccia della sua esistenza solo in alcuni articoli ormai datati che parlano di “spot razzista”, di una “campagna grottesca”. Campagna classista aggiungerei io, che riporta alla memoria le scene del film Titanic con le sue classi e la netta divio sone sociale che le contraddistingueva. “Dalle classi ai livelli di servizio, 4 nuoo vi modi di viaggiare creati su misura per te.” Così recita il nuovo slogan di Trenitalia. Ebbene sì. “Su misura”. L’Excecutive è fatta su misura per i mao nager davvero importanti, quelli che l’ufficio se lo devono portare anche in viaggio - vi troverà spazio, infatti, ano che una sala conferenze. Chiaramente i manager sono rappresentati in questo

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Grazie Trenitalia.

Alessandra Peruch

Bisogna ammetterlo, il treno qualche progresso nell’ambito del design l’ha fatto: nei più datati regionale e intero city, esistono infatti solo due possibilità per appoggiare la propria valigia. Meto terla sull’apposita cappelliera sopra i sedili, attentando così a ogni curva alla vita di chi ci sta seduto sotto; o lasciarla al suo destino nell’apposito vano vicino all’uscita (in questo caso si consiglia di lasciare anche un recapito domiciliare... non si sa mai che il ladro si intenerisca e ti rispedisca almeno la valigia vuota). Tutto molto apposito. Rispetto a quest’esempio di cattivo deo sign, le varie frecce offrono un po’ più spazio per le valigie: un vano ricavato a metà della carrozza, in cui possono alloggiare comodamente ben 10 valio gie... Contando che ogni carrozza ha un centinaio di posti e che sicuramente solo una decina di persone su cento si portano dietro una valigia capiente... direi che i conti tornano. Parliamo poi del corridoio di passago gio tra le varie carrozze: è davvero troppo stretto. L’esempio peggiore è sicuramente quello dei vagoni a scomo partimenti, che farebbe diventare clauo strofobico chiunque. “Necessito spazi aperti!”. Con gli “spazi aperti”- gli open space delle frecce - però, il proo

blema non cambia affatto: cerchi di raggiungere il tuo posto - che chiarao mente è sempre quello più lontano - e il trolley si incaglia in ogni poltrona; sei costretto a conoscenze da vicino da molto vicino - se per caso incontri qualcuno che cammina nel senso oppoo sto (cosa abbastanza normale se ci si attiene alla logica del “posto più lono tano”); e ogni volta che risuona quel melodioso “din din din” del carrello bibite e snack - che non compra mai nessuno - l’intero vagone fa una ola. E non perché sia contento di vederlo, ma perché tutti devono spostare la valigia, sennò il carrellino non passa. Certo bisogna concedere qualche nota positiva alle Frecce: ci sono le prese di corrente, i bagni sono più belli, le seduo te più confortevoli, il design minimal e accattivante. Ma siamo sicuri che questa linea minio mal e accattivante funzioni? Il design dovrebbe rispondere alle esio genze della gente e, se tanto si parla oggi di design sociale, bisognerebbe davvero ripensare a quello del treno, mezzo di trasposto da sempre sinonio mo di socialità. Sinonimo di stralci di libri o articoli di giornale letti senza attenzione, fantao sticando in realtà sui propri compagni

di sventura, immaginando le ragioni di quei viaggi, ipotizzandone la meta; di frammenti di telefonate da cui si tenta di carpire qualche informazione in più, improvvisandosi detective; e infine, di un commento, buttato lì, sul tempo, sul libro che si finge di leggere o sul ritardo del treno ed ecco che nasce una cono versazione. Un fugace intreccio di destini tra una fermata e l’altra. Sullo sfondo il film di un paesaggio che si trasforma foo togramma dopo fotogramma. Il tutun tutun del treno che corre sulle rotaie. Il din din din del carrellino, che in quel momento, tra divertiti sguardi d’intesa, diventa quasi un modo per suggellare quel piccolo germoglio di amicizia. E forse l’intimità degli scompartimenti, e anche il meno pretenzioso design di quei vecchi regionali, favorisce questo modo di vivere il viaggio in treno. Siamo davvero disposti a rinunciarvi? Non sarebbe meglio integrare il como fort “individuale” con quello “sociao le”? Pensateci, e datevi la vostra persoo nale risposta. Poi magari ne parleremo, un giorno, in una carrozza di un treno...

A.P.

FRECCIA ARGENTO

FRECCIA BIANCA

INTERCITY

REGIONALE

Per gli amanti della velocità, dell’eleganza, della modernità

Per chi non ama la velocità ma spera di confondere i meno esperti con il nome “freccia”

Per chi ama i regionali, ma con un po’ più brio! praticamente differiscono dai regionali solo per il numero di fermate effettuate

Per i nostalgici, i sostenitori della tradizione (... e non perché il regionale ripercorra la tradizione, ma proprio perché le carrozze sono sempre le stesse da qualche decennio)

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colore: marrone (giustamente da un freccia “argento” cosa ci si poteva aspettare?)

> design: futuristico, da navicella spaziale

> tratti particolari: tavolini estraibili; bancone bar avveniristico; restyling carrozza ristorante con toni caldi e illuminazione con faretti stile “cielo stellato”; colonnina con presa audio e prese elettriche per ogni seduta

> colore: blu > design: open space, curato nei dettagli

> tratti particolari: prese elettriche per ogni seduta; bar di una tristezza profonda; temperatura random

> tipologie: a piano singolo / a doppia altezza a scompartimenti / genere open space

> colore: blu > design: retrò


TAV: SI o NO?

Parlano gli esperti Appunti sull’Alta Velocità in Italia

Il TAV (treno ad alta velocità) è un proo getto ideato già nel 1991 che prevede un collegamento ferroviario transalpio no tra Torino e Lione, principalmente l’utilizzo era individuato nel trasporto delle merci ma successivamente si è ampliato anche al traffico passeggeo ri. Nel 1995 iniziano le prime grandi manifestazioni a livello locale contrarie alla realizzazione di tale progetto, per poi vedere una crescente diffusione del movimento il quale si è espanso su laro ga parte del territorio nazionale fino a diventare un problema molto sentito dalla maggioranza della popolazione. I No Tav, come organizzazione, nascoo no in Piemonte, ma visto l’interesse ad ampliare il progetto dell’alta velocità ad altre aree, negli anni si sono formati diversi Comitati locali (fra i quali ad esempio quello di Trieste che si sta bato tendo contro la creazione della tratta Trieste - Divaccia).

Perché NO TAV?

Perché SI TAV?

Innanzitutto dal punto di vista ambieno tale l’impatto sarebbe nella realizzazioo ne eccessivamente dannoso sia per la natura (deturpamento del paesaggio) sia per gli abitanti della valle (inquinao mento acustico); va inoltre considerato che per la realizzazione di queste galleo rie bisognerebbe traforare le montagne con il possibile rischio di far propagare nella zona quantità di amianto e uranio (nocive per tutto l’ecosistema). I no tav nella loro lotta contro questo progetto inoltre portano come tesi fondamentao le anche il fatto che tenendo conto dei possibili ricavi l’opera risulterebbe coo munque economicamente sconveniente per il paese visto anche il continuo calo di traffici sulla tratta Torino-Lione.

Coloro che invece supportano la Tav (come alcuni sindacati, lo Stato, ArpaPiemonte, ecc) credono fermamente nell’utilità del progetto dal punto di vista economico, visto che potrebbe aiutare il Paese a uscire da un periodo di crisi grazie agli investimenti relativi e ad un avvicinamento ulteriore agli standard dei traffici economici europei. Nonostante la questione sia ancora dibattuta il progetto non si è mai fero mato e all’inizio del 2012 sono iniziao te, da parte delle autorità competenti, le espropriazioni dei terreni privati su cui è prevista la costruzione dell’opeo ra. Proprio per questo motivo in questi ultimi mesi gli scontri tra manifestano ti e istituzioni si sono inaspriti fino a portare ad una situazione molto critio ca (con l’ingente coinvolgimento delle forze dell’ordine). Il Governo dichiara di essere aperto al dialogo, ma con la ferma convinzione di portare a termine l’opera. Voi che ne pensate?

Anna Bembi e Vittoria Verazzi La Germania ci ripensa Dopo l’uscita del Portogallo dal progetto della linea AV LisbonaKiev arriva una bocciatura anche dalla Germania. Il presidente delle ferrovie Rudiger Grube manifesta, in un’intervista al periodico «Wirtschaftswoche», un palese disinteresse per l’Alta Velocità. Sostiene che 250 km/h sono più che sufficienti e che viaggiare con treni a 300 km/h, in funzione in Germania solo in due tratte, attualmente risulta troppo costoso, ritenendo più importanti l’affidabilità e il risparmio. Infatti la nuova generazione di treni Ice che entreranno in funzione nel 2020 saranno progettati per raggiungere velocità di 230/250 km/h.

S.C. 10

In questo articolo non espongo nessuo na mia teoria, bensì vi racconterò breo vemente alcuni degli argomenti cruciali relativi all’Alta Velocità in Italia, espoo sti in due conferenze, la prima tenutasi a Trieste a metà novembre e la seconda a Udine tre mesi più tardi. Un esperto tecnico di treni e ferrovie, il professore del Politecnico di Torino Claudio Cancelli fa da relatore al prio mo incontro. Alla domanda cos’è l’alta velocità rio sponde che si tratta di una soluzione tecnica per raggiungere velocità su binari attorno ai 300 km/h, ottenibile con percorsi perfettamente rettilinei e con alimentazione elettrica indipeno dente. Il modello è quello adottato in Francia, dove il famoso TGV, già molti anni prio ma che in Italia si iniziasse a vociferao re di alta velocità, fece la sua gloriosa comparsa. Il professore spiega come questo moo dello, conveniente e remunerativo per la Francia, non fosse per nulla consono all’Italia, perché adatto solo a collegao re grandi città distanti, possibilmente separate da una pianura poco abitata. L’esempio pratico di una soluzione alo ternativa è rappresentato dalla Svizzeo ra, con un territorio più simile a quello italiano, la quale invece di costruire nuove linee ha utilizzato le linee esio stenti con un treno ad assetto variabile, progettato per raggiungere una velocità massima di 220 km/h su percorsi curvi.

In Italia alla fine degli anni 70, quando Luigi Preti era ministro dei trasporti, la direzione era esattamente opposta a quella francese. Il protagonista un italianissimo treno ad assetto variabio le: il Pendolino. La volontà era quella di rimodernare le linee esistenti e rago giungere alte velocità con questi speo ciali treni, il risparmio che ne derivava rispetto alla costruzione di nuove linee era ingente. Il progetto di un’Italia veo loce sui vecchi tracciati però si concluse brevemente. Prendendo in esame la linea Torino Lione, ancora da realizzare, l’ingegnere presenta poi i dati relativi al calo degli scambi commerciali attraverso i trafori del Frejus e del Bianco (è rintracciabile a tal proposito anche un servizio di Mio lena Gabanelli). Territorio montuoso e collinare, alta densità abitativa e scambi commerciali in calo... Quella di Preti era la linea da seguire e allora perchè alla fine è prevalso il moo dello francese? La risposta non è semplice da capire e a questo punto la trama si infittisce parecchio tra corruzione politica e mao novre finanziare estremamente como plesse. Spiegate nel dettaglio dal gioro nalista Sandro Provvisionato, coautore del libro “Corruzione ad alta velocità” assieme al magistrato Ferdinando Imo posimato, nella conferenza tenutasi a Udine. Densa di contenuti, nomi e dati, il TAV viene definito una vera e

propria truffa ai danni dello Stato. Si parla della creazione di una società, la TAV s.p.a., nata con la presunta pecuo liarità di essere la prima grande opera pubblica con il 60% dei finanziamenti privati. Il giornalista sostiene però che si tratta solo di una bugia, non esseno do mai arrivati tali finanziamenti. Chi paga è sempre lo stato. È un sistema per attingere direttamente al denaro pubblico. Non a caso i costi sono lieo vitati enormemente. Le linee esistenti sono in rosso (le varie tratte per guao dagnare dovrebbero avere dei biglietti enormemente più costosi degli attuali). E qui arriva il debito, a detta di Provvio sionato, riportando alcune stime, quelo lo causato esclusivamente dall’Alta Velocità, si aggirerebbe attorno al 20% del debito pubblico totale… All’aumentare delle informazioni e dei dati mi rendo decisamente conto della complessità di tale questione. L’unico mio punto interrogativo è: “dove dobbiamo correre così veloci?”.

Stefano Capodieci

Letture e visioni consigliate: > Ivan Cicconi, Libro nero dell’alta velocità, 2011. è possibile scaricare l’intero libro sul sito de Il Fatto Quotidiano

Federico Conti Picamus

> Mario Cavagna, 150 ragioni contro la Torino Lione (brevi considerazioni tecniche, Master in valutrazione dell’impatto ambientale al Politecnico di Torino e di Losanna 1991), seconda edizione aggiornata a novembre 2011

> Ferdinando Imposimato, Sandro Provvisionato, Corruzione ad alta Velcità, Dicembre 1999

Link alla conferenza di Provvisionato:


Architettura delle stazioni ferroviarie

Il caso Campomarzio

La continua ricerca di un dialogo tra forma e funzione

La stazione diventa museo

La stazione ferroviaria è un luogo ato traverso il quale, ogni giorno partono e arrivano persone e merci ma non solo, in un certo senso è anche un luogo dove funzionalità ed estetica si incontrano, a volte con risultati davvero affascinanti. La stazione per viaggiatori, nasce nel XIX secolo e si compone da un lato delle tecnologie e degli apparati utili ai fini del corretto funzionamento dell’imo pianto e dall’altro di quell’edificio deo nominato fabbricato viaggiatori, che contiene invece funzioni prettamente commerciali, che permettono cioè di usufruire del servizio ferroviario ma non solo. Oggi questi edifici dispongoo no di diverse attività complementari, tanto che sempre più frequentemente sono andati assumendo il ruolo di veri e propri centri commerciali, a servizio quindi non solo dei viaggiatori ma ano che della cittadinanza residente. Ciò può essere riscontrato soprattuto to nelle stazioni che risalgono al XIX secolo che, se inizialmente erano colo locate in una posizione periferica, in seguito allo sviluppo urbanistico delle città, si sono ritrovate ubicate nel ceno

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tro cittadino. Come le funzioni, anche il linguaggio architettonico di questi edifici è andato via via evolvendosi, spesso con scelte formali complesse e a volte esagerate rispetto alle esigenze dell’impianto fero roviario. Già nella seconda metà dell’Ottocento le stazioni assunsero infatti caratteri monumentali, caratterizzate per altro da forti simmetrie in facciata e dalla presenza di grandi volte in acciaio e veo tro, ne sono un esempio la King’s Cross Station di Londra (Lewis Cubitt, 1852), o la stazione di Torino Porta Nuova (Alessandro Mazzucchetti, 1861). Non troppo diversamente anche le stazioni asburgiche, seppur prediligendo un’aro chitettura più compatta, erano carato terizzate da elementi classicheggianti e non certamente povere di particolari, si pensi alla stazione di Trieste Campo Marzio (Robert Seelig, 1901). Verso la fine dell’Ottocento il porticato e la torre divengono i principali eleo menti riconoscitivi e di rilievo, ne sono esempio la torre della stazione Gare de Lyon di Parigi (Deni-Tudoir, 1900) con

il suo orologio di 6.50 metri di diameo tro e la stazione Centrale di Helsinki (Eliel Saarinen 1919), dai caratteri foro temente romantici. Per tutto il Novecento fino ad oggi, la ricerca di un dialogo tra la forma e la funzione, visto anche il contrasto con la relativa semplicità degli impianti teco nologici, ha continuato a manifestarsi attraverso architetture volte a meravio gliare. In certi casi ciò, è avvenuto ato traverso linguaggi architettonici austeo ri, apparentemente semplificati e spesso eclettici, come nei lavori di Angiolo Mazzoni. Altre volte questo rapporto è stato portato al massimo dall’enfatizo zazione delle forme, si pensi alla Stao zione TGV di Lione (Santiago Calatrao va, 1987), o addirittura passando per l’inverosimile, attraverso quell’acceso futurismo di Antonio Sant’Elia dove la fusione tra meccanicità, forma ed estetica crea un insieme senza dubbio affascinante.

Matteo Verazzi

Stazione di Campo Marzio: in Europa, unica stazione di testa in stile liberty. Monumento cittadino, inaugurato nel 1906 da Francesco Ferdinando. Stazioo ne principale per il servizio viaggiatori in epoca precedente alla prima guerra mondiale. Nel corso del Novecento, a causa degli sconvolgimenti geo-politici, diminuiscono i trasporti passeggeri; con il 1958 la stazione perde la sua ulo tima linea. Questo provoca il progressio vo abbandono del fabbricato. Questi binari sono stati a lungo dimeno ticati e travolti dall’indifferenza. Su di essi giacciono numerosi mezzi (vagoni, locomotive, motrici ecc); non aspettao no altro che conoscere il loro destino. Negli anni Settanta comincia il prezioo so recupero dell’intero sito, ad opera di un gruppo di volontari (S.A.T.). Il lavoro costante di questi appassioo nati ha permesso il salvataggio della stazione, mezzi ferroviari, documenti e di una parte importante della storia cittadina. Nel 1984 nasce il Museo fero roviario di Trieste Campo Marzio. L’ing. Roberto Carollo, presidente della S.A.T. (Sezione Appassionati Trasporo

ti dell’Associazione Dopolavoro Ferroo viario di Trieste - DLF) ricorda come “Il Museo è stata “la giustificazione” che ha permesso di salvare l’intero fabo bricato, rendendolo non commerciabio le, in aggiunta al vincolo architettonio co. Questa stazione è tuttora collegata alla rete ferroviaria. Fino al 2010 si organizzavano 4 treni storici all’anno. Dal 2011, dopo l’inserimento di nuovi vincoli sulla circolazione del materiale storico (imposti da FS), questa iniziatio va non è più praticabile. I problemi, però, non finisono qui: per una decina d’anni, FS diede gratuitao mente i locali, adibiti a museo, in geo stione al “Dopolavoro ferroviario”. Decorso tale periodo, FS impose la loo cazione di questi spazi, gravando ulteo riormente sulle casse dell’associazione. Nel gennaio 2012 scoppia il caso Campo Marzio (in realtà esisteva già da tempo): FS richiede un canone di locazione triplicato. Questo dimostra che per FS non vi è alcun interesse alla salvaguardia della propria identità e della propria storia. Inoltre è palese la mancanza di lungimiranza riguardante

la possibilità d’innovare e riutilizzare infrastrutture di tale rilevanza. Campo Marzio è un terminal passeggeri colo legato con la rete FS; potrebbe essere adoperato come accade a Firenze, con la vecchia stazione Leopolda. Oggi c’è un progetto europeo (c.d. Adria A) che vorrebbe costituire una “metropolitana leggera” con arrivo a Campo Marzio. Questa è la dimostrao zione che esistono delle soluzioni realo mente percorribili. Un’ipotesi ulteriore è ricavare dalla coo struzione di una struttura sovrastante i binari, uno spazio di circa 3500 mq per fini commerciali ed econimici.”

Arianna Iachia e Giovanni Puhali

Il Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio è aperto tutto l’anno dalle 9 alle 13 nei giorni di mercoledì, sabato e domenica. Il sito web è il seguente: www.museoferroviariotrieste.it


Carta canta e Grillo vaneggia

Un amico mi ha inviato stamattina un post scritto da Beppe Grillo dall’evoo cativo titolo “Il Monarca della Reo pubblica“, contenente una serie di opinioni, in quanto tali opinabili, sulla figura istituzionale del presidente delo la Repubblica italiana, paragonato ad un Monarca con pieni, irrinunciabili e addirittura fin troppo estesi poteo ri. Grillo sostiene che i poteri che la Costituzione attribuisce al presidente della Repubblica sono “regali e in paro te indefiniti” e aggiunge che ”di fatto sono monarchici e discrezionali“, ado ducendo a sostegno della propria tesi una serie di esempi che dimostrerebbeo ro l’esistenza di un potere smisurato in capo al presidente della Repubblica che gli conferisce ampi spazi di discrezioo nalità nell’attuazione delle sue scelte. Per quanto riguarda la discrezionalità, nulla da eccepire. I problemi però rio guardano gli altri aspetti esaminati dal comico genovese. Affermando infatti che le prerogative del Capo dello Stato sono regali e indefinite, oltre a confono dere per una serie di motivi che esamio nerò più avanti due differenti forme di governo (repubblica parlamentare e repubblica presidenziale), Grillo dio mostra di non aver mai aperto un libro di diritto costituzionale e di non aver preso le corrette informazioni prima di scrivere la serie di boiate. Non va dimenticata, inoltre, la sua assoluta ignoranza circa il testo costio tuzionale che, a differenza di quanto afferma il comico, non investe nessun potere dello Stato di prerogative o poo teri di tipo monarchico o assoluto. Siamo nell’ambito delle opinioni persoo nali ed è bene tenerlo sempre a meno te ma, visto e considerato il fatto che Grillo è un cittadino con una notevole influenza pubblica, sarebbe opportuno da parte sua informarsi un po’ meglio prima di dare fiato alle trombe. Questa la ragione per cui ho deciso di cercare di smontare, dall’alto della mia ignoo ranza e del mio 25 in diritto costituzioo

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Le intervste del festval del giornalismo a Perugia 2012

nale, le opinioni del Líder máximo in versione 5 stelle. Questa è la prima parte del suo post: “I poteri del presidente della Repubo blica sono in parte regali e in parte indefiniti, di fatto sono monarchici e discrezionali. Ogni Presidente, dal doo poguerra, li ha interpretati a modo suo. Il dibattito carsico che emerge puntuale in caso di ingovernabilità o di crisi istio tuzionali vorrebbe attribuire a questa figura maggiori poteri. Una ipotesi che ci consegnerebbe dritti a una potenziao le dittatura”. Non si capisce per quale motivo i poo teri del presidente siano regali e addio rittura indefiniti: se Grillo avesse letto almeno una volta la parte seconda del titolo II della Costituzione, si sarebbe di certo reso conto che di regale e indeo finito non c’è nulla. Entrando nel meo rito, giova ricordare l’articolo 87 che individua, quale organo individuale, la figura del presidente della Repubblica, alla quale è attribuita la qualifica di Capo dello Stato e, inoltre, di rappreo sentante dell’unità nazionale.

L’incontro con il Dalai Lama

23 Maggio 2012, Udine Il Dalai Lama incontra gli studenti universitari di Udine e Trieste

Guido Romeo di Wired

Giuseppe Cruciani di Radio 24

Luca Pirillo

di Radiophonica

L’articolo continua su: www.scorzadilimone.com

Fulvio Abbate di Teledurruti

Un incontro completamente gratuito e aperto a tutti gli studenti universitari. Moderato con eleganza dal Magnifico rettore di Udine, la prof.ssa Cristina Compagno che dona al Dalai Lama gli scarpets, delle ciabattine tipiche friulao ne cucite con la stoffa dei vestiti vecchi e simbolo del “never give up”, non aro rendersi mai. Commuove noi studenti e la stessa Compagno quando le cinge le spalle con il “kata”, la sciarpa di seta bianca, simbolo di amicizia ma anche di buon auspicio che il Dalai Lama reo gala ai suoi ospiti. Oceano di saggezza. Questa è la traduo zione del nome Dalai Lama. Ed è proo prio questo che esprime la sua figura: saggezza e oceano. Saggezza perché parla in modo chiaro, esprime concetti semplici, come la felicità, la semplicità, la compassione, il perdono e oceano perché quando lo vedi vieni travolto dalla sua spiritualità, dalla sua allegria, dal suo modo unico di essere una sano tità ma allo stesso tempo un semplice maestro, come preferisce definirsi. È abbronzato, direbbe il nostro ex preo mier, cammina scalzo, è avvolto da una tunica giallo e rossa ed indossa una vio siera rossa. Si, è proprio il Dalai Lama, mi dico seduta nelle prime file. È il quattordicesimo Dalai Lama e il suo nome è Tenzin Gyatso, premio Nobel per la pace nel 1989 per la resio stenza non violenta nei confronti della Cina. Si definisce metà buddhista e metà marxista ed è convinto che il marxismo sia ancora la chiave di una giustizia soo ciale ed economica. Affianco a me delle tipiche professoresse applaudono agio tate e trionfanti. Ci racconta che ha conosciuto Craxi e lo definisce un democratico, perché nonostante fosse ateo accompagnava

sua moglie a messa ogni domenica e la aspettava fuori dalla Chiesa. Questo aneddoto mi fa pensare che democrazia sarebbe stato parlarci del Buddhismo anche a catechismo. Creo diamo in Dio, parliamo di Gesù ma non sappiamo bene chi siano. Parliamo di carità ma non la facciamo, perché se la mettessimo in pratica oggi non ci sarebbe questo mondo, devastato da guerre e fame. Avrebbero dovuto parlarci del Dalai Lama, del Buddhismo e di questa filoo sofia di vita. C’erano molti seguaci a Udine e mi sembravano tutti sorridenti, sereni. Mentre quando vado in Chiesa vedo musi lunghi e gente annoiata. Ed è per questo che il Dalai Lama afferma che è compito del leader religioso quelo lo di educare. La mia catechista in primis non l’ha fatto. Si rivolge a noi studenti dicendoci che siamo la speranza e che non dobbiamo arrenderci. Ci invita a riflettere sul seno so di giustizia, di pace, di armonia. Per il Dalai Lama la persona è importante, perché se la persona è felice, anche la società è felice. Banale vi direte. Ma provatevi a chiedere se siete davvero felici. Tenzin Gyatso parla dell’importanza di

educare i bambini sin dai primi anni di vita, dell’importanza del legame con la madre, di essere realistici e capire che la pace si costruisce con le azioni e non con le preghiere. È una questione di Karma: le azioni neo gative generano sempre sofferenza e le azioni positive recano sempre felicità. Se si agisce nel bene si avrà sempre felio cità; se si agisce nel male, ne soffriremo noi stessi. Alla fine dell’incontro, organizzato divinamente, il portavoce del Centro Balducci comunica che sono stati doo nati al Dalai Lama 60000 euro e che ha devoluto 50000 euro ai terremotati di Ferrara. Il resto è andato al Tibet e alle famiglie più bisognose del Friuli. Esco dall’incontro e ripenso alle parole del Dalai Lama: “Non arrenderti mai. Indipendentemente da ciò che ti accade intorno, non arrenderti mai. Coltiva il tuo cuore. Nel tuo paese si sprecano troppe energie per sviluppare la mente piuttosto che il cuore. Sii compassionevole, non solo con i tuoi amici ma con tutti.”

Carolina Venturoli


Fisica quotidiana: il forno a microonde

Laundry

Entrando in una cucina è facile vedero lo: a forma di parallelepipedo, con uno sportello ed un vetro scuro... è il forno a microonde. Inventato da Percy Speno cer nella prima metà del novecento e brevettato nel 1946 dalla Raytheon, questo comune elettrodomestico è un vero concentrato di scienza. Il cuore del forno a microonde è il magnetron, dio spositivo che genera un campo elettrico che oscilla ben 2 miliardi e 450 milioni di volte al secondo. Il nome “forno a microonde” deriva proprio dal fatto che il campo è nella banda delle microonde. Le molecole di acqua, contenute nella maggior parte dei cibi, ed alcune molecole biologiche (quali lipidi, proteine o zuccheri) sono polari, nel senso che hanno una parte positiva ed una negativa; possiamo immaginarle come piccolissimi mao nubri da palestra con un lato dove si è accumulata carica elettrica di segno positivo e dall’altro carica negativa. Sotto l’azione del campo elettrico oscilo lante questo “piccolo manubrio” tende a ruotare, seguendo il campo elettroo

Amici, non tutto è perduto. Effettivao mente abbiamo motivo di essere svoo gliati, demotivati, scoraggiati e disillusi riguardo al nostro futuro: è il messago gio che la società, sia attraverso i Meo dia che con gli altri mezzi con cui è soo lita dirci cosa pensare, ci sta mandando già da un po’. Sono finiti i tempi in cui le idee erano premiate, in cui “gioveno tù” era sinonimo di creatività, speranza e innovazione. Non ci resta che sperare in un lavoro da impiegati, da centralio nisti, da professionisti “tristi”, magari aiutati dalle conoscenze di mammà. Eppure esistono ancora delle voci fuori dal coro. Capita talvolta di sentire che dei giovani riescano a concretizzare le loro idee, dare libero sfogo alla loro creatività, e non sappiamo se crederci. Pensiamo, per fare un esempio che tutti conoscono, alla storia di Mark Zuckero berg. Il problema è avere le idee giuste, interpretare il sentire comune e capire di cosa c’è bisogno. Ma c’è un altro grande problema oggigiorno: riuscire a mantenere queste idee “fresche” e nel frattempo schivare gli ostacoli econoo

La storia di come la creatività vinse la burocrazia

magnetico. Le molecole polari presenti nel cibo che introduciamo nel forno vengono eccitate ed iniziano a vibrare; parte dell’energia cinetica che acquisio scono viene convertita in calore ed è così che il cibo si scalda. In più, il corpo del nostro forno funo ziona come una gabbia di Faraday che impedisce alle onde elettromagnetiche di fuoriuscire cuocendo, oltre alla pasta del giorno prima, anche noi.

Cosa fare con il microonde: > Con il microonde possiamo scaldare qualunque cibo che contenga acqua. La cottura è particolarmente rapida perchè, a differenza di un normale foro no elettrico, non è necessario scaldare le pareti e l’aria all’interno: è direttao mente l’acqua contenuta nei cibi che si scalda. > Possiamo scaldare pietanze ancora contenute nella plastica, a patto che il

materiale sia indicato per questo tipo di cottura. > Possiamo farci bollire l’acqua per il the in un minuto!

Cosa non fare con il microonde: > Non introdurre oggetti di metallo! Infatti le cariche elettriche libere cono tenute nei conduttori possono creare scariche, belle da vedersi ma molto peo ricolose. > Anche alcuni piatti in ceramica deo corati con colori a piombo possano creare scintille.

Sfatiamo un mito: il forno a microonde, come qualunque forno, cuoce a partire dall’esterno... non cuoce la pietanza dall’interno!

Dario Scovacricchi

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piacevole. La nostra rivincita creativa sul sistema grigio Milano era iniziata.” Ed ecco che la loro idea diventa fattio bile, e forse ancora migliore di prima. Ma cosa significa “vendiamo vestiti e rendiamo l’ambiente piacevole”? Signio fica che mentre aspetti che la lavatrice completi il suo lavoro, puoi acquistare degli abiti vintage, non prodotti in seo rie, ma pezzi unici creati con la tecnica del riuso ed eco-compatibilmente. Puoi ammirare murales e altre forme d’arte, puoi ascoltare della musica live, e puoi incontrare un sacco di gente. E Launo dry non si ferma a questo: è una piato taforma di lavoro libera, accessibile da chiunque condivida i valori aziendali, che offre gratuitamente materie prime, spazi, know-how e visibilità a tutte le figure professionali che vogliono inteo ragire, integrare, migliorare il nostro concept. Avreste mai pensato che un lavagettone potesse essere così?

e autogestito. Nasce così MACAO, il primo grattacielo occupato italiano, un libero sfogo per le idee e la crativio tà, troppo oppressa dalle esigenze del mercato e del profitto, su esempio di alcune esperienze europee, da Copeo naghen a Berlino. Migliaia di giovani sono passati per la Torre e anche alcuni personaggi noti come Dario Fò. Un sogno interrotto dall’arrivo della polizia. Ebbene sì, in Italia una persona sola può permettersi di tenere grattao cieli abbandonati, con il degrado che

ne deriva (con tutti questi posti abbano donati serve proprio continuare a cono sumare suolo, denaro e risorse?). Così dopo mille vicissitudini, sgomberi in altre sedi occupate come Palazzo Cito terio, sempre abbandonato da tempo, e attività sparse in tutta la città, Mao cao approda il 17 giungno nella Borsa dell’ex Macello. É iniziata la ricostruo zione collettiva di MACAO.

Federico Movia

MACAO

Neutrini superluminali la vendetta Nell’ultimo numero ci eravamo lasciao ti con la notizia da poco pubblicata di alcune misure secondo le quali i neutrio ni, particelle elementari estremamente sfuggenti, sembravano avere una veloo cità maggiore di quella della luce. Questo risultato è in disaccordo con la teoria della relatività speciale di Eino stein, secondo la quale la velocità della luce, pari a circa 300 mila chilometri al secondo, è un limite invalicabile. Per questo motivo negli ultimi mesi, il team

mici e burocratici che sicuramente troo veremo. Alla fine è tutto un lavoro di creatività, esiste sempre un modo. I ragazzi di Laundry, per esempio, non volevano gestire un lavagettone, ma creare uno spazio che producesse idee, moda, musica e arte. Eppure come troo vare finanziamenti con un’idea simile? Come dare delle garanzie, se non hai un lavoro e non hai le conoscenze giuste? In Italia, tralaltro. Ecco allora l’idea, spiegata con le loro parole: “Per aprio re un’attività in Italia devi (per sommi capi): versare in banca dieci gambe (art 2463, 2° comma, 4) - stipulare un cono tratto - pagare la stecca al notaio - vero sare almeno il venticinque % dei confeo rimenti in banca - iscriverti al registro delle imprese - pagare il commercialista per consulenza e bilancio - pagare l’afo fitto - pagare il quarantacinque % di tasse: pagare, pagare, pagare. Perché dobbiamo aprire un’attività quando possiamo prendere accordi con una già esistente? Così fu: la lavanderia continua a lavare autonomamente, noi vendiamo vestiti e rendiamo l’ambiente

Una nuova speranza nel cielo di Milano

dell’esperimento OPERA si è dato da fare per trovare possibili errori nella misura. È stato annunciato che sono stati rio scontrati due effetti che potrebbero aver alterato la misura. Il primo riguaro derebbe il metodo usato per misurare il tempo di percorrenza del fascio di neutrini, che risulterebbe ancora più breve e quindi i neutrini ancora più veo loci (confermando il risultato già otteo nuto). Il secondo invece avrebbe a che

fare con una fibra ottica che trasmette dati ai computer e che potrebbe aver aumentato di circa 60 nanosecondi lo stesso tempo, facendo tornare i neutrio ni a particelle “normali”. Ancora una volta il lavoro continua… alla prossio ma puntata!

D.S.

Milano, Torre Galfa, 102 metri per 32 piani, colosso dell’impero Ligresti abo bandonato da anni è simbolo della sio tuazione decadente di una città e di un paese nel quale la speculazione edilizia ha sottratto sempre più spazi ai cittao dini. Il 5 maggio sembrava cambiare il suo destino. Un gruppo di lavoratori e precari della cultura hanno occupao to questo immenso spazio vuoto e ne hanno fatto un punto di incontro, di dibattito ma sopratutto di produzione culturale indipendente, aperto a tutti

Stefano Capodieci


Il Mondo Nuovo Opinioni dal concerto de Il Teatro degli Orrori

L’esperta

Face to Face

L’istrionico Pierpaolo Capovilla (frono tman e membro degli One Dimensional Man), il poliedrico Giulio Ragno Faveo ro (bassista e uno dei produttori più rio chiesti della scena indipendente), il chio tarrista Gionata Mirai (Super Elastic Bubble Plastic) e il batterista Francesco Valente. Ecco chi c’è dietro il nome Il Teatro degli Orrori. di puro furore rock e dalle atmosfere cupe e teatrali. L’esordio di puro furore rock Dell’ Imo pero delle Tenebre (La Tempesta Dischi 2007) e le atmosfere gelide A Sangue Freddo (La Tempesta Dischi 2009) hanno proiettato Il Teatro degli Orrori fra i supergruppi di fine decennio Zero. Il 31 Gennaio è uscito Il Mondo Nuoo vo (La Tempesta Dischi 2012), la loro terza, attesissima, fatica. Un concept alo bum quest’ultimo, 16 poderose tracce sull’immigrazione. Apprezzamenti unao nimi e concerti devastanti nel più pieno stile rock ‘à la Jesus Lizard’: il Teatro degli Orrori ne sarà di nuovo all’altezo za? Venerdì 2 Marzo, la prima data del tour, in mezzo alla folla febbricitante del Deposito Giordani di Pordenone, c’era anche il Tascapane.

Nonostante l’imperdonabile ritardo, riesco a raggiungere il Deposito poco prima dell’inizio del concerto. Un caldo soffocante e un pubblico decisamente numeroso, ma ciò non mi ferma dal voler avanzare il più possibile verso il palco. Sarà forse per il mio 1.57 di alo tezza che impietosisce, ma tra qualche spintone e gomitata riesco facilmente ad avanzare verso le prime file, fino a raggiungere la transenna che divide il pubblico dal palco. Questione di minuo ti e si abbassano le luci, la particolariso sima voce di Pierpaolo Capovilla recita le prime strofe del brano d’apertura, accompagnato in un primo momento solo dalle urla del pubblico, seguito poi dal travolgente sound dei suoi colleghi. Per mantenere la mia posizione in prio ma fila devo rinunciare a buttarmi nella mischia del pogo; poco male, perchè il Teatro degli Orrori è un gruppo decisao mente interessante da osservare da così vicino. Una vicinanza che sono loro i primi a cercare, in particolare il loro front-man che non rinuncia a mischiaro si coi suoi fan, tra bagni di folla e streto te di mano. Pierpaolo Capovilla non esita a rispondere alle provocazioni del pubblico, ad ascoltare i suoi fan, a poro gere il microfono per dar loro voce. E non rinuncia tantomeno a ricoprire il ruolo che tanto ama; i più critici lo deo finiscono un egocentrico “predicatore” , lui preferisce definirsi più sempliceo mente, un artista. Un artista che investe un ruolo politico, che offre quello che ha e non si accontenta di offrire solo emozioni e intrattenimento; ci vuole arricchire, sensibilizzare verso la realtà sociale e politica che ci circonda a cui troppo spesso non abbiamo voluto preo stare la dovuta attenzione. Dietro ogni suo grido si cela un forte desiderio di riscatto, di emancipazione, ma anche di denuncia della follia umana che impero versa nella nostra società attuale. “Ma noi non siamo l’Italia di oggi!” si sente

Martina Cusan

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urlare dalla folla durante uno degli ino termezzi di Capovilla tra una canzone e l’altra. Dalla primissima fila che cono tinuo a mantenere, riesco a scorgere un sorriso nel viso del cantante, che dietro il cinismo iperrealista delle sue parole, nasconde una grande speranza che si possa realizzare un cambiamento di questa società -da lui definita decadeno te- e possa esserci un futuro per noi e le future generazioni.

Ilaria Arena

La prima volta Conosco il Teatro da poco, sarà un anno. In realtà conosco solo il secono do cd, “A Sangue Freddo”, e questo è stato il mio primo loro concerto. Mi pento e mi dolgo della mia ignoranza, che in realtà si estende a gran parte del panorama musicale italiano, ma sono cosciente della mia colpa e sto cercano do di rimediare. Cosa me ne è sembrato? Cercherò di dirlo brevemente in un paio di punti. Innanzitutto, in ordine cronologico, mi ha colpito la semplicità con cui Pierpao olo, il cantante, si aggira tra il pubblio

co prima dell’inizio dello spettacolo, chiacchierando e sfumacchiando. È uno che cerca molto il contatto con il pubblico, anche durante lo spettacolo. Accesi i riflettori, tutti si scatenano. Le canzoni sono generalmente molto poo tenti e il movimento sottopalco è niente male, a tratti anche abbastanza faticoo so. E poi arriva la canzone lenta, e il pogo si ferma. La gente si guarda attoro no, in un primo momento disorientata, e Pierpaolo inizia a parlare. Racconta di un operaio, Ion Cazacu prima uccio so poi ammazzato, e canta «Ion, la tua pelle non c’è più...». La gente, stranamente, ascolta: cioè, fino ad un secondo prima sembrava un bordello, e adesso siamo a teatro? Fantastico. E ci sono le luci, c’è la sceo nografia, Capovilla non solo canta, ma recita: momenti veramente intensi, diao mine. La mia umile opinione è che in tempi come questi ci sia bisogno di un grupo po come questo, che oltre a stenderti cerca anche di commuoverti e di farti riflettere. Il pogo, in effetti, può anche non piacere; la musica, a tratti, può sembrare difficile da capire, e non tutti possono essere d’accordo con i testi, aso solutamente da ascoltare. Ma l’originao lità impone, quantomeno, di provarci.

Federico Movia

La decima volta Non vedevo l’ora di avere fra le mani Il Mondo Nuovo. Il 31 Gennaio in estasi l’ho scartato, ne ho annusato il profumo “di nuovo” e l’ho inserito nel lettore cd. Estasi seguita da enoro me delusione. Le sedici tracce di questo nuovo album hanno urlato una dietro l’altra nelle mie cuffie per un mese, ma ancora non riuscivo a focalizzarlo. Non ha nulla di quel suono grezzo e diretto che amo dei due LP precedenti. Ma il Teatro è uno di quei gruppi che deve essere ascoltato dal vivo per como prenderne la potenza del suono e testi. Quindi eccomi il 2 Marzo fra la folla del Deposito. Il tempo di salire sul palo co e lo show comincia. “Skopje”, “Non vedo l’ora”, “Rivendico”, le prime cano zoni della scaletta e del nuovo cd: al diavolo ogni dubbio, ho ancora i peli alti! Anche se il pogo dilaga solo con i brani meno recenti “E’ colpa mia” e “Compagna Teresa”. Per circa due ore i quattro hanno rovesciato sul palco un furore e un’adrenalina che in pochi alo tri loro concerti ha sconquassato così stomaco e testa del pubblico. E poi in chiusura “Lezioni di Musica”, che, cantata all’unisono, ci ha fatto sentire per due minuti tutti parte di un’unica grande band.

Martina Cusan


Hakuna matata

Latvian society’s watchdog and… its ‘’teeth’’

“Twenty years from now you will be more disappointed by the things that you didn’t do than by the ones you did do. So throw off the bowlines. Sail away from the safe harbour. Catch the trade winds in your sails. Explore. Dream. Discover”. Mark Twain

If we want to measure the ‘’temperatuo re’’ of democracy in Latvia, then, poso sible, we should begin with media. It’s one of the business cards of democracy. Formally media are the fourth power in Latvia and it gives opportunity to all of us to manipulate impartially with their identity tags – the independence, editorial values, ethic code of journalio sm and of course – society’s watchdog’s title sounds most inspired in this list. Let’s be honest – we should leave these keywords in the manual of media or – for future generations. In reality watcho dog’s teeth of Latvian democracy needs some ‘’cosmetic repair…‘’

Travelling has always been one of the most important components of my life. I travel to know, to learn, to share, and of course, to escape everyday life too. I have always loved maps and dreamed of travelling around the world but the best part came when I actually started making those dreams come true with a map in my hands. I still remember my first plane ride: I was 12 going to Edino burgh, Scotland for a summer English course. That was just the beginning and, apart from going back to the UK the following summers, I visited several countries in Europe. When I was 16, I went to study in Colorado, USA and that was a big deal at the time. One year away from home, living in a diffeo rent culture and going to school where everything was new and in a different language. That was the real turning point and a few months after going back to Italy, I realized that I wanted to make sure travels were always part of my life, to the point that later on, I staro ted saying “When I grow up, I want to be a gipsy!”. It is important to say that the way I see travelling is not the tourio st kind of thing. To me travelling does not mean visiting a new place, buying a postcard and sleeping in a nice hotel.

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Indeed, travelling is a full-immersion in a different culture; it means interacting with local people, eating local food, adapting, accepting and respecting the rules of the new environment around you. I like going somewhere for a few days but I love staying longer in the same place and take advantage of the opportunity to be part of the new culo ture and see it from different perspeco tives. That was the case for Kenya, for example. After spending 10 months in Lisbon, Portugal as an Erasmus student, I knew that the time had come for me to do something new, something more challenging, something that made me feel alive. The Erasmus programme was an unique and unforgettable life experience that allowed me, among other things, to meet interesting human beings. I lived with people from Angoo la, Mozambique and Guinea Bissau, not to mention those who had worked with NGOs in other African countries. Many times before I had thought about having a volunteer experience in Afrio ca but never before had I felt such a strength inside my body that was like a voice whispering in my ear “You are ready Roby, it is your turn!”. The

time had come for me to experience an alternative way of travelling, far away from comforts and certainties. I started asking around and looking for organizations that offered voluno teer programmes until I found OIKOS in Rome. I had an interview with the president and after considering what I was interested in and what the projects available were the decision was made: I was going to work in an orphanage in Kenya. I went back home and informed my parents that I had been accepted and that I would leave two months lao ter. Although my parents did not really agree with my decision to go to Africa by myself, I have to say they always showed their support in the preparao tion process. There I was, a couple of months later, all vaccinated and ready to go. Well, if you want to know more about Mama Africa and the orphans of Gilgil in Kenya, don’t forget to be back with us next time!

Roberta Businaro

For example, there’s no investigatio ve journalism in Latvia. Why? Firstly, the media have no money – the largest newspapers are working by at least two million lats large losses per year. Secondly, – all people in Latvia live

Mass Media in Greece

In Greece, as in every country, the mass media play a fundamental role in the political and social life of the country, either by impacting either by controlo ling the common opinion. During the last years a great growth was observed to this sector especially in TV and in rao dio with the creation of many channels while in newspapers, four were the doo minant ones. Nowadays the crisis has reached this sector as well since one of the most historical newspapers closed down due to depts, as well as one big

on the same street, it means – you can write only one research article and afo ter your career is over. In other words – ‘’revolver’s journalism’’ is for profeso sional suicide… January, 2012. International organio zation ‘’Reporter sans Frontieres’’ has published world press freedom index, and Latvia got the 50th place. To uno derstand how ‘’free’’ feels press in Lao tvia, we could take, for instance, our neighbouring country Estonia, which ranks by third place. Examples are not difficult to find, to describe that ‘’50% press freedom’’. July, 2009. ‘’The laro gest daily newspaper’s’’ best and most experienced journalists are packing bags surrounded by guards. Actually they just wanted to know, who is newo spaper’s new owner… January, 2010. Vandalism at the other media house, but after a year particular media group got another guests – guys from The

TV channel. After the junta and the total censorship that enforced until 1974, more freedom was given to the media and many remarkable people were writing especially in papers. Of course every paper, was under the dio stinctive –some times not very distino ctive - umbrella of a political party but, independent voices existed, as well. Nowadays, a serious decline is obsero ved since important people don’t partio cipate anymore in the scenery of mass media, newspapers with great role in the Greek history are now accused for serious depts and people who express an opinion against the official power are often fired. A sense of conservao tism and spread of fear dominates in mass media – due to crisis or in order to enforce it sometimes- together with a lack of aesthetics, especially in TV. Of course, always can find people who do their job very seriously and still offer a

Corruption Prevention and Combating Bureau… Journalism can’t be objective. Journao lists are actors of public stage, and sometimes society calling them as members of the ‘’oldest proffesion’’. Journalists are criticized because of producing the desired product to meo dia owners (read – political figures or politicized companies) not to society. Experts say that media are not doing well their main task – educate the soo ciety – level of analytical journalism could be better. And maybe it is the largest disadvantage of Latvian media environment – the content does not educate and motivate society to becoo me more involved in social and politio cal life…

Eriks Badamsins

EVS Volunteer in Trieste

quality and a free way of thinking. Very optimistic note some web portals, were more independent and radical voices are heard. Hope of the writer is that these notes will increase because this country really needs some hope and some optimism and the media due to their impact, could offer -always if they want- because remarkable people and democratic voices will always exist, the thing is to find place to grow…

Fani Zacharoudi

EVS Volunteer in Trieste


Diritto d’autore? Fotocopia d’autore!

Happy Birthday Kim Il Sung!

Il prossimo 15 Aprile sono previsti grandi festeggiamenti in Corea del Nord, in occasione del centesimo como pleanno del defunto leader Kim Il Sung, fondatore della Repubblica Democratio ca Popolare di Corea. Non si conosce molto di questo Paese, completamente isolato dal resto del mondo dal 1953, quando al termine della guerra di Coo rea la penisola coreana venne politio camente divisa tra Corea del Nord e Corea del Sud. Un muro alto 8 metri si protrae per 246 km, rendendo ancora più effettivo il distacco tra i due Paesi, formalmente ancora in guerra. Se in olo tre 50 anni di separazione la Corea del Sud è diventata uno dei Paesi asiatici più all’avanguardia nella tecnologia ed economicamente floridi, la controparte del Nord ha avuto una sorte ben divero sa. Stato socialista sulla carta, la Corea del Nord è invece una dittatura totalio taria incentrata sulla figura del leader Kim Il Sung e dei suoi discendenti. Peter Tetteroo e Raymond Feddema,

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vincitori dell’International Emmy award for Best Documentary nel 2001, sono due giornalisti olandesi che hano no scioccato il mondo con il loro docuo mentario Welcome to North Korea. Ino troducendosi in un Paese normalmente vietato ai visitatori (se non dotati di un permesso speciale) i due si sono trovao ti all’interno di un’atmosfera surreale: nordcoreani che non possono guardao re i visitatori negli occhi (è contro la legge) e neppure imparare lingue strao niere, bambini che si esercitano oltre sei ore al giorno imparando elaborate coreografie per qualche manifestazione politica e ancora grandi edifici sontuoo si disabitati, monumenti dedicati al defunto leader che non è morto, per i coreani, ma dorme profondamente nel suo lussuosissimo mausoleo. Ogni cosa in Corea del Nord sembra voler rispeco chiare la grandezza e la forza del leader, al quale il misterioso Dipartimento di Propaganda ha attribuito poteri soo vrannaturali. Fin dall’infanzia i nord

coreani vengono istruiti nel culto delo la personalità di Kim Il Sung e privati di ogni opinione o libertà personale. Tutti coloro che stonano nell’utopica immagine desiderata dal leader vengoo no allontanati e rinchiusi in campi di concentramento. Nonostante tutto ciò i nordcoreani, ridotti a vivere in questo scenario che non ha nulla da invidiare al 1984 di Orwell, si riversavano nelo le strade e piangevano disperati alla morte dell’ultimo leader Kim Jong Il, il 17 dicembre 2011. In un Paese dove tutto avviene in funzione delle appao renze, dove vengono costruiti alberghi lussuosi per visitatori che non hanno il permesso di visitare e dove la gente è costretta a fingere una prosperità che non esiste, viene spontaneo chiedersi come il loro dolore e affetto per il leao der possano essere reali.

Beatrice Berton

Non vi preoccupate, in questo articolo non si parlerà di licenze d’uso, copyo right, copyleft (come?!) o proprietà intellettuale, parleremo molto semplio cemente di fotocopie e S.I.A.E. Molti di voi, compreso chi vi sta scrivendo, ammetteranno di aver fotocopiato alo meno una volta un libro per intero. È inutile nasconderlo le prime cose che si domandano appena arrivati all’univero sità sono il classico: ma dov’è che si va a fare aperitivo qui? e in che posto mi conviene fare le fotocopie? Le risposte saranno più o meno sempre le stesse: questa costa un casino, quelli sono antipatici come la scabbia (ogni riferimento è puramente casuale) e in quell’altra ti lasciano fotocopiare tutto il libro. Ora, se da una parte il risparmio è decio samente notevole probabilmente molti di voi non conoscono il rischio a cui vanno incontro. La norma di riferimento è la legge n. 633 del 22 aprile 1941, la cosiddetta “legge sul diritto d’autore”. La legge

così com’è scritta è veramente difficio le da interpretare, ma quello che brilla di luce propria per la sua chiarezza è l’importo delle sanzioni. Logicamente chi sopra le fotocopie dei libri ci crea un mestiere viene punito più severao mente: si parte da una multa che varia tra i 2500 e 15000 euro. Ciò che stuo pisce, però, è che oltre alla cosiddetta sanzione pecuniaria è prevista anche la possibilità di finire in carcere! È infatti prevista la possibilità della reclusione per un periodo compreso tra 6 mesi e 3 anni. Quello che però più vi interesserà è sao pere cosa potrebbe succedere nel caso in cui la finanza vi trovasse in borsa all’uscita dalla copisteria il vostro bel libro fotocopiato e magari anche rileo gato. Anche in questo caso la legge non è proprio chiarissima, ma è categorica nell’affermare che la sanzione che vi potrà essere appioppata è solo di tipo amministrativo e cioè una multa di un importo compreso tra 1032 e 5164 euro. Per questa volta potete risparo

miarvi il carcere. Per concludere una curiosità: lo sapeo vate che da marzo 2010 ogni volta che avete comprato un qualsiasi strumento di archiviazione (dai DVD agli harddisk) avete pagato anche una tassa alla S.I.A.E? Si dà il caso che l’ex-ministro/ poeta Bondi, con un decreto legge, abo bia stabilito che vista l’astratta possio bilità che in questi supporti ci potreste mettere materiale coperto da copyo right, è giusto che paghiate in anticipo la S.I.A.E. Più o meno lo stesso ragionamento porta la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) a versare nelo le casse della S.I.A.E ogni anno più o meno cinque milioni e mezzo di euro come compenso forfettario delle fotoo copie che voi potreste fare nelle biblioo teche. E indovinate chi è che paga con la sua tassa d’iscrizione questi soldi?

Alessandro Lo Piano


La psicoatletica

Intervista a Paolo Poli

Grandi viaggi a piedi

“La mente è come l’ombrello: per funzionare deve essere aperta”. Paolo Poli

Paolo Poli è un attore geniale, una regina amata dai suoi spettatori, un maestro del teatro. Un uomo garbato, posato, raffinato, un uomo d’altri temo pi. Un artista eclettico, sorprendente, colto e spregiudicato. I suoi 83 anni sono un esempio di come è bella la vita. Una vita trascorsa tra camerini, teatri, hotels, sempre in tournée da una città all’altra. A volte provocatorio, altre commuovente. Affianco a lui ti senti piccola e questo mi succede di rado. Paolo Poli è una persone brillante, mai saccente, di una cultura così vasta da farti sentire un po’ ignorante. Lo guaro di ammirata ma non riesci a capire davvero cosa pensa. Finzione, realtà, parole sacre o profao ne? Per Paolo Poli questo non è importano te. Le sue parole sono libere da schemi e solo per questo è da ammirare. E non pensatevi che lo fa solo perché ha 83 anni, perché badate bene che Paolo Poli

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è cosi da 83 anni. Il Teatro La Contrada ci ha ospitato per fargli un’intervista, visibile sul noo stro canale Youtube. Ci racconta com’era l’Università ai suoi tempi, degli scorci della sua vita e il suo rapporto con gli spettatori. Non è stao ta un’intervista, ma una recitazione. Paolo Poli recita così bene che quando parla ti sembra di vederlo interpretare qualche ruolo e tu sei una spettatrice. Parliamo del suo ultimo spettacolo, “Il mare” di Anna Maria Ortese, una delle più grandi scrittrici del XX secolo che per le sue opere è stata allontanata dagli amici e dai colleghi scrittori del tempo. In scena l’affascinante Paolo Poli ino sieme alla sua compagnia, altrettanto coinvolgente, si traveste nei personaggi della scrittrice romana e ti trasporta nei suoi colori, nel suo sorriso, nel suo “mare”.

Paolo Poli è una di quelle persone che t’incantano con la sua leggerezza e proo fessionalità e noi del Tascapane siamo stati travolti dalla sua personalità.

Carolina Venturoli

Intervista a Paolo Poli

A vederli senza conoscerli sembrano un gruppo di avventurieri senza meta, un gruppo di amici che passano il tempo camminando e invece no. Sono degli psicoatleti. Sono ben allenati, attrezzati e hanno una meta: Capo Passero. Un viaggio che percorre l’Italia dalla vetta più alta d’Italia alla punta della Sicilia. Oltre 2100 Km. Un viaggio a piedi per conoo scere meglio il nostro Paese ma anche per conoscersi. Camminare per pensare lentamente, per costruire dei pensieri che se avessimo elaborato in autobus

sarebbero stati disturbati da qualche clacson o da qualche vecchietta che ha voglia di chiacchierare. Un viaggio per vedere tutta l’Italia in occasione dei 150 anni dall’Unità nazionale. La psicoatletica è un modo di viaggiao re, di pensare, di camminare, di rifletteo re. A volte ti senti solo con le tue gamo be e le tue vesciche sui piedi, a volte ti senti in compagnia, altre ti senti parte della natura. Una marcia, un viaggio, una scoperta. Tutto è incominciato così. Ma i viago gi non finiscono mai ed è per questo

che dopo quel primo viaggio, Brizzi e i suoi cugini hanno preso più volte il cammino. L’ultimo parte da Roma per arrivare a Venezia, seguendo le orme della storica fuga di Garibaldi e Anita del 1849.

Si viaggia facendo affidamento escluo sivamente sulle proprie gambe. Tutto l’essenziale è nello zaino e, a parte un gruppo di amici fidati e un abbigliao mento adeguato, non serve altro. All’inizio il corpo si spurga. Non è una questione di allenamento. Capita semo pre così: il primo giorno si bruciano le tossine, si vive con l’ansia della meta, del tempo, del pioverà? del per che ora arriveremo? Categorie mentali, bisogni ed esigenze che non si scrollano di doso so al primo colpo. Poi il corpo, il respio ro e anche il pensiero cambiano ritmo. E’ un processo alchemico. Le impurio tà vengono scartate e il distillato si fa più puro di giorno in giorno. Riesci ad ascoltarti meglio. Vedi la personalità dei tuoi amici emergere con meno filtri, più autentica. Il terzo giorno corpo e spirito ingranao no la marcia giusta: le vesciche, opporo tunamente medicate, diventano calli. L’esaltazione iniziale diviene una sorta di serena determinazione a macinare altra strada, vedere altri luoghi, incono trare altre persone. Chiudere lo zaino e allacciare gli scaro

poni, consultare la mappa e scrutare il cielo per decidere se indossare o no l’impermeabile diventano gesti più nao turali, più consapevoli, più tuoi. Non mancano i momenti di fatica: i dolori al ginocchio che patisce l’asfalto (talvolta non esistono sentieri sterrati e per arrivare a fine tappa può capitare di camminare su strade trafficate), la pioggia estenuante, il fiato corto durano te salite che sulla mappa sembravano meno ripide, la rabbia e lo sconforto che possono coglierti quando ti accorgi che hai sbagliato strada e sei costretto a tornare indietro. Poi la sera, dopo la doccia che rilassa i muscoli e allevia i dolori, è bello rio trovarsi con i compagni di viaggio che erano con te là fuori, nell’aperto dei campi, sotto la stessa pioggia. E’ bello alzare i calici di birra e brindare alla tappa di domani. I dolori non spariscoo no da un giorno all’altro ma si sopporo tano meglio. Nelle Regole della Psicoatletica si lego ge: “Chiunque abbia percorso 100 chio lometri a piedi in tre giorni, portando su di sè il proprio bagaglio e in como

pagnia di almeno un amico può dirsi Psicoatleta”. Dunque che aspettate? Preparate lo zaino, formate la vostra batteria e mettetevi in viaggio! Buona strada!

In esclusiva mondiale lo psicoatleta Edoardo Rosso racconta per noi la sua esperienza (tratto dalla rivista semeo strale Italica Gigante).

Carolina Venturoli

Edoardo Rosso

La Società Nazionale di Psicoatletica fu fondata a Torino nel 1861. Rispolverata dallo scrittore Enrico Brizzi la Società ha organizzato il suo primo grande viaggio nel 2010, Italica 150, dall’Alto Adige alla Sicilia, oltre duemila chilometri a piedi in tre mesi da cui è nato un documentario acquistabile on line (italicaedizioni.it). I libri della Psicoatletica: - Nessuno lo saprà (Mondadori) - Il pellegrino dalle braccia d’inchiostro (Mondadori) - La via di Gerusalemme (Ediciclo) - Gli Psicoatleti (Dalai) -Italica 150, cronache e voci da un paese in cammino (Pendragon)


Fibre d’amianto: naturalmente nocive

Test su animali e cosmesi: parliamone

Una fibra di amianto è 1300 volte più sottile di un capello umano

Si calcola che solo nella Regione Lio guria una persona su 20 abbia fatto richiesta per ottenere un indennizzo a causa dell’esposizione a tale materiale. L’asbesto, meglio conosciuto come amianto, è un minerale del gruppo dei silcati e lo si può trovare tranquillao mente in natura. La grande resistenza al calore e la sua struttura fibrosa hano no portato a ritenere questo materiale adatto alla realizzazione sia di tessuti che di costruzioni di vario tipo; nel 1901 infatti viene brevettato l’amiano to-cemento (detto Eternit) che fino alla seconda metà del XX secolo vede il suo periodo di massimo utilizzo. Fino al 1962 solo la Gran Bretagna aveo va già sviluppato delle teorie sulla cono nessione fra tumori e amianto; in Italia bisognerà invece aspettare il 1992 per vedere approvata una legge che ne vieti l’uso. Le polveri che l’amianto rilascia sono altamente nocive e teoricamente l’inalazione anche di una sola fibra può causare delle patologie mortali. In Italia molte costruzioni sono state

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sottoposte a bonifica ma ancora oggi l’amianto è diffuso in molti edifici mai messi in sicurezza e ciò ha comportato un continuo aumento delle percentuali di malattie e di morti per l’esposizioo ne a tale materiale. Ancora oggi alcune delle località più colpite come Gorizia, Trieste, gran parte della Liguria, Carrao ra, Pistoia e la provincia di Alessandria si trovano a fronteggiare il problema anche dal punto di vista legale. Numeo rosissimi sono infatti i processi ancora in corso relativi a richieste di indennizo zo per il pericolo e il danno, non solo fisico, al quale i lavoratori si sono soto toposti, spesso anche a loro insaputa. La cittadina di Casale Monferrato è stata oggetto di una recente sentenza del Tribunale di Torino definita “storio ca”, che ha condannato il magnate elo vetico Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne, proprietari della fabbrica di Eternit, a 16 anni di reclusione oltre a numerosi risarcimenti alle famiglie e allo Stato, con l’accusa di disastro ambientale doo

loso permanente e omissione dolosa di misure di sicurezza. Purtroppo questa vittoria ha portato con sé anche grano de amarezza negli animi di chi da anni sta combattendo per ottenere giustizia e si è invece visto riconoscere la prescrio zione per il proprio caso (come per gli operai dello stabilimento Icar di Rubieo ra, a Reggio Emilia) ma la battaglia di queste e di tantissime altre famiglie non è ancora finita. Non va dimenticato però che nessun rio sarcimento economico potrà mai sopo perire alle sofferenze sia dei lavoratori che hanno contratto la malattia, che di coloro che si trovano quotidianamente a sostenerli.

Sentiamo spesso parlare di test sugli animali, vivisezione e maltrattamenti. É un argomento drammaticamente ato tuale ma ancora oscurato dalla disino formazione e dalla facilità con cui si cambia canale in TV. Che non sia mai che ci passi l’appettito. No, non voglio ridurvi all’inappetenza parlandovi di cosa avviene in quei lao boratori, mi affido alla vostra sagacia nel comprendere che quando si parla di test cosmetici sugli animali non si tratta di idratare e truccare conigli. Tralasciando dibattiti riguardo l’utilità dei test, quello di cui vorrei trattare è l’alternativa. I test sugli animali sono d’obbligo, per legge. Ma esistono prodotti che non teo stano, almeno non più. Mi spiego : abbiamo a disposizione un consistente numero di sostanze chimio che già testate in passato, anche su voo lontari umani, che dopo un certo anno (cut-off date) non ne hanno più avuto la necessità. Il produttore o l’azienda che sceglie di utilizzare questi componenti nei propri prodotti non incrementa i test e la vivisezione. Il compratore può contribuire a sua volta preferendo tali prodotti, creando un calo delle vendite di quelli che testano. Questi prodotti sono conosciuti come

cruelty-free, in quanto rispettano un determinato standard, per l’appunto, lo standard cruelty-free. Purtroppo riconoscerli non è poi così scontato; in seguito al decreto legge del 2004 che ha messo al bando tutti i test sul prodotto finito, le aziende hanno cominciato a sfornare una sao gra di formule di marketing e diciture ingannevoli. Sfruttando frasi tecnicao mente corrette come “il prodotto non è testato sugli animali” o “il produttore non commissiona test nè sul prodotto nè sugli ingredienti” convincono fao cilmente il compratore di avere tra le mani un prodotto cruelty-free. Ma non è così. Si, il prodotto finito non è testato, ce lo ricorda anche il decreto del 2004. Ma i suoi ingredienti lo sono. Viene da sentirsi più sicuri nel leggere che il produttore non commissiona test nemmeno sugli ingredienti, ma visto che non è il produttore a dover como missionare test, bensì il fabbricante della singola sostanza risulta vero, ma ovvio che il produttore non ne commiso sioni. Come riconoscere allora un prodotto effettivamente “senza-crudeltà”? Se siete particolarmente fedeli a detero minate marche, potete consultare il sito

ufficiale dell’azienda e controllare le dichiarazioni tra le F.A.Q. Potete acquistare prodotti per la cura del corpo in erboristeria, che offre prodotti cruelty-free di ottima qualità. Probabilmente anche migliori delle soo lite marche da supermercato. Un simbolo facilmente riconoscibile a cui possiamo concedere la nostra fiduo cia è l’immagine del coniglietto con le stelline della certificazione ICEA, che certifica che l’azienda si sottopone a controlli esterni che ne garantiscono l’eticità. Associazioni come la LAV sono da anni attive in prima linea riguardo al problema della vivisezione e sono le più affidabili per quanto riguardo le cosiddette positive list delle marche “etiche”. Per un acquisto sicuro ci si può attenere alla lista presente nel sito della LAV: www.lav.it Le alternative dunque ci sono, la scelta però è vostra, cari lettori.

Ilaria Arena

Vittoria Verazzi

Logo Lav


Poli di aggregazione giovanile

17 marzo Giornata nazionale della Memoria e dell’Impegno “E’ il momento di far sentire le nostre corresponsabilità” Don Ciotti La giornata nazionale della Memoria e dell’Impegno per le vittime di mafia è sicuramente il più importante appuntao mento annuale per gli associati e i simo patizzanti di Libera-associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Ogni anno, un momento per incontrarsi, guardaro si in faccia, contare le proprie forze e accorgersi di essere sempre di più, cao pire che il movimento si espande. Ma soprattutto: un momento per fare ino sieme memoria. Memoria che non è però sterile como pianto né vuota glorificazione: è la meo moria che si fa impegno, la memoria che serve da monito per il futuro, la memoria capace di tramutare la rabbia di tutti nello slancio per proseguire le battaglie dell’antimafia sociale. Ed è per questo che ogni anno, il 21 marzo, primo giorno di primavera, in tante città d’Italia Libera organizza la lettura dei nomi di tutte le vittime coo nosciute delle mafie, dall’unità d’Italia ad oggi. E sono tante, e ogni anno di più: ad oggi, la lettura comprende più di 800 nomi. Nella nostra città, l’evento, organizzao to dal Coordinamento Provinciale di Libera e con il patrocinio del Comune di Trieste, si è celebrato nel pomerigo gio del 21 marzo in Piazza della Borsa, con autorità locali e membri dell’assoo

ciazionismo triestino che si sono avvio cendati nella lettura della lunga lista di nomi. Ma oltre agli eventi nelle singole città, c’è anche il raduno nazionale, un’occao sione d’incontro per l’intera comunità che gravita intorno al movimento di Libera (Scuole, associazioni, soci sino goli), che si tiene ogni anno il sabato precedente al 21: quest’anno è stato il 17 marzo, a Genova. Anche a Genova, Trieste era preseno te con una delegazione: membri del coordinamento provinciale, dei Preo sidi Eddy Cosina e Antonio Landieri, dell’Associazione Rime, simpatizzanti. Partiti in corriera alle tre di notte di sao bato, giungiamo nel Capoluogo ligure per l’inizio del corteo alle dieci: ed è così che ci accodiamo appena in tempo all’infinito serpentone che già inizia a penetrare nel centro cittadino. Le cio fre diffuse da Libera parlano di circa centomila partecipanti: una fiumana colorata di bandiere di Libera, dell’Aro ci, dell’Anpi, tricolori italiani, che ha invaso le vie di Genova, ha accerchiato il Porto Antico, ha intasato i caruggi e le strade antiche. Un corteo che si è concluso proprio sul Piazzale del Porto Antico, in riva al mare, dove, dal palco, le voci del giudice Giancarlo Caselli, di Nando dalla Chiesa, del genovese doc

Don Andrea Gallo, di molti parenti di vittime di mafia, presenti a Genova in più di 400, hanno compiuto la tradio zionale lettura dei nomi delle vittime. Il palco da cui, infine, Don Luigi Ciotti, fondatore e leader carismatico di Libeo ra, ha arringato la piazza con la passioo ne e la forza che gli sono proprie, con le parole pesanti e dirette che sulla sua bocca non latitano mai. Toccando tutti i temi caldi del momento: dalle implio cazioni della mafia anche nella cemeno tificazione della Liguria, alla denuncia mai doma delle “zone grigie” della politica e delle Chiesa che ancora alio mentano connivenze con la criminalità. Per non tralasciare la recente e discuso sa pronuncia della Cassazione sul caso Dell’Utri, che ha annullato le precedeno ti pronuncia di condanna. Pur nell’imo prescindibile rispetto delle pronunce della magistratura, Don Ciotti ha ribao dito l’importanza del reato di concorso esterno di associazione mafiosa, fondao mentale proprio nel colpire le connio venze con la mafia del mondo politico e istituzionale, e la necessità che il lavoro fatto da Falcone e Borsellino in questo senso non sia dimenticato.

Marco Simeon

I Poli di Aggregazione Giovanile del Comune di Trieste sono presenti in cito tà in due sedi, una a San Giusto, l’alo tra a Borgo San Sergio, con lo scopo di mettere a disposizione dei giovani cittadini (dai 14 ai 25 anni) attività foro mative e ricreative, che vedono come momenti salienti l’organizzazione di iniziative pubbliche che valorizzano l’espressione dei talenti e delle passioni dell’utenza stessa. In ambito musicale i Poli di Aggregao zione mettono a disposizione spazi adeguati seguendo il processo formao tivo delle band a 360 gradi, dalla sala prove, allo studio di registrazione, fino al concerto “live”. Sono a disposizione due sale destinate alle prove dei gruppi musicali, con turo ni di un’ora e mezza in orario pomerio diano. Ciascun gruppo iscritto è tenuto a rispettare un regolamento elaborato in modo partecipato dagli stessi musio cisti che frequentano lo spazio. Presso il Polo di Borgo S. Sergio è poso sibile usufruire gratuitamente di uno studio di registrazione, dotato di struo mentazione di qualità e fonici qualifio cati, utilizzabile per la produzione di un demo/cd. Ogni artista/band ha a disposizione 16 ore in studio che permettono di proo durre da 2 a 4 brani. Le sessioni sono

anche un’occasione per l’acquisizione sul campo di conoscenze teorico-pratio che sulla registrazione e un’opportunio tà di dialogo con i nostri fonici che sao ranno ben lieti di mettersi in gioco per fornire un prodotto finale con il sound desiderato dalla band. Vengono inoltre organizzati degli stages formativi per fonici, tenuti da professionisti del settore, destinati all’acquisizione delle competenze teco niche necessarie per la registrazione e il mixaggio. Infine bisogna menzionare le attività “Live”, vero punto di arrivo di ogni artista/band emergente. I Poli danno la possibilità di esibirsi dal vivo, offrendo strumentazioni e spazi adeo guati nelle nostre sedi e nelle piazze in occasione di eventi cittadini. Ricordiamo i prossimi eventi, comino ciando con un concerto acustico al Toti venerdì 20 aprile, inserito in una gioro nata di sport e musica, dedicata al mese della prevenzione alcologica. A maggio si intensifica il programma: diversi gruppi e DJ si esibiranno sul palco del Bavisela Village dal 3 al 5 e nell’ultimo km della corsa il 6. Il 9 maggio al Toti in orario serale sarà di scena il genere Metal con una serie di esibizioni, l’11 avrà luogo la consueta kermesse musicale delle scuole supeo riori, il “G.A.S.P.”, mentre il piatto

forte… fiore all’occhiello dei Poli, il concorso per band emergenti “Opeo ning Band Live Music”, si svolgerà in quattro appuntamenti tra giugno e luo glio. La formula del concorso, giunto alla sesta edizione, è stata arricchita rispetto alle precedenti e offrirà una serie di novità molto interessanti, ma non vogliamo rovinarvi la sorpresa con altri spoilers. Si ricorda che è possibile frequentare liberamente tutte le attività dei Poli previa iscrizione (13 euro annui). Se volete seguire le nostre attività o contattarci potete trovarci ogni settio mana da lunedì a sabato in Piazza della Cattedrale 4/a a San Giusto, durante la Bavisela nel nostro gazebo al “Village” e su FB “Poli di aggregazione giovao nile”

testi e musiche sempre coinvolgenti. I bizzarri sono musicisti d’altri tempi, ti fanno vivere le loro canzoni e ti sembra di essere in festa. Le parole di Oliver, le bacchette di Mio chael, le corde di Valentino, il rock di Kirk, gli ottoni di Aniol, Andy e Matteo esplodono con un’unica voce. È la voce delle Bizzarie.

Vuoi sentirti in festa per una sera?

ricretoti orari lun/sab: 14.30-19.30

e-mail ricretoti@libero.it poliprove@gmail.it

tel 0403485818 - 0408324213

Le Bizzarie Sono una piccola orchestra swing e rockabilly che sperimenta in una soffito ta e suona per chiunque li voglia ascolo tare. La band, formata da sette compoo nenti, nasce a Trieste alla fine del 2011. Il loro nome è tutto un programma: Bizzarrie. Ispirati da artisti come Little Richard, Elvis e Brian Setzer, scatenano la loro energia proponendo al pubblico

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Il 21 Settembre all’ Etnoblog preseno teranno il loro nuovo album insieme a noi del Tascapane.


AIESEC

AIESEC è un associazione internao zionale completamente gestita da stuo denti che, offrendo possibilità di stage all’estero e realizzando progetti a livelo lo locale, persegue l’obiettivo di creare un impatto positivo sulla società. Le esperienze che seguono sono raccono tate da ragazzi che hanno avuto l’opo

When I arrived at the airport there were 3 persons from the Trieste University waiting for me, and so, my adventure began. I cannot say what happened exactly, but in that moment, I felted the cold air entering my lungs, and suddenly, a weird sensation, for the first time in my life, I felted like everything was going to be PERFECT, and in fact, until this day, march 21, everything has been. I am very happy to be here, because now I am teaching English to kids at 7 schools, and it’s incredible, how kids here want to leave and go abroad, but they don’t even have a job here! All they talk about it’s their rights but they don’t want to assume their duties, and that’s why we are here for, not

portunità di partecipare al progetto “Educhange”, in collaborazione con le scuole di Trieste, insegnando agli stuo denti la loro cultura, le loro tradizioni e le lingue stranire. Se vuoi collaborare con l’associazione o avere più informao zioni sulle esperienze all’estero scrivi a trieste@aiesec.it

guardarmi intorno, e ho scoperto AIESEC. Il tirocinio che ho scelto, in Brasile, a Ribeirão Preto, era un volontariato in una ONG asilo. L’esperienza è stata favolosa. Sono stata accolta come fossi di famiglia, amata e coccolata fin dal primo giorno. Ho imparato tantissimo, e ho imparato quelle cose che non sono scritte sui libri, ma che si imparano solo facendosi coinvolgere. Ho fatto sorridere dei bambini, a volte perché dicevo qualcosa di divertente e a volte (la maggior

only to improve the English level on schools, but also to improve the culture of the young kids who are going to be the future of this beautiful country, so that they start thinking of the country that they want for their future, the world that they want to live in, whatever they do now, will turn into the life that they will have to live. We hope that after this project, many of them decide to go to university, to work and to give their best to earn all the rights, all the freedom that so many people here in Italy had to fight and died for. The history of this country it’s not finished yet, this generation still have to write a lot of pages. Geovani Gonzalez, Venezuela

This is my first visit to Europe and experience in the “pasta and pizza” country. ;). There back in Brazil I’m an English Language teacher, and it’s been a pleasure to help teachers and students of high school here in Trieste with my educational and cultural knowledge. Loads of learning I’m also taking from them, being that in the day-by-day living or in the meeting and trips with the new friends from AIESEC.Blending in a new culture and way of living gets much easier when you stay in a host family.

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Per dirvi perché scegliere AIESEC, vi dirò perché io ho scelto AIESEC. Io avevo molta voglia di andare all’estero, lontano lontano, possibilmente in America Latina, per fare del volontariato. Perché? Perché avevo da poco finito i miei studi ma non ero soddisfatta e non volevo continuare nello stesso ambito. Volevo cambiare. Volevo vedere se quel mio interesse per il sociale da sempre esistente, poteva magari concretizzarsi in qualcosa di più solido. E allora ho cominciato a

I would like to thank them and all the new folks for this unique chance of growth. Willing to do the same for another adventurous soul, I put myself available in my country in an aspect of retribution for the same chance I’ve had. A big hug for everybody. “Obrigado”! Rodrigo Remolli, Brasile

AIESEC has given me an unforgettable experience in Trieste! Not only am I developing and learning new skills, but I am also passing on knowledge about myself and my country to students; giving information and also helping them practice their English. Everyone has been so helpful and hospitable, especially my host family who have been so kind! I am also getting the opportunity to practice my Italian and learn more about

the Italian culture. My favorite things are the food and the landscape which is very different than in Jordan. I recommend this experience to anyone who has a passion for traveling and discovering new cultures. I came to Trieste to teach but also ended up learning and developing myself. I will go back home with many stories to tell! Rana Nassar, Giordania

parte) perché il mio portoghese era ‘buffo’. Ho visto luoghi meravigliosi e conosciuto persone incredibili, e ho scoperto che sì, il mio interesse per il sociale poteva e doveva diventare qualcosa di più concreto. È stata un’esperienza determinante per la mia vita e se potessi, la rifarei esattamente uguale. Francesca Pierigh , Gorizia, ha fatto un uno stage in Brasile

My name Mitra and I am from Iran. I’ve been in Trieste for about a month now. Involvement in the Educhange project for the past few weeks was a unique experience for me. Aside from giving me the wonderful opportunity to meet lots of people from all over the world, it helped me to evaluate my abilities in a challenging situation. I

mean being a teacher in a class of 20 students and trying to understand what interests them… It is a challenge!! I think AIESEC is more than anything about discovering your potentials. And I am happy that I have been given this chance :)

I came from Taiwan, where I’m an interior designer, there I studied marketing and Russian , but now I’m here as volunteer for AIESEC Trieste. Every week I work in a different high school to share my culture and to learn Italians’ one. I’ve found out that I like Italy so far! I like people, so helpful and nice, I like weather and most of all I love Italian Food, Italian Mamas are real masters of ingredients, here I found a real paradise for gourmands. When I started my experience in Trieste I found some differences about Italy in Taiwan. For example, many times I talked about

working hours of Taiwan, we have to work overtime almost everyday, we saw sunrise in the morning and stars at night, we can’t watch the sunset. But in Trieste most of shops have break between 13.00 to 15.30, and the last lesson of high schools finish at 14.00. Italian students looks so happy, because in Trieste you can enjoy the beauty of life and sunshine with your own tempo. Another big difference is the speed, in Taiwan everybody want to be fast and we have high-speed railways, here in Italy you have to be patient, but I love Italy anyway.

Mitra Javadzadeh, Iran

Yi-Chuang Lu, Taiwan


SelfT-made

L’abc della fotografia: Cinque manovre per uno scatto di qualità

Negli ultimi tempi la moda di girare con una reflex appesa al collo è dilagao ta e gli apprendisti fotografi sono semo pre più, quindi perché non scoprire con semplicità quali sono le cose da sapere per poter dire di “fotografare”?! Per approcciare la fotografia occorre, innanzitutto, avere la curiosità di ossero vare a fondo l’oggetto dell’immagine

1.

Impostare la sensibilità ISO

La sensibilità è una caratteristica del supporto sensibile presente nella fotoo camera e consiste, in pratica, nella cao pacità di risposta del sensore alla luce. La sensibilità si misura in ISO e solio tamente viene distinta, da un punto di vista quantitativo, in bassa sensibilità : da 25 a 100 ISO media sensibilità : da 100 a 400 ISO alta sensibilità : da 400 a 3200 ISO. La sensibilità ha un andamento invero samente proporzionale alla quantità di luce necessaria sulla scena da riprendere.

4.

Esporre

L’esposizione è la fase del processo fotografico che consente di dosare la quantità di luce che arriva sul sensore attraverso l’obiettivo. L’esposimetro è un dispositivo che, in funzione degli ISO impostati e della quantità di luce entrante, indica se con i valori di tempo e diaframma selezioo nati l’esposizione è corretta, cioè se la quantità di luce è idonea a rendere bene la scena inquadrata.

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Un’audiotape come portachiave

per scoprire e fare proprio il messaggio che verrà espresso con lo scatto. Una volta concluso questo “approccio seno sibile” alla fotografia, si passa al piano “tecnico” che permetterà di ottenere il risultato desiderato. La sequenza delle operazioni da como piere per fotografare è questa :

2.

Inquadrare

I nostri occhi osservano uno spazio senza limiti, invece nella macchina digitale l’inquadratura è limitata da quattro lati; è quindi necessario sceglieo re cosa includere e cosa escludere dal fotogramma e decidere la posizione di un elemento rispetto agli altri.

5.

Regolare tempo e diaframma

Il “tempo” esprime la misura del temo po di apertura dell’otturatore, cioè di quel dispositivo che serve a impedire che la luce entrante attraverso l’obieto tivo vada a colpire il supporto sensibile in ogni momento. Il tempo di apertura dell’otturatore è direttamente proporzionale alla quano tità di luce entrante. Il “diaframma” esprime la misura dell’apertura dell’area disponibile per fare entrare la luce attraverso l’obieto tivo. L’area di apertura è direttamente proo porzionale alla quantità di luce entrante.

3.

Occorrente: carta da lucido pennarello nero indelebile pennarello marrone indelebile pennarello bianco indelebile stoffa a fantasia stoffa a tinta unita Nastro colorato colla a caldo/colla a presa rapida anello per portachiavi

Mettere a fuoco

La messa a fuoco è l’operazione che permette di ottenere un’immagine nio tida. Nelle fotocamere analogiche geo neralmente il problema è risolto dalla presenza dell’autofocus (AF) : ponendo il riferimento AF, che si trova al centro del display, sul soggetto e premendo a mezza corsa il pulsante di scatto la foo tocamera esegue la messa a fuoco e, nel mirino, si accende una spia. > verde fissa: il soggetto è a fuoco > verde lampeggiante: le condizioni del soggetto non consentono la messa a fuoco automatica > rossa fissa: il meccanismo sta cercano do di mettere a fuoco.

6.

SCATTARE!

Citazione sulla fotografia : “Non potete fare affidamento sui voo stri occhi se la vostra immaginazione è fuori fuoco” / Mark Twain

Anna Bembi

Detersivo per i piatti biodegradabile autoprodotto Occorrente: 4 limoni 400 ml di acqua 200 gr di sale grosso 100 ml di aceto di vino bianco

Se per voi il momento più triste della giornata arriva quando dovete premere STOP sul vostro lettore mp3 e tornare al mondo reale, questa è una chicca che vorrete portarvi sempre dietro insieme alle chiavi di casa. Ricordate quando Apple e Blackberry erano solo dei frutti e si attaccavano le cuffie a dei poco tascabili walkman? C’erano loro, le musicassette! Ricalcate con indelebile nero su carta da lucido il disegno dell’audiocassetta qui sotto. Fatene due copie e coloratene anche nastro magnetico ed etichetta, con indelebile marrone e bianco rispettivamente. Ricordatevi che è la parte porosa della carta da lucido che assorbe l’inchiostro! Ritagliate poi le sagome così ottenute. Piegate a metà la stoffa a

fantasia, prendete le misure dell’audiotape e riportatele sul tessuto. Tagliate la pezza in corrispondenza dell’area riportata in grigio in figura. Ed ora, sfoderate la colla per assemblare insieme il tutto: piegate ed infilate sotto la stoffa a fantasia quella a tinta unita, mentre le due sagome in lucido vanno una per lato. Fate combaciare bene le estremità ed inserite fra le due pieghe della stoffa monocolore anche le estremità di un nastrino, a cui va’ agganciato l’anello metallico.

Stufi di inquinare con litri e litri di petrolio? Stanchi di accumulare flaconi di plastica che poi non si sa se verranno smaltiti correttamente? Siete dubbiosi sull’effetto degli agenti chimici dei detersivi industriali sulla nostra salute? Cari autoproduttori della domenica, la soluzione è a portata di mano! La ricetta che sto per presentarvi è facile da realizzare e l’economicità dipende soprattutto dal prezzo dei limoni (meglio acquistarne molti a poco prezzo al mercato). Otterrete una crema che non fa schiuma ma sgrassa benissimo, adatta soprattutto al lavaggio dei piatti durante campeggi abusivi o gite al mare, essendo un prodotto 100% naturale.

l’aceto, portare a ebollizione per 10 minuti tenendo la fiamma bassa girando frequentemente e facendo attenzione che non strabordi. Infatti a questo punto starete assistendo ad una reazione chimica con la produzione di molta schiuma, aprite le finestre! Una volta che l’intruglio si sarà addensato spegnete il fuoco e lasciate raffreddare, quando non sarà più bollente bisogna frullarlo finemente con un frullatore classico o ad immersione (molto più pratico). Mettete la crema in un flacone del detersivo usato e il gioco è fatto! Dura diversi mesi e con il tempo potrebbe solo scurirsi, inquinerete così di meno le acque di scarico e sarete meno dipendenti dai derivati del petrolio.

Prima di tutto tagliate a pezzettini i limoni in una ciotola o mortaio e aggiungete il sale grosso, prendete un pestino e pestate per bene il tutto. Mettete la poltiglia in un pentolino e aggiungete l’acqua e

Seitan fatto in casa Occorrente: farina di manitoba (anche la farina normale) una carota una cipolla un sedano salsa di soia salvia e rosmarino un canovaccio o una garza spago per arrosto

Se pensate che l’alimentazione e le abitudini quotidiane se diffuse e condivise possano avere effetti positivi sul consumo delle risorse e come me vi state indirizzando verso un’alimentazione vegetariana, questa ricetta vi permetterà di creare in casa un alimento proteico totalmente vegetale. Si tratta della parte proteica del grano: il glutine. Non essendo completo dal punto di vista proteico è sempre bene abbinarlo ad una bella porzione di legumi e cereali! Per prima cosa fate bollire le verdure per ottenere un comune brodo vegetale. Contemporaneamente alla bollitura del bordo prendete la farina e calcolate che il seitan che otterrete sarà poco più della metà del peso iniziale. Mettetela in una ciotola, aggiungete le spezie tritate e acqua quanto basta per ottenete un impasto uniforme e compatto che non si attacca, simile a quello del pane. A questo punto spostatevi nella zona lavello, prendete una bacinella capiente o una pentola, mettetela nel lavandino con sopra uno scolapasta. Nello scolapasta ponete la farina precedentemente lavorata. Inizia ora la fase più importante, quella in cui dovrete dividere la parte non solubile della farina (il glutine) dalla parte solubile (l’amido). Aprite il rubi-

Martina Cusan

Stefano Capodieci

netto al minimo in modo che scenda un filo d’acqua, bagnate il vostro impasto girandolo e strizzandolo energeticamente contro lo scolapasta. Vedrete fuoriuscire l’amido, sottoforma di liquido bianco, che farete attenzione a raccogliere nel recipiente sottostante finchè si esaurisce. La materia ottenuta sarà simile ad una gomma da masticare gigante di colore giallino beige, ponetela in una garza o canovaccio pulito conferendole una forma a salsicciotto, arrotolatelo nel tessuto facendo una caramella e legatelo con dello spago d’arrosto per poi buttarlo nel brodo. Aggiungere della salsa di soia al brodo e fate bollire per almeno 45 minuti, una volta finita la cottura tagliatelo a fettine e conservatelo in frigo nel brodo. Per quanto riguarda l’amido consiglio di lasciarlo depositare, buttare via l’acqua di superficie e cucinarlo, sarà possibile ottenere poi gnocchetti oppure potrete sperimentare voi altri utilizzi. Il seitan non è un cibo particolarmente saporito, quindi consiglio di consumarlo a pezzettini nelle insalate oppure come secondo piatto con salsine, legumi e verdure varie.

S.C.


Trucchi da viaggio

E-state tranquilli!

La prova costume si avvicina ed istantaneamente avete voglia di volare in Alaska? Il vostro best friend si chiama fondotinta e non volete mandarlo in ferie? Allora questa è la rubrica che stavate cercando! Ebbene no, non vi darò consigli di magia nera per affrontare il debutto in spiaggia, ma bensì vi prenderò per quella mano un pò sudaticcia onde evio tarvi quei piccoli/grandi incidenti estivi che, a confronto, la prova costume dio venta una bazzecola. Sarà mai possibile? Sì, è possibile nel caso in cui il termometro segni +25° C, i ghiacci polari si stiano scioglieno do, l’acqua di mare stia evaporando e voi, sì voi, indossate ancora gli stivali! Nessuno confuta la sensualità del look “cowgirl dei poveri” (vestitino bianco e leggero, gambe nude e stivali bassi), ma... volete davvero che analizzi il sexappeal delle creature transgeniche che festeggiano sui vostri piedi mentre sfio late sul lungomare con quei maledetti boots? Suvvia, liberate quei piedini da cenerentola... ed eviterete la morte per asfissia di chi vi sta intorno. Ma saliamo di un livello ed occupiao moci di gambe, le vere protagoniste dell’estate! Ragazze, tesorucci miei, e maschietti cari (sì, anche voi) a volo

te qualche centimetro in più di stoffa non guasta (me lo diceva sempre la mia nonna)! Gli “shorts-mutanda” vanno bene solo se siete una di quelle famose creature mitologiche, ovvero le ragazze senza (o quasi) ritenzione idrica. Per tutte le altre creature mortali, ma non per questo meno piacenti, direi che si può optare per vestiti, gonne morbide o comunque shorts un pò meno... shorts. E per i nostri ometti vale la stessa regoo la: mai pantaloni troppo corti o troppo attillati perchè la “tamarraggine” non è mai stata di moda, sapevate? Continuiamo verso l’alto e parliamo un pò di top, camicie, t-shirts, casaco che... eliminate tutto ciò che è attillato ed elasticizzato e convertitevi al vangeo lo dello stile: pizzo, seta, lino o qualsiao si tessuto fresco, leggero e che non aso somigli ad una guaina! Non per forza serve essere “strizzate” in una muta da sub per essere provocanti, anzi: provate la leggerezza e lo stile del bon ton e... vedrete che risultati! Dulcis in fundo arriviamo ad un fenoo meno estivo che la mia coscienza mi impedisce di tralasciare: l’utilizzo del fondotinta liquido con 40°C all’ombra. Lo sapevate che esiste un girone dell’ino ferno appositamente creato per chi osa commettere tale peccato? Bando alle punizioni che vi meritereste, passiao

mo a come risolvere questo problema perché mi sento in dovere di darvi una mano. Dato per scontato che la prima cosa da fare è mantenere pulita e igieo nizzata la pelle, avete due opzioni. Poo tete scegliere di mimetizzare le impero fezioni con un’abbronzatura protetta e lenta così da necessitare solo di un pò di correttore nei punti specifici. Eveno tualmente, vi consiglio i fondotinta minerali: fondotinta in polvere molto leggeri e a bassa coprenza che lasciano respirare il vostro visino anche durante il caldo torrido. Nel caso in cui invece dobbiate nascondere acne o cicatrici con fondotinta liquido allora scegliete assolutamente (vi controllo) dei proo dotti senza grassi (oil-free) ed eviterete così che il mondo attorno a voi pensi: “ehi, ti si sta sciogliendo la faccia”. Dopo aver letto quest’articolo l’estate vi terrorizza ancor più di prima? Alo lora ho raggiunto l’obiettivo: date più importanza a come vi conciate durano te il giorno, piuttosto che fissarvi con la prova costume che, come ben sapo piamo, è solo un’invenzione di quelle creature mitologiche, non esiste e non esisterà mai... vero?

Giulia Pellizzari

Un raggio di sole m’illumina il viso, socchiudo gli occhi e mi rendo conto di essere già in ritardo per arrivare alla stazione. Ho un lavoro da consegnare. Per fortuna il biglietto è fatto e la vao ligia è pronta. Mi vesto per bene, preo paro il beautycase in fretta con le cose essenziali, in modo da non appesano tire ulteriormente i bagagli. Tengo in considerazione la scomodità del treno quindi porto con me cosmetici facili da applicare e di lunga durata. Eccomi qua, accaldata ma in tempo, prima di farmi bella mi prendo qualo che minuto per riposare. Il treno è partito, guardo scorrere il paesaggio e penso che forse è meglio iniziare a prepararmi. Per prima cosa stendo la mia crema idratante, preferisco sempre utilizzarne una con fattore protettivo, perchè il sole è fra i primi nemici della pelle. Dopo di che passo il correttore in stick, insisto particolarmente sulla zona occhiaie, non dimenticandomi delle piccole imperfezioni. Al fondoo tinta liquido, più noioso da applicare, ho preferito quello in polvere minerale e con una passata di pennello la mia pelle appare già più fresca e levigata. Adesso trucco le sopracciglia, se sono belle e curate aiutano a dare profondità ed espressione alla sguardo. Per acceleo rare il lavoro uso una matita con spazo zolino. L’occhio è la parte più difficile. Per fare questo, ho scelto di portare con me al posto dei soliti ombretti quelli in stick, a matita e in polvere con applio catore incorporato. Sono facili e veloci ma donano un colore pieno e d’impato to, in oltre occupano poco spazio e non

rischiano di rompersi durante il viago gio. Ne stendo un po’ anche nella parte inferiore e finale dell’occhio. Concludo lo sguardo con un mascara waterproof (resistente all’acqua), sono sicura che terrà fino a sera anche sotto stress. Preo ferisco non stendere linee di eyeliner, è molto difficile avere grande precisione sul treno, basta un piccolo errore e bio sogna ricominciare. Anche sulla bocca evito il rossetto con il contorno labbra, non voglio rischiare sbavature difficili da togliere. Ho preso con me quindi un gloss, sicuramente dura di meno ma posso ripassarlo facilmente ogni volta

che vorrò. Concludo con un blush anch’esso in stick in tono con il gloss, il blush dona immediatamente un aspetto salutare e pieno al viso. Mi concedo solamente una piccola “scomodità” a fine operao zione una tamponata di cipria traspao rente nei punti del viso che tendono maggiormente all’effetto lucido e poi mi ricorda tanto i bei tempi della nono na. Buon viaggio a tutte da Debora.

Debora Andriolo

illustrazione di Debora Andriolo

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L’orologio di Renè

Se volete rendervi conto di quanto il mondo va di fretta, basta passare una mezz’ora alla stazione ad osservar la gente. Noterete come le persone abbiao no perso il senso della curiosità e dell’avventura. La storia che state per leggere non è meno assurda delle menzogne mascherate da verità che ci rifilano ogni giorno. Cosa fareste se d’un tratto vi ritrovaste nella condizione di poter vivere per sempre? Certo vi rio scattereste dal tempo perduto. Qualcuno coglierebbe l’occasione per vedere il mondo intero, ma sareste davvero felici? Vi racconterò la storia di Renè Piacard, giovane imo prenditore di successo senza tempo per se stesso. A 17 anni, fu costretto a rilevare l’azienda di famiglia, causa decesso improvviso dei genitori. Da quel momento si dedicò anima e corpo a far fioo rire l’attività, rinunciando ad affetti ed amici. Paso sarono 10 anni, e una sera perse la coincidenza e si ritrovò tutto solo a pensare per sé, come non faceva da molto. Desiderò con tutte le sue forze di essere padrone del proprio tempo e non schiavo degli affari. S’immaginò di salire sul primo treno, per vivere una qualche avventura. “Ne avresti il coraggio?”, domandò una voce alle sue spalle. Un uomo sorridente e ben vestito gli faceva cenno di fargli un po’ di spazio. Renè non sapeva dire se quell’uomo fosse un angelo o un diavolo, ma non era venuto da lui per nulla. Era lì per offrirgli una possibilità. “Così vorresti avere più tempo? Ecco, questo è il dono che voglio farti”. L’uomo tirò una catenella dalo la tasca ed estrasse un vecchio orologio annerito ed ammaccato. “Nel momento in cui prenderai in mano questo orologio, le sue lancette si fermeranno e tu sao rai immortale.”

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Racconto

Renè sul momento pensò che fosse un pazzo. “Non ti vedo convinto”, disse l’uomo anticipandolo “ma accetta questo dono e non avrai più di che dubitare”. Renè ci pensò per qualche secondo. Se fosse diveno tato immortale sarebbe stato davvero bello, d’altro canto se non fosse successo nulla avrebbe avuto un orologio in regalo. Quindi allungò il braccio e l’uoo mo con un sorriso fece cadere l’oggetto sul palmo della sua mano. “Vedi le lancette? Sono ferme. Ora sei un essere eterno finché lo vorrai, ma ascolta bene: vedi quell’unico tasto sul fianco dell’orologio? Ogni qualvolta deciderai di premerlo, le lancette ricomino ceranno a girare. Il tempo attorno a te si fermerà, ma per ogni minuto passato tu invecchierai di un giorno”. Così dicendo, l’uomo si avviò verso l’uscita della stazione. “Spendi bene il tuo tempo” aggiunse sistemandosi la giacca. Poi sparì. Renè era scettico, ma incuriosito. Senza paura premette il pulsante. D’improvviso tutto si fermò e l’orologio ricominciò a funzionare. Restò esterrefatto. I pochi passeggeri in attesa ai binari erano pietrificati. Persino il poliziotto con il suo cane erano immobili. Premette nuovamente il bottone e tutto ripartì come se niente fosse. Ora non so cosa avreste fatto voi, ma Renè Picard, neo immortale e uomo libero, iniziò a correre. To be continued...

Alex Fabbro

Treno mattiniero

Stazione semifantasma di provincia. Sottopasso che porta ai binari lugubre. Mi guardo attorno, con me aspettano il treno le solite persone incluse nel paco chetto stazione di provincia: una donna malvestita che consuma una di quelle sigarette infumabili, un immigrato trasandato e parecchio sporco, uno stuo dente alternativo con la barba che sembra abbia quao rant’anni. Il treno chissà quando passa, leggo un po’: La cittaduzza di Verrières può passare per una delle più graziose della Franca Contea. Le sue case bianche con i tetti a punta, di tegole rosse, si stendono… DIN DON: il treno regionale 5843 dalle ore 7.26 è in arrivo al binario 2, allontanarsi dalla linea gialla. Salgo sul treno, come sempre è sporco e stracolmo di gente. Anche oggi dovrò lottare per accaparrarmi un posto decente. Mentre faccio ricognizione con lo sguardo per qualo che posto appetibile, una signora dall’accento slavo mi chiede se voglio sedermi accanto a lei. Che culo! Mi siedo e con sguardo di trionfo mi pavoneggio di fronte agli ebeti rimasti in piedi. La donna credo abo bia circa quarant’anni, è vestita veramente malissimo ed ha una sciarpa odorcasadimianonna che continua a piegare e ripiegare continuamente. Ha i capelli creo spi e sporchi che stonano con il blu intenso dei suoi occhi. Occhimare la soprannomino. Come il mare fuori dal finestrino che scorre a velocità treno sulla mia sinistra. Il vento lo increspa leggermente e semo bra possibile poter sentire l’odore di sale e la brezza che sferza teneramente le gote. Il posto accanto al mio è riservato allo zaino di Occhimare. Uno zaino anni novanta rosso stracolmo di roba. Chissà cosa contieo ne. D’un tratto estrae dalla tasca della giacca un teleo fonino molto all’avanguardia che stona decisamente con la sua figura. Compone un numero e chiude gli

Racconto

occhi quasi come a pregare che dall’altra parte qualo cuno risponda. Ripete questo gesto più e più volte, poi desiste e caccia i suoi bellissimi occhi nei miei. Si è accorta che la stavo guardando. Riprendo il libro in mano: sul declivio di una collina, sulla quale boschi di vigorosi castagni segnano le minime sinuosità. Il Doubs scorre qualche centimetro… la mia lettura viene interrotta da un signore con un forte accento meridionale, non so perché ma mi ricorda Camillo Benso, il Conte di Cavour. Si lamenta a voce alta delo la stato attuale dei treni, e di conseguenza dell’Italia intera, io sorrido e, mentre sto riprendendo la lettura noto che Occhimare sta piangendo mentre parla al telefono. Grosse lacrime sgorgano dagli occhi color mare e mi intenerisco guardandola. Senza rendermeo ne conto la fisso ancor più vigorosamente di prima. DIN DON: siamo in arrivo al capolinea... Occhimare se ne accorge, chiude la conversazione con uno scato to brusco e pianta per la seconda volta i suoi occhi nei miei. È un attimo. BOOM! Ho solo il tempo di rendermi conto che lo zaino anni novanta rosso che mi stava accanto era pieno zeppo di una quantità di esplosivo necessaria a far saltare in aria 500 bufali e 800 palazzi. E poi un gran casino, io, Occhimare, Cavour, il treno, la stazione, questa fottuta città, tutti insieme nel vortice di quel blu immenso, tutti a voro ticare per l’eternità tra corpi amalgamati dal tritolo, irriconoscibili dopo lo scoppio.

Matteo Mascarin


Swedish way of life

La comunicazione non voluta

Erasmus placement al Karolinska Institutet

Un’esperienza all’estero, il sogno di ogni studente. Preparare la propria tesi magistrale in un prestigioso istituto mi sembrava proprio la ciliegina sulla toro ta della mia carriera accademica. Nel campo delle scienze della vita questo tipo di esperienza è un must per capire come si lavora all’estero e soprattuto to quale strada intraprendere dopo la laurea, senza contare le opportunità di creare contatti preziosi per il futuro e le innumerevoli occasioni di crescita personale. Il primo marzo, dopo un paio di gioro ni dal mio ultimo esame, mi ritrovo a Stoccolma dove passerò i prossimi otto mesi a lavorare sulla mia tesi presso il gruppo di biologia molecolare e teo rapia genica del Karolinska Institutet, divenuto celebre perché responsabile del conferimento del premio Nobel per la medicina. L’istituto, che raccoglie in sostanza tutta la ricerca biomedica del paese, è imponente ed austero, le persoo ne serie ed il silenzio nei corridoi è soro prendente. Questa fredda mattina dal cielo terso vengo accolto con una fetta di torta ed una cioccolata calda e suo bito mi sento a mio agio, grazie anche allo stile casual che contraddistingue la vita e le relazioni di questo paese. Il primo incontro con i capi mi introduce il dettaglio del mio progetto: insegnao re alle cellule a riparare un errore del

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L’incontro con Adriano De Maio

DNA che causa una patologia infantile del sistema immune. Al lavoro! Passo le prime settimane ad ambientarmi e nel frattempo decido anche di buttarmi su un progetto collao terale per aumentare l’efficienza di trao sporto di un DNA esogeno nel nucleo della cellula. Prendo confidenza con i luoghi, le abitudini ed incredibilmente mi rendo conto che i ritmi di lavoro sono molto rilassati, ora capisco perché il mio tuo tor ha ottenuto il dottorato in sei anni rispetto ai tre o quattro necessari nel resto d’Europa. Inizio a lavorare come un matto faceno do le prime notti e monopolizzando la riunione del lunedì mattina per spiegao re al resto del laboratorio cosa ho como binato nella settimana precedente. Mi imbatto nei primi intoppi e protocolli da ottimizzare e mi rendo conto che i soldi non mancano mai, basta chiedeo re e grazie ad una burocrazia quasi del tutto inesistente mi ritrovo tutto quello di cui ho bisogno nell’arco di un paio di giorni. Le pause. Per il ricercatore svedese, gran pochi in tutto l’istituto dove tutti parlano un inglese perfetto, interromo pere il proprio lavoro e rilassarsi è fono damentale. Per questo motivo ci sono salette ristoro ovunque, anche una stanza con i letti pronti se si vuole fare

una pennichella. La giornata è scandita da un rito sacro che ha luogo alle 13 ed alle 17 e consiste nell’ingurgitare torte giganti e pastine alla cannella accomo pagnate da tazze di caffè o tè: il famoso fika svedese. Il clima. Fortunatamente ho scelto di trascorrere il secondo semestre e l’estao te in questo paese dal clima del tutto inospitale. Tormente di neve fino a Pao squa giacca pesante fino a maggio. Solo ora, a giugno si apprezzano delle belle giornate di sole con l’aria frizzante che raggiunge i 18 gradi ed un fantastico cielo color cobalto. Ora sono solo a metà strada della mia esperienza scandinava ma ho avuto modo di imparare veramente tanto grao zie alla disponibilità e gentilezza delle persone che ho conosciuto in laborao torio e fuori. La ritengo senza ombra di dubbio un esperienza estremamente edificante, da fare assolutamente. Ho vissuto momenti di felicità estrema ed altri di delusioni durati diversi giorni in cui tutto andava storto in laboratorio. Ma l’insegnamento più grande che ho ricevuto qui riguarda proprio questa fase ricorrente della ricerca, ossia: imo parare a analizzare e superare i probleo mi con calma e serenità in altre parole the Swedish way of life.

Giulio Bernardinelli

Intervista ai ragazzi di iGEM Trieste 2012

Questo titolo potrebbe far sembrao re che non volessi comunicare con Adraino De Maio, il nuovo presidente dell’AREA Science Park, ma non è cosi. Il titolo è ingannevole e il mistero verrà risolto solo alla fine o se seguirete la vio deo intervista. Tutto merito della sua insegnante di itao liano delle elementari, Ester Pozzi, che gli ha insegnato a svolgere i temi. Vi chiederete il perché. La risposta è semplice. De Maio sa come si costruio sce un tema perché la sua maestra gli ha spiegato che la testa sta sopra il torace e che il torace sta sopra alle gambe. Un tema deve avere un inizio, un centro e una conclusione. Cosa c’entrano i temi? Scrivere un tema è come fare ricerca. Bisogna iniziare individuando da subito quale sarà l’obiettivo finale del proprio lavoro e quindi operare in maniera da sviluppare al meglio la propria idea. Avrebbe voluto diventare Premio Nobel per la fisica e invece ha ascoltato il cono siglio del padre ed è diventato ingegnere elettronico. L’unica persona che teme o forse sarebbe meglio dire ascolta - è sua moglie, docente di latino e greco. E fa bene. Infatti lei è probabilmente la sola che ha determinato la sua presenza oggi qui in Area. Lo avrebbe preferito a casa ma l’ha lasciato a quella che lei dice essere una riconoscenza per i suoi meriti. De Maio sostiene invece che la sua presenza serve per tamponare l’attuale situazione dell’Area. Forse entrambe sono ragioni valide per fargli ricoprire questo incarico. Ingegnere, docente e rettore del Politeco nico di Milano (dal 1994 al 2002) e poi della Luiss di Roma (dal 2002 al 2005). Dal 1996 al 2010 è stato presidente dell’Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia, dal 2003 al 2004 commiso sario straordinario del Cnr e presidente della commissione di valutazione dei centri di eccellenza presso il Miur. Al Ministero, dal 2003 al 2005, è stao to anche presidente della commissione

ministeriale per la riforma dell’Univero sità. Direttore del Centro europeo di nano medicina (CEN) è dal 21 febbrao io presidente dell’AREA Science Park, un polo di ricerca che ha sempre ritenuo to il migliore d’Italia. Lui stesso ricorda che per la sua persoo nalità è stato spesso definito un dittatoo re. E anche quando tento di ridefinirlo con altri termini più politically correct mi ribadisce il concetto di dittatura. De Maio è unpolitically correct (ndr). Mi spiega che a volte non si può cedere ai cosiddetti compromessi democratici ma bisogna assumersi la responsabilità di operare delle scelte e di portarle a como pimento. Forse questo ce lo si può pero mettere solo quando si è in alto, penso tra me e me. O forse è proprio questo modo di pensare che sta alla base del successo di un’idea? Autore di un libro (L’innovazione vino cente) che consiglio a tutti quelli che vogliono avere a che fare con il mondo dell’innovazione e della ricerca e per fare un po’ di ordine mentale. Pochi giri di parole e molti concetti chiari. Qualche esempio: la ricerca serve per far crescere un Paese e bisogna investire nella ricerca se vogliamo competere con gli altri, i fondi vanno conferiti ai proo getti forti, innovativi, vincenti perché solo questi sapranno generare ricchezo

za sociale ed economica, i giovani oggi devono rovesciare il loro modo di apo procciarsi al lavoro (un certo Steve Jobs direbbe think different), non devono pensare al ruolo cui potranno mirare a seconda del titolo di studio ma a quanti posti di lavoro potranno creare con le loro proprie idee. Tuttavia è l’ultimo concetto della noo stra chiacchierata che mi ha maggioro mente colpita e affondata. È fondamentale che i componenti del team di ricerca siano a stretto contatto tra di loro, nello stesso ambiente perché le idee migliori vengono davanti ad una macchinetta del caffè mentre una mail o skype non aiutano, servono solo ad accelerare le comunicazioni volute. Una lampadina si accende più facilmeno te durante una comunicazione “non voo luta” mentre ad esempio si sta parlando tête a tête di tutt’altro di fronte ad un caffè fumante. La vicinanza tra cervelli, anche se quei due cervelli provengono da parti diverse del mondo e da stuo di completamente diversi è la chiave dell’innovazione. Ed è a questo che sero ve l’AREA Science Park: riunire in un unico polo fisici, chimici, biologi, medio ci con lo stesso obiettivo: cambiare. Mistero del titolo ingannevole risolto.

Carolina Venturoli

Intervista ad Adriano De Maio


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