«Èfallo questo». «Palla». Sta tutto qui. Fallo, dice l’avar Di Bello appena rivede l’intervento di Rrahmani su Koné che precede il gol di Neres in Roma-Napoli. Palla, dice invece il Var Aureliano. Pag 5
IL SI-PAIRETTO VOGLIO SOLO STAR... CONTE
Daniele Lo Monaco
Mentre nel pomeriggio di ieri ci gustavamo l’imperdibile spettacolo di Open Var (e se l’avete perso leggetevi il nostro fedele resoconto qui sopra) un ascoltatore della radio ci ha spinto a una riflessione. Pag 5
Dopo Roma-Napoli Resta aperto il dibattito sulla gestione tra Var e direttori di gara. Rocchi approva il comportamento del pool arbitrale mandato all’Olimpico, ma gli audio resi pubblici dimostrano fretta e incoerenza. Il mondo del calcio e del tifo è diviso. Siamo in balìa di opinabili discrezionalità
Verso Cagliari-Roma
IL RENDIMENTO
MACINIAMO CHILOMETRI... E VITTORIE!
Fuori tutto Si torna a Cagliari, 16 mesi e 3 allenatori dopo
Nessuno come la Roma e Gasp lontano da casa nel 2025
Simone Valdarchi simone.valdarchi@ilromanista.eu
Due fisso. La schedina, ormai, non va più tanto di moda, ma la bellezza delle vittorie in trasferta non sfiorisce mai. E questa bellezza, la Roma, l’ha riscoperta nel suo 2025. Già perché dopo anni di tabù, con una squadra a cui lontano dall’Olimpico sembrava mancare «la mamma o il dolce della nonna» per citare Mourinho, con Ranieri prima e Gasperini poi Dybala e compagni si sono riscoperti non solo in grado di gioire anche a chilometri di distanza dalla Capitale, ma hanno fatto meglio di chiunque altro in trasferta.
Sedici gare fuori casa, considerando soltanto il cammino in campionato (la seconda parte della Serie A 2024/25 e questa prima frazione dell’edizione 2025/26), con 12
NELLE 16 TRASFERTE DI SERIE A NELL’ANNO SOLARE, 12 VITTORIE, 2 PAREGGI E SOLO 2 SCONFITTE
vittorie, 2 pareggi e solo 2 sconfitte: quella a San Siro contro il Milan a inizio novembre e quella a Bergamo del 12 maggio scorso, proprio contro l’Atalanta di Gasperini. Un totale di 38 punti, con una media di 2,37 a partita. Media che, addirittura, Gasp ha alzato a 2,5 in questo primo terzo di campionato. Ma questo non è una novità, visto che l’ultima Dea di Gian Piero, nel girone di ritorno della Serie A passata, era riuscita a correre alla media di 2,44 a gara, raccogliendo 22 punti in 9 trasferte, uno in meno rispetto alla Roma di Ranieri, che aveva però giocato 10 volte fuori casa. E proprio da una trasferta, riprenderà il cammino della Roma, dopo la battuta d’arresto rappresentata dalla sconfitta di misura rimediata contro il Napoli di Conte. Una sconfitta che non ha comunque escluso Gasp dal gruppone di testa, con la sua squadra a -1 da Napoli e Milan e a pari punti con
IN SARDEGNA IL SETTORE SARÀ PIENO (415 POSTI), MA L’UNIPOL DOMUS IMPEDIRÀ IL SOLITO ESODO
l’Inter. Insomma, nessun dramma anche perché, guardando al calendario del prossimo turno, con tanti scontri diretti in programma, l’ipotesi di un controsorpasso non sembra essere così remota. Prima però, c’è da preparare la gara in Sardegna contro il Cagliari.
All’Unipol Domus, la Roma domenica andrà a caccia della sesta vittoria esterna in questo campionato, tornando a giocare nell’isola 16 mesi e tre allenatori dopo. L’ultimo Cagliari-Roma, infatti, si è
giocato nella prima giornata della Serie A 2024/25, finendo senza reti e Dovbyk vicinissimo al gol all’esordio, ma fermato dalla traversa. C’era De Rossi in panchina, Dybala praticamente venduto in Arabia e Souloukou in tribuna. Non era stato ancora consumata la prematura cacciata di DDR, per passare poi attraverso i 53 giorni di Juric e l’arrivo di Ranieri a stravolgere tutto. A proposito, Sir Claudio prese la Roma proprio dopo 13 giornate, con 13 punti. Tanti sarebbero ri-
masti anche dopo 15 turni. Oggi la Roma ne ha già il doppio. Ranieri è diventato dirigente e come prime mosse da consigliere dei Friedkin ha portato Gasperini e Massara. Da Cagliari a Cagliari, il mondo romanista è stato stravolto.
A non cambiare mai sono i romanisti, che hanno polverizzato i 415 biglietti per il settore ospiti dell’Unipol Domus (il più piccolo d’Italia). Niente esodo stavolta, ma la Roma non viaggia mai da sola. Maciniamo chilometri. ■
FOCUS STATISTICO
Qui a fianco, dall’alto verso il basso: l’ultima e la prima vittoria in trasferta del 2025 romanista, quella contro la Cremonese del 23 novembre scorso, con Wesley e Pellegrini intenti a festeggiare il gol di Soulé; l’esultanza di Pellegrini dopo il suo gol a Udine, nel successo in Friuli del 26 gennaio. A sinistra, nella foto in grande, il settore ospiti dell’Unipol Domus in CagliariRoma, il 18 agosto 2024 MANCINI
Pisacane, Massa e il gol che scatenò Fonseca
Lorenzo Latini lorenzo.latini@ilromanista.eu
Se pensate che ci sia stato qualche problema di coordinamento tra l’arbitro Massa e la sala Var domenica scorsa in Roma-Napoli, allora non ricordate quanto accaduto in Roma-Cagliari del 6 ottobre 2019. E dato che proprio i sardi sono i nostri prossimi avversari - e in considerazione del fatto che il loro attuale tecnico, Fabio Pisacane, fu protagonista assoluto quel giorno - vale la pena ricordare quel precedente. Sembra passata una vita: la Roma è ancora di proprietà di James Pallotta, che ha affidato il ruolo di ds a Gianluca Petrachi. In panchina siede Paulo Fonseca, che quel giorno perde tutto il suo aplomb, tanto da spettinare anche il suo ciuffo, solitamente ineccepibile.
Pressione alta e avversari lontani da Svilar
L’area di rigore è il fortino di Gasperini
Davide Fidanza
davide.fidanza@ilromanista.eu
Sembra un paradosso, ma ad oggi la Roma di Gasperini si sta reggendo quasi interamente sulla solidità difensiva. Contro ogni pronostico estivo, quando si pensava alla squadra del tecnico di Grugliasco come ad una macchina da gol, i giallorossi in questo momento vantano la miglior difesa del campionato insieme al Como con appena 7 reti subite nelle prime 13 giornate di Serie A. Numero enorme, figlio non certamente di un atteggiamento difensivo ma anzi, di una squadra che comunque sta facendo della pressione e della riconquista alta del pallone un proprio marchio di fabbrica. La Roma ad oggi infatti è fra le migliori del nostro campionato sia per quanto riguarda i contrasti vinti in mezzo al campo sia per palloni riconquistati nella trequarti offensiva. Questo, unito comunque ad un atteggiamento in generale molto alto della squadra di Gasperini, inevitabilmente tiene lontani dalla
Gian Piero Gasperini,
ROMA E NAPOLI SONO LE DUE SQUADRE CHE CONCEDONO IN PERCENTUALE MENO TIRI DA
porta e dall’area di rigore gli avversari. E questo infatti viene confermato da un dato importante: la Roma ad oggi è, insieme al Napoli, la squadra che in percentuale concede meno tiri dall’interno della propria area di rigore. Circa il 45% dei tiri che subiscono i giallorossi arriva da fuori area, dato che unito alle poche reti subite, è sintomo di un meccanismo che funziona. Tuttavia, questo ti espone ad alcune ripartenze che possono essere sanguinose e che la Roma ha già pagato in questa stagione. La pressione alta in fase di non possesso oppure l’atteggiamento molto alto in fase di possesso espone inevitabilmente a ripartenze, contropiedi ed imbucate. Proprio da una situazione di ripartenza la Roma ha perso contro il Napoli nell’ultimo test, ma anche contro il Milan e contro il Torino. Contro l’Inter il gol non è arrivato in contropiede ma sempre con un’imbucata volta a sfruttare l’atteggiamento alto e aggressivo della linea difensiva giallorossa ■
Quel giorno all’Olimpico la Sud omaggia Esperia, la mamma di Antonio De Falchi, appena venuta a mancare, e Radja Nainggolan («Mai un avversario», recita lo striscione per il belga, tornato a Cagliari dopo la parentesi interista). I sardi passano in vantaggio con Joao Pedro, che trasforma un calcio di rigore concesso per un fallo di mano in area di Mancini: l’arbitro Massa non vede il tocco, ma viene richiamato da Nasca al Var e decreta la massima punizione. I giallorossi pareggiano subito grazie a un’autorete di Ceppitelli e nella ripresa cingono
d’assedio i sardi: l’ex Olsen (neanche a dirlo...) para di tutto, ma nel finale è costretto a capitolare quando su un cross dalla sinistra si scontra con Pisacane e lascia la porta spalancata per Kalinic, che insacca sotto la Sud. I rossoblù protestano, Massa scuote la testa come a dire «non c’è niente», ma Pisacane resta a terra: entrano i medici per soccorrerlo, la cosa va per le lunghe. Si attende che l’arbitro dia un cenno, o vada a rivedere l’episodio al Var, e invece no: si riprende con una punizione in favore del Cagliari, mentre Pisacane abbandona il campo in barella.
Finisce 1-1, al triplice fischio Fonseca chiede spiegazioni a Massa, che espelle lui e il suo assistente Nuno Romano. Petrachi in zona mista non usa mezzi termini: «Massa indisponente, siamo stati scippati della vittoria». Non ha tutti i torti: Kalinic tocca soltanto Pisacane, che poi si scontra con Olsen, suo compagno; il difensore finisce addirittura in ospedale, con tanto di collare ortopedico, ma gli esami fortunatamente escludono qualsiasi tipo di lesione. Tutto è bene quel che finisce bene. ■
L’ALLORA DIFENSORE ANDÒ GIÙ DOPO UNO SCONTRO CON IL SUO PORTIERE. L’ARBITRO CONVALIDÒ, POI ANNULLÒ SENZA RIVEDERE
Paulo Fonseca chiede spiegazioni a Massa al termine di Roma-Cagliari del 6 ottobre 2019 GETTY
VERSO CAGLIARI
EVAN E NEIL COL COMO
Dal campo Via libera dalla Fifa: Ndicka e El Aynaoui rimarranno a disposizione di Gasperini fino al 15
La
squadra
intanto è
Andrea Di Carlo andrea.dicarlo@ilromanista.eu
Quanto rimarranno lontano dalla Capitale non è dato sapere, ma la buona notizia è che la loro partenza è stata molto probabilmente posticipata. Stiamo parlando di Evan Ndicka e Neil El Ayanoui, entrambi convocati rispettivamente da Costa d’Avorio e Marocco per l’imminente Coppa d’Africa. Nella serata di lunedì la FIFA ha informato, con una nota ufficiale, tutti i club della possibilità di trattenere i giocatori selezionati per la competizione africana fino al 15 dicembre. Una splendida notizia per Gian Piero Gasperini che, salvo sorprese, potrà disporre dei due giallorossi nella difficile sfida casalinga contro il Como. La Roma, infatti, ha già avviato i contatti con le due federazioni per avere il via libera definitivo e programmare la loro partenza dall’Italia nella mattinata del 16 dicembre.
Un colpo di scena che ha preso in contropiede le nazionali africane, che avevano organizzato alcune amichevoli basandosi sul regolamento che recita: “I giocatori convocati devono mettersi a disposizione delle rispettive nazionali non più tardi del lunedì mattina della settimana precedente a quella dell’inizio del torneo”.
Tradotto: l’8 dicembre. La FIFA ha rinviato tutto di una settimana. Calendario alla mano, però, le tempistiche sono più che accettabili per Ndicka, visto che la Costa d’Avorio esordirà contro il Mozambico il 24 dicembre a Marrakech; qualche giorno in meno a disposizione per El Aynaoui, visto che il Marocco, paese ospitante, inaugurerà la competizione contro le Comore il 21 dicembre a Rabat, con soli cinque giorni pieni per preparare al meglio il tanto atteso debutto.
In chiave Roma si traduce nell’averli in campo sia a Glasgow, contro il Celtic in Europa League, che all’Olimpico contro il Como di Fabregas. Sarà la loro ultima sfida del 2025, in attesa del ritorno a Trigoria. La finale della competizione africana è in programma il 18 gen-
tornata al lavoro a Trigoria: febbre per Dybala, Dovbyk personalizzato in campo
Danilo Per la Roma
Fate mente locale: da inizio settimana quante volte avete letto o sentito dire che la partita di Cagliari rappresenterà per la Roma una vera e propria prova del nove? Ci sta eh: perdendo contro il Napoli la squadra dovrà dimostrare di saper reagire e riprendere immediatamente la marcia. Nessuno è qui a dire che fermarsi anche al Sant’Elia non sarebbe un problema: anzi. Semplicemente, casomai, il problema per chi ascolta o legge è continuare a ingoiare senza masticare frasi fatte come fossero, invece, postille partorite attraverso chissà quale
IL MAROCCO APRIRÀ LA COPPA
D’AFRICA IL 21 SERA; TRE GIORNI DOPO LA COSTA D’AVORIO
ragionamento complicato. E mi basterebbe sottolineare come lo stesso identico luogo comune sarebbe stato utilizzato anche – forse soprattutto – se contro i partenopei, anziché perdere, avessimo vinto perché «Adesso che li hai battuti, Cagliari diventa la prova del nove per vedere se riusciamo a confermarci».
La prova del nove Insomma... ma siamo sicuri che, per ripartire o per ribadire, la partita in Sardegna non sarebbe stata importante in tutti i casi?
Ma non sarà, per fare un altro esempio, che dopo i tre punti in Scozia contro i Rangers la prova
del nove veniva considerata Roma-Udinese? E dopo i friulani Cremona per mantenere il passo e dopo Cremona la partita di coppa contro il Midtjylland per risalire nel girone d’Europa League?
Ma se ogni volta in cui si vince questo benedetto banco di prova viene sempre spostato in avanti non si corre il rischio che a darci il risultato, fatalità, non sarà sempre una sconfitta?!?
Sempre sotto esame
La realtà è che ogni partita è importante ma nessuna – almeno in questo momento della stagione – decisiva. La realtà è che dopo ogni vittoria si vorrebbe
naio: se uno dei due o entrambi dovessero arrivare in fondo alla Coppa, rischierebbero di saltare ben 7 partite, rientrando giusto in tempo per partecipare alla penultima gara della fase campionato dell’Europa League con lo Stoccarda il 22.
Ripresa a Trigoria
La Roma si è ritrovata ieri pomeriggio al Fulvio Bernardini, dopo il giorno di riposo concesso da Gasperini a seguito del ko contro il Napoli. Assente Dybala (febbre) mentre Dovbyk ha iniziato a correre sul campo: l’ucraino punta a tornare per la trasferta di Torino, in programma il 20 sera all’Allianz Stadium.
Verso Cagliari, col settore ospiti giallorosso esaurito (415 posti), Gasperini non appare intenzionato a cambiare molto di quanto visto domenica all’Olimpico. Sia Dybala che El Aynaoui cercano spazio da titolari. ■
continuare a vincere e dopo una sconfitta quale altro risultato potremmo augurarci?!? La realtà è che, ormai, in questo sport tutti sono perennemente messi sotto esame e in troppi, soprattutto, salgono e scendono così rapidamente dal carro che prima o poi, sopra, ci rimarranno solamente quelli che vorranno scattarsi un selfie per dire «Io c’ero». I Romanisti, o almeno quelli di buona volontà, piuttosto che dentro quelle fotografie per acchiappare qualche like, avranno scelto intanto, come sempre, di rimanere nell’unico posto al mondo dove ha un significato stare: accanto alla Roma! ■
Qui accanto, Neil El Aynaoui in campo a Cremona; sopra, Evan Ndicka in azione contro il Napoli all’Olimpico GETTY IMAGES
Un bandierone romanista all’Olimpico MANCINI
DI BELLO: «ERA FALLO»
Confusi e felici Rocchi in tv approva l’operato del pool di arbitri dell’Olimpico in Roma-Napoli
L’Avar “tarpato” dal Var Aureliano: «Prende la palla». Tutto in balìa di un’opinabile discrezionalità
«Èfallo questo». «Palla». Sta tutto qui. Fallo, dice l’avar Di Bello appena rivede l’intervento di Rrahmani su Koné che precede il gol di Neres in Roma-Napoli. Palla, dice invece il Var Aureliano. Già a Lissone non erano d’accordo, figuriamoci in tutta Italia. Quella che si spacca e che vota da che parte stare in base al colore della maglietta, talvolta anche senza dichiararsi dell’una o dell’altra sponda. Noi siamo dichiarati, almeno. Ma, come dicono a Napoli, ’ccà nisciun è fess. «Ero a due metri», dice Massa, che però dimentica di essere di spalle ai protagonisti del tackle al limite dell’area napolatana. «Non era fallo, ma lo faccio controllare», assicura presumibilmente a Cristante che nelle vicinanze l’aveva inseguito per protestare. «Nessuno ha protestato», si dice. E smontiamo il primo luogo comune dei divanetti delle tv e dei social. Che poi, viene spontaneo un bel: ma che vuol dire? Ma torniamo a Lissone: Di Bello ammutolisce, vige la maggioranza e se Massa in campo, anche se di spalle, e Aureliano al suo fianco, davanti al monitor, vedono che non è fallo forse meglio farsi i fatti propri. Anche perché bisogna decidere in fretta, perché bisogna riporre la palla nella sacca degli sponsor.
una in meno». Ma in Roma-Napoli non c’è bisogno di revisione, il Var, l’esperto Aureliano, si fa subito un’idea (sembra di rivivere Monza-Roma con Baldanzi e Kyriakopoulos), è proprio sicuro che non sia fallo, ma palla. Controlla l’APP (l’appippì, cioè la Attacking Possession Phase), poi gli scappa l’APP. Decide in pochi secondi al netto dei dubbi dell’Avar e comunica la decisione a Massa in campo. Ora, passi che al bar - o per alcuni commentatori tv anche se strapagati o ex calciatori figli di altre epoche - si pensi che prendere il pallone sia «un salvacondotto» (smontiamo il secondo falso mito). Ma al Var no. Al Var è andato tutto bene secondo Rocchi, che definisce gli incaricati «bravi e privi di emotività» (già, ma perché mai dovrebbero averla?). Non c’è imprudenza, perché in fondo se Rrahmani prende bene Koné e gli spacca una caviglia si può parlare di sfortuna o di intervento in ritardo. Ma non vedono neanche la malizia della gamba alzata del kosovaro, di cui subito si accorge Gasperini in diretta tv con(tro) Marelli, il match analyst di Dazn ancora una volta un po’ ondivago nelle sue valutazioni. Anche a distanza di pochi minuti.
Si accontentano tutti del fatto che Manu sia una roccia e voglia subito rialzarsi per giocare il pallone (che dimenticano resti nella disponibilità del francese e che proprio per la gamba alzata di Rrahmani non può proseguire...). Amen. Vale tutto. Si è capito da quando è stato introdotto il Var: la differenza con dieci anni fa è che oggi tutti possono vedere che se la suonano e se la cantano. Intendiamoci, nell’arbitraggio è sacro il principio della discrezionalità, che serve proprio a cambiare il corso. E grazie a questo non avremo mai uniformità di giudizio. Tanto poi arriva Rocchi che dice che gli è piaciuto Massa (e dimentica, tra gli altri, i cartellini mancati a Lang e Di Lorenzo su Svilar e Mancini). Rocchi che pure, non solo Di Bello, aveva «grandi dubbi» e che stabilisce - con discrezionalità - se questo è un errore o se quella è una decisione giusta. E il dibattito, specie per episodi al limite come quello di Koné e Rrahmani, resta aperto “solo” per i tifosi, per i cassieri dei club che vedono sfuggire per un punto un trofeo o una qualificazione e per i vari ex arbitri che sfornano tante di quelle opinioni, che a volte (com’è capitato anche al buon Calvarese in questa circostanza) non sono d’accordo nemmeno con loro stessi. Ringraziando Dazn per l’ottimo lavoro svolto in “Open Var”, che ci permette di veder più chiaro sugli strani percorsi che portano alle decisioni arbitrali, la chiudiamo qui, per citare il grande Gino Paoli, come quattro amici al bar. Anzi al Var ■ GF ERAVAMO 4 AMICI ALL’OPEN VAR
E chi se ne frega se Rocchi esattamente una settimana fa predicava responsabilità ai suoi ragazzi per garantire giustizia a un campionato equilibratissimo e bellissimo e diceva: «Meglio una revisione in più che
Daniele Lo Monaco daniele.lomonaco@ilromanista.eu
Mentre nel pomeriggio di ieri ci gustavamo l’imperdibile spettacolo di Open Var (e se l’avete perso leggetevi il nostro fedele resoconto qui sopra) un ascoltatore della radio ci ha spinto a una riflessione: «Ma al di là dell’episodio di Koné, a voi sembra normale che il quarto uomo, Pairetto, abbia assistito a tutto il secondo tempo tra Roma e Napoli rimanendo sempre dalla parte dell’area tecnica di Conte? Se ci fosse stato Gasperini sarebbe successo?». Spinti dalla curiosità siamo andati a verificare l’informazione. Sarà pure una questione secondaria, ma effettivamente non sono pochi i tecnici che ritengono che con il loro comportamento in panchina possano anche determinare qualcosa nel risultato. Mourinho è stato sicuramente tra questi. Ma non è certo l’unico. Due gli episodi più recenti: la lite tra Conte e Lautaro Martinez nel momento più concitato del tentativo di rimonta dell’Inter a Napoli (e dopo quella teatrale discussione, casualmente, l’Inter non ha più impensierito gli avversari), e la plateale protesta di Allegri al momento della conces-
RESTA APERTO IL DIBATTITO SUL TACKLE DI RRAHMANI SU KONÉ. EX CALCIATORI ED EX ARBITRI DIVISI. CON LA TV VALE TUTTO ANCORA DI PIÙ
QUEI 47 MINUTI SU 50
E Pairetto finì tra le braccia di Conte
Nelle foto, Pairetto tutto orientato verso la
sione del rigore alla Lazio sabato scorso (e, casualmente, poi il rigore è stato tolto: anche qui Open Var è stato illuminante). C’è chi insomma è convinto che l’influenza che si può determinare da una panchina a volte possa incidere direttamente nell’economia della partita. Così abbiamo controllato, e il risultato è stato semplicemente sconcertante: 47 a 3. Certo, si potrebbe dire che chi è causa del suo mal pianga se stesso. In fondo se in panchina per la Roma c’era Gritti, e non Gasperini, si deve solo all’esagerata protesta di Cremona che ha esposto il tecnico ad un provvedimento che avrebbe dovuto evitare.
Così la partita è rimasta orfana di un sicuro protagonista, confinato in uno sky box lontanissimo dal campo. Immaginiamo già di sentire le perplessità dei capi degli arbitri e persino di qualche tifoso. Vabbé, ma che significa che Pairetto è rimasto più tempo dalla parte di Conte? Anzi, in fondo se il quarto uomo sta più da quella parte esercita più controllo diretto e quindi di fatto “impedisce” all’allenatore vicino di protestare troppo, ad esempio. Sì, è una teoria. Ma se fosse così nessun allenatore ci terrebbe a stare vicino al campo. In realtà loro sanno che da lì possono in qualche modo avere un’influenza su quello che acca-
de in campo, anche su chi sta lì in teoria per controllarli, ma poi in pratica ne può subire anche la personalità.
Ovviamente non sosteniamo che questo sia accaduto, ma resta un dato davvero curioso da capire. E riguarda il tempo trascorso da Pairetto dalla parte di Conte nel secondo tempo: per l’esattezza 47 minuti e 14 secondi contro 3 minuti e 7 secondi (quelli passati dalla parte di Gritti). Come possiamo essere così precisi? Siamo entrati in possesso, a loro insaputa, di un video di quelli utilizzati dagli analisti tattici, con la visione intera del campo dall’alto. Come tutti quelli che frequentano lo stadio sanno, e come può verificare chiunque osservando la foto pubblicate a corredo di questo articolo, il quarto uomo allo stadio Olimpico deve pascolare in quello spazio tra le due aree tecniche dove c’è anche la postazione della telecamera. Certo, per non impallare le riprese sarebbe opportuno che il quarto uomo si mettesse dietro la camera, dividendosi poi tra una zona e l’altra per verificare il comportamento delle panchine e le situazioni di gioco più vicine a lui. Pairetto si è sistemato invece quasi sempre davanti alla telecamera, a portata di inquadratura (il montenegrino Bošković, quarto uomo di Roma-Midtjylland, è rima-
sto per esempio sempre dietro la telecamera) e dovendo scegliere tra la zona di sinistra e quella di destra non ha avuto dubbi: per 47 minuti su 50 è rimasto vicino a Conte, fino ad un vero e proprio abbraccio finale tra i due, immortalato dalle telecamere tattiche. Curioso, no? Volete sapere se poi Pairetto ha abbracciato anche Gritti? No, la risposta è no. Non è riuscito neanche a salutarlo. Per la cronaca, ricordiamo esattamente i compiti del quarto uomo, secondo il regolamento del gioco del calcio: “Il quarto uomo nel calcio è un ufficiale di gara che assiste l’arbitro e gli assistenti, svolgendo principalmente funzioni amministrative, come gestire le sostituzioni e controllare le attrezzature dei giocatori. Ha anche il compito di segnalare i minuti di recupero con un tabellone luminoso e di avvisare l’arbitro di comportamenti scorretti nell’area tecnica. Se l’arbitro non fosse più in grado di continuare la partita, il quarto uomo può sostituirli”. Quanto alla posizione “il quarto ufficiale si posiziona a bordo campo tra le due panchine e ha libertà di movimento. Come gli altri ufficiali di gara sul terreno, opera sotto la direzione dell’arbitro con il quale collabora per le infrazioni quando ha una visuale migliore rispetto a quella dell’arbitro stesso”. ■
I frame ripresi da Dazn dei dialoghi tra sala Var e arbitro di campo in Roma-Napoli
panchina di Conte e, a destra, l’abbraccio finale tra i due
Mercoledì 3
18/05/1929-2/12/2025
UNA VITA DA ROMANISTA
Addio ad Arcadio Venturi Se n’è andato ieri un pezzo di storia della Roma. Dall’arrivo nel 1948 al suo inserimento nella Hall of Fame, fino alla lettera a Pellegrini: «Se vinci tu, vinciamo tutti»
Vittorio Cupi
«Itifosi non mi dimenticheranno, io non li dimenticherò». Aveva ragione, perché poi i tifosi, 59 anni dopo, lo avrebbero eletto nella Hall of Fame della Roma. Con quella frase Arcadio Venturi chiuse nel 1957 la lettera di saluto alla fine della sua esperienza alla Roma, che era iniziata nel 1948. Non si affidò a un social media manager o all’intelligenza artificiale, non fece una cosa normale, perché se oggi chiunque fa lunghi post di saluto quando lascia un club nel quale magari è stato pochissimo, all’epoca non lo faceva nessuno. Lui prese carta e penna, andò di persona nella redazione del Corriere dello Sport, perché pubblicasse i suoi pensieri di affetto rivolti ai romanisti. Che continueranno a non dimenticarlo, anche dopo il ricordo che spunterà fuori in questi giorni, dato che purtroppo lo storico capitano della Roma se n’è andato ieri, a 96 anni.
La Roma lo prese a 18 anni, dalla Vignolese, dopo un provino a Montecatini. E si ritrovò, lui che era di Vignola, a vivere in Via del Vignola. Arriva da mezzala poi, dopo la prima stagione in cui si fa apprezzare subito dal tecnico Luigi Brunella, Fulvio Bernardini lo trasforma in mediano. È la svolta della sua carriera e si impone subito all’attenzione
generale, anche se la sua prima Roma è in grande difficoltà e finisce col retrocedere nel 1951.
Lo cerca l’Inter, lui non ne vuole sapere e trova subito un nuovo accordo con la Roma. Mentre
Renato Rascel conia l’immortale “non si discute, si ama”, lui sta già pensando a come riportare in Serie A la squadra che è già en-
trata nel suo cuore. «Sono stati gli anni più belli della mia vita», ha detto in più di una occasione. Pur giocando in B, esordisce in Nazionale, ma soprattutto trascina la Roma al ritorno in Serie A. Fa parte della Nazionale olimpica che va a Helsinki 1952 ed è in campo nell’inaugurazione dello Stadio Olimpico, nel 1953, con-
tro l’Ungheria. A bordo campo, a far da raccattapalle, c’è un futuro capitano della Roma, Egidio Guarnacci, che lo ammira come avrebbe fatto poco tempo dopo Giacomo Losi. Con l’esempio, con la serietà, con l’abnegazione, Arcadio Venturi è una colonna della trasmissione di romanismo che c’è sempre stata da capitano a
capitano, fin dal 1927. Lui era del 1929 ed era orgoglioso di essere quasi coetaneo della Roma. Con altrettanto orgoglio segnò su rigore, a Trieste, il primo gol della Roma tornata in Serie A, per poi divenire il capitano di una squadra che tornava subito grande con l’arrivo di grandi giocatori. Su tutti, Alcides Ghiggia. Il fuoriclasse uruguayano non aveva i documenti a posto e così fu proprio Venturi a fargli da garante. In suo onore, Ghiggia chiamò il figlio Arcadio. «È stato il mio compagno di sempre», ha detto una volta l’uomo del Maracanazo riferendosi al suo capitano. Centrocampista completo, pericoloso quando avanzava, preciso quando smistava il gioco, solido quando c’era da difendere. Fiato, fisico e tecnica. Dopo 290 partite e 18 gol andò all’Inter, dove poi ha lavorato a lungo nel settore giovanile. Tra i giocatori che ha cresciuto c’è anche Marco Delvecchio, e quindi un pezzettino del terzo scudetto è anche suo. Ne ha gioito, perché è stato un tifoso della Roma fino all’ultimo. Toccante la lettera che scrisse a Lorenzo Pellegrini poco tempo fa, da capitano a capitano, facilmente rintracciabile su asroma. com. «Se vinci tu, vince la Roma. Se vince la Roma, vinciamo tutti noi che la amiamo. Perché chi gioca per la Roma, poi non può che diventare romanista a vita». La vita di Arcadio Venturi è stata quella di un grande sportivo e di un grande romanista. ■
Qui sopra. Venturi stringe la mano a Puskas prima della gara contro l’Honved del 1956; sotto, lo stacco del capitano in una sfida vinta 2-0 contro il Como AS ROMA ARCHIVIO STORICO
«SERVE FARE DI PIÙ, DIPENDE DA NOI»
Pisacane «Vogliamo la vittoria». C’è il Napoli in Coppa Italia
Eva Tambara eva.tambara@ilromanista.eu
Mentre la Roma è tornata in campo ieri a Trigoria per preparare la sfida di domenica, la prossima avversaria dei giallorossi - il Cagliari - deve prima concentrarsi sull’impegno infrasettimanale in Coppa Italia. Oggi pomeriggio alle 18,00 i rossoblù saranno ospiti del Napoli al Maradona per gli ottavi di finale in gara secca della competizione italiana, soltanto poi arriverà il match di Serie A contro la Roma, in programma domenica alle ore 15,00 all’Unipol Domus.
In vista della gara odierna, Fabio Pisacane ha presentato la sfida in conferenza stampa: «Servirà una grandissima partita da parte di tutti e quella compattezza che non abbiamo visto contro
con Kenan Yildiz, il quale poco prima dell’intervallo ha firmato il definitivo 2-1 per i bianconeri. Due dei titolari nel match contro la squadra di Spalletti, non ci saranno però nella partita di oggi: «Folorunsho e Palestra rimarranno qua perché hanno dei piccoli acciacchi e non vogliamo rischiarli», ha affermato l’allenatore, che ha poi fatto un punto sull’infermeria: «Oltre a loro ci sono Mina, Zé Pedro, Mazzitelli. Ritorna Rog che aveva fatto lavoro personalizzato». Contro il Napoli quindi, spazio a chi nelle ultime settimane ha giocato di meno: «Domani sia Kilicsoy che Rodriguez potrebbero partire dal primo minuto». Ma Pisacane non sembra pensare a un turnover eccessivo: «In porta sicuramente ci sarà Caprile perché al netto di tutto, sappiamo il valore della gara. Ci teniamo a fare bella figura e a passare il turno» ■ LÌ CAGLIARI
FEMMINILE
la Juventus. Serve qualcosa che ci permetta di tornare a fare risultato, è un’opportunità per ritornare alla vittoria. Vogliamo tornare ad assaporare quel gusto». I tre punti infatti mancano dal 23 settembre nei sedicesimi di Coppa Italia contro il Frosinone, e in campionato addirittura dal 19 dello stesso mese contro il Lecce. «Una squadra come la nostra che non vince da due mesi deve fare qualcosa in più - ha continuato il tecnico del Cagliari - ci sono stati momenti della gara a Torino dove abbiamo difeso bene e ce ne sono altri in cui abbiamo fatto meno bene, ed è un peccato perché contro queste compagini non puoi sbagliare nulla». All’Allianz Stadium infatti, i sardi avevano anche trovato il gol del vantaggio al 26’ del primo tempo grazie alla rete di Sebastiano Esposito, salvo poi prendere gol dalla Juventus un minuto dopo
Verso la Juve, le “nazionali” tornano a Roma
Pietro Laporta pietro.laporta@ilromanista.eu
Siamo (quasi) pronti a ricominciare. Per una Roma che per il momento ha perso la vetta del campionato, ce n’è una che quella vetta cercherà in ogni modo di difenderla fra tre giorni. Sabato alle 14.30 la Roma Femminile farà il proprio ritorno in campo dopo la sosta per le nazionali: una vittoria aumenterebbe a 8 punti il distacco tra le due formazioni, dando luogo probabilmente a una prima fuga nel campionato (al netto del risultato del Napoli, attualmente a pari punti con la Juventus, che sabato af-
fronterà il Milan). Verso la partita del Tre Fontane, Rossettini potrà disporre nuovamente delle tante giallorosse impegnate con le rispettive nazionali. Riecco il blocco italia-
no: 116’ in Nazionale per Giada Greggi, la più impiegata delle romaniste; tornano con 90’ disputati invece Dragoni, Bergamaschi e Di Guglielmo; 72’ in campo per Giugliano e 63’ per Corelli. Thogersen e Kuhl in campo per 90’ in Norvegia-Danimarca, con quest’ultima premiata come MVP della partita. Migliore in campo anche Lukasova, impiegata in tutto il match tra Repubblica Ceca-Serbia; 96’ infine per Viens nelle due gare contro il Giappone. Le calciatrici faranno ritorno oggi nella Capitale, mentre domani con ogni probabilità torneranno al Giulio Onesti, con la sfida alla Juventus nel mirino. ■
Fabio Pisacane, allenatore del Cagliari, in conferenza stampa GETTY IMAGES
Giada Greggi in Nazionale GETTY IMAGES
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