Francesco Rella, Voglie mancine, Il Raggio Verde edizioni 2016

CoNTeSTI DIVeRSI Collana diretta da Antonietta Fulvio progetto grafico: A.F.

VogLIe MANCINe di Francesco Rella Testo depositato presso la Siae n. 2015000904 del 03.04.2015 ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale. Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta e/o memorizzata, in tutto o in parte, in qualunque modo o forma con qualsiasi mezzo, sia esso elettronico o meccanico o di altro tipo senza l’autorizzazione scritta dell’Autore. Nessuna parte di questo libro può essere tradotta o trasformata in altra forma letteraria e/o artistica senza l’autorizzazione scritta dell’Autore.

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Il Raggio Verde edizioni 2016 © Lecce via del Luppolo, 6 ilraggioverdesrl.it ISBN 978-88-99679-03-3 In copertina e all’interno: Roberto Russo, La spiaggia delle angurie, tempere, 1998, 80x65cm©

Francesco rella

VoGlIe MancIne

Il raGGIo Verde

A chi mi ha dato il suo tempo, a chi me ne ha concesso tanto, a chi ne ha avuto troppo poco.

Francesco Rella

alessIo

e

ValerIa

I

l passante lungolinea di dritto si spense proprio all’incrocio delle righe. Quella palla per Alessio voleva dire match. Niente più che una sfida fra amici, ma pur sempre di match si trattava. «Complimenti Alessio» disse Michele, guadagnando la rete per la stretta di mano finale.

«Niente da fare, i mancini mi creano un mare di problemi.»

«Ma va là…» rispose Alessio, raggiante per il colpo conclusivo. «È stata la tirata partita di sempre, avvincente ed equilibrata.»

Il tennis piaceva molto ad Alessio, ventitreenne rampollo di famiglia della Roma bene, studente universitario di “Scienze della comunicazione” che viveva con mamma Irene in uno splendido attico, con vista panoramica, in centro. Il denaro, difficilmente, è un problema quando papà fa il dentista e mamma è una ginecologa affermata. Frequentare un esclusivo circolo tennis non rappresentava per lui, dunque, alcunché di particolare. Al contrario, era un po’ infastidito dalla tipologia di persone che lo popolavano. gente con la puzza sotto il naso, con facoltà di trascorrere la giornata roteando i pollici delle mani, signore di mezza età che vi piombavano con il pretesto della lezione, ma in realtà per mostrarsi con il cagnolino elegantemente agghindato al guinzaglio, la borsa cool o l’accessorio trendy del momento. Per non parlare dei “figli di papà”, pronti a sfoderare ad ogni pie’ sospinto l’iPhone fresco di coda agli Apple Store ed a dire la propria, con aria di sufficienza, sugli argomenti più disparati o sulle tematiche socio economiche che, mai e poi mai, li avrebbero attanagliati in questa vita. Aria fritta!

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«grande Alessio, l’hai steso con quel colpo finale!» disse entusiasta la biondina tutto pepe, abbigliata in modo appariscente da sembrar più una tennista che la semplice spettatrice qual era nella circostanza, in compagnia della quale Alessio stava raggiungendo l’uscita del circolo.

«Bel dritto eh… vero Vale?» rispose, porgendole il cinque con la sinistra, nel mentre si accomodava sul sedile passeggero della sua Smart color canarino che faceva condurre spesso alla bella coetanea. «eccezionale! Michele starà rosicando… eccome starà rosicando» esclamò Valeria, partendo di scatto con la biposto da città di Alessio.

“Miles de lunas pasaron y siempre ella estaba en muelle esperando...”, le tristi e sdilinquite note uscivano, intanto, dal lettore cd della Smart ed, in un certo senso, lo irritavano.

«Ma che cazzo di musica è questa?» proruppe Alessio.

«I Manà Ale, sono i Manà. Famoso gruppo rock messicano di fine anni '80. e questa canzone, del 1997, si chiama En el muelle de San Blas. Racconta la storia di un amore triste: lui parte in barca dal molo di San Blas, giurando sul suo ritorno. Lì saluta la sua amata e lì lei lo aspetterà senza sosta per giorni e giorni, sempre vestita allo stesso modo per timore che lui avrebbe potuto non riconoscerla al rientro. Ma lui non tornerà più e lei, pazza, rimarrà avvinghiata a quel molo e, metaforicamente, al mare.» «ok Vale. Ma nel ’97 eravamo, sì e no, dei bambini. e poi non mi piace che nella mia auto si ascoltino i tuoi cd. e che canzoni poi? Musica da matusa! Cioè, voglio dire: se per il tuo uomo James Blunt fosse troppo moderno, almeno potreste trovare un punto d’incontro nei Take That!» rispose Alessio fra l’infastidito e lo scherzoso.

«Si dà il caso che la musica che piace al matusa, come dici tu, piace anche a me! e poi ti ho detto che anche se ha cinquant’anni, lui è il mio Pistacchietto!» la contrariata replica di Valeria.

«Pista che? Cinquant’anni? Questo non lo sapevo!» «e null’altro saprai, finché non sarà solo e unicamente mio!»

«Come vuoi. Ci vediamo stasera, c’è la festa di Lory. Finalmente conoscerai mon amour. à tout à l'heure, Crostatina!» la canzonò Alessio.

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Voglie Mancine

«Fanculo Ale!» esclamò Valeria, sbattendo lo sportello dell’auto che aveva parcheggiato nei pressi della sua abitazione.

Valeria, alias Crostatina, ovvero 165 centimetri di sprint e determinazione.

Frenesia di avventura ed Ulisse mancato, ma con le forme giuste e due occhi nocciola, tonalità fuoco, a generare ammaliante contrasto con i lunghi capelli castano chiaro. giunta a Roma dal Salento per intraprendere la carriera universitaria, di primo acchito si era invaghita della città eterna. Amica fidata e compagna di studi di Alessio, dava una mano ai suoi nel mantenersi a Roma lavorando ad ore al front office di un’agenzia di scommesse sportive. Lì, un anno prima, aveva conosciuto Maurizio, azzimato ed affascinante cinquantenne facoltoso che, a sua volta, aveva preso la sbandata per la sbarazzina e travolgente fanciulla.

Maurizio aveva, tuttavia, un difetto tanto comune quanto increscioso per un uomo della sua età: era sposato e, pur dimostrando passione viscerale per Valeria, non appariva propenso a scalfire il baluardo del vincolo matrimoniale. Se non a parole. Rospo che “Crostatina”, come “Pistacchietto” la vezzeggiava, non si rassegnava a mandar giù e che, anzi, voleva a tutti i costi esorcizzare fino a spingere il compagno a levare bandiera bianca ed ad andare a vivere con lei.

Valeria divorò le due rampe di scale che la separavano dal bilocale in cui viveva, posto al primo piano di una piccola palazzina, ed estrasse il cellulare dalla borsa. Voleva parlare sicura che nessuno potesse ascoltarla.

«Ciao Maurizio, allora domani partiamo?» esordì secca in apertura di conversazione.

«Mah... dobbiamo andarci per forza? Non è che abbia tutta ‘sta voglia» rintuzzò l’uomo.

«Ma come!? Me l’hai promesso, a casa ci stanno aspettando, la mamma ha addirittura preparato una stanza tutta per noi! e tu sai, con la loro mentalità, quanto voglia dire questo!» rispose veemente Valeria.

«Crostatina, in studio ho un sacco di appuntamenti» provò ad opporre una scusa plausibile Maurizio.

«Li disdici, chiaro!? Conosci tutto del Machu Picchu; sai dire con pre11

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cisione di quanti metri avanza ogni anno il Perito Moreno e la quantità di ghiaccio che si scioglie; ricordi su quale delle scalinate del Castillo di Chichén Itzá si forma l’ombra del serpente piumato nei giorni di equinozio. Ma non sai cosa sia il barocco leccese, ignori che il lembo di terra più ad est dell’Italia, dal quale spunta per primo ogni giorno il sole, si trova ad otranto e non hai mai assaggiato il vero pasticciotto salentino! e i Negramaro eh…? Chi sono i Negramaro? Vai a farti fottere te e i Manà! e non mi chiamare Crostatina!!!»

«Hai ragione tesoro, scusa» aggiustò il tiro Maurizio. «Facciamo come ti avevo promesso. Domani partiamo.»

Tutt’altro carattere Alessio, che viveva, mite ed introverso, in un mondo tutto suo, seppure al contempo disincantato. Scuro di occhi e di carnagione chiara, magro, lineamenti dolci, alto appena più di un metro e settanta. Sensibile e metodico, aveva trovato in Valeria, che conosceva da quattro mesi, il suo alter ego per eccellenza: compagna trascinatrice nello studio e negli appuntamenti mondani da un lato, scrigno segreto delle sue confessioni e foriera di consigli dall’altro.

Quanto allo studio, la coppia risultava parecchio affiatata. Due esami preparati insieme e superati ottimamente, nel pur breve lasso di tempo intercorso dallo scoccare della loro amicizia. “Statistica” l’ultima fatica coronata da successo, appena tre giorni prima. La sera precedente l’appello i due avevano posto l’attenzione, fra gli altri argomenti, a quello inerente gli indici di posizione di un’indagine statistica. Dunque ai concetti di media, mediana e moda.

«Allora, Ale» disse Valeria, iniziando a sera inoltrata a ripetere la teoria per l’ennesima volta. «La media è un singolo valore numerico che descrive sinteticamente un insieme di dati al fine di rappresentare un fenomeno.

Laddove non altrimenti specificato, la media s’intende aritmetica.»

«Per favore Vale, questa è facilissima!» sbuffò Alessio che non ne poteva ulteriormente. «Magari aiutami a focalizzare mediana e moda. e comunque spalanchiamo la finestra che fa un caldo boia. esagerato per la prima settimana di giugno. Non riesco a sopportarlo!»

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«ok. La prossima volta che prepareremo una sessione estiva, andremo a casa di mammina tua, così ci vizieremo a furia di folate d’aria condizionata» lo canzonò l’amica, esaudendo tuttavia la sua richiesta. «In statistica descrittiva si definisce mediana» riprese a sparare a raffica Valeria, «il valore, o l’insieme di valori, assunto dalle unità statistiche che si trovano nel mezzo della distribuzione. Dicesi moda o norma della distribuzione, invece, la modalità caratterizzata dalla massima frequenza.

Vale a dire il valore che compare più frequentemente. Ci sei Alessio?»

«Non proprio. Un esempio, please.»

«Che so» meditò la ragazza. «Ah, ecco. Ad una festa di Capodanno ci sono 57 uomini: 19 indossano un papillon nero, 18 la cravatta tradizionale, 10 un papillon rosso, 7 la camicia aperta e 3 un maglioncino. La mediana è 10, data da chi porta il papillon rosso, perché tra i cinque è il valore centrale della distribuzione, a prescindere dal valore numerico assoluto. La massima frequenza corrisponde, differentemente, a 19. Ragion per cui la moda è uguale al numero di coloro che hanno scelto il papillon nero. Chiaro adesso?»

«Perfetto. Spiegazione inappuntabile, come sempre» ammise Alessio aggiungendo «ma ora andiamo a dormire che domani c’è la prova.»

Prova brillantemente superata da entrambi.

«Hai visto che il ripasso finale è stato determinante?» osservò Valeria davanti ai quadri che attribuivano ai due studenti un voto elevato.

«Come hai risposto al quesito aperto, quello a trabocchetto, che ricordava come nella vita quotidiana ciò cha va di moda raramente corrisponde alla moda statistica e che chiedeva di procedere ad un esempio in merito?»

«Ho detto che l’iPhone va di moda, dato che tanti lo comprano per apparire e lo reputano, in modo borioso, di un altro pianeta rispetto al resto degli smartphone. Quest’ultimi, aggiunti ai numerosi apparecchi di vecchia generazione in circolazione ed ai primi touch screen, fanno moda statistica. Insomma, tu che hai l’iPhone insegui la moda, io con il mio inseparabile Umts, la faccio» gongolò Alessio.

«Vero, bravo!» gioì Valeria.

«Tu cosa hai scritto?» fu il turno della domanda di Alessio.

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«Ho risposto che nel campione statistico femminile fra i 20 e i 50 anni, il perizoma è sempre un indumento ricercato e che va di moda. Ma poiché tantissime lo indossano solamente in rare occasioni, la moda statistica la fanno i più utilizzati e pratici mutandoni della nonna. Ahahah! Personalmente trovo che sia una moda ultra comoda.»

«Difficile credere che, sotto la minigonna che indossi oggi, tu abbia i mutandoni» sorrise Alessio.

«Ale, non me l’aspettavo da te questa osservazione. Che succede?» scosse la testa la ragazza.

«Dicevo per dire. Per quanto mi riguarda, mutandoni o nuda non cambierebbe nulla! Lo sai benissimo» chiosò Alessio, dando la stura ad una fragorosa risata che coinvolse l’amica.

Motrice nello studio, confidente di forte sostegno nella vita. Di tanto ne abbisognava Alessio, il cui essere omosessuale lo dilaniava interiormente.

Soprattutto perché l’inclinazione aveva portato ad erigere un muro fra lui ed il padre che non accettava un figlio che giudicava “diverso”. Dal giorno in cui Alessio aveva fatto outing, ed erano trascorsi circa tre anni, i loro rapporti si erano interrotti bruscamente. Ma i danni non cessavano qui: era come se si colpevolizzasse per la propensione affiorante, pur consapevole del fatto che si trattasse del suo naturale ed incontrovertibile orientamento sessuale, finendo per non accettare se stesso, per lo meno in pubblico.

Valeria gli ripeteva sempre: «Devi semplicemente superare questo complesso che ti trascini dietro», e per quanto riguardava il papà: «Si può giudicare tutto di una persona, tranne che i sentimenti. Se ne accorgerà. Presto farà retromarcia e verrà da te!»

Rientrato a casa, Alessio fece una doccia, mangiò velocemente la minestra che la mamma gli aveva serbato, una fugace controllatina a facebook e giù ad inforcare la sua bici rossa, modello olandese. Sobria pedalata per le vie pedonali del centro, caffè al solito lounge di Campo de' Fiori e scambio di ciarle con i rituali avventori dell’elegante esercizio. Routine da protocollo del dopo pranzo dei pomeriggi feriali di fine primavera.

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