114 - Non è un Paese per fossili

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NON È UN PAESE PER FOSSILI

n°centoquattordici

GREENPEACE NEWS - N.114 - III TRIMESTRE 2014 - ANNO XXVIII

Poste Italiane SpA. Spedizione in abbonamento postale D.L.353/03 (conv.in L.27/02/2004 n°46) art 1 comma 1 aut. DCB Roma


NEWS PERIODICO DI GREENPEACE ITALIA

SOMMARIO

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Non è un Paese per fossili

MARE

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Costa Concordia

AGRICOLTURA

Api, un alveare di iniziative

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Direttore editoriale/ Andrea Pinchera Direttore responsabile/ Fabrizio Carbone Redazione/ Laura Ciccardini, Luigi Lingelli, Cecilia Preite Martinez, Felice Moramarco, Gabriele Salari, Massimo Suraci Archivio foto/ Massimo Guidi Internet/ Alessio Nunzi Progetto grafico/ Saatchi&Saatchi Impaginazione/ Francesca Schiavoni, Paolo Costa Redazione e Amministrazione/ Greenpeace ONLUS Via della Cordonata, 7 00187 Roma email: info.it@greenpeace.org tel: 06.68136061 fax: 06.45439793 Ufficio abbonamenti/ Augusto Carta tel: 06.68136061(231) Sped. in abb. postale -Art.1, Comma 2 - Legge 46/2004 - DBC Roma

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Foto copertina/ © Greenpeace

DAL MONDO

CLICK & CO.

Questo periodico è stampato su carta amica delle foreste: carta riciclata contenente alte quantità di fibre post-consumo e sbiancata senza cloro.

EDITORIALE di GIUSEPPE ONUFRIO

IL CONTESTO POLITICO INTERNAZIONALE degli ultimi mesi è preoccupante. Dalla crisi ucraina alle tensioni nel medio oriente, aumenta il rischio di conflitti estesi e sanguinosi e coinvolge da vicino l’Europa. Una componente di queste tensioni è innegabilmente la questione energetica. Di fronte a queste emergenze i governi europei balbettano ancora sugli obiettivi energetici per il 2030: invece di puntare su efficienza energetica e rinnovabili, per ridurre, oltre alle emissioni di CO2, la dipendenza energetica, giocano al ribasso, spinti ancora una volta da interessi fossili che invece proprio sulla dipendenza energetica lucrano. Uscire dall’era fossile a partire dal carbone e investire nella rivoluzione energetica rinnovabile non è solo possibile, è anche urgente e necessario. Su questo tema si è svolto il tour della Rainbow Warrior III, la nuova nave di Greenpeace costruita con rigorosi criteri ambientali, che per la prima volta è arrivata nei porti italiani. Il tour estivo è stato accolto con grande entusiasmo da cittadini e comitati NO al carbone, ai quali abbiamo voluto portare anche fisicamente la nostra vicinanza. Intanto giunge l’ennesima buona notizia sulla crescita delle rinnovabili in Italia che, ad agosto, hanno coperto oltre il 45 per cento della domanda elettrica, mentre il governo Renzi continua a proporre un decreto “Sblocca Italia” per promuovere le trivellazioni petrolifere in ogni dove. Il governo persevera sulla linea della “Strategia Energetica Nazionale” (SEN), documento dal dubbio valore giuridico, approvato al termine del governo Monti, nel quale l’obiettivo dichiarato è quello di estrarre tutto il petrolio esistente nel sottosuolo italiano. Comprese le scarse risorse sotto ai nostri mari che, tutte insieme, coprirebbero solo due mesi dei nostri consumi. Altro paradosso: per le rinnovabili, la SEN dichiara un obiettivo del 35-38 per cento al 2020: obiettivo più alto del ridicolo 26 per cento del Piano proposto nel 2010 dal governo Berlusconi,

ma un sostanziale freno dato che, in media, nel 2014 le rinnovabili hanno coperto il 40 per cento. La battaglia continuerà nei prossimi mesi di presidenza italiana dell’Unione Europea Quanto ai cambiamenti climatici, se qualche notizia positiva arriva, siamo lontani da una vera svolta per difendere il clima globale. La campagna sull’Artico, che ha già mobilitato online oltre 5 milioni di persone, riprende questo autunno e farà da filo conduttore alle nostre attività. Le speranze sono nell’appuntamento della Conferenza delle parti della Convenzione sul Clima che si terrà a Parigi nel 2015, anche se il tempo a disposizione perché una svolta abbia effetto si sta esaurendo. Infine altre buone notizie, e speriamo definitive, dal fronte anti OGM. Dai convegni alle mobilitazioni, sono state molte le iniziative svolte per contrastare le coltivazioni illegali di OGM in Italia. La sentenza positiva del Tar del Lazio – nella quale anche Greenpeace era parte in causa – ha ribadito la legittimità del Decreto del luglio 2013 (che vieta la coltivazione di mais MON810 su tutto il territorio italiano) con particolare riferimento alla necessità di rispettare il principio di precauzione e le incertezze riguardo la sicurezza di questo mais. Poi, con il decreto “Campolibero”, convertito in legge ad agosto, sono state introdotte specifiche sanzioni pecuniarie per chi coltiva illegalmente questo OGM. Su questa base la Procura di Udine e quella di Pordenone hanno sequestrato prima e fatto decontaminare poi i campi di mais OGM illegalmente coltivati in Friuli, evitando così la dispersione di polline transgenico nella regione e la relativa contaminazione. Insomma l’Italia rimane “OGM-free” nonostante le forti pressioni che la lobby pro-OGM ha messo in campo in vista di Expo2015.


SPECIALE

NON È UN PAESE PER FOSSILI IL TOUR DELLA RAINBOW WARRIOR

CLIMA

© Francesco Alesi/Greenpeace

di ANDREA BORASCHI

JOSEF KOUDELKA, uno dei più ispirati fotografi contemporanei, disse una volta – spiegando la sua vocazione al nomadismo, la sua insofferenza a rimanere troppo a lungo in luogo – di essere costretto a viaggiare per non diventare cieco. Ecco: nella volontà di continuare a tenere gli occhi ben aperti, e per chiedere di aprirli a chi non vorrebbe vedere, sta certamente parte del senso e della motivazione di un lungo viaggio, quello della nave simbolo di Greenpeace, la nuova Rainbow Warrior, lungo le coste italiane. Partita il 24 giugno dai mari liguri e approdata a Brindisi, in Puglia, nei primi giorni di agosto, la nave ha solcato Tirreno e Adriatico per raccontare l’Italia “fossile”, quella dove il carbone e il petrolio la fanno ancora da padroni o proiettano la loro ombra su un futuro che vorremmo diverso. Un viaggio dunque, che è servito a testimoniare e sostenere l’impegno dei movimenti locali che si battono per cambiare il futuro energetico del loro territorio e del Paese. Abbiamo voluto così contrastare nuovi progetti e denunciare vecchie infrastrutture che prolungano l’era delle fonti fossili, proponendo al contempo una visione diversa dell’energia, capace di coniugare salvaguardia del clima e dell’ambiente con lavoro ed economia. Non a caso abbiamo chiamato il tour “Non è un Paese per fossili”.

AMBASCIATRICE PERFETTA La Rainbow Warrior, un’imbarcazione dai consumi energetici ridottissimi, ultra efficiente, capace di navigare per il 70 per cento delle sue rotte spinta solo dal vento (grazie a una velatura record di 1.280 metri quadri), è stata l’ambasciatrice perfetta per un viaggio come questo. Ha violato la zona d’interdizione delle piattaforme petrolifere a largo delle nostre coste adriatiche, è entrata in azione contro una delle più obsolete e inquinanti centrali a carbone italiane, quella di La Spezia.Poi ha fatto rotta sulla Sicilia dove Greenpeace ha simulato, sulla spiaggia di Mondello, uno sversamento di petrolio per far vedere e far capire cosa vorrebbe dire un disastro petrolifero nei nostri mari; e, ancora, ha incrociato una nave carboniera proveniente dalla Colombia davanti alla centrale Enel di Civitavecchia, denunciando le ripetute violazioni dei diritti umani da parte di due multinazionali – Drummond e Glencore – che riforniscono il colosso energetico italiano e che sono accusate da anni di estrarre carbone reprimendo i movimenti sindacali e le comunità locali, con atti di terrorismo, tortura e omicidi. Ha portato sostegno agli attivisti “no carbone” della Calabria, denunciati dalla società che vorrebbe costruire una centrale a carbone a Saline Joniche, con richiesta di risarcimento per 4 milioni di

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euro, per aver diffuso delle vignette satiriche che sbugiardavano l’inutilità e la dannosità di quel progetto. Ma, ancor più, la Rainbow Warrior è stato il vettore di un itinerario d’incontro, che ha portato Greenpeace a condividere ancora una volta l’impegno di chi si batte contro le fonti fossili, da Vado Ligure a Brindisi, passando per La Spezia, Civitavecchia, Palermo, Saline, Trieste. L’Italia è attraversata da movimenti che non mostrano segni di rassegnazione, che conoscono sulla loro pelle i danni, l’inquinamento e l’impatto sanitario che viene dal business del petrolio e del carbone; che hanno sperimentato anche gli scarsi, e più spesso irrisori, benefici economici venuti dalla trivellazione dei mari o dalla combustione termoelettrica del carbone, la fonte energetica più sporca e nociva. Mentre l’Italia ha la presidenza di turno in Europa e nell’UE si discute sull’aggiornamento degli obiettivi per la difesa del clima (ovvero il futuro delle rinnovabili e dell’efficienza energetica), il Paese è attraversato da una “recrudescenza fossile”, con un governo nazionale che sembra vedere nello sfruttamento intensivo degli idrocarburi la prossima illusoria frontiera della nostra economia. Per noi è il più cupo dei miraggi. Un modo per tenere l’Italia ostaggio del passato e della dipendenza energetica. Daremo battaglia.


COSTA CONCORDIA CINQUE GIORNI DIETRO AL RELITTO

MARE

© Greenpeace

di GIORGIA MONTI

LE SIRENE DELLE NAVI, le campane della chiesa e il getto d’acqua dei rimorchiatori salutano la Costa Concordia all’alba del 23 luglio, quando il relitto lascia definitivamente l’Isola del Giglio. Tra le tante imbarcazioni che scorteranno la nave fino al porto di Genova, c’è anche la nostra “Maria Teresa”. Con l’operazione Costa ti tengo d’occhio vigileremo affinché questo rischioso trasporto avvenga in modo sicuro e senza arrecare alcun tipo di danno a un tratto di mare particolarmente sensibile, quello del Santuario dei Cetacei. A bordo, i nostri esperti e quelli di Legambiente, tecnici delle telecomunicazioni e giornalisti. Appena giunti all’isola, un’imbarcazione della Guardia Costiera ci invita a mantenere una distanza di 900 metri dal relitto. Da qui si riescono a osservare le manovre della Concordia, che viene fatta ruotare e, verso mezzogiorno inizia ufficialmente il suo ultimo viaggio in direzione nord. Il mare è calmo e le condizioni meteo buone. Verso le 18 un nostro team sorvola in elicottero la nave per controllare dall’alto possibili sversamenti. Buone notizie: nella scia della nave non si evidenziano tracce di idrocarburi. Il secondo giorno un gruppo di stenelle, curiose e vivaci, ci

viene incontro al largo di Pianosa. La stenella striata è uno dei mammiferi marini più comuni nel Santuario, anche se vi sono segnali di un loro considerevole calo. Il tempo è ancora buono e abbiamo già percorso quasi cinquanta miglia dall’Isola del Giglio. Nel pomeriggio il mare comincia ad agitarsi: il vento arriva a quindici nodi e le onde raggiungono i due metri, ma per la Costa Concordia fortunatamente non ci sono problemi. La bufera si calma solo in tarda serata. Il terzo giorno la Concordia è a metà del suo viaggio, nel canale tra Capraia e Capo Corso. Le buone condizioni meteo ci permettono di intensificare la vigilanza e facciamo una ricognizione aerea intorno al convoglio con un drone. Fortunatamente nessuna immagine di sversamenti pericolosi, ma solo la registrazione di altri affascinanti spettacoli del Santuario: prima un gruppo di berte (tra cui una rara berta minore), segno che il mare è ricco di piccoli pesci, e poi un altro gruppo di stenelle. Il quarto giorno la Concordia procede spedita e senza imprevisti in direzione Genova. Sulla “Maria Teresa” invece qualcosa non va e decidiamo di controllare per non correre rischi. Il problema è una cima di plastica che blocca l’elica.

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Purtroppo, non è così raro nei nostri mari: i residui di plastica nel Mediterraneo sono ovunque e molto pericolosi per tartarughe e pesci che li mangiano per sbaglio. C’è però anche una buona notizia: tutti i nostri monitoraggi sia dall’imbarcazione che dall’elicottero continuano a indicare che il trasporto sta andando come ci auguravamo e non vi sono sversamenti di sostanze inquinanti. In serata la Concordia arriva di fronte al porto di Genova e il giorno dopo entra finalmente in porto. Ma l'operazione “Costa ti tengo d'occhio” non si conclude qui, continueremo a vigilare per il corretto smaltimento del relitto e affinché il processo di bonifica e ripristino dei fondali del Giglio avvengano senza arrecare ulteriori danni a un tratto di mare già cosi duramente colpito da questo naufragio. La proposta di Greenpeace: un processo trasparente che inizi con un sopralluogo immediato alle strutture del cantiere e porti allo sviluppo di un “Parco della Concordia”, che garantisca il reale recupero e valorizzazione dell’area. Abbiamo l’opportunità di trasformare questa tragedia in un caso di eccellenza per la tutela ambientale. È importante che il governo non la sprechi.


API, UN ALVEARE DI INIZIATIVE COLTIVAZIONE ECOLOGICA, LA SOLUZIONE

© Alessandro Amoruso / Greenpeace

AGRICOLTURA

FEDERICA FERRARIO

OLTRE MILLE VOLONTARI da Roma ad Amburgo e da Sofia a Malaga, impegnati in 110 città europee per informare e mobilitare le persone sull'importanza delle api per la nostra sicurezza alimentare. Attività che spaziano dalle proteste presso i vivai che ancora vendono prodotti dannosi per le api, alla raccolta di firme presso i mercati per petizioni dirette ai politici e altre attività di informazione e sensibilizzazione. Siamo ormai un crescente e colorato movimento internazionale in difesa delle api e per un’agricoltura sostenibile. D'altronde un terzo del nostro cibo e la maggior parte delle piante spontanee che ci circondano dipendono dalle api e dagli altri insetti impollinatori. La situazione, tuttavia, non è buona né per le api né per il nostro cibo. Pesticidi tossici usati per colture alimentari e fiori stanno contaminando il polline e il nettare ricercati dalle api Un’agricoltura industriale dipendente da dosi sempre maggiori di sostanze chimiche è una minaccia non solo per le api, ma anche per la nostra sicurezza e diversità alimentare. Per esporre questo sistema agricolo fallimentare, ci siamo mossi su più fronti. Abbiamo testato il polline raccolto dalle api – illustrando i risultati nel rapporto “Api, il bottino avvelenato” – e

scoperto che oltre due terzi è contaminato con residui di pesticidi – fino a diciassette diverse sostanze chimiche tossiche in un singolo campione raccolto in Italia. Con il rapporto “Eden tossico: i loro veleni nel tuo giardino”, abbiamo dimostrato che anche i nostri giardini, balconi e parchi potrebbero trasformarsi in una zona a rischio per gli impollinatori. Testando i fiori e le piante comprate nei grandi rivenditori di tutta Europa, abbiamo scoperto infatti che i campioni contenevano pesticidi killer delle api. Ci siamo spinti a immaginare, in un apocalittico cortometraggio dal titolo “Robobees”, delle api robot come alternativa ironica agli impollinatori naturali ormai estinti, per impollinare le coltivazioni. È questo il futuro che vogliamo per la nostra agricoltura? Noi crediamo di no, e per esprimere le nostre preoccupazioni e il legame fra pesticidi e declino degli impollinatori, abbiamo partecipato anche quest’anno alle assemblee annuali di Syngenta e Bayer, multinazionali leader nella produzione di queste sostanze. LA VIA D’USCITA C’È Per fortuna la battaglia a tutela delle api non è ancora persa. Esiste una via d’usci-

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ta all’attuale crisi dell'agricoltura industriale, l’agricoltura ecologica. Ovvero un’agricoltura che lavora con la natura e non contro di essa, in grado di produrre cibo sano per tutti, e allo stesso tempo proteggere il Pianeta e le api. Pratiche agricole ecologiche sono fattibili su larga scala e sono già praticate - con successo - da molti agricoltori in tutta Europa. Con il rapporto “A come Ape”, abbiamo riportato alcuni casi studio che evidenziano le esperienze di agricoltori, scienziati, istituti di ricerca e aziende di dieci Paesi europei. Gli esperti spiegano come l’agricoltura ecologica sia l'unica soluzione ai problemi connessi con il modello di agricoltura industriale, basato su una crescente dipendenza da sostanze chimiche di sintesi, centrato sulla diffusione delle monocolture e quindi sulla dipendenza da poche multinazionali agrochimiche. Applicando metodi di coltivazione ecologici e amici delle api, è possibile produrre cibo sano, proteggere suolo, acqua e clima, promuovendo la biodiversità e non contaminando l'ambiente con sostanze chimiche di sintesi o organismi geneticamente modificati. Tutti i rapporti sono disponibili sul sito: www.SalviamoLeApi.org


ALLARME AMAZZONIA, COMBATTERE IL LEGNO ILLEGALE PER SALVARLA quadrati di foresta sono stati distrutti. La Commissione Pastorale della Terra (CPT), conta, in quell’arco di tempo, 199 persone assassinate nella regione a causa di conflitti per la terra, tra i più noti ci sono Chico Mendes, José Cláudio Ribeiro da Silva e sua moglie, Maria do Espírito Santo. Dal 1985 al 2013, sono state registrate 981 vittime. Il taglio indiscriminato e illegale sta distruggendo la foresta a poco a poco: il prelievo eccessivo compromette la foresta ed è spesso l’anticamera della deforestazione. A maggio abbiamo pubblicato l’indagine che svela come la manipolazione dei documenti per il commercio del legname consenta di far apparire legale il legno tagliato illegalmente, e venduto in Europa, Israele e Stati Uniti. Uno dei mercati europei del legno illegale è quello italiano, perciò chiediamo che vengano perseguitate le importazioni anche nel nostro Paese, con un’adeguata implementazione del Regolamento Europeo del Legno. Manca il decreto legislativo italiano, che doveva essere emanato più di un anno fa. Stiamo lavorando perché vengano applicate subito le opportune sanzioni con i criteri di efficacia, proporzionalità e misure dissuasive richiesti dall’Unione Europea. allarmeamazzonia.greenpeace.it ESPERANZA MORA

© JMarizilda Cruppe / Greenpeace

I CONFLITTI PER LA TERRA, lo sfruttamento illegale di aree forestali e gli omicidi sono all’ordine del giorno in Amazzonia. Coloro che difendono la foresta sono stati cacciati dalle loro case e la foresta distrutta. Dalla morte di suor Dorothy Stang, attivista per la protezione dell’Amazzonia, nel 2005, più di 85 mila chilometri

PROCTER & GAMBLE SI IMPEGNA CONTRO LA DEFORESTAZIONE

© Iggoy Elfitra / Greenpeace

GRAZIE ALLA PRESSIONE crescente di centinaia di migliaia di persone in tutto il Pianeta, che hanno aderito alla nostra campagna, la multinazionale statunitense Procter&Gamble ha pubblicato ad aprile una nuova politica di acquisto per controllare l’origine dell’olio di palma e dei derivati che utilizza per i propri prodotti. Una buona notizia per le foreste indonesiane, habitat di specie come la tigre di Sumatra e l’orango del Borneo, messe a dura prova dalla deforestazione causata dalle piantagioni di olio di palma, come dimostrato dalle nostre indagini. P&G ha dichiarato che adotterà misure per eliminare la distruzione delle foreste entro il 2020 dalle proprie filiere: un grande passo avanti anche se non sufficiente. Siamo sicuri che P&G possa agire in tempi più rapidi rispetto a quelli prospettati nell'impegno. Un mese dopo, anche Johnson&Johnson si è impegnata contro gli approvvigionamenti di olio di palma dalla deforestazione. Niente più lacrime anche per le foreste indonesiane. EM

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© Greenpeace

© Francesco Alesi / Greenpeace

BREVI DAL MONDO

OFFSHORE IBLEO, BASTA TRIVELLE CI RISIAMO, i petrolieri non mollano, e con un governo che guarda indietro ovvero alle fossili - invece che al futuro, sembrano avere la strada spianata. Il nuovo progetto di ENI, “Off-shore Ibleo” prevede otto pozzi, una piattaforma e vari gasdotti al largo della costa tra Gela e Licata per trivellare nel mare di Sicilia. Questa volta però non siamo in fase di valutazione. Nonostante la mancanza di una seria valutazione di rischio frana, rischio di incidente ai gasdotti, rischio di incidente rilevante durante la perforazione e la presenza di attività a rischio in aree tutelate, il Ministero dell’Ambiente con un decreto ne ha già sancito la “compatibilità ambientale”. Mentre la Regione Sicilia si tira indietro, e il suo presidente Crocetta stringe patti con i petrolieri, è il territorio ad opporsi. Greenpeace a settembre ha presentato ricorso al TAR contro tale provvedimento insieme all’Associazione dei Comuni Siciliani, amministrazioni locali e associazioni di pescatori e del turismo, attività direttamente minacciate da questi progetti. I continui allarmi sui rischi rappresentati da queste attività, come il recente spiaggiamento di alcuni capodogli in Abruzzo, tra cui una femmina gravida, vengono tranquillamente ignorati. GM

UNA VITA DA ATTIVISTA SI IMBARCA più volte per l’Antartico dove bisogna ostacolare la caccia illegale delle balene. Non la fermano né le condizioni di vita estreme, né il pericolo degli interventi per mare. Grazie alle competenze nautiche acquisite Caterina Nitto diventa la prima donna boat driver italiana di Greenpeace, poi è promossa ufficiale di rotta. In “Una vita da attivista” (Mondadori Electa, 16,90 euro) Caterina racconta la sua esperienza. È il percorso di una delle tante volontarie di Greenpeace che non si risparmiano per difendere questo pianeta. Per la prima volta però esce un libro non sull’associazione o sui suoi padri fondatori, ma su chi è in prima fila alla guida di un gommone come attivista o come staff. In cinque anni a bordo, sulla Rainbow Warrior II e sull’Esperanza, Caterina ha partecipato a spedizioni in Asia, Oceania e per due volte in Antartide. Oggi lavora in ambito nautico e collabora attivamente con Greenpeace come “boat trainer”. Lo spirito che la anima è quello di chi ha estrema esperienza e consapevolezza: “conosciamo i problemi e le loro soluzioni, si tratta solo di decidere da che parte stare. probabilmente non riuscirò a salvare il pianeta, ma di sicuro sto salvando me stessa”. GABRIELE SALARI

IN RICORDO DI CLAUDIO E CARLA

CLAUDIO DE FRANCESCHI È passato qualche mese da quando Claudio, nostro storico volontario e caro amico, non è più con noi. Poche le foto, nessun video, di una persona profondamente umile che ha dedicato la sua vita al sociale e all'ambientalismo fatto di azioni concrete e di scelte di vita che lo hanno reso noto in tutto il territorio di Varese. Noi vogliamo ricordarlo come era: un nostro affezionato amico, carismatico e schietto, pronto a ridere delle sfortune e interrogarsi sulla vita, sempre disposto al dialogo e al confronto e attento agli altri. Credeva che un mondo migliore richiedesse l'impegno continuo di tutti e questo lo rendeva vivace e inarrestabile; curioso nei confronti della cultura, della storia, delle persone. A lui dedicheremo, a Ottobre, delle giornate ambientali coinvolgendo più persone possibili. Ciao Claudietto. I tuoi amici di Greenpeace Gruppo Locale di Varese CARLA BERNASCHINA

Il lascito a Greenpeace. Per lasciare il Pianeta senza abbandonarlo. Per saperne di più: lasciti.it@greenpeace.org

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Carla era un'entusiasta della vita e della natura e molto sensibile alle ingiustizie umane. Anche in questi anni di difficoltà fisiche non ha mai perso la sua freschezza e serenità d'animo. Tuo marito Paolo Novati


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1. Montana, Stati Uniti – Greenpeace protesta

4. Berlino, Germania – Attivisti aprono un enorme

2. Amsterdam, Olanda – La nave Arctic Sunrise

5. Repubblica di Komi, Russia – Esperti di Greenpeace

3. Singrauli, India – Greenpeace marcia al fianco

6. Bangkok, Tailandia – Attivisti in azione nel centro

contro la miniera a carbone di Decker. © Tim Aubury / Greenpeace

torna finalmente a casa dopo più di 300 giorni di sequestro in Russia. © Bas Beentjes / Greenpeace della popolazione locale per difendere la foresta di Mahan. © Avik Roy / Greenpeace

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striscione contro l’apertura di una nuova centrale a carbone. © Chris Grodotzki / Greenpeace documentano le frequenti perdite di petrolio in alcune zone della Russia. © Denis Sinyakov / Greenpeace

di Bangkok per difendere l'Artico. © Roengchai Kongmuang / Greenpeace.

CLICK & CO.

di MASSIMO GUIDI

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