111 - Colpevoli di pacifismo

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COLPEVOLI DI PACIFISMO

n째centoundici

GREENPEACE NEWS - N.111 - IV TRIMESTRE 2013 - ANNO XXVII



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SPECIALE

NÉ PIRATI NÉ VANDALI di CRISTIANA DE LIA

LA STORIA DEGLI ARCTIC 30

© Denis Sinyakov/Greenpeace

ARTICO

L’Arctic SunriSe, la rompighiaccio di Greenpeace, entrata in servizio nel 1996, è una nave piena di storie interessanti. Sin dalla nascita si è diretta verso il Mare del nord per protestare contro le piattaforme petrolifere. A sedici anni dalla sua prima avventura, lo scorso agosto, l’Arctic Sunrise si ritrova a navigare di nuovo nelle acque del Mare del nord – nella russia Artica – per protestare contro i piani di trivellazione nella regione della compagnia di stato russa rosneft, per poi dirigersi verso il Mare della Pečora. QuAnDO tuttO eBBe iniZiO il 18 settembre l’attivista finlandese Sini e l’attivista svizzero Marco iniziano a scalare la piattaforma petrolifera Prirazlomnaya della compagnia Gazprom, la prima destinata a cominciare le operazioni di estrazione di petrolio. una protesta dimostrativa e assolutamente pacifica provoca però una reazione spropositata da parte degli uomini della Guardia costiera russa. Prima vengono esplosi undici colpi di avvertimento, mentre Marco e Sini sono colpiti da pesanti getti di acqua. Gli altri attivisti che si trovavano sui gommoni circostanti, vengono invece minacciati con pistole e coltelli. non potremo mai dimenticare le immagini dei nostri attivisti a mani alzate mentre Sini urla impaurita “Sto scendendo, sto

scendendo”. Sini e Marco vengono trattenuti dalle autorità russe ma per lunghe interminabili ore, di loro non sappiamo niente. La situazione sembra essersi calmata e la nave si trova in acque internazionali, a distanza dalla piattaforma della Gazprom, quando il giorno dopo, il 19 settembre, notizie inquietanti ci giungono dall’Arctic Sunrise. Per mezzo di un elicottero e di corde, otto uomini della Guardia costiera salgono illegalmente a bordo della nave e circondano gli attivisti, spingendoli sul ponte. Alcuni membri dell'equipaggio, che erano riusciti a chiudersi a chiave nella sala radio, riferiscono di aver visto gli altri attivisti costretti a inginocchiarsi con pistole puntate contro di loro. La porta della sala viene poi sfondata e tutti i membri dell’equipaggio vengono fermati. A bordo ci sono anche Sini e Marco con altri 26 attivisti e due reporter freelance. in tutto 30 persone. Per molte ore non si ha più alcuna notizia della sorte di quelli che ora chiamiamo gli “Arctic30”. il capitano della nave Peter Willcox si rifiuta di pilotare la nave e le autorità russe sono costrette a trainarla fino al porto di Murmansk. Fino alla mattina del 24 settembre, giorno di arrivo della nave, le comunicazioni con l’Arctic si interrompono.

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GLi Arctic 30 30 persone, ragazzi e ragazze, alcuni giovani e altri meno, 30 storie e 18 nazionalità diverse ma un'unica motivazione: salvare il fragile Artico dalle minacce delle trivellazioni petrolifere. tra di loro c’è anche l’italiano cristian D’Alessandro. cristian ha 31 anni e viene da napoli. Dopo essersi laureato in biotecnologie, e dopo anni di attivismo ambientale, ha deciso di unirsi a Greenpeace. cristian voleva fare qualcosa di concreto per il Pianeta e ha deciso di partire con la nostra rompighiaccio per dire no alle trivellazioni nell'Artico. il 26 settembre, per cristian e tutti gli altri 29 ragazzi e ragazze - nonostante l'evidente natura pacifica della protesta - il tribunale di Murmansk, in russia, ordina due mesi di custodia cautelare. Dopo 10 giorni di detenzione, il 3 ottobre, le accuse di pirateria di cui tanto si vociferava vengono confermate a tutti gli Arctic30. credo che quella giornata rimarrà impressa nella mente di tutti. Pochi giorni prima Putin aveva affermato che non si trattava di pirateria, e molti sono gli esperti di diritto internazionale che hanno confermato che non si può parlare di un tale reato. eppure la corte ha deciso diversamente. Solo il 23 ottobre l’accusa di pirateria viene sostituita con quella di vandalismo


© Greenpeace

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che prevede fino a 7 anni di carcere. noi ora che facciamo? non ci arrendiamo e non lasceremo soli i nostri coraggiosi compagni. La moBiLitaZione La nostra organizzazione sta lavorando con i legali e le istituzioni per perseguire tutte le vie diplomatiche e politiche possibili per ottenere il rilascio dei 30. Più di un milione e seicentomila persone hanno già firmato la petizione indirizzata alle ambasciate russe per richiedere la liberazione immediata degli attivisti e continueremo a raccogliere sempre più adesioni. migliaia di persone in ben 45 Paesi del mondo, dall’italia, al messico all’olanda, sono scese in strada per esprimere la loro solidarietà agli arctic30. alle istituzioni italiane abbiamo chiesto di intervenire al più presto. i genitori di cri-

stian hanno incontrato il ministro degli esteri emma Bonino. "abbiamo avuto un'impressione positiva", ha detto aristide, il padre. "non abbiamo motivo di dubitare che non stiano facendo il possibile. il ministro ci ha chiesto di mantenere il più stretto riserbo". La madre di cristian, raffaela ruggiero, si è detta "tranquillizzata" dall'incontro con Bonino. "So che non è stata trascurata la sua vicenda", ha affermato. "c'è la massima attenzione da parte della Farnesina". L’olanda, Paese di bandiera dell’arctic Sunrise, ha già deciso di ricorrere a una procedura di arbitrato internazionale per ottenere il rilascio degli attivisti e della nave. Ben 11 premi nobel, ai quali si è aggiunto l’italiano dario Fo, hanno scritto al Presidente Putin per chiedere di intervenire a favore degli arctic30. Greenpeace ha anche annunciato la pre-

sentazione di denunce sulla violazione dei diritti dei 30 detenuti. in alcune celle fa molto freddo e i detenuti sono sottoposti continuamente a riprese video. il direttore di Greenpeace international, Kumi naidoo, ha scritto a Putin per incontrarlo e offrirsi come garanzia personale per il rilascio dei 28 attivisti e dei due reporter. L’unica colpa di questi ragazzi è stata quella di aver deciso di seguire la propria coscienza e di mettersi in prima linea per il bene dell’artico, al fine di evitare nuovi disastri che possono avere impatti devastanti su tutta l’umanità. noi continueremo a lottare per la liberazione dei nostri arctic 30. dalla sua cella cristian ha detto: “mi consola sapere che c’è una grande mobilitazione per noi. il pensiero di tutti voi mi aiuta”. e noi non lo deluderemo.

GAZPROM E LA RICERCA DEL PETROLIO AL POLO NORD ricetta Per iL diSaStro PerFetto di okhotsk in condizioni per cui era inadatta, e che poi è affondata causando la morte di 53 persone su 67 membri dell’equipaggio. L’incidente, del dicembre del 2011, è stato perfino omesso nei rapporti dell’azienda. nello stesso anno, la scala di sicurezza della piattaforma Prirazlomnaya, la stessa piattaforma contro la quale i nostri arctic 30 hanno protestato, era stata distrutta da una tempesta. ma non è finita qui. nel 2012 si è scoperto che il piano di emergenza in caso di sversamento era perfino scaduto.

in ruSSia ci Sono due coLoSSi del petrolio, rosneft e Gazprom, entrambi controllati dallo Stato e gli unici autorizzati a trivellare nella russia artica. chiunque voglia trivellare deve stringere un accordo con una delle due aziende. Gazprom ha concluso un accordo con Shell lo scorso aprile per esplorare la regione. Per il colosso russo, l’artico costituisce un elemento centrale nella strategia energetica futura dell’azienda, tanto che questa ambisce a divenire la prima azienda nella storia ad estrarre petrolio dalla regione. La prima piattaforma a trivellare nelle gelide acque polari del mare della Pečora sarà l’arrugginita e obsoleta Prirazlomnaya. un incidente anche minimo nell’artico costituirebbe un grave rischio per l’ecosistema locale che Gazprom non sarebbe in grado di affrontare. Le performance dell’azienda sono segno che di Gazprom non ci possiamo fidare. La Kolskaya è una delle piattaforme che, nonostante gli avvertimenti dell’azienda produttrice, aveva deciso di operare nel mare

neSSun Piano ancora oggi Gazprom non ha mai reso noto un solo piano di emergenza in caso di sversamenti di petrolio nel mare della Pečora, un’area che comprende diversi parchi nazionali e dimora di specie a rischio estinzione come i trichechi. Proprio l’urgenza di evitare nuove cicatrici sul viso del nostro Pianeta, ha spinto i nostri attivisti a imbarcarsi sull’arctic Sunrise per protestare contro i pericolosi piani del colosso russo. C.D.L.

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IL NOSTRO CAPTAIN FANTASTICPETE WILLCOX ARTICO

© nick cobbing/Greenpeace

di BUNNY MCDIARMID*

Pete WiLLcox, al quale è stato negato il rilascio su cauzione e che ora rimane solo in cella in una prigione russa insieme agli altri arctic 30, è stato il mio comandante quando ero a bordo della rainbow Warrior nel 1985. Pete è cresciuto in barca a vela e il mare per lui è come un secondo habitat. ricordo che durante le nostre navigate attraverso l’oceano atlantico, nel mezzo della notte stavamo seduti alla macchina da cucire, lui da un lato e io dall’altro, per riparare una vela strappata. era meticoloso, sempre presente, una specie di radar quando si arrivava a fare gli ultimi ritocchi alla sua meravigliosa nave per le campagne che lui stesso aveva “costruito”. La prima missione della rainbow Warrior fu di trasferire 350 persone da rongelap (isole marshall), un atollo divenuto radioattivo, in un’isola al sicuro lontana 100 miglia. La loro terra era stata fortemente contaminata dalla pioggia radioattiva causata dai test nucleari statunitensi negli anni ’50. abbiamo fatto tre viaggi avanti e indietro tra l’isola nativa e la loro nuova casa, con la nave piena zeppa dalle persone e dei loro averi. andavamo dentro e fuori la laguna, attraverso stretti passaggi e tra le barriere coralline, molte delle quali erano ancora sconosciute, navigando con persone sull’albero della nave e conducendo a prua e tutto accadeva senza intoppi, come se Pete avesse fatto il “conducente di autobus” ogni giorno per anni.

La rainbow Warrior era una grande barca a vela adatta a operazioni delicate come queste e Pete restava il comandante tranquillo e calmo che è preparato a tutto. iL Giorno deLL’aFFondamento era lui il capitano della nostra amata rainbow Warrior quando, nel 1985, nel golfo di auckland, nel cuore della notte, i servizi segreti francesi fecero esplodere delle bombe mentre la maggior parte di noi dormiva a bordo. ci stavamo preparando per partecipare ad una protesta in Polinesia, dove i francesi stavano conducendo test nucleari. Subito dopo che esplodesse la prima bomba a dieci minuti dalla mezzanotte, Pete era fuori dalla sua cuccetta chiedendo a tutti di abbandonare la nave. Quello che seguì fu un momento veramente difficile, soprattutto perché quella notte abbiamo perso il nostro compagno e membro dell’equipaggio Fernando Pereira. era annegato dopo l’esplosione della seconda bomba a poppa. Pete rispetta e comprende bene l’impegno personale e il rischio che ognuno di noi coscientemente corre navigando su una nave di Greenpeace. Pete crede che le nostre azioni contino davvero, questo è il punto. dopo l’attacco alla rainbow Warrior, subito si imbarcò nell’equipaggio di una delle piccole barche e andò comunque in Polinesia per protestare contro il programma francese di test

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nucleari, perché la “Warrior” non poteva più farlo. un oScar neL Suo ruoLo hollywood ha girato un film sul bombardamento della Warrior e sul ruolo avuto dal governo francese nell’ordinarlo e Pete ne era il protagonista. era un film terribile, ma il premio oscar Jon Voight fece un lavoro straordinario con l’interpretazione di Pete e tentò di ottenere cambi nella sceneggiatura in modo che la pellicola rispecchiasse meglio quanto era realmente accaduto. ho sempre pensato che le autorità francesi abbiano fallito la loro missione non perché sono stati scoperti ma perché non avevano compreso cosa rende speciale il lavoro di Greenpeace, e perché la gente crede in Greenpeace. Fondamentalmente, sono le persone come Pete che rendono Greenpeace quello che è. Sul ponte della rainbow Warrior o rinchiuso in una cella in russia, Pete rappresenta ciò in cui credono persone di tutto il mondo. Pete ha navigato ai confini della terra per proteggere coraggiosamente e pacificamente ciò che rende possibile per tutti noi la vita su questo pianeta. ha fatto tutto questo e ha cresciuto due figlie. Pete è veramente il nostro captain Fantastic. * Direttore esecutivo di Greenpeace Nuova Zelanda


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© Lorenzo moscia/Greenpeace

TUTTI INSIEME in Bici in 110 cittÀ

15 SettemBre, 36 naZioni, 110 città. tanti numeri per una giornata internazionale speciale: la prima “Pedalata Polare” della storia organizzata da Greenpeace. abbiamo invitato i difensori dell’artico sparsi per il mondo a salire in sella alla propria bicicletta per richiamare l’attenzione della comunità internazionale sulla necessità di proteggere l’artico. una terra lontana da tutti che però regola il clima dell’intero Pianeta, una terra che tutti siamo chiamati a proteggere. dall’inghilterra all’argentina, dall’india all’italia migliaia di persone hanno pedalato attraverso i luoghi più iconici delle proprie città. in italia, migliaia di biciclette hanno percorso le strade di Bari, catania, milano, napoli, roma e Verona, senza farsi scoraggiare dal brutto tempo. nonostante la pioggia c’erano ben duemila persone nella capitale! anche a milano e Verona l’acquazzone non ha fermato nessuno! a catania, la gente ci ha preso così tanto gusto che ha fatto anche il bis organizzando ben due pedalate! Sotto il sole di napoli e Bari, erano tanti i volti felici di coloro che hanno deciso di unirsi per l’artico. a Londra, un gigantesco orso meccanico grande quanto un autobus a due piani ha portato con sé le firme di quasi quattro milioni di persone che hanno firmato la petizione Save the arctic e ha percorso le strade di Londra fino a raggiungere la sede internazionale della compagnia petrolifera Shell L’iniziativa si è svolta in prossimità dell’annuncio del livello minimo annuale dei ghiacci artici. nel 2012 è stato raggiunto il triste record del minimo storico dei ghiacci. Quest’anno rimane comunque tra i sei più bassi dal 1979. L’andamento dei ghiacci è inequivocabile. L’artico si sta fondendo davanti ai nostri occhi e noi tutti abbiamo pedalato proprio per ricordare che questa è un’emergenza planetaria. di certo non resteremo con le mani in mano ad assistere alla distruzione dell’artico ad opera delle compagnie petrolifere senza scrupoli che avanzano verso nord . C.D.L.

© Francesco alesi/Greenpeace

VIVA LA VELA ma attenZione aLLo SPonSor neL mare di VeLe – quasi 1.600 le barche partecipanti alla Barcolana – che riempivano il golfo di trieste per una delle regate veliche più belle d’europa, spiccava una grande vela blu, dei grandi gommoni bianchi e dei gommoni più piccoli, quelli di Greenpeace. Quando la vela blu della barca esimit europa 2 ha passato la seconda boa sono comparsi questi ultimi gommoni che hanno affiancato lo scafo per protestare contro lo sponsor principale della barca, Gazprom, gigante russo dell’energia, e domandare di ritirare i suoi piani di trivellazione nell’artico.“Gazprom, via dall’artico!” e #FreeTheArctic30 i messaggi che comparivano sui nostri striscioni. i membri dell'equipaggio di un gommone bianco, mezzo di supporto di esimit europa 2, hanno iniziato a lanciare oggetti verso gli attivisti di Greenpeace. nel giro di pochi minuti il vero e proprio abbordaggio: una ragazza dell'equipaggio di Greenpeace è stata strattonata,

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mentre un uomo ha infilato un coltello nel gommone, squarciandolo. un brutto episodio che dimostra l'arroganza di chi è pronto a tacitare ogni voce di protesta facendo ricorso anche ad atti violenti e ingiustificati. L'equipaggio del gommone di Greenpeace si è recato subito a sporgere denuncia alla Questura di trieste mentre sono arrivati numerosi messaggi di solidarietà dal mondo della vela. La nostra protesta, d’altronde, non era certo contro la Barcolana o la vela: il problema è che Gazprom, lo sponsor della barca esimit, é una minaccia per l'artico e per tutti noi. ed è paradossale che questa sia la prima barca con bandiera "europea" e anche il simbolo ufficiale dell’innovazione e dell’efficienza del nostro continente. i combustibili fossili appartengono a un’altra era e non si sentiva il bisogno di un mezzo pulito ed ecologico come la vela per promuoverli. GaBrieLe SaLari


© Greenpeace/ivo Gonzalez

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LE REAZIONI deL mondo

senza documentare queste azioni”. in alcune celle fa molto freddo e i detenuti sono sottoposti continuamente a riprese video. non tutti hanno accesso ad acqua potabile a sufficienza o hanno la possibilità di fare esercizio fisico adeguatamente. Gli avvocati di Greenpeace hanno presentato obiezioni sul trasporto degli attivisti nei veicoli della polizia. alcuni detenuti sono stati trasportati per 4-5 ore, sia all’andata che al ritorno da murmansk per gli interrogatori, in gabbie senza cibo, riscaldamento o possibilità di andare al bagno.

i noBeL undici Premi nobel per la pace hanno scritto una lettera congiunta al Presidente russo Vladimir Putin. nella lettera i nobel (l’arcivescovo sudafricano desmond tutu, la guatelmateca rigoberta menchu, l’ex presidente del costa rica oscar arias Sanchez, le pacifiste nordirlandesi Betty Williams e mairead maguire, la pacifista statunitense Jody Williams, la liberiana Leymah Gbowee, la yemenita tawakkol Karman, l’avvocato e pacifista iraniana Shirin ebadi, l’ex presidente di timor est Jose ramos horta e l’argentino adolpho Perez esquivel) chiedono al Presidente Putin “di fare tutto il possibile per assicurare che cada l’accusa di pirateria, eccessiva, nei confronti degli arctic 30. in italia anche il nobel dario Fo ha aderito all'appello, rilanciandolo con una petizione su change.org.

SoLidarietÀ Striscioni a napoli al maschio angioino, a Ferrara per il Festival di internazionale, ma anche quelli spontanei allo stadio o degli amici di cristian, unitisi ai volontari per un sit in di una notte intera a piazza dante a napoli. tanta la solidarietà e lo sdegno per la repressione violenta delle proteste pacifiche di Greenpeace. uno striscione è stato aperto alla base del monte everest, mentre a città del messico gli attivisti di Greenpeace hanno costruito una cella attorno al monumento a Gandhi. nel centro di Groningen (olanda), città natale di uno degli attivisti imprigionati e città gemellata con murmansk, è stata eretta una gabbia gigantesca. a Bangkok la gente si è radunata al tempio di Wat Phra Kaeo e ha composto con i fiori la scritta “Free the arctic 30”. La stessa scritta è stata proiettata sull’alahambra, a Granada, in Spagna. in india, a Bangalore, il raduno è stato indetto a “Freedom Park”, dove una volta c’era una prigione.

i noStri aVVocati una denuncia penale nei confronti della polizia russa per il sequestro illegale della nave arctic Sunrise. “ci sono state delle serie violazioni nel momento in cui i Servizi federali per la sicurezza della Federazione russa hanno trattenuto l’equipaggio e la nave” afferma alexander mukhortov, l’avvocato che rappresenta Peter Willcox, il capitano statunitense della nave di Greenpeace. “uomini armati e coperti in volto, sono saliti a bordo della nave senza identificarsi, puntando la pistola ai membri dell’equipaggio. in seguito hanno preso il controllo della nave, confiscato gli oggetti a bordo, e sottoposto tutti a fermo

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SCEGLI DA CHE PARTE STARE di ANDREA BORASCHI

CHI SI ASPETTAVA revisioni significative dello stato della conoscenza sui cambiamenti climatici è rimasto deluso; altrettanto valga per chi credeva di poter leggere qualcosa che suonasse come un game over nella sfida al climate change: troppo tardi, abbiamo già innescato un processo che si rivelerà disastroso e non rimane nulla da fare, se non aspettare alla meglio un futuro di caos climatico. No, il primo documento – “Working Group 1 report (WG1)” – del quinto rapporto dell’IPCC (che verrà pubblicato nel corso del 2013 e del 2014 in quattro fasi) conferma in buona sostanza quanto già l’organismo scientifico delle Nazioni Unite – il principale istituto internazionale di studi sul cambiamento climatico – aveva detto in passato sull’alterazione dei trend climatici indotta dagli impatti antropici. E delinea, ancora una volta, una traiettoria di riduzione delle emissioni di gas serra tale da contenere l’innalzamento globale delle temperature entro i 2°C a fine secolo.

© Cristian Aslund/Greenpeace

NUOVO RAPPORTO IPCC

CLIMA

I DECENNI PIÙ CALDI La sostanza del primo documento del nuovo rapporto potrebbe, per sintesi, essere espressa in poche considerazioni: è oramai certo che più della metà dell’aumento osservato della temperatura superficiale dal 1951 al 2010 è stato provocato dall’effetto antropogenico sul clima (emissioni di gas-serra, aerosol e cambi di uso del suolo). Questo ha provocato il riscaldamento degli oceani, la fusione di ghiacci e la riduzione della copertura nevosa, l’innalzamento del livello medio globale dei mari nonché modificato alcuni estremi climatici nella seconda metà del XX secolo (“confidenza alta”). E ancora: “Gli ultimi tre decenni sono stati i più caldi dal 1850, quando sono iniziate le misure termometriche a livello globale. L’ultimo decennio è stato il più caldo. [...] il periodo 1983–2012 “probabilmente” è il periodo di 30 anni più caldo degli ultimi 1400 anni (“confidenza media”).” Soprattutto in virtù di ciò, gli eventi metereologici estre-

TUTTI ASSOLTI A PORTO TOLLE

LA PROTESTA PACIFICA e non violenta per arrestare i cambiamenti climatici, per avviare una vera Rivoluzione Energetica e, dunque, per mettere fine all’epoca del carbone come fonte per produrre elettricità non è un reato. Questo si può dedurre dalla sentenza che ha riguardato venticinque attivisti di Greenpeace, assolti per la spettacolare azione con la quale, nel 2006, occuparono per tre giorni la centrale ENEL di Porto Tolle (Rovigo). Quella manifestazione nasceva in risposta alla volontà dell’azienda di convertire l’impianto a carbone, scegliendo dunque la fonte energetica più nociva per il clima e la salute, ignorando la disponibilità – proprio davanti all’impianto – del più grande terminal gasiero offshore al mondo. La protesta era motivata, inoltre, anche dal fatto che per “far spazio” a quella nuova

mi sono divenuti più frequenti, sono aumentate le ondate di calore e la frequenza delle precipitazioni intense; di pari passo, l’estensione dei ghiacci del Polo Nord si è ridotta in maniera significativamente più veloce di quanto previsto, e nel futuro quell’area potrebbe risultare completamente priva di ghiacci nel periodo estivo. Il quinto rapporto propone quattro scenari di aumento delle temperature medie globali alla fine di questo secolo. Lo scenario più “benevolo” prevede forti riduzioni delle emissioni entro pochi decenni, per poter contenere il surriscaldamento, rispetto ai periodi preindustriali, tra 1°C e i 2-3°C. Lo scenario peggiore prevede un innalzamento fino a 5.4°C. Entrambe le strade sono tecnicamente percorribili. E la scelta, ancora una volta, sarà la nostra: accettare o meno la sfida di una rivoluzione energetica, salvare il Pianeta o abbandonarlo a un destino di rovina e devastazione.

© Alessandro Vasari/Greenpeace

centrale, l’allora governo Prodi aveva presentato un piano di emissioni di CO2 al rialzo, che prevedeva soglie di emissione non in linea con gli impegni dell’Italia in materia di difesa del clima. È l’ennesima vittoria nelle aule di giustizia di Greenpeace su ENEL, questa. Ed è un passaggio importante: un nuovo riconoscimento della legittimità e della fondatezza della nostra protesta. Battersi contro progetti come quello di Porto Tolle, distruttivi per il clima, dannosi per la salute umana e per l’ambiente, improduttivi sul piano occupazionale ed economico, è un dovere civile prima ancora che un impegno ambientalista. Ribadire questo oggi, quando 30 attivisti di Greenpeace sono nelle carceri russe per aver protestato pacificamente contro le trivellazioni nell’Artico, è ancora più importante. A.B.

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UN MONDO in PericoLo

© Francesco alesi/Greenpeace

Le aPi Sono a riSchio. una grande minaccia per questi insetti impollinatori, dai quali dipendiamo, arriva dai pesticidi chimici utilizzati nell’agricoltura industriale. Per rendersene conto è interessante guardare il film-documentario “more than honey – un mondo in pericolo” del regista svizzero markus imhoof, che sarà il candidato svizzero agli oscar 2014. Grazie a una tecnologia di ripresa estremamente evoluta e dopo cinque anni di intenso lavoro, immagini impressionanti e uniche ci mostrano la vita all’interno di un alveare e il dramma della moria delle api causata dai pesticidi che la campagna di Greenpeace chiede di bandire su www.salviamoleapi.org il titolo è esplicativo: “more than honey” perché in gioco c’e’ molto più del miele. Secondo i dati della Fao, 71 delle 100 colture più importanti a livello globale vengono impollinate dalle api. Solo in europa, ben quattromila varietà agricole dipendono dalle api. anche ognuno di noi, però, con tanti piccoli gesti quotidiani può fare qualcosa per garantire alle api un ambiente adatto alla loro sopravvivenza. Su www.salviamoleapi.org è possibile scaricare un kit d’azione con un volantino informativo da diffondere e moduli raccolta firme per la petizione al ministro de Girolamo. È disponibile anche un cartello per identificare “aree salva-api” da mettere in giardini, orti e balconi dove non vengono utilizzati insetticidi. e per i più operosi si trovano istruzioni su come costruire un rifugio per le api selvatiche e informazioni sui fiori più utili da seminare per fornire polline e, quindi, cibo per gli insetti impollinatori. F.F.

© Greenpeace/matteo nobili

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LA STORIA INFINITA IL MAIS OGM IN FRIULI

AGRICOLTURA di FEDERICA FERRARIO

Lo ScorSo 16 ottoBre, in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, si è parlato – almeno per qualche giorno – di fame e produzione agricola. Gli oGm vengono spesso propagandati dalle aziende che li brevettano come la soluzione per produrre più cibo e la panacea di tutti i mali, ma se diamo uno sguardo al contesto generale, possiamo vedere che a livello mondiale produciamo già cibo sufficiente e in abbondanza per tutti. Sono però i costanti e alti tassi di fame e malnutrizione che ci dimostrano che gli attuali modelli di produzione, distribuzione e consumo non sono né giusti né sostenibili, e gli oGm non fanno altro che estremizzare la situazione. Su larga scala l'agricoltura industriale e gli oGm non hanno avuto successo nel risolvere le sfide globali della sicurezza alimentare. Piuttosto, queste pratiche stanno degradando i nostri terreni, inquinando l’acqua, e riducendo sia la biodiversità, attraverso un forte uso di fertilizzanti e sia i pesticidi chimici e l’espandersi delle monocolture. i metodi di produzione alimentare sostenibili hanno invece lo scopo di aumentare la produttività e la ricchezza dei terreni attraverso il rafforzamento dei processi naturali e sostenibili, utilizzando le conoscenze e le risorse locali unitamente alla ricerca scientifica. in contrasto con l’agricoltura di stampo industriale, un sistema che si basa su input esterni costosi (pesticidi, fertilizzanti sintetici, petrolio, ecc.), l’agricoltura ecologica è un sistema di produzione a circuito chiuso, che ricicla materiale organico nel ter-

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reno per aumentare i nutrienti nel tempo, rendendo i sistemi alimentari meno dipendenti da fertilizzanti a base di combustibili fossili. Pertanto il buon senso dice che la strada da percorrere è quella di sfruttare il potenziale dei metodi di agricoltura sostenibile con politiche volte ad incrementare e integrare i sistemi che hanno già dimostrato di avere successo in termini di produttività sostenibile e di resilienza, e il collegamento di questi sistemi ai mercati che accrescono i mezzi di sussistenza per le comunità. Questo non solo per preservare la terra e le altre risorse naturali per le generazioni future, ma per contribuire a ripristinare i suoli impoveriti e proteggere la preziosa biodiversità che ci resta. ma in italia, la patria dell’agroalimentare che in tutto il mondo ci invidia, che succede? Ė stata risolta la contaminazione da mais oGm in Friuli? dopo fiumi di parole, comunicati, prese di posizione marmoree e proclami ufficiali, né i ministri (ben tre), né la regione Friuli, sono stai in grado di bonificare i campi con mais oGm e salvaguardare l’integrità di quelli adiacenti. anzi, i campi erano ben sorvegliati dalla forza pubblica per evitare che nessuno si avvicinasse, verrebbe quasi da pensare che erano li per proteggerli. ora, dato che gli oGm sono un rischio inutile e inaccettabile e non offrono vantaggi significativi a nessuno se non alle aziende che li brevettano, la domanda che sorge spontanea è: siamo di fronte a incompetenza nel salvaguardare agricoltura e ambiente o ci sono altri interessi che hanno fermato la mano pubblica?


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PRIMA PERICOLOSO ORA NO?

MARE

Sta Per entrare in attiVitÀ il rigassificatore offshore oLt, al largo di Livorno. Ė una “unità navale di stoccaggio e rigassificazione”, quindi un impianto industriale a rischio (secondo la direttiva Seveso) piazzato nel mezzo del Santuario dei cetacei. Si tratta di una nave che accumula nei serbatoi gas naturale liquefatto (GnL) e poi lo scalda fino a gassificarlo, per immetterlo in un gasdotto che lo porta a terra. il tutto, dovrebbe essere alimentato da navi gasiere che si accosteranno al terminale oLt dove travaseranno il GnL. Questo travaso – il termine tecnico è “allibo” – fino al giorno prima dell’autorizzazione del rigassificatore oLt, il 23 febbraio 2006, era vietato. troppo rischio: se le

di ALESSANDRO GIANNÍ

due navi oscillano in modo asincrono, la condotta del travaso si può rompere, il GnL finisce in mare, assorbe rapidamente calore ed esplode senza fiamma. il 23 febbraio 2006 è stato invece pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto 6/2/2006 del ministero delle infrastrutture e trasporti che autorizza il trasbordo di gas metano tra due navi. Quale miracolo della tecnologia è intervenuto per convincere il ministero dei trasporti a revocare il divieto? non lo sappiamo e non lo sapremo mai. il decreto fa riferimento solo al parere di un “Gruppo di lavoro merci pericolose”. Sono anni che Greenpeace, e vari parlamentari, chiedono di visionare questo parere: per sapere chi l’ha firmato, per

quale motivo è stato richiesto e soprattutto per sapere quale sconosciuta rivoluzione tecnologica ci metterebbe al sicuro dal rischio di un botto colossale. non c’è stato mai modo di vederlo. L’altra incognita che riguarda il rigassificatore oLt è che non ha alcun contratto di fornitura di gas. Sono in molti a ritenere che l’impianto sopravvivrà solo grazie al fatto che la legge in vigore garantisce ai proprietari, in caso di mancata produzione, un sussidio che può arrivare fino al 71 per cento del quantitativo di gas che l’impianto è annualmente autorizzato a produrre: quasi quattro miliardi di metri cubi. ovviamente, i soldi vengono dalle nostre bollette.

TRIVELLE AVANTI TUTTA GraZie aL decreto Zanonato piattaforme eni/SaiPem hanno avuto tre incidenti: nel settembre 2012 lo Scarabeo 8 ha subito una inclinazione di 7 gradi in norvegia; il 2 luglio 2013, la piattaforma Perro negro 6 è affondata al largo del delta del fiume congo; il 20 settembre 2013, nel porto di rotterdam, c’è stato un grave incendio sulla Scarabeo 5. infine, il decreto Zanonato era l’occasione per rimediare all’insensata estensione dei fondali ove reclamiamo il diritto di cercare petrolio nello Stretto di Sicilia, verso e oltre malta. Le autorità italiane ammettono che si tratta di un’area “contesa” e forse non è stato un caso se i maltesi, il primo di agosto 2013, hanno fermato il madonnina di Scoglitti (ragusa) e il Principessa Prima di Licata (agrigento), rilasciati dopo quattro giorni, un processo e 20 mila euro di multa per imbarcazione. A.G.

© Gabriele mastrilli/Greenpeace

iL decreto deL 9 aGoSto 2013 del ministro dello Sviluppo economico Zanonato è stato spacciato come ambientalista ma non fa che applicare, peggiorandolo, l’articolo 35 del decreto Legge 83/2012 che ha riportato le trivelle sotto le nostre spiagge. Per cominciare, preoccupa il silenzio del ministero dello Sviluppo economico sulla sorte delle richieste di esplorazione già presentate: in molti temono che si sia creato un automatismo per autorizzare così decine di richieste di esplorazione entro le 12 miglia. La novità del decreto Zanonato è che cercheremo petrolio al largo della Sardegna, a oltre duemila metri di profondità. in sicurezza, perché “il decreto […] prevede l'impiego dei più elevati standard di sicurezza e di tecnologie di avanguardia nelle quali le aziende italiane detengono una posizione di leadership internazionale”. infatti, negli ultimi dodici mesi le sole

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© Francesco alesi/Greenpeace

IL MIRACOLO DEL RIGASSIFICATORE


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© andrea Guermani/Greenpeace

MODA SOSTENIBILE? UN GIGANTESCO FLOP

FORESTE

di CHIARA CAMPIONE

a SettemBre, neLLe caPitaLi della moda – new York, Londra, milano e Parigi – è andata in scena la consueta kermesse delle settimane della moda. Per questo abbiamo deciso di stilare un primo bilancio della campagna www.thefashionduel.com che, nel febbraio scorso, ha sfidato 15 case d’alta moda a eliminare la deforestazione e le sostanze tossiche dalle proprie filiere. Se con grande delusione abbiamo dovuto constatare che aziende come Gucci e armani hanno mancato l’obiettivo non prendendo un impegno pubblico per l’eliminazione delle sostanze tossiche dai propri prodotti e i nostri vestiti ci sono anche delle buone notizie. Valentino Fashion Group si conferma come l’unico marchio ad avere accettato la sfida impegnandosi con i propri consumatori, mentre l’azienda comasca canepa, uno dei più importanti produttori di tessuti pregiati come la seta ed il jacquard, sì è impegnato all’eliminazione delle sostanze tossiche diventando il primo produttore al mondo a impegnarsi volontariamente nello sviluppo di alternative all'utilizzo delle sostanze chimiche pericolose, raccogliendo il nostro appello per una moda più pulita. ma questa è una

vittoria soprattutto per le comunità locali in tutto il mondo, colpite sempre più duramente dall'inquinamento delle proprie risorse idriche e che hanno il diritto di sapere cosa viene scaricato nell'ambiente in cui vivono. Voi non vorreste saperlo? chiediamo traSParenZa Questo chiediamo alle aziende: trasparenza. crediamo che sia nostro diritto sapere chi distrugge le nostre foreste e inquina la nostra acqua. c’è un mondo che l’industria della moda ci vuole nascondere, pieno di materie prime pericolose e deforestazione selvaggia. nei mesi appena trascorsi abbiamo incontrato diverse aziende dell’alta moda, tra queste armani e Gucci che hanno però peccato di stile e di ambizione nei confronti del nostro fragile Pianeta e perso l’occasione di poter salire sul podio della moda verde. Fermi nella loro posizione di insufficienza anche ermenegildo Zegna, Versace e Ferragamo. mentre altre aziende come Prada, dolce e Gabbana, alberta Ferretti, trussardi e roberto cavalli continuano a far orecchie da mercante e si rifiutano anche solo di rispondere a una richie-

sta di trasparenza da parte di Greenpeace, rimanendo così in fondo alla classifica. con #thefashionduel abbiamo voluto sfidare l’alta moda sul campo di battaglia dello stile, dell’etica e del rispetto della vera bellezza: le ultime foreste e le risorse idriche globali. Finora solo Valentino Fashion Group ha fatto la cosa giusta e in questi mesi ha intrapreso le prime azioni pubbliche e concrete per eliminare le sostanze tossiche e la deforestazione dai nostri vestiti. il resto del mondo della moda ha fallito. e mentre queste aziende fanno risplendere le ultime collezioni sulle passerelle milanesi noi siamo sul campo a documentare gli effetti delle loro irresponsabili politiche produttive e abbiamo dato loro un termine preciso per andare nella giusta direzione, accettare la sfida e ripulirsi dalla distruzione delle foreste e dalle sostanze tossiche, lavorare insieme a e alle comunità locali per invertire la rotta della distruzione e della contaminazione. il termine è febbraio 2014. i nostri sostenitori sanno che non ci fermeremo fino a quando non avremo convinto tutti. Lo avranno capito anche loro?

PORTE APERTE AL LEGNAME ILLEGALE nonoStante iL reGoLamento euroPeo

il governo ha elaborato un disegno di legge che stabilisce l’applicazione in italia dell’eutr e del FLeGt entro maggio del 2014. ci auguriamo che questa scadenza venga rispettata e stiamo lavorando, insieme ad altre associazioni, perché l’applicazione sia il più conseguente possibile con la situazione che abbiamo in italia: un importante porto di entrata di legname e prodotti derivati, provenienti molto spesso dalle ultime foreste primarie, di valore incalcolabile per tutti noi. anche senza normativa nazionale, le autorità sono comunque obbligate a indagare se entrano in possesso d’informazioni sull’illegalità di un carico. dal 3 marzo Greenpeace ha già segnalato ben due infrazioni, in Belgio e in repubblica ceca, e continueremo a fare le opportune ricerche affinché i regolamenti europei vengano rispettati. eSPeranZa mora

L’unione euroPea ha aPProVato un importante regolamento, l’eutr (European Union Timber Regulation), che vieta il commercio in europa di legname e prodotti derivati provenienti da pratiche di taglio illegali. ogni Stato membro ha l’obbligo di applicare questo regolamento dall’entrata in vigore a marzo di quest'anno. nonostante questa scadenza, in italia non abbiamo ancora la normativa di attuazione nazionale, e l’eutr non ha nessun effetto nel nostro Paese. Siamo indietro (di otto anni!) anche per l'applicazione di un altro regolamento, il FLeGt (Forest Law Enforcement, Governance and Trade), che stabilisce un sistema di norme per favorire il commercio di legno legale attraverso accordi bilaterali con i Paesi produttori. Senza una normativa italiana rischiamo ancora di introdurre in europa legno proveniente dalla deforestazione illegale.

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1. In tutto il mondo sono state organizzate iniziative di sostegno agli Arctic30. A Mosca la protesta è stata portata avanti a turno da un singolo attivista, perché que2. sta è l’unica forma di protesta per la quale non occorre autorizzazione. Nelle capitali di Spagna, Nuova Zelanda, Messico e Olanda è stata montata un’enorme gabbia nella quale chiunque poteva mettersi 3. per alcuni minuti nei panni degli Arctic30, lanciare un messaggio di solidarietà e la richiesta della loro scarcerazione.

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1. Auckland, Nuova Zelanda

© Greenpeace/Nigel Marple.

2. Bangkok, Tailandia

© Roengrit Kongmuang/Greenpeace.

3. Helsinki, Finlandia

© Greenpeace/Patrik Rastenberger.

4. Londra, Regno Unito

© John Cobb/Greenpeace.


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5. Istanbul, Turchia

© Caner Ozkan/Greenpeace.

9. Taiwan

© Steven Vigar / Greenpeace.S

6. Mosca, Russia

10. Seoul, Corea del Sud

7. Parigi, Francia

11. Tokyo, Giappone

8. Roma, Italia

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© Liza Udilova / Greenpeace.

© Micha Patault/Greenpeace.

© Francesco Alesi/Greenpeace.

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© Jean Chung/Greenpeace.

© Greenpeace . . Vienna, Austria © Georg Mayer / Greenpeacee.

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CLICK & co.

di MASSIMO GUIDI


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BALENE DEL SANTUARIO UN APPELLO CON LEGAMBIENTE

© il careno/Greenpeace

un aPPeLLo conGiunto per proteggere le balene nel Santuario dei cetacei. Lo hanno lanciato Legambiente e Greenpeace dopo l’ennesimo cetaceo spiaggiato, un cucciolo di balenottera comune appena nato trovato a marciana marina, l’ingresso di due balenottere nel porto di Portoferraio e le segnalazioni di diversi di questi cetacei in migrazione. non sappiamo ancora i dettagli delle cause della morte del cucciolo: quali esse siano, ci parlano di un mare stressato. i virus, le malattie, sono il fattore ultimo che colpisce animali che vivono in un ecosistema sotto pressione. non è la prima volta che all’elba si spiaggia un cetaceo. ma è almeno la seconda volta che questo succede mentre al largo operano imbarcazioni di ricerca della nato che, a quel che pare, stanno testando droni sommergibili guidati da impulsi sonori. Proprio di recente, la stessa nato ha ammesso di saperne poco sugli effetti dei vari tipi di suono immessi in mare. dopo aver rassicurato tutti, per anni, con apposite “linee guida” (che o sono poco applicate o non funzionano poi tanto bene: la connessione con gli spiaggiamenti di zifi a Siracusa e poi nel canale di otranto nel 2011 nel corso di esercitazioni militari nato è evidente) adesso c’è almeno il beneficio del dubbio. nel caso specifico del cucciolo di balenottera, la nato afferma di non essere causa di questa morte. Forse però un Santuario dei cetacei non è il posto migliore per questi esperimenti. Le nostre conoscenze sull’interazione tra l’emissione deliberata di suoni in mare e creature estremamente sensibili ai suoni, quali i cetacei,

sono insufficienti. i cittadini riferiscono di effetti sul comportamento di altri organismi marini quando si svolgono questi esperimenti, una questione che sarebbe bene approfondire: la sparizione di calamari e pesci in occasione di questi test è un fenomeno da dimostrare, ma lo spiaggiamento di cefalopodi in occasione di test sonori (di ben altro tipo rispetto a quello condotto di recente presso la costa settentrionale elbana) è purtroppo un fatto accertato. G.S.

RITORNO A FUKUSHIMA, CONTAMINAZIONE SEMPRE ELEVATA

messa dal terremoto, continuano a verificarsi e a provocare danni. L’ultimo in ordine di tempo risale al 9 ottobre: sei operai sono entrati in contatto con acqua contaminata a causa di un errore tecnico, il “distacco improprio” di un

© noriko hayashi/Greenpeace

i 160 miLa reSidenti nella zona di Fukushima che all’indomani del terribile tsunami del marzo 2011 erano stati evacuati, potrebbero fare ritorno alle loro abitazioni nei prossimi giorni. Le autorità locali e il governo giapponese stanno valutando una revoca del divieto di risiedere in questa zona, proprio mentre il primo ministro Shinzo abe chiede pubblicamente aiuto all’estero per contenere le fuoriuscite radioattive della centrale. a distanza di due anni la situazione a Fukushima è ancora fuori controllo. a Kyoto durante un importante forum scientifico il premier ha negato la pericolosità delle fuoriuscite radioattive, al fine di rassicurare la comunità internazionale in vista delle olimpiadi che si terranno in Giappone nel 2020. Salvo poi chiedere aiuto alle nazioni straniere: “il mio Paese ha bisogno delle vostre conoscenze e competenze per contenere il problema” è l’appello di abe. da due anni a questa parte gli incidenti nella centrale nucleare di Fukushima, già gravemente compro-

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tubo collegato all’impianto di desalinizzazione. Solo pochi giorni prima, il 3 ottobre, non è stato possibile contenere una perdita di 430 litri di acqua radioattiva che si è riversata nell’oceano Pacifico. a fronte di questa continua emergenza che tepco – compagnia elettrica proprietaria dell’impianto nucleare – e le autorità non riescono a contenere, il governo giapponese sta incoraggiando gli abitanti di tamura a tornare in città, come se la contaminazione radioattiva del suolo non continuasse a presentare livelli elevatissimi: 16 esperti di Greenpeace provenienti da 10 Paesi hanno effettuato delle misurazioni sul campo dall’1 al 5 ottobre che dimostrano che il 39 per cento della città è ancora fuori dai limiti nonostante le bonifiche. il governo pretende che le persone tornino alle loro vite normali, come se niente fosse successo. ma non è così facile. e intanto ci chiediamo: quando smetterà il governo giapponese di anteporre i propri profitti alla salute delle persone? dania diBitonto


© andreas Varnhorn/Greenpeace

© Goetz Wrage/Greenpeace

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EMISSIONI AUTO, NESSUN ACCORDO La Germania È riuScita per la terza volta a far slittare il voto sull’importante normativa che abbassa le emissioni di co2 delle nuove auto a 95 grammi per chilometro entro il 2020. i 28 Stati ue avrebbero dovuto votare a Strasburgo lo scorso 14 ottobre, ma a oggi ancora nulla è stato deciso. i tedeschi vorrebbero modificare il testo della normativa, rinviando la riduzione delle emissioni di anidride carbonica dal 2020 al 2024. La scelta del governo tedesco di proteggere i profitti delle case automobilistiche mette a rischio interessi collettivi ben più importanti come la salvaguardia del clima e un’aria più respirabile nelle città. Finora la presidenza dell’unione europea, sia la precedente irlandese che l’attuale lituana, si sono piegate alle esigenze tedesche, prevaricando di fatto la volontà degli altri Stati. La voce dell’europa dovrebbe farsi sentire in modo chiaro e fermo su un tema così cruciale come l’inquinamento atmosferico, e non continuare a sottostare agli interessi nazionali di un singolo Stato. il ministro dell’ambiente lituano Valentinas mazuronis ha cercato di placare il malumore diffuso in Parlamento riportando il messaggio della Germania, che ha chiesto un non meglio specificato “slittamento di settimane e non di mesi”. il rischio per tutti è che non possa essere raggiunto un accordo definitivo entro la fine dell’attuale semestre. Per Greenpeace un accordo avrebbe significato invece non solo aria più pulita e carburante più economico, ma anche centinaia di migliaia di nuovi lavori nell’unione europea, come dimostrato anche da un recente studio di cambridge econometrics. D.D.

LA CRESCITA DELLE RINNOVABILI i conSumi eLettrici calano ancora. colpa della crisi, e magari concorso virtuoso di livelli crescenti di efficienza: ma la cosa interessante, nel “rapporto mensile sul sistema elettrico nazionale” di terna, è la composizione di questi consumi. il rapporto descrive un’italia che utilizza in quota crescente energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e diminuisce drasticamente la produzione termoelettrica. cala inoltre il saldo negativo con l’estero, proprio grazie all’apporto di energia pulita prodotta a livello nazionale. Secondo i dati terna, nel mese di settembre 2013, l’energia elettrica richiesta nel nostro Paese è diminuita del 2,6 per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno. una flessione, questa, che diviene ancor più netta e sale al -3,2 per cento se “depurata dall’effetto calendario”, cioè considerando che a settembre 2013 si è avuto un giorno lavorativo in più rispetto a settembre 2012 (21 invece di 20). Sul totale dei consumi, l’89,1 per cento è stato garantito dalla produzione interna. crescono ancora le rinnovabili: fotovoltaico (+27,2 per cento), eolico (+11,1 per cento), geotermico (+0,9 per cento) e idrica (+0,6 per cento). crolla invece la produzione termoelettrica (-6,2 per cento). nei primi nove mesi dell’anno la richiesta di energia elettrica è stata soddisfatta con questo mix produttivo: termoelettrico 135,8 tWh (-15,0 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), idrica 40,7 tWh (+29 per cento), fotovoltaica 18,8 tWh (+20,1 per cento), eolico 11,4 (+23,4 per cento), geotermico 4,0 tWh (+0,6 per cento), saldo con l’estero 30,1 tWh (-0,4 per cento). A.B.

BREVI DAL MONDO

© Greenpeace

CERCASI DIALOGATORI URGENTEMENTE

tuteLa con noi L’indiPendenZa di GreenPeace. Sei creativo e determinato? Sei la persona giusta per aiutarci a trovare nuovi sostenitori regolari a roma, milano, torino e napoli. candidati sul nostro sito, vai su: www.greenpeace.org/italy/dialogodiretto Greenpeace è un’organizzazione indipendente: non accetta fondi da enti pubblici, aziende o partiti politici. L'unico sostegno economico dell'organizzazione è rappresentato dalle persone. i dialogatori aiutano Greenpeace a restare indipendente, perché incontrano ogni giorno migliaia di persone e spiegano l’importanza di Greenpeace per il Pianeta.

Nelle tue occasioni speciali pensa al Pianeta! Sostituisci le tue tradizionali bomboniere con una donazione a Greenpeace. Riceverai il nostro portaconfetti per comunicare a parenti e amici la tua scelta solidale. Gli inchiostri utilizzati per la stampa sono vegetali e la carta è riciclata. Per informazioni chiama lo 06.68136061 (int.101) oppure scrivi a: bomboniere.solidali.it@greenpeace.org.

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Greenpeace/Ardiles Rante

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Il lascito a Greenpeace. Per lasciare il 0ianeta, senza abbandonarlo. Siamo custodi del Pianeta solo per un breve momento. Il lascito testamentario a Greenpeace è un modo concreto per difendere la Terra dal riscaldamento globale, dalla deforestazione, dall’inquinamento, dalla pesca distruttiva. È un gesto che onorerà la tua memoria, perpetuerà i tuoi ideali e contribuirà a creare un futuro verde e di pace. Per informazioni: luigi.lingelli@greenpeace.org | Tel. 06.68136061 - interno 229 | Fax 06.45439793

www.greenpeace.it


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