109 - Destinazione Polo Nord

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DESTINAZIONE POLO NORD

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GREENPEACE NEWS - N.109 - II TRIMESTRE 2013 - ANNO XXVII


SOMMARIO

3 CLIMA

Insieme verso l’Artico

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4 OCEANI

Sostieni chi pesca sostenibile

AGRICOLTURA Api in declino

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CLIMA

Processo al carbone

Avevamo ragione

CLICK & CO.

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SPECIALE

Bilancio 2012

13 FORESTE

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14 DAL MONDO

NEWS PERIODICO DI GREENPEACE ITALIA Direttore editoriale/ Andrea Pinchera Direttore responsabile/ Fabrizio Carbone Redazione/ Serena Bianchi, Laura Ciccardini, Maria Carla Giugliano, Valeria Iovane, Luigi Lingelli, Cecilia Preite Martinez, Gabriele Salari Archivio foto/ Massimo Guidi Internet/ Alessio Nunzi Progetto grafico/ Saatchi&Saatchi Impaginazione/ Francesca Schiavoni, Paolo Costa Redazione e Amministrazione/ Greenpeace ONLUS Via della Cordonata, 7 00187 Roma email: info.it@greenpeace.org tel: 06.68136061 fax: 06.45439793 Ufficio abbonamenti/ Augusto Carta tel: 06.68136061(231) Sped. in abb. postale -Art.1, Comma 2 - Legge 46/2004 - DBC Roma

Abbonamento annuo 35 Euro

Aut. Tribunale di Roma 275/87 del 8.5/87

Foto copertina/ © Cristian Aslund/Greenpeace Questo periodico è stampato su carta amica delle foreste: carta riciclata contenente alte quantità di fibre post-consumo e sbiancata senza cloro. L’involucro per l’invio del Greenpeace News è in Materbi, un materiale derivato dal mais, completamente biodegradabile.

EDITORIALE di GIUSEPPE ONUFRIO

La battaglia legale per difendere il clima segna un altro punto a favore di Greenpeace: il Tribunale di Milano ha rigettato un altro ricorso di ENEL – è la seconda volta che accade – sull’utilizzo del logo dell’azienda nella campagna contro il carbone (per le “bollette sporche” e la finta copia del quotidiano Metro diffuse dai volontari dell’associazione). La sentenza riprende in buona parte quella già emessa dal Tribunale di Roma nel 2012, che definiva la campagna motivata e affermava che “la durezza delle espressioni è giustificata dalla gravità della tematica affrontata”. Inoltre aggiunge che, contrariamente a quanto sostenuto da ENEL, l’attività di campagna di un’associazione non è assimilabile a una attività commerciale. Dunque l’uso del marchio ENEL nelle campagne di protesta – tutelate dall’articolo 21 della Costituzione come diritto alla critica – è giustificato dai motivi fondati e già verificati dal Tribunale di Roma. Pensate sia finita qui? Manco per idea. Mentre procedono i processi agli attivisti per le azioni di protesta alle centrali (Porto Tolle, Brindisi, Civitavecchia) la Questura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati il regista Mimmo Calopresti, che ha diretto (gratuitamente) il cortometraggio “Uno al giorno” che denuncia i morti da carbone legati alla produzione elettrica di ENEL. Naturalmente rimarremo a fianco del regista in una battaglia che, oltre a essere legata alla difesa dell’ambiente e della salute, è anche una battaglia di libertà e democrazia. Vogliamo anche cogliere questa occasione per aprire un ampio dibattito sull’influenza delle grandi aziende sulla libertà di stampa e di critica in questo Paese (ricordiamo la richiesta di 25 milioni di Eni alla giornalista Milena Gabanelli per una inchiesta su Report). La nostra campagna per una pesca sostenibile ha raggiunto negli ultimi mesi un punto di svolta: abbiamo coinvolto, a livello europeo, la pesca artigianale contro le forme di pesca industriale distruttiva. Questo lo scopo del Tour nel Mediterraneo e poi nell’Atlantico europeo dell’Arctic Sunrise, che ha toccato in Italia

il porto di Trapani e di Favignana. Durante la tappa italiana abbiamo organizzato un’ azione di protesta contro una delle “volanti” che stanno finendo di saccheggiare il nostro mare – pesca effettuata da due pescherecci con un attrezzo da anni autorizzato come “sperimentale” – e incontro con i pescatori artigianali di Trapani e Favignana. Dopo anni di muro contro muro è forse iniziata una nuova stagione e una alleanza tra chi – ambientalisti e pescatori artigianali – ha un interesse diretto nella tutela dei nostri mari. Il lancio della campagna per la protezione delle api – con l’obiettivo di mettere al bando sette pesticidi ritenuti responsabili della moria di api e altri impollinatori – ha ricevuto un primo segnale positivo dal Parlamento Europeo con un voto su tre di queste sostanze, ma la strada è ancora in salita. Anche in questo caso è importante sottolineare l’alleanza con gli apicoltori e la collaborazione con istituzioni scientifiche per la ricerca di soluzioni che rendano più sostenibile l’agricoltura. Anche in questo caso ci sono interessi contrapposti tra chi utilizza quei pesticidi – ad esempio nella produzione industriale del mais – e le funzioni fondamentali degli insetti impollinatori per molte altre produzioni agricole e per l’ambiente. Infine, ma non meno importante, sul versante politico i segnali del nuovo governo non sono affatto positivi: il ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato, oltre a intervenire a sproposito sul nucleare, si è espresso con forza per sbloccare il progetto di conversione a carbone della centrale di Porto Tolle. Il Ministro “dimentica” che esiste ancora una procedura di Valutazione di impatto ambientale in corso e che ad autorizzare un impianto di quel tipo non può essere la Regione Veneto. Vedremo come si muoverà il Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando: farà valere le ragioni dell’ambiente o di uno sviluppo insostenibile?


INSIEME VERSO L’ARTICO UNA STORICA AVVENTURA

di GABRIELE SALARI

© Cristian Aslund/Greenpeace

CLIMA

L’ARTICO è uno degli ultimi paradisi da salvare del Pianeta. Al momento nessun Paese può vantare diritti sulle acque che circondano il Polo Nord ma, grazie allo scioglimento dei ghiacci a causa del cambiamento climatico, diversi Paesi e multinazionali si stanno muovendo per sfruttare le risorse ittiche e il petrolio. Compagnie petrolifere come Shell, Gazprom e Statoil stanno sviluppando programmi per la ricerca di petrolio senza preoccuparsi delle conseguenze sul fragile ecosistema artico. Per questo Greenpeace, dopo aver promosso una campagna (www.savethearctic.org) che ha raccolto tre milioni di firme – di cui 138 mila italiane – ha mantenuto la sua promessa, ed ha portato i nomi dei firmatari al Polo, in una capsula da collocare sul fondo del mare artico, organizzando una storica spedizione a piedi fino all’estremo Nord. Gli attivisti di Greenpeace hanno raggiunto il Polo Nord geografico e, dopo aver praticato un buco nello strato di ghiaccio, hanno calato la capsula di titanio e vetro sul fondale con una bandiera. Insieme ai rappresentanti delle comunità indigene

dell’Artico, gli attivisti hanno simbolicamente reclamato l’area come patrimonio di tutta l’umanità, chiedendo l’istituzione di un Santuario Globale per la protezione dell’Artico. Protagonisti della spedizione tre ragazzi testimoni dei cambiamenti climatici: Renny, dalle Seychelles; Josefina, nativa lappone della Svezia e Kiera, di un gruppo di nativi del Canada. Il tecnico operatore che ha garantito le trasmissioni da uno dei posti più remoti al mondo è stato Gianluca Morini, di Gorizia, una vita passata in Greenpeace per garantire le nostre comunicazioni dagli angoli più remoti del globo. Per il trekking sul pack artico il gruppo ha dovuto allenarsi molto. Il ghiaccio può spezzarsi e formare delle fenditure, liberando l’acqua, o può pressurizzare, formando creste di pressione e pezzi di ghiaccio. Hanno pernottato in apposite tende da spedizione usando stufe a pressione per sciogliere la neve e cucinare. Temperature tra i meno venti e i meno trentacinque gradi, ma 24 ore di luce al giorno da godere. “Qualunque cosa indossassimo si riempiva di umidità per il sudo-

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re, la condensa, la cottura in tenda, ecc” raccontano. “Abbiamo scoperto anche che non dovevamo preoccuparci dell’impermeabilità dei vestiti, ma di come proteggerci dal vento terribile”. La speranza ora è che il messaggio arrivi, come ricorda anche la bandiera di titanio piantata sui fondali su cui campeggiano sette colombe colorate e un fiore. A simboleggiare i sette continenti, perché l’Artico è di tutti: giovani, anziani e bambini. La stilista britannica Vivienne Westwood ha scelto la bandiera in seguito a un concorso tra ragazzi di tutto il mondo promosso dalla World Association of Girl Guides and Girl Scouts: hanno partecipato ragazzi da 54 Paesi e alla fine ha vinto una tredicenne malese. Nell’ultimo anno sono stati molti i volti noti a sostenere la campagna “Save the Arctic”, tra questi anche Paul McCartney, Penelope Cruz e Richard Branson. Anche l’arcivescovo Desmond Tutu ha espresso il suo appoggio per la spedizione: “Offro il mio appoggio incondizionato a questi giovani che sono arrivati fino al Polo in nome di coloro le cui vite vengono ogni giorno sconvolte dai cambiamenti climatici.”


SOSTIENI CHI PESCA SOSTENIBILEPER IL FUTURO DEL MARE

OCEANI

DOPO IL TOUR dell’estate scorsa contro le perforazioni in mare “U mari nun si spirtusa”, siamo tornati in Sicilia a bordo della nostra storica rompighiaccio, l’Arctic Sunrise. Il nostro messaggio: fermare le trivelle e chiedere una vera tutela del mare, in difesa delle economie locali che da esso dipendono, dal turismo alla pesca sostenibile. Proprio la pesca in Sicilia è un’attività importantissima per le comunità costiere: in particolar modo la “piccola pesca”, che rappresenta oltre il 67 percento della flotta regionale, con ben 3200 imbarcati. Eppure questo settore è il più penalizzato dalle politiche di pesca vigenti a livello europeo. Il Mediterraneo, una volta pieno di vita, si sta infatti svuotando a causa non solo di attività rischiose come le trivellazioni, ma

di GIORGIA MONTI

dell’inquinamento e di una pesca eccessiva e distruttiva. Si stima che oltre il 95 percento delle popolazioni ittiche del Mare nostrum sia oggetto di pesca eccessiva. I pescatori di Trapani, dove approdiamo per la prima tappa di questo tour siciliano, ci raccontano che pescano sempre meno pesce, e che se non si prenderanno presto misure urgenti per tutelare la piccola pesca, questo tipo di attività rischia di scomparire. IL NOSTRO TOUR Proprio per portare la voce dei pescatori artigianali fino a Bruxelles – dove in questi mesi si decide la nuova Politica Comune della pesca – l’Arctic Sunrise ha iniziato il proprio viaggio per i mari europei, in un tour dal titolo “Sostieni chi pesca sostenibile”. Partita il 18 marzo dalla Romania, ha

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visitato Bulgaria, Grecia, Croazia e Slovenia prima di arrivare in Italia il 25 aprile. Per troppo tempo, con i soldi dei contribuenti europei, le politiche della Pesca hanno favorito le flotte più grandi e potenti che pescano in modo distruttivo e non sono sostenibili né dal punto di vista ambientale né da quello economico. Allo stesso tempo, i pescatori artigianali, che da generazioni utilizzano metodi responsabili e a basso impatto, rischiano di perdere il loro lavoro e il loro stile di vita in tutti i Paesi europei. Ecco perché ad ogni tappa del tour i pescatori si scambiano una lanterna, simbolo di fratellanza tra tutti i piccoli pescatori europei. Durante la tappa dell’Arctic a Trapani abbiamo organizzato insieme alle associazioni dei pescatori un incontro a bordo della nostra nave: siamo riusciti a far par-


pescatori dell’isola, per capire come tutela del mare e pesca sostenibile convivono. A bordo, Giuseppe, Domenico e Peppe, pescatori da generazioni, ci hanno raccontato non solo delle loro difficoltà ma del loro amore per il mare. Di come siano stati proprio loro tra i promotori dell’area marina protetta, perché consapevoli dell’importanza di tutelare le risorse, ma di come purtroppo una pesca distruttiva e troppo spesso illegale stia distruggendo la loro unica fonte di sostentamento. Mentre l’Arctic Sunrise si prepara a ripartire alla volta della Spagna penso che sia la prima volta che mi sono trovata a parlare con dei pescatori a bordo di una nave di Greenpeace. È proprio come dice il capitano, Daniel: l’Arctic Sunrise è la nave di tutti coloro che vogliono proteggere il mare!

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CANALE DI SICILIA, non lontano dal porto di Sciacca (AG), ore 7:30 del 29 aprile. Dalla nave di Greenpeace “Arctic Sunrise” partono due gommoni per protestare contro un sistema di pesca che sta svuotando il mare: quello delle “volanti” che pescano in coppia utilizzando reti a strascico semipelagiche per catturare acciughe e sardine. Dai gommoni gli attivisti hanno aperto lo striscione: “Questa pesca svuota il mare”. Un altro attivista si è tuffato in acqua con una grande boa e il messaggio: “Esperimento pericoloso”. La maggior parte delle volanti usa infatti una “licenza sperimentale” che viene concessa da decenni, e rinnovata ogni sei mesi, dal Ministero delle Politiche Agricole. Che si tratti di un esperimento pericoloso lo certifica la Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (CGPM) della FAO: negli ultimi tre anni in media si sono pescate circa 5.160 tonnellate di acciughe, oltre il doppio del massimo sostenibile (solo 2.359 tonnellate). Conclusione (del CGPM): “dato che lo stock [di acciughe] è in questo momento sovra-sfruttato, lo sforzo di pesca deve essere ridotto tramite un piano di gestione pluriennale fino a quando non ci saranno le prove di un recupero dello stock. Devono essere definite notevoli riduzioni delle catture assieme a riduzioni dello sforzo di pesca…”. È ovvio che il primo passo per la riduzione della pesca è quello di non rinnovare una misura di questo tipo: si può cominciare subito. Ma per salvare la pesca delle acciughe (e anche l’industria conserviera che ormai è costretta a importare acciughe dall’Atlantico!) serve maggiore responsabilità da parte di tutti. Ad esempio andrebbe subito vietata la pesca al pesce azzurro in inverno, con le volanti o con qualunque altro sistema, poiché si prendono moltissimi pesci piccoli (che vengono rigettati morti in mare). ALESSANDRO GIANNÌ © Markel Redondo/Greenpeace

© Lorenzo Moscia/Greenpeace

lare i pescatori non solo con la Regione Siciliana, che si è impegnata a una politica di tutela del mare, ma anche con il Direttore Generale per la Pesca del Ministero. Segno che le cose stanno cambiando, visto che è la prima volta che qualcuno da Roma si è mosso per venire ad ascoltare le loro ragioni. Dopo due intense giornate di “open boat”, durante le quali oltre mille persone sono venute a trovarci e a conoscere la storia di “chi pesca sostenibile” grazie alla nostra mostra fotografica, siamo partiti alla volta di Favignana, seconda tappa del tour, dove si è svolto un incontro molto speciale. Insieme all’amministrazione dell’Area Marina Protetta delle Isole Egadi, la più grande d’Europa, abbiamo organizzato un workshop a cui hanno partecipato ricercatori, amministratori locali e

TROPPE BARCHE POCHE ACCIUGHE


MA POSSIAMO SALVARLE

AGRICOLTURA LA PRIMAVERA è finalmente arrivata e normalmente è associata allo sbocciare dei fiori e agli insetti che cominciano a ronzarci intorno, api in primis. Nell'ultimo decennio però, le popolazioni di api hanno cominciato a subire un drastico calo, in particolare in quei Paesi dove si esercita un tipo di agricoltura di stampo industriale, caratterizzata fra l'altro da monocolture e forte ricorso a sostanze chimiche di sintesi. Negli Stati Uniti anche quest'anno le stime parlano di perdite intorno al 40 per cento in alcune aree, e in Europa negli ultimi inverni la mortalità delle colonie è stata in media del 20 per cento, con punte che sono arrivate fino al 53 per cento. Dalle api e dagli altri impollinatori naturali dipende direttamente la produttività di molti degli alimenti che finiscono sulle nostre tavole, come mele e pomodori, ma fino al 75 per cento delle nostre colture subirebbe una riduzione senza la loro opera. Le stime più recenti dei benefici economici legati all'impollinazione ammontano a circa 265 miliardi di euro, questo è il valore delle colture che dipendono dall'impollinazione naturale. Ovviamente non stiamo parlando del valore reale, dato che se l'impollinazione naturale dovesse cessare, potrebbe rivelarsi impossibile da sostituire, rendendo il suo valore reale infinitamente maggiore. Inoltre, non dimentichiamo che non sono solo i nostri amati pomodori ad essere importanti. Oltre alle coltivazioni, fino al

90 per cento delle piante selvatiche dipende dall'impollinazione mediata dagli insetti per riprodursi e di conseguenza dipendono dalla loro opera, direttamente o indirettamente, altri servizi ecosistemici e gli habitat naturali che li forniscono. Sono diversi i fattori che influiscono sulla salute di api e impollinatori, fra questi malattie e parassiti, cambiamenti climatici, pratiche agricole di stampo industriale che vanno a influenzare diversi aspetti del ciclo di vita delle api. Senza dubbio però, alcuni pesticidi rappresentano un rischio diretto, e per questo l'eliminazione delle sostanze chimiche più pericolose per le api è il primo e più efficace passo da adottare per tutelarle. API A RAPPORTO Nel rapporto “Api in declino” www.salviamoleapi.org, Greenpeace ha individuato sette insetticidi particolarmente pericolosi per le api, che dovrebbero essere vietati a causa della loro tossicità per gli insetti impollinatori. Nella lista: imidacloprid e clothianidin di Bayer, thiamethoxam di Syngenta, fipronil e clorpirifos di BASF, e cipermetrina e deltametrina, prodotti da altre aziende chimiche. Oltre agli effetti acuti, sono stati osservati anche molteplici effetti sub-letali legati all'uso di basse dosi di insetticidi, che comprendono, ad esempio, problemi nella raccolta del polline (perdita dell'orientamento, ovvero le api che vanno alla ricerca del polline non sono più in grado di ritornare

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FEDERICA FERRARIO

all'alveare compromettendo la salute dell'intera colonia); compromissione della capacità d'apprendimento (come la perdita della memoria olfattiva, essenziale per le api); aumento delle malformazioni e interazioni con il tasso di sviluppo. A marzo e aprile di quest'anno, la maggioranza dei Paesi membri si è espressa a favore di un bando (anche se solo parziale), di tre dei pesticidi killer delle api (imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam). Nella votazione di aprile, l'Italia ha fatto un brutto scivolone, votando contro la proposta di bando, per timore di troppi vincoli nell'uso di queste molecole per i trattamenti fogliari e granulari, mentre fino a quel momento viaggiava in pole position avendo già, dal 2008, vietato il loro utilizzo nel trattamento delle sementi proprio per combattere la moria delle api. Nell'attesa che la posizione italiana torni ad allinearsi con quella della maggioranza dei Paesi che hanno compreso l'importanza di un'azione urgente per salvaguardare gli impollinatori, è importane promuovere un piano d’azione a livello europeo che punti all’eliminazione di tutti i pesticidi nocivi per le api e gli altri impollinatori. L’eliminazione di queste sostanze rappresenta il primo e necessario passo per la protezione delle api e dell’agricoltura in Europa. La soluzione di lungo termine non può che stare nell’abbandono di pratiche agricole di stampo industriale dipendenti dalla chimica. Il futuro dell’agricoltura è nella sostenibilità.

© Francesco Alesi/Greenpeace

API IN DECLINO


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Bilancio sociale e bilancio di esercizio 2012

SINTESI

La versione completa è disponibile sul sito all’indirizzo www.greenpeace.org/italy/bilancio

Lettera del Presidente (estratto)

Campagne Le linee strategiche delle campagne di Greenpeace sono definite all’interno del Programma internazionale a medio-lungo termine. Questa programmazione definisce anche un ordine di priorità che tuttavia può essere modificato, in relazione ad eventi non programmati: ad esempio, nel 2011 il disastro nucleare di Fukushima ha portato a una riprogrammazione delle attività rilanciando, in tutto il mondo, la campagna contro il nucleare.

LE PRIORITÀ GLOBALI 1. La priorità principale è quella della salvaguardia del clima globale, con focus specifici nel settore energetico, con

una strategia che mira a contrapporre fonti energetiche “sporche” (inquinanti e/o climalteranti) come carbone, petrolio e nucleare, allo sviluppo delle energie rinnovabili e dell’efficienza. 2. Strettamente legata alla questione climatica è quella della protezione delle foreste: oltre a rilasciare in atmosfera notevoli quantità di gas serra, la deforestazione ha effetti drammatici anche sulla riduzione della biodiversità planetaria e sulle popolazioni locali. 3. La terza priorità è la protezione del mare e degli oceani, con focus sulla promozione delle riserve marine, il contrasto alla pesca pirata e distruttiva e la difesa delle attività di pesca sostenibili. Una strategia particolare è stata sviluppata per la campagna Balene che è riuscita a portare le

ragioni della tutela in un contesto difficile come quello del Giappone, maggior Paese baleniero al mondo. 4. Sugli OGM sono previste attività per rendere più efficace il processo di valutazione degli impatti, intervenendo non solo sui singoli prodotti, ma sull’intera procedura autorizzativa. La campagna si sta inoltre sviluppando, anche in Europa, con una particolare attenzione ai temi più generali della sostenibilità delle produzioni agricole. 5. Sul tema pace e disarmo continuano alcune attività limitate: al momento Greenpeace ritiene necessario fornire il suo contributo su questi temi con l’affermazione di un sistema socioeconomico più giusto, attraverso le attività delle altre campagne.

I. Bilancio sociale e bilancio di esercizio 2012 SINTESI

Dopo aver contribuito a bloccare il nucleare in Italia nel 2011, l’attività di Greenpeace nel 2012 è stata caratterizzata dall’opposizione al rilancio del carbone come fonte energetica e dall’avvio di una campagna contro le trivellazioni petrolifere off-shore. In un contesto esterno mutato, e cioè in presenza di un governo istituzionale, che per certi versi ha riportato l’Italia a recuperare una linea più “europea” anche in materia ambientale, Greenpeace ha continuato a giocare un ruolo attivo nei temi prioritari dell’energia e del clima con una campagna focalizzata su Enel, la più grande azienda elettrica italiana e di gran lunga il principale produttore di elettricità da carbone. Sollevando il tema dell’impatto sanitario del carbone – alcune centinaia di morti all’anno – abbiamo reso molto più incisiva la nostra critica. Il tentativo dell’azienda elettrica di portare in tribunale Greenpeace – con il Tribunale Civile di Roma che ha riconosciuto la fondatezza delle nostre ragioni – ha finito col confermare la giustezza della nostra linea, rafforzandola. Questo passaggio è di grande rilievo sia per la campagna che per il nostro profilo: aver fatto valere le nostre ragioni e la fondatezza della gravità dei nostri argomenti non solo dà maggiore credibilità all’associazione ma ci rafforza in un conflitto – quello sul carbone e con Enel in particolare – per il quale siamo esposti in diversi processi e ricorsi legali, sia in funzione di parte civile con altre associazioni che per i processi cui sono esposti i nostri attivisti per le azioni dimostrative effettuate nel passato. Le attività contro le trivellazioni off-shore – con una campagna specifica in Sicilia che ha coinvolto decine di sindaci e ha raccolto circa 60 mila firme – è stata condotta in modo complementare alla campagna internazionale contro le trivellazioni in Artico. Un buon esempio di come le questioni globali, che sono quelle su cui come organizzazione internazionale dobbiamo concentrare l’attenzione, possano essere integrate da campagne più nazionali. Questa combinazione ha permesso una mobilitazione online importante su entrambi gli obiettivi, con oltre 100 mila firme raccolte per la petizione per salvare l’Artico. Le attività della campagna nel Canale di Sicilia sono state sostenute anche dalla Fondazione americana Annenberg, che ringraziamo per il sostegno. Anche nel 2012 continua la crescita di Greenpeace in Italia, che raggiunge un nuovo record di sostenitori poco oltre i 63 mila, 5 mila in più dello scorso anno, nonostante la crisi economica più grave e lunga dal dopoguerra. Gli indicatori di crescita sono tutti positivi anche se meno accentuati di quelli registrati nel 2011. Per una organizzazione come la nostra che, per mantenere la massima indipendenza, non accetta fondi né da enti pubblici né da aziende private, la crescita ha un costo maggiore che per altri. I nostri investimenti nella raccolta fondi aiutano a divulgare le nostre campagne e i nostri temi e, dunque, incorporano obiettivi e finalità dell’associazione (la sensibilizzazione del pubblico) anche se in termini di bilancio sono classificati come Raccolta Fondi. È questa la ragione per cui chiudiamo – per scelta e non per caso – per il secondo anno con un bilancio in rosso, anche se meno accentuato del 2011: abbiamo continuato a investire parte del patrimonio per sostenere la crescita dell’associazione. Il Presidente Ivano Novelli


6. La campagna Inquinamento ha infine avviato una serie di iniziative che a partire dalla questione dell’inquinamento dell’acqua, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, mettono all’attenzione del pubblico mondiale le problematiche connesse all’uso (e persistenza) di sostanze tossiche nelle filiere globali dell’industria tessile.

II. Bilancio sociale e bilancio di esercizio 2012 SINTESI

LE ATTIVITÀ IN ITALIA Rispetto alle linee programmatiche generali, Greenpeace Italia, dopo aver riattivato nel 2006 la campagna Energia e Clima (con un focus particolare sui temi carbone, efficienza energetica ed energie rinnovabili), ha rilanciato sin dal 2007 anche le attività contro il nucleare, culminate durante la campagna referendaria del 2011. L’obiettivo di una “rivoluzione energetica” basata su efficienza e rinnovabili e sulla chiusura progressiva delle centrali a carbone rimane la priorità strategica anche in Italia e su questi temi, per la prima volta, Greenpeace ha impegnato direttamente i candidati a una consultazione elettorale nazionale, per ribadire la centralità della “questione energetica” rispetto alle prospettive generali del Paese. La campagna Foreste si è orientata in modo specifico sul ruolo delle aziende della filiera della carta (dall’editoria al tissue) e di quelle del settore della pelle e della moda: queste, nel nostro Paese, sono grandi “consumatrici” di materia prima forestale. Anche la campagna Mare ha rivolto la sua attenzione alle aziende del settore della produzione di tonno in scatola, continuando a sviluppare anche le attività sul Santuario dei cetacei rafforzate con uno specifico progetto “intercampagna” sull’inquinamento del mare. Nel 2012 le attività si sono concentrate sull’emergenza della Costa Concordia e contro le trivellazioni petrolifere off-shore nel Canale di Sicilia. La campagna Inquinamento ha sviluppato il versante italiano della campagna “Detox” per chiedere l’obiettivo scarichi tossici zero ai grandi marchi della moda casual e, assieme alla campagna Foreste, ha sviluppato un progetto per chiedere ai marchi dell’Alta moda di impegnarsi sia a una produzione a deforestazione zero che all’eliminazione degli scarichi che inquinano le risorse idriche.

Comunicazione COMUNICARE LE CAMPAGNE La campagna contro il carbone Nel corso del 2012, particolare importanza hanno avuto le attività contro il carbone e a favore delle fonti rinnovabili, nell’ambito della Campagna Energia e Clima. Il target principale della campagna è l’ENEL, maggiore produttore di energia in Italia. Questo ha comportato un ostacolo dal punto della

diffusione mediatica. L’ENEL, infatti, è anche uno dei più importanti investitori pubblicitari del Paese. Ci sono state alcune eccezioni. Abbastanza buono, infatti, il lancio del rapporto realizzato dall’istituto olandese SOMO sui morti da carbone in Italia, grazie all’esclusiva offerta a “Il Fatto Quotidiano”. Una certa eco, poi, hanno avuto le “bollette sporche” dell’ENEL e il cortometraggio “Uno al giorno”, anche grazie agli artisti coinvolti (Mimmo Calopresti regista, Sandra Ceccarelli, Paolo Briguglia, Alessandro Haber e Pino Quartullo attori, musica dei Subsonica). Di contro, l’azione alla centrale ENEL di Brindisi e il flash mob di Piazza del Popolo a Roma, dove si celebravano i 50 anni dell’azienda elettrica, hanno ricevuto poca o nulla attenzione.

L’incidente della Costa Concordia Il disastro della Costa Concordia all’Isola del Giglio è stato al centro delle attività nel primi mesi del 2012. Lo straordinario interesse dei media nazionali e internazionali per l’incidente e le sue possibili ricadute sull’ambiente hanno permesso di rilasciare numerose interviste in prima serata su televisioni nazionali, e di riportare l’attenzione su un tema di campagna spesso trascurato come il Santuario dei Cetacei. Il lavoro è continuato con il lancio di analisi e report (“Come sta il mare del Giglio?”), realizzati da Greenpeace nell’area circostante a quella dell’incidente, e con la comunicazione delle attività finalizzate all’approvazione di una normativa che limita il passaggio di navi di grandi dimensioni in prossimità delle coste italiane.

L’Artico e le trivelle in Sicilia A giugno 2012 è partita la campagna internazionale “Save the Arctic”. La campagna ha avuto ottimi risultati sia sul Web che sui media tradizionali. Il video di lancio della campagna, con musica dei Radiohead, è stato doppiato in Italia da Margherita Buy. In breve, il numero di persone che hanno firmato la petizione in difesa dell’Artico ha raggiunto il milione, diventati due alla fine dell’anno. Il contributo “italiano” è stato dell’ordine di 100 mila firme. L’impegno contro le trivellazioni in Artico è stato accompagnato anche da analoghe attività in Italia. La campagna – denominata “U Mari Nun Si Spirtusa” – si è concentrata nel Canale di Sicilia, ed è partita a luglio, pianificando i tempi e facendo in modo che l’aspetto locale del rischio trivellazioni off-shore rafforzasse quello globale (Polo Nord) e viceversa. I risultati – con un generale incremento delle uscite media, del traffico sul sito e dell’interazione sui social network – sembrano confermare che l’intuizione era corretta.

Altre comunicazioni Tra le altre attività del 2012, il lancio del sito “Banditi del clima”, con la richiesta ai cyberattivisti di aggiungere il proprio nome e

foto alla lista dei “banditi” da Roma, in appoggio a Salvatore Barbera, il campaigner di Greenpeace allontanato dalla Capitale. Ottimi risultati ha ottenuto la campagna “Tonno in Trappola”, e in particolare la diffusione della nuova classifica “Rompiscatole”, sul tonno in scatola. E buona anche le copertura di altre inchieste sulla pesca, come Triglie al mercurio” e “Pesce azzurro al collasso”. Breve ma intensa l’attività di comunicazione per il mini-push della campagna Foreste al Salone del Libro di Torino, in occasione del lancio della nuova edizione della classifica Salvaforeste. L’11 marzo c’è stato l’anniversario dell’incidente di Fukushima, mentre la ricorrenza del Referendum del 12-13 giugno 2011 è stata celebrata sottolineando il contributo fornito da Greenpeace alla vittoria contro il nucleare. Dopo la pubblicazione del rapporto “Panni Sporchi – parte terza”, in occasione della Giornata della Terra (20 marzo), la campagna Detox è ripresa in autunno: il rapporto “Toxic Threads - The Fashion Big Stitch-Up”, lanciato con una sfilata a Pechino in Cina, è stato ripreso in Italia nella pagina “Tessuti tossici Test sui capi d’abbigliamento”.

WEB E SOCIAL Nel 2012, il sito Web conferma gli alti volumi di traffico raggiunti nel 2011. Il numero di persone che ogni mese hanno aperto le pagine di Greenpeace, infatti, è pari a 1 milione e 765 mila (24 mila in più nel 2011), per una media mensile di 147 mila visitatori unici. Se il Web come strumento di integrazione tra le attività di campagna, comunicazione e raccolta fondi aveva raggiunto il suo apice nel 2011, con la campagna per il Referendum sul nucleare (“ipazzisietevoi”), questa tendenza si è confermata nel 2012. A inizio anno, Greenpeace Italia si era posta l’obiettivo di raggiungere un milione di contatti sulle piattaforme digitali maggiormente utilizzate (sito Web, Facebook e Twitter), obiettivo che è stato raggiunto. Al centro del Web di Greenpeace sono i cyberattivisti, ovvero coloro che accettano di impegnarsi in azioni online, petizioni, diffusione di messaggi virali (cioè capaci di propagarsi autonomamente tramite email, post su blog, sui social network, etc.), aiutando l’organizzazione a svolgere le proprie campagne. Nel corso del 2012, il loro numero ha raggiunto i 472 mila, contro i 365 mila del 2011.

Raccolta fondi Se il primo pilastro di Greenpeace è rappresentato dalle sue campagne, il secondo è senz’altro costituito dalla raccolta fondi, come e più di altre organizzazioni non profit. Il motivo è semplice: l’obiettivo dell’indipendenza condiziona fortemente il


modo di raccogliere finanziamenti da parte di Greenpeace. Le policy – a livello globale – impediscono all’organizzazione di accettare fondi da aziende, governi o istituzioni. L’unica possibilità che rimane è di rivolgersi alle singole persone che credono negli obiettivi di Greenpeace e nella sua capacità di perseguirli; attualmente si tratta di circa tre milioni di persone in tutto il mondo.

I donatori Anche nel 2012 la raccolta fondi ha proseguito il consolidamento delle strategie già avviate: in termini di acquisizione, soprattutto il dialogo diretto e la conversione in donatori degli attivisti

online. Il numero dei donatori attivi nel corso del 2012 è pari a 63.063 (+ 5.158 rispetto al 2011): si tratta del numero più alto raggiunto nella storia di Greenpeace in Italia. Ancora più sensibile lo spostamento tra donatori periodici (ovvero che tornano a donare periodicamente grazie all’addebito bancario o alla carta di credito) e non periodici (che privilegiano strumenti di donazione più tradizionali e “una tantum” come il bollettino postale): i primi sono cresciuti da 47.521 a 54.403, mentre i secondi sono passati da 10.384 a 8.660. Oggi i donatori periodici sono più dell’86 per cento del totale degli attivi, e rappresentano un elemento di stabilità dell’organizzazione.

Il risultato economico Per quanto riguarda i risultati economici delle attività di raccolta fondi, i dati di sintesi: t J QSPWFOUJ BVNFOUBOP EFM QFS DFOUP rispetto all’anno precedente; t HMJ POFSJ PWWFSP HMJ JOWFTUJNFOUJ JO 3BDcolta Fondi) crescono del 4,3 per cento, quindi con una dinamica nettamente inferiore rispetto alla crescita dei proventi; t JM SJTVMUBUP OFUUP QFS FGGFUUP EJ RVBOUP detto sopra, cresce del 27,2 per cento; t M JOEJDF EJ FGmDJFO[B EFMM BUUJWJUË EJ 3BDcolta Fondi migliora rispetto al 2011.

Stato patrimoniale e Rendiconto della gestione Stato patrimoniale al 31.12.2012 Valori in euro

A) Crediti verso associati per versamento quote B) Immobilizzazioni I. Immobilizzazioni immateriali

31.12.2012

31.12.2011

2.945

3.837

264.290

276.114

99.628

107.523

2) Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno

13.690

960

3) Spese manutenzioni da ammortizzare

85.938

106.563

PASSIVO A) Patrimonio Netto I - Fondo di dotazione dell’ente

2) Impianti e attrezzature 3) Altri beni

III. Immobilizzazioni finanziarie 3) Altri titoli C) Attivo circolante I. Rimanenze 4) Prodotti finiti e merci (merchandise) 6) Altri beni destinati alla vendita

II. Crediti 2) Verso altri 2.1) Crediti verso Organizzazioni Greenpeace 2.2) Crediti verso Altri

IV. Disponibilità liquide 1) Depositi bancari e postali 3) Denaro e valori in cassa

D) Ratei e risconti attivi Totale attività

163.629

167.558

33.930

47.356

129.699

120.202

1.033

1.033

1.033

1.033

3.041.516

2.934.807

214.206

264.358

14.206

64.358

200.000

200.000

603.944

1.246.349

603.944

1.246.349

6.891

2.724

597.053

1.243.625

2.223.366

1.424.100

2.222.495

1.423.626

871

474

28.923

17.271

3.337.674

3.232.029

31.12.2011

910.547

1.021.542

51.646

51.646

III - Patrimonio libero 1) Risultato gestionale esercizio in corso 2) Risultato gestionale da esercizi precedenti

B) Fondi per rischi e oneri II. Immobilizzazioni materiali

31.12.2012

2) altri

C) Trattamento di fine rapporto D) Debiti

-110.995

-402.493

969.896

1.372.389

476.926

518.925

476.926

518.925

294.379

238.794

1.652.949

1.442.356

3) debiti verso banche

35.273

-

4) debiti verso fornitori

541.118

749.071

5) debiti tributari

88.881

100.250

6) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale

134.158

114.478

7) altri debiti

259.313

239.943

8) debiti verso organizzazioni Greenpeace

594.206

238.614

2.873

10.412

3.337.674

3.232.029

31.12.2012

31.12.2011

Conti d’ordine

26.250

26.250

Totale conti d’ordine

26.250

26.250

E) Ratei e risconti passivi Totale passività

CONTI D’ORDINE

III. Bilancio sociale e bilancio di esercizio 2012 SINTESI

ATTIVO


Rendiconto della gestione 2012 a proventi ed oneri Valori in euro (SEZIONI DIVISE E CONTRAPPOSTE) ONERI

31.12.2012

31.12.2011

2.712.532

2.349.612

Campagne di cui:

1.986.707

1.671.300

1.1) Contributi su progetti

1.2) Servizi

1.3) Contributi da soci e associati

1) Oneri da attività tipiche

PROVENTI 1) Proventi da attività tipiche

1.599.783

1.312.238

1.4) Personale

386.924

359.062

1.5) Sopravvenienze attive

Supporto alle Campagne di cui:

725.825

678.312

1.6) Contributi da GPI

1.2) Servizi

353.583

327.395

1.4) Personale

372.242

350.917

2.589.822

2.482.197

2.1) Attività promozionale per acquisizione nuovi sostenitori

1.809.033

1.671.228

a) Costi acquisizione nuovi sostenitori

1.809.033

1.671.228

447.031

493.385

2) Oneri promozionali e di raccolta fondi

2.2) Attività per rinnovo e sollecito sostenitori già donatori

31.12.2011

280.221

129.010

39.479

-

4.963

5.053

70.407

2) Proventi da raccolta fondi 2.1) Contributi da nuovi sostenitori

2.2) Contributi da sostenitori già donatori

165.372

123.957

6.071.172

5.219.826

880.233

939.657

4.430.484

3.735.971

2.3) Attività per raccolte specifiche

43.941

47.332

2.3) Contributi da Altri

604.251

474.669

a) 5 x 1000

43.941

47.332

a) 5 x 1000

602.076

465.000

2.175

9.669

b) Liberalità ricevute tramite gruppi di volontari

2.4) Oneri generali di coordinamento su attività di raccolta

289.817

270.252

2.4) Contributi da GPI su raccolta fondi

156.204

69.529

3) Oneri da attività accessorie

3) Proventi da attività accessorie

34.979

138.756

34.979

138.756

16.797

5.546

16.797

5.546

27.918

113.776

24.871

113.776

3.047

-

6.431.087

5.606.914

110.995

402.493

95.815

99.366

3.1) Materie prime

10.238

68.602

3.2) Servizi

26.896

29.994

3.4) Personale

10.280

770

3.6) Oneri diversi di gestione

48.401

-

10.782

1.506

10.782

1.506

4) Oneri finanziari e patrimoniali 4.2) Interessi su altri prestiti

6) Oneri di supporto generale

3.5) Altri proventi

4) Proventi finanziari e patrimoniali 4.1) Interessi attivi da depositi bancari

1.133.131

1.076.726

6.2) Servizi

308.716

273.559

6.6) Proventi diversi di gestione

6.3) Godimento beni di terzi

165.920

146.995

6.7) Contributi da GPI

6.4) Personale

443.337

430.031

6.5) Ammortamenti 6.6) Oneri diversi di gestione

IV. Bilancio sociale e bilancio di esercizio 2012 SINTESI

31.12.2012

TOTALE ONERI Avanzo di Gestione

Greenpeace Onlus Il Chief Finance Officer Dott. Romolo Cicchetti

68.451

53.355

146.707

172.786

6.542.082

6.009.407

6) Proventi di supporto generale

TOTALE PROVENTI Disavanzo di Gestione

Greenpeace Onlus Il Presidente del Consiglio Direttivo Ivano Novelli


PROCESSO AL CARBONE GREENPEACE CONTRO ENEL

CLIMA

© Alessandro Vasari/Greenpeace

di ANDREA BORASCHI

GREENPEACE ITALIA ha avviato dal 2006 una campagna contro la fonte energetica maggiormente responsabile delle emissioni di gas serra, nonché la più dannosa, tra le fonti fossili, per la salute umana: il carbone. Oltre il 40 per cento delle emissioni di CO2, a livello globale, dipende da questo combustibile, dalla cui combustione si generano un’enorme quantità di inquinanti: ossidi di zolfo, ossidi di azoto, metalli pesanti, isotopi radioattivi e le famigerate polveri sottili, responsabili di malattie sempre più diffuse, sopratutto nei centri urbani. Da oltre un anno, abbiamo deciso di cambiare qualcosa nella nostra campagna. L’obiettivo rimane sempre quello: salvare il clima e promuovere la rivoluzione energetica; ma abbiamo creduto fosse utile, oggi, spostare parzialmente la nostra attenzione, parlare meno del problema in sé – il carbone – e parlare di più, invece, di chi del problema è responsabile. Per questo abbiamo concentrato la nostra azione e la nostra protesta sulla principale azienda elettrica italiana: ENEL. Questa multinazionale, attiva oramai in più di 40 Paesi nel mondo, è il principale utilizzatore di carbone in Italia (circa il 75 per cento della produzione elettrica con quella fonte), nonché il primo emettitore assoluto di CO2 nel nostro Paese (più di una tonnellata al secondo), terzo in Europa. Gli studi che

abbiamo commissionato sugli impatti sanitari ed economici delle sue centrali hanno reso una prima stima dei danni di cui questa azienda è responsabile: danni enormi – nell’ordine di miliardi di euro e di centinaia di morti premature ogni anno – per i quali non è tenuta a nessuna compensazione e rispetto ai quali non si mostra pronta ad alcun confronto o assunzione di responsabilità. La storia recente del nostro impegno per spingere ENEL a uno sviluppo industriale diverso, semmai, dimostra come i vertici del gruppo non amino e non tollerino contestazioni di alcun tipo. Non siamo riusciti ad avviare alcun confronto costruttivo con il management ENEL: piuttosto abbiamo collezionato – e stiamo ancora collezionando! – una lunga serie di appuntamenti processuali. I PROCESSI Lo scorso luglio Greenpeace è stata raggiunta da un reclamo d’urgenza per censurare la campagna “Facciamo luce su ENEL”, nella quale si accusava l’azienda di provocare, in Italia, un morto al giorno con le emissioni delle sue centrali a carbone. Il Tribunale Civile di Roma ha rigettato il ricorso, condannando ENEL al pagamento delle spese processuali e affermando che “il nucleo essenziale della notizia riportata da Greenpeace è conforme a verità”. Il 7 maggio anche il Tribunale di Milano

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ha rigettato un ricorso ENEL per uso illegittimo del logo. Secondo il Tribunale anche tale uso rientra nel diritto di critica e non ha alcuna motivazione o tornaconto commerciale. Sono in corso, poi, due indagini penali per il cortometraggio prodotto da Greenpeace “Uno al giorno”, regia di Mimmo Calopresti, con il quale si denunciano gli impatti sanitari del carbone di ENEL. Appare paradossale persino la natura di questa inchiesta “contro ignoti” per un prodotto filmico i cui i titoli di coda rivelano ogni autorialità; oppure, se si preferisce, ogni “esecutore” e ogni “mandante”. Mentre accade tutto questo sono in corso i processi per le azioni pacifiche e non violente di Greenpeace presso le centrali di Porto Tolle (2006), Brindisi (2009) e Civitavecchia (2009); e rimane in sospeso una richiesta di risarcimento danni per 1,6 milioni di euro. Questa guerriglia giudiziaria non è un problema per Greenpeace: abbiamo già battuto ENEL sul piano legale, crediamo di poterlo fare ancora. Il punto è se un'azienda controllata dallo Stato, di fronte ad accuse gravi quali quelle che le muoviamo, sia autorizzata a procedere così: senza mai rispondere nel merito delle sue responsabilità e, semmai, querelando, denunciando, promuovendo ricorsi e avanzando enormi richieste di risarcimento.


AVEVAMO RAGIONE QUEL LEGNO ERA ILLEGALE...

di CHIARA CAMPIONE e STEFANO BALDACCIONI

FORESTE

ECCO LA TESTIMONIANZA “Quando ho saputo dell’entrata in vigore

del regolamento UE “Due Diligence”, subito mi è tornato alla mente quel giorno del maggio 2007 passato sul ponte dell’Andreas K, nave che trasportava legno tropicale tagliato illegalmente nella Repubblica Democratica del Congo. Quella mattina mi sono ritrovato lì, incatenato ai tronchi, insieme ad un'altra decina di attivisti; con alcuni di loro avevo già condiviso altre azioni, altri invece li avevo conosciuti appena quella mattina, ma sapevo bene che in caso di necessità avrei potuto contare sul loro aiuto. Salire a bordo della nave non era stato difficile, la rapidità con cui ci eravamo mossi, come previsto, aveva colto tutto l’equipaggio di sorpresa. C’era chi era stato ancora più veloce: nel tempo che io avevo impiegato per individuare il tronco adatto e salirci sopra, un attivista climber si era già arrampicato sull’albero della nave, assicurato in tutta tranquillità e aveva addirittura già dispiegato il suo striscione… Il nostro scopo era quello di ritardare lo scarico del legname e portare a conoscenza dell’opinione pubblica il problema del taglio illegale, responsabile di un vero e proprio saccheggio delle foreste africane. Abbiamo poi saputo che l’allora Ministro dell’ambiente si era dimostrato solidale con la nostra azione, e aveva avviato accertamenti sul legname e sulla relativa documentazione. Il sole era ormai alto, quando i vigili del fuoco sono intervenuti per tagliare le catene e permettere alle forze

dell’ordine – con gran fatica – di trascinarci via. Pochi giorni dopo, altri attivisti avrebbero nuovamente bloccato l’Andreas K, questa volta nel porto di Ravenna. E proprio a Ravenna, nel maggio 2009, ho partecipato ad un'altra azione volta a denunciare la piaga del taglio illegale del legno. In questo caso il legno proveniva dalla Liberia, era stato usato per finanziare una guerra civile e rischiava di essere utilizzato per la manutenzione della metropolitana romana. Così, mentre nella capitale alcuni climbers srotolavano un grande striscione sopra l’ingresso della fermata Colosseo, noi entravamo in azione nel porto romagnolo, scavalcando la recinzione e bloccando un carico di legname che abbiamo marcato con il timbro “Forest Crime”. Da attivista non nascondo che alcune volte, dopo ore passate nei corridoi di una questura, oppure nascosti al freddo in attesa di saltare fuori, mi sono domandato perché lo facevamo, se quella che avevamo intrapreso non fosse una guerra contro i mulini a vento… Il regolamento UE contro il taglio illegale rappresenta una risposta esemplare a questi dubbi, dimostrando che vale sempre la pena di darsi da fare, lottare per le cose in cui crediamo; e che le vittorie come questa sono il frutto del lavoro di tante persone, di attivisti, di volontari e di tutti quanti sostengono Greenpeace perché credono in questa associazione e nei suoi principi.” © Matteo Nobili/Greenpeace

NEL CORSO degli ultimi dieci anni la nostra organizzazione si è battuta a livello internazionale per spingere l’Unione Europea a creare degli strumenti legislativi adeguati a combattere il commercio illegale del legno. Il nostro Paese purtroppo continua ad essere il primo porto di arrivo del legno illegale di provenienza africana. Grazie anche alle nostre attività di lobby, ma soprattutto alla denuncia dei carichi di legno illegale attraverso azioni non violente, siamo riusciti a tenere sempre alta l’attenzione e il nostro lavoro ha pagato. Il nuovo regolamento dell’Unione Europea entrato in vigore il 3 marzo 2013 obbliga infatti i commercianti di legname a importare solo legno legale e a fornire la documentazione completa sull’origine della partita. L’autorità competente per coordinare l’attuazione del regolamento in Italia è il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che dovrà individuare il tipo e l’insieme delle sanzioni da applicare in caso di inosservanza del regolamento. Speriamo quindi che il sistema sanzionatorio in Italia venga presto individuato e messo in atto. Nel frattempo abbiamo chiesto a un nostro attivista, che ha partecipato ad alcune delle nostre azioni dimostrative e di denuncia, di commentare la notizia. Con lui, ringraziamo tutti i nostri coraggiosi attivisti per la loro dedizione e impegno.

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1. Seul, Corea del Sud – Greenpeace insieme ad altre centinaia di manifestanti, per l'anniversario del disastro di Fukushima. © Jun Michael Park/Greenpeace

2. Mosca, Russia – Un orso polare lungo le rive del

fiume Moskova, davanti al Cremlino, manifesta in difesa dell'Artico. © Denis Sinyakov/Greenpeace

3. Queensland, Australia – In azione contro una nave

che trasporta carbone poco fuori la grande barriera corallina australiana. © James Alcock/Greenpeace

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4. Gerusalemme, Israele – In azione sul Ponte di Calatrava durante la visita di Obama in Israele. © Yair Meyuas/Greenpeace

5. Mauritius, Oceano Indiano – Il messaggio della

6.

nave Esperanza contro lo sfruttamento eccessivo della pesca © Jiri Rezac/Greenpeace

Kiruna, Svezia – Greenpeace manifesta contro le trivelle durante la riunione del Consiglio Artico. © Greenpeace/Cristian Aslund

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CLICK & CO.

di MASSIMO GUIDI

CL

CO


PERICOLO TRIVELLE

© Greenpeace

ma vicinanza alla costa, l’inadeguato studio di impatto ambientale, ma la richiesta di riportare in vigore un parere positivo di compatibilità ambientale dato, non si sa come, nel 2009. L’area sotto le mire dei petrolieri (concessione d-347) non solo è vicinissima a siti di altissimo valore ecologico e turistico, ma include importantissime zone di riproduzione e accrescimento di specie ittiche commerciali fondamentali per la pesca nel Canale di Sicilia. A denunciare la situazione ancora una volta Greenpeace e i Comitati locali. E il Governo regionale? Dopo ripetute richieste al Presidente Crocetta, che la scorsa estate in campagna elettorale aveva firmato il nostro appello “U mari nun si spirtusa”, riusciamo a far convocare un’audizione sul tema in Commissione Ambiente dell’Assemblea Regionale Siciliana. L’assessorato all’ambiente promette di intervenire, ma nulla succede. Torniamo all’attacco e in una nuova audizione all’ARS otteniamo l’intervento dello stesso governatore Crocetta. Ed è proprio lui a impegnarsi personalmente per la Sicilia per fermare questo folle sfruttamento del mare. Solo una settimana dopo iniziamo a raccogliere i frutti della nostra battaglia: la Regione Siciliana presenta per la prima volta osservazioni formali al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del mare contro i permessi di ricerca d’idrocarburi al largo di Agrigento, e convoca un tavolo per definire interventi legislativi per fermare la corsa all’oro nero nei mari dell’isola. Adesso ci aspettiamo che il governo siciliano si muova per realizzare il “Piano blu” proposto da Greenpeace per salvare il mare di Sicilia. Oltre a bloccare le trivellazioni è necessario sviluppare una gestione sostenibile delle risorse del mare, in modo da tutelare le economie locali che da esse dipendono. G.M.

LE TRIVELLAZIONI off-shore continuano a minacciare il Canale di Sicilia. È di questi mesi la richiesta della Northern Petroleum di cercare petrolio davanti alle coste agrigentine, in un’area di oltre 1300 chilometri quadrati. Lo scandalo? Non solo la pericolosissi-

STORICA vittoria della nostra campagna. L’impegno preso da Asia Pulp & Paper (APP) a non distruggere più le foreste e a non convertire l’habitat della tigre di Sumatra in piantagioni industriali volte a produrre polpa di cellulosa e carta. Siamo sicuri che l’impegno di APP porterà a una notevole riduzione della deforestazione nelle cosiddette “Foreste del Paradiso”, le ultime foreste primarie del Sud-Est asiatico e del Pacifico. Conoscendoci, però avrete capito che il nostro obiettivo è fermare chiunque minacci di distruggere i polmoni verdi della Terra. Per questo, convertito quello che era il “pericolo numero uno” per le foreste indonesiane, siamo passati al successivo. Il suo nome è Asia Pacific Resources International Holdings Limited, o APRIL. È il secondo colosso cartario a livello globale. Nel suo sito web si legge “se andate in un supermercato, cartoleria, libreria o altri tipi di

punti vendita di prodotti cartari la probabilità di imbattervi in un nostro prodotto è altissima”. Purtroppo è vero. Un grande successo commerciale, ma in materia di politiche di tutela forestale APRIL è messo male. Ha decimato le foreste di Sumatra, inimicandosi le comunità locali e non rispettando l’obiettivo, che si era dato pubblicamente, di non usare più legno tropicale. APRIL ha recentemente dichiarato: "Il termine deforestazione viene utilizzato dalla critica per caratterizzare le nostre operazioni in Indonesia. Si tratta di una parola emotiva che genera buoni titoli per i media, ma non riflette i fatti". Okay, allora guardiamo i fatti. Dati governativi dicono che il 60 per cento della fibra usata dalle principali cartiere di APRIL proviene da foreste site nel Riau. Nel 2012 il fabbisogno di cellulosa di APRIL ha portato a convertire 60 mila ettari di foresta, un'area grande quasi quanto Singapore. L’incapacità di

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© George Nikitin / Greenpeace

IL DISTRUTTORE DELLE FORESTE

APRIL di cambiare rotta danneggia la reputazione del settore cartario indonesiano sul mercato mondiale. Per questa ragione abbiamo scritto ai grandi clienti di APRIL inviando loro i nostri ultimi dati, (mappe e foto satellitari) per mostrargli che specie preziose, come le ultime tigri di Sumatra, sono a rischio estinzione. Abbiamo appena iniziato una nuova battaglia. Augurateci buona fortuna. C.C.


© Luis Liwanag / Greenpeace

© Maria Feck / Greenpeace

NO AL MAIS OGM UNO DEGLI ULTIMI atti dell'ex ministro della Salute Renato Balduzzi, lo scorso aprile, è stata la richiesta inviata alla Commissione europea di sospensione dell'autorizzazione per la coltivazione del mais OGM della Monsanto, il MON810, a livello italiano ed europeo. Si è trattato di un passo importante dal punto di vista politico, apprezzato da consumatori e agricoltori, dato che l'Italia non può rischiare di compromettere l'ambiente e la propria agricoltura giocando alla roulette russa con gli OGM. Ma non basta. Bisogna proseguire nella stessa direzione e attivare il prima possibile la clausola di salvaguardia nazionale, per vietare definitivamente la coltivazione di OGM sul territorio nazionale. Gli OGM, e il tipo di agricoltura di stampo industriale che incarnano, costituiscono un rischio inaccettabile per ambiente e salute, per questo è un obbligo fermarli. Proprio in relazione a questo mais della Monsanto, Greenpeace sta affrontando a Pordenone, in Friuli, il processo in merito all'attività svolta nel 2010 per fermare la contaminazione da OGM. Un'attività legata alla semina illegale di mais OGM nella regione. Gli attivisti entrarono nel campo illegale per isolare e mettere in sicurezza le parti superiori delle piante di mais che stavano producendo il polline transgenico e fermare così la contaminazione delle aree circostanti. Il governo Monti non ha avuto la lungimiranza di agire per tempo, per questo motivo la richiesta di Greenpeace al nuovo governo – e in particolare ai dicasteri di Agricoltura, Ambiente e Salute – rimane una e inequivocabile: tuteliamo l'agricoltura e gli italiani adottando subito la clausola di salvaguardia nazionale. F.F.

IL LATO BUONO DELLA FORZA IN UN MOMENTO in cui gli effetti del cambiamento climatico si intensificano e fanno sempre più temere per il futuro del Pianeta, Greenpeace mette a segno una storica vittoria. Due anni fa lanciammo una campagna contro Volkswagen, il maggior produttore di auto in Europa, il secondo al mondo, proprietario di ben 9 marchi tra cui Audi, Porsche, SEAT e Skoda. Volevamo spingere una grande azienda a migliorare gli standard di emissione dei suoi veicoli, sicuri che ciò potesse fare la differenza (in Europa 1 automobile su 5 viene dal gruppo VW). Il settore trasporti produce circa il 20 per cento delle emissioni globali dirette di gas serra: la maggior parte di queste proviene dalla mobilità su strada. Dal 1970 a oggi la crescita delle emissioni del settore trasporti è stata del 120 per cento, inferiore solo a quella del settore energia. Cambiare i consumi della flotta Volkswagen comporterebbe una riduzione delle emissioni di CO2 dalla mobilità su gomma, una riduzione della dipendenza dal petrolio, uno stimolo per le aziende automobilistiche verso nuovi traguardi di efficienza. Inoltre rappresenta la possibilità di sottrarre i decisori politici dalle pressioni di lobby che spingono contro ogni istanza di tutela del clima. Sembrava una sfida impossibile, dalle prime risposte negative ricevute dall’azienda. Fino a quando, durante l’ultimo Motor Show di Ginevra, Volkswagen ha preso un impegno rilevante: la flotta emetterà mediamente 95 grammi di CO2 (un consumo di circa 4 litri per 100 chilometri) entro il 2020. Un traguardo ambizioso, un segnale importante per i produttori di auto. A.B.

BREVI DAL MONDO

Il lascito a Greenpeace. Per lasciare il Pianeta senza abbandonarlo.

Per saperne di più: lasciti.it@greenpeace.org

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IN RICORDO DI ANNALISA E FRANCESCO

ANNALISA CASTALDO

Cara Lisetta, è passato un anno da quando te ne sei andata e per il tuo compleanno abbiamo pensato a Greenpeace per ricordare te e il tuo amore per la natura. Abbiamo trovato questa vecchia foto estiva, con la farfalla che ci svolazzava intorno e poi aveva scelto te per posarsi. Ti vogliamo bene. La tua famiglia

FRANCESCO VITI

Francesco, eri già uomo da adolescente, con una ricca personalità ferma e mite; poi hai saputo costruirti la vita che volevi, da bella persona, giovane intellettuale sensibile e acuto, circondato dall’affetto e dalla stima delle persone care degli amici dei collaboratori e dei colleghi nell’azienda di famiglia. In tutto sei sempre andato alla ricerca della parte migliore che non andrà perduta, con un tratto di ispirata originalità ovunque tu ti applicassi. Nobile agonista, con la passione etica e civile dei generosi e dei saggi, che si spendono per condividere un mondo migliore, anche occupandoti di Wittgenstein o di Lacan. Hai avuto una vita molto, troppo breve ma ben spesa. Chi ti ha conosciuto la renderà molto più lunga nel ricordo e col rimpianto. La tua tesi di laurea su Zizek merita di essere pubblicata, le tue orme ancora lì, sulla neve dei fogli, diranno che vivi. Delle idee si parla sempre al presente. Liceo Statale “C. Lorenzini” Pescia (PT)


PERCHÉ RISCHIARE TANTO?

© Daniel Beltrá/Greenpeace

PERCHÉ IL PERICOLO SAREBBE MAGGIORE SE RESTASSIMO A CASA.

2006 Più di 30 miliardi di tonnellate di anidride carbonica spedite in atmosfera. Tre volte tanto la capacità di assorbimento del pianeta. Ecco spiegate le acrobazie degli attivisti di Greenpeace: stanno aprendo uno striscione sulla più celebre statua di Rio de Janeiro, per richiamare alla ragione i rappresentanti di 188 nazioni, accorsi in Brasile per la Convenzione sulla Biodiversità.

DEVOLVI IL 5X1000 A GREENPEACE. CODICE FISCALE: 97046630584 www.greenpeace.it


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