GLUNews n 15

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ANNO VI • N. 2 • GIUGNO 2013 • Quadrimestrale di aggiornamento per diabetici e non €2,50 • copia omaggio

Insalata

mania.

Focus Ipoglicemia.

Sport Il pilates.

Attualità La filosofia del Piano Nazionale sul diabete.


Sommario EDITORIALE

pag. 3

FOCUS

pag. 4

Ipoglicemia.

ALIMENTAZIONE

pag. 10

Insalata mania.

LA POSTA DEI LETTORI

pag. 14

SPORT

pag. 16

Il pilates.

ATTUALITÀ

pag. 20

La filosofia del Piano Nazionale sul diabete.

CAPIRE LE ANALISI

pag. 24

VES (velocità di eritrosedimentazione).

STRUMENTI DI MISURAZIONE

pag. 26

Ad ognuno il suo profilo.

DIABETENIGMISTICA

pag. 28

DOLCI CURIOSITÀ

pag. 30

GLUNews • ANNO VI • N. 2 • GIUGNO 2013 Quadrimestrale di aggiornamento per diabetici e non Uscite: Febbraio, Giugno, Ottobre | Tiratura: 25.000 copie Direttore Responsabile Maria Margherita Rossetti Coordinamento Scientifico Prof. Andrea Giaccari Professore di Endocrinologia, Docente di diabetologia Policlinico Gemelli Roma giaccari@glunews.it

con la collaborazione di: Dott.ssa Caterina Conte Specialista in Medicina Interna Policlinico Gemelli Roma Edizione, Redazione & Progetto Grafico CARISM S.r.l. - Torino Stampa GRAF ART - Torino Registrato al Tribunale di Torino, N. 44 - 28 Maggio 2008.

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Grazie al supporto di A. Menarini Diagnostics, GLUNews è in grado di coprire in maniera capillare e dettagliata le esigenze di informazione ed educazione delle persone che cercano notizie, contenuti e strumenti affidabili e verificati sul mondo del diabete. Vogliamo rendere questo progetto multicanale unico nel suo genere ed in linea col nuovo Piano Nazionale sul diabete (di cui trovate un’interessante articolo in questo numero) con l’obiettivo di dare davvero a tutti la possibilità di reperire in maniera semplice e diretta e nel modo più personalizzato possibile le informazioni e le risposte che cercano: dalla rivista al sito web, dalle app ai social network: tutto questo è GLUNews.

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FOCUS

A. Giaccari

Ipoglicemia. “Stavo bene, ma il medico mi ha prescritto delle analisi di routine ed è venuto fuori che ho il diabete. Mi ha dato una medicina che mi ha fatto male, sarà ipoglicemia?” Capita, purtroppo spesso, di ascoltare storie simili. L’ipoglicemia è il principale “nemico” della terapia del diabete. In forma lieve può essere semplicemente fastidiosa, mentre episodi più gravi possono avere conseguenze anche pericolose per la vita. La paura dell’ipoglicemia è comune tra le persone con diabete di tipo 1, ma anche tra le donne con diabete gestazionale e persone con diabete di tipo 2 in terapia con certi farmaci. L’ipoglicemia non spaventa solo chi ha il diabete: il timore dell’ipoglicemia iatrogena (causata dal medico) rappresenta una limitazione anche per il diabetologo, che spesso rischia di essere troppo permissivo nella prescrizione della terapia. Ma cos’è l’ipoglicemia, e quali sono le cause? L’ipoglicemia è una condizione in cui i livelli di zucchero (glucosio) nel sangue si riducono eccessivamente. 4


Il glucosio è essenziale per la vita, perché è la principale fonte di energia per le cellule che formano il nostro corpo ed è quasi l’unica forma di energia in grado di far funzionare il nostro cervello. I livelli di glucosio sono strettamente controllati, perché sia l’ipoglicemia sia l’iperglicemia possono avere conseguenze dannose per la salute. Durante la digestione il corpo trasforma i carboidrati complessi assunti con il pasto (pane, pasta, riso, ecc.) in molecole più piccole che possano essere assorbite. La principale di queste molecole è il glucosio. Durante la digestione il glucosio passa dall’intestino al sangue ma, fatta eccezione per alcuni organi come il cervello, non può entrare nelle cellule senza l’aiuto dell’insulina, un ormone prodotto dal pancreas. L’aumento dei livelli di glucosio nel sangue dopo un pasto costituisce un “segnale” per il pancreas, che inizia a rilasciare insulina. L’insulina, a sua volta, fa entrare il glucosio nelle cellule, che lo usano come “carburante”. Il glucosio che non è utilizzato immediatamente viene conservato nel fegato e nei muscoli. Quando il glucosio entra nelle cellule la glicemia si riduce, tornando ai livelli normali (70-100 mg/dL), e il pancreas smette di produrre insulina per evitare che la glicemia scenda troppo. Anche quando non mangiamo, durante il digiuno, il cervello e tutto l’organismo utilizzano come fonte di energia il glucosio che era stato immagazzinato nel fegato; se finisce, il fegato ne produce di nuovo utilizzando le proteine.

Senza l’aiuto dell’insulina il glucosio non può entrare nelle cellule e i livelli di glicemia salgono. Per evitare questo, vengono prescritti farmaci che aiutano a ridurre la glicemia (ipoglicemizzanti), fino all’insulina. In particolari condizioni, alcuni di questi farmaci (insulina o medicinali che stimolano la produzione di insulina indipendentemente dalla concentrazione di glucosio nel sangue) possono abbassare troppo i livelli di glucosio e provocare ipoglicemia. Altri farmaci, come la metformina, il pioglitazone o le gliptine (chiamate anche inibitori del DPP-4) se assunti da soli o in combinazione fra loro non causano mai ipoglicemia. Va sottolineato che l’ipoglicemia da farmaci si verifica solo quando la dose del farma-

L’ipoglicemia da farmaci si verifica solo quando la dose del farmaco è troppo alta rispetto ai valori di glucosio nel sangue.

Nelle persone affette da diabete l’azione dell’insulina prodotta dal pancreas è meno efficace, o perché se ne produce poca (diabete di tipo 1) o perché le cellule non sentono l’effetto dell’insulina (diabete di tipo 2). 5


FOCUS co è troppo alta rispetto ai valori di glucosio nel sangue, ad esempio se per sbaglio si prende una pillola in più o troppe unità di insulina, se si mangia meno del solito o se si esagera con l’attività fisica. L’ipoglicemia può essere anche causata dal consumo eccessivo di bevande alcoliche o, in certi casi, dalla presenza di altre malattie.

COME RICONOSCERE L’IPOGLICEMIA? Dal punto di vista “numerico”, si parla di ipoglicemia quando i livelli di glucosio scendono al di sotto di 70 mg/dL. Tuttavia è bene sapere che, in persone che hanno il diabete da molto tempo o quelle in cui la glicemia è poco controllata, i sintomi dell’ipoglicemia possono presentarsi anche a valori più elevati, in alcuni casi fino a 100 mg/dL. Questo accade perché l’organismo nel tempo si adatta a livelli di glucosio più alti e percepisce come troppo bassi valori di glicemia altrimenti normali. In ogni caso, il

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corpo ha bisogno di un costante rifornimento di glucosio (proveniente dal pasto o dalle riserve nel fegato). Quando il glucosio nel sangue si riduce troppo a causa di un dosaggio di farmaco eccessivo o perché il corpo ne consuma di più (ad esempio nell’attività fisica intensa), il nostro cervello non ha più l’energia necessaria a svolgere le sue funzioni e si manifestano i sintomi dell’ipoglicemia. Questi rappresentano un “segnale d’allarme”, è il modo in cui il corpo ci informa che ha bisogno di carburante. È quindi importante essere in grado di riconoscerli. Ne sono esempi la confusione mentale, i disturbi della vista (“vederci doppio” e offuscamento della vista), ansia, sudorazione, sensazione di fame, palpitazioni (il cuore che “batte in gola”), debolezza e tremori. Nei casi più gravi, se l’ipoglicemia non viene riconosciuta e trattata subito, si può arrivare alla perdita di coscienza e perfino al coma. Sintomi simili possono essere causati anche da altre malattie e l’unico modo per essere certi che si tratti davvero di ipoglicemia è misurare i livelli di glucosio nel sangue. È possibile che alcune persone affette da diabete non avvertano i sintomi precoci dell’ipoglicemia. Questo avviene soprattutto nelle persone che hanno il diabete non tenuto sotto controllo per molto tempo, o quando gli episodi di ipoglicemia si verificano spesso. Nel primo caso la mancanza di sintomi è dovuta ai danni che il diabete provoca a livello del sistema nervoso, la cosid-


Confusione mentale, offuscamento della vista, ansia, sudorazione, sensazione di fame e palpitazioni sono sintomi di ipoglicemia.

logi raccomandano di mantenere i valori di emoglobina glicata (HbA1c, un’analisi del sangue che riflette i valori di glicemia nei 2-3 mesi precedenti) al di sotto del 7%. Tuttavia, per evitare l’ipoglicemia e le sue conseguenze deleterie, nelle persone considerate più fragili è opportuno “allentare” questo obiettivo, e prescrivere terapie meno aggressive. Si ritiene che valori di emoglobina glicata pari a 7,5%-8,5%, secondo i casi, siano accettabili nelle persone che non avvertono i sintomi dell’ipoglicemia, in quelle che hanno presentato episodi di ipoglicemia particolarmente gravi o frequenti e quando l’ipoglicemia potrebbe avere conseguenze particolarmente gravi, come nei bambini o nelle persone anziane affette da altre malattie.

COME AFFRONTARE L’IPOGLICEMIA? detta “neuropatia diabetica”. Nel caso delle ipoglicemie frequenti, con il tempo il corpo sviluppa una sorta di tolleranza. Entrambe le situazioni causano una riduzione della sensibilità e dell’efficienza con cui il corpo segnala che i livelli di glucosio nel sangue sono troppo bassi. Alcuni farmaci, come i beta-bloccanti (usati per la terapia dell’ipertensione arteriosa), possono talvolta avere lo stesso effetto. In assenza di sintomi si corre il rischio di accorgersi dell’ipoglicemia solo quando si presentano segni più gravi, come perdita di coscienza o crisi epilettiche. Va inoltre ricordato che in alcune persone, ad esempio coloro che oltre al diabete soffrono di malattie del cuore, gli episodi di ipoglicemia possono aumentare la probabilità di eventi cardiovascolari molto gravi, come l’infarto o l’ictus. Chi legge questa rivista sa bene che i diabeto-

Nei casi di ipoglicemia lieve o moderata, cioè i casi in cui si è ancora coscienti e in grado di prendere provvedimenti da soli, è sufficiente mangiare un po’ di zucchero, o carboidrati a rapido assorbimento. Prima, però, si deve innanzi tutto verificare che i livelli di glucosio nel sangue siano effettivamente bassi (al di sotto dei 70 mg/dL). Una volta confermata l’ipoglicemia, si deve agire secondo la “regola del 15”: assumere 15 grammi di glucosio (un cucchiaio di zucchero o miele, 3 o 4 zollette di zucchero o mezzo bicchiere di succo di frutta), ricontrollando la glicemia dopo 15 minuti per assicurarsi che sia salita almeno a 70 mg/dL. Se questo non accade, si devono assumere altri carboidrati a rapido assorbimento e ripetere questi passaggi finché la glicemia non rimane stabilmente sopra a 70 mg/dL. È importante sapere che l’azione dell’insulina o di altri farma7


FOCUS ci può essere prolungata nel tempo e causare nuovi episodi di ipoglicemia nelle ore successive: dipende da quanto dura il farmaco che ha provocato l’ipoglicemia. Una volta ristabilita la glicemia, si devono mangiare dei carboidrati a lento assorbimento (ad esempio 50 grammi di pane), soprattutto se il pasto successivo è lontano. Se si hanno sintomi tipici dell’ipoglicemia ma non si ha a disposizione un glucometro, nel dubbio conviene comunque assumere zuccheri, per poi misurare la glicemia appena possibile. Nel caso di ipoglicemia grave, quando si perde coscienza, è invece necessario l’aiuto di altre persone. L’ipoglicemia grave si manifesta raramente e principalmente nelle persone con il diabete di tipo 1. L’iniezione intramuscolare (come una qualsiasi altra iniezione) di glucagone, un ormone che ha effetti opposti a quelli dell’insulina e quindi aumenta rapidamente la glicemia, è la terapia da somministrare in questi casi. Il diabetologo istruirà i familiari su come affrontare eventuali episodi di ipoglicemia

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grave; con un po’ di istruzioni si può essere anche più rapidi ed efficaci del 118.

COME PREVENIRE L’IPOGLICEMIA? L’ipoglicemia iatrogena è la più frequente causa di ipoglicemia. È importante informare il medico sulle proprie abitudini alimentari e sul livello di attività fisica che si svolge in modo che, insieme, si possa determinare qual è la dose giusta di farmaco ipoglicemizzante da assumere. In generale, prima di modificare la terapia anche su suggerimento di un medico, si deve sempre consultare il diabetologo. Sarà utile prendere nota delle situazioni in cui si è manifestata l’ipoglicemia (cosa si stava facendo, quando e cosa si era mangiato, quando erano stati assunti i farmaci, che sintomi si sono avuti e quali erano i valori della glicemia) per aiutare il diabetologo a gestire al meglio le eventuali modifiche della terapia. Il diabetologo inoltre spiegherà come comportarsi nelle diverse situazioni, ad esempio nel caso di attività fisica intensa. L’esercizio fisico è fondamentale per il benessere generale, specialmente nelle persone con diabete, perché può aiutare a ridurre i livelli di glicemia (i muscoli consumano più glucosio durante l’attività fisica) e la necessità di farmaci. Tuttavia, nelle persone in terapia con farmaci che possono causare ipoglicemia, i livelli di glucosio nel sangue possono abbassarsi eccessivamente durante l’attività fisica intensa e/o prolungata (ad esempio una par-


tita di calcio o di tennis). Prima di iniziare l’attività fisica è buona regola misurare la glicemia e, se questa è inferiore a 100 mg/dL, mangiare un po’ di carboidrati a lento assorbimento (ad esempio due frutti o 5-6 fette biscottate). Una situazione in cui l’ipoglicemia può essere particolarmente rischiosa è la guida. Per evitare pericoli per se stessi e per altri, le persone che sanno di essere a rischio dovrebbero controllare la glicemia prima di iniziare a guidare e, durante i lunghi viaggi, fare piccoli spuntini a base di carboidrati a lento assorbimento per mantenere i livelli di glucosio costanti. Infine, è importante alimentarsi regolarmente,

senza saltare i pasti e, nel caso in cui si beva dell’alcol, farlo con moderazione e sempre durante un pasto che contenga carboidrati. La paura dell’ipoglicemia tra le persone con diabete è comune e giustificata, ma rappresenta anche una delle principali cause di aumento di peso. Spesso, infatti, per il timore di “andare in ipoglicemia”, i pazienti esagerano con gli zuccheri. Per questo è fondamentale, nel sospetto di ipoglicemia, controllare sempre i livelli di glucosio; se questi sono normali, non si deve mangiare nulla: non c’è alcuna ipoglicemia da trattare e, mangiando, si induce solo il contrario, l’iperglicemia.

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ALIMENTAZIONE

Insalata mania.

C. Conte

Negli ultimi decenni l’insalata è diventata un piatto sempre più presente sulle nostre tavole, specialmente durante l’estate, quando l’arsura estiva ci fa venire voglia di mangiare pietanze fresche e leggere. Nelle diete ipocaloriche l’insalata non manca praticamente mai, tanto che molti la considerano un alimento “per chi deve dimagrire”. Ma di che si tratta esattamente? Con il termine “insalata” si fa riferimento a una varietà di piatti di ogni genere, dalla semplice “insalata verde” alle più ricche insalate di riso o pasta, fino alla non proprio dietetica “insalata russa”. Oggi voglio parlarvi dell’insalata classica, quella a base di ortaggi a foglia consumati prevalentemente crudi (lattuga, indivia, radicchio, ecc.). Negli anni, da semplice contorno l’insalata si è guadagnata la dignità di vero e proprio piatto unico, grazie all’aggiunta di una varietà di altri 10


ingredienti. La verdura fresca, più spesso la lattuga, costituisce la base di questo piatto. La lattuga, come i suoi “sorelle e fratelli” (indivia, radicchio, sono tutte molto simili fra di loro), è composta per circa il 95% da acqua, e per questo ha poche calorie (19 kcal per 100 grammi). Dal punto di vista calorico è un cibo molto vantaggioso, perché anche mangiandone in gran quantità le calorie ingerite sono poche. Basti pensare che, in termini di calorie, mezzo chilo abbondante di lattuga (una quantità enorme!) equivale ad un pacchetto di crackers da 25 grammi. Lattuga e crackers non sono diversi solamente dal punto di vista calorico: a differenza dei crackers, la lattuga contiene pochi carboidrati, pochissimo sodio (sale) e praticamente nessun grasso (come tutti i vegetali, non ha colesterolo) un dato importante per chi deve stare attento a peso, glicemia o pressione alta. Inoltre la lattuga, come altri ortaggi, contiene le fibre, un tipo di carboidrato che il corpo non può digerire né assorbire e perciò si limita a “transitare” per l’intestino, rallentando

L’insalatona ideale, per essere considerata un piatto unico, deve contenere carboidrati, grassi e proteine nella giusta proporzione.

l’assorbimento degli altri carboidrati (zuccheri) durante la digestione, aumentando il senso di sazietà e aiutando la regolarità intestinale. I benefici delle fibre vegetali non si limitano agli effetti immediati: consumare fibre alimentari può ridurre il rischio di malattie cardiovascolari come pressione alta, infarto e ictus, a ridurre il colesterolo totale e quello LDL (il colesterolo cattivo). Per queste ragioni, le linee guida europee per la prevenzione delle malattie cardiovascolari raccomandano di assumere da 30 a 45 g di fibre al giorno, da cibi integrali, frutta e verdure. Nonostante le ottime proprietà dietetiche (e sazianti) della lattuga, un pasto solo a base di questo alimento, oltre a non essere sufficiente a soddisfare il fabbisogno nutrizionale dell’organismo (che richiede carboidrati, proteine e modiche quantità di grassi), potrebbe essere piuttosto insoddisfacente per il palato. Le “insalatone” estive, invece, sono un ottimo piatto unico, i cui ingredienti possono variare secondo i gusti personali. Ma fate attenzione a cosa aggiungete alla lattuga e a come la condite, altrimenti perfino l’insalata può trasformarsi in una minaccia per la linea e per la salute! L’insalatona ideale, per essere considerata un piatto unico, deve contenere carboidrati, grassi e proteine nella giusta proporzione. In questo piatto, gli ortaggi sono la principale fonte di carboidrati. Possiamo aggiungere verdure a piacimento, cotte o crude: pomodori, rucola, ravanelli, finocchi, cetrioli, peperoni, verdure grigliate (al naturale, non intrise d’olio!)... Si ritiene che alcune di queste abbiano anche proprietà “medicinali”: rucola e sedano, ad esempio, sarebbero utili a combattere l’acidità gastrica e l’ulcera, mentre pomodori e aglio sarebbero in grado di abbassare la pressione arteriosa. Ci sono però alcuni ortaggi e cereali con cui non 11


ALIMENTAZIONE bisogna esagerare, come carote, patate, legumi (fagioli, ceci) e mais, perché contengono più carboidrati rispetto ad altri. Dal punto di vista calorico sono invece “pericolosissime” le olive, che nascondono una discreta quantità di grassi: basti pensare che dalla spremitura delle olive si produce l’olio... Lo stesso vale per le noci e altra frutta secca, come mandorle e nocciole. Tuttavia questi alimenti, se consumati in quantità moderata, possono offrire dei benefici per la salute: uno studio pubblicato recentemente sull’autorevole rivista scientifica New England Journal of Medicine ha dimostrato che aggiungere olio extravergine d’oliva o semi oleosi (noci, mandorle, nocciole) alla Dieta Mediterranea può

ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. Ciò non significa che, siccome fanno bene, possiamo abusarne: la quantità raccomandata è pari a 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva al giorno (compreso tutto quello che usiamo sia per cucinare che per condire) o 30 grammi di frutta secca (5-6 noci) al giorno. Mangiandone di più si rischia solo di ingrassare! Aggiungendo un paio di noci e un cucchiaio di olio extravergine d’oliva alla nostra insalata ci garantiremo un apporto di grassi equilibrato, con beneficio per la salute. Infine, le proteine. Anche qui possiamo sbizzarrirci, ma vale sempre la regola di non esagerare, per evitare di ingerire troppe calorie o grassi di origine animale che, al contrario di

Esempi di valori nutrizionali di alcuni alimenti ALIMENTO

CALORIE

PROTEIN E (G)

GRASSI (G)

CARBOIDRATI (G)

FIBRE (G)

SODIO (MG)

COLESTEROLO (MG)

Lattuga (8 foglie grandi, 240 g circa)

21,6

4,4

1,0

5,2

3,6

21,6

0

20,4

1,4

0,2

3,4

1,2

3,6

0

10,3

1,38

tracce

1,1

2,5

4,6

0

47,0

0,3

5,0

0,2

0,8

10,8

0

68,9

1,4

6,8

0,5

0,6

0,2

0

89,9

0

10

0

0

tracce

0

57,7

14

0,2

0

0

211,1

35,3

85,6 101,2 75

3,7 7,5 4,7

0,5 7,8 6,0

0,3 0,3 0,5

0 0 0

397* 80 432

17,8 18,4 20,4

76,8

7,44

5,2

tracce

0

82,2

222,6

Pomodoro da insalata (grandezza media, 120 g circa)

Finocchi crudi (mezzo, 115 g circa)

Olive nere (4 grandi, 20 g circa)

Noci secche (due, 10 g circa)

Olio extravergine d’oliva (un cucchiaio, 10 g circa)

Tonno in scatola al naturale (una scatola piccola, circa 56 g sgocciolato)

Acciughe sotto sale (due, 15 gr circa)

Mozzarella vaccina (40 g) Feta (30 g) Uovo di gallina (uno medio, 60 g circa)

* Valore medio. Il contenuto di sodio varia da 362,2 mg a 432,5 mg per 15 grammi.

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quelli contenuti in olio e noci, possono avere conseguenze negative sulla salute. Gli ingredienti che più comunemente si aggiungono alle insalatone sono il tonno in scatola (scegliete quello al naturale, che praticamente non contiene grassi) o le acciughe sotto sale (lasciatele a mollo in acqua per una ventina di minuti prima di usarle: perderanno un po’ di sale e saranno più gonfie e gustose), la mozzarella o la feta (come tutti i formaggi contengono parecchi grassi, e meno proteine rispetto a pesce o carne, perciò non aggiungetene più di 30-40 grammi a persona, daranno gusto all’insalata senza appesantirla troppo), e le uova (non più di uno a settimana, meglio evitare se avete il colesterolo alto). Per condire l’insalatona usate un po’ d’olio extravergine d’oliva (misuratelo!), aceto di vino (quello balsamico, se lo preferite, va benissimo, ma poche gocce, c’è zucchero) o succo di limone. Il sale, se proprio non potete farne a meno, va usato in quantità minima. Ci sono alternative con cui sostituirlo per insaporire le insalate, dal pepe all’aglio in polvere; provate ad aggiungere un po’ di basilico o di zenzero fresco. Alcuni prodotti, come peperoncino, aglio, cipolla e zenzero, avrebbero addirittura il potere di ridurre colesterolo e trigliceridi. Anche in Italia ormai si trovano al supermercato i cosiddetti “dressing”, usati negli Stati Uniti per condire l’insalata. In genere questi contengono molti grassi, come olio o maionese, ma anche zuccheri: assolutamente da evitare. Per gli altri tipi di insalata (di pollo, di mare, di riso, ecc.) vale sempre la regola generale di non esagerare con le quantità, e soprattutto con i condimenti. Usate poco di tutto, ne trarranno beneficio sia il gusto che la salute. Abbondate con le verdure, preferite quelle fresche (ricche di vitamine e antiossidanti) e ricordate di lavarle sempre bene. Buon appetito!

Pomodori a sorpresa

INGREDIENTI PER 2 PERSONE: • 4 pomodori rossi medi • Riso integrale (100 grammi) • Tonno al naturale (una scatola da 160 gr) • Un’acciuga sotto sale • 3-4 capperi • Un mazzetto di prezzemolo • Qualche foglia di basilico • 2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva PREPARAZIONE: Sciacquate il riso e mettetelo in una pentola con 3 bicchieri d’acqua fredda e un pizzico di sale. Coprite la pentola, accendete il fuoco e cuocete per circa 40 minuti dall’ebollizione. Intanto tritate acciuga, capperi, prezzemolo e basilico, metteteli in una ciotola con il tonno a pezzetti e mescolate. Lavate i pomodori, tagliate la parte superiore e svuotateli con un cucchiaino. Quando il riso sarà cotto scolatelo, unitelo agli altri ingredienti, mescolate e condite con l’olio. Riempite i pomodori con il composto e copriteli con la parte superiore. Mettete in frigo per un’ora prima di servire. Valori nutrizionali (approssimativi) a porzione: Calorie: 355 Kcal Carboidrati: 43 g Proteine: 21 g Grassi: 11 g 13


CHIEDI AL

PROFESSORE

Caro Professore, ho letto che esiste un tipo di intervento che fa guarire dal diabete. Guarire! Ho chiesto al mio medico, ma mi ha sconsigliato. Il figlio di una mia amica, invece, fa il chirurgo al Policlinico e mi ha detto che si può fare. Vorrei andare a visita, ma non so che fare. Lei che dice? Maria Cara Maria, in effetti esistono alcuni tipi di intervento cosiddetti di “chirurgia bariatrica” che permettono di ottenere la “remissione” (temporanea scomparsa) del diabete. In generale sono interventi sull’intestino che permettono ad esempio di restringere lo stomaco (così la fame finisce prima) oppure di non assorbire quello che mangiamo (perdendo così cibo non digerito con le feci). In atre parole, sono interventi che permettono prevalentemente (altri meccanismi sono ancora in fase di studio) di dimagrire. Sono indicati soprattutto in persone con grande obesità che non riescono a seguire una dieta. Ovviamente l’intervento può determinare problemi e complicanze. Una persona su tre che subisce l’intervento, infine, ha nuovamente il diabete entro 5 anni, nonostante il dimagrimento. E se il suo diabetologo ritiene che dimagrire (molto) non è per Lei importante, eviterei di pensare all’intervento. Operarsi è facile (talvolta costoso). Ma non si torna indietro. Penso che in un prossimo futuro affronteremo l’argomento su un Focus.

Gentile professore, sono un ragazzo di 20 anni, circa un anno fa mi hanno diagnosticato un’intolleranza al glutine. Io ancora oggi non effettuo la dieta, la settimana scorsa ho scoperto di essere diabetico, può dipendere dalla celiachia? Io ho anche una poliartrite e una tiroidite. Quindi potrei avere una malattia autoimmunitaria? Cosa mi consiglia di fare?

Carissimo, tutte le malattie che hai citato sono su base autoimmune. Accade spesso che chi ha una malattia autoimmune ha un maggiore rischio di averne altre. Ma non sono una la causa dell’altra. Suggerisco di farti seguire da un diabetologo che sia specialista, o abbia esperienza, in endocrinologia. Soprattutto, leggi quanto scritto qualche numero fa da Annamaria. Nella rubrica Alimentazione c’è proprio un articolo “Celiachia e diabete”, con tanti piccoli trucchi per superare questa comune associazione. Chiedi al Professore è un servizio di GLUNews offerto a tutti i suoi abbonati, che possono porre i loro quesiti alla nostra Redazione Scientifica tramite il sito www.glunews.net. Le domande più cliccate verranno riportate sulla rivista in forma anonima in modo da essere un utile supporto su problematiche condivise.

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Il servizio non vuole in alcun modo interferire o sostituirsi alle indicazioni terapeutico/cliniche dei medici di riferimento, ma offrire un utile strumento di informazione dedicato a fornire spiegazioni maggiormente dettagliate e specifiche su problematiche legate alla corretta gestione del diabete.



SPORT

Il Pilates.

M. Daghero

Il Pilates è uno sport che nasce dalla fusione delle discipline fisiche occidentali con quelle spirituali orientali. Gli esercizi portano alla cooperazione tra la mente ed il corpo al fine di raggiungere il controllo, la precisione e la fluidità dei movimenti, il tutto coordinato dalla respirazione. Ne deriva un'ottima disciplina che distende e potenzia la muscolatura migliorandone l'elasticità, agevola la postura e regolarizza la respirazione. Attraverso una serie di esercizi si arrivano a riconoscere tanto i punti di forza quanto le debolezze fisiche, così da poter dedicare la giusta attenzione là dove è più necessario. Con l'utilizzo della muscolatura addominale e profonda si favorisce la concentrazione, migliorando progressivamente la coordinazione, l'allineamento e l'equilibrio del proprio fisico. Il Pilates è un metodo concepito per essere praticato tanto come esercizio fine a se stesso quanto in abbina16


mento ad altre discipline, così da integrare la preparazione fisica e poter prevenire o ridurre i rischi di lesioni od eventi traumatici nell'esercizio sportivo in genere. È una ginnastica adatta veramente a tutti, indipendentemente dall'età, dalla corporatura o dalle condizioni fisiche, in quanto gli esercizi sono modulabili secondo le esigenze individuali.

Il pilates aumenta il senso di equilibrio, sicurezza e benessere, riduce notevolmente gli stati d’ansia e aumenta la fiducia in sé stessi.

In caso di diabete il Pilates assume un'elevata importanza in quanto, oltre ad aiutare e migliorare il metabolismo, sviluppa una motivazione psicologica che aumenta il senso di equilibrio, sicurezza e benessere, riduce notevolmente gli stati di ansia, depressione e soprattutto aumenta la fiducia in sé stessi. La tecnica del Pilates si suddivide in due categorie: il lavoro sul materassino ed il lavoro sulle macchine, entrambe con una numerosa varietà di esercizi che derivano da sei principi fondamentali:

1 CONCENTRAZIONE La mente ed il corpo annullano tutti gli altri pensieri, focalizzandosi unicamente sul movimento e sul pensare prima di muovere.

2 RESPIRAZIONE Nel Pilates il respiro riveste una parte fondamentale negli esercizi. Si inspira sempre con il naso e si espira contemporaneamente tanto con il naso quanto con la bocca, soprattutto quando lo sforzo è maggiore e questa è veramente un'azione complessa e difficile da attuare e perfezionare.

te alla 3a-4a vertebra lombare, dietro all'ombelico. L'esercizio viene gestito dalla contrazione degli addominali. Sedersi in posizione eretta e bilanciata ci educa ad una corretta postura che, a sua volta, non espone il fisico a correzioni e tensioni muscolari che provocano dolori fisici e danneggiano gli organi interni come cuore, stomaco ed intestino.

4 CONTROLLO Contrastare la forza di gravità per rafforzare tutto il corpo. Più il movimento è lento e più si sollecitano fibre muscolari che sviluppano così una forza maggiore.

3 BARICENTRO

5 FLUIDITÀ DI MOVIMENTO

Bisogna migliorare il nostro equilibrio ed identificare la zona centrale del torace, che nel Pilates è definito il "Power House" ed è corrisponden-

Gli esercizi vanno eseguiti con regolarità di movimento, sempre uguali, continui ed armonizzati con il respiro. 17


SPORT 6 PRECISIONE Assumere determinate pose è decisamente difficile per un principiante, ma la precisione delle posizioni nel Pilates è fondamentale ed un progressivo allenamento coadiuvato dalla giusta respirazione portano ad una buona riuscita degli esercizi. Ovviamente, per chi ha il diabete e fa sport, tutto questo non deve far trascurare le normali attenzioni come il giudizio del proprio medico curante sulla scelta dello sport che si vuole praticare, seguire con scrupolosa attenzione la dieta, fattore molto importante, quindi stare alle normali regole alimentari consumando pasti facilmente digeribili prima di recarsi in palestra ed essere sempre muniti di

riserva d'acqua e qualche bustina di zucchero da consumare in caso di crisi ipoglicemiche. Informare un amico/a o, meglio ancora, l'istruttore della palestra sulla vostra condizione per affrontare in modo corretto eventuali emergenze. In ultimo l'equipaggiamento: il Pilates non richiede particolari abbigliamenti, è importante però che quelli utilizzati siano in tessuti che permettano una buona traspirazione e non sintetici che possono invece provocare fastidiose irritazioni cutanee. Nella borsa avere sempre un ricambio di tutto l'abbigliamento, oltre al necessario per una salutare doccia a fine esercizio e, non si sa mai, il necessario per misurare la glicemia ed iniettarsi un po’ di insulina.

10 ESERCIZI DI PILATES DA FARE A CASA. Ogni singolo esercizio và ripetuto fino ad arrivare, con gradualità, ad una decina di volte.

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Mettersi in posizione eretta con le braccia distese verso l'alto e piegarsi poi lentamente verso il basso fino a toccare il suolo.

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Mettersi in posizione eretta con addominali attivi, spalle abbassate, braccia e mani distese ed inclinarsi lentamente prima a destra e poi a sinistra.


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Stare seduti con gambe distese in avanti, braccia distese ai lati e ruotare contemporaneamente il torace, il collo ed il capo.

Stando seduti tirare all'indietro l'ombelico arcuando il bacino, gambe distese in avanti, braccia distese ai lati e ruotare cosÏ il torace, il collo ed il capo tenendo però fermo il bacino.

Piedi e braccia a terra con addominali attivi, sollevare lentamente il bacino fino ad arrivare alla posizione finale con il corpo staccato dal suolo stando appoggiati solamente su testa, braccia e piedi.

Mettersi con braccia e ginocchia a terra (posizione quadrupedia), tenere le ginocchia leggermente aperte, spalle e braccia distese, addominali in tensione. Allungare alternativamente e lentamente le braccia distendendole al massimo.

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Stare seduti con le braccia distese in avanti e tirare all'indietro l'ombelico arcuando il bacino tenendo erette testa e spalle.

Sdraiarsi a terra con le gambe piegate ed i piedi che spingono verso l'alto, tenere l'ombelico verso l'interno arcuando l'addome, sollevare poi la testa inspirando e, tenendole parallele, anche le braccia. Riabbassare poi testa e braccia espirando.

Stendersi pancia a terra con le braccia piegate mettendo le mani sotto la fronte, distendere le gambe ed i piedi, inspirare e sollevarle le gambe simulando il movimento del nuoto.

Sdraiarsi su di un fianco, con il braccio a terra completamente disteso e l'altro posizionato a mò di piedestallo. Mettere in tensione gli addominali alzando verso l'alto la gamba e poi fletterla richiamandola verso il busto. Ripetere l'esercizio poi anche sull'altro fianco.

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ATTUALITÀ La filosofia del Piano Nazionale sul diabete.

P. Pisanti

L’idea che mi ha sempre guidato nei 20 anni di professione come medico clinico e nei lavori di cui mi occupo oggi al Ministero della Salute Italiano è che il malato con diabete è il protagonista nella lotta alla malattia e il medico è lo strumento della scienza, che lavora accanto alla persona in una sorta di “alleanza terapeutica”, dove il curare deve avere il significato di “prendersi cura”. E l’idea di un cambiamento nell’assistenza, che preveda un passaggio dal “curare” al “prendersi cura” e la necessità di una modifica culturale e operativa che il Sistema Sanitario deve attuare per recuperare comportamenti che tengano in considerazione il malato come persona, sono il filo conduttore del Piano sanitario nazionale sulla malattia diabetica, recepito con l’Accordo Stato - Regioni del 6 Dicembre 2012 e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 7 Febbraio 2013. 20


STORIA DI UN DOCUMENTO CONDIVISO. Il documento, elaborato nell’ambito della “Commissione nazionale permanente sul diabete”, che opera presso la Direzione generale della programmazione dello stesso Ministero dal 2003, è stato predisposto con l’obiettivo di dare seguito alle indicazioni europee, con le quali si invitano gli Stati membri ad elaborare e implementare Piani nazionali per la lotta contro il diabete. Il Piano nasce dalla volontà del Ministero della Salute non solo di individuare strategie per rendere attuali e innovativi i contenuti delle norme specifiche sul diabete ma soprattutto di utilizzare modalità operative basate su un ampio dialogo e collaborazione fra tutti i principali protagonisti dell’assistenza al diabete, in una reale sinergia fra le Regioni, le Associazioni professionali, il Volontariato, le Istituzioni pubbliche e private. Il Piano, predisposto in una prima versione nel 2007, è stato poi revisionato e integrato da un gruppo redazionale interno alla Commissione e sottoposto all’esame delle Associazioni dei pazienti e dei tecnici designati dalle Regioni, che ne hanno apprezzato i contenuti e hanno proposto alcune modifiche e integrazioni, recepite all’interno del testo finale. Il passaggio politico è stato facilitato dal fatto che esso è in linea con gli indirizzi regionali attuali ma soprattutto in quanto, in sintonia con le necessità del Sistema Sanitario, risponde alle esigenze sia del mondo scientifico che del volontariato.

UNA

STRATEGIA INTEGRATA.

Il documento si connota come un provvedimento “cornice” e si propone di dare omogeneità alle indicazioni e alle attività regionali e

Il Piano diabete evidenzia la necessità di ricercare differenti e nuovi equilibri in cui la persona, e non la malattia, sia al centro del percorso assistenziale...

locali, fornendo indicazioni per il miglioramento della qualità dell’assistenza che tengano conto dell’evoluzione scientifica e tecnologica e dei nuovi modelli organizzativi. Nel riprendere le indicazioni degli ultimi Piani Sanitari Nazionali 2003-2005 e 2006-2008, il Piano Diabete evidenzia la necessità di ricercare differenti e nuovi equilibri in cui la persona, e non la malattia, sia al centro del percorso assistenziale e di sviluppare linee di lavoro che portino all’integrazione fra ospedale e territorio, alla salvaguardia della funzione della rete specialistica e alla rivalutazione del ruolo del medico di medicina generale (MMG) e del pediatra di libera scelta (PLS). In quest’ottica il Piano, nel riaffermare le finalità generali individuate dalla legge 115/87 e dal Protocollo di intesa del 30 luglio 1991, che hanno stabilito i canoni dell’assistenza e delinea21


ATTUALITÀ to l’organizzazione dell’assistenza diabetologica, individua strategie per rendere attuali e innovativi i contenuti di tali provvedimenti, che già garantiscono una efficace tutela. Non c’è alcun dubbio che a oltre 20 anni dalla sua approvazione la legge 115/87 si dimostra ancora molto attuale. Il legislatore ha previsto la necessità di definire modelli di cura integrati che sono lo strumento vincente. Era però necessario rafforzare i contenuti delle norme con uno strumento strategico e il Piano Nazionale Diabete, nel parlare di efficacia, efficienza, appropriatezza ed equità di accesso ai servizi sanitari, vuole essere questo. Il documento, nel proporre obiettivi, strategie e strumenti volti a superare i problemi riscontrati in termini di prevenzione e promozione della salute, riorganizzazione delle cure primarie, integrazione delle reti assistenziali, integrazione tra diversi livelli di assistenza e

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integrazione socio-sanitaria, vuole essere la risposta ai bisogni di salute delle persone a rischio o con diabete, nel rispetto delle disponibilità delle risorse economiche, umane e strutturali del nostro paese. In particolare il Piano evidenzia che è necessario che il Servizio Sanitario Nazionale nelle sue articolazioni, le Associazioni di Pazienti, la comunità medica e scientifica, le persone con diabete e tutti coloro che li assistono si adoperino per assicurare un efficace coordinamento dei Servizi.

CONTRO

IL “VUOTO ASSISTENZIALE”.

Una delle criticità maggiormente evidenziate dai cittadini a cui il Piano intende rispondere riguarda la mancanza di continuità delle cure, percepita spesso come “vuoto” assistenziale, e quindi come abbandono istituzionale, sia in termini temporali di copertura oraria che come mancanza di integrazione tra strutture e professionisti diversi. E per affrontare il problema della continuità delle cure il documento pone l’accento sulla necessità di una modifica culturale e operativa in cui si valorizzano le azioni concordate in un approccio globale, ricordando che il bene “salute” è prodotto dall’impegno di vari e differenti interlocutori non solo provenienti dal mondo sanitario. Le strategie in esso identificate, che hanno come obiettivo il pieno benessere fisico, psicologico e sociale sia dell’individuo che della collettività, pongono l’accento sulla necessi-


tà di una migliore organizzazione dei Servizi, una maggiore responsabilizzazione di tutti gli interlocutori compreso la persona con diabete, allo scopo di prevenire o ritardare il più possibile l’insorgenza delle complicanze. Pertanto il Piano, nel ricordare che gli elementi essenziali per una migliore tutela della persona con diabete sono l’organizzazione e la corretta allocazione delle risorse umane e strutturali, individua le modalità per perseguire dei buoni risultati nell’assistenza ed evidenzia la necessità di implementare i livelli Essenziali di Assistenza secondo le priorità di salute delle persone con diabete nel rispetto delle evidenze scientifiche, dell’Health Technology Assessment, dell’appropriatezza delle

prestazioni e della condivisione dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA). Il Documento, inoltre, focalizza l’attenzione sulla importanza di implementare i processi di informazione finalizzati a rendere la persona sempre più consapevole della propria situazione clinica, delle alternative terapeutiche possibili, e della propria responsabilità anche in termini di promozione e prevenzione della malattia e delle complicanze. A tal proposito evidenzia l’importanza di rafforzare, nei confronti della persona con diabete, l’approccio “educativo” e “formativo” di cui sicuramente l’ascolto e il dialogo sono gli elementi fondamentali da cui non si può prescindere.


CAPIRE LE ANALISI

VES (velocità di eritrosedimentazione).

A. Giaccari

A molti di voi sarà capitato di trovare la parola “VES” sul referto delle analisi di laboratorio prescritte dal medico. Si tratta di una delle analisi che vengono prescritte più comunemente. Ma cosa indica, e perché rientra quasi sempre tra le analisi “di controllo” che il medico richiede? VES è un acronimo che sta per “Velocità di EritroSedimentazione”, un termine “medichese” che indica semplicemente la velocità con cui i globuli rossi (eritrociti, dal greco erythrós, rosso, e kýtos, cavità, cellula) si depositano sul fondo di una provetta. È un’analisi in grado di rivelare la presenza di infiammazione. Cerchiamo di capire come funziona e cosa significa. 24

Il sangue è formato da una parte liquida, il plasma, e da una parte “corpuscolata”, cioè le cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine, di cui abbiamo parlato in una precedente rubrica). Normalmente le cellule circolano nel sangue le une separate dalle altre, come tante macchine su un’autostrada, senza aderire tra loro. Grazie a delle cariche elettriche negative presenti sulla loro superficie, infatti, esse si “respingono” le une dalle altre. Per misurare la VES, il sangue prelevato viene messo in una provetta in cui i globuli rossi lentamente si depositano sul fondo, e la parte liquida del sangue resta sulla superficie. Esattamente come quando si mette


dello zucchero in un bicchier d’acqua senza mescolarlo: lo zucchero si deposita sul fondo del bicchiere, e l’acqua rimane sopra. La VES misura la distanza che i globuli rossi percorrono in un’ora. In altre parole, con che velocità si depositano sul fondo della provetta. In alcune condizioni, per esempio quando è in atto un’infiammazione, la capacità dei globuli rossi a respingersi si riduce, e questi tendono ad aderire tra loro. Se si formano degli ammassi di globuli rossi, questi si depositeranno più velocemente sul fondo della provetta, perché pesano di più, e la VES sarà aumentata. Come se nel nostro bicchiere invece che zucchero sfuso mettessimo delle zollette: andranno a fondo più velocemente! Essendo una velocità, la VES si misura in millimetri/ora (similmente alla velocità di una macchina, misurata in chilometri/ora). I valori normali variano in base all’età e sono maggiori nella donna. I laboratori indicano che i valori dovrebbero essere inferiori a 20 mm/h nella donna e a 15 mm/h nell’uomo. Una regola generale che tiene conto dell’età e del genere è: VES uomo = età/2; VES donna = (età+10)/2.

presenza di infiammazione, ma per arrivare a una diagnosi è importante che insieme alla VES vengano richieste altre analisi più specifiche, in base ai sintomi che la persona riferisce e alla visita effettuata dal medico. La VES può anche essere richiesta come controllo di routine in persone che stanno bene, per verificare che non ci siano patologie “nascoste”. Una volta che è stata fatta la diagnosi, la VES può essere ripetuta per verificare l’andamento della malattia e/o l’azione della terapia, ad esempio se gli antinfiammatori stanno facendo effetto. Bisogna infine tenere presente che ci vuole qualche giorno prima che la VES si riduca e che ci sono condizioni (anemia, diabete, gravidanza, malattie del cuore) che possono alterarne i valori senza che ci sia un vero e proprio processo infiammatorio in corso. La VES, quindi, potrebbe essere considerata un’analisi di prima battuta: “se alta, c’è qualcosa che non va”. Purtroppo non è sempre così. Può alzarsi per banalità, può rimanere normale anche in presenza di malattie gravi. Per questo è indispensabile che venga integrata con le altre analisi (e la visita del Paziente).

Ora sappiamo cosa succede in laboratorio. Ma cosa indica l’aumento della VES? Innanzi tutto va chiarito che la VES è un’analisi piuttosto aspecifica. Ciò significa che la VES non indica una malattia in particolare, perché ci sono moltissime ragioni (patologiche e non) per cui si può avere un’alterazione di questa analisi. Generalmente la VES aumenta nelle malattie che comportano un’infiammazione: malattie autoimmuni, alcune forme di artrite, tumori, ma anche nella semplice influenza! La VES è un campanello d’allarme che indica la 25


STRUMENTI DI

MISURAZIONE

Ad ognuno il suo

profilo.

Come molti di voi già sapranno, l’automonitoraggio dei livelli glicemici è uno strumento essenziale per tenere sotto controllo il diabete e, in particolare, il rischio di complicanze diabetiche che più frequentemente colpiscono l’occhio, il rene, il sistema nervoso e il sistema cardiovascolare e che, spesso, per la loro gravità arrivano ad incidere pesantemente sulla qualità di vita della persona. L’impegno di chi da anni lavora in questo campo è allora quello di sensibilizzare il più possibile tutte le persone con il diabete sulla necessità di seguire, con costanza e regolarità, una serie di semplici ma preziose misure che rendono possibile combattere l’insorgenza delle complicanze di questa malattia. Fra quelle misure di prevenzione, di fondamentale importanza è l’autocontrollo dei livelli di glicemia, che oggi può essere eseguito con estrema facilità, grazie all’uso di prati26


ci e piccoli apparecchi (i glucometri) che consentono di avere il risultato del test in pochi secondi e con una micro goccia di sangue capillare. Autocontrollo non significa, però, solo conoscenza del singolo valore di glicemia: nelle recentissime “Raccomandazioni per l’autocontrollo della glicemia nel paziente diabetico”, documento elaborato da un Gruppo di lavoro che ha visto insieme le più importanti Società Scientifiche del settore, si insiste molto sulla gestione quotidiana del diabete da parte del paziente, intesa come insieme delle competenze teoriche e pratiche attraverso “piani individuali di autogestione” ovviamente sviluppati tra personale sanitario e paziente.

Tutte le persone con il diabete dovrebbero essere educate a: Avere le abilità necessarie per effettuare la rilevazione della propria glicemia Saper interpretare i risultati come base per intraprendere una azione. Percepire i collegamenti tra specifici comportamenti (alimentazione, esercizio fisico) e i risultati della misurazione glicemica, prendendo da questi la motivazione al cambiamento dei comportamenti Mettere in atto autonomamente comportamenti correttivi, farmacologici e non, in risposta ai risultati delle misurazioni glicemiche, soprattutto per la prevenzione del rischio ipoglicemico

RACCOMANDAZIONI PER L’AUTOCONTROLLO DELLA GLICEMIA NEL PAZIENTE DIABETICO Gruppo di lavoro AMD-SID-SIEDP-OSDI-SIBioC-SIMeL

Per “educare il paziente”, vengono in aiuto anche gli stessi glucometri: attualmente in commercio ce ne sono che hanno tante possibili funzioni attivabili ed utilizzabili di volta in volta in base ai bisogni personali e della specifica situazione. In questo senso il glucometro oltre ad essere uno strumento di misura e verifica, diventa strumento educativo: ad esempio la possibilità di visualizzare sul display un grafico che riporta gli ultimi valori dei test glicemici effettuati, con preimpostabili e personalizzabili i limiti inferiore e superiore che non dovrebbero essere superati per un buon compenso, permette in modo semplice di avere sotto controllo da parte del paziente l'andamento di un profilo glicemico. Gli schemi di profili glicemici possibili sono diversi e vanno adattati alla condizione e alle abitudini di vita, ma la possibilità di visualizzare in una sola immagine, tutti insieme, più valori, fa sì che chi utilizza correttamente i glucometri (soprattutto quelli di ultima generazione) diventi più consapevole dei rapporti esistenti tra terapia (insulina o ipoglicemizzanti orali), comportamento alimentare, attività fisica e andamento glicemico. La prima cosa da fare è sempre rivolgersi al proprio medico curante o al diabetologo e condividere con lui informazioni e strategie. 27


DIABETENIGMISTICA

Il termine che apparirà nelle caselle gialle deriva dal greco e si scrive Risolvete il cruciverba e saprete di cosa si tratta.

υπογλυκαιµία.

ORIZZONTALI 1 L’occhio del sottomarino - 10 Vi nacque san Francesco - 14 Fertile, produttivo - 15 Infermiere Professionale 16 La mitologica madre di Perseo - 17 In marcia - 19 Si riducono oliando - 23 L’acido della vita (sigla) - 24 Combustibile per autotreni - 27 Sono pari nel cloro - 28 Strade di montagna - 29 Si ripetono nell’indomito - 31 Organizza viaggi turistici - 33 L’arma del cowboy - 35 Mai dati alle stampe - 36 Senza compenso o... senza motivo - 39 Si ottiene dividendo per due - 42 Scavano nel nostro inconscio - 44 La parola... per i parigini - 45 Il Montale premio Nobel (iniz.) - 46 Come Sopra - 47 Quelle in bronzo servono per la produzione della pasta - 49 Lo affila il barbiere - 50 Pianta erbacea diffusa nelle regioni temperate.

VERTICALI 1 Il budino che... si mangia a Londra - 2 Un legno pregiato - 3 Ricopre le rive del fiume - 4 La... proverbiale rabbia di Achille - 5 Piccolo fucile mitragliatore - 6 La provincia lariana (sigla) - 7 L’osmio in chimica - 8 Pianta carnosa delle regioni calde - 9 La Muti attrice (iniz.) - 11 Servizio Ispettivo Tributario - 12 La differenza tra le quotazioni che negli ultimi tempi ha fatto... tribolare l’Italia - 13 Appaiono nelle pellicole in lingua straniera - 18 Si scarta e poi si gusta - 19 Scalano pareti - 20 Il numero richiesto dal medico - 21 Ispidi, pungenti - 22 È finito a mezzanotte - 25 Fu re degli Unni - 26 Si pratica per tenersi in forma - 30 Si effettua per eliminare le imperfezioni residue - 32 Donne colpevoli - 33 I successori di Pietro - 34 Lo sono i frutti da spremuta - 37 Pacco di cinquecento fogli - 38 Prefisso che vale “metà” - 40 Il nome del regista Kusturica - 41 Negatrice di ogni divinità - 42 La ics tra i fattori - 43 Informazioni per l’Accoglienza Turistica - 48 Nota musicale... operativa.

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Crucipuzzle…in insalata Mangiare insalata fa bene (lo abbiamo visto in altre pagine della rivista), ma quale varietà scegliere? Noi, nel dubbio, ve le elenchiamo (quasi) tutte qui sotto in ordine alfabetico, sta a voi inserirle nello schema, rispettando lunghezza e incroci. Buon appetito!

BELGA CICORIA GENTILINA INDIVIA LATTUGA MESTICANZA MINUTINA RADICCHIO RICCIA RUCHETTA RUCOLA SCAROLA

Sudoku VALERIANA

5 3 1 8

8 1

7

2 8

2 5 9 7 6

2 6 4

7 8 9 4 1 5 9 3

7 3 1 8 4 2 5 9 6

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9 4 8 3 6 5 7 1 2

5 6 2 9 7 1 8 3 4

3 7 9 1 8 4 6 2 5

6 2 4 5 3 7 9 8 1

8 1 5 2 9 6 3 4 7

1 9 7 6 2 3 4 5 8

4 5 3 7 1 8 2 6 9

2 8 6 4 5 9 1 7 3


DOLCI CURIOSITÀ Bevande “light” aumentano il rischio diabete Se vogliamo bere una bibita dolce, la scelta migliore sembra ricadere sulle bevande dolcificate con lo zucchero, piuttosto che quelle contenenti dolcificanti artificiali, come aspartame, saccarina, acesulfame K e simili. Secondo i ricercatori francesi dell’INSERM, l’Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale, “Contrariamente al pensiero convenzionale, il rischio di diabete è più alto con le bevande light, rispetto alle normali bevande zuccherate”, si legge nel comunicato INSERM. Il Comunicato INSERM riporta i risultati di un largo studio condotto su 66mila donne francesi e pubblicato sul Journal of Clinical Nutrition. L’intento della ricerca era fare luce sull’impatto sulla salute da parte delle bevande light, poiché di quelle zuccherate già si sapeva che possono aumentare il rischio di diabete. Il team di scienziati ha analizzato la mole di dati raccolta durante il periodo di studio per valutare la prevalenza del diabete tra un gruppo di donne che avevano bevuto entrambi i tipi di bevanda (zuccherata e dolcificata artificialmente) e coloro che avevano bevuto solo succo di frutta non zuccherato. I dati hanno così mostrato che, rispetto alle bevitrici di succo di frutta, le donne che bevevano l’uno o l’altro tipo di bibita subivano una maggiore incidenza di diabete. Le cose tuttavia cambiavano quando si analizzavano le differenze d’incidenza del diabete tra chi beveva le bibite zuccherate e quelle light. Tra chi beveva “light”, il rischio aumentava del 15% in più, rispetto alle bevitrici di bibite zuccherate, a seguito di un consumo di 500 ml a settimana. Rischio che aumentava addirittura del 59%, se si bevevano fino a 1,5 litri di bevanda light a settimana. Come ci si aspettava, tra le donne che bevevano solo il succo di frutta al 100%, non vi è stato un aumento del diabete. Meglio dunque il comune zucchero che non i dolcificanti che troviamo nelle cosiddette bevande “light” che, come il nome vorrebbe far credere, spesso sono considerate più sane e leggere. FONTE: WWW.LASTAMPA.IT - SALUTE

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L’aceto contro il diabete L'aceto è stato usato sin da tempi remoti non solo come condimento, ma anche a scopo medicinale. All’aceto, o meglio agli aceti, viste le tante varianti disponibili (di vino, balsamici, di frutta, di riso) sono state attribuite numerose proprietà: si dice, in particolare, che agiscano sulle riserve di “grasso”, che siano antitumorali e utili per il controllo della glicemia. Ma mentre per i primi due effetti non ci sono sufficienti riscontri scientifici, sul controllo della glicemia esistono molti dati. A conferma, possiamo citare uno degli studi più recenti, pubblicato sul Diabetes Metabolism Journal, dal quale si è osservato che diete ad elevato contenuto di grassi, abbinate con aceto balsamico, aiutavano ad attenuare gli effetti negativi dei grassi sulle cellule beta del pancreas, quelle che secernono insulina quando aumentano i livelli di glucosio nel sangue. In pratica, si potrebbe ipotizzare un effetto preventivo nei confronti del diabete, in quanto le cellule che producono insulina sarebbero meno esposte ai rischi di una dieta ricca di grassi. L'ingrediente attivo è l'acido acetico, ma i meccanismi non sono ancora chiariti. Per esempio, si ipotizza che l'acido acetico possa rallentare lo svuotamento dello stomaco e inibire l'attività degli enzimi digestivi presenti nell'intestino tenue, limitando la completa digestione dell'amido e, quindi, l'assorbimento del glucosio; o potrebbe aumentare la captazione di glucosio da parte del tessuto muscolare, sottraendolo dal circolo. Questo effetto si è osservato sia in soggetti sani sia in diabetici. L'aspetto positivo è che per ottenere il beneficio dell’aceto ne basta la quantità che comunemente si aggiunge all'insalata. FONTE: WWW.CORRIERE.IT - SALUTE

Halle Berry Halle Berry, nata nel 1966, è un attrice e modella statunitense nota per i suoi ruoli in film come Monster’s Ball, dove ha vinto un Premio Oscar come migliore attrice nel 2002, X-Men, I Flintstones, Cloud Atlas, ecc. Nel 1989, l’attrice è andata in coma diabetico durante le riprese di uno show televisivo e successivamente le è stato diagnosticato il diabete di tipo 1. Da allora, la Berry ha parlato apertamente di controllo del diabete. Ha aderito come primo ambasciatore nazionale ad una campagna di servizio pubblico chiamato Diabetes Aware (Diabete Consapevole). La campagna informa gli americani circa l'importanza della diagnosi del diabete, del monitoraggio e della corretta gestione di questa malattia cronica e progressiva.

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