I rinoceronti non sanno nuotare

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I rinoceronti non sanno nuotare

disegni di Alida Pintus

Saverio decise che era il momento di tornare a casa, non avrebbe potuto fare nient’altro, anzi, era già nei guai.

Balzò giù dalla roccia, la stoffa del soprabito però non era d’accordo, era rimasta impigliata in qualcosa: un grosso spuntone di pietra gli aveva bucato la veste da parte a parte.

«Staccati!» urlò Saverio tirando il tabarro.

Fu allora che accadde qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato: la roccia si mosse.

UAO

Universale d’Avventure e d’Osservazioni

Daniele Daccò

I rinoceronti non sanno nuotare disegni di Alida Pintus

ISBN 979-88-221-0913-8

Prima edizione maggio 2025 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

anno 2029 2028 2027 2026 2025

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Daniele Daccò

I rinoceronti non sanno nuotare

disegni di Alida Pintus

Capitolo 1 È il Millecinquencentosedici

Saverio fece un passo solenne verso il bancone.

«Uno!» urlò in mezzo alla bottega.

Poi ne fece un altro.

«Due!» gridò ancora più forte.

Il fornaio chiudeva gli occhi a ogni numero, come se avesse mal di testa.

«Tre!» Saverio era a metà della stanza.

Al quattro un cliente se ne era andato, al cinque il fornaio si massaggiava le tempie, fortunatamente il ragazzo arrivò fino a sei e poi si fermò.

«Più lungo di sei passi. Anche io stento a crederci, ma è la verità. È più grande di me. Di voi, di tutto il negozio».

Saverio aspettò un qualche tipo di reazione, ma non successe niente, allora continuò.

«I rinoceronti sono belve gigantesche, sono ricoperti di una corazza spessa e hanno due lunghi corni come un drago o un serpente marino.

Ve lo giuro».

Con un dito, imitò un corno che gli usciva dalla fronte.

«Uno è più lungo e curvo e sta davanti, l’altro invece è piccolo e si trova alla base del collo.

Sembrano goffi, ma lo sono quanto un guerriero o un astuto cavaliere, non devono essere veloci, la loro pelle spessa li protegge come fossero coperti di scudi, è fòrte comme tutto».

E fece il segno di uno scudo immaginario.

«Le zampe sono la mia parte preferita, robuste come colonne di una chiesa, non hanno zoccoli e nemmeno dita, non so cosa hanno, ma loro ce l’hanno».

Allora Saverio si mise a battere i piedi sul pavimento di legno.

«Non mi credete? Nemmeno io ci credevo all’inizio, ma è davvero così! Me lo ha detto mio padre e, sapete, lui è uno che viaggia, fa il mercante di pellame!»

Saverio prese un gran respiro.

«Il rinoceronte si trova solo in Asia, che è lontanissima, ma un esploratore è riuscito a catturarne uno e a metterlo su una nave per portarlo in Spagna dal re. Anche lui ha sentito parlare della belva dal corno sul naso e si deve essere incuriosito, così ne ha comprato uno, proprio come io e mia madre compriamo il pane da voi. Dicono che lo tiene nel suo giardino, quasi fosse un cane!»

Altro respirone.

«Anche io se avessi tutto il denaro di un re pagherei per vederne uno. Voi no?»

Il signor Gregorio era troppo preso dal suo lavoro di fornaio e non rispondeva, Saverio attese in silenzio ancora un po’, senza aggiungere altro.

«Per portarlo fin lì lo avranno messo nella stiva. Povero animale. I rinoceronti non sanno nuotare, almeno così dicono, per questo è importante che abbia avuto una stalla confortevole durante la traversata verso la Spagna, sarebbe bastato poco per farlo spaventare, con tutta quell’acqua che sta nel mare».

Saverio continuò ad aspettare una reazione del fornaio, che faceva finta di niente.

«Io so nuotare e non ho paura dell’acqua, ma immagino che se non sai nuotare un po’ di fifa ti venga a viaggiare per nave. Voi sapete nuotare, signor Gregorio?»

Il signor Gregorio era troppo impegnato a parlare con la madre di Saverio per stare a sentirlo, in quel momento stava tirando fuori il pane caldo da un grosso forno.

«Lo sapete che i rinoceronti riescono a sdradicare gli alberi prendendoli a cornate? Si dice che siano talmente forti da poter spianare una foresta, se perdono la pazienza. Io non ne ho mai visto uno, ma forse funziona come con i tori, è meglio lasciarli in pace».

A quel punto il fornaio sbuffò e già che c’era lanciò un’occhiataccia a Saverio, ma lui sembrò non accorgersene.

«Mio padre mi ha detto che ci sono voluti dieci uomini per riuscire a trascinarlo sulla nave con l’aiuto di lunghe corde… E non quelle che voi usate per chiudere il pane: parliamo di sartiame di nave, le corde più resistenti che ci sono».

Saverio fece un’altra pausa.

«Secondo voi un rinoceronte quanto man-

gerà, signor Gregorio? Secondo me un animale del genere può far scomparire un’intera balla di fieno in pochi attimi! Devono averne portato parecchio nella stiva, per non farlo morire di fame lungo il tragitto fino in Spagna».

Il signor Gregorio porse una pagnotta appena sfornata alla madre di Saverio cercando di sorriderle, anche se era chiaramente infastidito.

«E se invece non mangiasse fieno? Forse rumina erba come una gnura. E se fosse carnivoro? Può essere così feroce? Credo che mangi fieno, però, e dovrà mangiarne tanto durante il viaggio».

Saverio aprì le braccia per far capire al fornaio quanto fieno aveva in mente quando diceva “tanto”, ma lui non ne rimase colpito.

«Non ho mai chiesto a mio padre quanto ci mette una nave ad andare dall’Asia in Spagna. Credo che si debba tener conto del vento e delle bufere, magari faranno anche qualche sosta per rifornirsi e per recuperare altro fieno per il rinoceronte. Voi lo sapete, signor Gregorio?»

Il fornaio lasciò cadere il filone di pane che

stava maneggiando: digrignava i denti per la rabbia, ma continuava a trattenersi.

«Da grande diventerò un esploratore come

Vasco da Gama e ne vedrò uno, anzi cento, di rinoceronti e scriverò lettere qui in paese per raccontarvi come sono fatti».

Gregorio annuì fintamente: sopportava Saverio solo perché sua madre era una delle sue migliori clienti.

«Saverio, lascia stare il povero signor fornâ. Prenditi un pane dolce e sta’ buono, ninin».

Il signor Gregorio sorrise quasi in lacrime, non ne poteva più.

Il ragazzo afferrò una pagnottella e la mise nella tasca del tabarro, ma in cuor suo continuava a pensare ai rinoceronti.

Ogni giorno era così, Saverio era fissato con i rinoceronti e lo ricordava a ogni abitante del borgo.

Si cominciava con il fornaio, a seguire il ciabattino e lo speziale, per poi tornare a casa e ricominciare tutto da capo con sua madre e chiunque incontrasse mentre era davanti l’uscio a giocare.

Quasi tutti gli adulti, quindi, evitavano Saverio. Nel borgo era soprannominato “Gatto Spusso”, perché ogni volta che entrava in una bottega o passava per il mercato, tutti se ne andavano, nemmeno fosse stato una puzzola. Il ragazzo era affetto da un morbo molto contagioso, imperdonabile e per alcuni mortale: la passione.

«La passione è nemica dei buoni affari» diceva sempre suo padre borbottando.

«Il guadagno arriva se sai ponderare ogni possibile esito delle tue decisioni, e non dall’istinto».

Erano queste le frasi preferite dal padre di Saverio, eppure era da lui e dai suoi viaggi per mare lontano da Genova che arrivavano le storie.

Saverio aveva gli occhi di chi è curioso, i capelli di chi è cresciuto accanto al mare e l’indole di chi fa l’esploratore, ma è comunque tutto suo.

Saverio non camminava, saltava. Non correva, si fiondava, ma soprattutto non parlava, raccontava. Ogni tanto anche di cose che non sapeva, ma preferiva immaginare come andava il

mondo piuttosto che aspettare che qualcuno glielo dicesse.

Era quella la croce che portava tutto il borgo di Portovenere.

La mamma di Saverio ormai ci era abituata: Dama Tereza, così si chiamava, ascoltava pazientemente suo figlio ogni volta che le correva incontro con l’ennesima storia di quanto fosse pesante un rinoceronte o quanto doveva puzzare, o quanto dovesse essere rumoroso.

«Che verso fa un rinoceronte secondo te, mamma?»

Erano appena tornati dal fornaio e già era partito con le domande.

Casa sua era nella parte alta di Portovenere, in cima al villaggio, proprio sotto Castello Doria. Da quella piccola sporgenza, se non c’era bruma, riusciva a vedere fino al porto, che in verità non era poi così distante, ma in ogni caso sua madre si vantava sempre di quel panorama.

Suo padre Domenico era spesso in viaggio a commerciare qua e là, da qualche mese in casa quindi erano da soli Saverio, sua madre e Al-

fonso, il cavallo che tenevano in una piccola stalla di pietra.

Dama Tereza stava per rispondere con calma al figlio, quando si mise ritta come se si fosse ricordata qualcosa: «Tuo pae mi ha detto di darti questo dopo la sua partenza».

Saverio sgranò gli occhi e li tenne più aperti che poteva, fino a che sua madre non tornò con una pergamena di lino sfilacciata su un lato.

«Mi ha detto anche che si tratta di una pagina di un libro e che è tutta tua».

Saverio saltellava sul posto a braccia tese, poi chiuse gli occhi e quando li riaprì alzò il foglio e lo guardò. In mano aveva l’immagine del più bell’animale che avesse mai visto: un rinoceronte.

Saverio sapeva tutto di quella belva, ma era la prima volta che ne vedeva una.

«Dürer» lesse. Era il nome dell’artista che troneggiava nell’angolo della pagina. «Dürer» ripeté divertito.

«Ti piace?» chiese sua madre accarezzandogli i capelli biondi.

Saverio rispose con un sorriso saltellante.

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Aveva finalmente una novità sul suo argomento preferito: doveva andare nella sua stanza, studiarlo e stamparselo bene in testa prima che qualcuno potesse portarglielo via. Non che qualcuno lo avrebbe fatto, ma perché rischiare?

La sua camera era al piano di sopra: corse su nel sottotetto attraverso le scale di pietra, nessuno avrebbe potuto fermarlo.

Ignorò completamente il letto e anche lo scrittoio, trascinò un pesante baule sotto la finestra ed estrasse il disegno come una spada.

«Finalmente ci conosciamo» disse.

Aprì il foglio con cura per non far sfilacciare ancora di più il lino e si mise a guardarlo per bene: nella parte alta, un grosso rinoceronte di profilo era incorniciato in un rettangolo tremolante.

Saverio per poco non svenne per l’emozione.

Passò le dita sulla stampa, poteva quasi sentire l’inchiostro in rilievo. Per via della superficie rugosa si convinse che era un po’ come accarezzare sul serio un rinoceronte.

Alzò il foglio, mettendolo in controluce: il disegno si colorò d’oro e tutta la trama della stoffa intrecciata trasformò l’animale in una calda visione al miele.

Il rinoceronte era una bestia magnifica, proprio come nelle sue storie: possente come un drago, ma ancora più corazzato. Un giorno, dopo essere diventato un esploratore, ne avrebbe disegnato uno anche lui copiandolo dal vero.

I sogni di Saverio vennero interrotti da una voce che arrivava dal cortile di sotto.

«Saveriooooooo» urlava.

Era Massimo, il figlio del podestà, uno dei pochi che non si era stancato dei rinoceronti. Lui e Saverio erano amici da sempre, abitavano nella stessa via e avevano la stessa età.

Massimo era sempre spettinato: suo padre ogni giorno prima di uscire di casa si ostinava a

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farlo pettinare, ma niente, i suoi capelli neri non rimanevano mai fermi.

«Scendi! Ci sono novità!» aggiunse, correndo verso l’entrata.

«Dal porto giungono notizie!» La sua voce arrivava squillante da dietro la porta ancora chiusa.

Saverio lanciò un’occhiata alla madre, che acconsentì, ma lo fermò proprio sull’uscio: «State lontani dalla vecchia rimessa, però».

Saverio e Massimo, infatti, di tanto in tanto, passavano i pomeriggi in una vecchia rimessa per barche abbandonata, troppo pericolante perché qualcuno provasse a rimetterla in sesto o semplicemente ci andasse.

«Va bene» disse il ragazzo, e prima che sua madre potesse rispondere sparì fuori a giocare con Massimo.

Uscì di casa come una scheggia, si fermò solo un istante per salutare il cavallo Alfonso che con il suo testone spuntava dal muretto accanto alla porta.

Lì c’era anche Massimo tutto agitato.

«Seguimi!» gridò.

I due cominciarono a correre per le strade di Portovenere.

«Dove stiamo andando?!» gridò Saverio.

Massimo sorrise e basta, senza fermarsi. Continuavano a correre a perdifiato, dalla casa di Saverio erano arrivati come lampi alla zona del mercato, alla Torre delle Mura e poi verso la piazza, stavano attraversando tutto il paese come non avevano mai fatto.

I ciottoli della strada erano ancora umidi dell’aria salmastra proveniente dal golfo, ma Saverio era abituato: un forestiero sarebbe caduto lungo disteso, lui no.

Le bancarelle di Portovenere regalavano odori dell’India, sapori della Francia e pettegolezzi tutti italiani.

«Ho visto il signor Bartolomeo dormî comme un çeppo in chiesa!»

Oppure: «Ti giuro, era imbriago davanti a casa sua».

E ancora: «El propietäio della conceria è scomparso, secondo me è scappato con un’altra».

Il ragazzo ignorò il vociare, schivò un carretto pieno di pesce, passò sopra il muretto di una

fontana e corse finché non gli arrivò dritta alle narici una zaffata di profumo di mare.

«Il cuore mi scoppia!» disse, mettendosi una mano sul petto, e si accovacciò per riprendere fiato.

Massimo lo aveva portato in una zona alta che dava sul Golfo della Spezia, da lì vedevano un’infinita distesa di blu: potevano scorgere il porto con gli alberi delle navi che beccheggiavano e si muovevano come pennelli su un dipinto. Saverio tirò un lungo respiro e per un attimo le onde lo portarono lontano.

«Questa notte» ansimò Massimo.

«Cosa succede, questa notte?» chiese Saverio.

«Ho sentito mio padre che ne parlava».

Saverio insistette: «Dimmelo!»

«Il Papa ha chiesto al re di Spagna di poter vedere il suo famoso rinoceronte e questa notte proprio qui davanti passerà la nave che lo sta trasportando, si fermerà per fare provviste e poi ripartirà. So che non è esattamente come vederlo da vicino, ma…»

«Giuralo» urlò Saverio eccitato.

Massimo divenne tutto serio: «Che mi possa scoppiare la testa»

«Guarda che se è una fandonia, la testa ti scoppia sul serio» insistette Saverio.

«Invece è la verità. Accadrà questa notte».

Massimo fu interrotto da un forte abbraccio di Saverio. Aveva un sorriso grande come un galeone e anche qualcosa in mente.

Stampato per conto di Carlo Gallucci editore srl presso Puntoweb srl (Ariccia, Roma) nel mese di aprile 2025

Daniele Daccò, conosciuto nel web come “Rinoceronte”, è sceneggiatore e autore di fumetti, romanzi e libri per ragazzi. Giornalista, ha fondato la rivista “Niente da dire” e collabora con Lucca Comics & Games. Come se non bastasse scrive programmi televisivi, libri game fantasy e ambientazioni per giochi di ruolo, ma soprattutto è un mezz’orco barbaro di livello diciotto.

1516. Un rinoceronte viene spedito a bordo di una nave per essere donato al Papa. Nessuno in Italia ne ha mai visto uno, ma Saverio non fa altro che immaginare e disegnare queste bestie gigantesche, con una spessa corazza, due lunghi corni simili a un drago e zampe possenti come le colonne di una chiesa. Il vascello però affonda e del pachiderma si perdono le tracce… finché Saverio non lo ritrova sulla spiaggia! Tra i due nasce una curiosa alleanza: il ragazzino infatti decide di nasconderlo per proteggerlo dai briganti che hanno affondato l’imbarcazione su cui viaggiava e che vogliono catturarlo a ogni costo…

«Da grande diventerò un esploratore e ne vedrò cento, di rinoceronti, e scriverò lettere qui in paese per raccontarvi come sono fatti».

Consigliato dagli 8 ai 99 anni

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