FuoriOrario N°1 Anno XXXI (Ottobre-Novembre)

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N1°

Anno XXXI

Ottobre-Novembre 2017

FUCI: ma cos’è?

Un’ associazione da conoscere meglio

Un castello misterioso

Alle radici della scelta universitaria

Sciopero dei professori Chiariamo la vicenda

Matricole, ROMPIAMO IL GHIACCIO


INDICE EDITORIALE (La Redazione)

pag. 1

PAROLE DI VITA (Don Luigi)

pag. 2

UN CASTELLO MISTERIOSO (Lorenzo Cattaneo)

pag. 4

INSEGNAMENTO E SOGNI (Max & Francy)

pag. 6

ERASMUS! (Chiara Polonini)

pag. 8

FUCI: MA COS’È? (Chiara Di Vito)

pag. 9

L’UNIVERSITÀ STATALE (Andrea Scelsa e Miriam Maistrelli)

pag. 10

L’UNIVERSITÀ CATTOLICA (Marco Casetti e Marco Demo)

pag. 12

GLOSSARIO UNIVERSITARIO (La Redazione)

pag. 15

IL FUORISEDE DISPERATO (Miriam Maistrelli)

pag. 17

PROFESSORI IN SCIOPERO (Ruggero Barelli)

pag. 18

É SOLO UNA CANZONE? (Mario Scucces)

pag. 21

GUARDA E IMPARA: Locke (Lucilla Incarbone)

pag. 22

IL PIACERE DELLA LETTURA: Gli sdraiati (Francesca Bertuglia)

pag. 23

RIDICI SU...

pag. 24

RESPONSABILI REDAZIONE Francesca Bertuglia Lucilla Incarbone RESPONSABILE GRAFICA Massimiliano Puppi DIRETTORE RESPONSABILE Paolo Nuvola DIREZIONE, REDAZIONE via S. Antonio, 5 - 20122 Milano EDITORE Coop. Culturale In Dialogo s.r.l. Milano. Registrato presso il Tribunale di Milano, n. 113 del 16/02/1987 Milano, 11 Marzo 2014 Anno XXIX n. 1

COLLABORATORI Andrea Scelsa Chiara Di Vito Chiara Polonini Francesco Foto Lorenzo Cattaneo Marco Demo Marco Casetti Mario Scucces Miriam Maistrelli Ruggero Barelli

Stampato con il contributo dell’Università derivante dai fondi previsti per le attività culturali e sociali.

*copertina a cura di Francesco Foto: “una scena di eschimesi che rompono il ghiaccio, con due balene al di sotto che stanno a simboleggiare il pericolo e al contempo la meraviglia che può nascondersi al di la della lastra di ghiaccio...”


EDITORIALE

Camminare su una strada comune Si intitola Su una strada comune: testimoniare un orizzonte di ricerca il tema centrale del nuovo anno federativo fucino. Un titolo già di per sé ampio, che contiene la motivazione per cui si sceglie di far parte di un progetto formativo, culturale e spirituale, quale è il nostro. Chi è estraneo ad ambienti associativi probabilmente sarà annoiato di sentir menzionare perennemente il concetto di strada comune, il fatto di camminare insieme. Questo risulterà vero se affrontato in modalità sterili e poco organizzate, e non se diviene,

potremo incontrarci di nuovo lungo la strada». È vero: sulla strada si incontra tanta gente diversa, e c’è chi trova punti in contatto, chi no, ma tutti almeno un pezzo di strada insieme provano a intraprenderlo, anche solo per capire se sia una buona scelta. Come ultimo spunto da lanciare, le scelte legate all’università. Nel presente numero abbiamo deciso di dedicare la nostra attenzione a questo luogo che ci circonda, andando alle radici di ciò che ci motiva. Non sono voli pindarici quelli che affermiamo, ma testimonianza di quanto stiamo cercando di vivere e trasmettere al meglio.

LA REDAZIONE

invece, il fulcro cui ruota intorno l’attività della Federazione e dei singoli gruppi. La ricerca è quanto contraddistingue la formazione, e la formazione è quanto contraddistingue il mondo dell’Università. Tutto è collegato, ogni soggetto è in reciproca corrispondenza con gli altri. Con queste parole si spiega l’immagine della strada comune. Ognuno con le proprie scarpe, ma sulla stessa strada. Cantano i Modena City Ramblers nella canzone cult La strada: «Abbiamo girato insieme e ascoltato le voci dei matti, incontrato la gente più strana, e imbarcato compagni di viaggio. Qualcuno è rimasto, qualcuno è andato e non s’è più sentito, un giorno anche tu hai deciso, un abbraccio e poi sei partito. Buon viaggio hermano querido, e buon cammino ovunque tu vada, forse un giorno

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PAROLE DI VITA

Studere si traduce amare Butto lì quattro chiacchiere che penso non siano inutili per le matricole. Vorrei parlare dello studio e più precisamente dell’amore per lo studio. Per persone che decidono di investire quattro o cinque anni di vita in questa attività può sembrare superfluo; in realtà penso che ben pochi studenti sappiano studiare; non tanto per pigrizia, ma perché, più tristemente, non sanno cosa sia lo studio. Studiare è primariamente un’attività del cuore perché il verbo latino studere si può tradurre in italiano con il verbo amare, cioè si possono conoscere le cose fino in fondo solo amandole... Cosa significa tutto ciò? Almeno due cose: 1. Amare ciò che si studia (vedendo da subito in questa attività le persone per cui si studia); amare fino a perdersi nello studio. 2. Ma perché tutto non degeneri nella secchioneria (forma epidemica e surrogato del vero amore) bisogna declinare lo studio con la libertà: solo le persone libere possono amare lo studio. Non è un paradosso, ma l’affermazione della necessità di acquisire al più presto le capacità di dominare lo studio senza esserne mai dominati; il prezzo che pagano coloro che sono angosciati dallo studio è troppo alto e solo in minima parte ricompensato da qualche successo. Essere liberi dallo studio per essere poi liberi di studiare: ecco il segreto che va scoperto al più presto; in questo modo le ore passate sui libri diventano un atto d’amore. Ma non siamo ancora al punto centrale: perché studere = amare? Conta, forse, l’atto dello studio in se stesso? Oppure lo studio prende valore da ciò che si studia? Lo studio è sempre lo studio di qualcosa e, quindi, è sempre apertura alla verità. La verità (ogni verità) è sacra e poterla conoscere è un privilegio e una grazia.

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DON LUIGI Assistente Spirituale FUCI UCSC

Studiare non è aumentare conoscenza o apprendere un mestiere, bensì avere la passione per la verità. Così il percorso universitario diventa una grande avventura di ricerca esistenziale ed intellettuale. Avere a che fare con la verità non può essere un gioco lasciato nelle mani degli imbecilli, dei paurosi o dei pigri. Volendo concretizzare la moralità richiesta dallo studio, io vedo necessarie tre cose: 1. L’onestà intellettuale che riesce, col tempo e con la pazienza, a distinguere la verità dall’opinione. 2. Lo spirito di sacrificio, perché lo studio è anche esercizio ascetico; necessita infatti di metodo, precisione, umiltà, distacco, pazienza. 3. Unità di pensiero, perché la dispersione è il nemico numero uno dello studio. Per apprezzare la fatica del pensare ci vuole molta concentrazione. Alla fine di ogni percorso di studio si deve essere in grado di far sintesi, e la sintesi è opera di “raccoglimento” nel senso più pieno e preciso del termine.



ORIENTARSI NELLA SCELTA

Un castello misterioso Chi, per la prima volta, si affaccia all’università è come un romantico che s’appressa ad un castello misterioso. Essa si presenta come qualche cosa di grande e indeterminato, e l’indeterminato grandemente sentito, come dicono i moderni, si traduce in sentimento; il sentimento gonfia le vele d’un’arcana poesia animatrice. – Giovanni Battista Montini Abito a Cusago, un piccolo paese di campagna dove è situato un castello risalente al XIV secolo, ma da diversi anni inagibile nella maggior parte dei suoi ambienti. Mi capitava spesso di fermarmi nella piazza antistante ad immaginare come fosse al suo interno, quale fosse la via per arrivare alla cima della torre e quale fosse la visuale da lì. Beh, l’idea che dopo anni mi ero fatto è che fosse qualcosa di stupendo. Durante gli ultimi due anni di scuole superiori ho partecipato a incontri di presentazione delle varie facoltà universitarie, ma anche in queste circostanze era come guardare da fuori qualcosa che non si conosce, qualcosa di misterioso e immenso. L’ignoto può destare paura e bloccare, ma in altri affascina, attrae, incuriosisce e fa sognare o in alcuni casi entrambe le cose. Mi ricordo ancora la volta in cui sono andato nello studio di mio zio avvocato per chiedere informazioni su Giurisprudenza e lui, dopo un segno di croce, prese il Trimarchi (i giuristi capiranno), librone da millemila pagine, ed il Codice Civile, dicendomi: «Questa è la mia Bibbia». Rimasi spaventato e titubante. Ho iniziato ad avere perplessità sulla mia scelta e così a informarmi per Ingegneria ed Economia, poi però mi assaliva costantemente la domanda: «Che cosa sogno di fare?». L’Università è la scala a chioccia che porta in cima alla torre e permette di guardare un paesaggio meraviglioso.

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LORENZO CATTANEO Giurisprudenza

Uno strumento unico che dopo la laurea permette di svolgere, o almeno se lo si augura, quella professione che si ha sempre desiderato. Papa Francesco diceva, «Siate consapevoli di ricevere nello studio un’opportunità feconda di riconoscere e dar voce ai desideri più profondi custoditi nel vostro cuore, la possibilità di farli maturare». È importante dunque chiedersi «cosa lo studio mi ha rivelato su di me oggi?». Nessuno di noi possiede l’esperienza, la vocazione, la curiosità, la personalità, la sensibilità di un altro. Si rendono dunque necessarie delle modifiche alla nostra scala a cui manca un gradino, il corrimano, l’illuminazione, e magari c’è anche qualche scheggia pericolosa da togliere o qualche gradino marcito da sostituire. Bisogna che ognuno sistemi la propria ed abbia il coraggio di uscire dagli schemi. Magari seguendo quel seminario che potrebbe essere importante per la formazione professionale o quella conferenza che interessa anche se al di fuori dell’Università e quindi non aiuta a sostenere l’ipotetico esame che bisogna sostenere la settimana successiva. «La ricerca vi insegni a essere capaci di progettualità o d’investimento, anche se richiede fatica e pazienza. È nel lungo periodo che si raccolgono i frutti di ciò che si semina con la ricerca». Di nuovo parole di Papa Francesco. È importante non perdere la percezione della realtà con uno studio che si fermi alle nozioni dei testi, ma rimanere connessi: noi viviamo nel mondo e non solo in università! Ci si può abbonare ad una rivista che parla di problemi sociali oppure sporcarsi le mani in qualche esperienza di volontariato. «Non vi accontentate di verità parziali o di illusioni rassicuranti, ma accogliete nello studio


una comprensione sempre più piena della realtà. Per questo sono necessarie l’umiltà dell’ascolto e la lungimiranza dello sguardo» – Papa Francesco. Ricorda, la scala deve essere funzionale e non bella, deve portati in cima, quella è la tua meta. Nel sistemare la tua scala potresti però aver bisogno di qualcuno che ti presti qualche vite, il martello, del legno e potrebbe poi accadere tu sia chiamato a fare lo stesso con altri. «Abbiate sempre cura di incontrare l’altro, cogliere l’odore degli uomini d’oggi, fino a restare impregnati delle loro gioie e speranze, delle loro tristezze e angosce. Non opponete mai barriere che, volendo difendere la frontiera, precludono l’incontro con il Signore». – Papa Francesco Non avere paura, lo spazio sulla cima è tanto ed il paesaggio lo possono guardare tutti, un po’ come il sapere: se lo condividi non diminuisce, ma dal confronto potresti capirci qualcosa di più o aggiustare il tiro. Qualche anno fa è sorto un progetto che ha riaperto le porte del castello che ho nominato all’inizio ed ha permesso di visitare le zone agibili. Sono così riuscito dopo anni ad arrivare in cima e godermi il paesaggio: ne è valsa la pena.

L’augurio che mi sento di farti, nuova matricola, chiunque tu sia, è quello di giungere nel più breve tempo possibile alla cima della tua carriera universitaria appagato, soddisfatto e con una formazione a 360°. Troverai sicuramente esami che piacciono di più, quelli che piacciono di meno, più facili o meno, magari momenti difficili per la tua vita, ma tieni duro tenendo gli occhi puntati verso l’alto con i piedi però ben piantati a terra. «La perseveranza nel lavoro e la fedeltà alle cose possono portare molto frutto» – Papa Francesco. Potrebbe esserti utile vedere il tuo studio come un lavoro che esiga del tempo (magari stabilisci quanto dedicarci, tieni presente che solitamente si lavora per otto ore al giorno) ed un luogo in cui tu non sia disturbato. Vivi al meglio questi anni universitari, e che possano portare frutto al tuo futuro!

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SPIRITUALITÀ

Insegnamento, sogni e verità in posa Ci scusiamo già in partenza se sfociamo nell’autoreferenziale, ma in fondo le nostre parole riguardano tutti. O meglio, i sogni di tutti coloro che ogni giorno si impegnano a coltivarli. Questi anni di frequentazione universitaria ci hanno fatto capire che esistono degli interessi di cui non si può proprio fare a meno, proprio perché sono interessi già radicati in noi a partire dagli anni di liceo. Ora sono divenuti passioni, e quanto ci piacerebbe che questa passione per la scrittura, l’insegnamento o la fotografia diventino per noi mestieri concreti in futuro. Ma facciamo un passo indietro. E per farlo, raccogliamo testimonianza di un uomo che in Italia ha voluto cambiare la Scuola. Quella con la S maiuscola. E ci è riuscito determinando anche il cambiamento di un’Italia che stava cambiando a sua volta. Quest’uomo è Don Milani, che nacque a Firenze nel 1923. Ordinato sacerdote nel 1947, il suo primo centro di attività fu una località nei pressi di Prato, e il suo vissuto lo portò a scrivere Esperienze pastorali. Dopo numerosi screzi con la Curia, Don Milani divenne una figura scomoda all’interno dell’ambiente clericale, così nel 1954 venne confinato tra le colline toscane: a Barbiana, piccola località di Vicchio sul Mugello. Questo piccolo centro diviene l’essenza dell’attività pastorale di Don Milani e del suo modo di fare scuola. La sintesi del suo modo di trasmettere l’educazione e la conoscenza è racchiusa nel libro intitolato Lettere a una professoressa, pubblicato nel 1967. L’opera è stata un lavoro collettivo di alcuni ragazzi della scuola di Barbiana che hanno raccolto il materiale, stesso e corretto le lettere che sono passate alla storia come il vissuto e il massaggio da trasmettere a tutti per una scuola migliore. Il libro parlava di vita e di semplicità. E con semplicità era stato scritto: anche le persone meno colte come i contadini erano in grado di appassionarsi. È nell’anno della contestazione, il 1968, che Lettere a una professoressa diventa un cult per i

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MASSIMILIANO PUPPI & FRANCESCA BERTUGLIA Teologia - Lettere movimenti studenteschi, per lottare contro un’istruzione ingiusta. Proprio Don Milani ha creato il motto I-CARE, a me interessa, a me sta a cuore. A lui stavano a cuore la scuola e la vita dei suoi studenti. Don Milani non poteva risolvere il problema dell’educazione del suo tempo, ma almeno propose una soluzione, lanciò la sfida: non basta chiedersi soltanto come debba essere la scuola, bensì chiedersi come dovremmo essere e comportarci noi stessi per rendere la scuola come vorremmo fosse. Qui stava la differenza, nel cambiare le persone che fanno la scuola,

non nelle sue mere riforme didattiche. Dopo più di quarant’anni da questi fatti, Don Milani dà testimonianza del valore dell’insegnamento, della ricerca e dello studio. A noi, uomini e donne del nostro futuro, deve stare a cuore ciò di cui ci occupiamo. Lo studio deve essere critico, produttivo, favorevole ad ampie vedute: così possiamo conoscere un mondo migliore e trasformarlo. Torniamo al presente. Torniamo a giovani come noi che sognano di raccontare storie. Il giornalismo permette di scriverle e di farle sentire, ma se vogliamo che le persone si appassionino realmente a ciò che scriviamo dobbiamo impegnarci. E allo


stesso tempo dobbiamo cercare di essere naturali e leggeri. Occhi, voce, cuore, carta e penna: una simbiosi che permette di vedere, ma ancora più difficile è far vedere. È un atto mentale fondamentale, che permette di immergerci nella storia. Così la storia diventa un po’ di tutti, come voleva Don Milani. Chi ha in mente delle storie non può certo lasciarle morire. Deve risvegliarle dal passato, agganciandole al presente. E specialmente un giornalista deve essere abile nel trasformare i fatti in parole. In parole vive e sincere. L’obiettivo è quello di condividere, di far entrare qualcuno nella vita di qualcun altro. Dal momento in cui si racconta qualcosa infatti, si ha un contatto con l’altro: insieme si analizzano i fatti, insieme emergono opinioni critiche. E la bellezza è che nessuno rimane se stesso davanti ad una storia. Oguno deve essere giornalista e testimone del proprio tempo. Continuando, a discapito dell’opinione comune, talvolta, il giornalismo non è un’attività in cui l’autore vende il proprio nome sulla carta. Vende ciò che vede, vede ciò che scrive, scrive ciò in cui crede. Al di là delle tecniche fondamentali del giornalismo, vi è un filo rosso che sintetizza il suo percorso: la passione. In questi termini ci ricolleghiamo a quell’interesse profondo che stiamo imparando a coltivare nei nostri anni di formazione. Nel mondo della scrittura la passione è l’intero moto che fa emergere le parole, che porta all’ascolto e all’osservazione della realtà. Per questo le firme più illustri di tutto Novecento sono passate alla Storia: perché hanno concepito l’arte del giornalismo come una storia, come un’evoluzione, perseguendo la loro strada con verità, coraggio, provocazione, libertà e disobbedienza, rendendo la loro professione un mestiere che scava nella profondità delle storie. Anche dalla nostra parziale e modesta prospettiva di universitari, si può scavare nella profondità delle storie, poiché anno dopo anno, incontro dopo incontro, lettura dopo lettura impariamo a ricercare ciò che più ci sta a cuore ed è determinante per la nostra formazione ed esperienza personale. Soprattutto, quando entriamo a far parte di una storia, o entriamo in contatto con un’atmosfera che le storie le diffonde, siamo noi a scegliere cosa portare a casa, per

capire che effettivamente esiste un’Italia fatta di gente che la vuole cambiare in meglio, grazie alla voglia di fare e al talento dei più giovani anche, aiutati a maturare una scelta riguardo il proprio futuro. Per questo siamo convinti del fatto che è e sarà l’intensità del nostro sogno a fare la differenza. Terzo ed ultimo passaggio. Dopo l’importanza di un insegnamento genuino, dopo la libertà dell’affermare il proprio sogno, ecco una suggestione fotografica. La fotografia dalla sua nascita ad oggi non si è limitata a registrare la realtà, ma è divenuta il modo in cui essa ci appare, l’espressione dei nostri punti di vista. La fotografia istruisce la coscienza, ma il suo fascino sta nel fatto che essa risponda alla necessità dell’uomo di fermare il tempo e di contemplare la bellezza dello stesso. Il fotografo così si fa portavoce di un messaggio che è destinato allo spettatore e che quest’ultimo può così arricchire con la propria visione dell’universale. La fotografia è capace di costruire o distruggere un soggetto, o peggio, di costruire attorno ad un soggetto una realtà parallela, e ciò significherebbe che la verità del reale si allontani dalla fotografia, mentre la sua bellezza dovrebbe proprio essere quella di variare con gli stili e i metodi, con le inquadrature e i colori per originare una fotografia che non è più semplicemente tale, ma diviene un’evocazione dal valore che noi le attribuiamo, diviene una verità particolare: una verità in posa. Henri Cartier-Bresson diceva che «fotografare è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi, il cuore. E’ un modo di vivere». Ecco, proviamo a fotografare quest’istante, quello in cui stiamo scrivendo e leggendo: non possiamo far a meno di credere, almeno per ora, che è proprio il fatto che stiamo pensando tutto ciò adesso che ci permette di viverlo, e soprattutto di sognarlo, esattamente in questo istante.

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GRAND’ANGOLO

CHIARA POLONINI Lingue e Letterature Straniere

ERASMUS!

European Region Action Scheme for the Mobility of University Students, in one word: ERASMUS. How many of us, young university students, have dreamt about going abroad, discovering the World outside our own town, going through college life that we’ve seen only in American movies, having the opportunity to personally know a new culture even if it’s completely different from ours? This explains why the project Erasmus is such a good idea and since 1987, it has been chosen by thousands of students. A project, a new experience, a challenge, the Erasmus is something that will change you, that allows you to test your abilities: decide on going abroad to study means doing that step in the real world, in the everyday life. How often while passing through corridors, or sitting in the garden of the University, your attention has been captured by words and laughs of groups of foreign students talking about lessons, teachers, huge amount of work to do, or about the result of the match of the previous evening, or which pub choose that night. All of this can show us that life in Erasmus isn’t so distant from the one we live at home. For sure you need to adapt your personal habits to the hosting tradition, but basically who decides to take part of this project, has the desire to know a new culture, lifestyle and language. The Erasmus involves more than 31 countries becoming an intercultural instrument of exchange, communication and collaboration which can be very useful to create and strengthen our future toward a better globalization. Why leaving? Is not enough studying for the exams of your own faculty? There are too many choices, and we don’t even know where to begin. First, the destination is important, you don’t choose just for the places you want to visit the most taking the Erasmus as the excuse to tour the country far and wide, but you should remember the key word of the project: study. You will certainly have the possibility to visit many

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dreamt places seen only in pictures, but leaving means taking the responsibility necessary to extend your personal academic education. Every university has already created a relationship with the hosting one, and the research of the perfect match based on your faculty, subjects and lessons is narrowed in conformity with credits and exams approved and accepted by your university plan. Choosing the destination is just the first step that leads to hundreds different worries: where am I supposed to live for those 6, 8, 12 months? Can I do it? And what language would I speak if I don’t know English very well? About the exams: how can I pass one exam that I hardly understand in Italian? Here it is the best of the Erasmus: you have to challenge yourself and figure out things even though your expectations were higher or different; this experience will give you more independence and will help you grow stronger, overcome your fears and make new friendships. This initiative, the desire of knowing and opening your horizons are the elements that will enrich your luggage already full of experiences and emotion; the elements that will permit you to explore innovative ideas and new relationship in your life.


GUIDA ALL’UNIVERSITÀ 2017

CHIARA DI VITO Economia e gestione dei Beni Culturali e dello Spettacolo Cara matricola, prima di tutto benvenuta in Università e benvenuta in quel luogo che diventerà la tua seconda casa in questi anni ... o almeno così ti auguro! In queste poche righe vorrei parlarti di un’esperienza che ha segnato profondamente questi miei anni universitari e che li ha resi così speciali: la FUCI. Ma che cos’è? Potrei stare a raccontarti la solita “solfa” (perdona il toscanismo) dicendoti che la F.U.C.I è la Federazione Universitaria Cattolica Italiana, che presenta gruppi di studenti su tutto il territorio italiano, che ciascun gruppo organizza attività fuori e dentro l’Università e così via, ma sinceramente non penso possa esserti molto utile. Quello che voglio racconarti della Federazione è la mia personale esperienza da vecchia fucina che sono, sperando che il dire ciò che più mi ha colpito possa far nascere in te un po’ di curiosità. Infatti solo se “vieni e vedi” potrai capire se questo è il percorso giusto per te in un momento così bello della tua vita quale la formazione universitaria. Fare la FUCI è prima di tutto mettersi in cammino con persone che vivono la tua stessa esperienza. È condividere con loro le gioie e le difficoltà di questi anni. È mettere a confronto le proprie conoscenze venendo da percorsi di vita differenti. È non sentirsi soli in un luogo che soprattutto all’inizio mette un po’ di paura perchè così diverso dal liceo. È condividere pensieri e opinioni. È la possibilità di approfondire argomenti che non conosciamo e allo stesso tempo mettere le nostre conoscenze al servizio degli altri. È imparare a stare insieme.

FUCI: ma cos’è? Fare la FUCI è sostanzialmente essere presenza viva in Università, è occasione di rendere concreto in un luogo della nostra vita quel Vangelo che Gesù annunciava per le strade e che spesso non siamo neanche in grado di annunciare nelle nostre case. Far propria la Parola, con tutti i limiti del caso, significa realizzare nella propria vita quella Parola. E quale migliore modo se non quello di farci prossimi? La FUCI non è altro che lo strumento che ci permette di conoscere la realtà che viviamo per metterla al servizio degli altri. Queste non sono teorie o sogni campati in aria, ma è uno stile che può essere concretizzato nei modi più fantasiosi nella nostra vita di oggi e in quella di domani. Essere fucini è dunque prima di tutto essere universitari. Questa non è una banale frase fatta ma è la vera essenza di questo percorso. Anche se inizialmente sembra essere solo una formalità, diventa piano piano una consapevolezza e una chiave di lettura dell’esperienza stessa. Non voglio dilungarmi troppo perché non avrebbe alcun senso, ma spero di aver fatto nascere in te quella curiosità che è la caratteristica fondamentale e decisiva per affrontare al meglio questi anni universitari. Curiosità è ricerca e ricerca è amore per lo studio e amore per lo studio è Università. Il mio augurio è che in questi anni tu possa riscoprire, attraverso la FUCI o attraverso un’altra esperienza che ritieni migliore per la tua vita, un’Università che è il luogo privilegiato in cui i saperi dialogano tra loro, le menti si mettono assieme affinché attraverso il confronto schietto e sincero vengano condivise e prodotte idee nuove per il futuro tuo, nostro e degli altri.

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GUIDA ALL’UNIVERSITÀ 2017

L’Università Statale Cara matricola, benvenuta all’Università degli Studi di Milano, una delle maggiori università italiane. La Statale (questo il suo nome ai più) è una realtà assai complessa che non si sviluppa in unico polo universitario, bensì in molteplici strutture, situate da un capo all’altro della città. Per semplificare possiamo dire che si sviluppa principalmente in due sezioni: l’area umanistica, situata nella sede centrale di via Festa del Perdono (e nei vicini distaccamenti di via S. Sofia, piazza S. Alessandro e via Conservatorio) e l’area scientifica che si sviluppa nella cosiddetta Città Studi, tra le fermate della Metro verde di Lambrate e Piola. Sul dare informazioni rapide e curiosità utili in poche righe riguardo la nostra Università non si può generalizzare, poichè ogni distaccamento conserva le proprie storie e tradizioni. Quel che è certo è che l’Unimi possiede un ottimo sistema di biblioteche dislocate in ogni sede, aperte non solo durante i giorni feriali, ma anche la sera e nei weekend. In via Festa del Perdono potrai trovare la Biblioteca Centrale aperta fino alle 23:00 dal lunedì al venerdì e al sabato dalle 9:00 alle 18:00. La domenica invece resta aperta la biblioteca di Filologia Moderna dalle 10:00 alle 18:00 per tutti gli studenti. In Città Studi vi è quella di Biomedica (via Valvassori Peroni), ed è aperta nei weekend dalle 10:00 alle 18:00, mentre nei giorni feriali rimane aperta sino alle 21:00. Inoltre Unimi offre un sistema bibliotecario online - l’Opac – che permette di effettuare ricerche comodamente. In via Festa del Perdono poi è presente una

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ANDREA SCELSA & MIRIAM MAISTRELLI Giurisprudenza

grande Sala Studio dove è data la possibilità di ripetere e studiare ad alta voce, per ripassare con colleghi universitari prima degli esami (anche se spesso quest’aula è anche luogo ludico per scambiare due chiacchiere e per distrarsi un po’ dalla solita routine). Accanto vi è l’Aula Informatica, in cui attraverso il proprio account è possibile navigare in rete e utilizzare i computer messi a disposizione. Lì vicino, oltre un piccolo stagno dominato da diligenti tartagughine e da una creatura acquatica mitologica che si nutre degli studenti fuori corso, chiamata Karpozzilla, è presente la mensa, una delle piú grandi, in cui con pochi euro ti potrai assicurare un pasto completo - e, se sei beneficiario di borsa di studio, questo servizio sarà addirittura gratuito. Unimi infatti eroga ogni anno agli studenti borse di studio basate sia sul merito che sul reddito, per agevolare chi ne ha bisogno delle spese universitarie che, a volte, tra tasse e libri di testo, possono risultare abbastanza costose. Potrà anche interessarti sapere che l’Università ogni anno organizza dei bandi che permettono agli studenti di lavorare presso biblioteche o dipartimenti, per un massimo di 150 ore annuali. Ciò offre la possibilità di avere un piccolo lavoretto all’interno dell’Università, per poche ore al giorno, senza quindi impedirti di stare al passo con lezioni ed esami ed è anche un buon modo per guadagnare qualche euro in più senza impazzire alla ricerca di un lavoro pesante e sottopagato. Insomma, cara matricola, l’esperienza universitaria è unica nel suo genere, all’inzio potrai sentirti spaventata, confusa


o disorientanta dalla grandezza delle aule e dalle innumerevoli opportunità offerte dall’Ateneo, ben presto però scoprirai che può essere anche un luogo arricchente non solo da un punto di vista disciplinare e personale ma anche da quello umano e spirituale. Non ci sono consigli perfetti per poter affrontare al meglio questi anni oppure formule magiche che ti permettano di superare con la lode tutti gli esami: questo è un luogo di passaggio dall’essere ragazzo a divenire un giovane cittadino del mondo. Per godersi al meglio questo questa fase di maturazione c’è un solo modo: vivere l’Università a 360° e non solo come luogo di formazione professionale. L’Università deve essere abitata e vissuta: non vivere questi anni in casa in balia di ansie inutili per gli esami, scopri quante occasioni questo luogo ha da offrirti, informati sulle attività universitarie oltre alle lezioni, interessati di quella che sarà per i prossimi anni la tua seconda casa. Vedrai che tra gioie – tante – e dolori – quanto bastano – gli anni a venire potrebbero essere i più belli e arricchenti della tua vita.

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GUIDA ALL’UNIVERSITÀ 2017

L’Università Cattolica Nel 1919 padre Agostino Gemelli, Ludovico Necchi, Francesco Olgiati, Armida Barelli ed Ernesto Lombardo, intensamente impegnati sul piano culturale ed ecclesiale, concretizzarono il proposito di fondare in tempi brevi un’università cattolica che esercitasse un ruolo importante all’interno della cultura nazionale. Affrontando non poche difficoltà, nel febbraio 1920 fu costituito l’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, ente fondatore e garante dell’Università Cattolica, intitolato all’economista e sociologo, protagonista tra i più attivi del movimento cattolico italiano. Il 24 giugno dello stesso anno l’Istituto ottenne il decreto di approvazione firmato da Benedetto Croce, allora ministro della Pubblica Istruzione, mentre papa Benedetto XV avallava l’Università sotto il profilo ecclesiastico. Il 7 dicembre 1921 l’Università Cattolica del Sacro Cuore fu inaugurata ufficialmente. La prima sede dell’Università si trovava presso il palazzo di Luigi Canonica in via Sant’Agnese 2 (ancora oggi una delle sedi) e solo nell’ottobre del 1932 fu trasferita nell’antico Monastero cistercense di Sant’Ambrogio progettato dal Bramante e tutt’oggi Sede dell’Ateneo. Nel 1921 gli studenti iscritti ai primi due corsi attivi, ovvero Scienze filosofiche e Scienze sociali, erano sessantotto. Nel 1924, dopo il riconoscimento giuridico da parte dello Stato italiano che permette di rilasciare lauree e diplomi con valore legale - lo Statuto dell’Università Cattolica fu approvato con Regio Decreto il 2 ottobre 1924 e nacquero così le Facoltà di Lettere

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MARCO CASETTI & MARCO DEMO Giurisprudenza

e Filosofia e di Giurisprudenza. L’impegno della Cattolica proseguì con intensità anche nell’immediato dopoguerra con la realizzazione di nuove sedi e la creazione di nuovi Corsi di Laurea. La Facoltà di Economia e Commercio nacque ufficialmente nel 1947. Il 30 ottobre 1949, alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, fu posata la prima pietra della Facoltà di Agraria a Piacenza, mentre l’avvio ufficiale avvenne nel novembre del 1952. Il 4 agosto 1958 fu emanato il decreto di istituzione della Facoltà di Medicina e Chirurgia a Roma. Il grande sogno di padre Gemelli, laureatosi anch’egli in Medicina a Pavia, di dar vita a una facoltà medica si stava realizzando. Il 5 novembre 1961 Giovanni XXIII solennizzò la nascita della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Nel frattempo, nel 1965, fu inaugurata a Brescia la Sede dell’Università Cattolica con la Facoltà di Scienze della Formazione. Per iniziativa di prestigiosi esponenti del mondo matematico, nel 1971 si aggiunse nel piano dell’offerta formativa la Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali. Negli corso degli anni Novanta furono attivate nella Sede di Milano le Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative, Lingue e letterature straniere e Psicologia. Nel 1997 la Facoltà di Economia di Piacenza diventò autonoma e lo stesso avvenne nel 2000 per la Facoltà di Giurisprudenza, attiva dal 1995 nella Sede emiliana. Nell’anno accademico 2001-2002 a Milano nacque la Facoltà di Sociologia.


Oggi l’Ateneo vanta dodici Facoltà. L’Università offre molti servizi agli studenti come la mensa affianco alla sede centrale, collegi e residenze universitarie vicini alla sede di Sant’Ambrogio, tutor di gruppo per seguire gli studenti nella pianificazione degli esami e nella vita didattica. All’interno dell’Università inoltre è presente il Centro Pastorale, che gestisce e organizza il percorso spirituale, liturgico e formativo dell’Ateneo, per chi desidera parteciparvi. Passando a qualche curiosità, invece, per vivere al meglio la propria permanenza, è bene che una matricola sappia sin da subito le tradizioni che caratterizzano l’Ateneo. Innanzitutto, il Giardino delle Vergini: se vi capiterà di andare a qualche lezione in Aula Magna uscendo sulla sinistra vi troverete in un corridoio che si affaccia su un bel cortile, molto tranquillo e pieno di alberi. L’ideale per chi non abbia voglia di studiare in biblioteca. Questo giardino fa al caso vostro, ma solo se appartenete al gentil sesso. Infatti in questo luogo l’accesso è consentito solo alle ragazze. Il perché lo si ritrova nel fatto che i fondatori della nostra Università ci tenessero che anche le ragazze potessero accedere agli studi universitari, privilegio che all’epoca era concesso solo

agli uomini, e che allo stesso tempo le poche fortunate studentesse potessero godere di uno spazio riservato. Si dice che fosse lo stesso Gemelli a controllare, dalla grande finestra del Rettorato, che nel parchetto ci fossero soltanto ragazze. Continuando, il salto delle siepi: quando vi capiterà di passeggiare lungo il Chiostro Pio XI, tralasciando il solito via vai di persone, durante il periodo di sessione di laurea vedrete giovani studenti appena laureati cimentarsi nel tradizionale salto delle siepi. Non abbiate paura, non è ancora causa dell’effetto dell’alcol della festa, ma è solo la tradizione che viene dopo la proclamazione, una liberatoria corsa verso la libertà appena conquistata. Ma per voi matricole c’è ancora tempo, purtroppo. Infine, il passaggio della Basilica di Sant’Ambrogio: per chi arriva in sede centrale da Sant’Ambrogio e da via San Vittore c’è la possibilità di una scorciatoia, soprattutto per chi è un ritardatario cronico. Attraversate il chiostro ed entrate nella Basilica Ambrosiana (dove potrete cogliere l’occasione anche per pregare affinché un esame possa andare bene), e una volta dentro potrete uscire per la prima porticina a destra dove vi troverete in un vicolo che vi condurrà all’ingresso Gnomo.

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GUIDA ALL’UNIVERSITÀ 2017 LO STUDENTE IGNOTO Care e disperate matricole, ecco a voi un breve glossario su questo universo folle che è l’università. Abbiamo selezionato qualche domanda tra le più gettonate, e anche se vi parranno banali a prima vista, scoprirete che non è così. • Facoltà e Corso di Laurea sono sinonimi? No, non sono sinonimi. Le Facoltà compongono le Università ragguppando un certo numero di corsi di laurea affini tra loro, per questo ogni Facoltà è coordinata da un singolo Presidente. Il Corso di Laurea indica il percorso formativo intrapreso, che rilascia il titolo corrispondente. Ad esempio, la Facoltà di Studi Umanistici comprende il Corso di Laurea in Lettere, triennale e magistrale, che rilascia il titolo di Dottore. • Cosa sono i crediti formativi universitari? Per i comuni mortali CFU, sono gli indici di misurazione del carico didattico richiesto allo studente, per la preparazione degli esami o di altre attività universitarie certificate. Introdotti nel 1999, i crediti formativi sostituiscono la logica di annualità e semestralità. Per le lauree triennali il numero acquisito totale deve essere 180, per le lauree magistrali 120, per le lauree a ciclo unico 300.

Glossario universitario • Cosa presuppone il piano di studi? Indica la programmazione degli esami che si devono sostenere nel corso degli anni, e in base al corso di laurea frequentato o permette di inserire insegnamenti a libera scelta o tra una rosa proposta, o indica la successione rigida delle attività da svolgere. • Studente in corso o fuori corso? Si diventa studenti universitari fuori corso se si oltrepassa il tempo legale previsto per conseguire la laurea. Perciò, se ci si laurea dopo quattro anni anziché tre, si dice essere studenti al primo anno fuori corso. Attenzione a questa problematica, poiché comporta anche un dispendio economico non indifferente. • Cosa è un salto d’appello? Tecnicamente parlando, il salto d’appello è il divieto per uno studente di sostenere un esame nell’appello immediatamente successivo a una bocciatura avvenuta nell’appello appena sostenuto. Pertanto è una pratica che sta a discrezione dei docenti.

• Cosa è un Esame? Ebbene sì, non è come ti ha raccontanto tuo cugino fuoricorso: esitono esami! e dovrai anche sostenerli, ma non ti preoccupare: con un po’ di c... concentrazione riuscirai sicuramente a passarli.

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Istantanee D'Estate

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IL FUORISEDE DISPERATO POLLINO LO CHEF FUCINO

Braccio di ferro alla genovese

eschi • 250 g di spinaci fr co • 20 g di basilico fres cchi sott’olio • 25 g di pomodori se mandorle a come noci, pinoli, • 20 g di frutta secc • 1 spicchio d’aglio • olio e sale q.b o bavette integrali • 400 g di spaghetti

Questa ricetta m olto facile e velo ce vi permetterà tempo di mettere in poco in tavola un piat to fresco e leggero, ideale pe r il ritorno dalle vacanze in cui ci concessi qualch siamo e strappo alla re gola in più. Dunque, prendet e un frullatore e mettete gli spin basilico fresco tr aci e il itati in modo gro ssolano con un coltetto, tagliate a pezzetti i pomod ori secchi e aggiu insieme alle man ngeteli dorle e le noci, pr eviamente sbriciolate nel fr ullatore.

ndo mposto mette co il te a ll u l’aglio e fr Aggiungete o. extravergine io ol te n a bido e cremos d or on m abb iù p to pasta ndere il pes o aver cotto la d’oliva per re op D . ta s a b i quanto via un po’ d a tt tu o Infine, il sale d n a rà di scolate lasci to vi permette es u che preferite q e , la to arnire a ura in pen il pesto. Gu acqua di cott te en lm ci fa più perché no, con e, i, ol amalgamare in p e i inaci fresch freddo con sp iato. ino grattugg or ec p i d o’ p un

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POLITICA & SOCIETÀ

Professori in sciopero Per la prima volta negli anni recenti i professori universitari scioperano in tutta Italia con una modalità che ha fatto molto discutere: saltando il primo appello della consueta sessione d’esami autunnale. Nonostante lo sciopero sia stato indetto a fine giugno, il problema è diventato di rilevanza pubblica solamente a fine agosto, con notizie presenti in pressochè tutti i giornali e telegionali nazionali. Perché lo fanno? Le motivazioni sono state rese note dal Comitato organizzatore, il Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria, attivo sin dal 2014, e sono di natura salariale: il loro stipendio è stato bloccato dal 2010, ossia da quando l’ultimo Governo Berlusconi ha introdotto misure di contenimento della spesa pubblica, poi confermate dal successivo Governo Monti. Queste hanno riguardato praticamente tutte le categorie di dipendenti pubblici, tra cui i professori universitari, ad eccezione di magistrati, avvocati dello Stato, medici, prefetti, insegnanti e poliziotti. Nel 2016 il blocco è finito e sono ricominciati gli aumenti, che di base scattano con l’età: più un professore ha anzianità di servizio più il suo reddito aumenta. Tuttavia, gli scatti salariali che i docenti universitari avrebbero dovuto maturare nel periodo 2010/2015 non sono stati compresi nel calcolo e quindi, diversamente dalle altre categorie menzionate sopra, i professori si trovano ora un aumento inferiore rispetto a quello che avrebbero se quei cinque anni fossero contabilizzati. In una presentazione PowerPoint presente sul sito del Comitato organizzatore è stato calcolato che durante il periodo 2010-2015 i professori hanno

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RUGGERO BARELLI Giurisprudenza perso mediamente 13.000 euro in mancati aumenti, ovvero 200 al mese e 2.600 all’anno. Il conto degli aumenti è ripartito a partire dalla base stipendiale precedente al 2010, per cui chi ha di fronte 25 anni di carriera perderà circa 80.000 euro in mancati introiti, sempre secondo i calcoli degli organizzatori. Quanto guadagna un professore universitario? Sapere quanto guadagna un professore non è semplicissimo, perché ci sono diversi componenti del suo stipendio e diversi gradi di carriera. Innanzitutto, i livelli sono due: professore associato (o di seconda fascia) e professore ordinario (o di prima fascia). Senza entrare nel dettaglio, non analizzando cioè le varie componenti in base alla presenza di assegno aggiuntivo, indennità e classi, ma tracciando una linea approssimativa e perciò a rischio di imprecisione, possiamo dire che un professore associato ai primi anni guadagna circa 50.000 euro lordi fino ad arrivare ad un teorico di circa 95.000 euro lordi dopo molti anni. Un professore ordinario invece parte da circa 75.000 lordi fino a circa 130.000, sempre al lordo delle (pesanti) tasse. Ora, viene da chiedersi se tali cifre sono in linea con gli altri paesi europei oppure risultano lontane dalle medie europee. Dai dati che si trovano su internet (spesso non aggiornati e di difficile comparazione per via delle peculiarità proprie di ogni sistema) sembra che sì, tutto sommato non siano lontani dalle medie di altri Stati europei, salvo ovviamente paesi come la Svizzera, l’Inghilterra e la Svezia. Il problema fondamentale è che gli stipendi in Italia sono parecchio bassi all’inizio di carriera, per poi aumentare anche più


del doppio con il passare del tempo. A ciò si aggiunge l’elevata età anagrafica prima di riuscire a diventare professore associato (che rappresenta il primo livello di carriera); è molto difficile che questo status venga oggigiorno concesso prima dei 38-40 anni. Da qui l’importanza dei cosiddetti scatti stipendiali, che sono triennali ed incidono pesantemente: ogni tre anni un professore può vedersi riconosciuto uno “scatto” che vale dai 2.500 euro ai 7.000 euro in più in busta paga ogni anno. Quali sono le modalità dello sciopero? Lo sciopero andrà avanti per tutto settembre ed ottobre, i professori aderenti non terranno il primo appello della sessione di esami autunnale, periodo che va dal 28 agosto al 31 ottobre 2017. I secondi appelli e quelli successivi (laddove ce ne siano) non sono interessati dallo sciopero. Il disagio ricade tutto sugli studenti: il Ministero dell’Università, Istruzione e Ricerca, reale responsabile delle scelte politiche legate alla retribuzione dei professori, non ne viene toccato direttamente. Ad ogni modo è importante sottolineare che il diritto allo sciopero è garantito dalla Costituzione italiana e che tali modalità sono state nei fatti autorizzate dalla Commissione di

Garanzia per l’attuazione della legge 12 giugno 1990, n. 146, e cioè la legge sui servizi pubblici essenziali, fra cui vi rientra l’attività di insegnamento. Il Professore può, ma non è obbligato, comunicare la sua adesione o meno allo sciopero. Visto che la modalità poteva essere eccessivamente dannosa per chi si deve laureare e ha pochi esami mancanti, è stato annunciato un appello straordinario, ma solo per i corsi di laurea che prevedono un solo appello nella sessione di settembre. Non è un po’ eccessivo? Gli studenti come l’hanno presa? La scelta ha provocato non poche alzate di sopracciglia, poiché la modalità è inusuale e forse eccessivamente penalizzante nei confronti degli studenti, che non sono in alcun modo responsabili o coinvolti nelle scelte del Ministero e del Governo. Le reazioni delle associazioni nazionali degli studenti, riportate in numerosi articoli dei quotidiani e in altrettanti numerosi servizi televisivi, sono per lo più critiche, con diverse sfumature. La più morbida è stata forse Link, lista studentesca della sinistra massimalista, che aderendo alle motivazioni dello sciopero, ha affermato che gli studenti «se correttamente

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POLITICA & SOCIETÀ e tempestivamente avvisati, possano anche accogliere in termini non del tutto negativi l’eventualità che un loro esame possa essere rinviato di qualche settimana». Invece UDU, associazione di sindacalismo studentesco vicina alla CGIL, pur comprendendo le motivazioni alla base dello sciopero ha parlato di «modalità sbagliata, che rischierebbe di danneggiare gli studenti». Il comunicato di inizio luglio del coordinamento di liste CLDS, vicino a Comunione e Liberazione, riporta una presa di posizione piuttosto netta: «Questa forma di protesta ci sembra contraria al compito principale dell’università, che è quello di formare i propri studenti, i quali devono essere protagonisti e non strumento di contrattazione». L’associazione Unilab Svoltastudenti, network di liste su posizioni d’ispirazione liberale e pro-meritocrazia (a cui l’autore di questo articolo aderisce), si è invece dichiarata apertamente «Contro lo sciopero», fondamentalmente proclamato per motivi di reddito, «perché non abbiamo mai visto lottare con tutta questa forza contro i tagli ai finanziamenti, le leggi strampalate, l’indifferenza verso il merito e nemmeno per chiedere a gran voce il cambiamento che l’università italiana necessita ormai da anni» e ha annunciato di rispondere attraverso proposte specifiche «a favore degli studenti» in Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari. Lo sciopero sta avendo successo? Sicuramente ha fatto molto rumore, sui media nazionali se ne è parlato molto e anche sui social, fra le varie pagine ufficiali delle Università e le pagine di liste e professori. Non sono disponibili al momento informazioni ufficiali ed attendibili sull’andamento dello sciopero. A livello informale si parla di qualche decina di appelli saltati per singola Università, ma il tutto può variare molto anche fra le varie Facoltà della stessa

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Università. C’è da dire che molti professori non hanno aderito, fra cui Giovanni Lucchetti, professore dell’Alma Mater di Bologna e Presidente della Conferenza dei Presidi di Giurisprudenza, che ha scritto su Facebook di essere contrario a qualsiasi forma di protesta che danneggi gli studenti. Sulla stessa linea d’onda molti altri professori, che pur essendo d’accordo con le ragioni della protesta, hanno deciso di non prenderne parte. In Statale, a Giurisprudenza, poco prima che iniziasse l’appello d’esame, un professore ha spiegato il suo punto di vista, che a chi scrive sembra molto sensato e condivisibile: «avrei voluto aderire allo sciopero, ma ritengo che i diritti degli studenti siano al momento più importanti di una nostra rivendicazione di principio, che nei fatti è una rivendicazione di reddito».


MUSICA MARIO SCUCCES Conservatorio

Sogna ragazzo sogna

E ti diranno parole rosse come il sangue, nere come la notte; ma non è vero, ragazzo, che la ragione sta sempre col più forte [...] Chiudi gli occhi, ragazzo, e credi solo a quel che vedi dentro stringi i pugni, ragazzo, non lasciargliela vinta neanche un momento [...] Sogna, ragazzo sogna quando cade il vento ma non è finita quando muore un uomo per la stessa vita che sognavi tu. Sogna, ragazzo sogna non cambiare un verso della tua canzone, non lasciare un treno fermo alla stazione, non fermarti tu [...] Sogna, ragazzo, sogna, ti ho lasciato un foglio sulla scrivania, manca solo un verso a quella poesia, puoi finirla tu.

Questa lettera scritta da un docente all’allievo riassume in sé la bellezza di un messaggio autentico, pieno di significato e di verità. Il docente è un noto cantautore italiano, Roberto Vecchioni, mentre l’allievo èognuno di noi, è chi decide di ascoltare questo grido di incoraggiamento e di speranza. Brano non particolarmente interessante per la melodia o per l’arrangiamento strumentale, merita attenzione principalmente per il testo, che, appunto, ho deciso di analizzare brevemente con voi alla luce di una riflessione che riguarda il mondo universitario visto da vicino. Non è frequente che un giovane legga testi del genere, ma è importante, secondo me, che un po’ ci fermiamo a riflettere sul nostro futuro, più di quanto abbiano fatto e facciano tuttora le precedenti generazioni;

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dobbiamo impegnarci affinché le nostre giornate non siano contenitori pieni di cose da fare vuote di bellezza e di contenuto, non siano scadenze da rispettare - tentazioni frequenti nell’ambiente milanese - ma diventino piuttosto vita da vivere attraverso le nostre passioni, le nostre attitudini, i nostri talenti. Il brano ci invita a chiudere gli occhi non per dormire, ma per osservare bene i nostri limiti e vivere meglio le nostre scelte. Non bisogna frequentare l’università, bisogna viverla; e per viverla ci vuole sin dall’inizio passione per quello che facciamo, impegno, sacrificio, ma soprattutto gioia. Interpretare e declinare nella nostra quotidianità la bellezza di ciò che studiamo è quindi l’obiettivo di ogni universitario; se, ad esempio, fossi chiamato a eseguire Mozart ma lo studiassi soltanto perché fa parte del programma, senza interpretare il brano, senza viverlo e inserirlo nella mia vita, che pianista classico sarei? Muoverei le mani e basta. Il testo ci chiama però anche a stringere i pugni, non per prendere a botte qualcuno, ma perché ogni scelta richiede rinunce e sacrifici. L’università ci educa a non mentire di fronte alla realtà che siamo. Ci educa ad analizzare con coraggio le strutture di cui siamo impastati. Ci educa a non voltare le spalle. Solo riconoscendo chi siamo e che cosa vogliamo possiamo guardare la meta. Il punto di partenza sono dunque il nostro volto e la verità di noi stessi. Se faremo questo ci sarà data la possibilità di sognare anche quando ogni certezza viene meno. Il nostro sogno ci permetterà di non fermarci. Accogliamo allora l’invito dell’autore, che ci chiede di portare a termine la poesia che ci lascia sulla scrivania... puoi finirla tu!


GUARDA E IMPARA

LUCILLA INCARBONE Scienze del Servizio Sociale

È notte, Ivan Locke sale in macchina dopo una lunga giornata di lavoro.Ascoltando i messaggi della segreteria ne trova uno decisamente inaspettato. Una donna lo chiama dall’ospedale: sta per partorire, il figlio è suo. Una vita impeccabile rovinata da un solo momento di debolezza, durante un viaggio di lavoro. La donna è sola e a chilometri di distanza. A casa lo aspettano moglie e figli. È letteralmente ad un bivio: freccia a destra o freccia a sinistra? Prendersi la responsabilità delle proprie azioni o fuggire da esse, preferendo continuare la vita come se nulla fosse accaduto? Una scelta deve essere fatta. Così sceglie Ivan Locke; per star vicino alla donna sola e sostanzialmente sconosciuta che sta per avere un figlio da lui, non torna a casa dove l’aspetta una famiglia ignara di tutto; non si presenterà al mattino nel cantiere dove lavora, per supervisionare la colata di calcestruzzo più grande d’Europa e più importante per la sua carriera, pur gestendo ogni aspetto del lavoro a distanza. Ha fatto una scelta, ma può ancora pentirsi; imboccando l’autostrada deve avere la forza di non tornare sui propri passi e la costanza di affrontare un viaggio che distruggerà la sua vita pezzo dopo pezzo. Deve spiegare ai figli perché non guarderà la partita con loro quella sera, deve dire alla moglie dove sta andando e deve far capire al suo capo che riuscirà a far andar bene le cose monitorando il lavoro a distanza. Nonostante la difficoltà, non torna indietro: ha promesso alla donna che ci sarebbe stato. Si assume la responsabilità di essere un padre presente dopo che la vita gli ha regalato un papà che lo ha

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abbandonato. Nel viaggio che affronta, Ivan si rende conto che può scegliere di fare la cosa giusta anche se suo padre, prima di lui, non lo ha fatto e questo potrà renderlo profondamente diverso da lui. Sa che la sua vita cambierà, non sa come sarà il futuro, affronta la rabbia della moglie senza sapere se mai lo perdonerà. Affronta la delusione dei figli e il fatto che il giorno seguente potrebbe non avere più un lavoro. Il regista sceglie di catapultarci in un viaggio metaforico che parla di noi e delle scelte che ogni giorno dobbiamo fare. Non possiamo essere indifferenti alla nostra vita, dobbiamo fare una scelta per ogni cosa. Dobbiamo avere il coraggio di fare la scelta giusta anche se siamo consapevoli che la nostra vita ne risentirà. Dobbiamo prendere una posizione. Care matricole, siete arrivate fin qui e d’ora in poi toccherà ancora di più a voi. Come vi avranno sicuramente già detto, c’è modo e modo di vivere l’università. Trovate il vostro e farete in modo che questi anni diventino momenti da ricordare. Non sappiamo cosa succederà a Ivan dopo che lo abbiamo lasciato ma sappiamo che ha messo la freccia dalla parte opposta alla comodità e ci ha mostrato come prendere una strada nuova, la strada giusta, sia sempre possibile. È una questione di scelte.


IL PIACERE DELLA LETTURA FRANCESCA BERTUGLIA Lettere Gli sdraiati di Michele Serra è un libro che difficilmente si può catalogare come romanzo o saggio. Gli sdraiati: termine azzardato se riferito al prototipo di studente universitario per bene. Ecco perché cercare di recensire un’opera come quella di Serra può sembrare inopportuno in rapporto col mondo universitario che in questa rivista stiamo raccontando. Ma è il concetto portante quello che conta. Il giornalista si riferisce a un’età adolescenziale, parla della famiglia, non risparmia il suo disappunto, la sua rabbia, il suo stupore nei confronti di quella relazione col figlio che è difficile e ogni giorno presenta insidie nuove. Il contesto descritto da Serra non c’entra col nostro, ma le sensazioni espresse sì. Quanto disappunto siamo capaci di provare noi studenti verso il mondo universitario, di lamentarci per quello che non ci piace, per quello che non funziona (per colpe altrui, ma anche nostre magari)? Diciamo che non ci risparmiamo in questi termini. Tutti siamo in grado di esternare i nostri sentimenti contrastanti. Proviamo a ragionare al contrario: gli universitari dovrebbero fare di tutto per non essere degli sdraiati. Quelli che si perdono, quelli che dormono, quelli che scompaiono nel conflitto tra la famiglia, quelli per cui tutto diventa indifferente, quelli che smettono di lottare. Gli sdraiati non siamo noi, perché in fondo ci vergogneremmo se lo fossimo veramente. Eppure, nelle giornate più buie un pochino finiamo per esserlo comunque, e ci basterà poco tempo per capire che la sola prospettiva orizzontale non fa per noi. Gli anni universitari insegnano a

superare delle prove: non semplicemente esami. Prove, che hanno a che fare con i nostri livelli d’ansia e insicurezza più o meno alti, che ci portano soddisfazione e gratificazione quando i risultati ottenuti sono buoni e, complementariamente, nervosismo e paura quando non siamo all’altezza delle situazioni. Queste differenti emozioni nel libro di Serra caratterizzano il personaggio del padre e del figlio adolescente, lo sdraiato, che dorme quando la città è sveglia. Ognuno a suo modo, logicamente, più esplicitamente uno, più implicitamente l’altro si mettono in contatto e in costrasto con le loro sensazioni e le loro idee, come fanno gli studenti nei confronti dei professori, della famiglia, della società nelle sue sfaccettature. Serra parla di mutazione genetica, di divergenze generazionali, di problemi di comunicazione: anche noi che cerchiamo di non essere sdraiati parliamo di questo, rapportandoci con un futuro che vorremmo ci appartenesse di più di quanto ci fanno credere gli altri, e rapportandoci con un passato che invece vorremmo ci appartenesse di meno, ma che in fondo ci riguarderà sempre. Di nuovo, nonostante l’analogia tra la satira e l’humor di Michele Serra e la motivazione dell’essere universitari sembri paradossale, un fondo di verità e di senso vi è: una meta a cui si aspira c’è sempre, è lì che aspetta, siamo noi a dovercela prendere. La modalità, a questo punto, è solo una questione di prospettive. Possiamo scegliere di stare in piedi, e di correre, oppure di sollevare la testa ogni tanto e vedere dove siamo arrivati.

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RIDICI SU... domandare è lecito - Ma a Riga ci si deve vestire per forza in gessato? - Ma se muore un pompiere, gli fanno ugualmente la camera ardente? - Ma i bambini diabetici propongono “salatino o scherzetto”? - Ma il mafioso che va dal barbiere e vuole un taglio della barba modellato sul mento, chiede il pizzo? - Ma il tempo delle sabbiature si misura con le clessidre? - Ma se il cane è un animale domestico, perché non fa le faccende di casa? - Ma i puritani indossano sempre le lenti per non guardale le cose a occhio nudo? - Ma il fallo laterale è una patologia che cura l’andrologo? - Ma la pizza preferita da Vivaldi era la Quattro Stagioni?

che bellissimo essere dio


NOVEMBRE

OTTOBRE

INCONTRI FUCI STATALE INCONTRI FUCI CATTOLICA INCONTRI DIOCESANI DOM

LUN

1

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MART

CALENDARIO MERC

GIOV

VEN

SAT

2 3 Incontro socio politico (università)

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5 Incontro d’apertura nuovo anno

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settimana di convivenza in casa Zaccheo 15

16 Incontro socio-politico

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19 Aperifuci

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23 Lettere dal cardinal Martini

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26 Lectio

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30 31 Assemblea di gruppo 1

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6 Incontro socio politico

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9 Incontro socio politico

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13 Aperitivo fucino

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16 Incontro Socio-Culturale

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20 Lectio comunitaria

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23 Lectio

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25 Ritiro

26 FuciMeic

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Gli incontri del gruppo Cattolica si tengono il GIOVEDÌ dalle 15:30 alle 17 presso la Saletta FUCI (secondo chiostro, pianterreno scala F, vicino all’ingresso Gnomo). Gli incontri del gruppo Statale si tengono il LUNEDÌ dalle ore 17 alle ore 19 presso la sede FUCI - via S. Antonio 5, secondo piano.


La F.U.C.I. è una federazione di gruppi universitari che, con lo stesso sentire e con uno stile condiviso, vogliono vivere l’Università come luogo di crescita umana attraverso l’aggiornamento e la riflessione, con impegno e propositività. Il gruppo si inserisce pienamente nella realtà della chiesa locale e ne condivide il cammino. Dunque è Chiesa in Università e Università nella Chiesa. Questa natura confessionale non impedisce comunque la partecipazione anche a chi non condivide lo stesso cammino di fede. La F.U.C.I. mira anche a formare cittadini responsabili, qualunque sia il loro campo di impegno. Propone quindi ai suoi aderenti percorsi per imparare a “pensare la politica”.

Come Contattarci FUCI MILANO DIOCESI E-mail: fucimilano@gmail.com Presidente: Lorenzo Cattaneo UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE E-mail: presidenzafuci.ucsc@gmail.com telefono: 02 7234 2565 Presidente: Chiara Di Vito UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO E-mail: fucimilanostatale@gmail.com Presidente: Francesca Bertuglia

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scrivi a: fuoriorario.fucimilano@gmail.com


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