N° 1 DICEMBRE 2020 - anno XXXVIII Direzione, Amministrazione, Redazione: Casella Postale N. 1 - Campolongo sul Brenta (VI) C.C.P.N. 10971364 - Spedizione in abbonamento postale - Taxe percue - Tassa riscossa Ufficio Postale - PT VICENZA - PARAVION - ART. 2 COMMA 20/CL L. 662/96
Presidente della Pro Loco Renato Mocellin • Direttore responsabile Giandomenico Cortese
Comitato di redazione: Ruggero Rossi, Fiorenzo Vialetto, Maria Cristina Pizzato, Francesco Mocellin, Giovanni Vialetto, Simone Vigo, Valentina Belletti, Giacomo Todesco, Cristina Marini, Fabrizio Gennaro
Indirizzo: Casella Postale n.1, 36020 Campolongo sul Brenta (VI)• Autorizzazione: Tribunale di Bassano del Grappa n.1/83
Hanno collaborato: Valerio Bonato, Renato Vialetto, Maria Luisa Parolin
Questo numero è stato inviato a 1033 famiglie (318 a Campolongo, 638 nel resto d’Italia, 77 all’estero)
Stampa: Litografia LA GRAFICA di De Pellegrin Flavino
È il canto che gli angeli fanno intorno alla grotta di Betlemme e che noi facciamo nostro per il Natale che sta arrivando. È scritto proprio così: «che egli ama», una testificazione certa che tutti noi siamo sotto le ali di Dio. Ali di misericordia, di bontà, di perdono, di fedeltà.
È bello, allora, trovare che la Chiesa ha inserito questo annuncio natalizio nella celebrazione della Messa, alla recita del «Gloria»! È talmente bella questa lode che proprio in questi giorni la Chiesa ha cambiato le parole del Messale, ritenendole troppo strette. Infatti, non riserva più la pace che viene da Dio ai soli “uomini di buona volontà”, ma la allarga, proprio come dice il vangelo agli “uomini, amati da Dio”! Vale a dire a tutti, nessuno escluso. Quella pace, infatti, non viene dalla nostra bravura, dagli sforzi di buona volontà che facciamo noi per vivere bene. Quella pace viene da Dio. È lui bravo a stare con noi. Ha una fedeltà che risponde solo alla sua pazienza.
La pazienza di venirci incontro, anche in quest’anno così strano, difficile, particolare, che ha segnato talmente le nostre vite, a causa del COVID e della crisi economica e sociale che si è tirata dietro, che non desideriamo altro che finisca in fretta per poter girare pagina. Illusi, magari, che sia stato un sogno, una brutta parentesi e che tutto ritorni come prima.
Sarà certamente un Natale diverso, meno luci colorate, corsa ai regali, meno anche appuntamenti tradizionali come il canto della stella, o i mercatini natalizi… Forse tutto questo ci aiuterà a tornare all’essenziale, a quell’annuncio di gioia dei pastori: «è nato il Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc.2,10). Si fa uno di noi per camminare con noi, si fa «bambino, avvolto in fasce e adagiato nella mangiatoia» (Lc.2,12) per essere segno di speranza, perché la sua luce trasformi le nostre tenebre più oscure in canto di gloria e di pace, in cammini nuovi da percorrere senza paura, in relazioni nuove da costruire con pazienza e amore.
Ci scambiamo l’augurio di essere, anche in questi tempi di crisi, di diseguaglianze, di egoismi, di muri che si innalzano per dividere le persone, di paure che ci paralizzano, di povertà crescente, uomini e donne di pace perché “amati da Dio”.
Voglio già da queste pagine ringraziare tutte le persone che in modi diversi e spesso nascosti, ci aiuteranno a vivere e celebrare con gioia la nascita di Gesù.
Auguro davvero a tutte le nostre famiglie, agli amici che in questo periodo sono tornati a visitare il paese natio, a chi viene raggiunto da queste nostre pagine (e ci legge con affetto e nostalgia perché abita lontano) e anche acoloroche si sentono unpo’ lontani dalla vita parrocchiale:
BUON NATALE E FELICE 2021 A TUTTI!!
don Massimo
sperando di metterci alle spalle tutti i problemi del 2020.
La Proloco assieme a tutti voi vuole vivere un 2021 ricco di eventi e pieno di soddisfazioni.
Grazie sempre a tutti per il vostro supporto, e buona vita a tutti voi!
UNOSPECIALEMERCATINODINATALE
Il Natale sta arrivando!!! E come ogni anno arriva la tanto attesa vendita di oggettistica Natalizia a favore della nostra scuola dell'infanzia Madonna del Carmine! Quest'anno purtroppo, rispettando le regole comunitarie per il contenimento del Covid 19, non sarà possibile godersi la bellezza del consueto mercatino in piazza ma non preoccupatevi la vendita si terrà ON LINE!
E stato preparato un piccolo catalogo con le creazioni che alcune mamme, nonne e creative del nostro paese hanno preparato per questo Natale 2020!
Grazie a tutti coloro che sceglieranno un regalo originale ed unico e che con il loro piccolo gesto sosterranno la nostra scuola!
Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (2,14)
Renato Mocellin presidente della Proloco
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Venerdì 4 dicembre 2020 ore 17.00: ACCENSIONE DELL'ALBERO DI NATALE IN PIAZZA con il prosindaco e una rappresentanza della comunità e delle associazioni.
NON SOLO CORONA VIRUS (di Ruggero Rossi)
La recente pandemia di Covid 19, si è rivelata essere una catastrofe globale, che ha influito pesantemente sul nostro modo di vivere e sulla nostra economia; la storia ci insegna che periodicamente l’umanità ha dovuto affrontare epidemie come questa, o anche più letali. Quale è stata la loro diffusione nelle nostre zone? Scopriamolo assieme.
Notizie tratte dagli articoli “L’altra pandemia. Perché l’influenza spagnola è un capitolo dimenticato della storia italiana” di Alessandro Cappelli e “Vita e morte nell’Italia di fine Ottocento” di Rosa Ventrella
Alla sua diffusione nella penisola contribuì, inoltre, lo sbandamento dato dal ritorno a casa delle truppe napoleoniche.
L'epidemia più temuta dopo la peste e il tifo fu il vaiolo, malattia contagiosa di origine antichissima, fino alla diffusione della vaccinazione. La sua grande diffusione era strettamente collegata alle condizioni sociali, dato che la predisposizione a contrarre la malattia era molto elevata tra le persone povere malnutrite, e che vivevano in abitazioni misere e affollate.
Poiché l'uomo è l'unico ospite del virus che trasmette il vaiolo, le probabilità di contrarre la malattia sono più basse nelle situazioni poco densamente popolate. Come il tifo petecchiale scoppiava soprattutto nella stagione invernale. L'individuo infetto può trasmettere la malattia per circa quattro settimane, ovvero dal momento in cui compare l'eruzione cutanea fino alla scomparsa delle croste.
Nella prima metà dell'Ottocento intere nazioni furono interessate dalla diffusione di malattie infettive: anche allora il drammatico arrivo delle pandemie di colera alimentò il dibattito sulla natura e le cause di tali malattie, sui meccanismi della loro diffusione e sulla loro distribuzione geografica e sociale.
Nell’Ottocento in Italia si verifica un generale aumento della popolazione, dovuto soprattutto al calo della mortalità, nonostante questa si mantenga ancora molto elevata soprattutto per la forte incidenza delle malattie infettive e parassitarie, come morbillo e scarlattina, e del sistema respiratorio e digerente.
Si passa dai 25 milioni di abitanti al momento dell’unificazione nazionale (1861) ai 34 milioni nel 1911.
Le malattie infettive, negli ultimi 20-30 anni del XIX secolo, provocano da un terzo ad un quinto delle morti. Molto alti sono inoltre i costi in termini di vite umane della tubercolosi, che provoca numerosi decessi ancora ai primi del Novecento.
Maggiori cause di decessi sono comunque le malattie bronco- polmonari e gastro- enteriche.
Vi è una notevole differenza tra il nord e il sud del Paese, per cui il picco di mortalità raggiunge punte massime nell’Italia settentrionale nel periodo invernale, a causa di malattie alle vie respiratorie, nell’Italia meridionale in estate, quando le temperature elevate provocano un più rapido deterioramento del cibo e quindi maggiore incidenza di malattie dell’apparato digerente.
Fra le prime malattie che salutarono il XIX secolo ci fu la scarlattina .
Tra il 1801 e il 1803 si ebbe un' epidemia di scarlattina, una malattia di tipo esantematico che colpì parecchie città, soprattutto i bambini.
Il tasso di mortalità fu tra il 5 e il 7% .L'epidemia cominciò a diminuire nella primavera del 1803.
Nel 1816-1817 anni di terribile carestia, in molte provincie italiane comparve il tifo petecchiale, una malattia esantematica di tipo contagioso trasmessa dai pidocchi che si diffondevano soprattutto nella stagioni invernali e intermedie, quando il clima ostacolava la pulizia personale. Erano soprattutto i vestiti sudici a rappresentare il terreno di coltura dei pidocchi, e il morbo si diffondeva soprattutto negli ambienti chiusi e affollati. Il periodo di incubazione variava dai 5 ai 15 giorni dopo di ché comparivano le petecchie in genere accompagnate da febbre elevata che poteva portare alla morte per collasso cardiaco. Il tasso di mortalità era in media del 20% tra i giovani e del 30- 40% per le classi di età più anziane.
L'epidemia ebbe ad esplodere in occasione dei massicci trasferimenti di popolazione dalle campagne verso le città, che si verificarono nei periodidicrisi alimentare edi carestia.
La malattia è provocata da un virus che si trasmette da persona a persona attraverso minuscole gocce di escreato emesse dalla bocca e dal naso. Dopo circa 1012 giorni dall'inalazione del virus la persona si ammala con febbre alta e con sensazioni di dolore simili a quelle dell'influenza, e dopo qualche giorno (da 2 a 4) si manifesta l'eruzione cutanea prima sul viso e poi su tutto il corpo. Dal decimo giorno cominciano a formarsi le croste che cadono durante la terza settimana lasciando nella pelle di chi guarisce cicatrici infossate e sfiguranti. Una volta contratto non esistono farmaci efficaci.
La mortalità delle epidemie di vaiolo non fu in genere eccezionale e la malattia colpiva prevalentemente le classi di età giovani, dopo il primo anno d'età, perché fino a quel momento agiva per i neonati la protezione conferita per via transplacentare e che probabilmente si prolungava per tutto il periodo dell'allattamento.
Nel corso dell'età moderna, dal XVI al XVIII secolo, le popolazioni urbane dell'Europa a distanza di 5-10 anni furono colpite dalle epidemie di vaiolo. Il vaiolo fu una dei più gravi flagelli del XVIII secolo.
Per contrastare l'epidemia si diffuse la vaiolizzazione (inoculazione di vaiolo umano per immunizzare le persone) che dall'Asia fu introdotta dall'inizio del '700 in Inghilterra. In genere con l'innesto l'eruzione era lieve e limitata al braccio, ma non si escludeva il pericolo che si potesse contrarre al posto di una forma lieve, una grave e letale o con postumi irreversibili come la cecità. Tutto sommato l'innesto fu praticato molto poco, ma ebbe il merito di agevolare la diffusione della vaccinazione.
Fu Edoardo Jenner, medico inglese vissuto tra il 1749 e il 1823, a scoprire nel 1796 il vaccino contro il vaiolo e a intraprendere le prime vaccinazioni. La vaccinazione antivaiolosa è ritenuta la più importante scoperta fino all'epoca delle moderne scoperte batteriologiche. All'inizio, però, la pratica della vaccinazione fu contrastata sia da una parte della classe medica, che delle popolazioni che diffidavano dell'utilità della stessa.
In seguito alle conquiste napoleoniche la pratica della vaccinazione fu diffusa in tutta Europa; nel 1802 la Repubblica Italiana rese obbligatoria la vaccinazione. Al medico Luigi Sacco, milanese, va il merito di aver dato un notevole impulso alla vaccinazione nei territori sottoposti alla dominazione francese.
Nel 1809 circa il 25% della popolazione del Regno d'Italia risultò essere vaccinata, ma questo valore medio variava tra le città e le campagne ed era più elevato nelle prime.
Nonostante che i risultati della vaccinazione non fossero sempre quelli sperati a causa o dell'inesperienza dei vaccinatori, o dell'utilizzo di materia vecchia e prelevata da pustole oltre il giusto grado di maturazione, già a partire dal 1810 la mortalità dovuta al vaiolo era diminuita di molto.
I soggetti vaccinati non potevano trasmettere il vaiolo ma, dopo un po' di tempo, perdevano l'immunizzazione e rischiavano di contrarre nuovamente la malattia. Fu appunto dall'osservazione di questi casi che si intuì che bisognava praticare la rivaccinazione.
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Anni ‘20 del novecento: foto di famiglia
LEGRANDIEPIDEMIEDELL’OTTOCENTOENOVECENTO
A causa della scarsa diffusione della rivaccinazione, nei primi decenni dell'Ottocento, in varie città italiane si verificarono gravi epidemie di vaiolo.
Il colera fece la sua comparsa in Europa nel XIX secolo, quindi in epoca piuttosto tarda. La malattia è causata dal vibrione che venne isolato da R. Koch nel 1882. Questo agente patogeno entra nell'organismo umano attraverso l'ingestione di sostanze (acqua, sostanze commestibili) che sono state infettate.
I vibrioni vengono emessi nell'ambiente attraverso le feci. A favorire la diffusione della malattia è il precario stato di salute delle persone, infatti il vibrione colerico che riesce a penetrare nell'organismo umano viene ucciso o dall'acidità della saliva o da quella più forte dello stomaco.
Nelle persone deboli queste difese non funzionano e il vibrione riesce a raggiungere l'intestino, provocando forti e continue diarree che, in assenza di adeguate terapie, provocano in pochi giorni la morte per disidratazione.
ll cholera morbus asiatico, così lo chiamarono i contemporanei, era endemico delle regioni dell'India bagnate dal fiume Gange. Di qui, nel 1827, si diffuse prima nella Russia europea, quindi nell'Europa occidentale e fino in America dove lo portarono gli emigranti.
Dalla Francia meridionale giunse nell'estate del 1835 in Liguria e nel Piemonte e da qui raggiunse la Lombardia, il Veneto e le altre regioni centrosettentrionali. E' indubbio che la rapidità della diffusione fu favorita dall'aumentata mobilità della popolazione.
L'ultima epidemia di una certa gravità si ebbe nel corso del 1884 ma durò pochi mesi: ciò dipese anche dalle misure preventive e terapeutiche messe prontamente in atto dall'amministrazione pubblica con il concorso degli istituti caritativi e dei privati.
Il colera si ripresentò anche nel 1886.
Nell’ottobre del 1918 l’Italia è stremata. La Prima Guerra Mondiale è agli sgoccioli: prima della fine del mese ci sarà la battaglia di Vittorio Veneto, che sancirà definitivamente la sconfitta e il disfacimento dell’Impero austro -ungarico, e la vittoria italiana. Ma sono giorni difficili, per chi è al fronte come per chi è rimasto nelle città.
Alla fine dell’estate sulla penisola si è abbattuta una seconda ondata di influenza spagnola, che sta facendo più vittime della guerra.
Se la prima ondata del virus, nella primavera precedente, era passata quasi sottotraccia, il nuovo picco di settembre non può essere ignorato: la maggior parte dei circa 4 milioni e mezzo di contagi e 600mila morti – su una popolazione di 36 milioni di abitanti – viene colpita proprio in quelle tredici settimane da settembre a dicembre.
La situazione degenera rapidamente. Conseguenza soprattutto delle tardive contromisure del governo e delle amministrazioni locali, che in un primo momento avevano sottostimato l’impatto dell’influenza spagnola e provato a nasconderla per non aggiungere ulteriori preoccupazioni agli italiani.
Nei mesi più duri del conflitto la censura della guerra aveva contribuito a sbiadire l’impatto del virus, mentre sui giornali si creavano contraddizioni tra le numerose colonne di necrologi e i minuscoli trafiletti di cronaca creati ad arte per rassicurare la popolazione con sole informazioni di servizio.
Ora che è tutto finito e la pandemia è esplosa, il presidente del Consiglio e ministro dell’Interno Vittorio
Emanuele Orlando si trova costretto a vietare il suono delle campane per i funerali, soprattutto dove il morbo fa più vittime, come a Torino dove nel mese di ottobre si registrano anche 400 morti al giorno.
In pieno autunno il bilancio della spagnola inizia a diventare insostenibile e lo Stato deve reagire. Il 17 ottobre 1918 viene pubblicato il decalogo dettagliato del comune di Milano, con una serie di indicazioni da seguire: «Fare gargarismi con acque disinfettanti (dentifrici a base di acido fenico, acqua ossigenata), non sputare per terra, viaggiare in ferrovia il meno possibile, diffidare dei rimedi cosiddetti preventivi, evitare contatti con persone, non frequentare luoghi dove il pubblico si affolla (osterie, caffè, teatri, chiese, sale di conferenze).
Così facendo si mette in pratica l’unico mezzo veramente efficace contro l’influenza, l’isolamento», e così via. In tutta Italia le autorità centrali e locali danno il via a una campagna di disinfezione dei luoghi pubblici per assecondare le richieste dell’opinione pubblica. L’inizio della scuola viene posticipato a data imprecisata; viene ridotto l’orario di apertura dei negozi, con le sole farmacie a beneficiare di un allungamento dei turni; cinema e teatri restano chiusi nonostante le proteste dei proprietari che chiedono di essere risarciti.
La classe dirigente vuole fermare solo i servizi non essenziali, facendo lavorare a pieno regime le principali attività economico-produttive: fermare la complessa macchina statale avrebbe incalcolabili ripercussioni sull’operatività dell’esercito in un momento decisivo del conflitto.
La conseguenza però è l’aumento di assembramenti all’ingresso dei negozi alimentari; nonostante la consapevolezza del pericolo, lo Stato sceglie di non aggiungere limitazioni per non aggiungere nuove ansie. I ceti popolari temono di rimanere senza viveri e assicurare loro il pane – al netto della carenza di beni di prima necessità – è un tentativo di calmare gli animi.
Il governo sceglie anche di non fermare le fabbriche. Gli spostamenti quotidiani di migliaia di operai, però, moltiplicano le occasioni di contagio: le condizioni igieniche e lavorative non possono garantire la salute dei lavoratori, la distanza non è rispettata, né le precauzioni eseguite alla lettera. Così la malattia avanza inesorabilmente nelle industrie facendo crollare la produttività. In alcune fabbriche si registrano dal 10 ottobre al 27 novembre 12.426 casi d’influenza su 40.048 operai, che causano circa 75mila assenze dal lavoro.
«Si guardava prevalentemente alla sicurezza – spiega il professor Mattera – si puntava a isolare i malati in casa. Questi, privi di cura, morivano in numero maggiore, e contagiavano i familiari nelle case, che morivano di conseguenza».
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Un’immagine del 1918 dei pazienti ricoverati per l’influenza spagnola nell’ospedale da campo allestito nella caserma di Fort Collins in Colorado
Ma non va poi tanto meglio a chi è ricoverato in ospedali travolti dall’emergenza sanitaria: il personale sanitario è abituato a una routine lenta, compassata, con procedure farraginose, incapace di adeguarsi con la dovuta rapidità. I medici protestano per le estreme condizioni lavorative, con poco personale e mezzi inadeguati: alcuni di loro arrivano ad abbandonare il servizio. E non sono gli unici a protestare.
Con il passare delle settimane il peso di quella seconda ondata di influenza spagnola presenta il conto a tutta la popolazione italiana, che manifesta la propria preoccupazione, impressionata dalle spaventose scene a cui si assiste nelle città e nelle campagne a causa dell’eccesso di mortalità.
Fino all’estate l’impatto sui cittadini era stato diverso. Durante la prima ondata di influenza, meno letale, era prevalso il desiderio di liberarsi dal peso e dai dolori della guerra: per quanto potesse essere diffusa la spagnola avrebbe impiegato del tempo per scavarsi un posto tra le preoccupazioni degli italiani. La stessa guerra – la più devastante a memoria d’uomo – aveva completamente stravolto la percezione e il valore della morte.
Una buona parte della popolazione vive in piccoli borghi, o nei villaggi, con un orizzonte esistenziale molto ristretto. Per molti italiani nel 1918 lo Stato è ancora una realtà astratta, distante, che si presenta soltanto per le tasse e la leva militare: c’è una certa diffidenza, o comunque distanza, verso le istituzioni.
«Questi sentimenti – spiega Mattera – si trasformano in ostilità quando ci si rende conto che le contromisure dello Stato non hanno effetto. Lo si nota in alcune lettere inviate dai cittadini alle istituzioni, che nel corso dell’epidemia passano da un tono di supplica a uno di avversione, a volte sfociando perfino in teorie del complotto: si diceva che il malfunzionamento delle istituzioni diffusione di false notizie in piena escalation di influenza».
A novembre l’epidemia sembra aver allentato le maglie. Ma forse è ancora troppo presto e nelle settimane successive i contagi riprendono a crescere.
«Finita la guerra, mio padre ritornava grazie a Dio vivo e sano, ma nella nostra casa regnava la miseria, vi è stata una malattia infettiva chiamata la spagnola, anche mio padre e quasi tutto il popolo era infettato e l’agente moriva accatastrofi nel nostro piccolo paese. Al giorno morivano tante volte due o tre in una famiglia, anche mio padre appreso quel male, ed è arrivato impunto di morire fino a portarle il viatico e lestremensione il nostro parroco. […] All’ora eravamo 4 fratellini forse Dio l’avuto pietà e lo à fatto campare», racconterà Tommaso Bordonaro, di Bolognetta, provincia di Palermo, nove anni nel 1918, nel libro di Francesco Cutolo “L’influenza spagnola del 1918-1919”.
Nel Mezzogiorno l’influenza spagnola colpisce ancora più forte, vista l’inadeguatezza delle strutture sanitarie e la scarsa preparazione di una parte della classe dirigente. Anche lì riaprire e tornare alla normalità non porta il sollievo sperato: la pandemia ritorna per una terza ondata. Anche a causa dei reduci del conflitto, che ritornano alle loro case e alimentano nuovi focolai.
L’11 gennaio il periodico socialista «La Squilla» di Bologna ancora scrive: «Censura / Morti in guerra: 462.740 / Feriti: 987.340 / Invalidi e mutilati: 500.000 / Non c’è la statistica dei morti di spagnuola, perché la “maledetta” continua ad ammazzare! / Dopo il cannone, lei ci voleva! / Ma da che mondo è mondo la peste andò sempre dietro la guerra / È storia; è anche nella Bibbia!».
È probabile che con il passare dei mesi il virus abbia subito una mutazione verso una forma meno letale. Ma un altro fattore che avrebbe portato alla fine dell’influenza spagnola potrebbe essere la sensibile diminuzione demografica successiva alla seconda ondata, quella dell’autunno del 1918. Come spiega il professor Mondini: «Se guardiamo l’Italia sappiamo che l’epidemia, combinata alla Grande Guerra, uccise circa un milione e 200mila persone per lo più comprese tra i 18 e i 30 anni nel quinquennio ‘15-’20. Il combinato delle due cause devastò la piramide demografica italiana in modo talmente profondo che secondo alcuni demografi ne siamo venuti fuori solo dopo la Seconda Guerra Mondiale».
Un’esperienzaindesiderata
(estratto dal Foglio del Vento del Brenta n. 13-2020)
Questo anno 2020 non finisce mai di riservare sorprese. Dopo una primavera trascorsa all’insegna della preoccupazione e del ritiro in casa, impossibilitati ad uscire a causa del Coronavirus. “Andrà tutto bene!” era scritto sui cartelli e i manifesti appesi in bella mostra anche nelle abitazioni della nostra Comunità. C’era la voglia di riprendere le nostre abitudini con la possibilità di vivere la nostra estate. I contagi ogni giorno diminuivano e, in giro, si respirava un’aria di ottimismo. C’era addirittura chi pensava che il tutto fosse stata solo una banale influenza, forse gonfiata ad arte da chi ci governa o dalle onnipotenti case farmaceutiche di tutto il mondo. L’atmosfera si era fatta, in questi mesi, più rilassata. Insomma pensavamo di essere fuori dalla pandemia. I programmi televisivi sfornavano a getto continuo i pareri dei medici e degli scienziati che sentenziavano spesso in contraddizione tra di loro.
Poi le notizie provenienti dagli altri paesi informavano che i contagi erano in ripresa, gli ospedali incominciavano ad essere di nuovo, come in primavera, affollati, i casi di morte erano in forte risalita. L’Inghilterra, la Francia, la Spagna, il Belgio, la Germania ed altri paesi europei, gli Stati Uniti d’America… segnavano la ripresa, in modo virulento e letale, dei contagi. Qualcuno, tra la gente comune e anche fra qualche governante, guardava con malcelata soddisfazione questa evoluzione del Covid 19. Quasi a dire che noi, i soliti italiani, eravamo all’avanguardia sulle cure e sul trattamento della pandemia, quasi un esempio per gli altri paesi europei e anche del resto del mondo, escludendo naturalmente la Cina il cui paragone, causa il suo particolare regime, era improponibile. Pareva che noi saremmo stati esentati dalla cosiddetta “seconda ondata”.
È così che, nella fiducia su uno stato di cose che pareva volgere al meglio, abbiamo approfittato, verso la fine di settembre, per fare un soggiorno nella splendida isola di Ischia, in Campania ove tutto filò per il meglio.
Il giorno della partenza, durante il trasbordo dall’isola a Pozzuoli, sulla nave le distanze di sicurezza furono rispettate e tutte le persone indossavano le prescritte mascherine.
Giungemmo a Bassano del Grappa accolti da una pioggia e un clima autunnale.
Immaginatevi la sorpresa quando squillò il telefono, un venerdì pomeriggio: era l’ufficio prevenzioni dell’Ulss n. 7 che chiedeva se noi avessimo partecipato a un viaggio a Ischia. Appurato ciò ci invitava, per il giorno successivo, ad effettuare il tampone presso l’ospedale di Marostica in quanto nel pullman erano stati riscontrati casi di positività al Covid 19. Ebbene, eseguito l’accertamento diagnostico, riceviamo, sempre dalla Ulss, la sgradita conferma della positività, pur non riscontrando sintomi rilevanti. È partito allora il monitoraggio dei nostri contatti. Nel frattempo abbiamo ricevuto l’ordine di isolamento in attesa di un secondo tampone mantenendo il massimo distanziamento, anche all’interno della nostra abitazione, tra di noi.
Quando si riceve una notizia del genere si rimane storditi. Ti consoli costatando di non percepire sintomi rilevanti. Ma dentro di te sei preoccupato e in colpa, specialmente per quanto potresti aver involontariamente provocato alle persone con cui sei stato in contatto. Per fortuna, loro e nostra, tutti sono risultati negativi, anche i nostri figli! Poi cerchi di reagire. Ti consoli anche perché, con il trascorrere dei giorni, non senti particolari disturbi e non hai febbre. E tutto ciò è motivo per pensare oltre, per rendersi conto che ci sono persone che stanno peggio e che stanno soffrendo in rianimazione. Poi ti imbatti in una frase di santa Teresa di Calcutta che così recita: “Non arrenderti, nemmeno quando sembra andare tutto storto. Ricorda che in fondo al tunnel, c'è sempre la luce.” E con questa speranza continui a vivere la tua clausura con rinnovata consapevolezza.
Il 13 novembre, abbiamo la conferma che siamo liberi dal Covid 19. Sappiamo, comunque, che dovremo mantenere tutte le precauzioni possibili indossando la mascherina, lavandosi frequentemente le mani, mantenendo il distanziamento. Ho notizia che anche qualche persona del paese sta terminando il proprio isolamento mentre, qualcuno lo ha appena iniziato. A oggi i contagiati nel comune di Valbrenta, secondo la puntuale e pacata comunicazione del nostro sindaco, sono 84, a Campolongo 8. A loro va tutto il nostro sostegno.
Fiorenzo Vialetto
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AL PANIFICIO IN PIAZZA COMPARE UNA SCRITTA
Quando si deve intervenire sugli edifici storici, spesso ci si imbatte in decorazioni dipinte, o antiche insegne, segnalazioni e scritte pubblicitarie: si tratta di testimonianze storico-artistiche, che attestano l'esistenza di esercizi e attività commerciali non più esistenti. Sono prova di particolari aspetti della vita quotidiana. Questa scritta del panificio in una storica -abitazione è esempio di un’insegna vera e propria.
La scoperta è avvenuta nel mese di luglio 2020 al panificio di piazza Roma a Campolongo. Durante un intervento di ripristino dell’intonaco, sotto le malte sono emerse delle tracce di colore. Togliendole, via via il colore risultava sempre più intenso tanto da
Un signore, mentre stavo restaurando, mi ha informata che anche a Fellette esiste un caso analogo e la scritta “Pistoria” si può leggere in un panificio –alimentari a Primolano. In rete, digitando la voce Pistoria si aprono pagine con plurime attività commerciali del trentino che portano ancora questo nome antico.
Nelle insegne vere e proprie solitamente ci si limita a riportare il nome dell'esercizio, e/o la categoria merceologica di riferimento (ad esemalbergo, osteria, ferramenta, panificio). Talvolta presentano l'anno di apertura o alcuni disegni e decorazioni ispirati all'attività svolta: un paio di forbici per un sarto, spighe di grano per il panificio, un fiasco per una mescita di vino e così via.
Cosa significa recuperare una scritta ?
Quando Giacomo mi ha reso partecipe della decorazione che si trovava sotto l’intonaco, abbiamo conversato un po’ e presto ci siamo trovati in accordo per il ripristino e l’importanza del restauro. Ho messo in evidenza al mio “vecchio amico” che sarebbe stato un progetto di restauro mirato a valorizzare una nuova opera che appartiene al patrimonio della nostra memoria. Tanto da lasciare un segno importante al suo edificio. Giacomo, gli ho detto: “ L’intento di “non lasciar andare” ma di valorizzare il manufatto decorativo è un gesto ricco di significato: per la tua famiglia che te l’ha lasciato, per te ed il tuo lavoro, per la piazza, per i paesani di oggi e quelli che verranno. Ma soprattutto è un principio di tutela e valorizzazione dei beni del territorio” . E così è stato fatto.
Ora vecchio e nuovo dialogano accanto. Si perché i tempi cambiano e oggi un esercizio commerciale necessita dell’insegna. Il panificio di Campolongo ne ha due!
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Maria Luisa Parolin durante il restauro della scritta “Pistoria” luglio 2020.
La bottega: centro della vita del paese (foto restaurata da Dario Zannini)
DEGLI ANNI ’30: “PISTORIA” (di
Maria
Parolin)
Da 3 generazioni
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I fratelli Zannini davanti alla bottega di famiglia, da sx: Alfeo, Orazio, Monica, e seduto davanti c'è Damiano.
Facciata dell’ Edificio con la scritta “Pistoria” a restauro terminato. Luglio 2020.
Nella foto verticale (a sinistra), che è successiva alla prima, si nota la scritta PANIFICIO, che è collocata però sopra la p Probabilmente ad un certo punto la parola
L’attuale titolare Giacomo Zannini, alla porta del Panificio-Pistoria.
...
Anno 1926: Giacomo Zannini, fornaio (il primo a sinistra).
Luisa
ANIMALI “ESTRANEI”: Fatalità o emergenza
Fra gli animali che danno qualche problema ci sono anche gli insetti: dati del 2007 riferiscono che erano state segnalate per la nostra regione 138 specie di nuovi insetti alloctoni, numero che poneva il Veneto al secondo posto nell'elenco delle regioni più colpite da questo fenomeno.
Chi non conosce la cimice asiatica, così dannosa per la frutticoltura e segnalata in Veneto a partire dal 2015?
Anche la semplice coltivazione di piante in vaso non è esente da problemi dovuti a insetti importati: diffusa è la Licenide dei gerani, originario dell'Africa meridionale, diffuso tramite il commercio di piante infestate e presente in Veneto dal 2002.
Rispetto alle zanzare autoctone è mediamente più piccola e riconoscibile per il corpo nero a strie bianche. Dopo il pasto di sangue la femmina depone da 40 a oltre 100 uova ogni 3-5 giorni, per 3 -4 volte. La vita di un adulto dura 2-4 settimane. Punge di giorno, soprattutto in tarda mattinata. Le uova vengono deposte su raccolte d'acqua anche molto piccole e possono superare periodi di disseccamento molto lunghi. Lo sviluppo da uovo ad adulto richiede da 10 giorni a qualche settimana, in funzione della temperatura. Un’efficace contenimento richiede, oltre ai trattamenti larvicidi e adulticidi, il coinvolgimento dei cittadini nella corretta gestione delle aree private evitando ristagni e raccolte d’acqua non protette.
Un’invasione che è stata efficacemente controllata è quella del microscopico Cinipide del castagno, legato al castagno da frutto. Originario della Cina era stato introdotto con il commercio di piante di castagno infestate dapprima in Giappone e in America del nord e in seguito in Europa. Sui castagneti dei Colli Euganei ha iniziato la sua silenziosa invasione una decina di anni fa. Questa piccola vespa attacca le gemme dei castagni creando migliaia di galle fogliari ed è in grado di distruggere gran parte dei germogli e di causare la diminuzione drastica della fruttificazione.
I danni sono provocati dalle larve, che si sviluppano a spese di gerani coltivati. Attaccano preferenzialmente boccioli e steli, prima erodendoli dall'interno, uscendo poi nelle ultime fasi dello sviluppo. È stato dimostrato che può svilupparsi anche a spese di specie selvatiche di Geranium, col rischio di arrecare danni anche alla biodiversità vegetale.
Diffusa ovunque è la famigerata Zanzara tigre: specie asiatica, In Italia le prime osservazioni risalgono al 1990, a Genova e a Padova. Diffusa tramite scambi commerciali, grazie alle uova che resistono al disseccamento.
La lotta al cinipide del castagno è stata attuata tramite agenti biologici, attraverso cioè l’immissione in natura di suoi antagonisti, nel caso specifico di un piccolo imenottero.
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(di Ruggero Rossi - 2° puntata: continua dal numero precedente ) Zanzara tigre.
Licenide dei gerani.
Cinipide del castagno.
Cimice asiatica.
Per i pesci rappresentativa è la trota iridea, originaria del versante pacifico dell’America settentrionale: Stati Uniti e Canada. Portata in Europa a metà ottocento, ha riscontrato un immediato successo in acquacoltura per la facile allevabilità e le ottime caratteristiche organolettiche delle carni. Lo scopo del suo allevamento è legato soprattutto all’alimentazione umana e alla pesca amatoriale sportiva. È questo infatti il salmonide più allevato ai fini del consumo alimentare.
Adattatasi ai fiumi europei, la trota iridea entra in competizione con altre specie ittiche autoctone, come la trota marmorata e il temolo. Di notevole importanza appare la presenza di temolo e iridea, nello stesso periodo, nei luoghi di riproduzione, con possibili sconvolgimenti delle ovodeposizioni e con la possibilità che l’iridea possa predare le uova del temolo; sembra inoltre che ci sia competizione alimentare tra le due specie. Se la trota iridea continuerà ad acclimatarsi, le modificazioni nella comunità originarie potrebbero diventare irreversibili.
collinari delle province di Verona, Rovigo, Vicenza e Venezia.
L'istrice ha una dieta estremamente varia. Se trova un orto incustodito lo visita regolarmente, soprattutto in presenza di zucche, patate, cipolle e meloni. Tuttavia, basta predisporre una recinzione che preveda una lamiera interrata di circa 20 centimetri per convincerlo a desistere: è unicamente una questione di gola, non gli mancano le alternative nel bosco. Sembra che il bracconaggio della specie sia molto elevato. Essendo protetta, gli agricoltori spesso non denunciano i danni, preferendo risolvere il problema per conto proprio. Inoltre, la carne di istrice vanta ancora numerosi estimatori che alimentano la caccia illegale.
La situazione dell’avifauna risulta invece più complessa, vista l’elevata capacità di spostamento dei soggetti.
Oltre a tassi, mufloni e cervi, recentemente a far visita agli orti nostrani ci si è messo anche l’ultimo arrivato, l’istrice.
Questa specie, di origine africana, probabilmente durante l'alto Medioevo fu importato in Sicilia per il sapore delle sue carni.
Negli anni 70 del secolo scorso l'Istrice raggiungeva a Nord la valle dell'Arno, in Toscana.
Il succedersi di inverni sempre più miti gli ha consentito di superare gradualmente il crinale appenninico e di assestarsi nella parte meridionale della Pianura Padana.
L’istrice è comparso in Veneto a partire dalla metà degli anni Ottanta nelle aree di pianura e
Bella ed elegante, l’Oca del Canada frequenta da un po’ di tempo le sponde del Brenta. Originaria del Nord America, è stata introdotta anche in Europa nel XVII secolo ed è in fase di espansione. Da noi si è già ibridata con oche domestiche e danneggia le aree a canneto delle zone umide, con conseguente impoverimento delle comunità animali.
Un altro uccello, lo Smergo, frequenta da qualche tempo le acque del Brenta; inizialmente presente durante le migrazioni (soprattutto febbraio-aprile, ottobre-dicembre), dal 1996 risulta svernante e nidificante presso il lago del Corlo, con areale estesosi dal 2004 anche al vicino Canale del Brenta. A differenza del Germano reale, che si nutre cercando il cibo nel limo, lo Smergo è un buon nuotatore e caccia piccoli pesci.
Informazioni tratte da “FAUNA ALIENA ED INVASIVA IN VENETO” curato da Giuseppe Sartori (Unità territorio e ambiente CRV).
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Trota iridea.
Istrice.
Oca del Canada con i suoi piccoli.
Smergo con i suoi piccoli.
50 ANNI FA LA PRIMA EDIZIONE DEL FESTIVAL
DELLE VOCI NUOVE DELLA VALBRENTA (a cura di Fiorenzo Vialetto)
Cinquant’anni fa iniziava un’avventura accolta dai Valligiani di allora con entusiasmo e partecipazione. Anche la musica cercò di contribuire per unire di più i paesi della Valbrenta. Ospitiamo un intervento di chi allora ha collaborato a questa iniziativa. Allora il presentatore delle serate era Giandomenico Cortese, direttore del “Vento del Brenta”, nel pieno dei suoi anni giovanili, che con garbo e brio ha condotto lo spettacolo facendosi apprezzare dal numeroso pubblico presente. Per la cronaca, si aggiudicò il primo premio Graziella Brugiolo, di Carpané, con il brano “Ho difeso il mio amore”.
Il Vento del Brenta (un ricordo di Valerio Bonato)
Imparai che il Vento del Brenta sta alla nostra Valle come il Ponentino sta a Roma Capitale. Lo si sente in ogni dove il Ponentino, a Roma così il Vento del Brenta, nei Paesi della Valle.
E quando sei lontano, lo senti più di quando sei vicino. Una nostalgia del cuore è il Vento.
E avvenne che mi si domanda ieri che cosa fosse stato il Festival delle Voci Nuove della Valbrenta!?
E tuffo del cuore avvenne nella mia mente. Avete in mente tutti - dico tutti! i ragazzi della Valle? Quelli che avevano 20 anni, 50 anni fa?! Ecco, decisero di mettersi a cantare. All’unisono. Insieme. In ogni dove!
Tutti i confini e le frontiere dei Paesi di Valle scomparvero. Tutto, d’incanto divenne Uno!
Durò 3 anni questa stagione. Suoni e Canti!
I Nonni Antichi ci furono da Padri. I Sindaci!
I Presidenti! I Preti! I Cavalieri! I Maggiorenti!
I Commendatori! I Grandi Ufficiali. I Maestri! Tutti si misero in gioco in quei 3 anni canori.
Qual’era il sogno di quei Giovani!?! Vivere!!! Volevano un mondo migliore. Più buono! In cui tutti potersi dare una mano per andare sempre avanti consapevoli, felici e contenti.
Fu tanta la strada che Loro hanno fatto, quei Giovani, per far vivo il Loro magnifico sogno.
E da Nonni ancora, a meraviglia, lo stanno a camminare quel Vento del Brenta che dolce e silenzioso e soffuso si fa sul far della sera.
Ma foresta buriana soffia subdola ed infida. Per bonificarla e soccorrerci, arriva il Vento dello Spirito, lo Spirito Santo e la Madonna di Loreto camminante già le Regioni d’Italia. E la consapevolezza e stare riparati in casa.
Ecco cosa dice, il Vento del Brenta, la sera!
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Il presidente Natale Frison premia la vincitrice Graziella Brugiolo, di Carpanè, che ha cantato “Ho difeso il mio amore”.
Alcuni partecipanti alla prima edizione del festival:Gianni Travan, al trombone, e le sorelle Patrizia e Antonella mentre cantano “La prima cosa bella”; la copertina della brochure.
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Il presentatore del Festival: Giandomenico Cortese.
Un momento dell’esibizione di Elide Bonato che cantò il motivo “Re di cuori”.
Annarita Bonatointerpreta la sua canzone “Vogliogirareilmondo”.
COMITATO ESECUTIVO
Le premiazioni della prima edizione del Festival Voci Nuove della Valbrenta.
UNA BOTTEGA, UNA VITA, UNA STORIA (di Renato Vialetto)
Maria Carbio in Vialetto, detta “Scalca”, è stata un personaggio molto noto in paese. Assieme al marito Giovanni, poi con il figlio Raffaele e la nuora Leila, ha gestito il negozio di generi alimentari posto in centro del paese, ora condotto da Diego e Marta. Suo figlio Renato, in queste righe, assieme alla mamma descrive le vicende della sua famiglia e, di riflesso, quelle del paese. Dal suo racconto traspare, ancora adesso, il suo particolare affetto.
Evidentemente a suo padre piacevano le ragazze. Lo conferma il fatto che, in contemporanea, amoreggiando di qua e di là, ne lascio incinte due! Lui faceva il trasportatore con i cavalli. Le due signorine, invece, una era insegnante, l’altra contadina. Al momento della nascita il “carrettiere” fece la scelta. Abbandonò l’insegnante e scelse di essere padre della contadina. Ma l’insegnante, ripudiata, inviò la neonata all’ospizio “Infanti abbandonati” in contrà San Rocco di Vicenza.
Quanto sopra descritto è ciò che mi hanno raccontato, nel secolo scorso, voci ora incontrollabili.
Alla bambina, nata all’antivigilia di Natale del 1902, fu imposto il nome: Maria Carbio figlia di N.N. (cognome inventato).
In Oliero vivevano, senza figli, una coppia di tabacchicoltori che impossibilitati a procreare, desideravano la presenza di bambini. Ben conosciuti dall’allora Parroco don Franceschini, insieme si attivarono contattando personalmente l’allora Dirigente dell’ospizio vicentino ragionier Cabalisti, ottennero l’affido di due bambini: Maria e Attilio.
Fu una famiglia povera ma felice. Anche le condizioni economiche migliorarono. La presenza dei due bambini comportava un contributo di cinque lire mensili per ciascuno dei bambini stessi. Avvenne una grande disgrazia. Maria frequentava la terza elementare. Venne chiamata ed accompagnata a casa. Apprese, tra lo sconforto dei genitori e dei vicini, che il fratello Attilio era deceduto, schiantato dal legname trasportato da una teleferica, allora molto in uso.
Fra stenti, tabacco e tante altre piccole faccende si tirava avanti. Poi la grande guerra del 1915-18. Oliero era in prima linea. Gli abitanti furono fatti sgomberare ed inviati profughi in provincia di Benevento e, più precisamente, a Solopacca. Maria, raccontava, di essere stata ospitata in casa dell’allora pretore. Una vita ricca, ad alto livello, inimmaginabile a Oliero di Sopra! Il pretore aveva due figlie che facevano la gara per nulla far mancare all’ospite Maria.
Avvenne che “un ragazzo del 99” del luogo si innamorò. Decisero, in fretta e furia, di sposarsi. Nel corso della prima notte da sposi fecero di tutto e di più l’amore anche per diventare padre e madre!
Il giorno seguente il marito partì per fare la guerra. Maria non rimase incinta e suo marito, deceduto, non la rivide più.
Nel dopoguerra tornò in Oliero. Avuta particolare attenzione dai dirigenti del “Commissariato delle terre liberate” e trattandosi della più giovane “vedova di guerra” d’Italia (17 anni) trovò la fortuna d’essere collocata a lavorare presso il Magazzino tabacchi di Carpanè. Nel vicino comune di Campolongo sul Brenta si consumava un altro dramma. Veniva a mancare la mamma di due cari bambini che si chiamavano Emilio e Virginio. Era la moglie giovane di un altrettanto giovane Giovanni Vialetto. Furono, successivamente, i parroci delle due comunità ad escogitare l’idea di un possibile matrimonio tra Giovanni e Maria, mentre i due bambini venivano, pazientemente e con amore, accuditi dalla gentile e volonterosa signorina Lucia Cortese.
Se ne parlò. Si incontrarono. Giovanni aveva la necessità di ricomporre la famiglia. L’occasione parve opportuna e la Maria piaceva. A Maria piaceva Giovanni ed in particolare i figli anche perché, dopo l’esperienza matrimoniale dell’unica prima notte, riteneva d’essere veramente sterile. In forma “vedovile” e privata si celebrarono le nozze in Oliero e precisamente nella chiesetta sita dopo il ponte delle due sorgenti, al culmine della salita.
Viaggio di nozze? Venezia evidentemente!
Era d’estate e gli sposi poterono, per l’occasione, assistere alla grande, eccezionale “Regata storica”, organizzata in onore e con la partecipazione dello Scià di Persia, Reza Shah Pahlavi.
Maria lasciando il lavoro per la nuova famiglia, rimase senza pensione di guerra. La liquidazione servì per l’acquisto di un appezzamento di terreno per tabacco e per dare attività ad un negozio di generi alimentari.
Poi avvenne che dopo la presunta stabilità Maria e Giovanni misero al mondo altri tre figli che tutti insieme formarono una famiglia di sette. Cioè sei uomini ed una sola donna. Una contro sei?
Giovanni nel corso della grande guerra partecipava attivamente con la funzione di graduato di cavalleria alla funzione di aiutante in campo del Duca d’Aosta.
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Si giunge, quindi, ad un periodo in cui politicamente dominava il fascismo. La famiglia viveva nella contrà Vialetti, esercitando l’attività di commercianti e tabacchicoltori.
Si aperse una possibilità migliorativa consistente nell’acquisizione del tabacchino sito in Piazza che “Maria dei Marti” deteneva da tanti anni. Si discusse, in famiglia, perché esisteva un grosso problema politico. A Giovanni Vialetto, antifascista dichiarato, non si poteva intestare la licenza di un prodotto di stato “sale e tabacchi”. Si risolse con l’intestazione alla moglie Maria Carbio. In tanto, la famiglia studiava. Virginio aveva la vocazione di fare il militare della Finanza. Emilio, invece, giorno per giorno, attendeva la chiamata al servizio di leva; madre Maria avrebbe voluto potesse evitarlo, papà Giovanni, invece, tanto più.
La guerra scoppiò e i due fratelli maggiori partirono. Non si conosce persona che abbia conosciuto militare che abbia occupato tanti suoli europei come l’alpino Emilio. La mamma Maria obbligava Renato a scrivere, ai due fratelli militari, notizie della famiglia e quelle del Paese, almeno una, due volte la settimana. Non sempre furono recapitate.
Termino per dire che, a guerra finita, i due fratelli tornarono ma mi soffermo sul ritorno di Virginio, com’è avvenuto. Egli proveniva dalla Dalmazia. Io ero molto amico di Ugo la cui madre lo aveva portato al paese di origine da Mestre, soggetta a bombardamenti.
Ugo volle che lo seguissi per un po’ di giorni. Mio padre e la mamma acconsentirono. Le ferrovie non funzionavano perché bombardate.
Ci arrivammo in bicicletta e via per Mestre! Il padre di Ugo era un graduato dei Carabinieri ed a lui raccontai le vicende di Emilio e Virginio. La sera antecedente il mio ritorno a Campolongo ed al suo rientro dal servizio militare mi promise che mi avrebbe accompagnato in una vicina caserma per chiedere se, nella notte, tra i militari ivi accolti ci fosse stato anche mio fratello Virginio. Tutti i rientranti provenivano dalla Jugoslavia. Fuggivano dalle “foibe”. Nell’interno della caserma si fece la ricerca finché mi apparve Virginio!
Ringraziai il graduato e, inforcando la bicicletta, tornammo a Campolongo. Un po’ io stavo seduto sul palo, un po’ pedalavo io. Fu estenuante e mi meritai la riconoscenza di tutta la famiglia. Mio fratello aveva ottenuto trenta giorni di licenza. Emilio tornò a casa più tardi.
La famiglia era al completo! Allora erano feste modeste a base di gnocchi, ricche torte fatte in casa, spaghettate eccetera, eccetera. Alla fine mamma Maria diceva sempre “Deo gratias”.
La ripresa del dopoguerra fu, particolarmente, merito di entrambi i genitori. Armati di bicicletta portavano in vendita ogni ben di Dio, prima sconosciuto al paese.
Nel frattempo, con il lavoro che andava aumentando, siamo divenuti proprietari dell’immobile e si ampliò il locale del negozio, Ciò che più di ogni altra cosa tenevano i nostri genitori era la nostra cultura, il nostro grado di istruzione ed anche di educazione.
Nel frattempo ebbi modo di conoscere i Marzotto che si dimostrarono amici e comprendendo la mia situazione e quella dell’intera Valbrenta mi offersero impiego affiancandomi a Vittorio.
Avvenne, allora, il fatto più triste. Si ammalò gravemente mio padre. Lo comunicai a Vittorio che subito decise che io rimanessi a seguire mio padre esentandomi dal lavoro con retribuzione garantita. Era il 23 febbraio 1955 e con la mia presenza, quella del fratello Emilio e dello zio Paolo mio padre spirò. Ai funerali parteiparono centinaia di persone; mi piace pensare che c’erano tutti i fascisti della Repubblica, significando che loro non ebbero mai, da nostro padre, violenza o sgarberie alcuna.
Da allora parte l’importante azione di Maria e Raffaele. Emilio si era sposato. Renato, per quanto poteva, lo aiutava, Alfredo faceva il bancario, Virginio, a Roma, il graduato finanziere. A mamma Maria non mancavano iniziative per sviluppare il lavoro per sé e Raffaele. Entrambi, sempre disponibili sulla piazza. In particolare per i più bisognosi. Il “libretto” di credito era quasi di uso comune e, qualche volta, il supposto cliente ne approfittava con grande rammarico di Maria stessa. Si sviluppò “bottega e lavoro” tanto che era cosa normale trovare Maria col negozio aperto alle ore sei del mattino. Non esistevano le regole attuali! Necessità, di ogni genere, a tutte le ore, dovevano essere soddisfatte!
Raffaele, seguendo l’esempio della madre, alla pari si comportava. Dormiva in una stanza col nipote Fabio. Un mattino, sentendosi indisposta, si alzò poco prima dell’alba, si fece le abituali pulizie. Si vestì “da festa” chiamò il nipote, lo preparò, a puntino per la scuola e lo pregò di scendere le scale riferendo al papà Raffaele di correre dalla nonna Maria perché ammalata e nella necessità di essere trasportata all’ospedale.
Raffaele si precipitò subito. La caricò in auto e via per Bassano. Raccontava lo scomparso fratello che durante il tragitto raccomandò di voler bene a tutti i fratelli, rispettarli e aiutarli, tutti indistintamente.
Mamma Maria detta “Scalca” chinò il capo e spirò all’ospedale. Secondo Raffaele, sarebbe giunta cadavere il giorno 9 novembre 1978.
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Campolongo sul Brenta, metà anni Trenta del Novecento. La famiglia al completo. Da sinistra Virginio, Renato, Raffaele, Alfredo, Emilio assieme ai genitori Maria e Giovanni.
LA SCUOLA DELL’INFANZIA MADONNA
Ciao a tutti, siamo i bambini della Scuola dell’Infanzia Madonna del Carmine, vogliamo farvi conoscere dove trascorriamo le nostre giornate, un posto speciale dove possiamo giocare con gli amici, divertirci e scoprire ogni giorno cose nuove! Ci piacerebbe tanto condividere con tutti voi le nostre avventure e far vedere anche a voi tutte le cose speciali che facciamo con le nostre maestre! Con parole e foto cercheremo di raccontarvi il nostro mondo! Partiamo con la grande “Festa dei fiori” di Settembre per festeggiare la riapertura della nostra scuola, col raccontarvi poi le attività del nostro autunno e qualche bella novità e infine…i nostri speciali auguri di Natale!
Anno scolastico 2020-2021
Sez. piccoli 13 bambini
Sez. medi 6 bambini
Sez. grandi 10 bambini
Era Lunedì 7 Settembre 2020 ed è stato il primo giorno di scuola, potevamo finalmente rivedere tutti gli amici dopo tanto tempo…sembrava una festa!!! Non eravamo contenti solo noi ma lo erano anche mamma e papà, i nonni, i fratelli! Tutti eravamo felici!
Quando siamo arrivati a scuola le maestre erano lì ad aspettarci, ci hanno detto “Bentornati!” sorridendo e avevano preparato una scuola bellissima con tante cose nuove! Quel primo giorno abbiamo cantato e ballato come si fa ad una vera festa e anche se non potevamo ancora abbracciarci eravamo lo stesso pieni di felicità! Una felicità così grande che non entrava più tra le mura della scuola ma stava riempiendo tutto il paese, che era tornato ad essere felice e colorato, proprio come un bel fiore!
Allora ci è venuta una bellissima idea preparare tanti fiori colorati e riempire tutte le vie del paese!
Questo è stato il nostro modo per far sapere a tutti, ma proprio tutti, che noi bambini siamo tornati a scuola! Abbiamo festeggiato perché siamo tornati a stare insieperché solo INSIEME RIFIORIAMO!
I
amichetti e nemmeno tornare a scuola ma uscire e passeggiare ci rendeva felici!
Dopo l’estate la mamma e il papà ci hanno detto che forse la scuola poteva riaprire e che finalmente potevamo tornare a giocare e fare tante cose bellissime tutti insieme e il nostro cuore aveva iniziato a battere forte forte dalla felicità!!
PERSONALE DELLA
SCUOLA E IL NOSTRO
AMICO DOG
AUGURANO A TUTTI
BUON NATALE!
O meglio…
BAU NATALE A TUTTI!
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LA SCUOLA OGGI
BAMBINI, TUTTO IL
DEL CARMINE RACCONTATA DAI BAMBINI
L’arrivo di PESCIOLINO ARCOBALENO
I fiori che abbiamo appeso lungo le vie della città hanno attirato l’attenzione di un personaggio un po’ speciale: il Pesciolino Arcobaleno! Incuriosito da una scuola così bella e colorata, è venuto a farci visita più volte lasciandoci le sue preziose scaglie argentate e qualche lettera, diventando ben presto nostro amico. Nei suoi messaggi ci ha raccontato della sua scuola marina (una scuola che assomiglia molto alla nostra!) e ci ha aiutato ad imparare le regole che le sue maestre sirene gli hanno insegnato. Ma soprattutto ci ha insegnato che le cose più importanti da fare in una scuola sono tre: sorridere, usare parole gentili e divertirsi!
Le nostre attività D’AUTUNNO!
Angoli da SCOPRIRE
La casetta: Il nostro salone ospita uno dei nostri nuovi spazi preferiti: una vera e propria casetta fatta su misura per noi, in cui non manca nulla. In cucina ci divertiamo a sfornare torte e pasticcini prendendo spunto dai ricettari, oppure a preparare un buon caffè per amici e maestre. Nella camera da letto troviamo tutto l’occorrente per cambiare i nostri bimbi e prepararli per una gita sulla neve o per un pic nic tra le piante aromatiche del nostro giardino. A fine giornata, dopo un po’ di pulizie, possiamo rilassarci sul divano del salotto, guardando la tv mentre coccoliamo il nostro adorato cane Dog e sogniamo già la prossima avventura! Passate pure per un caffè, la nostra porta è sempre aperta!
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(a cura di Fiorenzo Vialetto e Ruggero Zannoni)
Quarant'anni fa nasceva ufficialmente l'A.C. Campolongo. Nel corso degli anni precedenti è sempre esistito un gruppo di appassionati che organizzava accesi incontri di pallone, specie con le squadre dei comuni limitrofi nella Valle. Il primo, pratico "campo da calcio" è stata la piazza di fronte al municipio dove i ragazzi di allora davano sfogo alle loro velleità calcistiche, magari, rompendo anche qualche vetro! Poi lungo la riva del Brenta e in tutti gli spazi ove si poteva far rimbalzare un pallone. L'esigenza di avere un campo sportivo era molto sentita e l'iniziativa del gruppo di appassionati mirava proprio a questo. Abbiamo chiesto una testimonianza a Ruggero Zannoni che, ancora adesso dopo aver seguito con passione la crescita dei ragazzi del settore giovanile fino a portarli in prima squadra, con lo stesso entusiasmo di allora, segue le vicende dell'Associazione sportiva. Lo ringraziamo e gli auguriamo di cogliere ancora, in
sportivi di Campolongo Sul Brenta e dal Presidentissimo Germano Vialetto che ha guidato l’Ass. Calcio Campolongo per ben 13 anni fino al 1993, rimanendo successivamente come Presidente Onorario; era inizialmente coadiuvato da Andrea Zannini quale primo segretario, Mario Antonio Vialetto. Bortolo Bonato, Carlo Gandini, Domenico Bonato, Ruggero Zannoni ed altri sportivi in qualità di soci.
L’Associazione ha dovuto affrontare all`inizio il problema dell`assenza di un campo sportivo in paese dovendo dunque emigrare con spese non indifferenti a Campese, Valstagna, S. Eusebio e S. Nazario.
Dal 1985 con l’inaugurazione del nuovo campo sportivo, l’Ass. Calcio Campolongo ha iniziato a giocare nel proprio paese grazie all’impianto Comunale che ad oggi è intitolato al compianto Presidente Germano Vialetto.
ln 40 anni di storia consecutivi, nell`A.C. Campolongo hanno giocato oltre un migliaio di tesserati con nomi che sono stati pane della storia del calcio dilettantistico vicentino come il compianto Gelnido Bonato (nella grande giocatore ed anche nostro allenatore.
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La formazione, con lo staff della società, presso il campo sportivo di Campese.
Anni Ottanta. La squadra giovanile dell’A.C. Campolongo.
La squadra schierata nel nostro campo sportivo.
Dal 1993 in poi si sono alternati vari presidenti ed allenatori ai quali va il merito di aver condotto la squadra in modo impeccabile e con la massima sportività creando un ambiente famigliare ed ottenendo anche risultati importanti e promozioni in categoria superiore.
Un ringraziamento particolare agli allenatori a partire da Guido Nodari (primo allenatore A.C. Campolongo), a Giovanni Tolfo (permanenza più lunga), per finire con Osvy Rossetto (ultimo allenatore ed anche giocatore).
Dopo Germano Vialetto, la riconoscenza dell'Ass. Calcio Campolongo va ai subentrati Presidenti Antonio Vialetto Jolo (1993-1995), Carlo Costa (1995-1997), Leonardo Pontarollo (1997-1999 e 2007-2009), Ruggero Zannoni (1999-2003), Mario Antonio Vialetto (2003-2005), Denis Pontarollo (2005-2007 e 2009-2011) e Luciano Temperato (2011-2020). Si può tranquillamente affermare che l`A.C. Campolongo e una delle Società Calcistiche più longeve del calcio vicentino ed anche quest`anno 2019/2020 è iscritta al Campionato Dilettanti di Terza Categoria della FIGC - C.R.V con 25 giocatori tesserati ed un Consiglio Direttivo composto dal Presidente Luciano Temperato, dal Vice Leonardo Pontarollo, dal Segretario e Direttore Sportivo Ruggero Zannoni, dal Medico Sociale Paolo Vialetto al quale va un ringraziamento particolare essendo anche giocatore, e dai Dirigenti Domenico Bonato, Bruno Zannini, Antonio Scremin, Fabio Zen, Carlo Mocellin, Maurizio Vidale, Riccardo Zannoni e Rocco Bonato.
Nel corso di tutti i quarant’anni inoltre ha sempre organizzato o collaborato con il Settore Giovanile prima come A.C. Campolongo e poi come Valbrenta 93 ed ora come Football Valbrenta.
Un ringraziamento particolare va a tutte quelle Ditte, Associazioni ed in particolare all’Amministrazione Comunale che hanno permesso il proseguo dell'attività calcistica in tutti questi anni e speriamo per altri ancora.
Germano Vialetto è stato non solo il fondatore dell’A.C. Campolongo ma, anche, attivo protagonista nell’ambito delle varie realtà associative e amministrative del comune di Campolongo sul Brenta. Alla sua memoria vada il nostro deferente pensiero di ringraziamento.
Nato a Campolongo sul Brenta il 21.11.1924, come piccolo industriale ha promosso lo sviluppo del paese e del calcio a Campolongo dapprima (anni 70) con delle squadre che disputavano tornei con il nome della sua ditta (Cifas Caldaie) e dal 08.08.1980 ha fondato l’A.C. Campolongo assumendone la presidenza per ben 13 anni, rimanendo poi successivamente sempre nella società come Presidente Onorario e Consigliere.
Grande sportivo, ha rivestito anche l’incarico di Presidente della società ciclistica Veloce Club Bassano organizzando numerose gare nel nostro paese; è stato inoltre Presidente dal 1973 per 20 anni della Società Pescatori Sportivi “Cifas" di Campolongo Sul Brenta oltre ad altri incarichi nei Donatori di Sangue, Bersaglieri (Presidente), Veterani dello Sport e non da ultimo nell’Amministrazione Comunale nella quale ha avuto l'incarico di assessore.
Grazie alla sua passione sportiva e caparbietà, dopo qualche anno dalla fondazione della società e sito costruito l’impianto sportivo attualmente utilizzato dall’A.C. Campolongo e dal Settore giovanile della Football Valbrenta, e al quale impianto l`A.C. Campolongo e l’Amministrazione Comunale tutta intende in memoria, per i grandi meriti e dedizione verso la comunità asse-
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Si festeggia la conquista della Seconda Categoria.
Dopo una bella vittoria.
La squadra ritratta il giorno dell’inaugurazione del nuovo campo sportivo.
(estratto dal Foglio del Vento del Brenta n. 9 del 6 settembre 2020)
Martedì 4 agosto un fortissimo nubifragio ha interessato il nostro borgo, specie nella parte sud, nella zona di via Monte Ortigara ove ha provocato seri danni in più case.
In pochi minuti una valanga d’acqua è scesa dalla montagna trascinando con sé fango e detriti. Chi si trovava all’interno della propria abitazione ha vissuto questo evento atmosferico vivendo momenti concitati e contrassegnati dall’impotenza di non poter intervenire.
L’acqua e il fango entravano in tutte le stanze degli scantinati. Gli impianti elettrici e termici, gli elettrodomestici venivano sommersi e avvolti da una melma vischiosa che ne bloccava il funzionamento.
Al di là dei danni materiali, cercando di salvare il poco di salvabile, si vedevano i propri ricordi personali distrutti in pochi minuti. Fotografie, ricordi affettivi da buttare al macero. Si era attanagliati da uno stato di scoramento difficile da descrivere. (…)
A tutti coloro che in qualsiasi modo hanno dato una mano rinnovo il grazie più sentito, anche da parte della mia famiglia.
Fiorenzo Vialetto
Seppure la “bomba d’acqua” scatenatasi nella nostra vallata la mattina del 4 agosto 2020 abbia riportato i maggiori danni nei comuni di Solagna e di Pove del Grappa, anche il nostro paese ha subito in più punti le conseguenze della spaventosa quantità di pioggia riversatasi nella vallata nel giro di poche ore.
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CAMPOLONGO: UN ANNO PER IMMAGINI
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Un’impressionante foto scattata da Chiara Rossi, mostra la densa nuvola di fumo nero che si alzò dal luogo dell’incendio della ditta Geotex il giorno 29 maggio 2020
I volontari al lavoro dopo l’alluvione del 4 agosto
I ragazzi del progetto “ci sto! Affare fatica”
LE ROGAZIONI E LA BENEDIZIONE DEI “GNARI”
Questa volta Renato Vialetto ci parla delle Rogazioni, un rito che, un tempo, aveva molta importanza per la nostra Comunità religiosa e civile. Il suo racconto, vissuto da protagonista, ci disvela con semplicità ed efficacia riti e cerimonie che ora ci appaiono tanto lontane e desuete. Tutto ciò dimostra il suo grande amore per il paese ove ha trascorso gran parte della sua giovinezza. Lo ringraziamo per la sua collaborazione.
Ancor prima di scrivere sulle “Rogazioni” che si celebravano nel nostro paese, non posso non far menzione di qualche persona compaesana che, nel viverle, partecipava e si rendeva attiva con fede.
Mi riferisco ai due gemelli generalmente chiamati
“Nati” (I “Nati” erano quattro fratelli, figli di Marco Conte; i due gemelli si chiamavano Fortunato e Luigi, gli altri due Eugenio e Angelo “Angin”. Cantavano in chiesa e vivevano in estrema povertà; “Angin”, forse disperato da una vita così agra, fu trovato impiccato nella cantina ove dimorava). Chi mi legge non può averne memoria. Forse qualche anziano come me!
Vivevano in Via Conti, e, ricordo, sotto le cantine di quello che fu il primo asilo per l’infanzia. Partecipavano, essi, a tutte le funzioni religiose; non solo, le organizzavano, con la nostra maestra d’asilo “Lucia Sara” (n.d.r. Lucia Mocellin)
Sceglievano i nomi dei personaggi che avrebbero dovuto dar vita alle Sacre Rappresentazioni che si facevano nel corso della rinomata processione del Venerdì Santo. Evidentemente da citare anche i nomi della Meneghina e Giovannina “Martin”. Queste due erano le specialiste anche delle Sacre Rappresentazioni.
Oltre a loro è, da me, fatto obbligo citare anche i nomi di altre persone che proprio non dimentico mai.
Essi sono “Mario Ciori” (sempre presente!) Michele Volpe (anche con tanti aiuti materiali sostanziosi) e Bernardino Bonato (“Bin Scarparoto”). Non posso scordare Nicola dei Bianchi (Zannini) che con Caterina apparivano i più devoti e partecipanti. Mettiamoci anche fra i preziosi collaboratori Anastasia Zannini, Bin e Margherita (“del Beo”).
Tralascio molti altri. Perdonatemi!
di Renato Vialetto
Io chiamo le “Rogazioni” un evento ecclesiale volto a chiedere al buon Dio di volerci preservare da un sacco di eventi dannosi che comparivano e colpivano l’uomo e la terra in cui abitava.
La data era stabilita dall’evento ecclesiale, durava tre giorni e si esprimeva con una solenne e foltissima processione dei fedeli recitanti e cantando le Litanie dei Santi. Precisamente nei tre giorni precedenti l’Ascensione di Cristo dalla terra.
A Campolongo una Rogazione si svolgeva verso Via Vialetti per tornare (dalla Diga) attraverso i campi, sbocciando fino giù dalla Valle d’Orlandi, raggiungendo la strada che porta alla Chiesa. La seconda Rogazione ci portava ai Contarini e dopo esserci introdotti in via Zannini si tornava alla Chiesa. La terza Rogazione si espletava dal centro della parrocchia comprendendo le Vie Bonati, Bonatoni e Via Conti. Quindi la folla entrava tutta in Chiesa al canto del “Te Deum”. La Rogazione durava parecchio tempo perché nel percorrere le vie e i “trodoi” le famiglie esponevano immagini sacre, negli appezzamenti di proprietà, volti alla coltivazione di tabacco che, ai miei tempi, era l’unica fonte di vita oltre all’emigrazione!
Non bisogna tralasciare che uno o più chierichetti, indicati dal Sacerdote, di volta in volta, correvano verso l’immagine per raccogliere quella debole offerta lasciata dal proprietario dell’immagine stessa, che, peraltro, sempre c’era. Per questo motivo, nel paese mio, le Rogazioni venivano chiamate anche “Benedizione dei gnari” cioè dei soldini.
Poi si cantavano le Litanie dei Santi (si recitavano quelle lunghe!). Dopo il Kirie, il Christe, il Pater e Santa Trinitas, unus Deus, partiva la processione con il Labaro in testa e quindi, uno di noi intonava le invocazioni dei Santi a partire da Santa Maria e via via fino a omnes Sancti beatorum Spirituum ordines! Il popolo che seguiva cantava “ora, oppure, orate pro nobis!”.
Il Vento del Brenta Pag. 20
nata a Campolongo sul Brenta il 13 ottobre 1901. e deceduta il 9 gennaio 1990.
18 ottobre 1958 Meneghina a bordo della Vespa del figlio Toni (Guido) assieme alla nipote.
Anno 1964 Giovannina Donazzan “Giovanina Martin” assieme al marito Giuseppe De Toni e la figlia Gabriella.
Poi si chiedeva l’intercessione dei Patriarchi e dei Profeti ad iniziare da Abramo, Mosè, Elia, Giovanni Battista perché pregassero per noi. Subito dopo ancora si chiedeva l’intercessione di una serie di Santi a partire da San Pietro, seguiva Andrea, Matteo, Luca, tutti gli Evangelisti e i Discepoli del Signore. Seguivano una lunga serie di Martiri e innocenti; tra i tanti che si invocavano vado a indicare; Ignazio, Lorenzo, Stefano, Perpetua e Felicita, Maria (Goretti).
Ancora si invocava la intercessione dei santi Vescovi e dottori della chiesa, tra i quali emergono i nomi di San Gregorio, San Ambrogio, San Nicola ed ancora i Santi Pontefici e benefattori. Si supplicavano “coram populo”, affinché intercedessero, anche i Presbiteri e i Religiosi quali (ne cito alcuni) San Antonio, San Bernardo oppure San Vincenzo, tutti i Sacerdoti ed i Leviti con i Monaci ed Eremiti.
Così pregando la Processione sempre più si allungava di
che era quella dell’impiegato del “Dazio” Antonio Scramoncin; era accompagnata da uno scritto volto a raccomandarci che fosse spesa per la celebrazione di SS. Messe per tutti i defunti. Quando si affacciava l’opportunità di essere vicino a un bel gruppo di “gnari” si partiva con le invocazioni a Cristo.
Tra queste ne cito qualcuna di ordine spirituale e materiale. A tutte, peraltro, la folla rispondeva in coro: Ab omni malo libera nos Domine, ab insidiis diaboli libera nos Domine, per crucem et passionem tua, a fulgore et tempestate libera nos Domine, (questa invocazione era ripetuta anche più volte; c’era il pane da salvare per ogni famiglia: il tabacco) a subitanea et improvisa morte libera nos Domine. Inoltre erano previste un’altra serie di suppliche che don Francesco Rossi ci diceva di tralasciare, forse perché si rischiava di tirarla troppo in lungo.
Tornati e giunti nella madre Chiesa, la Rogazione si concludeva con l’Agnus Dei, col Kirie, col Pater noster
Una rogazione che si svolge ancor oggi, emblema delle nostre rogazioni passate, è quella del vicino altopiano di Asiago: nella foto la lunga fila di fedeli che partecipano alla Grande Rogazione di Asiago.
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I NUOVI NATI
Il 29 novembre 2019 è nata Alice Bianchin, figlia di Raffele e Irene. Mentre ci congratuliamo con i genitoriauguriamoalla bambina unfuturoserenoe felice.
È nato, il 4 maggio 2020, Thomas Vialetto di Matteo e Valentina Dalla Costa. Alla giovane coppia e al neonato giungano le nostre vive congratulazioni.
l 23 luglio è nata Allegra Lorenzato figlia di Daniele e Alessandra. Ai genitori, ai fratelli e ai nonni facciamo le nostre congratulazioni, per il lieto evento.
l 3 ottobre è nata Adele Fiorese figlia di Alberto e Valentina Prandina. Adele è nipote di Guido, consigliere della nostra associazione,e di Annachiara.Congratulazioni ai neo - genitori!
Il30 novembre scorsoè nato Gioele Iacconi, figlioprimogenito di Thomas ed Elisa Vendrasco (di Giuseppe e Eleonora). Congratulazioni aigenitorie anche ai nonni.
CONDOGLIANZE
È deceduta, il 9 febbraio 2020, Domenica “Nica” Zannoni di anni 84. Risiedeva a Rosà. Ai figli giungano le nostre più sentite condoglianze.
Barbara Vialetto, di anni 81, è deceduta il 17 marzo scorso. Ai parenti giungano i sensi del nostro cordoglioIl 12 aprile scorso, giorno di Pasqua, è mancata
Bertilla Bordignon vedova Bonato di anni 90. Ai figli e parenti giungano le nostre espressioni di cordoglio. Giuseppe Bonato, conosciuto da tutti come Mario (Scarparoto),è morto a Torino il 6 aprile 2020, a 85 anni di età e 68 di vita religiosa, era un salesiano coadiutore. Durante la sua attività, svolta principalmente presso la Comunità salesiana di Colle Don Bosco (Asti), si è sempre distinto per le sue qualità umane e per aver sempre operato per rendere protagonisti i ragazzi e i giovani spendendo la sua vita in un continuo e prezioso lavoro educativo,propriosulleorme didonGiovanni Bosco.
È deceduta, il 2 maggio, Giacomina (Gina) Serini vedova Vialetto di anni 86. Ai figli e ai parenti giungano le nostre più vive condoglianze.
Il 14 maggio scorso è venuta meno Giuliana Stevanin, vedova Secco, di anni 78. Era residente a Bassano del Grappa. Ai figli e ai parenti giungano le nostre più vive condoglianze.
Giovanna (Vanna) Bonato è venuta meno il giorno 8 giugno scorso. Aveva 69 anni. Da tempo era residente presso la casa di riposo di Solagna. Vanna, fin da quando è stato istituito il servizio di assistenza per gli anziani a Campolongo, si è sempre dedicata, con passione e dedizione, a questa attività incontrando il massimo gradimento da parte dei suoi assistiti e anche dalle varie amministrazioni comunali che si sono susseguite. Alle sue sorelle e ai suoi parenti giungano i sensi del nostro sentito cordoglio.
FIORI D’ARANCIO
Il 31 di agosto 2019 a Roma, nella chiesa di Santa Maria dell’Annunciazione ai Fori Imperiali, si è sposata Giorgia Orlando (figlia di Romildo e nipote di Antonia Vialetto la più anziana del paese) con Fabio Valletta.
Massimo Vialetto (figlio di Gianni segretario della nostra Associazione e di Luciana) e Elena Carraro si sono sposati il giorno 28 novembre scorso. Ai due giovani, che si stabiliranno nella nostra Comunità, giungano i nostri auguri più fervidi.
NOZZE DI DIAMANTE
Antonio Vialetto “Joeo” e Caterina Bergamo hanno festeggiato i 60 anni di matrimonio. Attorniati da figli e nipoti hanno fatto festa presso la loro abitazione. Raggiungere un traguardo così importante non è da tutti gli sposi!
A Toni e Rina auguriamo una serena terza età da trascorrere, ancora per tanti anni, sempre assieme.
45 ANNI INSIEME
Elda Bigon e Carlo Costa hanno celebrato i loro 45 anni di matrimonio, il giorno otto febbraio scorso, partecipando alla messa di ringraziamento. Successivamente hanno festeggiato assieme a figli, nipoti e parenti. Auguri di buona salute e arrivederci ai prossimi traguardi!
FIOCCHI ROSSI
Il 18 febbraio, conseguendo il massimo punteggio di 30/30 con lode, Alessandro Parolin si è laureato in teologia presso l’Istituto superiore di scienze religiose collegato alla facoltà teologica del Triveneto.
Ad Alessandro formuliamo i nostri complimenti e per un futuro ricco di soddisfazioni.
Ha conseguito la laurea magistrale in “Scienze del linguaggio” con il punteggio di 110/110 la dottoressa Claudia Cimolin (figlia di Nazzareno e Lorenza Bonato). Il titolo è stato conseguito presso l’Università Ca’
Foscari di Venezia, in tempi di coronavirus, con la discussione e la proclamazione on line. Ci complimentiamo, anche con i genitori, per l’ottimo risultato conseguito augurando a Claudia un soddisfacente futuro lavorativo.
100 ANNI BEN PORTATI
E’ venuto meno, il 29 ottobre scorso, il dottor Giannantonio Zannini di anni 79. Da anni risiedeva a San Giuseppe di Cassola. Alla moglie, alle figlie e ai parenti giungano i sensi del nostro cordoglio.
E’ mancata, il 16 novembre scorso, Flavia Scramoncin (figlia di Primo) in Vial di anni 55. Da tempo abitava a Pove del Grappa. Al marito, alla mamma, ai figli e ai parenti giungano le nostre più vive condoglianze.
Angela Lazzarotto vedova Zannini, il 21 febbraio scorso, ha compiuto 100 anni. Alla nostra arzilla “Angina Carantana” che risiede a Milano, ma che ama ritornare a Campolongo diverse volte all’anno, auguriamo ancora un lungo periodo di vita da vivere sempre in serena lucidità e salute. Tanti auguri da parte nostra!
Il Vento del Brenta Pag. 22
Anni Sessanta del Novecento: Le sorelle Lazzarotto “Carantan” assieme alla mamma Giustina.
Vanna con “suoi” anziani, in un momento di incontro.
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RICONFERMATO IL CONSIGLIO DELLA PROLOCO
Per regolamento, quest’anno si sono dovuti rinnovare i direttivi di tutte le strutture dell’UNPLI: dalle Pro Loco, ai Consorzi, ai Comitati provinciali, al Comitato Regionale del Veneto e Comitato Nazionale. Per la nostra Proloco le operazioni di rinnovo si sono concluse con la conferma del direttivo già in essere. Ringraziandoli per l’impegno
VALBRENTA:irisultatidelreferendumedelleregionali Nelle giornate di domenica 20 e lunedì 21 settembre, i cittadini sono stati chiamati alle urne per il REFERENDUM costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari e per le elezioni REGIONALI. Ecco un riassunto dei dati essenziali. Tutta la documentazione con i riepiloghi completi è scaricabile in formato pdf dal sito del comune di Valbrenta.
REFERENDUM
Alla chiusura delle urne, i votanti sono stati 2671: il 66,13 degli aventi diritto.
I voti favorevoli (Sì) sono stati 1798 (68,26%), mentre i voti contrari (No) sono stati 836 (31,74%). Le schede bianche sono state 19; 18 le schede nulle e nessuna scheda contestata.
REGIONALI
Alla chiusura delle urne, i votanti sono stati il 40,96% degli aventi diritto (ndr inclusi i residenti all’estero).
I voti validi per l’elezione del presidente sono stati 2572.
I voti validi per l’elezione del consiglio sono stati 2161.
DESIGNATI I 4 PROSINDACI
mente nella pagina Facebook di Campolongo sul Brenta, con post giornalieri, dal 16 al 31 luglio,e conla pubblicazione (sempre nella pagina Facebook, da dove è ancora possibile visionarlo) di un filmatofinale,conlarassegnadituttoilmaterialeesposto.
Ilmaterialeèrintracciabilecon #piccolamostracampolongo Ecco ipartecipanti: Rita coni sui fantastici fiori lavorati all’uncinetto; Sandro Zampieri,GraziellaSebbene Chiara Rossi hannopartecipato pubblicandodellebellissimefotografie; EdoardoMocellinhapresentatodisegni sulegno contecnicaapirografoeoggettisticainlegnolavoratoaltornio; FilippoBonatoconduefigureinlegnointagliato;GiorgiaCerantola condisegniedipintimoltointeressantiedoriginali;UgoCampagnoloconisuimodellinidicasetteinlegnoeconalcunidipinti; nellacategoriacollezionismo,segnaliamolafantasticacollezionedi “oggettidiunavolta”, presentatidaMassimoCarlone;leocarinedi CristinaMarinieunainteressantecollezionedimatriosche
UN NUOVO SPAZIO RICREATIVO PER IL PAESE
Il 18 giugno è stato firmato dalla Proloco il contratto di acquisto della casetta e del campo già facente parte della proprietà immobiliare della famiglia di Natalino Vialetto e Carmen Zannoni in via Conti. Scopo dell’acquisto è la creazione di uno spazio ricreativo che possa far capo alle attività dell’associazione e che possa diventare un punto di riferimento e di incontro per la gente del paese. Si tratta di un investimento importante, anche in termini economici, che la Proloco ha deciso di portare avanti per dare un supporto concreto alle iniziative e alla socialità di tutta la comunità di Campolongo. L’augurio è che questo spazio possa essere di stimolo per l’organizzazione di attività ricreative e culturali. GRAZIE Proloco!
UN GRAZIE A GRAFICHE FANTINATO
A febbraio 2020 la ditta Grafiche Fantinato, che da anni si occupava di editare e stampare Il Vento del Brenta, ha deciso di chiudere l’attività, per una serie di circostanze contingenti. Ci duole chiudere una così proficua collaborazione; a tutto lo staff va il nostro grazie per tutti i lavori fatti assieme. Auguriamo a tutti loro di poter trovare realizzazione e soddisfazione in altri progetti.
Prosindaci e Consiglieri Municipali eletti a seguito della votazione effettuata il giorno 18 ottobre 2020:
Municipio di San Nazario:
Prosindaco: Mocellin Alessandro Consiglieri Municipali: Bistrot Barbara e Todesco Nicolò
Municipio di Cismon del Grappa:
Prosindaco Grego Fidenzio Consiglieri Municipali: Dall’Agnol Lorenzo e Dalla Piccola Maria Candida.
Prosindaci designati ai sensi dell’articolo 34 comma 10 dello Statuto Comunale:
Municipio di Campolongo sul Brenta: Mauro Illesi Municipio di Valstagna: Alberto Cavalli
BANCHE DATI CATASTALI
L'Agenzia delle Entrate di Vicenza con nota del 11/11/2020 ha comunicato di aver completato la procedura di migrazione delle banche dati catastali dai comuni fusi a quello di Valbrenta.
Il comune di Valbrenta è quindi stato suddiviso in 4 sezioni al catasto terreni ed altre 4 al catasto fabbricati, corrispondenti ai territori dei 4 comuni di origine. Rimangono invariati i dati relativi al foglio ed alle particelle catastali. Nel sito del comune è disponibile una tabella riepilogativa.
CAMBIO DELLA GUARDIA IN AMBULATORIO
Nel mese di luglio il dottor Francesco Veronese ha cessato lapropria attivitàpressol’ambulatoriodi Campolongo. Al dottore e alla sua assistente Cristina Grego, vanno ringraziamento di tutti i pazienti di Campolongo, per questi anni di servizio presso il nostro ambulatorio; lasciano un buon ricordo per la disponibilità e il buon rapporto instaurato in questi anni.
Al dottor Veronese è subentrato per un breve periodo il dottor Salman Hanna, dimissionario a partire da fine novembre. A partire dal mese di dicembre, l’incarico è assunto dalla dottoressa Cristina Bordin.
Alla dottoressa Bordin va il nostro benvenuto!
La recente vicenda, che ha provocato disagi e incertezza, deve essere motivo di riflessione per tutti i compaesani riguardo alla necessità di assicurare al nostro ambulatorio un numero adeguato di pazienti, tale da garantirci la presenza di un medico: per noi, per i nostri anziani che faticano a spostarsi,perla vitalitàdel paese stesso!
Il Vento del Brenta Pag. 23
FOTO D’EPOCA
Spesso la storia, oltre che da grandi personaggi, è fatta da grandi innovazioni, che nel tempo influenzano in modo determinante la vita delle persone; la corrente elettrica è sicuramente una di queste. Ecco due foto che documentano questa svolta epocale.
E’ stato detto che dopo questa pandemia nulla sarà più come prima. Sicuramente non ci sentiamo di condividere una visione catastrofistica degli eventi accaduti; c’è anzi grande voglia di riprendere e fantasia nelle soluzioni da adottare per avvicinarci quanto più possibile ad un normalità e socialità che abbiamo scoperto di amare. Il tempo di corona virus è diventato occasione per l’avvio di una riflessione profonda anche per il comitato di redazione del Vento del Brenta che si è tradotto nella scelta condivisa di fare delle difficoltà, delle opportunità di miglioramento. Dopo la pandemia, dunque, il Vento del Brenta sarà “come prima”, ma anche “migliore di prima”!
Con l’intento di essere sempre più vicina ai propri lettori con notizie interessanti e tempestive, da giugno 2020, la Redazione del Vento del Brenta ha scelto di emettere periodicamente una breve pubblicazione che ha chiamato “I fogli de Il Vento del Brenta” perché vengono successivamente raccolti nella consueta edizione del Vento del Brenta in formato cartaceo. Alle difficoltà oggettive date dall’attuale congiunzione provocata dalle pandemia del corona virus, si è sommato il desiderio di raggiungere i propri lettori con una cadenza più ravvicinata, in modo da garantire una comunicazione snella e vivace, sia per quanto riguarda le tematiche che sono il cuore del periodico (l’informazione e la diffusione della cultura, delle bellezze e della storia del proprio territorio), sia per quanto riguarda le informazioni sulla vita della comunità.
La pubblicazione è diffusa tramite la pagina internet della Proloco procampolongosulebrenta.org dove è reso disponibile un .pdf, raggiungibile facilmente anche inquadrando il QRcode presente nel frontespizio del foglio.
Le pagine Instagram e Facebook di campolongosulbrenta pubblicano invece un’anteprima su ciascuna nuova uscita, in modo da avvisare i lettori.
I fogli de Il Vento del Brenta, archiviati nella sezione BLOG del sito si prestano molto bene alle ricerche sul web, in quanto presentate per argomento e sempre rintracciabili per parole chiave tramite una ricerca internet. Questo ci porterà nel tempo a regalare una grande quantità di materiali facilmente usufruibili per ricerche e approfondimenti, oltre a garantirci una grande visibilità!
Quando si andava a scuola, leggere il racconto e commentare i personaggi de “I Promessi sposi” di Alessandro Manzoni poteva sembrare un qualche cosa di imposto, a volte, perfino noioso. Ma in questo tempo di pandemia rileggere il romanzo con calma, raffrontando il tempo di allora con quello in cui stiamo vivendo, si potranno trarre spunti di riflessione utili. Si potrà notare che gli atti di opportunismo, di pavidità, di coraggio e di altruismo si ripetono anche a distanza di secoli. Poi la poca conoscenza della epidemia, cercando di sottovalutarla o, addirittura ignorarla, fin che è possibile, si riscontra ancora adesso. Come pure le “grida”, sotto forma di DPCM e di ordinanze varie, non sempre chiare ed esaustive. I personaggi pavidi, egoisti, generosi e dotati di spirito di giustizia si rincorrono fin nei nostri tempi. In somma scorrere e gustare, con calma, le vicende di Renzo e Lucia e degli altri personaggi, intensamente descritte dalgrande scrittoremilanese,puòsoloessere positivo.
La redazione del “Vento del Brenta” ringrazia tutte le persone che hanno contribuito a rendere ricco e interessante questo numero. Il periodico si arricchisce infatti con l’apporto di idee, riflessioni, articoli e foto da parte di tutti, e tutti sono invitati a collaborare.
Ricordiamo che il periodico vive grazie al contributo economico dei lettori. Questo numero contiene un bollettino postale con il quale ciascuno può dare il suo contributo; inoltre è sempre possibile effettuare un bonifico al seguente IBAN: IT 30 H 0760111800000010971364
EVITIAMO GLI SPRECHI
La redazione invita eventuali destinatari di questa pubblicazione che non fossero più interessati a riceverla di darcene comunicazione tramite posta o mail (info@procampolongosulbrenta.org) in modo da procedere alla sospensione dell’invio.
Fine anni Trenta del Novecento: La costruzione della diga. (La foto è stata tratta dal gruppo “Sei di Solagna...” su Facebook).
Fine anni Venti del Novecento. Nunziano (“Dino dei Becari”) Vialetto mentre sta predisponendo i fili sui pali della luce per fornire alla Valbrenta la corrente elettrica.
IFOGLIDE“ILVENTODELBRENTA” unnuovostrumentodicomunicazione
I PROMESSI SPOSI: un invito alla (ri)lettura