Luoghi e spazi del potere a palermo, tra mosaici e stucchi

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LUOGHI E SPAZI DEL POTERE A PALERMO, TRA MOSAICI E STUCCHI Il nostro primo viaggio inizia con la luce dei mosaici e si conclude con la bianca luce degli stucchi; viaggio illuminato da un’aurea emozionale che solo a Palermo si manifesta, ci avvolge, ci conduce e ci rende protagonisti delle storie e dei luoghi. Perché Palermo è unica. Illusione o realtà? Viaggiare a Palermo infatti, significa viverla, innamorarsene, volere fortemente ritornarci. Circondata dai monti della Conca d’Oro, ai piedi dell’Erktè, si protende lungo il Piede Fenicio tra oriente e occidente, al centro del Mediterraneo, con i suoi insospettabili palazzi senza tempo, le sue chiese ricche di ornamenti e simboli, le sue fontane esoteriche, i vicoli bui e nascosti, le grandi vestigia della piazze e dei giardini. Oggi ci raduniamo nella città alta, la Halqah e ci avviamo al Palazzo regio che fu sede ininterrotta del potere politico dai Punici fino ai nuovi “Re” di oggi e che, strati su strati, è giunto fino a noi come un palinsesto ancora insoluto. E’ un quartiere militare, il Mo’aschar, quello che il Gran Conte Ruggero trova nel 1105, conquistando la città, e noi lo attraverseremo per ciò che oggi è risorto in luce: le fortificazioni puniche e le successive mura saracene. Scendiamo per circa otto metri dentro il Palazzo ed ecco la Porta: immaginiamo di attraversarla per entrare nella storia. Potrebbe essere la Porta del Palazzo, quella che il viaggiatore iracheno Ibn Hawqal, in visita a Palermo nel 973 d.C., chiamò Ba-Ibn Qurhub e che alcuni identificano con la Bab-al-Ryad che sin dal V secolo a.C. immetteva nel fertile entroterra del Giardino Paradiso. Oltrepassando con la mente questa Porta, il passato, presente e futuro fermano il nostro tempo. Ed è da qui che inizia il racconto della fabbrica ed è qui che il quartiere militare diventa palazzo reale: siamo nella storia, lasciandoci alle spalle il 2014, il caos ininterrotto del traffico cittadino, misto alla quotidiana indolenza dei suoi abitanti. Siamo nella storia. La luce, il colore della pietra, il suo odore, ci avvolgono; accarezzando i conci percepiamo il genius loci e tocchiamo con mano come gli strati dei secoli si sovrappongono e allo stesso tempo non si annullano, al contrario si trasformano in un libro scritto e ancora non del tutto raccontato. Sotto di noi scorre l’acqua … riusciamo a sentirla … intorno a noi il respiro della memoria di chi ha vissuto ed ha attraversato questi luoghi … Quanto tempo è trascorso? Da quanto siamo qui sotto? Un’aria calda, ovattata ci avvolge … è ora di risalire su per le scuderie, volute da Ferdinando IV di Borbone su progetto di Venanzio Marvuglia. Attraversiamo le Sale del Duca di Montalto, ci travolgono gli affreschi del Costantino, del Novelli, del La Barbera e dell’ Astorino, tra paesaggi, grottesche e figure allegoriche, tutte ad esaltazione del potere. Saliamo ancora su per lo scalone di marmo rosso e al primo piano del loggiato incontriamo lo scrigno preziosissimo della Cappella Palatina, chiesa cristiana coperta da un tetto islamico, sovrapposta a quella che fu fondata nel 1072 da Roberto il Guiscardo, la cosiddetta “Cripta”. L’ombra di questa Chiesa inferiore rende ancora più sfolgorante la superiore Cappella Palatina, esempio stupefacente dei marmorari, dei mosaicisti, dei carpentieri e degli artisti fatimidi, bizantini, ebrei, siculonormanni … ma ciò che ci lascia senza fiato è la grande spiritualità intrisa di quella incontenibile aspirazione politica che, senza soluzione di continuità, i sovrani normanni vollero impressa nell’iconografia musiva della chiesa superiore palatina e che ancor oggi continua a contagiare i nuovi “Re”. La luce dei mosaici è abbagliante: le immagini emanano musiche, suoni arabici, profumi … sembra di udirli … l’iscrizione che incornicia il Pantokrator sembra parlare … la ascoltiamo “Il cielo è mio trono, la terra sgabello per i miei


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