Palazzo Valguarnera Gangi

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Premessa «La sala da ballo era tutta oro: sui cornicioni cincischiato nelle inquadrature delle porte, damaschinato chiaro quasi argenteo su meno chiaro nelle porte stesse e nelle imposte che chiudevano le finestre e le annullavano conferendo così all’ambiente un significato orgoglioso di scrigno escludente qualsiasi riferimento all’esterno non degno. Non era la doratura sfacciata che adesso i decoratori sfoggiano, ma un oro consunto, pallido come i capelli di certe bambine del nord, impegnato a nascondere il proprio valore sotto una pudicizia ormai perduta di materia preziosa che voleva mostrare la propria bellezza e far dimenticare il proprio costo; qua e là sui pannelli nodi di fiori rococò di un colore tanto svanito da non sembrare altro che un effimero rossore dovuto al riflesso dei lampadari». da Il Gattopardo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa

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Molte pagine de Il Gattopardo, capolavoro della letteratura italiana, vennero scritte ai tavoli della Pasticceria Mazzara di Palermo, città natale di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: lo scrittore era solito sedersi ai tavoli del bar e, fra una pasta di mandorla o un cannolo scriveva a mano, su fogli di quaderno, le pagine di quello che sarebbe stato il suo capolavoro. Pubblicato postumo nel 1958, un anno dopo la morte del suo autore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il romanzo è uno splendido affresco della Sicilia e delle sue vicende storiche che vanno dal 1860 al 1910, un periodo di risurrezione, indipendenza e dell'Unità d'Italia. Ed è proprio a palazzo Valguarnera Gangi che venne girata la famosa scena del ballo del film omonimo di Luchino Visconti, ambientata invece nel romanzo a palazzo Ponteleone, oggi non più esistente perchè abbattuto in seguito al taglio di via Roma.

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Le descrizioni di Palazzo Ponteleone infatti, corrispondono perfettamente agli ambienti di palazzo Valguarnera Gangi, prescelto come set dal grande regista. Il palazzo, ritenuto fra le dieci case private più belle al mondo, ha mantenuto la sua maestosità e sontuosità: … la sala ballo e degli specchi, i cristalli, i lampadari, gli arazzi, il pavimento con il gattopardo, il terrazzo sulla piazza, l'austera facciata, i magnifici saloni, il tripudio di affreschi, i pregiati mobili antichi, le maioliche dipinte e il cortile per le carrozze, lo scalone. L’edificio non nasce come un palazzo con un progetto unitario di base, ma come una successione di fabbricati; poi, nel 1749 Pietro e Marianna Valguarnera decidono di abitarlo, trasformando questa residenza nella loro casa principale di città che, inizialmente è chiamata la Grande Maison e che in seguito è indicata con l’odierna denominazione.

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Palermo è una città che ha mantenuto ancora oggi un’aristocratica sicilianità, quella dei palazzi nobiliari rimasti fedeli alla loro identità originale e spesso abitati dai loro proprietari. Tutto ciò che è custodito e curato nel palazzo Valguarnera Gangi è inscindibilmente legato al genius loci della famiglia; oltrepassa i confini delle generazioni e ricostruisce giorno per giorno il legame con le nuove civiltà, attraverso l’archivio della memoria che il palazzo stesso rappresenta. La grandezza del popolo siciliano infatti, traspare soprattutto dal nobile gusto e dalla sublime raffinatezza coniugate, attraverso i secoli, con la capacità delle maestranze di coniugare la fabrilità con l’arte. «Bella ed immensa città, il massimo e splendido soggiorno … Palermo ha edifici di tanta bellezza che i viaggiatori si mettono in cammino attratti dalla fama delle meraviglie che offre qui l’architettura, lo squisito lavoro, l’ornamento di tanti peregrini trovati dall’arte».

Edrisi, 1099 ca. – 1164

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Il Percorso esterno Il palazzo sorge ai confini dell’antico quartiere degli Emiri, al-Halisah, abitato anche dagli Ebrei fino al 1492 e precisamente nell’area denominata Guzzetta. L’area, attraversata dal torrente Kemonia in questo tratto serviva la struttura del «macello ebraico», proprio dove oggi è edificato il Teatro di Santa Cecilia. A seguito dell’editto di espulsione per la Sicilia del 1492, gli Ebrei furono costretti a vendere le loro proprietà ed abbandonare Palermo; l’area quindi passò di proprietà a famiglie nobili, al clero o al senato palermitano. Piazza Croce dei Vespri, vicolo Valguarnera, via Teatro Santa Cecilia e piazza Sant’Anna la Misericordia segnano i confini urbani della stupenda dimora principesca. La costruzione del nucleo principale è del 1578 circa a seguito della donazione di Vincenzo Barresi alla figlia andata in sposa a Lorenzo Lanza di Trabia.

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Successivamente, a seguito del matrimonio della figlia di Girolamo Gravina, che aveva acquistato la fabbrica nel 1652, il palazzo è portato in dote a Giuseppe Valguarnera e Graffeo, principe di Gangi. Proprio in quegli anni, secondo un’antica leggenda, nei bassi del palazzo abitò Giovanna Bonanno, la «Vecchia dell’aceto», avvelenatrice finita al rogo della Santa Inquisizione spagnola e ricordata da Luigi Natoli nell’omonimo romanzo.

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L’ingresso della dimora si apre in piazza Croce dei Vespri, tra la via Sant’ Anna, la piazza Aragona e il vicolo Valguarnera . Questa luogo un tempo era conosciuto come «piano di S. Anna la Misericordia il piccolo», per distinguerlo dall’odierna piazza S. Anna che era più grande e portava lo stesso nome. Secondo la tradizione, in piazza Croce dei Vespri furono seppelliti gran parte dei francesi trucidati dal popolo durante la rivolta dei Vespri siciliani, nel 1282. In memoria di tali avvenimenti nel 1737 al centro della piazza fu posta una colonnetta di marmo con in cima una croce in ferro che, 45 anni dopo, nel 1782 venne spostata in un angolo, in quanto impediva un agevole passaggio alle grandi carrozze che si recavano nell’adiacente palazzo Valguarnera Gangi. Nel 1883, in occasione dei festeggiamenti del sesto centenario del Vespro, il cippo fu riportato al centro della piazza, ricostruito

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ed arricchito di una croce in marmo ed una cancellata artistica. Questi ultimi elementi decorativi furono in seguito trafugati e la colonnina rimase per molti anni sguarnita. Nei secoli passati alcuni scavi hanno fatto riaffiorare dei resti umani, che hanno alimentato la storia tradizionale del «cimitero dei francesi», tuttavia alcuni studi hanno messo in dubbio questa ipotesi, dato che quest’area in passato ha ospitato il macello del quartiere ebraico e anche un cimitero dei frati del convento di Sant’Anna, situato nel giardino della chiesetta del «Rifugio del Pescatori». Nell’area del convento di Sant’Anna, alla fine del XIII secolo sorgeva il palazzo del francese Giovanni di Saint Rèmy, insopportabile prefetto di Carlo d’Angiò. Durante la rivolta del 1282 il palazzo fu assalito e devastato e lì furono uccisi i soldati francesi asserragliati.

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Successivamente l’area ospitò l’edificazione del palazzo dei mercanti catalani Bonet, di cui resta una colonna angolare che reca nel capitello l’arme di famiglia, raffigurante un’arpa. Il piano di Sant’Anna la Misericordia, oggi piazza di forma quasi triangolare, era lo slargo principale del mercato musulmano «Suk-el-altarin» ed era collegato al quartiere Cassaro attraverso la via Grande Lattarini. Fino al tardo ‘700, al centro vi era il distrutto monumento di Carlo III. La chiesa di Sant’Anna subì una lenta edificazione, a causa del fondo melmoso del torrente Kemonia, su cui furono poggiate le fondazioni, realizzate con grossi massi di pietra collocati alla rinfusa. Le scenografica facciata fu aggiunta molto più tardi a metà del ‘700, così come usava farsi nelle chiese barocche, ed è proprio su questa piazza che si affaccia la terrazza-giardino di palazzo Valguarnera Gangi.

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La piazza Aragona prende il nome dal palazzo omonimo, acquistato nel 1748 da Baldassare V. Naselli e Branciforte, principe d’Aragona. Costruito alla fine del XV secolo da Federico Abatellis, poi giustiziato come ribelle nel 1523, prospetta lungo la «strada dell’Alloro». Nel palazzo - passato successivamente ad altri proprietari - il 4 ottobre del 1722, il giureconsulto Agostino Pantò, canonico della Cappella Palatina, fondò l’Accademia Giustinianea con lo scopo di coltivare gli studi di giurisprudenza. Nel 1875 la dimora principesca fu acquistata dai fratelli Corsaro che lo trasformarono in albergo con il nome di Hotel Patria. Ad angolo tra piazza Croce dei Vespri e piazza Aragona prospetta il palazzo Lucchesi Palli di Campofranco, antica residenza patrizia dei Gisulfo, duchi di Ossada, passata poi ai Lucchesi Palli, principi di Campofranco.

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Il vicolo Valguarnera, infine, prende il nome dal nobile palazzo e chiude il periplo attorno alla dimora principesca ricongiungendosi all’incrocio tra via Cantavespri e piazzetta del Teatro Santa Cecilia.

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Regesto 1578 E’ edificato il primo nucleo del palazzo a seguito alla donazione di Vincenzo Barresi alla figlia andata in sposa a Lorenzo Lanza di Trabia 1652 La famiglia Valguarnera Gangi è proprietaria del palazzo a seguito del matrimonio della figlia di Girolamo Gravina, Anna Maria - il quale aveva acquistato la fabbrica nel 1652 - con Giuseppe Valguarnera e Graffeo, principe di Gangi 1748 Marianna Valguarnera, figlia ed unica erede di Francesco Saverio principe di Valguarnera, va in sposa allo zio Pietro 1757 Andrea Gigante e Tommaso Napoli sono gli artefici della realizzazione del palazzo

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1757 – 1759 Gaspare Serenario è incaricato di affrescare il Salone da ballo e la Galleria 1759 – 1764 Mariano Sucameli viene incaricato di realizzare la terrazza, lo scalone e la corte 1770 Pietro e Marianna riacquistano il titolo di principi di Gangi 1780 Il palazzo viene ereditato da Giuseppe Emanuele Valguarnera

1781 -1790 Numerosi artisti lavorano alle decorazioni: Giuseppe Velasco, Giuseppe Fiorenza, Eugenio Fumagalli, Giovan Battista Cascione

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1792 Elia Interguglielmi decora la volta della camera da letto dei principi 1820 Il palazzo viene ereditato da Giovanna Alliata, e Valguarnera, la quale sposa Giuseppe Mantegna 1852 In una delle rimesse del palazzo, viene allestito il piccolo teatro «Sant’Anna» in cui vengono rappresentate opere buffe 1873 Benedetto Mantegna, figlio di Giovanna Alliata e Valguarnera, e principe di Gangi eredita il palazzo insieme ai titoli nobiliari 1913 – 1921 Ernesto Basile è incaricato progettazione dei prospetti

della

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SECOLO XX Stefania Mantegna Alliata principessa di Gangi porta in dote il palazzo e sposa Giuseppe Pietro Vanni Calvello, principe di San Vincenzo SECOLO XXI I principi Vanni Calvello e Mantegna di Gangi sono gli attuali proprietari

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La Dimora La vicenda del palazzo va letta congiuntamente all'edificazione della monumentale villa Valguarnera di Bagheria ad opera di Tommaso Maria Napoli, come celebrazione della casata all'apice della sua ascesa economica, politica e sociale. L’opera architettonica palermitana si deve quindi allo stesso grande architetto che adottò lo stile dell’epoca del rococò e ad esso si aggiunse la capacità progettuale di un altro architetto trapanese Andrea Gigante, che compose l’imponente scalone arricchito dalle statue del Marabitti e la Galleria traforata di influsso bibienesco: famiglia di pittori, architetti teatrali e scenografi italiani del sec. XVII-XVIII, il cui cognome era Galli e che furono detti Bibiena dal luogo d'origine. Si accede al palazzo attraverso un elegante atrio porticato ad arcate continue e da qui si diparte il doppio

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scalone monumentale in marmo rosso arricchito di colonnine polilobate su cui poggiano busti in marmo - e la galleria traforata, che collocano l'intervento palermitano in un quadro culturale di respiro internazionale, seppure del tutto originale e squisitamente siciliano. La ringhiera dello scalone, in ferro battuto e sorretta da pilastrini cuspidati in marmo rosso, si snoda con due tavolieri intermedi fino al ballatoio illuminato da una magnifica vetrata tardo settecentesca. Dalla prima sala d’armi, d’ingresso, una enfilade di ambienti sempre piÚ carichi di luce naturale ci accolgono arricchiti di preziosi lampadari, originali tappezzerie settecentesche, sculture, volte affrescate, candelieri, specchi, lacche e porcellane finissime, consolle, tavolini, libri ed oggetti in una continua fuga di stanze che inebria la vista e l’anima.

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Il salone verde … il salone rosso … la sala ovale … il salone azzurro … il camarone, il salone giallo da ballo … il salone degli specchi … punto d’arrivo di splendore e ricchezza … il giardino pensile … sul teatro della facciata della chiesa di Sant’Anna … Concordando con il Villabianca, possiamo affermare che la classe aristocratica e clericale non era culturalmente e socialmente inoperosa: essendo stata capace di aprire un dialogo culturale ed artistico squisitamente siciliano, di inventarsi un protagonismo senza il quale Palermo non avrebbe oggi potuto esibire strade, palazzi, chiese ed opere d’arte in quel grande museo en plein air che è la nostra città. Il palazzo Valguarnera Gangi è un monumento vissuto ancora oggi, un documento vivo di una maniera di essere, di vivere, di pensare.

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Monumento vissuto anche per la vita quotidiana di storie apparentemente individuali, ma legate indissolubilmente alla sviluppo della società e al mondo. Un palazzo che è una testimonianza del grande prestigio delle famiglie che lo hanno reso grande e imponente, che ne hanno fatto un palcoscenico di vita di periodi storici irripetibili per i valori, i sentimenti e le emozioni artistiche che ancora oggi ci trasmettono. Un modello culturale scandito dalla moda di Versailles, arricchito dal fermento edificatorio che si registra a Palermo nel XVIII secolo e che si realizza in virtÚ delle maestranze guidate da illustri ed illuminati architetti, scultori, pittori, stuccatori, marmorai, indoratori, incisori, fabbri, argentieri, orologiai, ceramisti, decoratori, ebanisti, tappezzieri, vetrai, che seppero dialogare con gli artisti di altre nazioni per assurgere ad un comune linguaggio dagli esiti irripetibili: il barocco - rococò siciliano.

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Possiamo senz’altro affermare che è uno degli episodi più significativi dell'architettura palazziale del XVIII secolo per la sua monumentale fuga di saloni tesa tra un singolare scalone a doppia rampa ed un’altrettanta unica galleria a volta traforata. Uno dei più importanti edifici cittadini edificato – parafrasando Stefano Piazza in quella «favorevole congiuntura politica ed economica in cui si venne a trovare la classe dirigente siciliana durante i primi decenni del governo borbonico» che consentì a Palermo «un sostanziale incremento delle iniziative legate ai palazzi cittadini che culminò in un quindicennio, orientativamente compreso tra il 1750 ed il 1765, di straordinaria attività edificatoria».

Alla fine dell’800 e della successiva bell’epoque due figure femminili dei Valguarnera hanno dato lustro alla famiglia e al palazzo: la principessa Giulia Mantegna di Gangi, nata Alliata e Notarbartolo dei Principi di Montereale e la sorella Annina Alliata di Montereale, prima moglie di Vincenzo Florio.

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Resta memorabile il pranzo dato in onore del re d’Inghilterra Edoardo VII e della consorte Alessandra, nel 1907. Oggi la principessa Carine Vanni Mantegna di Gangi ne cura il restauro e il racconto - con passione, competenza e dedizione - affinché ne sia mantenuto intatto lo splendore. Ci piace concludere con le sue parole tratte da un intervista del 2012 «Sulle tracce del Gattopardo» pubblicata in rete nella pagine del Ministero della Difesa. « … i miei suoceri erano il principe Vincenzo e la principessa Stefania Vanni di San Vincenzo. In seno a questa stirpe, una delle più antiche di Pisa, arrivata a Palermo nel 1520, troviamo uomini insigni quali Sant’Alfonso de’ Liguori, che ha notevolmente ingrandito il seminario di Cefalù, il cui locale Duomo reca perfino impresso sul portone d’entrata l’effigie del levriero, lo stemma dei Vanni di San Vincenzo.

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Un altro avo ha donato invece la sua biblioteca privata al Comune di Palermo, in modo che se ne potesse ricavare la prima libreria pubblica della capitale sicula. Mia suocera, per nascita principessa Mantegna di Gangi, sottolineando, a tal proposito, che il titolo di principe di Gangi, riconducibile al 1650, è uno dei più vetusti del suo rango, discendeva dai Valguarnera, dai quali ci è pervenuta la casa. L’aspetto senz’altro più rilevante nell’excursus della dinastia Valguarnera è sempre stato il predominante mecenatismo dei suoi componenti: gli illustri compositori Vincenzo Bellini, Gioacchino Rossini e Richard Wagner, di cui esiste una lettera autografa nella Galleria degli Specchi, hanno soggiornato a Palazzo Valguarnera-Gangi, al pari dell’eccelso pittore impressionista Auguste Renoir, che durante la sua permanenza immortalò le fattezze di Wagner in un famoso dipinto, oggi conservato presso il Museo d’Orsay, a Parigi; negli anni Venti

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il cosmopolita pittore e scultore belga Jules Van Biesbroeck vi ha altresì modellato un gruppo marmoreo ed eseguito un ritratto al pastello per la principessa Giulia di Gangi, nonna di mio marito. Ma non è finita. Tra le celebrità e teste coronate che si sono avvicendate in queste stanze, si ricordano il monarca spagnolo agli albori del Novecento; la regina Elisabetta II d’Inghilterra e il principe consorte Filippo di Edimburgo per un pranzo organizzato da mia suocera e, nel 1984, la regina Madre della medesima nazione. E ancora, il finanziere ungherese George Soros, che vive negli Stati Uniti d’America ma aiuta moltissimo la sua terra natia; formidabili direttori d’orchestra come Zubin Mehta e Yehudi Menuhin; lo stilista Yves Saint-Laurent; David Hockney ed altri affermati interpreti viventi della pop art; Valéry Giscard d’Estaing, già presidente della Repubblica francese, la duchessa d’Alba e … la principessa del Liechtenstein.

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… in queste stanze si aggirerebbe un leggendario fantasma, identificato come il cavaliere Giuseppe Mantegna, il quale nel XIX secolo aveva salvato la famiglia da una rovina annunciata e adesso punisce chi si comporta male.»

Le altre stanze « … una casa di cui si conoscono tutte le stanze non merita di essere abitata … » Tomasi di Lampedusa …altre stanze, quante? … le alcove, le camere da letto da parata, le anticamere, la cappella, le gallerie, i cabinets, i guardaroba, le cucine, la cavallerizza, i passaggi … ali comprendenti le stalle, il cortile e il pianterreno … tutto ciò è custodito nel palazzo … arricchiscono la casa della quotidianità vitale degli spazi privati e più raccolti, dove si consuma la vita dei proprietari e che spesso essi stessi, come è arte che sia, non conoscono. 26


Bibliografia Vincenzo di Giovanni Palermo restaurato - 1615 Memorie – 1890 Giovanni Biagio Amico L’Architetto Prattico – 1726 -1750 Emanuele Villabianca Della Sicilia Nobile – 1754 -1759 Rita Cedrini e Giovanni Tortorici Montaperto I palazzi palermitani del ‘700 tra storia e memoria 1997 Stefano Piazza Il Palazzo Valguarnera Gangi a Palermo 2005

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Associazione Culturale Archikromie LIBRETTO ÂŤPalazzo Valguarnera GangiÂť Si ringrazia la principessa Carine Vanni Mantegna di Gangi per la squisita accoglienza studio e ricerca a cura di Salvatore Adragna Francesca Aiello Monica Cerrito Progetto grafico, impaginazione ed implementazione Francesca Aiello

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Appunti di Viaggio

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