n.65 DICEMBRE

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Mensile • Anno VII • N°65 Dicembre 2012 • Euro 3,50

9 771971 763003

ISSN 1971-7636

20065

Stoccafisso Piatto nordico della tradizione mediterranea

PER I PROFESSIONISTI E GLI APPASSIONATI

Itinerari A Parigi una cucina in chiave bistrot Ristoranti Le tavole spumeggianti di Franciacorta

Foto di Alex Peroli

Bollicine Ristoranti e Champagne alleanza preziosa

Andrea Aprea

La cucina contemporanea che guarda al futuro


L ’ E S S E N T I E L DISTRIBUITO IN ESCLUSIVA PER L’ITALIA DA Rinaldi Importatori - Viale Masini, 34 - 40126 Bologna - tel. 051 4217811 - fax 051 242328- www.rinaldi.biz


editoriale

Armonia Barbara Amati amati@foodandbev.it

L

a parola d’ordine di quest’anno è austerità. Un Natale all’insegna della spending review, a partire dalla significativa diminuzione del budget comunale riservato alle luminarie lungo le principali vie cittadine e al prematuro inizio dei saldi che, si avverte, non si devono chiamare così ma bensì “promozioni anticipate” (a Milano, ad esempio, al 7 dicembre, ben trenta giorni prima dei ribassi ufficiali). Le previsioni parlano in generale di un Natale più spento, meno scintillante, dimesso, dove sembra venir meno tra i cittadini la voglia di partecipare alla festa: aumenta, infatti, la percentuale di coloro che non faranno gli acquisti per i regali (dall’11,8 per cento del 2011 al 13,7 per cento di quest’anno). A venir meno è anche la voglia di partecipare a una concezione della politica come quella che va per la

maggiore, ossia di una rissa alimentata dalle contrapposizioni per l’affermazione di una leadership sull’altra, in uno sterile quanto sfiancante dibattito litigioso sempre più estraneo al sentire del cittadino comune. Ma perché la politica deve assomigliare per forza a un incontro di kung fu? Non potrebbe essere meglio se si ispirasse alla cucina, un’attività da sempre capace di incorporare tradizione e innovazione o, come si dice spesso, di reinterpretare la tradizione? Prendiamo il caso delle Primarie del Pd. Da una parte, Bersani che rappresenta, a quanto si legge, la solidità, l’affidabilità, l’esperienza: insomma, la tradizione. E, dall’altra, Renzi, che incarna la necessità di un rinnovamento. Il nuovo che vuole provocatoriamente rottamare il vecchio, la burocrazia di partito, la rigidità ma anche l’“inciucio”, La politica dovrebbe la corruzione che dilaga sia a destra che a sinistra. La carica innovativa di Renzi imparare dai nostri rappresenta una sorta di sveglia che, prima di essere spenta (archiviata, perché ha chef che splendidamente perso), andrebbe recuperata, perché capace di intercettare il bisogno di cambiamento. riescono a mediare L’aprirsi a un giorno diverso, nuovo, più fresco, non appesantito dai dibattiti chiusi nelle sedi di partito ma aperto all’integrazione con le istanze della modernità. “Ho fra tradizione e scelto Renzi perché amo il cambiamento -afferma il cantante Jovanotti- È giusto che innovazione per giungere a un risultato gli anziani diano consigli, ma qui ci vuole l’energia dei giovani”. Proprio in questa contrapposizione risiede l’errore. Non si tratta di mettere da equilibrato e armonico parte gli uni vivendoli come retrogradi e/o gli altri vivendoli come dei dilettanti o dei Giamburrasca ambiziosi, ma di riscoprire il meglio che c’è da una parte e dall’altra. Renzi, con il suo serbatoio di energie, potrebbe dare vitalità a un partito che deve necessariamente rinnovarsi grazie a un ricambio generazionale, a una nuova classe dirigente. E Bersani, grazie alla sua esperienza, potrebbe contribuire a dare risposte all’esigenza di rinnovamento, senza perdere le radici da cui essa si origina. Per la nostra stabilità politica, e soprattutto economica, auguriamoci quindi che corrispondano al vero le parole che ha pronunciato Pier Luigi Bersani subito dopo la vittoria alle primarie del centrosinistra e che sottolineano un invito al coinvolgimento e alla partecipazione del suo antagonista: “Renzi fa parte dello squadrone”, in una sintesi armoniosa che sia in grado di contemplare tradizione e innovazione, come avviene, tutti i giorni, nelle cucine dei nostri chef, stellati o meno, maestri nell’arte di armonizzare ed equilibrare il tradizionale con l’innovativo (nei prodotti, nelle tecniche di cotture, negli abbinamenti), proponendoci piatti che soddisfano il gusto al meglio: un meglio che sta proprio nel riuscire a essere contemporanei, in F&B una sintesi creativa tra passato e futuro.

Food&Beverage DICembre 2012 | 3


52 Food&Beverage vi dà appuntamento al 4 Febbraio 2013 Direttore Editoriale Aureliano Amati direzione@foodandbev.it Direttore Responsabile Barbara Amati amati@foodandbev.it Collaboratori di Redazione Giulia Maria Basile, Federica Belvedere, Silvana Caminada, Irene Catarella, Stefano Masin, Bibi Monti, Simona Percivalle redazione@febeditoriale.com via Simone d’Orsenigo 5 - 20135 Milano tel. 02 47787220 - fax 02 47787237 segreteria@foodandbev.it Collaboratori Adriano Baffelli, Francesca Barni, Nicola Dante Basile, Paolo Becarelli, Enza Bettelli, Donatella Bernabò Silorata, Elena Bianco, Pietro Bongiorno, Jerry Bortolan, Luigi Caricato, Manuela Caspani, Francesco Colombera, Alberto Corrado, Beppe Francese, Laura Gambacorta, Luca Gardini, Marco Ghedini, Gerardo Giorgi, Fabiano Guatteri, Rocco Lettieri, Giulia Marcucci, Beba Marsano, Monica Mazzanti, Gianna Melis, Betty Mezzina, Giorgio Montanari, Anna Pesenti, Cesare Pillon, Paola Poli, Beatrice Rioda, Patrizia Romagnoli, Giulio Cesare Saviozzi, Roger Sesto, Gualtiero Spotti, Irma Tannino, Biagio Testa, Franco Tosca, Bianca Trao, Bianca Zille

Sommario Editoriale Armonia Barbara Amati

pag. 3

sicilia Targa Florio in corsa tra i vigneti Gianni Mercatali

pag. 12

manifestazioni Enologica, un format originale Irma Tannino

pag. 14

GEMELLAGGI Esposito e Ferrero menu a quattro mani Federica Belvedere

pag. 22

Enza Bettelli

pag. 25

Foto: Fabian Ceballos, Rudy Kutzky, Philippe Laurent, Alex Peroli, Renzo Schiratti, Dylan Vaughan

cover story La cucina contemporanea di Andrea Aprea

Responsabile Amministrativo e Commerciale Aldo Ballestra ballestra@febeditoriale.com Pubblicità Italia F&B Editoriale tel. 02.47787220

Partnership Viticoltori Ponte e il Teatro La Fenice

Grafica e impaginazione Pigierre Srl - via Angelo Maj 12 20135 Milano Stampa Tiber Spa - via Volta 179 25124 Brescia Distributore esclusivo per l’Italia Press di Srl - Segrate (Mi) Editore F&B Editoriale Srl Sede legale p.zza San Camillo de Lellis 1 20124 Milano Reg. al Trib. di Milano n. 720 del 27/9/2005 Mercoledì 12 Dicembre 2012 Euro 3,50 4 | Food&Beverage DICembre 2012

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SOTTOZERO I surgelati non temono la crisi

Barbara Amati

pag. 30

Barbara Amati pag. 36

premi A Isabella Ferrari la Coppa d’Oro Irene Catarella pag. 38

chianti Ruffino reinterpreta il fiasco Barbara Amati pag. 40

ristoranti Tavole di Franciacorta Marina Tagliaferri

pag. 42

carni Bord Bia, controllo e sostenibilità Barbara Amati

pag. 48

72


76

FOOD&BEVERAGE online Siamo in internet al sito www.febeditoriale.com Food&Beverage è un prodotto F&B Editoriale srl Sede operativa via Simone d’Orsenigo 5 20135 Milano Recapiti Centralino Redazione Commerciale/Amministrazione Fax

D I C e m b r E

2 0 1 2 bollicine Champagne e ristoranti alleanza preziosa Paolo Becarelli pag. 52

avanguardie Per Umberto Cesari un sito innovativo Stefano Masin

pag. 64

trattorie Gianfranco Bolognesi, ritorno alle origini Barbara Amati

pag. 66

tradizioni Il panettone si veste di nuovo

42

F&B

02 47787201 02 47787220 02 47787227 02 47787237

Irene Catarella

pag. 70

tendenze Afternoon tea, capriccio da duchessa Beba Marsano

attualità Uomini e Vigne pag. 8 Novità da stappare pag. 16 Food Valley pag. 18 Lodge & Spa pag. 26 Il mondo in pentola pag. 28 Cultura & Gusto pag. 94

rubriche Scelte di gusto Spirit Barman Libri Pillole di storia Allo specchio

pag. 6 pag. 88 pag. 96 pag. 97 pag. 98

pag. 72

itinerari Parigi, una cucina in chiave bistrot Gualtiero Spotti

pag. 76

aziende Bavaria, una birra di famiglia Barbara Amati

8

pag. 82

sfiziofood Lo stoccafisso si reinterpreta Monica Mazzanti

pag. 84

RUM Angostura, l’eccellenza dei Caraibi Stefano Masin

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pag. 89

locali Le Murate, Caffè Letterario a Firenze Manuela Caspani

pag. 90

Quartieri alti Auberge de La Maison dimora del cuore Beba Marsano

pag. 92

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scelteDIGUSTO Il ristorante preferito, la bevanda più amata, l’abbinamento perfetto: ogni mese Food&Beverage dà voce ad alcuni imprenditori del nostro settore e a personaggi noti per conoscere le loro preferenze gourmet e scoprire gusti e abbinamenti che talvolta ci possono sorprendere

Presidente e AD Fratelli Branca Distillerie

Niccolò Branca Il piacere della consapevolezza Il ristorante del cuore Cracco, Milano Il piatto della passione Riso al salto La bevanda preferita Fernandito Piatto e bicchiere mon amour San Pietro al sale con Gewürztraminer Drink preferito Americano con Carpano Antica Formula A tavola con… una persona di spessore

Atleta

Deborah Compagnoni Leggerezza e naturalità Il ristorante del cuore Da Sergio, Ponzano (Tv) Il piatto della passione Risotto con le verdure di stagione La bevanda preferita Tè Piatto e bicchiere mon amour Risotto e Prosecco a fermentazione naturale Drink preferito Prosecco A tavola con… la famiglia

Direttore Comunicazione e Pr Monini

Stilista

Il ristorante del cuore Il Tempio del gusto, Spoleto (Pg) Il piatto della passione Pasta al pomodoro La bevanda preferita Sassicaia Piatto e bicchiere mon amour Pasta e vino Drink preferito Mojito A tavola con… il mio fidanzato

Il ristorante del cuore Al Plaza, Milano Il piatto della passione Polpette alla siciliana con anelli di pasta e caponata La bevanda preferita Tè Piatto e bicchiere mon amour Carne bianca con zenzero e Cuore di vino della Fattoria Cabanon Drink preferito Cocktail Oscar di Al Plaza A tavola con… i veri amici

Maria Flora Monini Il lusso della semplicità

Alviero Martini Tradizione innovativa

FOOD&BEVERAGE È ANCHE ON LINE www.febeditoriale.com

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Design del Gusto.


uominievigne Cultura

Eno-racconti per Santa Margherita C

ibo, vino e cultura sono una formula vincente. Con l’iniziativa Esploratori del gusto l’azienda veneta Santa Margherita ha omaggiato anche nel 2012 questo connubio perfetto. Il Premio eno-letterario Santa Margherita, in collaborazione con Librerie Feltrinelli, è da anni considerato un appuntamento di spessore nel panorama letterario italiano. È infatti il legame vino-cibo che ispira le opere degli scrittori esordienti, selezionate da una giuria che ne valuta le caratteristiche di originalità e piacevolezza. Alessandro Di Mase ha vinto la settima edizione con il racconto Criminal wine; seconda si è classificata Silvia Cerioli con Il pranzo di Marcella e terza Barbara Gramegna con O temmpùra! O mures! La premiazione è avvenuta all’Hotel Four Seasons di Milano alla presenza della giuria composta da nomi illustri del mondo del giornalismo, dell’editoria e dell’enogastronomia, capitanati da Inge Feltrinelli, in qualità di presidente del Premio, da Gaetano Marzotto, presidente del Gruppo veneto, e dall’amministratore delegato Ettore Nicoletto. La particolarità dei racconti vincitori, tassativamente di 4 mila battute, è che diventeranno sicuramente dei best seller, poiché saranno stampati sulle retro etichette dei vini Santa Margherita, in particolare il Pinot Grigio Valdadige Doc, lo Chardonnay Trentino Doc e il Müller Thurgau Frizzante Vigneti delle Dolomiti Igt, con una tiratura complessiva di oltre 300 mila copie. Nella foto, Gaetano Marzotto, Ettore Nicoletto e Inge Feltrinelli con i tre premiati.

franciacorta

Casa delle Colonne Zero in tour in enoteca

C

on una serie di degustazioni organizzate in alcune delle più prestigiose enoteche italiane, tra cui l’Enoteca Cotti a Milano, la Fratelli Berlucchi ha presentando il nuovo Casa delle Colonne Zero Franciacorta Riserva 2005 non dosato. Si tratta della nuova riserva della storica azienda di Borgonato che si aggiunge alla gamma d’élite Casa delle Colonne composta dal 90 per cento di chardonnay e dal 10 per cento di pinot nero provenienti dai vigneti di proprietà della famiglia a Mandola e Tre Camini, nel cuore della Franciacorta. La storica cantina ha prodotto il Casa delle Colonne Zero in sole 3 mila bottiglie numerate che saranno distribuite in cinquanta enoteche selezionate. Nella Riserva 2005 si evincono note terziarie, è variegata e complessa, al palato ha un sapore maturo, equilibrato e di grande ricchezza gustativa, amabilità liquorosa con chiusura di spezie e mandorla tostata.

ristoranti

riconoscimenti

Inaugurato in Florida Dei Frescobaldi Miami Beach

La Barbera Le Orme di Chiarlo nella top ten di Wine Spectator

Miami, una delle città più affascinanti d’America, ha ceduto al fascino della Toscana. Diana Frescobaldi, Ceo della Dei Frescobaldi Retail and Restaurant, ha infatti inaugurato il Dei Frescobaldi Miami Beach. Il locale, che sorge nel centro di Miami, si suddivide in ristorante, winebar e lounge bar. La filosofia del locale, dopo il successo del format che ha visto aprire ristoranti a Firenze e a Londra, da Harrods, è quella di offrire piatti tipici della tradizione toscana, accompagnati dai vini delle Tenute Frescobaldi. Il menu è realizzato dallo chef Marco de Simone.

Nella top ten dei cento migliori vini al mondo della rivista amercana Wine Spectator, è entrato a far pare quest’anno anche la Barbera d’Asti Superiore Le Orme di Michele Chiarlo. Inserito al 47 esimo posto, Le Orme è uno dei 16 vini italiani presenti in classifica, l’unica Barbera d’Asti tra i 5 vini piemontesi. Il successo della Barbera in terra statunitense è confermato anche dal New York Times e dal critico Eric Asimov, che ha consigliato Le Orme come uno dei due vini italiani da lui scelti per il Thanksgiving Day, descrivendolo ricco, fresco, invitante e di carattere. Per Michele Chiarlo un successo che è “il coronamento di un lungo lavoro fatto sulla valorizzazione della Barbera”.

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recuperi

Venissa, con l’uva che non c’era

D

all’Uva d’Oro, o Dorona, antica uva delle isole della laguna di Venezia, riscoperta e salvata dall’oblio grazie all’impegno di Gianluca e Desiderio Bisol, si ricava un particolare vino: Venissa, dal nome della tenuta murata che ospita il vigneto e l’omonimo albergo ristorante stellato, guidato da Paola Budel. “Bottiglie preziose per la loro unicità”, ha spiegato Desiderio Bisol presentando la seconda annata di Venissa, il 2011 in bottiglie da mezzo litro impreziosite da una foglia di oro zecchino. Un vino da bere per assaporarne il gusto sapido dalle note iodate e anche da collezionare: sono solo 5 mila bottiglie, per un costo di 80 euro l’una. Già tutte prenotate.

champagne

Coffret G.H. Mumm s’ispira a Napoleone

I

spirato al secrétaire de campagne di Napoleone, il G.H. Mumm Protocoles Deluxe Coffret è nato da un progetto realizzato in concerto tra lo chef de cave Didier Mariotti e l’Atelier du vin, laboratorio di progettazione di accessori per il vino: l’obiettivo era offrire gli strumenti indispensabili ad apprezzare pienamente lo Champagne, un cordon rouge concettuale che lega fra loro oggetti, gesti e sapere. Realizzato in legno laccato bianco con finiture in oro, è facilmente trasportabile grazie a due eleganti maniglie esterne e a un cavalletto d’appoggio. Rivestito internamente in sontuosa pelle rossa a riprendere l’emblema della maison, il Cordon Rouge, lo scrigno contiene oltre alle cuvée G.H. Mumm Cordon Rouge e G.H. Mumm Vintage 2004 una serie di accessori, appunto, che impreziosiscono un brindisi rendendolo speciale.

sfide

Romagna e Toscana al Derby del Sangiovese

R

omagna e Toscana sono state invitate a presentare al Cesena Wine Festival le eccellenze enologiche che le hanno rese famose in Italia e nel mondo nel primo Derby del Sangiovese. Due giorni durante i quali produttori, degustatori, esperti del settore e appassionati si sono scambiati giudizi e opinioni, e da cui è uscito alla grande il sangiovese, vitigno alla base del Chianti toscano e del Sangiovese di Romagna. I due vini, rappresentati da otto campioni giunti dalle rispettive regioni, si sono sfidati in un duello al termine del quale la palma del vincitore per tipologia è andata al Sangiovese di Romagna Doc Superiore Armonia 2010 di Tenuta de’ Stefenelli e al Chianti Colli Fiorentini Docg il Castelvecchio 2010 dell’azienda Castelvecchio di San Casciano Val di Pesa (Fi).

bilanci

Un buon semestre per Collis Veneto Composto dalle partecipate Casa Vinicola Sartori, Cielo e Terra e la controllata Cantine Riondo, Collis Veneto Wine Group alla chiusura dell’esercizio al 31 luglio ha fatto registrare ottimi risultati. Il fatturato ha infatti raggiunto 76 milioni 425 mila euro, con un utile netto di quasi 823 mila euro, segnando rispetto all’esercizio precedente una crescita del 22 per cento, grazie all’apprezzamento della gamma di prodotti proposta. Il margine operativo lordo (Ebitda) ha toccato il 6 per cento del fatturato, con 4,6 milioni di euro. Il patrimonio netto 2012 si attesta a poco meno di 25 milioni euro, con un incremento di 3,3 milioni di euro rispetto al 2011. Pietro Zambon, presidente di Collis Veneto Wine Group (foto), ha sottolineato come le scelte aggregative abbiano aperto un corso positivo per i soci.

mostre

La Barbera d’Asti Docg vista da un fotografo Il Consorzio tutela vini d’Asti e del Monferrato ha unito giovani, arte fotografica e vino per la seconda edizione del progetto Istantanee di vino-young & wine edition. Si tratta di una mostra dedicata alla Barbera d’Asti Docg che si è sviluppata in cinque tappe (Milano, Roma, Bologna, Firenze e Torino), per raccontare le emozioni della vendemmia e il fascino di un territorio ricco di storia. I paesaggi, le aziende e il lavoro dell’uomo costituiscono il cuore del reportage, realizzato nel corso della vendemmia 2012, attraverso la sensibilità e l’entusiasmo di cinque promesse della fotografia: Dalila Romeo, Roberto Nangeroni, Giulia Torra, David Hatters e Riccardo Pittaluga, studenti del corso di formazione avanzata in fotografia allo Ied, Istituto Europeo di design di Milano.

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uominievigne anteprime

riondo

L’Amarone presenta l’annata 2009

Online il nuovo sito Cantineriondo.com

Torna in scena a Verona Anteprima Amarone, che quest’anno vedrà protagonista l’annata 2009. La tradizionale location dello storico Palazzo della Gran Guardia il 26 e 27 gennaio sarà il palcoscenico del nuovo allestimento per la celebrazione dell’Amarone della Valpolicella che quest’anno festeggia i dieci anni che hanno cambiato la storia di questo vino facendolo diventare uno dei più apprezzati al mondo. Anteprima Amarone: la storia di un vino di successo è infatti il tema di queste due giornate dedicate a un vino che promette di dare nuove soddisfazioni. L’ingresso è a pagamento su invito (info@consorziovalpolicella.it).

Fruibilità, emozione, immediatezza e dinamicità sono solo alcuni tratti distintivi del nuovo sito cantineriondo.com, realizzato per permettere a un pubblico eterogeneo di interagire con l’azienda e di scoprirne i nuovi brand. Oltre ad avere già nell’home page una panoramica dell’offerta aziendale, interessante è l’introduzione della sezione Abbinamenti e ricette continuamente aggiornata con piatti da gustare in compagnia dei vini Riondo più adatti ad esaltarne il sapore. Cliccando sui prodotti, inoltre, se ne visualizzerà la scheda tecnica, si potranno leggere gli articoli relativi e i premi ottenuti.

whisky

Glenmorangie Company Miglior distilleria 2012

L’

iconica distilleria scozzese Glenmorangie Company è stata insignita del premio Distiller of the Year per il 2012. Per Paul Skipworth, presidente e manager director dell’azienda, questo premio riconosce l’impegno e lo sforzo del team di Glenmorangie nell’offrire un whisky di qualità eccezionale. La distilleria è stata inoltre nominata Uk Spirits Producer of the Year per il secondo anno consecutivo. Come ha sottolineato Bill Lumsden, direttore del reparto Distilling & Whisky Creation, “La nostra cura al dettaglio, dalla selezione delle materie prime, attraverso un’attenta distillazione, fino all’utilizzo delle botti di rovere della migliore qualità, ci permette di garantire un’esperienza di gusto incomparabile per i nostri whisky che finora hanno conquistato ben 32 medaglie Best in Class e Outstanding Gold”.

chianti

Dario Fo disegna l’etichetta del Casanuova di Nittardi

D

opo Luigi Veronesi, Yoko Ono, il Premio Nobel per la letteratura Günter Grass, la Fattoria Nittardi, azienda produttrice di Chianti, ha commissionato la realizzazione dell’etichetta artistica e della carta seta per l’annata 2010 del proprio Chianti Classico Casanuova di Nittardi a un altro personaggio insignito del premio Nobel. Dario Fo ha disegnato per l’occasione una pittura dal titolo Alla fine della raccolta dalle tinte forti e contrastanti in cui sono messi in evidenza i grappoli d’uva e l’elemento umano, le due variabili più importanti di tutte le realtà vitivinicole. Peter Femfert e sua moglie Stefania Canali, proprietari dal 1981 della Fattoria Nittardi, hanno ribadito che Dario Fo ha messo insieme in questa etichetta il cielo e la terra, creando un nuovo firmamento dove i grappoli d’uva brillano in alto come le stelle.

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valpolicella

Santa Sofia omaggia il 2003

I

n una delle zone più belle della Valpolicella, con un quartier generale risalente al XVI secolo e realizzato da Andrea Palladio, Santa Sofia è espressione di un’area geografica in cui cultura, arte e vino sono fortemente legate al territorio. E proprio dalle dolci colline di Pedemonte (Vr), l’azienda ha voluto omaggiare il 2003, un’annata particolarmente pregiata per i vini, realizzando una confezione in edizione limitata contenente Gioè Amarone della Valpolicella Doc Classico, vino intenso dal profumo speziato, Arlèo Rosso del Veronese Igt, rosso morbido e vellutato, e Predaia Cabernet sauvignon Igt, armonico e leggermente vanigliato nel finale. Tre vini differenti tra loro ma di grande struttura e personalità che rappresentano tre modi diversi di apprezzare e vivere le emozioni della Valpolicella.


CARNI indagini

Il Il Perfect Beef Chianti cheSandwich piace firmato Andrea Berton agli intenditori S T

olo a leggerne la preparazione l’acquolina ra le dieci parole italiane piùviene conosciute al in bocca. È ilc’è Perfect Beef Sandwich presentato in occasione mondo “Chianti”. Fatta questa premessa, del Salone del gusto di Torino. L’ingrediente è innegabile che il Chianti sia uno tra i vini piùprincipale è una tenerissima manzo:inilparticelebre beef rappresentativi d’Italia ecarne delladi Toscana promosso daapprezzato Eblex, l’ente inglese che tutela colare, molto soprattutto negli Statile carni bovine e ovine in Europa. Lo chef Andrea Berton lo Uniti che rappresentano il principale mercato ha utilizzato due versioni:Ilun controfiletto estero seguitoin dalla Germania. Consorzio vino crudo, tagliato al coltello, e condito con qualitativa sale, pepe, tabasco Chianti ha presentato una ricerca e quantitativa, poca bucciarelativa di lime, un controfiletto aleperiodo tra maggio affettato sottilmente e bollito del in brodo. tutto, nella e luglio, sul consumo ChiantiIlproprio in fase di assemblaggio, accompagnato da una delicatissima America del Nord, usando come campione New York, maionese alle erbe, composta pomodoro, cipolla Los Angeles e San Francisco. Glida intervistati sono statti rossa e rostì patate. Un British Pub, suddivisi perdifrequenza di successone consumo e ilaldato emerso al Salone collettiva delle aziende è che il 37torinese, per centodove sonodalla bevitori assidui, 4o5 volte a britanniche è stato esposto meglio del settore agrosettimana; i bevitori abituali,ilcirca 4 volte a settimana, alimentare d’Oltremanica. rappresentano il 26 per cento; sono 37 per cento i beviIl occasionali, sandwich, prodotto tipico della cultura e della tori invece, che consumano vino circa due tradizione gastronomica delriguarda Regno la Unito, ha 250 volte a settimana. Per quanto conoscenza, anni mamerlot, non lipinot dimostra, anzi, migliora sempre noir e cabernet sauvignon sonopiù. vini Vic Annells, console generale e che l’80 per cento deglibritannico intervistatiahaMilano almeno direttore generale permentre l’Italia di UK Trade & Investment, assaggiato, il Chianti è conosciuto solo l’agenzia dal governativa britannica che pro71 per cento. Questo anche perché il vino muove il commercio estero esoprattutto gli investi-da parte dei toscano è associato, menti, è rimasto colpito dalla affluenza bevitori saltuari, allaforte cucina italiana e non alla di visitatori, già nel di apertura, al è che il cucina ingiorno generale. Il dato positivo British Pubconsumo e agli stand della collettiva del molto alte mantiene percentuali Regno Unito: “Ciò testimonia quanto siano sempre di e le donne dimostrano di gradire apprezzati ipiù prodotti tipici del nostro Paeun calice di vino apprezzandolo anche se, di cui l’English beef è uno migliori al momento dell’aperitivo. “Ildei Chianti è comunque esempi”. Per Jeffgradito, Martin, soprattutto responsabiledai Eblex un vino molto bevitori assiItalia, “tradizionericco e innovazione dui, considerato di tradizione e da selezionare sono le due parole che meglio tra poche altre etichette -è il commento di Giovanni spiegano il nostro Beef Vino Chianti- Rimane Busi, presidente delPerfect Consorzio Sandwich. anniper di storia e comunque250 un vino cui i consumatori, soprattutuno dei migliori livello a spendere un po’ di to quelli assidui,chef sonoadisposti mondiale, insieme alla miglior più rispetto alla media, riconoscendo al Chianti una carne diemanzo oggi presente superiore”. Obbiettivo qualità una desiderabilità sul la comdel mercato, Consorziosono è, quindi, raggiungere i consumatori binazione perfetta per dar abituali e più giovani, i cosiddetti millennials, e il vita a una straordinaria food primo passo è stato anche quello di creare un experience”. nuovo logo che diventasse segno distintivo forte, applicabile separatamente dal marchio, funzionale come emoticon e simile allo smile.

Al British Pub del Salone del gusto ha avuto un gran successo il sandwich con english beef rivisitato da Andrea Berton. In basso, Vic Annels, console generale britannico a Milano

Il presidente del Consorzio Vino Chianti Giovanni Busi ha presentato i dati relativi al consumo del vino toscano negli Stati Uniti, primo mercato estero per esportazioni. Accanto, il nuovo logo del Consorzio presentato in primavera

FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2012 | 27


sicilia In tre giorni e in tre tappe 136 vetture d’epoca con equipaggi provenienti da 27 Paesi hanno scoperto il territorio siciliano con il suo patrimonio paesaggistico, culturale ed enogastronomico. Protagonisti a tavola, lungo 888 chilometri, le eccellenze locali e i vini di Feudo Maccari

Targa Florio in corsa tra i vigneti Gianni Mercatali

P L’evento, promosso dalla Fondazione Targa Florio Onlus, ha consentito di scoprire la splendida realtà siciliana. In basso, i vincitori, Giordano Mozzi e Irene Guarnieri su Fiat 1100/103 del 1957. Accanto al titolo, Antonio Moretti, titolare di Feudo Maccari

er sei giorni la leggenda della corsa più antica del mondo ha fatto rivivere in Sicilia passioni, emozioni e ricordi lungo gli 888 chilometri del percorso. Nel centesimo anniversario da quando Vincenzo Florio aveva provato una nuova formula scegliendo di correre la Targa Florio come Giro di Sicilia, 136 vetture d’epoca costruite dagli inizi del secolo all’ultimo anno, il 1977, in cui si è corsa la Targa di velocità, hanno percorso in tre giorni e in tre tappe le tratte Tribune di Cerda-Castello di Donna Fugata; Marina Di Ragusa-Taormina; TaorminaCastelbuono. Tra i partecipanti di quest’anno erano in gara cinque piloti entrati nella leggenda della Targa: Vic Elford, Nanni Galli, Arturo Merzario, Nino Vaccarella e Gijs van Lennep. Parallelamente a Targa Florio Classic si è svolto anche Ferrari Tribute to Targa Florio, l’omaggio che la Casa di Maranello ha voluto rendere alla storica gara. Pubblico e appassionati hanno potuto ammirare 64 modelli Ferrari costruiti dal 1948 ai giorni nostri. In totale 200 equipaggi provenienti da 27 Paesi hanno così scoperto il territorio siciliano con il suo patrimonio paesaggistico e culturale, oltre alla sua gastronomia e ai suoi vini nelle cene di gala. In particolare, in occasione della partenza, i Comuni di Gangi e di Campofelice hanno organizzato una degustazione insieme ai piccoli produttori delle eccellenze locali. Le tappe enogastronomiche si sono svolte a Villa Niscemi e a Villa Alliata Cordillo di Palermo, al Castello di Donnafugata, al Relais dell’Abbazia di Sant’Anastasia e all’antico stabili-

mento balneare Le Terrazze di Mondello. Protagonisti della tavola sono stati i siciliani Grillo e Nero d’Avola Saia di Feudo Maccari dell’imprenditore-produttore Antonio Moretti. Dopo tre giorni di intensa competizione e di curve attraverso i più suggestivi panorami, a vincere è stato l’equipaggio composto da Giordano Mozzi e Irene Guarnieri su Fiat 1100/103 del 1957. L’eccezionale navigatrice, madre del top driver mantovano ed elegante signora di 78 anni, con il suo contributo ha permesso a Mozzi di avere la meglio nell’ultima prova lungo lo storico Circuito delle Madonie. Ad abbassare la bandiera a scacchi sulla pedana del traguardo Sandro Binelli, presidente di Mac Group, la società che ha organizzato l’evento promosso dalla Fondazione Targa Florio Onlus con il patrocinio dell’Automobile Club di Palermo. F&B


00 5 an ni

Cotechino Modena. Ogni giorno,

fa piĂš buone le tue idee.

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1 Cotechino Modena, 320 gr di linguine, pomodori ciliegino, aglio, timo, rosmarino, alloro. Taglia a metĂ i pomodorini e aggiungili al soffritto di aglio e aromi, lasciando cuocere per 10 minuti. Taglia grossolanamente il cotechino e uniscilo al sugo. Aggiungi sale e pepe a piacere. Scola le linguine e falle saltare nel sugo prima di servire.

Consorzio Zampone Modena Cotechino Modena


manifestazioni Il salone del vino e del prodotto tipico dell’Emilia Romagna si prefigge di essere rivoluzionario e tradizionale al tempo stesso. Una manifestazione che riscopre capacità artigianale, il potenziale dell’agricoltura e il valore della tradizione raccontandosi attraverso il vino e la gastronomia

Enologica, un salone dal format originale Irma Tannino

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ossiamo essere rivoluzionari e tradizionali allo stesso tempo”. Lo ha detto nel maggio scorso in un’intervista rilasciata a Liberation il filosofo francese Michel Serres. Una frase diventata la linea guida dell’ultima edizione di Enologica, salone del vino e del prodotto tipico dell’Emilia Romagna, che si è svolto a Faenza in novembre, perché “racconta bene chi siamo e dove vogliamo andare -spiega Giorgio Melandri, curatore della manifestazione- L’Emilia Romagna, e l’Italia in generale, ha sottovalutato la sua capacità artigianale, il potenziale della sua agricoltura e il valore della sua tradizione. Riscoprire oggi tutto questo è una rivoluzione positiva che ci pone davanti alle nostre cose più vecchie, con l’atmosfera dei paesi e con la passione del mondo contadino. Con tutto quello che ad un certo punto era sembrato superato. Nella condivisione di questi valori siamo comunità e il nostro racconto, di conseguenza, diventa credibile”. Enologica è una manifestazione difficile da raccontare, perché ha un format originale: è un contenitore in cui tutte le attività si integrano. Così si possono degustare i vini (moltissime le aziende presenti), i prodotti gastronomici, ma anche partecipare a incontri

Due disegni realizzati dall’artista marchigiana Francesca Ballarini che ritraggono due prodotti tipici dell’Emilia Romagna, il Parmigiano e la mortadella. Nelle foto, le degustazioni di Enologica e lo chef Piergiorgio Parini dell’Osteria del Povero Diavolo di Torriana (Rn) 14 | Food&Beverage DICembre 2012

a tema (nello spazio culturale Caravanserraglio) e assistere alla preparazione di piatti in gradevolissime conversazioni con i protagonisti della ristorazione regionale (nel Teatro Cuochi) molto lontane da discutibili show cooking che si propongono altrove. Il tema del Teatro dei Cuochi è stato in questa edizione non la filiera corta, ma la filiera certa, il rapporto tra chi produce e chi lavora e consuma il cibo. Un format non solo originale, ma anche molto apprezzato dai numerosissimi visitatori che hanno affollato la manifestazione in una singolare e gradevole atmosfera molto rilassata. Enologica è comunque in evoluzione: “Abbiamo coinvolto per la prima volta le cooperative -ha sottolineato Melandri- le maggiori comunità che si occupano di cibo e agricoltura e con loro il nostro racconto dell’EmiliaRomagna è completo e i ruoli sono tutti coperti”. Qualche incertezza sul futuro c’è, ma riguarda la sede, mentre lo sguardo si allarga oltre i confini regionali e forse nazionali. Nell’aria si è annusata la possibilità di portare il format di Enologica Oltreoceano: sarebbe una bella scommessa raccontare anche all’estero -per dirla sempre con Melandri- “la provincia in modo non provinciale”. F&B



Novitàdastappare champagne

Fleur de Flo, il Rosé di Marguerite G

li Champagne Marguerite Guyot nascono a Damery, nella valle della Marna, vero cuore della Champagne, da un’idea di Florence Guyot, tra le protagoniste sulla scena italiana delle bollicine francesi. Dal particolare assemblaggio in parti uguali dei vitigni pinot noir, chardonnay e pinot meunier, con una lieve aggiunta di prezioso coteaux champenois, nasce lo Champagne Fleur de Flo Marguerite Guyot Brut Rosé. Un vino elegante e ben strutturato che affina in barrique. Di colore rosa intenso con riflessi salmone ambrato, al naso è fruttato con note di ciliegie e frutti rossi. In bocca è ben strutturato, elegante e di carattere, con un finissimo perlage. Il Fleur de Flo Marguerite Guyot Brut Rosé è ideale come aperitivo, ma si presta anche a salumi e primi piatti di mare, dessert alla frutta ed è perfetto a tutto pasto.

franciacorta

Un nuovo Brut per Le Marchesine

P

alto adige

Moscato Rosa Kettmeir elegante e intenso

È

rosso rubino tenue con riflessi arancio, al naso è elegante, intenso, con sentori di petali di rosa e chiodi di garofano e leggere note di muffa nobile. Al palato è misuratamente dolce con un piacevole retrogusto aromatico e intatta acidità. È il Moscato Rosa Alto Adige Doc dell’altoatesina Kettmeir, del Gruppo Santa Margherita, raffinato vino da meditazione e da dessert, in particolare in abbinamento a pasticceria secca, amaretti, torta di mele e ricotta. Le uve raccolte con vendemmia tardiva sulle colline di Caldaro sono lasciate ad appassire per sei settimane, e, una volta pigiato, il mosto è sottoposto a macerazione sulle bucce per 3-5 giorni per poi ricevere una soffice spremitura e fermentare 2 o 3 mesi in barrique di secondo e terzo passaggio.

rodotto in appena 5.700 bottiglie, con le uve del vigneto La Santissima di Gussago dell’Azienda agricola Le Marchesine di Passirano (Bs), il Franciacorta Brut Nature Secolo Novo Giovanni Biatta Millesimato 2007 promette grandi cose. Dopo una fermentazione controllata a una temperatura di circa 18 gradi con lieviti indigeni, questo Franciacorta matura in vasche d’acciaio inox. Nei mesi di marzo e aprile avviene il passaggio in bottiglia per la presa di spuma. L’affinamento è in locali a temperatura controllata per almeno 54 mesi. Il risultato è un vino dal finissimo perlage con bouquet ampio e complesso, caratterizzato da note floreali, minerali, fruttate e speziate. Al palato esprime struttura e allo stesso tempo un’eleganza esemplare, oltre a un’incredibile persistenza.

spirit

whiskey

Cointreau seduce con il papillon

Jack Daniel, dal saloon alla limited edition

Un abito di metallo traforato con un sobrio motivo a papillon intagliato che avvolge il corpo della bottiglia con eleganza e sinuosità, ispirato ai pizzi e merletti dell’alta moda, è la nuova veste di Cointreau. L’idea è del fashion designer francese Alexis Mabille, che si è rifatto a donne come Louise Brooks, Marlene Dietrich e Coco Chanel, le famose flapper degli Anni Venti per le quali divenne il simbolo dell’emancipazione femminile. La limited edition, in distribuzione esclusiva per l’Italia da 10 corso Como, a Milano , vuole essere un tributo alle donne di ieri e di oggi e un modo per riaffermare lo stile dei barman degli inizi del secolo scorso che indossavano camicie di popelin bianche e papillon di seta nera.

Mr. Jack Daniel, padre del famoso whiskey prodotto ancora oggi a Lynchburg, in Tennessee, nel 1892 aprì anche il White Rabbit Saloon, un locale espressione del suo spirito imprenditoriale, per dare il benvenuto ai visitatori della sua città e far conoscere il suo whiskey, oltre a trascorrere il tempo libero in compagnia degli amici. Quest’anno, per celebrare i 120 anni dall’apertura dello storico saloon, la distilleria Jack Daniel ha prodotto un numero limitato di bottiglie commemorative Jack Daniel’s White Rabbit Saloon, proprio per raccontare uno dei momenti storici della vita di Mr Jack. Ogni bottiglia di Jack Daniel’s White Rabbit Saloon è caratterizzata da un numero di serie progressivo e limitato.

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veneto

Luxury Collection debutta con Cuvée Sergio 1887 ionetto lancia una nuova linea di eccellenza dedicata esclusivamente

M al canale horeca: Luxury Collection. La prima proposta, portabandiera

della nuova linea Mionetto, è un omaggio alla storia e alla tradizione della cantina di Valdobbiadene (Tv) che deve molto al terroir distintivo della sua produzione: Cuvée Sergio 1887. È una cuvée che sa ricreare l’emozione, il sapore inconfondibile che aveva il vino di un tempo, sapientemente lavorato per esaltare le caratteristiche dei vitigni autoctoni del territorio ai piedi delle Prealpi Venete. A impreziosire ulteriormente il contenuto della linea Luxury Collection un packaging estremamente ricercato nella scelta dei materiali e nella forma elegante e sinuosa della bottiglia. Particolare il bassorilievo del marchio Mionetto sul fronte, nella distintiva posizione obliqua, icona del brand. Cuvée Sergio 1887 è equilibrato, morbido, dal perlage sottile e intenso.

grappa

Da Ponte festeggia con Merry Christmas

I

i chiama Merry Christmas la nuova grappa Da Ponte che celebra il Natale. Al naso si scoprono profumi di uva passa e di canditi, i frutti del dolce natalizio per definizione, il panettone. Al palato, la dolcezza e la morbidezza si avvertono ancora di più, trasformando i profumi percepiti in sapori. La distillazione avviene utilizzando l’alambicco discontinuo a bagnomaria, secondo il metodo Da Ponte per valorizzare al massimo i profumi delle uve. La confezione è un inno alla festa: un astuccio rosso natalizio in cui spicca un sorridente Babbo Natale che ritroviamo anche nell’etichetta della bottiglia di vetro bianco che ripropone il colore rosso nel tappo a vite e nel collarino. La gradazione alcolica è di 38 gradi, un po’ più leggera rispetto alle grappe tradizionali.

vodka

Belvedere in Red per la lotta contro l’Aids

P

er il secondo anno, Vodka Belvedere stringe una partnership con Red, la Fondazione creata da Bono Vox, voce degli U2, e Bobby Shriver, avvocato americano, con lo scopo di coinvolgere aziende e opinione pubblica nella lotta contro l’Aids. Il famoso brand di vodka ha svelato, infatti, la nuova special edition 2012, realizzata dall’azienda di design polacca Dekorglass, che fonde il packaging di Vodka Belvedere con l’iconica nuance Red il cui risultato è una bottiglia semitrasparente dall’effetto metallico. Il 50 per cento del profitto della vendita di ogni bottiglia andrà devoluto in beneficenza a sostegno del Global Found, fondazione no profit per la lotta contro Hiv e Aids in Africa. Un’idea per Natale che contribuirà a combattere una delle peggiori malattie che hanno colpito il pianeta nell’ultimo secolo.

toscana

Syrah 2009 Michele Satta esalta il terroir Dal Progetto Semetipsum di Michele Satta è nato Syrah 2009. Prodotto con uve provenienti da vigneti con un’età media di 15 anni, questo rosso toscano è ottenuto con uve syrah in purezza, per dare risalto alla complessità aromatica del terroir mediterraneo di un piccolo vigneto, Vigna Nuova, nei pressi di Castagneto (Li), il cui terreno conferisce profondità aromatica e mineralità al vino. Le uve sono raccolte a piena maturazione; macerazione e fermentazione avvengono in grandi botti di legno, poi il vino riposa 12 mesi in barrique. Di colore rosso rubino intenso e carico, al naso evidenzia sentori di frutta rossa matura, cuoio, pepe, note speziate e minerali. Al palato i sapori vanno dalla violetta alla confettura di susine. Il tannino è maturo e in bocca è pieno ma non invadente.

scozia

Cardhu, limited edition con Special Cask Reserve Per gli amanti del whisky, Cardhu, una delle più antiche distillerie scozzesi, ha realizzato Cardhu Special Cask Reserve, una limited edition accompagnata da un elegante astuccio semirigido in pelle nera che contiene l’iconica bottiglia di Cardhu, inconfondibile nel suo profilo sinuoso e stondato. Cardhu Special Cask Reserve ripropone le note dolci e morbide delle referenze tradizionali come il 12 o il 15 anni, ma aggiunge una struttura più complessa. Ricco al naso, con sentori di biscotti al malto e burro e note fruttate di pesca e frutti rossi. Seguono aromi di vaniglia e noce e un ricordo di scatola di sigari. Al palato, è morbido e vellutato con un’intensa sensazione di crema, buccia d’arancia, cacao e liquirizia nel finale, che risulta lungo, intenso, speziato e con note di frutta secca.

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foodvalley pasta

Il Pastificio Gentile debutta al Vun A

lberto Zampino, titolare del Pastificio Gentile di Gragnano, che da tre generazioni produce pasta di altissima qualità utilizzando semole italiane pregiate, ha scelto la creatività di Andrea Aprea, chef dello stellato Vun del Park Hyatt Milano, per presentare per la prima volta la sua pasta prodotta con il grano duro monovarietale Senatore Cappelli. Un nome che deriva dal marchese abbruzzese Raffaele Cappelli, senatore del Regno d’Italia, che negli ultimi anni dell’Ottocento diede l’avvio all’epoca delle trasformazioni agrarie in Puglia. Aprea si è espresso con due piatti di grande equilibrio e armonia che hanno esaltato la consistenza della pasta. Il sapore dei mezzi paccheri è stato amplificato dai friarelli e dalla provola affumicata, mentre lo spaghettone è stato servito con cacio, pepe e finferli, un accompagnamento che ne ha messo in risalto il gusto. Ed è proprio lui, lo Spaghettone Igp, l’orgoglio di Casa Zampino, perché ottenuto dalla selezione Senatore Cappelli con un diametro di 2,7 millimetri, unico nel suo genere. L’eccellenza di questo prodotto è dovuta alla materia prima che evita la presenza di collosità e di amido in eccesso dopo i 15/17 minuti necessari alla cottura. Alla famiglia lucana Scaraia si deve la riscoperta della varietà di frumento Senatore Cappelli nell’incontaminata collina materana e la nascita nel febbraio 2011 della nuova impresa Filiere Lucane, con lo scopo di produrre e commercializzare la pasta ottenuta dalla lavorazione di questo grano. Nella foto, Matteo Lunelli, presidente della Ferrari Spumanti che ha offerto i vini per l’evento, Andrea Aprea e Alberto Zampino.

riso gallo

Un abito femminile per il Gran Riserva

U

n contenitore di storie d’arte. Questo è il titolo del progetto con cui Anna Francesca Ceccon, stilista del brand Moi Multiple ha vinto il concorso Prêt à manger, vesti il Gran Riserva, organizzato da riso Gallo. Gli stilisti dovevano realizzare, appunto, la grafica della confezione in latta del Gran Riserva Gallo, il pregiato riso carnaroli top di gamma maturato un anno, riservato alla ristorazione. Ceccon ha realizzato un disegno a righe evocativo di un elegante abito femminile idealizzando il concetto di moda. L’iniziativa, di concerto con la Camera della Moda, si è rivolta ai giovani stilisti under 40 con una carriera già avviata. E proprio come una collezione di prêt à porter, le confezioni di Gran Riserva Gallo con la nuova grafica saranno disponibili in una tiratura limitata di 1000 pezzi, in vendita a primavera esclusivamente su www.risogallo.com.

associazioni

formaggi

Noi di Sala, per unire i professionisti

Ferrari lancia nuovi Percorsi di Degustazione

È vero che una buona cucina è l’origine del successo di un ristorante, ma per farlo diventare grande ci vuole anche un buon servizio in sala. È con questa motivazione che a Roma, nella libreria Settembrini, un gruppo di amici esperti del settore, come Marco Reitano, Marco Amago, Matteo Zaprile, Alessandro Pipero, Luca Boccoli, tutti operativi in prestigiose strutture della grande ristorazione, hanno presentato l’associazione Noi di Sala che riunisce i professionisti di sala e di cantina. L’associazione si pone l’obiettivo di promuovere e valorizzare queste figure complementari, ma non meno importanti dello chef. Perché servire l’ospite è un’arte.

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Una nuova linea che presenta una serie di abbinamenti tra i migliori formaggi della tradizione e alcune prelibatezze ideali per proporre ai consumatori un armonioso connubio di sapori: si tratta dei Percorsi di Degustazione lanciata dall’industria casearia lodigiana Giovanni Ferrari. Numerose le proposte, come il particolare abbinamento tra il sapore asciutto e strutturato del Parmigiano Reggiano Dop- Prodotto di Montagna- Ferrari, realizzato con il latte raccolto nell’alta Valtaro e stagionato 30 mesi, e le birre artigianali Baladin, che grazie alla loro effervescenza e alle originali note amare, esaltano l’aroma deciso del formaggio.


pubblicità

Gassman gusta Ferrarelle

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evi, digerisci e gusta. Questo è il claim della nuova campagna advertising di

Ferrarelle. Una campagna strutturata in una serie di corti per la televisione, oltre a radio e carta stampata, realizzati con la regia di Leone Pompucci e protagonista, oltre all’acqua Ferrarelle, naturalmente, l’attore Alessandro Gassman. Lo slogan bevi, digerisci e gusta vede il ritorno all’essenza della funzionalità dell’acqua stessa, effervescente naturale, ricca di sali minerali che favoriscono la digestione e che fa apprezzare i piaceri della tavola e della vita. Con la nuova campagna, Ferrarelle desidera non solo tornare alle sue origini mettendo in evidenza le proprietà dell’acqua, ma anche tornare in cucina e sulle tavole degli italiani evocando il momento di maggior fama della filmografia italiana attraverso una serie di simpatici corti degli anni Sessanta.

ristorante

A’Mare, la freschezza del Mediterraneo

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osa c’entra la finanza milanese e il real estate con un ristorante dedicato al mare? C’entra quando tre imprenditori, appartenenti a quei settori, sviluppano un nuovo modello di business della ristorazione, coniugando la voglia di fare impresa con passioni personali. La chiave della cucina di A’Mare (www.amarerestaurant.it), a Milano, è una lettura attuale della grande tradizione culinaria italiana che mira a soddisfare sia una clientela giovane, attraverso una cucina di pesce fast, sia a coccolare la fascia serale con ricette accattivanti e ricercate. A’Mare è una ponderata miscela di sapori, ricordi e freschezza tipici del Mediterraneo, un angolo di mare a due passi del Duomo.

consorzi

NovaMela affianca i produttori

C

inque partner, aziende leader nel settore della produzione e commercializzazione di mele e/o altra frutta, con sede in tre distretti produttivi, uno in Alto Adige, due in Trentino e tre in Piemonte, hanno dato vita al Consorzio NovaMela che si prefigge il miglioramento delle condizioni delle aziende frutticole consorziate attraverso la gestione delle fasi di ricerca e sviluppo, e l’acquisizione dei diritti per la produzione e la commercializzazione di nuove varietà di melo. Attualmente sono 12 mila le aziende frutticole associate o conferenti rappresentate da NovaMela, per un totale di 25 mila ettari e 1 milione e 200 mila tonnellate di mele raccolte all’anno attraverso 40 centri a elevata tecnologia per stoccaggio, selezione, confezionamento e spedizione con cui è garantita una presenza commerciale in più di 50 Paesi nei 5 continenti. Nella foto, Michele Odorizzi, presidente di Melinda.

margarine

Senna lancia Linea N naturale e sana L’azienda austriaca Senna, specializzata nella produzione e distribuzione di materie prime e semilavorati per la pasticceria e la gastronomia, lancia sul mercato la nuova Linea N (natura). Si tratta di margarine professionali con ingredienti naturali e completamente prive di lattosio, glutine, grassi idrogenati, conservanti, coloranti e aromi artificiali. Il lungo lavoro di ricerca effettuato nei laboratori Senna in Austria è stato ripagato da un prodotto in grado di soddisfare la sempre maggiore richiesta di prodotti naturali. Nello specifico, la Linea N si suddivide in Margarina universale, ideale per l’utilizzo di base nel settore di panifici e pasticcerie; Margarina sfoglia piatta per la pasta sfoglia, pasta danese e croissant.

dolci

Un pizzico di sale nel cioccolato Lindt Mina e Celentano anni fa, in uno stupendo duetto cantavano Acqua e sale, ma chissà se il titolo sarebbe rimasto il medesimo se avessero composto la canzone oggi. I maîtres chocolatiers Lindt, infatti, hanno dato vita a una nuova creazione capace di esaltare ancor di più la qualità del cioccolato, sfruttando il contrasto tra dolce e salato, le tavolette Lindt Excellence Fior di Sale. È una barra di finissimo cioccolato fondente impreziosito da un pizzico di Fior di sale, il più particolare e pregiato sale marino che viene ancora oggi raccolto a mano nelle saline. Le delicate proprietà organolettiche e la finezza di questo sale sono perfette con il cioccolato Lindt che in questo abbinamento ha una percentuale di cacao del 45 per cento, quindi non particolarmente elevata, ma giusta per impreziosire ed esaltare il gusto della tavoletta.

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foodvalley pasta

Barilla arricchisce la linea Emiliane La linea Emiliane Barilla, ispirata alla tradizione pastaia dell’Emilia Romagna, si arricchisce di tre nuovi formati gastronomici, tutti realizzati con la migliore semola di grano duro e uova selezionate di categoria A. Le Pappardelle Ricce, nidi di sfoglia all’uovo dalla particolare consistenza ruvida e porosa in un gustoso intreccio col taglio riccio che cattura il sugo; le Fettuccine Ricce, nidi di fettuccine ruvide e corpose, anch’esse caratterizzate dalla forma a nido e dal taglio ondulato per trattenere il sugo; le Sottili, lasagne all’uovo, un formato classico ora disponibile nella versione ancora più sottile che mantiene le caratteristiche della ricetta tradizionale con un tempo di cottura più breve.

ristoranti

Locanda Le Muse, tra dolce e salato

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distribuzione

Marr conferma gli obiettivi

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legumi

Sojasun amplia l’offerta con referenze golose La soia è un legume sano, naturale, leggero, digeribile, ipocalorico, senza colesterolo né lattosio e privo di glutine. Rappresenta quindi, nelle sue varie declinazioni, un alimento in grado fornire il miglior apporto nutrizionale possibile e valido sostituto di carne e formaggio, grazie a una presenza proteica comprensiva di tutti gli otto aminoacidi essenziali. Sojasun, brand del Gruppo Triballat Noyal, propone una gamma completa e capace di soddisfare tutti i gusti. Yogurt in molti gusti, quattro varietà di bifidus, cinque di burger, quattro di piatti pronti, medaglioni alla piastra, tofu, una panna da cucina molto versatile e quattro tipologie di bevande. Tra le novità, lo spezzatino vegetale, il dessert al limone e il dessert al crème caramel.

20 | Food&Beverage DICembre 2012

ropone una cucina che coniuga con talento, tradizione e innovazione, affiancata da una meticolosa cura delle materie prime e una sensibilità particolare verso i prodotti del mercato equo e solidale. È la Locanda Le Muse di San Bonifacio (Vr) (www.locandalemuse.it), ristorante con ospitalità, gestito da generazioni dalla famiglia Cederle. In sala Carla ed Emanuele Cederle, in cucina lo chef Davide Piva. Periodicamente si svolgono serate a tema che ruotano di volta in volta su un piatto, un ingrediente, un’idea. Come la serata “Davide al quadrato”, a fine ottobre, che ha visto la partecipazione, a fianco di Davide Piva, anche di Davide Pesarin (patron dell’omonima Pasticceria di Legnago): insieme hanno incrociato i loro talenti per un menu che ha giocato fra il dolce e il salato.

arr, azienda di distribuzione di prodotti alimentari per la ristorazione extra domestica del Gruppo Cremonini, ha approvato il resoconto intermedio di gestione al terzo trimestre 2012. I ricavi totali consolidati sono stati di 376,1 milioni di euro, rispetto ai 378,8 dello spesso periodo del 2011. L’Ebitda è arrivato a 33,8 milioni di euro mentre nell’anno precedente aveva raggiunto i 34 milioni. Leggera flessione, quindi, rispetto al 2011, anche esaminando i primi nove mesi dell’anno. i ricavi totali per questo periodo, infatti, sono di 977,4 milioni di euro contro i 979,5 dell’anno precedente. Nonostante la complessità del mercato del foodservice, fine dell’esercizio vengono comunque confermati gli obiettivi di consolidamento della quota di mercato.

dolcezze

I Nudi, i nuovi cioccolatini Perugina

S

oprattutto d’inverno il cioccolato diventa uno dei migliori amici dell’uomo. E Perugina sa come coccolare i suoi estimatori. Quest’anno ha lanciato I Nudi, una nuova linea di cioccolatini e tavolette caratterizzati dagli ingredienti a vista che anticipano il piacere e regalano un’esperienza unica. In particolare, i cioccolatini sono coppette di cioccolato finissimo ripiene di due diversi strati di creme ricoperte da croccanti granelle e disponibili nei gusti nocciola, fondentissimo, meringa, tiramisù, biscotto, caramello, caffè e arancia. Le tavolette, invece, sono confezionate su un elegante e pratico vassoio sagomato sulla sua forma innovativa che ne esalta il gusto e disponibili nei blend latte e nocciola, fondente e nocciola, latte e mandorle, e latte e pistacchi.


SOLIDARIETà

cocktail

Zampone e Cotechino Modena per Mirandola

Rum e gorgonzola È nato un amore?

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poco più di sei mesi dal terremoto che ha sconvolto l’Emilia, lo Zampone Modena Igp e il Cotechino Modena sono scesi nella piazza della Costituente di Mirandola, tra i comuni più colpiti, per un evento che ha coinvolto tutta la popolazione nel segno di una nuova rinascita. Lo show cooking di Massimo Bottura (nella foto) è stato affiancato da quello delle rezdore, le massaie-cuoche custodi e simbolo della cucina tradizionale modenese: una performance che ha incantato il pubblico. Zampone e cotechino, rappresentativi dell’eccellenza italiana, sono nutrizionalmente adatti a essere inseriti nell’ambito di una dieta equilibrata.

locali

Borghese testimonial di Panino Giusto

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anino Giusto, il noto brand milanese nato nel 1979 con il primo locale in corso

Garibaldi, ha inaugurato un altro spazio in largo Carrobbio, in zona Colonne di San Lorenzo. Il nuovo Panino Giusto è rinnovato negli arredi, più adatti allo spirito internazionale del brand, pur mantenendo i classici colori bianco, rosso e verde tipici del marchio. E per inaugurare il nuovo locale è stato scelto un testimonial d’eccezione, lo chef Alessandro Borghese, che ha creato il Borghese di pollo, il primo di una limited edition che si potrà gustare nei ristoranti della catena.

Uno degli abbinamenti classici del Gorgonzola è con i vini dolci e sufficientemente alcolici da smussarne la componente grassa. Ma con i rum, lo sposalizio è possibile? Se lo sono chiesti anche Paolo Becarelli e Gianluca Moncalvi, giornalisti con la passione del beremix che, alle prese con tre rum (Diplomatico Blanco, Rhum Pmg Bianco 56° e Savanna Lontan Blanc, distribuiti da Velier) hanno voluto verificarne l’accostamento ai Gorgonzola nelle versioni piccante e dolce. Ne sono nati tre cocktail (Caipirissima al miele, Negrini e Green zola) preparati e mixati in occasione di un extreme tasting alla presenza di Stefano Fontana, direttore del Consorzio Gorgonzola. Il più gettonato fra i tre cocktail? Caipirissima al miele (6 cl di Ron Diplomatico Blanco, ½ lime, 3 cucchiaini di miele d’acacia), apprezzatissimo con il Gorgonzola dolce.

O! V UO

SELECT

Select Series

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Nomacorc presenta Select Series, la nuova gamma di tappi coestrusi per vino dalle elevate prestazioni, ideata per soddisfare le richieste dei viticoltori più esigenti e dei vini unici che essi creano. Dai vini bianchi delicati a quelli rossi robusti, dai vini leggeri e dal sapore fruttato a quelli complessi e corposi, esiste il tappo Select Series che soddisfa qualsiasi esigenza relativa alla gestione dell’ossigeno nella fase del post-imbottigliamento. • Garanzia della gestione costante dell’ossigeno in bottiglia rispetto a qualsiasi altro tappo per vino • Colore e materiale di realizzazione indistinguibili dal sughero naturale

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gemellaggi Il ristorante dell’Hotel Bulgari, a Milano, ha presentato un menu preparato a quattro mani da due chef accomunati dalla passione per la cucina del territorio: campana e di pesce per

Gennaro, di carne e con prodotti tipici dell’autunno piemontese per Andrea

L’inedito percorso culinario di Esposito e Ferrero Federica Belvedere

U Andrea Ferrero, chef del Bulgari Hotel, e Gennaro Esposito e due loro piatti: qui sotto, le Melanzane alla scapece di Esposito e il Costato di vitella di Ferrero

n menu esclusivo, preparato “a quattro mani”, che ha rappresentato un inedito percorso enogastronomico che trae origine da un rapporto radicato nella comune passione per la cucina del territorio; una cucina autentica che reinterpreta le ricette della tradizione mediterranea nobilitandone sapori, consistenze e presentazione attraverso tecniche di cottura che ne rispettano le qualità organolettiche e ne esaltano il gusto. È stato un inedito gemellaggio culinario, quello tra Gennaro Esposito, bistellato Michelin della Torre del Saracino di Vico Equense (Na), e Andrea Ferrero, chef del Ristorante dell’Hotel Bulgari, allievo del pluripremiato Quique Dacosta, che ha avuto quale raffinato palcoscenico proprio il ristorante del prestigioso albergo milanese. Il menu prevedeva due ricette di Gennaro Esposito, l’antipasto e il primo piatto, e due di Andrea Ferrero, il secondo piatto e il dolce. Esposito ha scelto due ricette a base di pesce, elemento principe della sua cucina: per l’antipasto le Melanzane cucinate alla “scapece”, una preparazione tipica campana basata sulla frittura dell’ingrediente e la successiva aromatizzazione nell’aceto, accompagnate da palamita, ostrica e salsa di limone alla vaniglia. Per il primo piatto, un Risotto ai pomodori sorrentini, limone candito e calamaretti ripieni di provola, che ha svelato la passione di Esposito per il riso e si completa con gli aromi e i colori dei prodotti della costa sorrentina, quali il limone e i pomodori

22 | Food&Beverage DICembre 2012

che lo chef coltiva nell’orto del suo ristorante. Andrea Ferrero, originario di Mondovì, ha selezionato i prodotti piemontesi più pregiati per accompagnare il suo piatto a base di carne, il Costato di vitella con funghi porcini e topinambur, un tubero di origine americana molto diffuso in Piemonte, tipico dell’autunno. Per dessert, La nocciola delle Langhe di Ferrero, un dolce legato alla tradizione piemontese, a base di tonda gentile, dal sapore pieno e persistente, che ha portato un equilibrio perfetto tra croccantezza e friabilità. “La mia è una cucina che letteralmente fiorisce in autunno -ha confessato lo chef- secondo la regola del 3: piatti puliti e minimal, e solo 3 prodotti alla volta. Per me la F&B semplicità è tutto, in pieno spirito Bulgari”.


Abbiamo sperimentato

Abbiamo scelto

Abbiamo atteso

Food&Beverage DICembre 2012 | 23

www.umbertocesari.it


foodvalley dolci

strategie

Da Cleca San Martino novità anche per celiaci

Fileni comunica via web con Due cuori e una cucina

Non solo lievito, aromi, vanillina, budini, mousse e un dolce belga. Cleca San Martino, azienda presente da oltre 70 anni con il suo mitico budino, aumenta il numero di prodotti per chi soffre di celiachia: ultimo nato è Oracioc, preparato per cioccolata densa in tazza senza zucchero e adatto quindi anche a chi è attento alla linea. Ma non è questa l’unica novità: da segnalare, infatti, il preparato per crumble, dolce tipico della tradizione inglese, con cereali e fibre, a cui basta aggiungere frutta a piacere per trasformarlo in un’appetitosa merenda o in un delizioso fine pasto, e il preparato per crostate con crema allo yogurt, da completare con frutta a piacere.

Eleonora Ricci e Marco Elimi sono i protagonisti di Due cuori e una cucina, format di 12 ricette in pillole da 2 minuti ciascuna (una a settimana) che Fileni presenta su Youtube per intraprendere una nuova dimensione di dialogo con i consumatori. Affidando ai due giovani cuochi il compito di far scoprire perché cucinare “rende più romantica la vita”, il gruppo di Cingoli (Mc), leader europeo nel mercato delle carni avicole biologiche e terzo in Italia nel comparto avicunicolo, inaugura una nuova stagione di comunicazione social che si articola, anche sul restyling del sito aziendale e del blog, la creazione di profili dedicati su Twitter (@Fileni_Official) e Facebook (Fileni-Pagina Ufficiale).

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premi

A Claudia Cardinale il Tartufo dell’anno

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el 1949, anno della nascita del premio Tartufo dell’anno attribuito durante la Fiera internazionale del tartufo bianco d’Alba, fu la meravigliosa Rita Hayworth a ricevere il riconoscimento. A essere premiata nell’edizione 2012 è stata, invece, l’attrice Claudia Cardinale. Il migliore esemplare della stagione cacciato dai preziosi cani da tartufo nelle colline delle Langhe è stato consegnato dal sindaco di Alba, Maurizio Marello, a Claudia Cardinale durante la cerimonia di premiazione svoltasi al Teatro Sociale di Alba. Tema portante di questa edizione, il legame tra cinema e tartufo, ma dal 1949 quasi tutti gli anni sono stati inviati preziosi tartufi a personaggi di rilievo internazionale della politica, del cinema, dello sport e dello spettacolo.

abbinamenti

Caiarossa e la cucina cinese un’armonia possibile

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e cucine nazionali si globalizzano: ma se questo porta spesso a una loro standardizzazione, altre volte significa trovare nei Paesi “ospiti” elementi che possono arricchirle. Un esempio recente di questo è il tentativo (riuscitissimo) di Bon Wei, tra i più raffinati indirizzi milanesi di cucina cinese, di sposare i suoi piatti con i vini di Caiarossa, azienda di Riparbella, in Val di Cecina, a pochi chilometri da Cecina (Pi), che si ispira alla filosofia biodinamica. Come ha spiegato nel corso di una cena-degustazione Dominique Génot, enologo e direttore dell’azienda, lo spirito che ha guidato gli abbinamenti è la valorizzazione delle rispettive identità: gusto e leggerezza per la cucina di Bon Wei (Buon gusto, in cinese), complessità e morbida eleganza per i vini di Caiarossa, come il riso saltato nel wok con verdure e salsa di soia, manzo e porri alla piastra con Pergolaia Igt Toscana 2008.

24 | Food&Beverage DICembre 2012

CONCORSI

Sfida tra giovani in casa Amadori

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lla Scuola di cucina di Casa Artusi a Forlimpopoli i bambini sono stati i protagonisti del concorso gastronomico Peopoll in cucina, riservato ai lavoratori del Gruppo Amadori. Protagonisti della quinta edizione, infatti, sono stati i figli e i nipoti dei dipendenti Amadori, che con il claim Mamma, oggi cucino io! Il mio piatto preferito a base di un prodotto Amadori, si sono sfidati in ricette sfiziose. I team erano composti, quindi, da un dipendente dell’azienda in coppia con il proprio figlio o nipote di età compresa tra 6 e 12 anni. A darsi battaglia nella sfida finale, sei lavoratori con i rispettivi giovani parenti, e a vincere è stato Simone Zucchetti, Responsabile ricerca e sviluppo Amadori, e sua figlia Giorgia Zoe di 10 anni, con il piatto Nord e Sud. A giudicare i piatti, una giuria composta da dirigenti Amadori, un rappresentante di Casa Artusi e alcuni giornalisti accompagnati dai figli.


sottozero Sono trascorsi quasi 50 anni dalla prima comparsa sul mercato nazionale dei prodotti surgelati. Da allora è stato un continuo crescendo, sia come gamma di referenze offerte, sia come gradimento dei consumatori. L’ha confermato il recente convegno dell’Istituto Italiano Alimenti Surgelati

Surgelati, prodotti che non temono la crisi Enza Bettelli

N In alto, il presidente Vittorio Gagliardi: confida sulle potenzialità di ulteriore crescita dei surgelati

el corso di questi ultimi decenni molta strada è stata fatta nel mondo dei sottozero, anche se il consumo pro capite di surgelati è ancora tra i più bassi d’Europa (circa 14 chili). Tuttavia, il quadro generale si prospetta più che positivo, una situazione confermata dai dati emersi dall’ultimo convegno organizzato a Milano dall’Istituto Italiano Alimenti Surgelati e moderato dal nutrizionista Giorgio Donegani, il cui tema era Mezzo secolo al servizio del consumatore. Verso i primi 50 anni di alimenti surgelati in Italia. Questi dati, presentati dal presidente dell’Iias Vittorio Gagliardi, hanno rilevato una continua crescita del settore, che segna +0,5 per cento in generale, ma balza al +4,7 per cento per i vegetali preparati, al +3,4 per cento per l’ittico naturale e al +3,5 per cento per pizze e snack. Le ragioni di questo successo sono ormai più che note: praticità, valore di servizio, qualità e naturalità, velocità e facilità di preparazione, prezzi stabili. Inoltre, come evidenziato da Giovanni Siri, docente di Psicologia all’Università San Raffaele di Milano, c’è un’ascesa nel consumo e nel credito culturale presso il grande pubblico, che è sempre più attento alla qualità di ciò che acquista e consuma. E i surgelati offrono una qualità stabile nel tempo e consentono sia di liberarsi dal vincolo della stagionalità, sia di avere allo stesso tempo un prodotto sempre a km 0. Quindi, alimenti preziosi a tutte le età, come ha confermato Andrea

Ghiselli, dirigente di ricerca Inran, e in particolare per gli over 50, come sottolineato da Vitalba Paesano, direttrice del portale web Grey Panthers, e per i più piccoli, ai quali è fondamentale insegnare le basi di una corretta alimentazione. E proprio a questi ultimi è dedicata un’importante iniziativa didattico-informativa dell’Istituto, che nel 2013 coinvolgerà i bambini delle elementari con una simpatica mascotte, Cristallino, protagonista delle storie a fumetti di un giornalino che verrà distribuito nelle scuole per aiutare e invogliare gli scolari e le loro famiglie a conoscere meglio il mondo dei surgelati. Stesso impegno “educativo”da parte di Orogel che da tempo ha iniziato un’attività di comunicazione volta a diffondere, tra gli altri obiettivi, la conoscenza dettagliata delle valenze di prodotto surgelato, sia per quanto riguarda il consumatore finale, sia per quanto riguarda la ristorazione. “Per quest’ultima -sottolinea Luca Pagliacci,direttore marketing dell’azienda di Cesena (fC)- oltre alla comunicazione pubblicitaria, abbiamo attivato un nostro team chef che spiega le modalità necessarie per utilizzare al meglio il prodotto surgelato, effettuando dimostrazioni in tutta Italia. Sono anche queste le occasioni che cogliamo al volo non solo per presentare i nostri nuovi prodotti ma soprattutto per informare, spiegando le caratteristiche F&B e i vantaggi del mondo del surgelato”. Food&Beverage DICembre 2012 | 25


LODGE&SPA roma

Alfonso Iaccarino a Villa Agrippina I

naugurato solo da qualche mese, il Gran Meliá Rome Villa Agrippina, primo Luxury Urban Resort di Roma, circondato da un meraviglioso giardino, nel cuore di Trastevere, non poteva che puntare in alto per il suo ristorante: ecco, dunque, Alfonso Iaccarino, che ha portato con sé un’ispirazione tutta mediterranea, legata alla tradizione del sud Italia. Prende così vita il Viva Voce, il ristorante che conduce insieme ai figli Ernesto e Mario, quinta generazione di una famiglia da sempre dedicata all’arte culinaria. “Vogliamo trasmettere emozioni per far sì che gli ospiti vivano la storia che ogni piatto sa raccontare”, spiega lo chef pluristellato. Tra le scelte consigliate, il cous cous di polipetti con spuma di provola alla cannella e il soufflé di cioccolato, realizzato secondo la ricetta originale di nonno Alfonso.

cogne

All’Hotel du Grand Paradis il sapore della montagna

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Cogne, immersi nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso, si trova un albergo dal fascino antico, l’Hotel du Grand Paradis & Spa La Baita. Risalente all’inizio del ’900 ha camere in perfetto stile Liberty, dotate dei più esclusivi comfort. Offre inoltre un giardino con solarium, un dehors affacciato sul salotto della zona pedonale e un suggestivo Jardin du Grand Paradis con un frassino secolare. All’ultimo piano si trova La Baita, spa dal nome evocativo, che riporta con nostalgia ai paesaggi e alle antiche tradizioni di montagna. È infatti stata costruita come una tipica baita valdostana, luogo ideale in cui potersi rilassare dopo una giornata sui campi da sci. L’Hotel du Grand Paradis fa parte della catena Châteaux & Hotels Collection e del Wellness Club Valle d’Aosta.

india

Vivanta by Taj Madi nuovo resort a Kerala

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n Kerala, patria dell’ayurveda, è stato inaugurato il Vivanta by Taj Madikeri, il nuovo resort del Gruppo Taj Hotels Resorts & Palaces. Le 63 camere e ville, tutte costruite secondo parametri ecosostenibili, sono disseminate nella vegetazione pluviale delle Western Gaths, patrimonio mondiale dell’Unesco. La Jiva Spa si addentra per tre piani nella foresta subtropicale, accendendo una forte aurea mistica. Le proposte enogastronomiche assecondano ogni tipo di esigenza con ristoranti diversi tra loro: il Nellaki, con ricette prettamente locali; il Dew, dedicato a piatti “su misura”; l’Hive Bar, sinonimo di informalità, per spuntini a bordo piscina e sotto le stelle. Meta edonistica per eccellenza, il Vivanta rappresenta un’immersione nella cultura del luogo, ineguagliabile fusione tradizionale ospitalità indiana e lusso contemporaneo.

dolomiti

singapore

Trattamenti all’uva all’Hotel Fanes

Compie 25 anni il Mandarin Oriental

A San Cassiano, nel cuore delle Dolomiti, l’Hotel Fanes offre trattamenti speciali per viso e corpo a base d’uva. Duemila metri quadrati dedicati esclusivamente all’area wellness: massaggi, bagni, impacchi, bendaggi e trattamenti rivolti a migliorare bellezza e benessere. In particolare, Vinoble Balance distribuisce delicatamente energia in tutto il corpo: il massaggio lavora in profondità, lungo i meridiani, donando un effetto rilassante e rinvigorente al tempo stesso. Una menzione alla cucina, che propone specialità regionali di qualità assoluta, a base di prodotti di provenienza locale.

Il Mandarin Oriental di Singapore, considerato da Forbes uno dei 5 stelle più importanti al mondo, compie 25 anni. Lo splendido atrio a forma di ventaglio, diventato icona di originalità, si integra splendidamente nello skyline di Marina Bay. Le 468 camere e le 59 suite combinano tocchi prettamente orientali con il lusso contemporaneo che trasmette un senso di sottile raffinatezza. Infinita è la scelta dei ristoranti, dall’italiano Dolce Vita al Cherry Garden di autentica ispirazione cantonese; dal surf and turf di Morton’s alla cucina del Wasabi Bistro, di impronta giapponese.

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milano

Il Principe di Savoia eletto miglior Luxury Business Hotel

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on grande soddisfazione del general manager Ezio Indiani, il Principe di Savoia di Milano, gioiello della Dorchester Collection, è stato votato dai lettori di The Mice Report come il miglior Luxury Business Hotel in Italia per l’Annual Mice Report Awards 2012. Oggi, dopo l’importante ristrutturazione, l’albergo si ripropone luogo ideale per coloro che vogliono godere di un hotel di lusso con ogni comfort, ma anche per una clientela d’affari. Le 12 sale riunioni, attrezzate con tecnologie d’avanguardia, rappresentano anche l’ideale parterre per sfilate di moda e cene di gala (nella foto la meeting room Veranda). Un plus dell’albergo è certamente il ristorante Acanto, dove l’executive chef Fabrizio Cadei propone una cucina gustosa ed equilibrata da abbinare ai vini selezionati dalla chef sommelier Alessandra Veronesi che, da quest’anno, propone diverse etichette provenienti da coltivazioni biologiche e biodinamiche.

roma

L’Hotel d’Inghilterra si rinnova

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ato come dimora aristocratica tra piazza di Spagna e via dei Condotti, l’Hotel d’Inghilterra, fiore all’occhiello del gruppo Royal Demeure, festeggia i lavori di rinnovamento che lo hanno trasformato in una location ancor più lussuosa e raffinata. Interventi che permettono all’hotel di essere simbolo di un felice connubio tra tradizione di classe e comfort moderni, compiuti sotto la direzione artistica della contessa Gotti Lega che con professionalità e passione ha ispirato le linee guida del progetto. L’albergo, con 88 camere, tutte diverse una dall’altra, e una hall con confortevoli salottini decorati, sta vivendo un’importante fase di rinascita sotto la guida del neo direttore Marco Milocco. Antonio Vitale, chef del Cafè Romano, il ristorante dell’albergo, propone estrosi piatti di cucina creativa romana, il Bond Bar dallo stile rétro.

trezzo sull’adda

Vieni a vivere a Villa Appiani

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ll’interno di un territorio ricco di attrattive e bellezze naturali, qual è la valle dell’Adda, il Best Western Villa Appiani, dopo il recente restyling, si presenta come una prestigiosa struttura a 4 stelle che ha realizzato un importante salto di qualità per soddisfare le esigenze degli ospiti. Sofia Gioia Vedani, architetto e amministratore delegato di Planetaria Hotels, ha presentato il pacchetto Vieni a vivere a Villa Appiani affinché l’hotel sia percepito dagli ospiti come una struttura in grado di simboleggiare la propria villa di campagna da raggiungere comodamente in 20 minuti di auto da Milano. La proposta comprende tra l’altro un pernottamento e prima colazione, un divertente regalo in camera per i bimbi e il loro accesso illimitato all’area giochi Bimbilandia, oltre all’ingresso nella sala fitness.

antigua

Un mondo di sapori firmato Carlisle Bay Il Carlisle Bay di Antigua è il resort caraibico per eccellenza, con l’incantevole spiaggia di sabbia fine e mare cristallino, e la foresta pluviale a far da sottofondo. Ma c’è di più: la sua ampia varietà di offerte gastronomiche, un mondo di sapori che sa soddisfare tutti i gusti. Tre i ristoranti: l’Indago on the Beach, con una cucina genuina, barbecue, insalate e frutti di mare alla piastra; l’East, con sapori d’Oriente à la carte come la zuppa di zenzero, il pollo thai e i gamberoni in salsa agrodolce; l’Ottimo!, tutto mediterraneo con un menu incentrato prevalentemente su specialità italiane. Per colazioni, frullati e cocktail serali si può invece puntare sul Jetty, il Pavillion Bar o il Jetty Bar.

londra

Al 45 Park Lane il benessere in stanza Nel centro di Londra Mayfair, di fronte a Green Park, il 45 Park Lane, celebre hotel Art Deco della Dorchester Collection, ha messo in atto per i suoi clienti un servizio unico nel suo genere grazie alla collaborazione con Matt Roberts, esperto personal trainer delle star. Un programma gratuito da seguire nel comfort e nella privacy della propria stanza abbinato al collegamento con un canale televisivo fitness che offre allenamenti guidati. Il 45 Park Lane, che ha vinto il premio come Best Hotel Suite all’annuale European Hospitality Awards per la sua Penthouse Suite, offre la possibilità di continuare il programma di benessere iniziato in stanza, grazie a uno speciale e gratuito Exercise Matt at 45 Park Lane Fitness Pack.

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ILmondoINpentolA

Cedroni apre al Baglioni di Londra Londra. Moreno Cedroni è volato a Londra, all’Hotel Baglioni, dove il 22 ottobre è stato inaugurato il nuovo ristorante Moreno at Baglioni con un menu rivoluzionario per gli inglesi che amano provare nuovi concetti di cucina. Il menu viene diviso in 4 sezioni: pesce crudo, pasta, piatti tradizionali e piatti creativi. Tra le creazioni in carta si trovano alcuni consolidati cavalli di battaglia dello chef marchigiano: le Capesante in tempura al nero di seppia con vongole e zucchine, il Carpaccio tiepido di spigola con purè al lime e salsa alla rucola, e i Tortellini di parmigiano liquido, con marmellata al balsamico, salsa di pomodoro e carne cruda. L’head chef del nuovo locale sarà Antonio Bufi che lavorerà a fianco dell’attuale executive chef Andrea Vercelli e della sua brigata di cucina. Il Moreno at Baglioni è il primo ristorante di Cedroni all’estero, situato all’interno del raffinatissimo e trendy Baglioni Hotel, a Kensington, in una delle più belle e tipiche location della città e che si affaccia su Hyde Park. (j.b.)

Apreda porta i tartufi in India Mumbay. Francesco Apreda, chef stellato dell’Hotel Hassler Roma, è volato in India con una valigia piena di tartufi d’Alba, per il White Truffle Festival che si è tenuto al ristorante Vetro del prestigioso Hotel Oberoi di Mumbay dal 23 novembre al 2 dicembre. Da quasi otto anni Francesco Apreda e Roberto Wirth, proprietario e direttore generale dell’Hotel Hassler di Roma, collaborano con successo, in veste di consulenti, con gli hotel Oberoi di Mumbai e di Delhi, al fine di promuovere la gastronomia italiana contemporanea e di qualità. La presenza di Francesco Apreda al Festival del Tartufo Bianco, è stata fortemente richiesta dalla clientela del Vetro dell’Oberoi di Mumbai che da sempre apprezza la cucina genuina, creativa e moderna del geniale chef. Francesco Apreda, di origini campane, vanta un percorso professionale maturato ai fornelli di alcuni dei più prestigiosi ristoranti di Europa, Giappone e India. Questa particolare esperienza gli ha permesso di riuscire a interpretare i piatti della tradizione mediterranea con tecniche innovative e gradevoli influenze orientali, conquistando così i palati dei gourmet e il giudizio favorevole di critici enogastronomici in Italia e all’estero. (j.b.) 28 | Food&Beverage DICembre 2012

Anne-Sophie Pic a Parigi con la Dame de Pic Parigi. Già cinque anni fa AnneSophie Pic, poco dopo aver raggiunto la sua terza stella Michelin in quel di Valence, meditava di aprire un ristorante a Parigi. Nel settembre di quest’anno i suoi propositi sono diventati realtà con il nuovissimo La Dame de Pic, inaugurato nella centrale Rue du Louvre, nel cuore dell’arrondissement 1. Si tratta di un ristorantino/bistrot delizioso. La cucina offre diversi menu di più facile approccio e meno impegnativi economicamente parlando rispetto alla Maison Pic, mentre l’ambiente è caratterizzato dalla bella cucina a vista sulla via principale e sulla sala. (g.s.)

Bottura e Heinz Beck volano al Food Festival Sydney. Dire che i nostri chef siano sempre in giro tra le pentole delle cucine nel mondo non fa più notizia. Sono talmente in movimento che si fa fatica a stargli dietro. Vanno e vengono dai diversi angoli del pianeta senza un attimo di tregua. In questo momento tre nostri grandi chef si dividono tra l’Europa, l’Asia e il continente australiano, da dove è appena tornato Massimo Bottura. Ma Heinz Beck gli ha dato il cambio volando a Sydney per partecipare al Food Festival, importante evento gastronomico che serve a lanciare la nuova cucina australiana nel mondo. Heinz Beck, infatti, tiene conferenze dimostrative su come creare i dettami della grande cucina e, con l’occasione, proporrà un menu di 8 portate come dimostrazione per la brigata del Caffè Sicilia, uno dei ristoranti più esclusivi di Sydney, che poi rimarranno in carta. In contemporanea, racconterà l’evoluzione dei piatti della tradizione in quelli di alta cucina. (j.b.)

E i Cerea approdano a St Moritz… New York. Instancabili i fratelli Cerea. C’è da chiedersi se hanno scoperto la formula della clonazione, visto che oltre alle mille attività che li riguardano, dalla tavola tristellata al catering apprezzato in tutto il mondo, dal 14 dicembre (e fino alla fine della stagione, in aprile) saranno alla guida del nuovo ristorante Da Vittorio, ospitato all’interno del Carlton Hotel di St.Moritz. Nella prestigiosa località turistica engadinese, i Cerea avevano fatto il loro ingresso trionfale già a gennaio, come ospiti del Gourmet Festival; ora tornano in grande stile, con una cucina sul posto in uno degli alberghi cinque stelle più famosi, che fa parte dello Tschuggen group. Inutile dire che sarà la tradizionale messa in scena di eleganza e di rigore professionale, con una finestra sui classici che animano la cucina di famiglia. (g.s.)


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andrea aprea È arrivata la stella Michelin a illuminare il Vun del Park Hyatt Milano e il suo chef, un giovane napoletano risoluto sia nelle idee che negli obiettivi. Un riconoscimento che premia la sua filosofia di cucina basata sulla qualità delle materie prime, la tecnica, il rispetto delle tradizioni e la ricerca di originalità. Tra i suoi piatti preferiti Il mio orto

La cucina contemporanea che guarda al futuro Barbara Amati

S Il giovane Aprea ha alle spalle una solida esperienza in ristoranti importanti in Italia e all’estero. Da poco più di un anno è l’executive chef del prestigioso Vun, dove propone una cucina ricca di suggestioni, con un solido legame tra tradizione e innovazione. Qui sotto, l’antipasto Il mio orto, composto da una quarantina di ortaggi, erbe, fiori e tuberi di stagione

ul polso destro occhieggia il tatuaggio di un toro, il suo segno zodiacale. Corpo possente e corna ben in evidenza a sottolineare il carattere forte, determinato e caparbio di un cuoco che ha programmato ogni passo e ogni traguardo, che è cresciuto con un obiettivo preciso: diventare un grande chef, uno chef stellato. E ora che questo ragazzone bruno dai profondi occhi scuri e dal sorriso aperto ha conquistato la sua (prima) stella Michelin, la sua gioia è segretamente palpabile. Perché Andrea Aprea è, comunque, riservato, e tiene per sé le proprie emozioni. Anche quando, appena nominato, si è trovato tra le mani un blackberry bollente, una telefonata di congratulazioni via l’altra, dagli amici, dalla famiglia, da altri cuochi: “Per me è un punto di partenza, uno sprone per fare sempre meglio, per crescere, per migliorarmi. Ed è anche un riconoscimento alla carriera, perché quando passi 18 anni tra le più importanti cucine d’Italia e d’Europa allora, per uno come me, si corona un sogno”. Il Vun, uno in milanese, il ristorante del prestigioso Park Hyatt Hotel, nel cuore di Milano, a fianco della Galleria Vittorio Emanuele, ha così conquistato con questo giovane chef napoletano la sua stella. Un traguardo al quale anche il direttore Claudio Ceccherelli aspirava e oggi è, letteralmente, alle stelle: la sua è, infatti, l’unica struttura alberghiera della città a potersi fregiare di questo premio, un riconoscimento per chi,

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come lui, ha creduto che attraverso la qualificazione dell’offerta gastronomica passasse la miglior rappresentazione dei valori del Park Hyatt. Ma il Vun ha bruciato le tappe. Perché Andrea è arrivato nelle cucine dell’albergo milanese come executive chef solo nel settembre del 2011. Segno che la sua cucina ha convinto. Ha convinto i critici della Guida rossa ma, soprattutto, è piaciuta agli ospiti dell’albergo come ai milanesi: in un momento di crisi che tocca un po’ tutti, il Vun (così rinominato dopo l’arrivo di Andrea) sembra un po’ un’isola felice, con un numero interessante di clienti a pranzo e a cena, in un locale che non supera i 40 coperti. Se la Guida Michelin recita, un po’ pedissequamente, “Il Vun è il regno di un giovane cuoco napoletano nella cui cucina troverete echi di piatti e prodotti partenopei, ma, soprattutto, un fenomenale viaggio attraverso i migliori prodotti dello stivale”, esprime comunque l’essenza di ciò che lo chef propone e premia la sua filosofia di cucina basata sulla qualità delle materie prime, la tecnica e il rispetto delle tradizioni, uniti all’eccellenza nel servizio e alla ricerca di originalità. Trentacinque anni, Andrea è figlio di ristoratori:


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Servizio fotografico di Alex Peroli


Andrea aprea

Trentacinque anni, figlio di ristoratori, Andrea Aprea ha una personalità forte, è severo e rigoroso. Con la maturità ha raggiunto un equilibrio e una professionalità che l’hanno condotto a raggiungere ambiziosi traguardi. Sotto, l’antipasto Capesante, porcini, patata dolce, acetosella

mamma e papà hanno un ristorante pizzeria a Napoli, un locale dove fin da giovanissimo comincia a prendere confidenza con la cucina. Ma, dopo il servizio militare, la decisione è presa: viaggiare, “perché viaggiando ti si apre la mente, cominci a capire tante cose, a cercare sempre nuove esperienze. Le passioni, per crescere e per evolvere, vanno coltivate”, filosofeggia. E di esperienze Andrea ne fa diverse, e tutte importanti e formative: dal ristorante Signori a Sirmione, sul Lago di Garda, all’Inghilterra nei Relais Gourmand Restaurant 3 stelle Michelin: Bray on Thames, The Fat Duck Heston Blumenthal; The Waterside Inn Michel Roux and Alain Roux. Poi i bistellati Rossellinis di Palazzo Sasso a Ravello e Ledbury a Londra, l’apertura del ristorante del Bulgari Hotel di Milano con Elio Sironi e il KL Plaza a Kuala Lumpur. Infine, torna a Napoli, dove aveva appena aperto il Romeo Hotel, e qui rimane tre anni come executive chef e lancia il ristorante Il Comandante. “Ogni persona con la quale ho lavorato mi ha dato qualcosa, in positivo e in negativo. Quando si rientra da un’esperienza in altri luoghi e in altre culture, ci si porta a casa un bagaglio ricco non solo di esperienze professionali, ma anche di vita. E arrivi a un certo punto che sei cosciente di quello che sei diventato: sei consapevole di avere acquisito una maturità che ti

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spinge ancora di più a metterti in gioco. Quindi, ecco che a un certo punto scende in campo la tua personalità, frutto di esperienza, di viaggi, di conoscenza, di momenti positivi e negativi, di gioie, di dolori, di tutto…”. Ogni grande cuoco con il quale ha lavorato ha lasciato il segno: “Da Michel e Alain Roux ho imparato una rigida disciplina, un grande rigore, un’attenzione certosina alla materia prima, le basi della cucina classica. Da Heston Blumenthal la proiezione verso il futuro, verso quello che succederà domani, perché lui è già avanti, va oltre. I due anni in Asia mi sono serviti ad approfondire il mondo delle spezie, la cucina asiatica, i suoi sapori e profumi. Grande esperienza anche a Palazzo Sasso dove c’era un forte spirito di squadra e una materia prima straordinaria. Al Bulgari con Sironi, nel 2004, è stata la mia prima esperienza di apertura di un albergo di lusso: una bella emozione e un grande insegnamento. Così, nel 2008, ero pronto ad affrontare da solo l’apertura del Comandante, come executive chef, gestendo la cucina di un grande ristorante e 20 cuochi: a Napoli sono rimasto tre anni ed è stata un’esperienza importante e formativa. Non è per presunzione, ma sentirsi dentro che puoi fare qualcosa significa essere già a metà strada. Poi, c’è sempre l’incognita, nel senso che puoi riuscire o non riuscire, però mettersi in gioco è importante. Naturalmente, occorre poi sapere far funzionare il tutto. Così, la proposta di Claudio Ceccherelli è arrivata al momento giusto. Le cose non capitano mai per caso. C’è sempre un perché. Era un momento della mia vita in cui tante cose stavano cambiando…”. E Andrea racconta di Mara, l’amatissima moglie, salernitana, che sta per dare alla luce la loro prima bambina, Vittoria, che nascerà a fine dicembre. Gli occhi gli si illuminano e ripercorre i nove anni di vita trascorsi insieme: conosciutisi al Bulgari, da allora hanno condiviso anche la vita professionale, finché, appunto, lei non ha vinto il concorso come maestra


di scuola materna trasferendosi a insegnare a Firenze. Così, quando giunge l’opportunità di essere l’executive chef del ristorante del Park Hyatt, Andrea decide “di salire su quel treno: a volte non è facile fare delle scelte, ma quando scegli sai in cuor tuo che hai fatto la cosa giusta. E ne sono contento, perché Milano è una bellissima città, in tanti dicono che è caotica, ma a me non sembra e la trovo a misura d’uomo. È una città che offre tutto e c’è un bel parterre per il quale esprimersi: c’è la moda, l’editoria, il design, la finanza, i giornali e il trend style, perché qui nascono o si recepiscono nuove tendenze che prima o poi riguarderanno il resto del Paese; tutto succede a Milano e tutti passano per il Park Hyatt, talvolta anche solo per uno sfizioso aperitivo sotto la suggestiva cupola di vetro, o un pranzo o una cena di piacere o d’affari”. La cucina attraverso cui lo chef si esprime, Andrea la definisce innovativa, contemporanea e tradizionale. “Innovativa, perché si cerca sempre di trovare nuovi modi per cucinare, per le cotture di carni, di pesce, di pasta. Contemporanea, perché è attuale. Tradizionale, perché comunque la mia cucina parte dalla tradizione. Nei miei piatti si troverà sempre, o comunque nella maggior parte dei casi, qualcosa che appartiene alla tradizione. Più precisamente è una cucina che spazia dal Mediterraneo al nord Italia, ha un’impronta più mediterranea, ma non mi nascondo dietro un brasato, perché mi piace confrontarmi anche con ricette che sono tipicamente del nord”. Una cucina che è il risultato di una scrupolosa selezione delle materie prime: dalla carne di fassona piemontese di produttori selezionati, e poi pesce azzurro, crostacei, alici, aragoste, ma anche molto pesce di lago; e tartufi, funghi, mozzarelle di bufala, una varietà di verdure e un’ampia selezione di pomodorini da fare invidia. Non per niente il piatto che più lo rappresenta è una creazione vegetariana, Il mio orto: “Nasce dalla mia passione per i vegetali e muta a seconda dei prodotti di stagione. Ci sono una quarantina di elementi tra verdure, erbe, fiori, funghi,

tuberi, alcuni cotti, altri crudi, qualcuno disidratato. E poi l’ultimo, creato un anno e mezzo fa, Il dolce e il salato della caprese, che è la caprese vista a modo mio. È una sfera di zucchero e siero di bufala appoggiata su un coulis di pomodori di diverse texture: ci sono un San Marzano e un Corbarino, che è un pomodorino che viene coltivato a Corbara, sotto Ravello, e poi un Pachino siciliano; in più ci sono dei pomodori disidratati da me, un’emulsione di basilico, le acciughe di Cetara, crostini di pane, germogli e semi di basilico, una neve di mozzarella e poi l’olio extravergine di oliva L’Arcangelo di Costantino Russo, prodotto nella penisola sorrentina, un olio che trovo straordinario”. Sono piatti leggeri e di grande equilibrio in cui l’aspetto estetico è fondamentale: semplicità, linearità, geometria e consistenza, una vera gioia per gli occhi. Lo stile di Aprea si basa sulla sperimentazione e sulla continua ricerca di suggestioni: una cucina contemporanea che guarda al futuro senza mai dimenticare le sue origini. “C’è equilibrio tra sperimentazione e rispetto della nostra tradizione gastronomica, un patrimonio che mi permette di essere coraggioso e creativo -ribadisce lo chef- Il segreto sta nel rispettare la materia prima e il suo sapore originale. La creatività si esprime attraverso la sperimentazione di nuove

Il restaurant manager del Vun, Nicola Ultimo, è una presenza costante e affidabile: qui l’esperienza gastronomica si qualifica anche grazie all’ambiente di sobria eleganza e lusso contemporaneo. Il ristorante, pur in momenti non favorevoli come quelli attuali, sembra un po’ un’isola felice, con un numero interessante di ospiti a pranzo e a cena. Tra i piatti più apprezzati dai clienti, il Cervo, bosco e sottobosco

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La hall del Park Hyatt sovrastata da una suggestiva cupola trasparente, è un ambiente accogliente, dove fermarsi per un tè o per un aperitivo gustando le sfiziosità dello chef. La centralità dell’albergo, tra la Galleria Vittorio Emanuele e piazza Duomo, ne fa un luogo ideale anche per gli appuntamenti d’affari

tecniche e abbinamenti il cui risultato finale deve sempre avvicinarsi il più possibile al gusto tradizionale”. E gli ospiti del Vun si complimentano spesso per la carta molto equilibrata: “Il palato di ognuno sceglie il proprio piatto preferito, ma l’Intensità di limone con la sua freschezza è un fine pasto che piace a tutti”. Per Aprea il fine della ristorazione è far star bene i clienti e al Vun, oltre a gustare una cucina leggera e creativa (“Una cucina italiana d’autore”, recita il sottotitolo del ristorante), l’atmosfera è rilassante, grazie a un ambiente dall’eleganza sobria e raffinata, colori caldi e materiali naturali, in cui il restaurant manager Nicola Ultimo si muove sorridente, cortese e professionale. Andrea confessa di avere un caratteraccio: “Sono una persona molto decisa, molto ferma, sono severo ma so mettere le persone a loro agio, sono rigoroso, però quando c’è da divertirsi mi diverto, e

L’antipasto Il dolce e il salato della caprese è l’ultima creazione di Aprea, una sfera di zucchero e siero di bufala appoggiata su un coulis di pomodoro. Accanto, l’intensità di limone, un dessert di grande freschezza 34 | Food&Beverage DICembre 2012

sono anche molto buono di cuore quando bisogna esserlo. Occorre sempre trovare il giusto equilibrio. Mi piace la mia caparbietà, la capacità che ho di affrontare gli obiettivi che mi sono posto con perseveranza, ce la metto tutta per riuscire a fare ciò che ho in mente. È, vero, a volte sono irruente, ma so dominarmi, e se non vale la pena sono capace di farmi scivolare le situazioni addosso. Mi misuro sempre con chi ho di fronte e mi comporto di conseguenza. Qualche anno fa ero molto meno diplomatico, ma oggi, con i carichi di responsabilità che ho, occorre dosare le energie e le parole”. “Oggi che ho ottenuto un risultato importante e riconosciuto, anche la mia famiglia ne è orgogliosa: mia mamma è sempre stata contenta delle mie scelte, mio padre meno, perché a Napoli c’era un’attività da portare avanti, ma negli ultimi tempi si è ricreduto. Certo, per chi ama questo lavoro, per chi ha questa passione, aprire un proprio ristorante rappresenta il sogno nel cassetto. Il problema è che oggi non c’è una sostenibilità economica per aprire un locale di un certo livello, che ha costi di gestione altissimi. Però, se devo essere sincero, io sento questo ristorante come se fosse mio. Per me è un bel periodo, perché si stanno realizzando gli obiettivi che mi sono posto, sia sul lavoro, sia nella vita privata: al Vun mi trovo molto bene e, poi, ho trovato Mara, una persona che mi capisce (e non è facile) e adesso che arriva anche F&B mia figlia Vittoria mi sento... alle stelle”. scheda

Vun del Park Hyatt Milan via Tommaso Grossi 1 20121 Milano tel. +39 02.88211234 fax +39.88211235 www.milan.park.hyatt.com



identità Viticoltori Ponte, tra le province di Treviso e Venezia, è un importante punto di riferimento per il territorio. Cresciuto in immagine e in successo, vanta un legame particolare con il Teatro La Fenice, il cui marchio firma una prestigiosa linea di vini che oggi si amplia con il Rosso Doc Venezia

Teatro La Fenice e Ponte una partnership vincente Barbara Amati

Il leggendario Teatro La Fenice e i duei vini della Doc Venezia: il Pinot Grigio e il Rosso

di riferimento per il territorio e il tessuto sociale in cui opera e per il mercato a cui si rivolge. Il progetto che lega Viticoltori Ponte al Teatro La Fenice è giovanissimo: presentato nell’aprile 2011, propone tre pregiati vini dalla bottiglia evocativa contraddistinti in etichetta dal riconoscibile marchio barocco dorato con la fenice che spicca il volo: Prosecco Doc Millesimato Extra Dry, Rosé Spumante Extra Dry e Pinot Grigio Doc Venezia, ai quali ora si aggiunge il Rosso Doc Venezia, ottenuto con uve merlot, al 90 per cento, e raboso. Vini che sono riservati in Italia al solo canale horeca, mentre all’estero sono distribuiti anche in particolari catene di qualità. Un progetto che ha incontrato l’interesse di un mercato di nicchia e che ha dimostrato una volta di più il dinamismo di un’azienda che, se da un lato è 36 | Food&Beverage DICembre 2012

© Michele Crosera

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uest’anno Il debutto in società del nuovo vino di Viticoltori Ponte, il Rosso Doc Venezia Teatro La Fenice, non poteva avvenire che in occasione di un evento importante: l’apertura della nuova stagione del leggendario teatro veneziano con la rappresentazione dell’emozionante Otello di Giuseppe Verdi, coincisa con l’inaugurazione delle celebrazioni del bicentenario della nascita di Verdi e di Wagner. Due protagonisti, il Teatro e la Cantina, espressione, ognuno a suo modo, di un forte legame con il comune territorio veneto di riferimento e un altrettanto forte impegno nel rappresentare il meglio dell’italianità su un palcoscenico internazionale. Se il teatro è un gioiello del Settecento barocco simbolo di una città unica al mondo come Venezia, la Cantina Ponte di Ponte di Piave (Tv) è uno dei più importanti punti


Massimo Benetello e Valter Menazza, rispettivamente direttore generale e presidente di Viticoltori Ponte. A sinistra, il Prosecco Doc Millesimato Extra Dry, un prodotto che rappresenta con successo l’identità territoriale della cantina. Sotto, il Rosé Spumante Extra Dry, che sta conquistando sempre più estimatori

estremamente legata al territorio, dall’altra ha la capacità e la forza di aprirsi al mondo con idee e progetti innovativi. “Cerchiamo di essere interpreti di una realtà di grande tradizione, ma sempre in evoluzione per garantire un futuro al nostro territorio, ai nostri vigneti e ai nostri viticoltori -ha spiegato Massimo Benetello, direttore generale di Viticoltori Ponte nelle stupende sale Apollinee del Teatro dove si è svolta la conferenza stampa- Ci poniamo come custodi della tradizione e motori dell’evoluzione. Per questo si è cercato un partner prestigioso come il Teatro La Fenice che esprimesse gli stessi valori di tipicità e di identità territoriale che rafforzassero ancora di più questo messaggio”. “La nostra cooperativa ha oltre 60 anni di vita -ha aggiunto il presidente di Viticoltori Ponte, Valter Menazza- le aziende socie (nelle province di Venezia e Treviso) sono medio piccole, e oggi sono coltivate dai figli dei nostri primi soci ed è per loro che dobbiamo guardare al futuro e assolvere alla funzione più importante della cooperativa che è dare valore al loro lavoro con modelli nuovi di commercializzazione e valorizzazione dei prodotti, proponendoci a mercati che assicurano marginalità maggiori per prodotti di qualità, raffinatezza, eleganza. Sentiamo forte la necessità di rendere più evidente il territorio non solo nella qualità dei vini, ma anche con una bella bottiglia che rimanda ad una delle maggiori icone della nostra regione”. La produzione e la commercializzazione dei primi tre vini a marchio Teatro La Fenice, iniziata poco più di un anno fa, ha raggiunto le 40 mila bottiglie, di cui il 90 per cento è rappresentato dal Prosecco Doc che si conferma un importante portabandiera del vino veneto e italiano. Una partnership di soddisfazione per entrambi i protagonisti: per Cristiano Chiarot, sovraintendente del Teatro, “è stato il concretizzarsi dell’ ambizione di collegarsi ad aziende che siano portatrici di valori per puntare al di fuori dei confini

della Laguna. È un’estensione del nostro brand che ci fa conoscere ancora di più in Italia e all’estero avvicinandoci a nuovi potenziali clienti, un’operazione che dà sostentamento al teatro, con il riconoscimento di royalty”. Il supporto annuale generato dal giro di affari di Viticoltori Ponte per l’utilizzo del marchio è di 50 mila euro. Il ritorno in immagine e prestigio per la Cantina è tangibile e ora, oltre all’export in Germania, Inghilterra e Stati Uniti, si sta guardando al Giappone, dove il Teatro La Fenice gode di un’indiscussa fama: nelle tre tournée che il Teatro farà nel Paese del Sol Levante, la linea dei vini Teatro La Fenice l’accompagnerà sviluppando una proficua sinergia. L’obiettivo è di vendere 8-10 mila bottiglie in Giappone. “Abbiamo scelto prodotti che raccontano la nostra cooperativa, seguendo con prontezza l’evoluzione del mercato -ha commentato Benetello- Il Prosecco è il vino di maggior fascino, il Pinot grigio è un elemento importante che quest’anno ha ripreso vigore in consumi e valore, il Rosé Spumante Extra Dry sta godendo del sempre maggiore apprezzamento per i rosati, il Rosso è un merlot giovane e fragrante, in blend con il raboso, dai sentori di frutta matura con note speziate, morbido e dalla moderata spalla acida. Questi ultimi tre prodotti godono della Denominazione Doc Venezia, in particolare link con il teatro”. Per il presidente Menazza, “la scelta di affiancarci a un brand così prestigioso come quello del Teatro La Fenice rappresenta per la Cantina una sfida importante che ci ha spinto a supportare questa strategia migliorando la qualità complessiva dei nostri prodotti, con un’attenzione che si è allargata a tutti i nostri vini. Per adeguare la cantina alle tecnologie più innovative, impegnandoci anche in scelte di tutela e salvaguardia dell’ambiente e di risparmio energetico, abbiamo F&B investito 6 milioni e mezzo di euro”. Food&Beverage DICembre 2012 | 37


premi L’eccellenza dei salumi piacentini si propone come componente di spicco per il successo in cucina e anche nella carriera, come sostiene l’attrice Isabella Ferrari che, con lo chef Massimo Bottura, ha ricevuto il Premio Coppa d’Oro promosso dal Consorzio Salumi Dop Piacentini

Coppa piacentina Dop passepartout per il successo Irene Catarella

P Giuseppe Parenti, presidente della Camera di commercio di Piacenza, consegna il Premio Coppa d’Oro all’attrice piacentina Isabella Ferrari, in riconoscimento alla sua carriera

er Isabella Ferrari, attrice piacentina dalla bellezza raffinata, capace di interpretare ruoli che spaziano dalla ragazza adolescente e contraddittoria alla donna matura piena di passioni, la coppa, tipica della sua città, ha sempre rappresentato la festa, una festa quotidiana. Infatti, non solo due fette di coppa erano sempre pronte ad aspettarla quando tornava a casa, ma erano l’inizio di qualsiasi pranzo degno di questo nome. Anche quando Isabella è partita per la sua avventura lavorativa, ha avuto sempre la coppa in valigia: “Era la mia coperta di Linus, dal profumo di casa e che, spesso, mi ha facilitato contatti importanti, perché ai pranzi di lavoro non mancavo mai di portarne una, suscitando l’apprezzamento di chi era con me”. Chi più di Isabella Ferrari, dunque, poteva essere “meritevole” del Premio Coppa d’Oro, promosso dal Consorzio Salumi Dop Piacentini e voluto dal suo presidente Roberto Belli? Durante la cerimonia che l’ha vista insignita, insieme al tristellato Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena, all’Università Cattolica Facoltà di Agraria di Piacenza e alla Trasmissione Decanter di Rai Radio 2, la Ferrari ha confidato come lungo il corso della sua vita avesse

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capito che con la coppa piacentina poteva arrivare dappertutto: “È stata il mio passepartout. È il sapore per me più importante, a cui sono più legata, il più commovente, tanto che forse è stata proprio la coppa piacentina che mi ha portato a vincere la coppa Volpi e forse non sarei Isabella se non fossi nata a Piacenza”. Questo inno al legame con le radici del territorio è stato il fil rouge che ha caratterizzato gli interventi dei relatori della VI edizione del Premio intitolata L’Ottimismo della Qualità nel suggestivo Teatro Municipale di Piacenza. Giuseppe Parenti, presidente della Camera di commercio di Piacenza, ha ribadito come la qualità giochi un ruolo decisivo per superare questo particolare momento di crisi, perché solo i prodotti, come la Coppa piacentina, che possono vantare questo


Premiato anche lo chef Massimo Bottura de l’Osteria La Francescana di Modena. Sotto, Roberto Belli, presidente del Consorzio Salumi Dop Piacentini che promuove la Coppa d’Oro, giunta alla sesta edizione

valore, sono destinati a reggere alle contrazioni dei mercati: “La qualità è legata alla laboriosità, alla tenacia e alla concretezza tipiche della tradizione contadina e soprattutto dei piacentini che hanno saputo innestarvi la capacità di innovazione e il coraggio di intraprendere”. Il professor Daniele Fornari, docente di Economia all’Università Cattolica di Piacenza, ha ribadito come la scelta del titolo metta insieme due parole chiave importanti per le sfide difficili: un ottimismo, di fronte alla crisi che dura da più di quattro anni, non di facciata e basato su una cieca fiducia nel futuro, ma vitale e consapevole, fondato sulla coesione, sulla volontà della passione, sul coraggio, su quei valori che continuano a caratterizzare le aziende eccellenti; la qualità, invece, è soprattutto riferita al mercato della Coppa piacentina e sintetizza da un lato gli standard dei disciplinari produttivi e dall’altro esprime la capacità distintiva dei prodotti d’eccellenza di soddisfare i bisogni sia oggettivi sia soggettivi dei consumatori. La relazione di Fornari ha messo in evidenza i risultati raggiunti dai salumi piacentini Dop che negli ultimi quattro anni hanno registrato un tasso di sviluppo medio pari al 5 per cento, con la prospettiva, per l’anno in corso, che la produzione di Coppa possa raggiungere un livello storico di 620 mila chili, decisamente superiore a quello del periodo precrisi. Alla luce di questi dati Nicola Silvestri, giornalista e coordinatore della serata, ha giustamente sottolineato come essi alimentino l’idea di un ottimismo praticato con intelligenza e non con faciloneria, con il moto del cuore e la voglia concreta di fare: “Ποιέω in greco è la radice di poesia, ma significa ‘fare’: ecco che c’è un collegamento tra la poesia, ossia l’emozione, e l’agire. Inoltre, la parola emozione deriva dal latino ex movere, ossia ‘muove-

re da dentro’, da quello che sappiamo, dalla nostra spiritualità, dal territorio che abitiamo e che costituisce le radici di quello che siamo e dei nostri valori”. Il giornalista Paolo Marchi, infine, ha messo in evidenza che bisogna unire le forze per andare nel mondo. Tutti gli interventi hanno voluto disvelare la natura vera dei prodotti territoriali, come la coppa piacentina, che sono il risultato di un processo storico collettivo, di accumulazione di conoscenza, basato sulla combinazione di risorse territoriali distintive sia di natura fisica che antropica, che genera un legame forte, unico e riproducibile solo con il territorio di origine. Ne consegue che la relazione con il territorio non è puramente fisica, ma anche umana, in quanto si configura come un patrimonio di saperi e di pratiche locali condivisi che contribuiscono a generare un processo di costruzione sociale della qualità. Con Davide Groppi e le sue luci che illuminano i piatti dei migliori ristoranti si è parlato dello spettacolo della qualità, mentre lo chef Bottura ogni giorno traduce la cultura e le tradizioni in piatti, invitando gli ospiti a far “viaggiare” il palato, grazie all’utilizzo di materie prime e prodotti preziosi come la coppa piacentina. “La cucina italiana ha conquistato il mondo e non c’è un angolo di terra dove non ci sia un piatto, un ristorante che non si identifichi con il nostro Paese. Cuochi, contadini, artigiani, critici, ristoratori, appassionati, qualunque sia il nostro ruolo nel rapporto con il cibo, dobbiamo credere che la nostra cucina sia così importante da proiettarci nel futuro? Secondo me, sì, perché penso che la cucina italiana abbia le doti per rigenerare tutto il nostro tessuto agricolo, economico e sociale. Il cuoco del futuro dovrà entrare in cucina con le mani sporche di terra, profumando del latte F&B delle mucche appena munte”. Food&Beverage DICembre 2012 | 39


chianti L’azienda reinterpreta in chiave contemporanea un’icona toscana senza tempo per il suo Chianti Docg Superiore 2011. Un fiasco rivisto nei materiali quanto nella linea, ma che rimanda a quello che in passato ha accompagnato in Italia e nel mondo il nome del Chianti

Oggi come ieri. Ruffino reinterpreta il fiasco Barbara Amati

U Il nuovo Chianti Ruffino vanta un’elegante immagine che richiama gli storici colori blu dell’azienda

na bottiglia di forma panciuta abbracciata dall’impagliatura. Questo è ciò che si dovrebbe dire dovendo dare la definizione di “fiasco”. Ma il fiasco di vino è molto più della sua descrizione. È una parte di storia del nostro Paese e della Toscana in particolare. È la cultura contadina che diventa tradizione e si trasforma in simbolo di convivialità, allegria, amicizia: le sue origini risalgono al periodo rinascimentale toscano, infatti, se ne vedono tracce già nel XIV secolo in due novelle del Decamerone di Boccaccio, in alcune opere del Botticelli e del Ghirlandaio. Insomma, il fiasco è una delle tante icone che caratterizzano l’Italia e il Chianti, al punto da essere stato strumento per la conoscenza del vino toscano nel mondo. Ed è proprio sull’onda della tradizione e del legame indissolubile tra il fiasco e il Chianti, che ha contribuito a rendere Ruffino un riconosciuto sinonimo di vino toscano di qualità da oltre 135 anni, che l’azienda toscana, oggi di proprietà di Constellation Brands, ha reinterpretato in chiave contemporanea questo contenitore, abbandonato da una ventina d’anni, con un restyling che rispetta le linee iconiche e senza tempo che abbiamo tutti nel nostro immaginario visivo. Il nuovo fiasco vanta una rinnovata ed elegante immagine che richiama gli storici colori blu di Ruffino: il formato della bottiglia è da un litro, quindi snellito rispetto al tradizionale fiasco da 1,5 litri, e destinato a ristoranti ed enoteche; inoltre, contiene un vino Chianti Docg Superiore della vendemmia 2011 al fine di rispettare lo storico binomio Chiantifiasco e di elevarlo in qualità, complessità e piacevolezza. La paglia oggi è carta certificata Fsc, ma proviene dallo stesso fornitore che da oltre un secolo collabora con Ruffino, esattamente come la vetreria che ha realizzato il nuovo modello in esclusiva; entrambi si trovano a pochi chilometri dalla storica sede dell’azienda a Pontassieve, vicino a Firenze. Fin dalla sua fondazione, nel 1877, Ruffino

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La nuova edizione del fiasco rende omaggio allo storico e vincente passato di Ruffino e si propone a un nuovo pubblico di giovani appassionati. Sotto, Sandro Sartor, amministratore delegato di Ruffino.

ebbe la grande intuizione di associare a questo tradizionale contenitore di uso comune un altro sigillo toscano, il vino Chianti appunto, dando vita così a un binomio indissolubile e creando un inconfondibile segno di territorialità ante-litteram. Grazie al suo Chianti in fiasco, Ruffino fu fra le prime aziende vinicole a solcare gli oceani e a porsi al centro delle tavole di tutto il mondo, diventando un emblema di convivialità e buon gusto italiano. “La nuova edizione vuole rendere omaggio a questo storico e vincente passato e si propone al presente, al suo nuovo pubblico di giovani appassionati, con un approccio rispettoso ma non nostalgico. L’idea -spiega Sandro Sartor, amministratore delegato di Ruffino, sottolineando che, quest’anno, l’azienda è riuscita a concretizzare diversi progetti latenti da anni, e il fiasco è uno di questi- è di innovare nel segno della migliore tradizione, ma nel sacro rispetto di ciò che ha contribuito nel tempo a rendere Ruffino sinonimo di vino toscano di qualità. Un’operazione che per noi è stata tanto delicata quanto voluta e di cui siamo particolarmente fieri”. Proposto dal 22 ottobre, in Italia ne sono state vendute già 40 mila bottiglie, divenendo la seconda referenza più venduta dell’intero portafoglio di Ruffino, mentre in Europa (Gemania, Scandinavia, Svizzera) si è arrivati a 60 mila bottiglie. Segno che si è visto giusto, suscitando interesse e curiosità negli operatori. Per il mercato americano, importantissimo per Ruffino, c’è, invece, ancora bisogno di tempo, perché negli Stati Uniti l’immagine del fiasco di Chianti è ancora legata a un vino di bassa qualità. Benché il fatturato Ruffino provenga solo per il 10 per cento dall’Italia, Sartor è convinto che un vino funziona bene all’estero solo se prima ha successo nel nostro Paese. “I tempi erano maturi per rilanciare il fiasco: ci è voluto un po’ di coraggio, ma siamo stati premiati. È stata un’ operazione simile a quella fatta dalla Fiat con la 500: l’innovazione di un prodotto-icona, rivolto ai giovani,

ai 25-35 enni, che la prima 500 non l’hanno mai avuta, così come, magari, non conoscono il fiasco. E dai test che abbiamo fatto prima di lanciare la nostra proposta, è risultato che i giovani l’hanno visto come un passo in avanti e non come un ritorno al passato. Per noi è stata l’occasione per ritrovare la centralità del Chianti nella nostra tipologia e per parlarne in modo moderno, portandolo al centro dell’attenzione. E sta funzionando al triplo delle nostre aspettative”. “È un’opportunità commerciale enorme, e in un mercato italiano fermo è un grande successo, figlio di idee e strategie chiare e dell’innovazione”, aggiunge Tommaso Alessandri, direttore commerciale e marketing Italia. Ma le novità per l’azienda toscana non si fermano qui: il Rosatello, prima cuvée, tra i vini simbolo che hanno raccontato Ruffino accompagnandone i momenti più significativi (fu inventato negli anni ‘50 un vino “rosa” quando il vino era rosso o bianco: una scommessa un po’ folle, peraltro vinta), arriva ora in edizione speciale. È un Rosatello idoneo alle occasioni di consumo più ludiche e conviviali come un dopocena, gli aperitivi, i finger food, i cocktail, i brunch. La bottiglia ha una forma di cono che ricorda l’antica “goccia” di Rosatello, una nuova etichetta, in cui prevalgono i toni vagamente art-déco, con cromie come il grigio e il rosa e l’inconfondibile sigillo della “rosa”, fino a una diversa concezione del vino che presenta una piacevole effervescenza al palato e toni aromatici ancora più esuberanti. “Il Rosatello -anticipa Sartorfarà da apripista a una nuova famiglia di prodotti, i Momenti, che fra qualche mese lo affiancheranno con la stessa filosofia di base: piacevolezza gustativa, convivialità di consumo, approccio modernista”. F&B

Rinnovato anche il Rosatello, altro vino simbolo dell’azienda, blend di uve cabernet sauvignon e sangiovese vinificate in bianco: un vino “rosa” inventato negli anni ‘50


ristoranti In quel lembo di terra che si allunga da Brescia al Garda dove nascono le pregiate bollicine figlie della rifermentazione in bottiglia, si fa un’ottima cucina. Dal Due Colombe all’Hostaria Uva Rara, i piatti spesso nascono per accompagnarsi ai vini del territorio, nell’esaltazione di entrambi

Tavole di Franciacorta Marina Tagliaferri

D Curtes francae indicava nell’Alto Medioevo le comunità di monaci benedettini della zona

ici Franciacorta e il pensiero corre al perlage sottilissimo e persistente, al gusto piacevolmente sapido e fresco del prezioso vino italiano prodotto esclusivamente con il metodo della rifermentazione in bottiglia, il Franciacorta appunto, e al dolce paesaggio di colline tappezzate di vigneti da cui proviene e da cui prende il nome. In questa terra che abbraccia a sud il lago d’Iseo, in provincia di Brescia, i grandi vini hanno fatto da catalizzatore a una ristorazione altrettanto prestigiosa che si muove tra tradizione e sperimentazione e che si è affiancata negli anni alla gustosa e radicata cucina del territorio, ben espressa in trattorie e agriturismi. All’inizio fu Gualtiero Marchesi, approdato nel 1993 a Erbusco per aprire il suo ristorante gourmand nel Relais & Châteaux L’Albereta. Oggi Franciacorta e cucina di qualità sono un binomio

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vincente, che andiamo a scoprire raccontando cinque ristoranti, profondamente diversi fra loro, ma tutti uniti dal fil rouge del legame profondo con il territorio, che ciascuno rappresenta nel suo personalissimo modo. Un indirizzo da non mancare è quello del Due Colombe Al Borgo Antico di Borgonato. Cuore e mente è Stefano Cerveni, cuoco e pianista jazz, 43 anni di cui già 27 passati in cucina: “È una casa emozionante nella sua semplicità che -dice- ha accolto la mia cucina e la stimola, giorno dopo giorno”. Dall’antico mulino di Rovato (dove, nella trattoria di famiglia, si è conquistato la stella Michelin nel 2008) alle austere pietre altomedievali di Borgo San Vitale, la sua cucina non è cambiata, ma piuttosto si è affinata, si è fatta più essenziale e continua a destare stupore, per il rigore che ne sta alla base, l’uso abile ma non ossequioso della tecnica, l’estrosità e la creatività che non sono mai fine a se stesse. “Per me fare cucina significa ascoltare ogni ingrediente e trattarlo con rispetto, usando tecnica e passione”, spiega il cuoco. Così come nella luminosa sala del ristorante ricavata dal vecchio fienile, antico e moderno si amalgamano in un elegante equilibrio, anche nelle sue creazioni la cucina della memoria (che porta il nome, e l’insegnamento ineguagliabile, della nonna Elvira) e la ricerca si mixano dando luogo a sapori ed emozioni che ne

portano l’inconfondibile firma. “Cerco cose semplici dal sapore emozionale -continua CerveniLa mia cucina parte da materie prime eccellenti, che cerco sia in Italia che all’estero, perché sono convinto che la naturalezza del prodotto sia un importante valore aggiunto. Cerco di affinare i piaceri della tradizione e di ricordarmi sempre da dove arrivo. Nei miei si leggono le mie radici, anche quando lavoro ingredienti che non sono del territorio”. Nella scelta del menu vale la pena di affidarsi a Stefano, che ama stare in sala, raccontare i suoi cibi, confrontarsi con gli ospiti, scegliendo dalle proposte del ricco menu che cambia stagionalmente (sono

Il ristorante Due Colombe Al Borgo Antico, regno di Stefano Cerveni che combina estro creativo, capacità tecnica ed eccellenza delle materie prime. Sotto, la sala della Cucina di San Francesco: qui gli ingredienti essenziali sono fantasia e originalità

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ristoranti

Il giovane Paolo Radici è lo chef del Ristorante Santa Giulia, votato alla sperimentazione culinaria e all’imprescindibile accostamento dei piatti con i vini del territorio. Proposta di punta sono i risotti, come quello con vongole, crema di sedano e riduzione di Curtefranca Rosso Vignenote

sette le new entry in quello del prossimo inverno), oppure gustare I Classici del Due Colombe, che spazia da La patata viola, il gambero rosso e il Franciacorta creato nel 2007 e da allora proposto sempre così, al Manzo all’olio delle Due Colombe con polenta, ricetta che fu il cavallo di battaglia di nonna Elvira. O, ancora, scoprire il microcosmo gus de La nostra creatività, che mette in carta raffinatezze quali Tonno, soia, foie gras o Risotto mantecato al nero di seppia, zenzero, calamari morbidi, e si conclude con il Tortino morbido al cioccolato, cristalli di sale, olio extravergine. “I miei piatti si esaltano con i vini e ho un’attenzione particolare all’abbinamento con i Franciacorta che proponiamo a bicchiere, con un gioco del gusto che diverte e attrae gli ospiti”. I quali hanno il privilegio di affidarsi a Nicola Bonera, Miglior sommelier d’Italia nel 2010, che fra l’altro propone dalla cantina (3.200 bottiglie custodite in una sala climatizzata a 15° e 70 per cento di umidità accanto al ristorante) i Percorsi Scoperta, Curiosità ed Esperienza. Si chiama Villa Calini la grande scommessa di Alessandro Cappotto, 43 anni, noto chef romano il cui nome si è identificato per 17 anni con Castello

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Malvezzi di Brescia, che tre anni fa ha acquistato con la moglie Rossella questa nobile dimora d’origine seicentesca, nel verde della campagna vicino a Coccaglio. Bio, kilometro zero, stagionalità: per lui, “chef al naturale”, non sono termini abusati, ma la filosofia su cui ha impostato il suo lavoro. “Siamo ormai così saturi di tutto -spiega- che anche se ci priviamo di qualcosa non è sicuramente un problema. L’importante è che il cibo sia sano e di qualità. Perciò lo scelgo con cura, do la preferenza a filiere certificate, evito il passaggio della grande distribuzione. E poi lavoro i prodotti il meno possibile, per mantenerne intatta la ricchezza nutrizionale”. Piacevolezza e salubrità sono i pilastri della sua cucina, perfettamente equilibrata e realmente innovativa. Una cucina buona e giusta, ma non banale, sempre sorprendente, sia che ci si avventuri nei tre ricchi menu degustazione (La cucina e le stagioni, L’espressione del territorio, Gourmet), sia che si gustino i due piatti dell’Easy lunch, che sta riscuotendo a pranzo molto successo, o il menu Bio Naturale, esemplificazione più forte della sua impostazione culinaria. Esperto sommelier, Alessandro ama scegliere dalla sua importante cantina i vini da accompagnare ai cibi. “Nella mia carta -raccontahanno un posto di rilievo i Franciacorta che abbino a moltissimi piatti, ma non mancano grandi vini italiani e stranieri, richiesti soprattutto dalla clientela locale”.


Lo chef Ennio Zanoletti all’opera con una sua creazione e la sala della sua Hostaria Uva Rara, ricavata dalla ristrutturazione di un cascinale quattrocentesco. Qui è di casa la cucina locale e l’atmosfera è quella accogliente della tradizione, anche nella selezione dei vini

D’inverno, i tavoli sono apparecchiati in una serie di sale con grandi camini che si inanellano l’una dietro l’altra, d’estate sotto il porticato e nel parco. Nel chiostro del Convento dei Cappuccini di Cologne, quest’inverno faranno bella mostra di sé dei cavoli disposti in geometriche file. A piantarli (come le verdure del grande orto fuori dalle mura del convento), Rosalba Tonelli, che ha ridato vita ai ruderi di questo affascinante complesso cinquecentesco in una panoramicissima posizione sul Monte Orfano e ne ha fatto un luogo di eccellente ospitalità dove, dice, “gli ospiti devono sentirsi come a casa propria”. Suggestive volte, corridoi, ripide scale incuneate fra profonde pareti di pietra viva annunciano grandi saloni e spazi più raccolti, portano alle stanze dove si dorme nel silenzio più assoluto, e conducono alla Cucina di San Francesco, il ristorante che imbandisce piatti che spaziano liberamente dalla cucina locale a quella internazionale reinterpretati con fantasia dai cuochi del Cappuccini Resort sotto l’attenta guida di Rosalba che ha dato la propria impronta anche alla cucina. È lei, infatti, a sovraintenderla, affiancata dal figlio Marco Pellizzari, addetto agli acquisti, responsabile della sala e appassionato sommelier, a cui si deve la carta dei vini ricca di 700 etichette. “Fra le proposte per la stagione fredda che abbiamo in menu -racconta Rosalba- ci sono la Cipolla ripiena di fonduta al tartufo, il Risotto mantecato al Fran-

ciacorta con finferli, porcini e croccante di speck, i Maccheroncini di pasta fresca al torchio con spinacino e crema di fatulì, la Faraona farcita alla bresciana con patata croccante, le Mele renetta al forno con pinoli, uvetta e zabaione caldo”. “Negli abbinamenti privilegio i Franciacorta, eccellenti vini da tutto pasto -aggiunge Marco- A volte, il fatto che si abbinino perfettamente a tutte le portate è per gli ospiti che vengono da altre zone una piacevole sorpresa”. Sono colorati, allegri, creativi i piatti che Paolo Radici, 34 anni, bergamasco, crea con la sua giovanissima brigata al Ristorante Santa Giulia, racchiuso nell’omonimo Borgo di Timoline, recentemente acquistato dalla famiglia Rizzi di Pisogne, che ne ha fatto un relais di charme e la sede dell’azienda Vignenote, fra le più interessanti cantine new entry in Franciacorta. “Molta armonia fra di noi, voglia di fare, sperimentare”, così spiega Paolo la sua cucina e il suo lavoro, che ben si esprimono nei due Menu degustazione (a base di carne o di pesce) in cui propone quello che il suo estro e la stagione gli ispirano. L’abbinamento di rigore è con i Franciacorta della casa, che riposano nell’attigua cantina, che val la pena di visitare. I risotti sono il must del ristorante, da quello inconsueto alla zucca con liquirizia in polvere a quello con vongole, crema di sedano e riduzione di Curtefranca rosso Vignenote. E poi, puntando sulla carne, ecco la Scaloppa di fois gras d’anatra con confettura di


ristoranti indirizzi gourmet

Cucine d’eccellenza

La sala di Villa Calini, dove lo chef Alessandro Cappotto punta tutto al naturale: cibo bio, filosofia del chilometro zero e ciclo stagionale sono la prerogativa della sua cucina, alla quale si possono accompagnare non solo i Franciacorta, ma anche altri grandi vini italiani e internazionali

mango e pan brioche all’uvetta o il Secreto di vitellone con porri stufati, chorizo e cipolla di Tropea; e sul pesce le Seppioline confit con crema di ceci e scalogno candito o la Scaloppa di storione con pilaf di fregola sarda alla mediterranea. Cucina bresciana, alleggerita e interpretata dallo chef-patron Ennio Zanoletti, è quella dell’Hostaria Uva Rara di Monticelli Brusati, ospitata in un cascinale del ‘400 acquistato e pazientemente restaurato alla fine degli Anni ‘90. Qui si cena sotto antiche volte con muri in pietra a vista riscaldati dal fuoco di un camino monumentale e, d’estate, in un raccolto dehor. A dare

Ristorante Due Colombe al Borgo Antico 25046 Borgonato di Corte Franca (Bs) tel. 030.9828227 stefano@duecolombe.com Ristorante Villa Calini via Ingussano 19 25030 Coccaglio (Bs) tel. 030.7243574 info@villacalini.com Cucina di San Francesco - Cappuccini Resort via Cappuccini 54 25033 Cologne (Bs) tel. 030.7157254 info@cappuccini.it Ristorante Santa Giulia via Brescia 3/a 25040 Corte Franca (Bs) tel. 030.9828348 accoglienza@borgosantagiulia.it Hostaria Uva Rara via Foina 42 25040 Monticelli Brusati tel. 030.6852643 info@hostariauvarara.it

il benvenuto in sala il sorriso di Daniela, moglie di Ennio, perfetta padrona di casa, abile sommelier e figlia d’arte (viene da una famiglia di ristoratori emiliani) che conduce il locale con passione e dinamicità. Veramente familiare, nel senso più bello e autentico del termine, è la loro Hostaria, dove la cucina bresciana viene raccontata nei suoi piatti più golosi e nei suoi prodotti più tipici, dai salumi ai formaggi. Provengono dai boschi vicini i funghi che compongono la Variazione di porcini panati, grigliati e trifolati, che per la stagione fredda Ennio prepara accompagnati dall’immancabile Polenta Belgrano di Castegnato e le castagne con la cui farina impasta le Tagliatelle di pasta fresca al ragù di lepre e coniglio. “Ma anche i vini del territorio entrano spesso nei nostri piatti: sono un patrimonio importante e noi li valorizziamo, anche in cucina -ribadisce Daniela- Uno dei nostri piatti di punta, che abbiamo in carta da sempre, è il Risotto al Franciacorta e tartufo nero in cialda di Grana. Il Curtefranca, corposo Rosso franciacortino, è alla base del ristretto che insaporisce, con i mirtilli, la Costoletta di cervo. E il Franciacorta, che è di difficile abbinamento con i dolci, è però ottimo per elaborare alcuni dessert, come ad esempio l’aspich di fragole e Franciacorta con la sua granita, che proponiamo con la bella stagione”. Ed è sempre Daniela a guidare nella scelta dei vini che custodisce nella sua bella cantina, dove la Franciacorta è protagonista con etichette F&B blasonate ed emergenti.



carni L’Ente governativo d’Irlanda dedicato allo sviluppo dei prodotti alimentari dell’isola e alle loro esportazioni ha creato il programma Origin Green. Una carta della sostenibilità per valorizzare ancor di più l’elevata qualità delle carni esportate, già sottoposte a severi controlli

Bord Bia, qualità, controllo e rispetto per l’ambiente Barbara Amati

F

iorella Mannoia, in una delle sue più belle interpretazioni, Il cielo d’Irlanda, in un passaggio cantava “...Ti annega di verde e ti copre di blu, ti copre di verde e ti annega di blu...Il cielo d’Irlanda è un enorme cappello di pioggia...”. Ed è proprio così. Il verde di questa meravigliosa isola è contrastato solo dal blu del cielo o dalle nuvole scure cariche di pioggia. Cinque milioni di ettari sui quasi

sette complessivi, infatti, sono verdi e sono destinati a uso agricolo e l’80 per cento di tale superficie è pascolo per il bestiame, e che pascoli! L’Irlanda non si può certo elogiare per il clima d’impronta oceanica, ma la temperatura che oscilla tra pochi gradi sotto zero nei brevi inverni e i 20 gradi in estate, unita alle frequenti precipitazioni (in alcune zone arrivano a più di 250 giorni l’anno), favoriscono lo sviluppo e il continuo ricircolo di pascoli rigogliosi, a vantaggio del bestiame. Questo è un aspetto molto importante su cui punta fin dalla sua fondazione, nel 1994, il Bord Bia Irish food board. Si tratta dell’Ente governativo irlandese dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari (carni in particolare), bevande e prodotti ortofrutticoli. Di recente, Bord Bia ha dato il via a un importante programma di sviluppo sostenibile per l’industria food & beverage irlandese: Origin Green. L’obbiettivo è quello di creare una carta della sostenibilità che affermi l’impegno dell’industria irlandese a ridurre i consumi di energia minimizzando l’impronta di CO2 e mitigando l’impatto sull’ambiente. Da uno studio internazionale commissionato da Bord Bia, infatti, è emerso che la sostenibilità è in


Il ruolo di Bord Bia è quello del collegamento tra i fornitori irlandesi e i clienti di tutto il mondo per promuovere i prodotti alimentari dell’isola

linea con i principali brand e retailer. “I food retailer hanno adottato strategie di 5-10 anni in tema di sostenibilità per il loro ciclo di approvvigionamenti e si rivolgono a fornitori che possano aiutarli a raggiungere i loro obiettivi e a dimostrare le loro credenziali di sostenibilità -afferma Aidan Cotter, Ceo di Bord Bia- Il progetto Origin Green consentirà all’industria food & beverage irlandese di dare prova del proprio impegno in termini di sostenibilità, oltre a fornire le evidenze che retailer e fornitori di servizi nel settore food in tutto il mondo stanno cercando”. L’Irlanda con questo progetto punta entro il 2014 a portare le adesioni delle aziende esportatrici a Origin Green dall’attuale 45 per cento al 75 per cento. Tutto questo viene fatto anche per valorizzare un prodotto, la carne irlandese, le cui caratteristiche e proprietà sono uniche, sia per l’ambiente in cui crescono, sia per la tipologia di filiera. “L’allevamento di bovini e ovini in Irlanda si basa sul concetto di pascolo estensivo, ossia essenzialmente sul foraggio, con il bestiame al pascolo durante l’estate e durante l’inverno approvvigionato di fieno o silaggio o di entrambi -ha spiegato Padraig Brennan, senior analyst Bord Bia- Ma essendo la stagione invernale piuttosto breve e mite, il bestiame è ricoverato nelle stalle da metà novembre a metà marzo, e i mesi rimanenti gode dello spazio aperto e dei pascoli ricchi di erba. All’interno delle mandrie, inoltre, l’incidenza di alimentazione di foraggio che non sia erba è molto bassa, circa la metà rispetto ai sistemi di altri Paesi”. Ma a caratterizza-

re la tenerezza e il gusto della carne irlandese è anche la tipologia di animale, manzo di prima qualità le cui razze derivano quasi sempre da incroci tra tori magri e ben conformati di origine continentale e femmine di razza tradizionale irlandese. Un altro fattore determinante è l’età da macello che è scesa in modo significativo. Poi non è da trascurare la filiera. Oltre il 98 per cento delle mandrie irlandesi vengono vendute direttamente al macello, dove arrivano in un lasso di tempo che va da meno di un’ora a tre, riducendo al minimo lo stress dell’animale. Tutti questi accorgimenti e metodologie di allevamento conferiscono un profumo, un gusto e una morbidezza della carne dopo la cottura davvero unici. E proprio per preservare e garantire queste caratteristiche, le carni irlandesi sono sottoposte a severi controlli anche in tema di esportazione. L’Italia è il terzo mercato più importante per la carne bovina irlandese, con circa 50 mila tonnellate. Inoltre, quest’anno, la carne bovina irlandese sarà tra gli ingredienti che verranno utilizzati nel corso della competizione gastronomica francese Bocuse d’Or. La finale del concorso si svolgerà il 29 e 30 gennaio 2013 a Lione, durante il salone mondiale dell’alta ristorazione Sirha: 24 candidati internazionali si affronteranno per dimostrare il loro talento culinario, esaltando le qualità del filetto di manzo proveniente dai pascoli d’Irlanda, particolarmente apprezzato per la tenerezza, il F&B gusto e la consistenza.

Le aziende che partecipano al progetto Origin Green si impegnano ad attuare un piano d’azione ben preciso, stabilito dall’azienda stessa in base a linee guida che rispondono a chiari obiettivi di sostenibilità, come ha spiegato Padraig Brennan, senior analyst Bord Bia

Food&Beverage DICembre 2012 | 49




BOLLICINE Cene a tema, eventi, aperitivi: le maison sono molto attive nella promozione dei loro brand e si avvalgono della competenza degli chef per abbinamenti anche inusuali che diano risalto a etichette di pregio.

In aumento i giovani, curiosi e sensibili al fascino dello Champagne

Champagne e ristoranti un’alleanza preziosa

A Nel consumo di Champagne gli italiani si distinguono per preferire cuvée di pregio

mmettiamolo. Il fascino dello Champagne è irripetibile, unico. Non solo perché, rispetto a tutti gli altri vini spumanti prodotti nel mondo, quello francese gode di una situazione particolare dovuta a un contesto geografico al limite della coltura della vite per uva da vino (siamo al 49° parallelo…): un clima che risente dell’aria atlantica e una composizione del terreno di origine marina con uno strato di gesso che arriva fino a 300 metri di profondità, dove la presenza di minerali fossili come la belemnite assicura accumulo e drenaggio. La fama dello Champagne è dovuta anche e soprattutto al suo lungo e minuzioso lavoro di posizionamento sul mercato e alla grande capacità dei francesi di valorizzare questo vino esclusivo, lavorando senza tregua per tutelare nome, marchi e processi di produzione in ogni

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Paolo Becarelli


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parte del mondo. Non è un caso che dagli Stati Uniti al Giappone, dall’Australia alla Svezia, lo Champagne rappresenti un mito: l’orgoglio, il senso della grandeur, lo spiccato eno-nazionalismo dei francesi sono stati determinanti a celebrarne virtù e leggenda. Il crescente consumo ne conferma sul campo la supremazia mondiale: nessun altro spumante può infatti eguagliare la cifra di 141 milioni bottiglie uscite lo scorso anno dai confini francesi, ma, soprattutto, il loro valore medio, che porta a oltre 4 miliardi di euro le entrate dell’export dello Champagne. Nella classifica dei maggiori estimatori di bollicine francesi, con 7,6 milioni di bottiglie (dati 2011) noi italiani non solo occupiamo il quarto posto fra i Paesi importatori in Europa e il sesto nel mondo, ma siamo anche fra coloro che ne apprezzano le bottiglie più esclusive. Secondo i dati forniti dal Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (Civc), ben il 12 per cento degli Champagne venduti nel Belpaese sono bottiglie “speciali”. Al primo posto i rosé (6 per cento), a conferma di una tendenza, quella del bere rosa che, dopo aver affascinato il mondo femminile, in pochi anni si è radicata anche nelle abitudini dei consumatori maschi più attenti. E le cuvée di alta gamma, ossia quelle più ricercate (e generalmente costose), li seguono a ruota (5 per cento). Se non bastassero questi numeri a confermare la predisposizione degli italiani per le bottiglie prestigiose, sempre il Civc fa anche

Con un consumo di 7,6 milioni di bottiglie gli italiani occupano il primo posto fra i Paesi importatori in Europa, apprezzando soprattutto le cuvée più esclusive

notare che il 7 per cento degli Champagne consumati sono millesimati, cioè ottenuti da una sola vendemmia, proprio per dar risalto all’eccellenza della vendemmia stessa. Champagne da intenditori, insomma, riservati a chi è disposto a spendere un po’ di più pur di assicurarsi un vino di qualità e caratteristiche organolettiche superiori. Food&Beverage DICembre 2012 | 53


In Italia il 55 per cento degli Champagne è stappato in ristoranti ed enoteche. È un consumo che si sta estendendo a tutti i mesi dell’anno grazie all’impegno delle maison, all’organizzazione di eventi, cene, degustazioni

Nella promozione dello Champagne, la parte del leone spetta alla ristorazione. Nel canale horeca viene infatti stappato il 40 per cento delle bottiglie e questa percentuale sale al 55 per cento se si aggiungono le enoteche. Non è un caso: il ristorante è il luogo privilegiato per trovare e degustare bottiglie particolari e dove anche quelle “base” trovano sempre un’opportuna collocazione nel contesto del menu. Ed è nei ristoranti che si sta tentando di destagionalizzare il consumo di bollicine, passando dal “botto” di compleanni e cene di fine anno a più meditati e consapevoli accostamenti giudiziosi durante tutto l’arco dell’anno. Spesso sono i patron o i loro sommelier a giocare un ruolo determinante nel successo dello Champagne a tavola e a divenirne entusiasti ambasciatori. Come Piero Pedrocchino (dell’omonimo locale di Salice, Pn), che ha addirittura disegnato e si è fatto produrre flûte di grandi dimensioni affinché lo Champagne non si scaldi nel bicchiere e in bocca possa entrare in una sorsata generosa. Con carte dei vini intelligenti, articolate per proposte e prezzi, invogliano il cliente a provare e sperimentare non solo al momento dell’aperitivo, e con la loro passione e competenza determinano un valore aggiunto incalcolabile, apprezzatissimo anche da chi è già avvezzo a millesimi rari e cuvée particolari. In collaborazione con i ristoratori, inoltre, le maison danno vita a eventi

e a periodiche cene promozionali a tema Champagne che riscuotono consensi crescenti tra i clienti e che hanno il merito di dare spazio e visibilità a selezioni, cuvée e annate. Ed è curioso constatare che sono molti i giovani a partecipare a questi incontri, a dimostrazione che c’è un maggior interesse per le bollicine francesi anche fra chi non ha solitamente una capacità di spesa elevata: occorre solo lavorare insieme -distributori, importatori e ristoratori- ed ecco che queste serate diventano un formidabile strumento di promozione e comunicazione. Parallelamente, c’è da segnalare che nelle enoteche e nei bar di città lo Champagne fa tendenza ed è oggi di gran moda, se proposto con ricarichi intelligenti e con un assortimento invogliante: e chi ama le bollicine, ma anche chi cerca qualcosa di diverso dai classici happy hour milanesi a base di cocktail e buffet, apprezza. A Milano, ad esempio, molti grandi alberghi hanno inaugurato una loro champagneria: il Chiostro Pommery all’Hotel Four Seasons, il Principe Champagne Bar al Principe di Savoia, il Dom Pérignon Lounge Bar al Bulgari… E per chi ama flûte prestigiose ma preferisce un ambiente più informale, sempre nel capoluogo lombardo ci sono anche bar à Champagne dove si incontrano per l’aperitivo neofiti e intenditori, come l’enoteca Rosso Borsieri, al quartiere Isola, o La Coloniale in zona Navigli. Luoghi dove lo Champagne rimane un mito, ma dove certo ne viene smitizzato il consumo, rendendolo accessibile a un più F&B vasto numero di estimatori.

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BOLLICINE


Perché scegliere... Ayala & l’Osteria dei Girasoli

Brut Nature con il filetto di maiale all’aceto balsamico Decisamente Franco Cerrato, chef patron dell’Osteria dei Girasoli, ristorante aperto nel cuore del comprensorio ceramico di Sassuolo, nel modenese, le bollicine le ha nel Dna. Innanzitutto perché è nato in terra di Lambrusco, lo “spumante nero”, poi perché prima di cimentarsi ai fornelli e aprire un suo locale aveva una birreria artigianale, infine perché ha scoperto che lo Champagne ha talmente tante sfaccettature che meritano di essere approfondite. Soprattutto a tavola, con accostamenti che valorizzino la sua cucina di territorio e tradizione emiliana, ma in cui è ben presente anche il pesce. Nel suo locale d’impronta minimalista, lo Champagne Ayala è sempre ben presente. Della maison di Ay, nel cuore della Montagne de Reims, celebre per vinificare soprattutto uve provenienti da Grand Cru e Premier Cru, Cerrato non si fa mai mancare il Brut Nature e il Rich Majeur. Entrambi realizzati con il 40 per cento di Pinot nero, 40 per cento di Chardonnay e 20 per cento di Pinot meunier, i due Champagne Ayala hanno però un carattere nettamente diverso grazie al differente apporto zuccherino della liqueur: fine, nervoso e con un leggero sentore iodato molto rinfrescante il primo, più potente, vinoso e complesso il secondo. “Il Brut Nature lo preferisco come aperitivo e lo abbino volentieri ai salumi emiliani o al Parmigiano con aceto balsamico di Modena tradizionale -sottolinea lo chef- mentre il Rich Majeur lo servo anche a tutto pasto sia in menu di pesce che di carne. È eccellente sposato al raviolone di ricotta e Parmigiano stravecchio condito con spinaci e pancetta e con il filetto di maiale bardato con guanciale e aceto balsamico, oppure con la mia tartare di ricciola e il pesce spada con verdure croccanti”. Il matrimonio tra cucina e vino all’Osteria dei Girasoli è sancito dalla presenza di una ricca cantina a vista dove Cerrato conserva gelosamente le selezioni di circa 25 maison differenti “perché utilizzo solo materie prime d’eccellenza -conclude lo chef- e credo che queste debbano essere valorizzate al meglio con vini di classe. A partire, appunto, dagli Champagne più prestigiosi.” Osteria dei Girasoli, via Circonvallazione Nord/Est 217 Sassuolo (Mo), tel. 0536.801233, info@osteriadeigirasoli.com www.osteriadeigirasoli.com

...Champagne Ayala amministratore delegato del

Gruppo Meregalli

Marcello Meregalli

Nel locale d’impronta minimalista di Franco Cerrato, l’Osteria dei Girasoli, lo Champagne Ayala, che si accosta alla sua cucina di territorio e tradizione

Dal 1860 Ayala produce splendidi Champagne e ora che è entrata a far parte dell’orbita Bollinger ha migliorato ancora di più la qualità e stanno arrivando riconoscimenti e premi da tutto il mondo. Inoltre, vanta una gamma ampia e con molte chicche come il Rich Majeur o lo Zero Dosage. Il tutto con lo stile di una grande maison, ma con prezzi decisamente accessibili.

Champagne Ayala è importato dal Gruppo Meregalli www.meregalli.it Food&Beverage DICembre 2012 | 55


Perché scegliere... ...Champagne Bollinger presidente del

Gruppo Meregalli

Giuseppe Meregalli

Bollinger è il prodotto di punta della nostra azienda proveniente da una delle più grandi maison di Champagne. Già il suo entry-level, la Special Cuvée, è un prodotto di altissimo livello. Inoltre, è il fornitore ufficiale della Casa Reale inglese ed è lo Champagne preferito da James Bond. Tutti questi elementi non possono che aumentare il prestigio della carta vini di un ristorante. Ottima qualità-prezzo, ottima reputazione... perché non comprarlo?

Champagne Bollinger è importato dal Gruppo Meregalli, www.meregalli.it 56 | Food&Beverage aprile DICembre 2011 2012

Bollinger & Aemilia

Special Cuvée magnifico con le crudité Nel 1911 l’importatore inglese di Bollinger, maison rinomata perché usa uve pinot nero provenienti dai territori vocati di Ay, Bouzy e Verzenay per conferire ricchezza, vinosità e rotondità ai suoi Champagne, propose di nominare Special cuvée le bottiglie sans année che avrebbe dovuto vendere in Inghilterra. Riteneva, infatti, che quella dicitura fosse di più facile comprensione per i suoi compatrioti, poco avvezzi alla terminologia francese. L’intuizione ebbe un tale successo che la Special Cuvée (25 per cento Chardonnay, 15 per cento Pinot meunier e 60 per cento Pinot nero) divenne presto lo Champagne più richiesto della maison Bollinger. Non solo in Inghilterra: anche in Italia, dove ha, ad esempio, conquistato il palato di Domenico Catellani, patron di Aemilia, elegante locale double face (ristorante sotto, pizzeria sopra) di Reggio Emilia, proprio sulla via Emilia. Un colpo di fulmine, quello fra la Special Cuvée Bollinger e Catellani, scoccato lustri orsono e mai dimenticato, perché “è uno Champagne poco aggressivo, garbato; lo posso bere in qualsiasi momento, come antipasto e a tutto pasto, e mi fa sempre compagnia. In altre parole è davvero piacevole”. Oggi Catellani abbina la Special Cuvée ai piatti di pesce, che rappresentano l’80 per cento delle richieste dei suoi clienti. Ad esempio, con le crudité (gamberoni, scampi, branzino, tonno e ricciola conditi semplicemente con olio) e il salmone marinato oppure, fra gli antipasti caldi, con il sontuoso misto di capesante gratinate, polpo, spiedino di tonno e alici in tre versioni (saor, ai ferri e marinate al limone con delle trigliette). “Lo trovo ottimo anche con i primi -aggiunge Catellani- dai ravioli di branzino agli spaghetti alle vongole, ai risotti al nero di seppia o ai frutti di mare che, non per vantarmi, sono la mia specialità. Con le carni preferisco invece i rossi, anche perché nel mio ristorante ne vanno così poche bottiglie”. I clienti di Aemilia sembrano apprezzare le preferenze enologiche del patron, anche grazie a una politica di ricarichi oculati: “Con la crisi la gente è più attenta a quanto spende e se si vuol far girare la cantina bisogna fare una politica dei prezzi ragionata. La mia sembra premiante. Sere fa ho avuto come clienti alcuni giovani modenesi. Conoscevano la mia cucina, ma, soprattutto, sapevano che nel mio locale potevano pasteggiare a tutto Special Cuvée. Ed è forse anche grazie a Bollinger che la mia fama ha varcato i confini di Reggio Emilia…”. Ristorante Aemilia, via De Chirico 36/C, Reggio Emilia, tel. 0522.946514, info@ristoranteaemilia.it www.ristoranteaemilia.it

Domenico Catellani, patron dell’Aemilia, predilige Bollinger, poco aggressivo e garbato, piacevole a tutto pasto


Perché scegliere... Jacquart & Il Pedrocchino

Brut Mosaïque, perfetto con i crudi e i frutti di mare Per lo Champagne, Piero Pedrocchino nutre una vera passione. Da quando lo ha scoperto, circa 35 anni fa, non ha mai smesso di apprezzarlo, degustarlo, studiarlo, ricercarlo: addirittura si è fatto fare una speciale flûte di quasi un litro di capacità per assaporarlo meglio. È con questa che lo propone ai clienti del ristorante che a Sacile (Pn) porta il suo nome: Il Pedrocchino. Una raffinata cucina di mare (ai fornelli c’è il figlio Paolo) che strizza l’occhio alle grandi materie prime come il tartufo, in un’antica dimora patrizia veneto-friulana dalle salette con travi a vista e caminetti. Ma, soprattutto, con una cantina del XV secolo dove riposano migliaia di bottiglie di Champagne perché, come spiega Piero, “è vero che uno Champagne fresco e dai profumi fruttati è estremamente piacevole, ma alcune bottiglie danno il meglio di sé solo anni dopo la sboccatura. È allora che i sentori evolvono dalla frutta acerba a quella matura o addirittura cotta e diventa percepibile una nota semiossidata che dona al vino grande complessità”. Come nelle cuvée Brut de Nominée 1990 di Jacquart, di cui Piero Pedrocchino nel 2000 ha acquistato ben 2.500 magnum: “Oggi è il miglior Champagne della mia cantina e uno dei più buoni in assoluto, peccato solo che la mia scorta si riduca a vista d’occhio”, sottolinea il ristoratore parlando del fiore all’occhiello della maison Jacquart, nata nel 1998 dalla confederazione di 3 unioni di vigneron che coltivano una delle più vaste superfici della Champagne. Un’altra etichetta di pregio della cantina del Pedrocchino è l’emblematico Brut Mosaïque. Uno Champagne che Piero apprezza per la vivacità, l’immediatezza e l’equilibrio. Realizzato con le uve (35-40 per cento Chardonnay, 30-35 per cento Pinot nero, 25-30 per cento Pinot meunier) di 350 ettari di appezzamenti distribuiti come un mosaico (da qui il nome della cuvée) fra le Côte des blancs, la Montagne de Reims, la Vallée de la Marne e la Côte de Bar, è il compagno ideale di un gran numero di piatti, tanto da poter essere servito a tutto pasto. Al Pedrocchino lo propongono soprattutto con i crudi e i frutti di mare come le ostriche Fines de Claires, la tagliata di salmone disidratato con le sue uova con salsa alla panna acida e olio di oliva all’erba cipollina o gli spaghetti freddi al caviale”. Il Pedrocchino, piazza IV Novembre 4, Sacile (Pn) tel. 0434.70034, info@ilpedrocchino.it, www.ilpedrocchino.it

...Champagne Jacquart direttore marketing e relazioni esterne

Rinaldi Importatori

Piero Valdiserra

Piero Pedrocchino, dell’omonimo ristorante friulano, ama lo Champagne Jacquart e spesso propone il Mosaïque anche a tutto pasto

Perché il Brut Mosaïque è fresco, brillante, deliziosamente agrumato, piacevolissimo grazie al suo gusto accattivante, senza nulla perdere in eleganza. Uno Champagne versatile, adatto alla buona tavola e perfettamente rispondente al gusto italiano, che nelle bollicine ricerca più la freschezza che l’opulenza.

Champagne Jacquart è importato da Rinaldi Importatori www.rinaldi.biz Food&Beverage DICembre 2012 | 57


Perché scegliere... ...Champagne Dom Pérignon Brand director Italia

Marco Ravasi

Dom Pérignon è una scelta che, nonostante la storicità del marchio, appare innovativa: infatti, proporre una carta vini con diverse annate di Dom Pérignon o proporlo alla flûte è da parte del sommelier una scelta ben precisa nel voler dare il meglio alla clientela. Affidandosi, infatti, a un marchio così conosciuto e storico e dando la possibilità di degustarlo ad esempio al calice, si permette un avvicinamento al mondo Dom Pérignon anche ai più giovani o a chi, già conoscendolo, vuole iniziare una cena sempre con il meglio.

Champagne Dom Pérignon è importato da Moët Hennessy Italia, www.moethennessy.it 58 | Food&Beverage aprile DICembre 2011 2012

Dom Pérignon & La Pergola

Vintage 2003 e Merluzzo nero con patate al lime Un raro arazzo di Aubusson, tele d’autore, porcellane di Sèvres, candelabri di bronzo del Settecento, pregiati mobili Impero e un’ampia collezione di vetri soffiati di Emile Gallé. La Pergola, all’ultimo piano dell’Hotel Rome Cavalieri, è un ristorante unico non solo per la vista impareggiabile sulla Città eterna, ma perché ai fornelli c’è uno chef di grande talento: Heinz Beck. Tedesco di origine, ma italiano per sensibilità e gusto, alla Pergola è approdato nel 1994. “Quando sono arrivato non sapevo una parola di italiano, ma non ho avuto problemi -dice lo chef- In cucina impartivo gli ordini come i direttori d’orchestra: a gesti”. La lingua non gli ha impedito di far diventare in pochi anni La Pergola un paradiso di felicità gastronomica e di conquistare alla fine del 2005 le 3 stelle Michelin, facendone uno dei cinque ristoranti italiani allora presenti nel Gotha della gastronomia tricolore. Un primato che ancora oggi condivide con altri sei ristoranti stellati grazie a piatti che non finiscono mai di stupire per tecnica di cucina, materia prima superlativa e vena creativa. Ma la fama della Pergola si basa anche su una cantina di grande spessore: una vetrina del lusso con 53 mila bottiglie e oltre 3 mila etichette in cui il Vintage 2003 di Dom Pérignon è uno degli Champagne più apprezzati. “Trovo che sia molto elegante, con interessanti possibilità di evoluzione e, a dispetto dell’annata molto calda, con una fresca acidità e una piacevolissima nota minerale che sfuma in note agrumate come è nello stile Dom Pérignon”. Risultato di un assemblaggio di 60 per cento di Pinot noir e 40 per cento di Chardonnay, con un dosaggio finale di 6 grammi per litro, il millesimo 2003 di Dom Pérignon è uno Champagne di grande intensità, più tattile e vibrante che aromatico, che in bocca lascia una sensazione di freschezza e grande pulizia. Quando berlo? “In tutte le occasioni -suggerisce Heinz Beck- Credo che il Vintage 2003 sia universale e se si escludono piatti decisamente controindicati come la selvaggina o la carne rossa con fondi molto saporiti, si sposa bene con una grande varietà di pietanze. Ma se si vuole trovare l’accoppiamento perfetto consiglio di provarlo con due proposte presenti nel mio menu, il Carpaccio di ricciola con fagioli cannellini e tartufo bianco d’Alba o, ancora meglio, il Merluzzo nero con patata al lime e salsa al sedano. La nota abboccata dello Champagne segue la dolcezza della patata, mentre la presenza sfumata del lime riconduce a quella agrumata del Vintage 2003 Dom Pérignon. Meglio di così…”. La Pergola all’Hotel Rome Cavalieri via Alberto Cadlolo 101, Roma, tel. 06.35092152 www.romecavalieri.it

Heinz Beck, chef della Pergola, nel suo ristorante propone un grande classico, Dom Pérignon Vintage 2003, particolarmente apprezzato


Perché scegliere... Krug & Devero Hotel Enrico Bartolini

Krug 1998 e il Risotto con lumache della Lomellina Il Krug 1998 non solo è il quarto e ultimo Champagne che la maison ha realizzato negli anni Novanta, ma con le annate 1981 e 1990 divide il singolare primato di essere “dominato” dallo Chardonnay. Una scelta inusuale per Krug, che però ha permesso di realizzare uno Champagne elegante, “preciso”, dal lungo retrogusto e con grandi aspettative di invecchiamento, come è nel suo stile. Qualità gradite anche da Enrico Bartolini, giovane chef stellato del ristorante del Devero Hotel, appena fuori Milano, che propone una cucina attenta alla tradizione interpretata con mano sicura, dove inventiva e concretezza regalano emozioni al palato. E con una cantina dove sono custodite oltre mille etichette fra cui grandi Champagne come, appunto, il Krug 1998. Uno dei favoriti di Bartolini, anche se, ammette lo chef, all’inizio era un po’ scettico. “Dopo una grande annata come il 1996, pensavo che per Krug fosse difficile realizzare uno Champagne che gli stesse almeno alla pari. Eppure ho dovuto ricredermi -puntualizza- Dopo alcuni mesi in cantina, giusto il tempo di riequilibrarsi, il Krug 1998 si è rivelato uno Champagne grandissimo, dove freschezza e maturità si rincorrono senza prevalere una sull’altra, regalando piacevolissimi sentori di mandarino e di tostato”. Al ristorante del Devero Hotel, il Krug 1998 viene servito anche à la flûte, come aperitivo o, in apertura del pranzo, con gli antipasti. Ma tanti clienti, soprattutto i più affezionati allo stile Krug, amano berlo a tutto pasto, in abbinamento alle ricercate proposte dello chef che, fra quelle del suo menu invernale, ne suggerisce due: i bottoni di olio e lime al sugo di caciucco e polpo alla brace e il risotto mantecato alle erbe con lumache della Lomellina. Perché, spiega Enrico Bartolini, “il ripieno dei piccoli ravioli e la fragranza marina del caciucco generano in bocca una sorprendente accelerazione di acidità che allunga il sapore tendente al sapido e l’amaro presente nel fondo della preparazione”, mentre ritiene che “la sensazione di caffè, leggerissima sul finale dello Champagne, assomigli un po’ a quella di nocciola che si può percepire dopo aver assaggiato la lumaca. E questa analogia di gusto favorisce la salivazione, rendendo più piacevole masticare e bere”. Devero Hotel Enrico Bartolini largo Kennedy 1 Cavenago Brianza (Mi), tel. 02.95335268 ristorante@deverohotel.it, www.deverohotel.it

...Champagne Krug brand director Italia

Francesca Terragni

Enrico Bartolini al Devero Hotel ama servire il Krug 1998, fresco e maturo, dai sentori di mandarino e tostato

Perché Krug è sinonimo di eccellenza assoluta e di uno stile inconfondibile, distinguendosi dalle altre maison per l’assenza di gerarchia fra le sue Cuvée, tutte Cuvée de Prestige di pari qualità e raffinatezza.

Champagne Krug è importato da Moët Hennessy Italia, www.moethennessy.it Food&Beverage DICembre 2012 | 59


Perché scegliere... ...Champagne Pommery direttore commerciale

Vranken Pommery Italia

Mimma Posca

Perché bere Champagne Pommery significa accedere al fascino e alla ricercatezza, significa lifestyle con garbo e classe, significa conoscenza dell’arte del bien vivre anche attraverso i piaceri del gusto della tavola e del buon vino. Perché Champagne è vino, è la nobiltà del vino.

Champagne Pommery è importato da Vranken Pommery Italia www.vrankenpommery.it 60 | Food&Beverage aprile DICembre 2011 2012

Pommery & Unico Restaurant

Grand Cru Vintage 2004 con la Pralina di trippa Un “tavolo frizzante” sempre disponibile all’interno della cucina affinché i fortunati ospiti possano assistere, con occhi e palato, a tutte le preparazioni mentre gustano i migliori Champagne. E un angolo shop dove lo Champagne si può acquistare anche a casse, oppure personalizzarne la bottiglia, per regalarla con un pensiero affettuoso. Unico, ristorante tutto vetro in vetta a un grattacielo con lookout a 360° sulla Milano che ridisegna il suo skyline in vista dell’Expo 2015, con lo Champagne ha un feeling particolare. Merito del suo chef Fabio Baldassarre, una stella Michelin e una vocazione da ambasciatore delle bollicine francesi, Pommery tra le più amate. “Da gennaio, nel mio ristorante lo Champagne Pommery sarà il protagonista del “tavolo frizzante”, dove si potranno gustare bottiglie eccellenti, dalla Cuvée Louise al Grand Cru Vintage 2004, espressione di sette Grand Cru fra i migliori di tutta la Champagne -dice Baldassarre- Realizzato con il 50 per cento di Pinot noir e Chardonnay, il Vintage 2004 è oltretutto fra i miei favoriti per il suo profumo di brioche, di zeste di limone, di spezie e per la texture cremosa. Davvero uno Champagne elegante, capace di esaltare perfino il tartufo bianco protagonista, in questa stagione, di tanti miei piatti”. Fra i clienti di Unico oggi ci sono tanti appassionati e amanti di bollicine francesi. E non è un caso che molti, dopo il primo calice del Vintage 2004 Pommery servito da aperitivo, decidano di proseguire con questo a tutto pasto. “Il fatto è che una volta assaggiato questo Grand Cru è poi difficile passare a un altro vino, anche perché è uno Champagne trasversale, ossia va bene con tanti piatti e c’è addirittura un amore corrisposto con quelli della mia cucina -puntualizza lo chef- Due a caso dal mio menu? Le ostriche Fines de Claire con mela caramellata, gelatina di sedano e Blu del Moncenisio, in cui la sapidità marina delle ostriche si contrappone alla terrigna mineralità del formaggio generando sensazioni divergenti che vengono equilibrate dalla fresca delicatezza dello Champagne. E la pralina di trippa di vitello con ristretto di fagioli zolfini e menta, uno dei miei piatti bandiera. M’intriga l’idea che una pietanza povera come la trippa possa essere “corteggiata” da un grande Champagne, con la menta che completa le note erbacee del vino mentre il suo lungo retrogusto apre la strada a un nuovo assaggio.” UnicoRestaurant, via Achille Papa 30, Milano tel. 02.39261025, www.unicorestaurant.it

Brioche, limone e spezie sono i profumi di Pommery Grand Cru Vintage 2004, il preferito da Fabio Baldassarre dell’Unico Restaurant


Perché scegliere... Ruinart & Marco Fadiga Bistrot

Blanc de Blancs e Aio, oio peperoncino e ricci di mare “Lo Champagne? Da bere freddo, quasi ghiacciato. E mai abbinato al pomodoro”. Marco Fadiga, chef patron del Marco Fadiga Bistrot, quando si parla di bollicine francesi è categorico. D’altronde può permetterselo: nel suo ristorante bolognese che si ispira alle atmosfere francesi, elegante e al tempo stesso informale, ma soprattutto con una cantina dove riposano bottiglie di una trentina di maison, di Champagne se ne beve parecchio. “Al Bistrot cerchiamo di smitizzare il modo di consumarlo svecchiandone il servizio -spiega Fadiga- Pensare allo Champagne solo come flûte da aperitivo o per brindare a una ricorrenza mi intristisce, così io lo propongo al bicchiere, nelle mezze bottiglie o in caraffa applicando ricarichi contenuti che ne favoriscono la richiesta. Inoltre, ho creato un Banco à Champagne dove lo si può bere con disinvoltura e in modo rilassato accompagnato da ottime ostriche. Così facendo ho anche avvicinato i giovani allo Champagne. I clienti apprezzano e… consumano”. Fra i preferiti da Fadiga c’è il Blanc de Blancs Ruinart: “Perché è un boutique Champagne di una piccola, ‘grande’ maison. Inoltre, essendo fresco e profumato, ma allo stesso tempo morbido e armonico, è in perfetta sintonia con la mia cucina, che amo definire ‘sensuale’, ossia moderna e divertente. Ma sono soprattutto i miei clienti ad apprezzare il Blanc de Blancs, attratti anche dalla bella bottiglia trasparente. Addirittura, c’è chi lo acquista al Bistrot per berselo anche a casa”. Prodotto in massima parte con uve Premiers Crus della Côte des Blancs e della Montagne de Reims, il Blanc de Blancs rappresenta lo stile Ruinart e l’eccezionale know how della maison nell’assemblare lo Chardonnay, di cui il Blanc de Blancs è composto al 100 per cento. È a questo vitigno singolare che si devono i profumi di frutti esotici e di agrumi, i sentori di pesca e gelsomino, nonché l’equilibrio fra corposità, freschezza e morbidezza. “Per queste sue caratteristiche io lo abbino a tantissimi piatti. Dire che va benissimo con le ostriche è quasi banale ed è da provare con il Patanegra. “Ma se si vuole un abbinamento indimenticabile consiglio con i miei spaghi Aio, oio, peperoncino e ricci di mare freschi: lo iodio fortissimo dei ricci, il dolce dell’uvetta, il piccante del peperoncino creano un coinvolgimento palatale sconvolgente, con l’intenso perlage e la freschezza del Ruinart Blanc de Blancs che contruibuiscono in modo determinante a creare una perfetta armonia: provare per credere”. Marco Fadiga Bistrot, via Rialto 23/c Bologna, tel. 051.220118, fax 051.220118 www.marcofadigabistrot.it

...Champagne Ruinart brand director Italia

Marco Ravasi

Tra i più apprezzati al Marco Fadiga Bistrot, il Blanc de Blancs Ruinart, un boutique Champagne fresco e profumato

Ruinart è uno Champagne che trova nella ristorazione il suo apice di massima espressione e apprezzamento da parte della clientela: un prodotto ben caratterizzato e riconoscibile nel suo essere un Blanc de Blancs. Si sposa con la gastronomia in modo perfetto anche nelle versioni Rosé e R. Lo Champagne più apprezzato in patria, anche qui in Italia ha trovato un gruppo di estimatori gourmand che non accettano compromessi.

Champagne Ruinart è importato da Moët Hennessy Italia, www.moethennessy.it Food&Beverage DICembre 2012 | 61


Perché scegliere... ...Champagne Taittinger Responsabile Pr

Luca Pescarmona

Finezza, delicatezza ed eleganza sono le parole che riassumono lo stile della maison Taittinger, la più importante tra le Case di Champagne a portare ancora il nome della famiglia che la dirige, garanzia di vini dalla firma caratteristica e dalla fama esemplare: Taittinger è uno degli Champagne che incarna al meglio la competenza unica di una professione.

Champagne Taittinger è importato da Pescarmona Importatori www.pescarmona-importatori.it 62 | Food&Beverage aprile DICembre 2011 2012

Taittinger & Sadler

Blanc de Blancs Vintage 2000 e Scaloppine di dentice Claudio Sadler, chef bistellato ma anche manager con consulenze in giro per il mondo e un ristorante a Pechino che porta il suo nome, è a Milano, nel suo elegante ristorante affacciato sul Naviglio, una delle zone più cool del capoluogo lombardo. Sta dando le ultime disposizioni ai collaboratori che preparano i piatti del menu al tartufo di fine autunno:“Faccio una cucina in movimento, in continua rielaborazione per adeguarsi ai gusti, alle mode e alle stagioni che cambiano -sottolinea Sadler- A dispetto della loro forte personalità, i miei piatti hanno però sapori delicati, sono attenti agli aspetti nutrizionali e ricercano la piacevolezza più che gli effetti speciali”. Un obiettivo, quello della piacevolezza, cui contribuisce la cantina: complessa, costruita con cura negli anni, dove trovano posto oltre mille etichette, fra cui molti Champagne. Non potrebbe essere altrimenti: essendo prevalentemente basata sul pesce, la cucina di Sadler ama le bollicine. “Anche se lo Champagne non lo propongo solo con il pesce. A me piace abbinarlo a tutto pasto e anche con il tartufo, specie se posso sposarlo con Champagne eccellenti di annate eccezionali come il Comtes de Champagne Taittinger Blanc de Blancs 2000”. Prodotto nelle cantine dell’Abbazia del XIII secolo di Saint-Nicaise, a Reims, solo nelle migliori annate e con il 100 per cento di uve chardonnay dei più prestigiosi cru della Côte des Blancs, nell’assemblaggio il Vintage 2000 contempla una piccola percentuale (5 per cento) di vino invecchiato in botti di rovere. “Mi piace per la sua freschezza e la morbidezza, per i vivaci aromi di agrumi e di pompelmo caramellato e per quel suo persistente retrogusto dalle note di liquirizia dolce”, dice Sadler, che lo abbina volentieri anche con la pasta ripiena e, ovviamente, con il pesce. Crudo come in Italian sashimi, assaggi di ispirazione giapponese e gusto italiano, ma anche cotto come le Scaloppine di dentice al forno con olive taggiasche e finocchi stufati all’olio. “I finocchi danno una sensazione aromatica ed erbacea, mentre il pesce delicato, molto succoso, contribuisce a rendere il piatto molto tonico -spiega lo chef- E un sorso di Comtes de Champagne Taittinger Blanc de Blancs 2000 diventa il suo connubio perfetto”. Sadler, via Ascanio Sforza 77, Milano tel. 02 58111649, sadler@sadler.it, www.sadler.it

La cucina prevalentemente basata sul pesce di Claudio Sadler si sposa perfettamente con lo Champagne che però lo chef abbina anche alla pasta ripiena e al tartufo


Perché scegliere... Veuve Clicquot & Langosteria 10

La Grande Dame 2004 e l’Aragosta con crema di porro Quando lo incontriamo, Enrico Buonocore è appena tornato da Londra. L’ideatore e patron di Langosteria 10, ristorante che a Milano è ormai un riferimento per gli amanti del buon pesce, nella capitale inglese è andato per assaporare le ultime tendenze della tavola, ma anche per valutare la possibilità di aprirvi un’altra Langosteria. Visto il successo del suo ristorante, piacevolmente arredato in stile minimalista-marinaro e con un banco del crudo a vista per una cucina di mare semplice e non banale, esportarne la formula vincente fuori dall’Italia potrebbe rivelarsi un vero affare. Soprattutto se si prevedesse, come già avviene nel locale milanese, la presenza di una cantina celebrata per sue bollicine, Champagne Veuve Clicquot in primis. L’inconfondibile giallo che caratterizza lo spirito della maison portata al successo all’inizio del XIX secolo da Madame Clicquot è, infatti, un colore ricorrente alla Langosteria: sulle flûte in esposizione all’entrata, sui secchielli, sulle copertine dei menu, nelle targhe sul banco. “Anche se secondo me quello che meglio incarna l’art de vivre della maison Clicquot è oggi La Grande Dame -sottolinea Buonocore- In questo Champagne dà la miglior prova di sé concedendosi il lusso… del tempo. Ne è prova il fatto che il Millesimato 2004 segue quello del 1998 con ben sei anni di distacco”. Elaborata con il 61 per cento di Pinot noir e il 39 per cento di Chardonnay provenienti da otto Grand Cru storici, La Grande Dame 2004 si distingue per la grande freschezza e la bella struttura. Uno Champagne corposo, ma con una texture frizzante e setosa. “E per questo è adatto a diverse occasioni di consumo, dalla ricorrenza all’aperitivo, e anche a tutto pasto -suggerisce Buonocore- E se si cerca un abbinamento speciale consiglio la mia aragosta con crema di porro: l’aragosta è bollita e accompagnata da una riduzione di crema di porro che accentua la dolcezza del crostaceo, mentre la fresca acidità dello Champagne fa da contrasto. Oppure con il king crab alla catalana, uno dei possibili piatti del raffinato menu a 4 mani che prepareremo in collaborazione con Gennaro Esposito, chef bistellato della Torre del Saracino di Vico Equense (Na), il 17 dicembre. Ma anche se non ci sarà il king crab, di sicuro La Grande Dame accompagnerà un secondo. E sarà l’acuto dell’intero menu”. Langosteria 10, via Savona 10, Milano, tel. 02 58111649 info@langosteria10.it, www.langosteria10.it

...Champagne Veuve Clicquot brand director Italia

Francesca Terragni

La Grande Dame 2004 Veuve Clicquot si sposa perfettamente con la cucina di pesce proposta da Enrico Buonocore alla Langosteria 10

Perché il motto di Madame Clicquot era ‘Una sola qualità, la migliore’. Motto che continua a rinnovarsi negli Champagne Veuve Clicquot, dai sans année sino ai Millesimati e a La Grande Dame, mettendo d’accordo esperti e amanti del bien vivre.

Champagne Veuve Clicquot è importato da Moët Hennessy Italia, www.moethennessy.it Food&Beverage DICembre 2012 | 63


Avanguardie A partire dai social network per poi approdare a dispositivi portatili come tablet e smartphone, l’azienda Umberto Cesari di Castel San Pietro rinnova il sito e investe nella comunicazione online, senza però trascurare il vino che, a Hong Kong, ha ricevuto l’ennesimo premio

Un ecosistema digitale per raccontare il vino Stefano Masin

A Condividere, non perdere gli eventi e scoprire piacevoli abbinamenti: nel sito di Umberto Cesari si trova questo e anche di più, per potersi accostare alle etichette dell’azienda in modo nuovo e moderno

nche il mondo del vino, nell’era di internet, può trarre vantaggio dalla comunicazione online. Attraverso la rete si può parlare ai consumatori e individuarne di nuovi. Ed è proprio in questa direzione che si è mossa la Umberto Cesari di Castel San Pietro (Bo), lanciando un ecosistema digitale all’avanguardia. Il primo aspetto che colpisce è il look che, moderno ed essenziale, è estremamente semplice nell’individuazione delle sezioni. Inoltre, grazie alle tecniche di responsive design con cui è stato progettato, il layout della pagina si adatta automaticamente ai diversi tipi di display, dagli schermi più grandi ai tablet, fino agli smartphone. La struttura del sito, www. umbertocesari.it, è organizzata in quattro sezioni: wine experience, i vini, il territorio, noi. Ed è proprio l’area wine experience a rappresentare la grande novità del sito e dell’ecosistema digitale che vuole far conoscere. In questa sezione, infatti, attraverso le ricette, gli abbinamenti cibo-vino, gli eventi, le notizie relative al Sangiovese di Romagna e all’azienda, il vino è raccontato in maniera trasversale. I vantaggi del nuovo sito si allargano anche ai possessori di smartphone in quanto il layout è studiato, appunto, anche per essere leggibile comodamen-

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te dal telefonino e per poter, quindi, visualizzare il contenuto anche fuori casa. Il sito, inoltre, permette anche di acquistare i vini direttamente online. Non potevano mancare, poi, i contatti con i principali social network come Facebook, Twitter, You tube, Pinterest e Instagram, così che gli utenti possano condividere velocemente i contenuti; ad esempio, sapere che il Tauleto Umberto Cesari 2006 continua a dare grandi soddisfazioni all’azienda perché, dopo aver ottenuto premi importanti nelle competizioni e alti punteggi su note guide del vino, ha recentemente vinto il primo premio all’International Wine & Spirit Competition di Hong Kong come Miglior vino rosso italiano, ma non solo. Scoprire tramite un social network che Tauleto Umberto Cesari 2006 ha ricevuto l’ennesimo riconoscimento ha come passo successivo andare sul sito di Umberto Cesari e magari acquistare qualche bottiglia, per poi, sempre dal sito, andare sulla pagina dedicata al Tauleto e scoprirne le principali caratteristiche e abbinamenti per poter organizzare un’ottima cena. E se ancora ciò non bastasse, dagli abbinamenti si accede alle ricette. Come F&B dire, da un click alla tavola.



ristoranti Dalla stellata Frasca alla Trattoria Bolognesi, il grande ristoratore continua il suo percorso nella valorizzazione dei sapori della cucina romagnola, al fianco della figlia Melania e del nipote Elia. Così, nel locale, Gianfranco Bolognesi coltiva le sue passioni, l’arte e la buona cucina

Ritorno alle origini con una nuova storia Barbara Amati

P

oco più di un anno fa Gianfranco Bolognesi scrisse che era venuto il momento di “insaccare il violino”, come dicono i romagnoli, cioè, come un onesto suonatore al termine del concerto, di andarsene in pensione. Forse, sornione, mentre lo scriveva e lo diceva, sapeva già che, per uno come lui, insaccare il violino significava riporlo per un po’ per poi ritirarlo fuori in un secondo tempo, e così è stato. Lasciava, effettivamente, la gloriosa Frasca, il suo ristorante stellato che, dal centro storico di Castrocaro Terme (FC), la sua città, a qualche chilometro dalla Riviera romagnola, si era lasciato convincere nel 2008 a trasferire a Milano Marittima, cittadina balneare ben frequentata dove un ristorante stellato con i suoi costi impegnativi avrebbe potuto dare ancora grandi soddisfazioni. Così non fu, e Bolognesi

Gianfranco Bolognesi con la figlia Melania e il nipote Elia: sono loro l’anima della Trattoria Bolognesi di Castrocaro Terme, che tramanda la tradizione di famiglia per la buona cucina 66 | Food&Beverage DICembre 2012


decise di cederlo agli altri soci e di tornare alla casa madre, quella, appunto, calda e accogliente dove ancora resistevano i ricordi della vecchia Frasca e dove, nel frattempo, si era accomodata la Trattoria dei Vecchi Sapori, oggi diventata Trattoria Bolognesi. Da Melania (a sottolineare la continuità della famiglia) un locale, avviato nel 2008 dalla figlia di Gianfranco con un’impostazione più semplice e accessibile, ma con lo stesso livello di qualità delle materie prime che aveva sempre contraddistinto il ristorante di famiglia. Un passaggio di testimone, insomma, con alle spalle sempre l’occhio vigile e allenato del papà, a sorvegliare -da lontano ma non troppo- che tutto andasse per il giusto verso. Nel 2011 è dunque cominciata, per Gianfranco Bolognesi, la sua terza storia di vita. Nella prima, nata dalla capacità professionale, dalla dinamicità, dall’intuito e dalla determinazione di un sommelier, campione d’Italia nel 1974, aveva creato uno dei primi ristoranti onorati dalla stella Michelin, anzi due, nel ’75 e nell’88, per la sua cucina creativa, innovativa, basata sulle eccellenti materie prime della Romagna. Un ristorante frequentato dai più bei nomi dello spettacolo come della politica e della finanza, dai capi di Stato a Papa Giovanni, dai premi Nobel ai premi Oscar. “Dalla Frasca sono passati tutti”, sorride Gianfranco, godendosi l’aperitivo nel giardino delle betulle e poi la cena tra le pareti ricche di quadri, ché l’arte contemporanea è sempre stata una delle sue passioni. Ma, come dice bene Bolognesi, a 72 anni si può anche decidere di “mollare” un po’. D’altronde, “lascia” un personaggio che nel mondo della ristorazione ha detto molto: La Frasca è l’unico locale che ha mantenuto per 26 anni le 2 stelle, che ha posto all’attenzione di critici e gourmet la cucina

romagnola rendendola qualcosa di prezioso e di unico. “Una cucina nata con gli insegnamenti del passato e la cultura del presente, frutto al tempo stesso dell’invenzione e della tradizione. Di territorio, regionale o tradizionale, chissà?, ma sicuramente una cucina contemporanea che rivaluta i piatti storici della nostra regione con iniezioni di modernità”. Quella Romagna (che l’Emilia è un po’ più in là…) che da sempre vanta cucine dove comandano le arzdore, le padrone di casa che guidano con mano sapiente e sicura i fornelli di ogni casa romagnola. Anche qui c’è sempre stata un’arzdora, la Bruna, moglie di Gianfranco, colonna portante del ristorante, anche per la grande pazienza che occorreva per sostenere il peso di una personalità così forte come quella di Bolognesi. Che è uno che si è fatto da sé, che è riuscito a innalzare all’Olimpo della cucina i piatti romagnoli creando un modello che ha fatto scuola. Pur non cucinando: “Ho troppo rispetto per il cibo”, afferma da sempre. Ma la buona tavola e l’ospitalità sono il

La Trattoria, un raffinato ambiente di campagna dalle sale arredate con semplice eleganza, propone i piatti storici della stellata Frasca e quelli della tradizione romagnola. Comune denominatore sono la buona tavola, l’ospitalità e l’arte contemporanea, da sempre una passione di Gianfranco Bolognesi

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ristoranti

Nel giardino delle betulle è possibile pranzare nella bella stagione. Il locale propone una cucina con materie prime selezionate del territorio romagnolo a prezzi da trattoria

suo pane quotidiano, dunque è ripartito con nuove idee e rinnovato entusiasmo accanto alla figlia Melania e al nipote Elia che, in cucina, affianca il cuoco storico della Frasca, Angelo Asirelli, da 28 anni al fianco di Bolognesi. Così, la Trattoria condivide con l’antica Frasca la bella casa, oggi più un raffinato ambiente di campagna dalle sale arredate con semplice eleganza, che hanno lasciato da parte i cristalli, gli argenti e i preziosi tovagliati del ristorante Michelin. Per sé, Bolognesi si è tenuto una saletta rustica, l’Angolo di Gianfranco Bolognesi: pochi tavoli e bellissimi quadri d’autore alle pareti, una piccola galleria d’arte con opere di artisti contemporanei (Boetti, Alinari, Baj, Turcato, Crippa, Echaurren, Nespolo, Giò Pomodoro, Rotelli, Marco Neri) “per il mio piacere e per quello dei miei amici di ieri e di oggi che amano l’arte e la buona tavola”, dice. Una galleria che, fino a gennaio, ospita la mostra Artisti del Novecento. Così, accanto a uno splendido puzzle di legno di Ugo Nespolo si può gustare un delizioso piatto di gamberi crudi siciliani con la panzanella toscana, oppure al fianco di un intrigante disco di acciaio di Marco Nereo Rotelli una profumata tagliatella gratinata con fegatini di pollo; con un austero generale di argille colorate di Enrico Baj il piccione dell’Alto Bidente cotto nel Sangiovese di Predappio. Gianfranco ora si è riappropriato del suo tempo, che impegna per le sue grandi passioni e la galleria è il suo regno, nel quale propone i suoi eventi e le sue mostre, invitando amici e vecchi clienti che, come lui, dalla Frasca non si sono mai allontanati.

Oggi il locale propone un’ottima ristorazione con prezzi da trattoria con i piatti veri della tradizione romagnola e alcuni classici della Frasca, come i passatelli al sugo di scorfano, poveracce e pesto leggero accanto ai ravioli di burrata con fricassea di astice e peperone dolce, fagottini di ricotta e caprino con melanzane e zucchine al timo, savarin di risotto con salame d’oca e funghi porcini, animelle, funghi porcini e foie gras. Non mancano i cappelletti alla parmigiana con lamelle di tartufo, le pappardelle con ragù all’antica profumato allo scalogno, il filetto di mora romagnola con erbe di campo e parmigiana di melanzane, il petto d’anatra al Sangiovese con friccandò alla romagnola. Il menu della trattoria è un piccolo viaggio per assaggiare alcuni piatti della cucina dell’entroterra romagnolo a 29 euro. Abbandonata la corposa e di gran pregio carta dei vini della Frasca, la scelta oggi è tra una settantina di etichette di tutt’Italia, dall’invidiabile rapporto qualità-prezzo, tra cui una decina di Sangiovese di Romagna, vino particolarmente amato da Bolognesi che, addirittura, ne fa produrre uno con il suo nome, il Gianbolo di Predappio, bel rosso corposo e fruttato. Bolognesi ha vissuto in prima persona l’evoluzione e la moltiplicazione delle etichette dei vini romagnoli che ha contribuito a rendere noti: “Il Sangiovese è uno dei più grandi vitigni italiani e la Romagna riesce a dare una espressività delle varie sfumature di territorio per un solo vitigno che è difficile da trovare in altre zone: ciò permette al cliente di fare tante esperienze e provare emozioni diverse”. Bolognesi, oggi, è un signore rilassato che, finalmente, può godere del suo tempo, un lusso che fino a poco fa non gli era concesso. E sentenzia:“La vera genialità della tavola sta nel fare riconoscere le cose con il loro gusto originario. Una cucina di affetti e F&B non di effetti”. Così era e così è. scheda

Trattoria Bolognesi. Da Melania via Matteotti 34 47011 Castrocaro Terme (FC) tel. 0543.7674

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tradizioni Dai panettoni artigianali di Dario Loison, sempre più ricercati anche nei packaging, al panettone rivestito di pizzo delle Tre Marie, a quello biologico del siciliano Fiasconaro. Mentre la triestina Hausbrandt si avvale della collaborazione del maestro pasticcere Igino Massari

Il panettone si veste di nuovo Irene Catarella

Il dolce natalizio e lombardo ha acquisito nel tempo una valenza gastronomica più diffusa

La linea Segreti presenta il panettone in una veste così nuova e raffinata da proporlo come regalo che supera la consueta valenza natalizia. Il nome della collezione (di tutti i raffinati packaging è artefice la moglie di Dario, Sonia) rimanda al desiderio di prolungare il piacere della festa conservando le foto e gli oggetti che la ricordano nelle scatole di questi panettoni, che diventano custodi dei momenti più belli e intimi di ognuno. Altra novità di quest’anno è la linea Elegance per chi non vuole rinunciare a quel pizzico di vanità che si trova un po’ in tutti. Si tratta di una collezione in cui il contenitore diventa una shopper color sabbia dai manici dorati, e che accoglie tre gusti di panettone nella versatile pezzatura da 500 grammi, tra cui quello All’amarena, una delle varianti più creative e apprezzate. I panettoni al latte fresco a.D.1476, al Mandarino Tardivo di Ciculli e al Prosecco nella ormai classica linea Emozioni vengono presentati, invece, in tre bauletti di cartoncino color pastello, tipici della pasticceria Belle Epoque dei primi del Novecento, per suggerire immediatamente quella sensazione di tenerezza che scaturisce dall’immergersi nei ricordi e che è tipica dell’atmosfera natalizia in cui ognuno 70 | Food&Beverage DICembre 2012

© albphoto - Fotolia.com

I

n questo Natale 2012 il panettone si veste di ingredienti, impasti e packaging innovativi e stuzzicanti per i palati più tradizionali e più esigenti o alla scoperta di sapori e abbinamenti insoliti. Le aziende leader nel settore si sono lanciate alla ricerca di novità, senza perdere di vista la tradizione. Anche quelle artigianali, come la Dolciaria Loison di Costabissara (Vi), che trasferisce nei suoi panettoni l’emozione e i segreti della magica festa del Natale, generando nel cuore sensazioni profonde e creando quell’atmosfera misteriosa e affascinante. Emozioni, Segreti, Elegance, sono anche i nomi delle collezioni che Dario Loison, patron dell’azienda che rappresenta la terza generazione di una famiglia “il cui forno non si è mai spento”, come racconta con orgoglio, propone per il Natale 2012 sempre all’insegna del gusto.


Nella foto a sinistra, Dario Loison e i suoi panettoni artigianali, quest’anno protagonisti di rinnovati packaging

ritrova il legame con la propria famiglia e le persone care. La pasticceria Loison, riprendendo l’insegnamento di un detto della saggezza orientale “Tutte le cose belle sono piccole”, rimpicciolisce il panettone nella linea Mignon per renderlo allettante a ogni età. Per i giovani una doppia proposta: un orsacchiotto o una renna, morbidissimi pupazzetti, o un sacchettino di cotone a fantasia natalizia e chiusura a cordoncino che, passate le feste, può essere utilizzato come portatutto. Per i grandi il panettoncino viene invece presentato all’interno di una minicappelliera destinata a diventare un simpatico accessorio da scrivania, come un portamatite, o un nécessaire. “La tradizione è il nostro principale ingrediente, la passione è il calore che scalda i nostri forni”, ribadisce Dario Loison. L’innovazione del packaging contraddistingue anche la linea Sogno delle Tre Marie, che ha rivestito di pizzi e ricami le linee geometriche delle scatole dei propri panettoni, colorandole di rosso e di bianco. Così, il Panettone Milanese, con i suoi profumi di uva sultanina, scorze d’arancia e cubetti di cedro canditi, viene presentato in una sfiziosa confezione regalo: un candido cubo avvolto da una fascia rossa in carta traforata, un pizzo che allude a una nevicata di cristalli rossi. Mentre Cristallo d’argento, un cubo bianco avvolto da una fascia di pizzo di cristalli di ghiaccio, è la confezione designata ad accogliere il panettone al cioccolato extrafondente. E per deliziare i palati all’insegna della naturalità, l’azienda siciliana Fiasconaro presenta il Panettone Biologico, un prodotto che, nel rispetto della tradizionale ricetta meneghina,

unisce a un’attenta lavorazione e alla ormai rituale lunga lievitazione ingredienti di altissima qualità selezionati e provenienti esclusivamente da agricoltura biologica. Ne risulta un panettone fresco, dalla ridotta shelf life, disponibile solo nel tempo natalizio che gli è proprio. L’altissima qualità del prodotto è avallata dalla certificazione di Suolo e Salute, associazione autorizzata dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Dalla collaborazione di Hausbrandt con il maestro pasticcere Igino Massari nasce il panettone “da vero maestro” da assaporare nelle due versioni Glassato e Delice. Mentre il Delice è caratterizzato dall’impasto fragrante e dalla pasta d’arancio realizzata con le migliori arance di Sicilia, il Glassato d’Epoque ci catapulta in un’atmosfera fiabesca, sia grazie alla confezione che racconta paesaggi innevati e casette che affiorano con il loro calore da un prezioso fondo nero, lucido ed elegantissimo, sia per l’impasto soffice con uvetta e canditi che si sposa perfettamente con la dolce e fragrante glassa, preparata secondo la ricetta di una volta F&B con mandorle e nocciole di qualità.

Sopra, il panettone biologico del siciliano Fiasconaro; accanto, quello frutto dell’incontro tra la Hausbrandt e il pasticcere Igino Massari, e, a sinistra, quello delle Tre Marie rivestito di pizzo

Food&Beverage DICembre 2012 | 71


tendenze È la vera istituzione britannica dopo la monarchia. Un’abitudine nata nella prima metà del XIX secolo per interrompere il lungo lasso di tempo tra pranzo e cena. Oggi tutti i maggiori alberghi del mondo dedicano attenzione al momento del tè, utile anche per parlare d’affari

Afternoon tea, capriccio della duchessa di Bedford Beba Marsano La vera istituzione britannica dopo la monarchia. Un’abitudine nata nella prima metà del XIX secolo dai capricci golosi della settima duchessa di Bedford per interrompere il lungo lasso di tempo tra pranzo e cena, allora molto distanziati tra loro. A metà pomeriggio la nobildonna si faceva servire un tè con un pasto leggero (cibi sfiziosi erano privilegio

esclusivo delle classi agiate), inaugurando una tendenza che da fatto privato si trasformò presto in occasione mondana, con le sue regole di etichetta, i suoi utensili e perfino un abbigliamento adeguato. Oggi l’afternoon tea è una piccola gioia quotidiana che sta tornando ovunque di gran moda, riproposto da tutti i Grand hotel del mondo come momento di complicità, calore condiviso, confidenze sussurrate a fior di labbra addolcite da prelibatezze di alta pasticceria. “Un successo che esprime l’esigenza di relazioni sociali più profonde, da condividere in momenti di raffinata, rilassata e silenziosa intimità”, afferma la tea stylist Francesca Natali, alla quale si deve l’infaticabile promozione della cultura del tè in Italia, anche attraverso l’elaborazione di un metodo codificato di degustazione. “Il tè è uno strumento privilegiato di comunicazione a tutti i livelli, anche nel business. Sono sempre più numerosi gli uomini d’affari che scelgono l’afternoon tea al posto del lunch o dell’aperitivo come situazione perfetta per favorire l’incontro, il confronto, lo scambio, nel contesto di un rapporto meno formale e più autentico, senza venir meno, però, a quegli standard di stile connaturati da sempre all’universo del tè”. 72 | Food&Beverage DICembre 2012

© Acik - Fotolia.com

L’

afternoon tea?


“Nessuna tazza di tè è uguale all’altra. Il tè permette di scegliere. È un’esperienza personale che richiede l’affinamento del gusto. Come il vino”, aggiunge Stephen Twining, discendente di decima generazione della dinastia che ha scritto la storia del tè e oggi indiscusso ambasciatore dell’art de vivre legata alla preziosa bevanda. Abbiamo selezionato dieci santuari dell’afternoon tea (molti affiliati alla prestigiosa catena The Leading Hotels in the World, it.lhw.com), quelli in cui una tazza di tè diventa vera e propria esperienza, momento fugace e irripetibile di perfezione estetica e delizia dei sensi.

In Italia…. Non è da mancare, in Italia, l’esperienza al Four Seasons Hotel di Firenze e di Milano. Il rendez-vous pomeridiano del Four Seasons di Firenze nella sua inarrivabile cornice di affreschi rinascimentali, bassorilievi e velluti, ripropone l’antica consuetudine anglo-fiorentina iniziata negli anni Venti del secolo scorso con quelle brillanti signore della high society d’Oltremanica che, per il loro umorismo sottile, pungente, spesso velenosissimo, furono ribattezzate Scorpioni. Oggi, dalle 16 alle 18 di ogni giorno, l’ora del tè è una parentesi di languido abbandono; miscele da intenditori esaltano le esclusive tipicità della maison, dai macaron al caramello alla pasticceria secca toscana, come i cantuccini e i biscotti alle noci. Stesse eleganze in un’altra perla della catena, il Four Seasons Hotel di Milano, il cui afternoon tea si distingue per i 21 pregiatissimi blend: dai grandi classici agli esotici, dai verdi ai fruttati, da sorseggiare con crostatine alla frutta fresca, millefoglie e tortino caldo al cioccolato. Sempre a Milano, il rito dell’afternoon tea del Bulgari si svolge davanti al camino in granito nero dello Zimbawe: è un cerimoniale sensuale e rarefatto, in perfetta sintonia con le atmosfere zen dell’hotel, esaltate dal tek birmano e dalle grandi vetrate sul giardino. A far

la gioia dei gourmet, bontà dolci e salate: mini piadina con crudo e mozzarella, sandwich al salmone, pan brioche con marmellata, miele e crema al cioccolato bianco. Poi petit four, plumcake al limone, cantucci. E, dal carrello, frangipane alle mandorle, sbrisolona, torta alle carote e crostate secondo le fantasie dello chef...

…e nel mondo Capitale incontrastata di questa autentica liturgia sociale è Londra, dove la tradizione ha avuto origine oltre 140 anni fa nella voluttuosa cornice della Palm Court al Langham Hotel. Oggi, per soddisfare tutte le richieste, l’afternoon tea è servito in cinque turni, dalle 11.30 alle 19.05. Ad accompagnare una collezione di ben 30 miscele a foglia sfusa sono finger sandwich, pasticcini mignon e gli immancabili scone, fragranti panini dolci abbinati a burro, miele e marmellata. L’indirizzo è uno dei prediletti da sir Twining,

In Italia un appuntamento speciale con il tè si può avere al Four Seasons Hotel di Firenze e Milano e al Bulgari Hotel, sempre nella città meneghina, dove l’esperienza si fa raffinata e golosa con una grande varietà di miscele

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tendenze

Il tè è accompagnato da prelibatezze tipiche della pasticceria locale e internazionale che permettono di godere di questa usanza ormai comune in modo sofisticato

insieme al Grosvenor House Hotel, scrigno di una delle più blasonate sale da tè del Regno Unito. Nel 2011 l’afternoon tea del Balmoral di Edimburgo ha ricevuto l’Award of Excellence, l’Oscar mondiale del tè. Un premio alla qualità, al servizio e all’arte della mise en table sotto la scenografica cupola in vetro della Palm Court, simbolo dell’aristocratico hotel, gioiello della catena Rocco Forte. Appuntamento rituale celebrato dallo scoccare di mezzogiorno alle 17.30 di ogni pomeriggio, il teatime offre su note di piano 20 miscele eccellenti e squisitezze di gran classe tutte made in Scotland. Come il Dundee Cake, con ribes, uva sultanina e mandorle, gli Irn Bru macaroon, a base dell’omonima bevanda nazionale scozzese, e gli scone freschi di forno, declinati su una varietà di gusti da antologia: frutta, miele, cannella. Una flûte di Bollinger Special Cuvée è riservata a chi sceglie il Balmoral Champagne Afternoon Tea, affiancato da intriganti creazioni di cioccolato d’autore. All’afternoon tea del Reid’s Palace di Madeira è stato dedicato anche un libro (I had tea at Reid’s, di Andreas Augustin), che eleva a dignità letteraria il leggendario rito quotidiano di questo hotel d’alto rango, che nella sua storia vanta, tra i tanti, la principessa Sissi, Winston Churchill e George Bernard Shaw. Nessuno di loro ha mancato l’appuntamento col tè del pomeriggio che, ieri come oggi, tra le 15 e le 17.30, si serve con stile impeccabile su tovaglie in candido lino portoghese e in porcel-

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lane Wedgwood dal raffinato decoro floreale. Una selezione di 24 blend si sposa a delizie gourmet dal sapore semplice e prezioso delle buone cose fatte in casa: minuscoli sandwich farciti, scone appena sfornati e irresistibili specialità maderensi come il bol de mel, a base di noci, miele e cannella. A completare la magia, il tocco vellutato di un pianoforte a coda. Un’esperienza che, da sola, vale il viaggio. Scarpe, borse, tailleur: fa il verso al mondo della moda l’High Fashion Tea dell’Hotel Vier Jahreszeiten di Monaco di Baviera, con i piccoli capolavori di gusto e di ironia griffati Ian Baker: dolcetti in miniatura ispirati alle creazioni del prêt-à-porter, offerti nella magnifica Lobby vetrata, “il più bel salotto di Monaco”, accanto al repertorio di pasticceria del più classico british tea, preparato con tutti i crismi della tradizione dal Tea Master Joël Belouet. Sono i blini, i soffici pancake tra gli emblemi della cucina russa, i grandi protagonisti dell’afternoon tea dell’Hotel Astoria di San Pietroburgo, tra gli hotel più fascinosi della collezione Rocco Forte. Nella Rotonda Lounge, dalle pareti a vetrata affacciate su piazza Sant’Isacco, a deliziare il palato anche una fontana di cioccolato con spiedini di frutta fresca. Delicate note di piano. E, per cominciare, un calice di Sumac Ridge Steller’s Jay Brut, le bollicine più nobili del Canada. A seguire, in preziose tazze di porcellana William Edwards, l’infuso ambrato dell’Empress Tea (special blend di sei piantagioni tra Kenya, Tanzania, India, Sri Lanka e Cina) con una cornice di dolcezze firmate D’Oyen Christie. Tra i più recenti happy few a godere dell’afternoon tea del Fairmont Empress Hotel di Victoria, servito dal 1908 in un’opulenta cornice di tessuti, arazzi e tappeti, anche Akihito e Michiko, imperatore e imperatrice del Giappone, che allungano l’albo d’oro di questo appuntamento irrinunciabile che, tra le 12 e le 15.45 di ogni giorno, rinnova i fasti F&B della vecchia Inghilterra.


Barolo Brunate

nel Comune di La Morra

La Morra, Barolo, Monforte d’Alba e Serralunga d’Alba Diventa nostro fan su Facebook - facebook.com/Batasiolo


itinerari La capitale francese si ripropone come una delle mete gourmet più interessanti dove un approccio più easy al cibo convive con i locali più rappresentativi della grandeur parigina, quelli di fino all’ ipersperimentale

Ducasse e di Alleno,

Thierry Marx, tra arte e nuove tecniche

Parigi, una cucina in chiave bistrot Gualtiero Spotti

T La Tour Eiffel vista dal Trocadéro, l’area monumentale di Parigi situata sulla riva destra della Senna

ra le poche città europee che in questi anni stanno vivendo una rinascita gastronomica, pur in un momento di crisi quasi universale e capace nel Vecchio Continente di paralizzare la crescita in molti settori dell’economia, va sicuramente citata Parigi. Con una scena ristorativa in controtendenza, la capitale francese, forte del suo ruolo di meta principe del turismo mondiale e icona di stile ed eleganza anche quando si tratta di food, dopo aver vissuto anni di quiete in contrapposizione al boom delle nuove tecniche provenienti dalla Spagna e dopo aver guardato al crescente interesse degli ultimi tempi verso il Nord Europa, ora si riposiziona come una delle mete gourmet più interessanti. Una fucina di idee che attira l’attenzione dei giovani cuochi e mette in scena, nel frattempo, l’usuale grandeur di

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molti pezzi da novanta ben conosciuti a livello internazionale. La nascita della bistronomie, ovvero di un approccio più easy al cibo in locali meno pretenziosi, più informali e piacevoli da vivere, senza il rigore delle grandi maison e, con in più, il tocco di una cucina spigliata e spesso impertinente, ha dato i suoi frutti. In qualche modo proprio da qui sono partiti gli Aizpitarte e i Nilsson, e dietro di loro si sono ben presto affacciati giovani cuochi pronti a rinnovarne lo stile. In molti casi sono perfino gli interpreti più classici e legati alla tradizione a dare una ventata di novità offrendo una cucina rivista in chiave bistrot. Ma andiamo con ordine. Parigi offre possibilità a tutte le tipologie di clienti e per tutte le tasche. Ogni arrondissement è una città a se stante, con una vita propria, con uno stile proprio e con un’offerta spesso ben definita. Chi frequenta la capitale francese da molti anni sa bene che Montparnasse è perfetta per scovare qualche cucina etnica a prezzi abbordabili, e lo stesso discorso vale per chi gira dalle parti di Rue Montalembert. Il quartiere Belleville è, invece, diventato una meta di curiosi e di foodies alla ricerca di nuove tendenze alimentari e lo stesso capita poco più a nord, dalle parti del Canale Saint-Martin, se si vuole andare alla ricerca di una Parigi meno turistica ma

di grande fascino. Attraverso un breve tour a tavola si possono vivere le diverse anime della città. Magari partendo proprio dal simbolo parigino per eccellenza, la Tour Eiffel. Qui, al secondo piano, si trova uno dei ristoranti più ambiti della capitale, il Jules Verne che da qualche stagione è (gastronomicamente parlando) sotto l’ala protettrice di monsieur Alain Ducasse e vanta una stella Michelin. La location, va detto, è straordinaria, con l’accesso da un ascensore riservato e la vista a 360 gradi su Parigi. L’ambiente è ovattato e romantico anche se il ristorante è, come è facile immaginare, perennemente fully booked sia a pranzo che a cena. Il fascino di vivere l’esperienza di un pasto al secondo piano della torre qui si unisce alla qualità del cibo. Che è un bel riassunto della ben nota eleganza e del savoir faire ducassiano. La mise en place immacolata fa da contrasto ai toni di colore scuri e volutamente retrò del Jules Verne, e ci si accomoda per un percorso lineare tra prodotti d’Oltralpe e rivisitazioni moderne della storia a tavola della cucina francese. Il rombo viene servito en matelote (con una salsa di vino rosso) e accompagnato da frutti di mare, l’inossidabile foie gras di anatra confit incontra una delicata gelatina al limone, mentre l’astice delle coste francesi finisce la sua esistenza in un delicato court-bouillon, con tanto

La sala del ristorante Jules Verne, sulla Tour Eiffel, e il cuoco Jemmy Brouet; accanto, due suoi piatti: la Torre al cioccolato fondente pralinato con gelato alla nocciola e l’Astice delle coste francesi in Court-Bouillon

È perfetta la costruzione dei piatti di Yannick Alleno, chef de Le Meurice: l’Astice blu con pasta e i Fichi di Solliès con meringa di liquirizia


itinerari

Il nuovo elegante bistrot di Yannick Alleno, sulla Rive Gauche, il Terroir Parisien: qui lo chef propone i prodotti della regione di Parigi, come nella Pera al miele Béton e nel Navarin d’agnello

Thierry Marx è uno dei cuochi più creativi della sua generazione, come dimostrano i piatti proposti al ristorante Sur Mesure dell’hotel Mandarin Oriental, a destra: il Soufflé di Sainte-Maure con schiuma al Pinot e l’Astice con pan di spezie, patata dolce, frutto della passione e zenzero

di verdure croccanti e salsa César. In carta non mancano ovviamente tagli di carne di ottima fattura, dai medaglioni di vitello sautée al tournedos, dal piccione arrostito in cocotte alla lepre all’antica. La stessa perfezione nella costruzione dei piatti e uno stile non dissimile lo si vede nella magnifica sala di Yannick Alleno, al Meurice. Ancora una volta c’è il piacere di vivere il centro monumentale della città visto che siamo in rue de Rivoli, in un ristorante che sembra uscito da un quadro di Luigi XV, se non fosse che intorno ai tavoli si muovono solerti camerieri in giacca e cravatta. Il cuoco ha immaginato negli ultimi mesi un menu, a pranzo, che cerca di ripercorrere la cucina tradizionale francese, compatibilmente con le variazioni dettate dai prodotti stagionali e riferendosi all’iscrizione dell’Unesco della gastronomia d’Oltralpe nella lista dei patrimoni dell’umanità. Così, si parte dal Mediterraneo nella variazione di pomodoro di benvenuto che mette in fila il cocktail di pomodoro e olive a un classico “cuore di bue” e a una granita di pomodoro Saint Vincent. Poi si passa ai ravioli di salmone affumicato con coulis di crescione, al risotto con limone, basilico e formaggio Comte, ai ravioli di funghi e bacon, ai dolcissimi fichi di Solliès con meringa di liquirizia all’interno. Sono piatti light che vivono del perfetto connubio con i vini scelti dalla brava e simpatica sommelier, Estelle Touzet, ormai da due

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anni alla guida della cantina del Meurice. Per avere una infarinatura della cucina cittadina di Alleno, ci si può anche spostare sulla Rive Gauche nel suo nuovo elegante bistrot moderno (ha meno di un anno di vita): Terroir Parisien. Si chiama così, come il libro pubblicato dal cuoco, perché va alla ricerca di produttori e prodotti della regione di Parigi e vuole rappresentare le enormi potenzialità che offre la capitale anche quando si tratta di raccogliere la materia prima che conta. Come accade per le pere al miele Beton, per la carote allo zafferano e timo, per la zuppa di crescione o per la cocotte di primizie di stagione. Gusto e semplicità in primo piano, come la cucina, a vista, sulla sala del bistrot. Per tornare alle grandi tavole, di nuova concezione, questa volta, ci si sposta all’interno dell’Hotel Man-


darin Oriental, in rue Saint-Honoré. Qui è arrivato, ma forse vale la pena di dire tornato visto che, classe 1962, è nato proprio a Parigi, il cuoco ipersperimentale Thierry Marx, reduce dal Relais-Château CordeillanBages, nella Gironde, dove aveva raggiunto la seconda stella Michelin. Marx è uno dei cuochi più creativi della sua generazione, come dimostra il ristorante Sur Mesure, bianchissima cellula ristorativa che sembra uscita da un film di fantascienza e come ricordano alcune preparazioni del passato ben note. Come quel salame virtuale realizzato con un brodo di ostriche iniettato in un budello di carne suina e servito a tavola con lenticchie e verdure. Il suo è un vero e proprio FoodLab vibrante di idee, trasferitosi idealmente in

un ristorante d’albergo dopo le esperienze sperimentali di quattro anni fa nel laboratorio di ricerca gastronomica aperto in rue de Bouloi. La cucina di domani, e forse anche quella di oggi, è per Thierry Marx, un incrocio di sensazioni dettate dall’arte, dalla tecnica, dai buoni prodotti, dalle manipolazioni di temperature e consistenze e lo si vede nella perfetta geometria che accompagna il cliente nel menu del Sur Mesure. Il delicato soufflé di Saint-Maure (un formaggio della Touraine) con una schiuma di pinot noir, la rapa (strutturata e destrutturata), il risotto di soja alle ostriche e tartufo (altro suo cavallo di battaglia) e il foie gras con anguilla affumicata sono già dei must per la clientela parigina che ama lasciarsi sorprendere. Infine, un indirizzo che la dice lunga sulla vivacità della scena cittadina. Da tre mesi, tra Belleville e Menilmontant, hanno inaugurato il loro piccolo bistrot da venti coperti il ventiquattrenne cuoco italiano (sardo di origine) Simone Tondo e il ventottenne cuoco inglese Michael Greenwold. Dopo essersi conosciuti nelle cucina de La Gazzetta hanno unito le forze e si sono lanciati sul mercato con Roseval, un delizioso ristorantino di quartiere con piatti innovativi e dove la vita quotidiana è mossa da una grande energia. Self made men senza nessun investitore alle spalle, ma con la voglia di stupire e, oltretutto, supportati in cantina e in sala dalla simpatica Erika, già sommelier allo Châteaubriand. Da Roseval non c’è una carta dalla quale scegliere i piatti. Esiste un solo menu che cambia quasi ogni settimana e quello diventa l’unico percorso possibile, l’unica chiave di accesso alla cucina. Che gioca a mescolare i sapori, a stimolare l’olfatto e il gusto, anche a prendere

Il cuoco italiano Simone Tondo ha aperto con l’inglese Michael Greenwold il bistrot Roseval, ristorantino di quartiere con piatti innovativi: in alto, il Cavolo rosso, olive e pancetta di agnello al Roseval e la Tarte tatin scomposta

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itinerari indirizzi gourmet

Ristoranti e hotel Jules Verne Avenue Gustave Eiffel 6 tel. +33 (0)1 45556144 www.lejulesverne-paris.com Roseval Rue Eupatoria 1 tel. +33 (0)9 53562414 www.roseval.fr

a prestito qualche idea dalle nuove cucine più trendy, ma non dimenticando il punto di partenza iniziale, il prodotto. Che poi esce perfettamente nel piatto. Provare, per credere, le sardine con barbabietola e ricotta affumicata, il topinambour con pluma iberica e nocciole, la pancetta di agnello con cavolo rosso e olive, oppure la tarte tatin scomposta (crumble con gelato di mela e caramello di burro salato). Un crossover divertente che è figlio del nuovo corso della metropoli francese, della commistione di stili, in un ambiente giovane e rilassante. Per il pernottamento, invece, vale la pena, magari proprio in coincidenza con il Natale, di affidarsi all’eleganza di due alberghi molto diversi tra loro ma di sicura eleganza. Il classico Meurice è un’istituzione, dal 1835. Vi soggiornava Dalì, giusto per citare uno degli ospiti più famosi, al quale è stato dedicato il secondo ristorante dell’hotel, e il servizio è Sopra, l’antica facciata dell’Hotel Le Meurice, del 1835 e, in alto, una deluxe suite e la lobby. Qui accanto, alcune immagini del lussuoso Mandarin Oriental: il giardino interno, il negozio di dolci e la living room della Suite Oriental

Terroir Parisien Rue Saint Victor 20 tel. +33 (0)1 44315454 www.yannick-alleno.com Hotel & Restaurant Le Meurice Rue de Rivoli 228 tel. +33 (0) 1 44581010 www.lemeurice.com Hotel Mandarin Oriental & Restaurant Sur Mesure Rue Saint-Honoré 251 tel. +33 (0) 1 70987888 www.mandarinoriental.com/paris

impeccabile. Imperdibile il passaggio per un cocktail al Bar 228, e, durante il periodo natalizio, l’incontro con Babbo Natale che, per le feste, animerà l’atmosfera. Diverso l’ambiente al Mandarin Oriental, un albergo moderno più vicino alle esigenze di un cliente abituato a viaggiare, giovane e dinamico. Le sue stanze sono dotate di ogni comfort, il giardino interno offre un’oasi di pace e tranquillità e un piccolo negozio di cioccolato presenta stuzzicanti parentesi dolci, perfette per la pausa pomeridiana del tè. Anche se uno degli spazi più frequentati e ricercati rimane il delizioso bar lounge vicino al ristorante Sur Mesure: un angolo di lusso classico moderno F&B senza tempo.



aziende Da sette generazioni la birreria indipendente più grande d’Europa appartiene alla famiglia Swinkels. Malterie e una fonte di acqua purissima di proprietà, oltre a continua ricerca e innovazione, rendono l’azienda olandese produttrice di birre di qualità superiore

Bavaria, birra di famiglia Barbara Amati

P L’orzo maltato diventa birra attraverso un lungo processo produttivo. Accanto, la nuova linea 8.6

eer Swinkels è un giovane imprenditore dagli occhi sereni che non riescono a celare tutto l’orgoglio con il quale la sua famiglia è, da sette generazioni, proprietaria della birreria indipendente più grande d’Europa e il secondo maggior produttore di birra olandese. Una condizione decisamente eccezionale nel mondo della birra. La storia di Bavaria inizia, infatti, nel 1719 a Lieshout, cittadina nel sud dell’Olanda, in un piccolo birrificio gestito dagli Swinkels che nel tempo si è trasformato in un’azienda d’importanza internazionale ma che da lì non si è mai spostato. Esperti birrai, hanno sempre gestito in prima persona tutto il processo produttivo, affiancando la tradizione a una continua ricerca e innovazione sia della qualità, sia delle tecniche. Un’azienda che è un punto di riferimento importante per l’economia di Lieshout, che coinvolge nella produzione e nella commercializzazione gran parte degli abitanti. Il successo di Bavaria lo si deve proprio al totale coinvolgimento della famiglia che ancora oggi produce la sua birra secondo un’antica ricetta mantenuta segreta. Inoltre, gli Swinkels compresero presto l’importanza di avere una materia prima di qualità superiore, così Bavaria è uno dei pochi produttori di birra a disporre di malterie di proprietà: la prima, costruita nel 1937, si trova all’interno dell’azienda storica, la seconda è invece è a Eemshaven. Grazie agli alti standard produttivi, il malto viene anche esportato in molte altre birrerie del mondo. Un altro elemento di fondamentale importanza per la produzione di una birra di alta qualità è l’acqua, che proviene da una fonte di proprietà che fornisce un’acqua purissima estratta da una sorgente che scorre da 25 mila anni nei pressi di Lieshout. Ciò rende Bavaria l’unico produttore di birra con acqua minerale naturale certificata (come attestato dal governo olandese), un ingrediente prezioso che conferi-

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sce a questa birra un gusto fresco e riconoscibile. Nella malteria di Bavaria, dove avviene il processo di trasformazione dell’orzo in malto, l’aria è intrisa dei profumi dei chicchi croccanti germinati ed essiccati e poi messi in acqua calda dove gli amidi presenti sono convertiti in zuccheri fermentabili. C’è da dire che tutto il processo produttivo avviene tenendo in considerazione la salvaguardia dell’ambiente, anche perché l’ottimizzazione delle risorse è sempre stata considerata dalla famiglia Swinkels la chiave per un business solido e lungimirante. Così, si ricicla il materiale di scarto e il 99 per cento dei rifiuti solidi sono utilizzati per foraggiare i pascoli dei dintorni, mentre l’acqua espulsa durante la lavorazione è utilizzata per creare energia idroelettrica reimpiegata in azienda e per irrigare i campi. Tutto questo ha fatto di Bavaria una delle prime quattro green company del Nord Europa. Oggi Bavaria produce 6 milioni di ettolitri di birra all’anno ed esporta oltre il 70 per cento della produzione in 130 Paesi (tra cui Sud Africa, Asia e Thailandia) e ha conquistato un’importante quota di mercato in Russia, Francia e Italia. Il nostro Paese è, addirittura, il secondo mercato in Europa, dopo i Paesi Bassi, per le birre Bavaria Premium, tanto che a Torino c’è una sede che si occupa dello sviluppo, della promozione e della distribuzione della birra su tutto il territorio nazionale. Per questo motivo, al fine di valorizzare il prodotto e rafforzare la riconoscibilità del marchio, il brand olandese ha dato un nuovo look alla sua birra lasciando Bavaria Classica per puntare sulla nuova Bavaria Premium Blu Generation, una Pilsner fresca e con lievi note di luppolo e malto, dalla bottiglia snella ed elegante, in cui l’innovazione parte proprio dal colore: un blu che richiama freschezza e modernità. Una scelta in controtendenza rispetto al colore verde che impera nel settore della birra e che rappresenta anche l’audacia e l’originalità che contraddistingue tutte le scelte della famiglia Swinkels. Il nuovo look

è dominato dalla forma triangolare del collo, che simboleggia i tre fratelli fondatori dell’azienda, ma anche i tre ingredienti chiave della produzione, malto, luppolo e acqua, e permette di riconoscere Bavaria non solo dal gusto e dall’etichetta, ma anche al tatto. Una “rivoluzione” legata al nuovo posizionamento che punta ad ampliare il target di consumatori “giovani di spirito” tra i 25 e i 45 anni, che cercano una birra distintiva e di qualità superiore. Rientra in questa attenzione ai prodotti speciali la proposta di due nuove birre in occasione del Natale: 8.6 Gold e 8.6 Red, a elevata gradazione alcolica. Le note dorate della 8.6 Gold, presentata nella lattina color oro da 50 centilitri, costituiscono la grande novità della birra bionda, dal colore ambrato e con una gradazione alcolica di 6,5%. L’aroma intenso e persistente nasce dal mix di quattro diversi tipi di malto e luppolo, mentre la tinta dolce che morbidamente avvolge il palato richiama il miele e l’arachide tostata; inoltre, le note floreali di camomilla e rosa la rendono gradita anche al pubblico femminile. 8.6 Red, presentata nella lattina argento, esalta, invece, l’eccellenza della birra dal colore rosso intenso grazie a incisività e delicatezza. Il gusto inconfondibile nasce dall’utilizzo di tre diversi tipi di malto ma, soprattutto, dall’insolito connubio tra note dolci e amare con le gradevoli sfumature di malto e caramello. F&B

Peer Swinkels rappresenta la settima generazione della famiglia proprietaria di Bavaria che produce 6 milioni di ettolitri di birra all’anno e ne esporta il 70 per cento. Alcune immagini dell’azienda di Lieshout e la nuova bottiglia per la quale è stato scelto un colore “di rottura”: il blu


SFIZIOFOOD Il merluzzo artico è un prodotto pescato fin da epoca vichinga e diventato un vero tesoro per un arcipelago di isole norvegesi -le Lofoten- che lo trasforma in stoccafisso. Da sempre sulle nostre tavole, viene ora reinterpretato in nuove ricette e finger food da Rugiati e Chiara Maci

Stoccafisso, piatto nordico della cucina mediterranea Monica Mazzanti

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hilometri di costa frastagliata in fiordi profondissimi, paesaggi di montagne a picco sul mare, paesini di pescatori adagiati sulla riva, con il porto come cuore pulsante di vita. Siamo alle isole Lofoten, l’arcipelago norvegese oltre il Circolo Polare Artico, patria indiscussa dello skrei, il merluzzo più pregiato, da cui deriva il migliore stoccafisso. In questo nord estremo, un popolo di pescatori è riuscito a far

tesoro della risorsa naturale di un mondo chiuso tra neve e ghiaccio, e ha saputo tramandarlo in una tradizione millenaria. Non a caso il mare delle Lofoten è così riccamente pescoso: le sue coste sono mitigate dalla Corrente del Golfo, che porta con sé i branchi di merluzzo dell’Artico che, abbandonato il freddo Mare di Barents, migrano in acque più temperate per depositare le uova. Un viaggio lungo quasi mille chilometri, e due mesi, alla ricerca dell’anima gemella. Perché, a discapito del significato denigratorio attribuito dalla cultura popolare alla parola “stoccafisso”, il merluzzo è considerato un pesce dal fascino adescatore: nell’atto del corteggiamento, mentre altre specie saltano i preliminari e vanno diritte al sodo, il futuro stoccafisso arriva all’accoppiamento solo dopo una tenera fase di amoreggiamento, tanto da essersi conquistato l’appellativo di “pesce innamorato”

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o “Casanova dei mari”. E a riprova di cotanto nome ci sono le supposte proprietà afrodisiache, perché ricchissimo di arginina, vasodilatatore per eccellenza, da cui deriva il nitrossido, potente mediatore biochimico. Lo skrei si differenzia dagli altri merluzzi per la sua carne di candore eccezionale e di gusto molto delicato. Il processo di lavorazione inizia appena pescato, quando viene pulito e privato di testa e interiora. L’essicazione dura circa 3 mesi e avviene in prossimità del mare su apposite rastrelliere esposte al giusto mix di vento artico, sole e pioggia. Grazie a questo processo naturale, lo skrei ottiene il suo sapore unico, conservando inalterate tutte le sostanze nutritive. Troppo spesso stoccafisso e baccalà vengono confusi. Sono entrambi merluzzi, ma lavorati in modo differente: mentre il primo viene fatto essiccare, il secondo viene sottoposto a salatura e, solo in un secondo tempo, a essiccazione. La confusione nasce anche dal fatto che nella tradizione gastronomica veneta lo stoccafisso viene chiamato baccalà o bacalà -con una sola “c”- proprio per distinguerlo dal vero baccalà. In altre parole, due dei piatti più famosi della cucina regionale, il baccalà mantecato e il baccalà alla vicentina, sono preparati con lo stoccafisso. Solitamente lo stoccafisso si trova sul mercato già ammollato, cioè pronto per essere cucinato. Se invece viene acquistato secco, deve essere messo a bagno dai 7 ai 10 giorni. Se è già stato rullato o battuto, richiede un tempo di ammollo di soli 3 giorni perché le fibre del pesce sono già sfibrate e quindi assorbono l’acqua più facilmente. L’ammollo dovrà essere eseguito in acqua fredda corrente o, per più praticità, in un contenitore ripieno messo in frigorifero; l’acqua,

infatti, non dovrà mai intiepidirsi, a discapito della qualità. Potrà anche essere congelato, permettendo così di ammollarne grandi quantità da conservare nel freezer. Chiamato stocco nell’Italia meridionale, u piscistoccu in Sicilia, lo stoccafisso norvegese si presta alle ricette più svariate, dalle innovative proposte degli chef ai piatti della tradizione regionale, di impronta tipicamente mediterranea. Che sia all’anconitana, alla siciliana, alla genovese, alla calabrese, è il classico piatto in umido, in salsa di pomodoro con patate, con l’aggiunta di capperi, cipolle, olive, acciughe, vino bianco secondo varianti regionali. Quello alla livornese prevede di friggere i filetti infarinati, mentre quello alla vicentina è in versione “bianca”, con il pomodoro sostituito dal latte e dal grana. Il mantecato è invece cotto e ridotto in crema con abbondante olio, aglio e prezzemolo; in Veneto è servito con polentina bianca o crostini di polenta. Il Norwegian Seafood Council (Nsc), ente specifico per la protezione delle risorse del mare e la sicurezza dei suoi prodotti, istituito

Lo stoccafisso è stato il principale alimento dei vichinghi e fu introdotto in Italia nel ‘500. Da allora, il merluzzo artico è protagonista di alcuni piatti tipici italiani. A reinterpretarli, lo chef Simone Rugiati

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SFIZIOFOOD

Si racconta che alcuni navigatori veneziani, dopo essere naufragati sulle isole Lofoten, fossero entrati in contatto con le popolazioni locali e quindi con la loro alimentazione; così, fecero ritorno in patria importandone notevoli quantità. Sotto, la blogger Chiara Maci, ideatrice di sfiziosi finger food con lo stoccafisso

nel 1991 in Norvegia dal Ministero della Pesca, è una sorta di ponte tra i consumatori del mondo e l’industria del pesce norvegese che sostiene e rafforza la posizione della Norvegia nel mercato ittico internazionale. Il marchio scelto da Nsc per firmare i prodotti ittici norvegesi nel mondo è Norge. Non a caso nel logo sono raffigurati il mare: il pescatore, le montagne e un peschereccio, i profondi valori della Norvegia, che parlano della competenza degli uomini di mare in perfetta sintonia con la natura. Il 2011 è stato un anno dai risultati sorprendenti per l’esportazione norvegese di stoccafisso e baccalà, tanto da toccare 1,5 miliardi di euro, con un incremento del 7 per cento rispetto al 2010. Il record è stato registrato proprio nell’esportazione dello stoccafisso, sia intero sia a filetti, che ha totalizzato quasi 92 milioni di euro. www.fiordisapori.it è il sito web che Nsc ha dedicato ai propri consumatori; tra le varie sezioni, anche quelle dedicate alle ricette proposte da chef e gourmet di fama, tra i quali Simone Rugiati, Chiara Maci, Davide Brovelli, Danilo Angè, Andrea Galli. C’è n’è per tutti i gusti: per chi ama cucinare e vuole stupire con ricette da gourmet; per chi non ha molto tempo da dedicare ai fornelli, ma non vuole rinunciare a gustosi piatti di pesce; per chi cerca di far

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mangiare pesce ai propri figli e, per questo, troverà menu ad hoc per i bambini. Tra sapori etnici e piatti più tipici, si passa dai bocconcini di stoccafisso e guanciale con polentina gialla, allo stoccafisso in foglie con carciofi croccanti e citronette agli agrumi, per arrivare alla crema di castagne con stoccafisso sfogliato, porri e aceto balsamico. Ed è per questo che, per la vigilia del prossimo Natale, potremo ben pensare di mettere in tavola anche un piatto a base di stoccafisso norvegese. Anche perché, se Chiara Maci ha creato sfiziosi finger food a base di stoccafisso ottimi al momento dell’aperitivo o dell’antipasto, lo chef Simone Rugiati ha reinterpretato alcuni piatti classici a base di stoccafisso che, come ha spiegato il cuoco, “sta diventando il protagonista di un nuovo stile culinario che riscopre gli ingredienti della tradizione, rivisti in chiave moderna”. Così, traendo ispirazione da piatti come lo stoccafisso alla calabrese, le arancine catanesi e lo stocco campano a ‘funciello, Rugiati propone come antipasti polpette, arancine e bruschette. Come primi piatti, la proposta verte su gnocchi di patate e tortelli ripieni di stoccafisso, reinterpretazioni dello stoccafisso accomodato alla genovese e dello stoccafisso all’anconetana. I secondi piatti proposti, invece, strizzano l’occhio ai famosi bacalà alla vicentina e stoccafisso alla messinese. Ma lo chef si raccomanda, essendo lo stoccafisso un pesce dal sapore molto deciso, di alternarlo a piatti agrumati, insalate o pietanze con una buona acidità, in modo da spezzare un po’ i sapori e godere al meglio F&B le ricette.


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SPIRITBARMAN Creatività, discrezione ed eleganza: per Toni Rosetti, bar manager del Time Restaurant&Wine Bar del Jumeirah Grand Hotel di Roma, sono alcuni degli ingredienti che contraddistinguono un buon barman, che ha il compito di imparare dai propri maestri e tenersi sempre aggiornato

Rosetti, grandi maestri e gioco di squadra Manuela Caspani

P Rosetti vanta esperienze importanti da Le Carillon di Portofino allo Yacht Club di Porto Cervo, fino al leggendario Gleneagles in Scozia, dove ricorda con emozione l’incontro con Sean Connery, che, certo, di buon bere se ne intende

icasso, Miró, Dalí, Carrà, sono solo alcuni dei nomi che compongono la collezione del Jumeirah Grand Hotel di via Veneto a Roma; un patrimonio artistico di cui possono godere gli ospiti che dice molto di questo hotel, capolavoro architettonico che vanta un’eleganza senza pari che va dai marmi di Carrara, ai lampadari di Murano, ai legni pregiati degli arredi. Un gioiello dell’ospitalità che diventa anche patrimonio culturale. L’eccellenza si declina in ogni settore, in primis proprio nell’offerta del Time Restaurant & Wine Bar dove Toni Rosetti ricopre il ruolo di bar manager. “Siamo molto fieri del lavoro che svolgiamo -spiega- Abbiamo la fortuna di avere una proprietà illuminata, che ci stimola continuamente, ci permette creatività e innovazione, direi anche che ci sprona in questo senso. È una condizione importantissima”. Rosetti, classe 1975, tecnico alberghiero di San Benedetto del Tronto (AP), ha al proprio attivo un curriculum notevole che nomina alcune delle strutture più prestigiose al mondo con grandi maestri. Assimilare e imparare da loro, una capacità unita a uno spiccato senso del “gioco di squadra”, ha portato Rosetti a distinguersi fin da giovane. “Lo dico sempre: non si tratta solo della tecnica nel realizzare un cocktail. Questo mestiere è fatto di molto altro, fermo restando che la cultura del bere è sempre in movimento ed essere aggiornati è imprescindibile”. Al Time la carta porta l’impronta di Rosetti e la cura per i distillati è eccezionale; un amore che celebra anche nel drink che pubblichiamo: “È una sintesi dei Tropici, da sorseggiare d’inverno per pensare all’estate.

Un omaggio al rum, il distillato del mio cuore, e al Galliano, simbolo di un italianità che mi è cara”. Sintesi anche dei valori per chi lavora al bar: “Bisogna essere creativi, sorridenti, discreti ed eleganti. Ma, soprattutto, bisogna averlo dentro, il bar, perché è fondamentale essere se stessi. Ho conosciuto principi e sovrani di tutto il mondo, magnati della finanza, uomini di cultura e artisti: quel che ho imparato è che le persone straordinarie capiscono subito chi hanno davanti”. Un insegnamento prezioso che Toni Rosetti comunica oggi a coloro che hanno la fortuna di lavorare al suo fianco. F&B IL COCKTAIL

Right Time 4 cl rum chiaro 4 cl ananas centrifugato 2 tea spoon zucchero vanigliato ½ lime 1 cl Galliano floating Bicchiere: double cocktail glass. Decorazione: anice stellato e lime (versione long drink: completare con Ginger Beer).

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rum La sede è a Port of Spain, nello Stato caraibico di Trinidad & Tobago dove, dal 1824, Angostura produce rum molto pregiati, conosciuti in tutto il mondo. E, per festeggiare i 50 anni di indipendenza del Paese, il master distiller ha creato il prezioso Legacy by Angostura: sono solo 20 bottiglie

Legacy by Angostura l’eccellenza dei Caraibi Stefano Masin

C

John Georges, master distiller di Angostura, ha creato l’esclusiva limited edition Legacy by Angostura. Ma la distilleria caraibica propone pregiati rum più accessibili e molto apprezzati, come Angostura 1824 e 1919: nati per esser degustati lisci, sono ottimi anche nei cocktail

inquant’anni fa, l’arcipelago caraibico di Trinidad & Tobago ha raggiunto l’agognata indipendenza e, in onore a questo storico traguardo, Angostura, famoso brand di rum di alta qualità, importato in Italia da Gancia, ha lanciato Legacy by Angostura, una limited edition per la quale ci sono voluti 8 anni di lavoro, realizzata con un blend di 7 dei più pregiati e rari rum dell’azienda dei quali il più giovane ha un invecchiamento di 17 anni. Tutto il processo produttivo è stato realizzato a mano e per la creazione di una bottiglia che fosse all’altezza del prodotto contenuto è stata coinvolta anche Asprey, la gioielleria reale del principe di Galles. Ma niente paura, se siete esperti estimatori del rum e avete 25 mila dollari, potrete acquistare anche voi una delle 20 bottiglie disponibili. Sì, questo è il prezzo di tanta eccellenza. Ma per fortuna Angostura produce anche rum di alto livello a prezzi accessibili che sono stati presentati dal master distiller Angostura John Georges nel corso di una degustazione a Milano, durante la quale i fortunati presenti hanno potuto assaporare anche Legacy by Angostura. Georges ha accompagnato gli ospiti in un’esperienza sensoriale attraverso i rum da lui assemblati, descrivendoli con dovizia di particolari. “I rum più freschi e leggeri di Angostura sono caratterizzati da aromi agrumati naturali, dolci e delicati, accompagnati da note di ananas e, pur non essendo invecchiati, hanno sentori di cioccolato e cacao -ha spiegato il master distiller- I rum

miscelati e invecchiati, invece, hanno una corposità da lieve a media e sono contraddistinti da aromi più o meno intensi di caramello, mou, vaniglia, frutta secca, spezie miste e rovere”. Angostura 1919 è nato dal caso. Nel 1932, a seguito di un incendio al Government Rum Bond, furono acquistati dei fusti bruciati all’interno dei quali si scoprì esserci ancora del rum del 1919 che, sapientemente miscelato, ha dato vita al 1919 Aged Rum Angostura. Deciso ma al contempo morbido, è ottimo da sorseggiare ma straordinario anche nel Mojito o nel Daiquiri. Angostura 1824, invece, è il risultato della miscelazione dei più fini rum invecchiati in botti di rovere americano scottato a fiamma e di secondo passaggio per almeno 12 anni. Successivamente spillati e miscelati, il rum che ne nascerà riposa nuovamente in botte fino alla maturità ottimale. Angostura 1824 va assaporato liscio oppure on the rocks, e con un sigaro è un sodalizio perfetto. F&B Food&Beverage DICembre 2012 | 89


LOCALI Muriel Piantoni ha creato a Firenze una struttura capace di unire due concetti diversi: divertimento e cultura. Così, Le Murate è un luogo d’incontro alla portata di tutti, con eventi gratuiti, che all’offerta letteraria e artistica aggiunge anche quella gastronomica di qualità

Divertimento e cultura al Caffè Letterario Manuela Caspani

C Uno spazio di comunicazione e aggregazione che vuole far rivivere il senso dell’ospitalità toscana

osmopolita e familiare. Possono questi due aggettivi convivere? Essere duplice definizione di uno stesso luogo? Eppure è così che Muriel Piantoni, storica operatrice culturale di Firenze, definisce il Caffè Letterario Le Murate. Struttura straordinaria, prima di tutto per l’ambizione che sta dietro al progetto, unire due concetti che, purtroppo, per molti non possono viaggiare insieme: divertimento e cultura. Certo, l’intento dell’Amministrazione del capoluogo toscano era proprio quello di affidare gli spazi ristrutturati de Le Murate a chi sapesse farne un luogo d’incontro e di crescita culturale: alla portata di tutti, con eventi gratuiti e vari, unendo all’offerta letteraria e artistica anche quella gastronomica di qualità. È doveroso, però, conoscerne un po’ la storia. Le Murate nasce come convento di clausura e diventerà tempo dopo il carcere di Firenze. Porta con sé un retaggio che, seppur in modo diverso e con significati differenti, non rappresenta una realtà di apertura verso l’esterno, né di comunicazione con il mondo. Significativo che gli ideatori del Caffè Letterario ne abbiano invece fatto un esempio di comunicazione in ogni senso ed emblematica la citazione nel sito di Alexandre Dumas che, in visita a Firenze nel 1840, omaggia l’ospitalità cittadina riservata senza distinzione di provenienza o di ceto. Ed ecco l’intento di Muriel e soci, membri delle quattro associazioni impegnate nel progetto: far rivivere quello spirito nello sforzo continuo di ricerca e sperimentazione, cercando di importare il meglio della produzione culturale e intellettuale del mondo. Basta dare un’occhiata alle proposte gior-

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naliere e settimanali che si alternano per rendersene conto. Cosmopolita senza dubbio. Ma l’intento del bando di concorso che sta dietro al Caffè Letterario era anche quello di utilizzare uno spazio pubblico (ristrutturato nel 1998 seguendo le linee indicate da Renzo Piano per conto dell’Unesco) in un’ottica che fosse di valorizzazione del territorio e della cultura locale, che desse la possibilità di godere di stimoli intellettuali permettendo al contempo la nascita di uno spazio d’aggregazione e divertimento. Nasce così Le Murate Caffé Letterario, aperto da settembre 2011, dalle nove del mattino alle due di notte, sette giorni su sette, che vanta una frequentazione che va dagli anziani che con il caffè, mattina o pomeriggio, si godono gli spazi e i comodi divani dove leggere libri e giornali, agli studenti che lavorano al pc, grazie alla connessione wireless del Comune, leggono, studiano, magari circondati da opere d’arte, stanno insieme, chiacchierano: familiare, appunto. Come racconta Muriel, anche l’offerta gastronomica è guidata dallo stesso spirito, l’attenzione a tutti si traduce sia nella simpatica colazione low cost a 1 euro a base di pane, burro e marmellata, alla possibilità di pranzare partendo da piatti a 5 euro. Nello stesso tempo la carta serale propone una cucina toscana rivisitata, con un pizzico di internazionalità, che va dal sushi (con uno chef giapponese Doc) a piatti della tradizione, come i pici alla carbonara tartufati, passando per i passatelli in brodo e il lesso. Le polpettine al vino -giurano i piùsono una delizia e via dicendo, a testimonianza di un intelligente ménage che prevede una precisa divisione di competenze tra gli operatori in modo da garantire qualità in ogni settore. Dalla selezione concertistica, che va dalla classica all’elettronica, jazz, funky, rock, passando per le letture sceniche, i reading, i dibattiti, concludendo con un’eccellente attenzione anche per il bar. A pensarci e a supervisionare il campo Beppe Falcini, barman consumato che provvede a curare

l’ottima selezione di vini del ristorante e la scelta di brandy e Cognac che si alternano, per il dopocena, ai cocktail più gettonati, come gli spritz, ma anche quelli più audaci alle spezie o alle verdure che Beppe propone per l’aperitivo frequentatissimo e per il lungo dopocena. Ogni angolo, ogni vano, ogni corridoio del locale si forma e si trasforma in base al programma, agli ospiti e anche alle richieste della clientela: è con orgoglio che Muriel ricorda i complimenti entusiasti di molti visitatori stranieri, giunti perfino da New York. Mica male per un luogo dal passato tanto diverso. Un passato che si trasforma ma non perde i propri ricordi e l’essenza che lo vuole privo di fronzoli, essenziale, brutale quasi nella propria semplicità. Ferro, legno, tracce appartenute al vecchio carcere come le finestre trasformate in tavoli, ma anche tanto, tanto calore. Il calore che arriva dalle cose buone, dall’attenzione per una clientela che è prima di tutto pubblico, nel senso F&B più forte e sociale del termine.

A Le Murate hanno luogo spettacoli, eventi musicali, reading, installazioni, mostre, dibattiti. In alto, Muriel Piantoni, orgogliosa ideatrice del calendario eventi

scheda

Le Murate Caffè Letterario piazza delle Murate 50100 Firenze - Centro Storico tel. 055.2346872 caffeletterario@lemurate.it

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QUARTIERIALTI In questo delizioso chalet della famiglia Garin, a Courmayeur, gli oggetti sembrano avere una vita segreta. Sono solo 33 stanze, una diversa dall’altra, curate in ogni dettaglio. Al ristorante RosAlpina piatti valligiani dai sapori autentici si accompagnano a vini d’alta quota

Auberge de La Maison dimora del cuore Beba Marsano

Q Si respira tutto il fascino della tradizione alpina in questa grande casa di montagna di pietra e legno, ricca di charme

ui, in questa dimora alpina ai piedi del massiccio del Bianco, tutto creste e pinnacoli dai nomi evocativi e poetici, sembrano sapere che le cose hanno una vita segreta. Che sono gelose custodi di memorie e di storie. Qui sembrano sapere che gli oggetti parlano di esistenze trascorse, dei luoghi dai quali provengono, di chi li ha posseduti. E che sono in grado di rilasciare vibrazioni, energie, essenze nascoste. All’Auberge de La Maison di Entrèves, a Courmayeur (Ao), hotel-chalet tutto pietra e legni antichi, gli oggetti raccolti dai proprietari sul filo degli anni raccontano con accoppiamenti spesso insospettabili della poesia della montagna, della mistica dell’alta quota, delle sottili, voluttuose intimità che nascono sempre intorno a un fuoco vivo. A creare questi spazi complici e avvolgenti sono vecchie stufe di ceramica; dipinti e stampe d’epoca a soggetto alpino (i più importanti volutamente nell’ombra, per alimentare il piacere della scoperta); oggetti d’uso quotidiano che, slegati dal loro contesto originario, assumono la dignità di vere e proprie sculture. Come un parafuoco fiammingo a forma di fanciulla con una gonna dagli ampi volumi che, issata su un tavolino d’epoca, dà il benvenuto a chi sceglie le scale per raggiungere la spa e il ristorante. E, ancora, ritratti di austeri personaggi di secoli passati, piccoli capolavori d’artigianato di legno alpino, batterie di pentole di rame e un’intera baita savoiarda, un tempo ricovero per il fieno e ora, smontata e ricostruita, cuore dell’Auberge, dove crea due piccoli, appartati boudoir e tanti angolini silenziosi e segreti. A riscaldare ancor più l’atmosfera contribuiscono le fiamme del grande camino, le candele disseminate un po’ dappertutto e un’arte del ricevere che ha fatto sentire come a casa propria teste coronate (Juan Carlos di Spagna), manager planetari (Sergio Marchionne), artisti, politici, il gotha dell’imprenditoria italiana. Tutti sedotti dall’incanto di questo relais di charme dove il lusso, come diceva Coco Chanel, “non è il contrario della povertà, ma della volgarità”. In questo rifugio dello

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Ospitalità e raffinatezza caratterizzano tutte le stanze. Al suggestivo ristorante RosAlpina lo chef Rocco Melchiorre firma un menu creativo che celebra la cucina della Val d’Aosta

spirito, voluto da Leo Garin, già patron della leggendaria Maison de Filippo, e oggi diretto dalla figlia Alessandra, grinta virile in un fisico da teenager, solo 33 stanze, una diversa dall’altra, ma tutte rasserenanti, romantiche, affacciate su un mondo di boschi, radure, piccole valli, creste rocciose, picchi da vertigine. Quelli del Monte Bianco, 4.810 metri d’altezza, il tetto d’Europa. Che si ha l’illusione di toccare con la funivia che, a pochi passi dall’hotel, sale al rifugio Torino, terrazza mozzafiato sui 4 mila delle Alpi: Bianco, Rosa, Cervino, Gran Paradiso. E una volta rientrati, coccole di rango nel raccolto centro benessere, che prende in prestito dalla cucina le materie prime per trattamenti signature beauty & relax a base di uva nera, mele, miele o cacao, e carezze per il palato nel ristorante RosAlpina, fiore all’occhiello della casa e autentico santuario all’autenticità dei sapori. Qui, tra vetrate panoramiche, boiserie e un servizio che sa essere insieme premuroso e discreto, i piatti valligiani si accompagnano a vini d’alta quota dai sentori di flora alpina. Ai fornelli c’è Rocco Melchiorre, valdostano d’adozione e per vocazione, affiancato da Mauro Ajmone, l’hôtellerie nel dna, esperienza internazionale e un trascorso al celebrato Cadran Solaire di Courmayeur. Insieme firmano un menu creativo che celebra la cucina della valle, nel pieno rispetto della storia e della

genuinità delle sue tradizioni. Ecco allora selvaggina (sublimi i medaglioni di cervo) e pesci d’acqua dolce, funghi in infinite variazioni e formaggi d’alpeggio, castagne e miele. E poi fonduta e polenta, sempre disponibile anche quando non è in lista. La carta dei vini premia le etichette regionali con proposte tutte da scoprire. Qualche nome? L’Enfer d’Arvier, rosso intenso e corposo, portabandiera del nuovo rinascimento dell’enologia valdostana; il Nus Rouge, apprezzato secondo la leggenda anche da Ponzio Pilato, il Blanc de Morgex et de la Salle, nato da uve raccolte nei vigneti più alti d’Europa, oppure lo Chaudelune, il vino dei ghiacciai, ottenuto dalla vendemmia invernale delle uve Priè blanc e perfetto come vino da meditazione, da sorseggiare accanto al fuoco o con un libro in mano, scelto magari tra quelli che la maison mette a disposizione degli ospiti F&B all’interno di antichi stipi di legno. scheda

Auberge de La Maison via San Giacomo in Foglia 7 frazione Entrèves 11013 Courmayeur (Ao) tel. 0165.869813 www.aubergemaison.it

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CULTURA&GUSTO La mostra dedicata al grande imperatore dell’India, a Roma fino al 3 febbraio, rievoca lo splendore della corte Mughal del Cinquecento attraverso acquarelli, dipinti, tessuti e cimeli che illustrano le grandi trasformazioni storiche di cui fu protagonista

Akbar, ponte tra due culture Adriano Baffelli

O

ccasione straordinaria, quella offerta dalla Fondazione Roma, per conoscere la figura di Akbar (Umarkot, 1542-Agra, 1605), imperatore dell’India, considerato, pur se poco conosciuto, uno dei più grandi sovrani della storia. La mostra Akbar. Il grande imperatore dell’India, allestita per la prima volta in Italia, è unica al mondo per il numero delle opere presentate e per la completezza temporale che copre l’intero regno dell’imperatore. L’ultima esposizione sul tema fu realizzata a New York dalla prestigiosa Asia Society nel 1985-86, con circa ottanta opere. Organizzata dalla Fondazione Roma-Arte-Musei con Arthemisia Group, la mostra, ospitata nelle sale del Museo Fondazione Roma, Palazzo Sciarra, sino al 3 febbraio 2013, grazie al coinvolgimento dell’Ambasciata d’Italia a New Delhi e dell’Ambasciata dell’India a

Akbar riceve gli omaggi (1590), inchiostro, acquerello opaco e oro su carta; New Delhi, National Museum. Nella pagina accanto, La deposizione dalla croce (1598 c.a.), inchiostro, acquerello opaco e oro su carta, conservato al Victoria and Albert Museum di Londra 94 | Food&Beverage DICembre 2012

Roma, rappresenta un ponte culturale e umano tra i due Paesi, la loro storia, le loro culture. Infatti, come afferma Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione Roma, “l’imperatore Akbar è un sommo esempio di come la cultura possa fungere da volano per la comprensione reciproca tra civiltà e religioni diverse”. La visita alla mostra fa capire come l’imperatore Akbar non cambiò solo l’India, ma riuscì ad affermare nel mondo un progresso intellettuale che coinvolgeva la sfera spirituale e quella secolare delle persone del suo Paese. Il percorso espositivo ricco e originale non racconta soltanto la storia di Akbar: i visitatori sono indotti a una profonda riflessione sui concetti di tolleranza, apertura, comprensione del diverso da sé. Più Paesi e più religioni convergono verso un punto comune, segnato dalla consapevolezza che la conoscenza non sia solo una scelta, ma una responsabilità dell’essere umano. Curata da Gian Carlo Calza, l’esposizione presenta opere realizzate durante il regno dell’imperatore Akbar, selezionate per illustrare le grandi trasformazioni storiche di un’epoca ricca di eventi politici e sociali e per raccontare la personalità di un uomo che diede un particolare apporto al dialogo


IL Ristorante & l’Albergo

All’Hotel Eden, cucina stellata e un panorama mozzafiato

artistico, culturale e religioso. Il regno di Jalaluddin Muhammad Akbar durò dal 1556 fino al 1605. Egli fu il più importante imperatore Moghul, divenuto Akbar -cioè Il Grande- grazie alle molte conquiste militari, ma anche alle riforme amministrative, alla sua capacità di far convivere religioni diverse e di promuovere all’interno del proprio regno cultura, arte e bellezza. Per meglio far comprendere l’opera di Akbar e l’ambiente storico e sociale che visse e contribuì a modificare, la mostra romana è suddivisa in cinque sezioni (Vita a corte, governo e politica; Città, urbanistica e ambiente; Arti e artigianato; Guerra, battaglia e caccia; Religione e mito) e rievoca lo splendore della corte Mughal attraverso acquarelli, dipinti, illustrazioni di libri, rarissimi frammenti di tessuti, tappeti, oggetti e armi tempestate di pietre preziose, introducendo all’internazionalismo di Akbar e al suo influsso sull’Europa del Sette e Ottocento. La mostra riunisce opere d’arte nell’intento di raccontare anche quell’India classica, che circola nell’immaginario collettivo dell’Occidente, fatta di imperatori Mughal, raja, e maharaja che regnavano con grandiosità e splendore, e che fu meta di esploratori, mercanti e conquistatori che giungevano da tutto il mondo in quella terra misteriosa, ricchissima e affascinante. Per illustrarla è stato selezionato un nucleo straordinario di oltre centocinquanta opere che raccontano la vita e l’operato di Akbar, il terzo e principale sovrano della dinastia imperiale dei Mughal, la quale durò fino all’annessione del subcontinente F&B alla Corona britannica nel 1858.

Adagiato nel cuore della Città Eterna, l’Hotel Eden facilita agli ospiti la scoperta delle attrattive culturali di Roma. A poche centinaia di metri dall’hotel si trovano le eleganti via Veneto, piazza di Spagna e via Condotti. L’albergo offre una splendida vista sui sette storici colli della città e rappresenta l’ambiente culturale perfetto per chi desidera immergersi nei panorami, nei sapori e nei suoni dell’incantevole capitale. Le attrattive dell’Hotel Eden includono splendide sale riunioni nel cuore del quartiere finanziario di Roma, un centro fitness e servizi benessere. Ha più di 120 anni, l’Eden, ma non li dimostra. La sua anima risiede nelle camere, progettate dando il giusto equilibrio all’architettura d’interni e alla decorazione, capaci di offrire il massimo del comfort e del lusso. Ospitando reali, aristocratici, leader e celebrità provenienti da tutto il mondo, l’Hotel Eden si è guadagnato la reputazione di albergo di lusso, in grado di offrire un servizio personalizzato e discreto, in un ambiente caratterizzato da eleganti interni d’epoca. Punto di forza è il ristorante, La Terrazza dell’Eden, situata al sesto piano dell’hotel, un luogo magico da cui ammirare l’intera città, con una vista mozzafiato che spazia dalla Cupola di San Pietro al Vittoriano e oltre. Il panorama senza eguali fa da sfondo alla cucina creativa dell’executive chef Fabio Ciervo. Capacità e talento consacrati, nel mese di novembre 2012, dalla prima stella Michelin. Ciervo è l’artefice di creazioni gastronomiche e delizie culinarie conosciute dai palati più raffinati, in grado di regalare un’esperienza gastronomica per intenditori nel cuore di Roma. Il giovane chef è approdato alla Terrazza dell’Eden dopo aver lavorato al fianco di Michel Roux al Waterside Inn, uno dei templi della gastronomia britannica, famoso per i 25 anni consecutivi con 3 stelle Michelin. Tra le proposte del variegato menu, da assaggiare gli spaghetti Pastificio dei Campi alla gricia con guanciale di cinta senese, pepe del Madagascar, profumato di boccioli di rosa; la calamarata con molluschi, cime di rapa, asparagi di mare e pomodorini del piennolo vesuviani; il filetto di branzino glassato di verdurine, bocconcini di gamberi di fiume, emulsione all’olio delle colline Santagatesi, oppure il rombo chiodato in crosta di sale nero, carciofi arrostiti, fagottino di acetosella e salsa di Franciacorta. Hotel Eden, via Zudovisi 49, Roma, tel. +39 06.478121 www.edenroma.com

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BUONALETTURA a cura di Simona Percivalle

Manuali Il mondo del vino ai raggi X A firmarla è Luca Gardini, insieme a Pierluigi Gorgoni, Andrea Grignaffini, Marco Pozzali e a un team di collaboratori esperti del settore. È L’Enciclopedia del vino, la cui finalità è quella di creare un nuovo paradigma per gli appassionati, permettendo loro di selezionare le più interessanti produzioni vinicole di tutto il mondo. L’opera è divisa in sezioni: storia del vino, viticoltura, enologia, enografia, oltre a un approfondimento sulla degustazione e sull’abbinamento cibo-vino. Una corposa sezione è riservata ai più importanti Paesi produttori, alle aree vinicole di riferimento, alle varietà coltivate, ai climi, ai suoli. Il volume seleziona così i 3 mila vini che vale la pena provare almeno una volta nella vita, i 100 produttori che hanno fatto la storia del vino e le 100 migliori etichette delle ultime quattro annate. Edito da Dalai, costa 35 euro.

Chef La vita in cucina di Vito Mollica

Pasticceria Irresistibile spumosità

Aldo Fiordelli, penna fiorentina, giocando in casa, in Vito Mollica. Invito a cena al Palagio di Firenze racconta la storia, i viaggi, le esperienze e le ricette di uno chef solare e generoso. Vito Mollica, o meglio Don Vito, chef del Ristorante Palagio che risplende all’interno della Residenza fiorentina del Four Seasons. Un racconto pieno di colpi di scena, con divertenti aneddoti sulla sua vita in cucina. Un percorso che lo ha portato in Europa e nel mondo, sempre nel posto giusto e al momento giusto (con Adrià in Spagna, con Berton in Italia, con Bourdin a Londra). Oggi il suo menu spazia nelle regioni italiane, nei mercati fiorentini, nelle aie toscane per soddisfare la sua passione per la cucina autentica. Edito da Trenta Editore, costa 48 euro.

Una volta che abbiamo imparato a fare i macaron seguendo scrupolosamente la ricetta di base indicata nelle prime pagine di Macaron. Una tentazione irresistibile, l’alsaziano chef pâtissier Christophe Felder si sbizzarrisce con combinazioni golose per le farciture di questi dolcetti, che vanno dal ribes nero, al cappuccino, alla menta, al mandarino. E che è possibile sfornare anche in quella terra di confine tra il dolce e il salato con accostamenti di pomodoro e basilico, paté d’olive e pompelmo, foie gras e Gewürtztraminer. In entrambi i casi, si ha la possibilità di esplorare insolite sfumature di sapore e consistenza che ‘come una spuma’ scompaiono in bocca in un batter d’occhio. Edito da Bibliotheca Culinaria, costa 13,90 euro.

Recuperi Rivalutare le ricette del passato

Food design Minuscole architetture

Molti momenti importanti della vita di ognuno di noi sono segnati da piatti, ingredienti, profumi e sapori che rimangono sepolti nella memoria. Lo sapeva bene Marcel Proust che, grazie alla madeleine intinta nel tè caldo, sente riaffiorare un ricordo che credeva perduto, dimenticato, ma che in realtà giaceva in attesa di essere “recuperato”. Ed è proprio un’azione di recupero quella di Antonio Marchello che nel suo Anforchettabol. Alla ricerca del piatto perduto insegue le ricette del tempo che fu, catturandole con l’ausilio di divertenti interviste che ci svelano curiosità e, soprattutto, i ricordi gastronomici più indelebili di 16 attori comici come Max Pisu, Katia Follesa, Leonardo Manera o Ale&Franz. Edito da Trenta Editore, costa 22 euro.

La felicità di sperimentare senza barriere e senza sacralità induce i creativi a dare libero e spensierato sfogo alla loro immaginazione offrendo un’idea di cibo pervasivo e festoso perché una festa è sempre in corso, da qualche parte. E niente parla di festa quanto gli stuzzichini che in francese appunto si chiamano amuse-gueule perché divertono il palato. Il divertimento e la leggerezza sono tra gli elementi fondamentali delle 70 ricette di Stuzzicati dal design. Settanta proposte calde e fredde per aprire un pasto o per tenerle in mano, in un’occasione sociale, mentre l’altra è impegnata da un bicchiere di vino. Così, la gola si diverte e lo sguardo si sbalordisce di fronte alla inconsueta ergonomia assunta dagli alimenti nelle mani di questi sperimentatori culinari. A cura di Editrici Compositori, costa 19 euro.

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pillolediSTORIA

Garum, prezioso salsume Nicoletta Negri

N

ello sfogliare l’Archidipno, il più antico e completo trattato sull’insalata e i suoi condimenti, scritto da Salvatore Massonio alla fine del ’500, compare il famoso garum che il medico letterato definisce “…una sorta di salsume … liquore da gli Antichi usato, e forse nella prima mensa, o in luogo dell’insalata, o per condimento di essa”. Marziale lo presenta come un nobile preparato e lo chiama pretioso garo, Plinio descrive un …“esquisito liquore … che altro non è che marciosi intestini di pesci macerati col sale”. Questa salsa cantata da tanti autori latini, tra cui Seneca e Orazio, era un prezioso condimento che veniva prodotto e commercializzato lungo tutte le coste del Mediterraneo e del Mar Nero. Non si sa di preciso quando sia stata inventato, certo bisogna risalire molto indietro nei secoli.

Si sa che i Greci ne erano ghiotti quanto gli antichi Romani e che i Cartaginesi ne ebbero il monopolio della produzione e commercializzazione fino alle Guerre Puniche. Anche per alcuni porti delle nostre coste fu un vero business, come per esempio per Pompei. Il garo di Pompei era, per la sua qualità, servito sulle tavole delle grandi dimore da Leptis Magna a Sidone, da Argo a Tarros, da Gibilterra a Cipro. Lo testimoniano le anfore che oggi si trovano al Museo archeologico di Boscoreale . Questo condimento, Appare evidente che le ricette del garum erano molte, e stabilire quale fosse la prima vera ricetta-base è praticamente impossibile. Massonio (1627) ci prova, legcommercializzato gendo e interpretando gli scritti dei classici, e ne ricava una che utilizza gli intestini lungo tutte le coste e le teste di pesce (in particolare dello sgombro proveniente dalla Spagna), fatti del Mediterraneo e macerare nel sale e mescolati con vino vecchio, olio, miele, aceto e aromi. Anche del Mar Nero dal ’500, la dietetica, con Galeno, consiglia il consumo del garum in differenti abbinamenti, era il risultato di secondo la terapia a cui la salsa è destinata: ad esempio, contro il mal di denti (con intestini e teste di pesci il corno di cervo) o per problemi intestinali (con le bietole). È sempre Galeno a parlare dei diversi colori del garum, tra cui in particolare il nero. macerati nel sale e Dalle descrizioni dei vari testi, questa costosissima salsa (la più costosa in commescolati con vino, olio, mercio ai tempi) appare essere destinata ai palati più fini, alla gastronomia più miele, aceto e aromi nobile, ma nello stesso tempo, di largo consumo. Per meglio capire cosa fosse il garo, possiamo accettare le tesi di chi lo identifica con la nostra pasta d’acciughe o, meglio, alla pregiata colatura di alici della Costiera Amalfitana. Ma, sicuramente, la salsa più simile per sapore e ingredienti (a base di pesce fermentato) è la ricercatissima Nuoc Mam vietnamita. F&B

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Combattere la pirateria agroalimentare Adriano Baffelli

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dati emersi da un recente sondaggio on line, promosso da Coldiretti, meritano una riflessione. Risulta che più di un italiano su due (il 52 per cento per l’esattezza) acquista prodotti contraffatti, preferendo soprattutto abbigliamento e accessori all’apparenza prodotti dalle grandi griffe della moda. Il fatturato totale del mercato del falso ammonta a 6,9 miliardi di euro, come evidenziato da una ricerca del ministero dello

Sviluppo economico e del Censis. La cifra riferibile al comparto alimentare raggiungerebbe il ragguardevole importo di 1,1 miliardi di euro, con un’aggravante: per la Coldiretti, nel caso degli alimentari, a differenza degli altri settori, la vendita di prodotti contraffatti avverrebbe all’insaputa dell’acquirente. Facile concordare con il commento di Coldiretti: si tratta di crimini odiosi perché fondati sull’inganno nei confronti di persone costrette a risparmiare sugli acquisti alimentari L’agroalimentare per la ridotta capacità di spesa. Va da sé che se la cautela di fronte ad contraffatto acquisti dubbi o insicuri dovrebbe essere fatturerebbe oltre sempre massima, dovrebbe essere totale un miliardo di euro quando si tratta di prodotti agroalimenl’anno. Un fenomeno tari. Oggi -al di là di particolari situache trae vantaggio zioni di indigenza e di gravi difficoltà, dall’attuale ridotta che meritano attenzione e interventi adeguati per fronteggiarle- nessuno di capacità di spesa noi ha alibi su tale versante. La ricchezza e l’eterogeneità dell’offerta, la riscoperta e il recupero di produzioni locali e di filiere storiche strappate all’oblio, consentono a tutti di poter scegliere con consapevolezza i cibi e i vini più adeguati al proprio portafoglio. È scontato che non possano esistere sul mercato prodotti, soprattutto se limitati nella quantità, a prezzi molto più bassi della media. Per salvaguardare chi acquista in perfetta buona fede dai pirati dell’agroalimentare auguriamoci che divenga presto obbligatorio indicare in etichetta la provenienza della materia prima, evitando che una posticcia etichetta tricolore possa bastare a rendere made in Italy qualsiasi incerto prodotto taroccato giunto magari da molto lontano. F&B


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