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Mensile • Anno VIII • N°74 Dicembre 2013 • Euro 3,50

Champagne Grandi chef interpretano le Maison

PER I PROFESSIONISTI E GLI APPASSIONATI

Crociere Tuffarsi in un mare di sapori

Ostriche Conoscerle per er gustarle al meglio Salisburgo Indirizzi golosi tra la magia del Natale

Ricerca e formazione la ricetta di Niko Romito

Foto di Francesco Fioramonti

Reale



EDITORIALE

Testimonial eccellenti Barbara Amati amati@foodandbev.it

E

con Niko Romito, protagonista della nostra copertina, sono saliti a otto i tristellati Michelin in Italia e il Reale di Castel di Sangro (Aq) del talentuoso chef non ancora quarantenne è il primo in Abruzzo; tre i nuovi ristoranti con 2 stelle: Devero di Cavenago Brianza di Enrico Bartolini, Villa Feltrinelli a Gargnano sul Lago di Garda (Bs) di Stefano Baiocco e il Don Serafino di Ragusa di Vincenzo Candiano. In totale sono 281 i ristoranti a una stella e 40 quelli a due stelle. Non sono molti, beninteso, altri, probabilmente, si sarebbero meritati la seconda o la terza stella, ma tant’è, sappiamo che i cugini francesi non sono tanto larghi di manica e l’attenzione con la quale concedono il loro prestigioso riconoscimento è leggendaria. E però, da un lato siamo loro riconoscenti per i premi stellari che fanno gioire i nostri migliori chef e anche noi, perché si sa,

un po’ succubi della Francia siamo sempre stati e continuiamo a essere, ma una rivincita negli ultimi tempi ce la siamo presa, perché oggi la cucina che comanda nel mondo non è più quella francese, bensì quella italiana. Perché quella che approda sulle tavole internazionali non è più, o non solo, quella della pizza, degli spaghetti al pomodoro, del tiramisù e del gelato, e non dimentichiamo il caffè, ma quella dei grandi chef, stellati, appunto, ma anche premiati dalle altre guide nostrane, autori di una cucina moderna e mediterranea che parla inequivocabilmente italiano. Una cucina firmata da cuochi che girano il mondo, aprono ristoranti ben frequentati dai gourmet e fanno parlare e scrivere di sé in ogni Paese. E, ricordiamolo: in ogni grande albergo c’è sempre un ristorante italiano di alto livello, in Marocco come a Hong Kong, a Londra come a New York, che propone i grandi piatti italiani della tradizione, La moderna cucina dei rivisitati e alleggeriti, importando ovviamente i prodotti dall’Italia e trasmettendo ai nostri chef fa tendenza clienti un messaggio preciso sui profumi, i sapori, il gusto della nostra cucina, salutare nel mondo più di e molto ben bilanciata dal punto di vista nutrizionale. quella dei francesi che E se un tempo i ristoranti italiani erano in mano a cuochi che si erano inventati un mestiere, cucinando spaghetti e fettuccine accompagnandoli con un bicchiere pur ci premiano con di Chianti, oggi, invece, gli chef made in Italy sono persone che conoscono a fondo tante stelle. E, allora, i prodotti, le tecniche di cottura più sofisticate e hanno un background culturale di perché non farne gli tutto rispetto. Insomma, il sorpasso della cucina italiana su quella francese è un fatto ambasciatori dei nostri concreto e se fino a quale anno fa detenevamo la leadership di una cucina quotidiana prodotti di pregio? e alla buona e i francesi quella dell’haute cuisine, oggi non è più così e l’interesse per quella italiana contemporanea continua a crescere, rispettata e ricercata da consumatori e gourmet e capace di mettere al centro i grandi prodotti di cui è ricca ogni regione. Perché sono proprio loro, i moderni interpreti della cucina, a far conoscere il valore autentico del nostro patrimonio gastronomico ponendosi come i migliori testimonial delle produzioni d’eccellenza. Forse, potrebbe essere un’idea quella di sostenere il made in Italy nel mondo, anche a livello istituzionale, con i nostri chef. Una squadra vincente, trainante per tutto il Paese. Perché, ed è da tempo che lo sosteniamo, la gastronomia, i vini, la cultura e il patrimonio artistico sono le frecce non ancora spuntate da decenni di malaffare e di cattiva gestione sulle quali l’Italia potrebbe investire per risollevarsi. Perché lo stile, il gusto italiano fa tendenza in tutto il mondo e crea ricchezza. Purtroppo, più per gli altri (come l’italian sounding F&B insegna) che per noi. Sarebbe davvero ora di cominciare a invertire la rotta. In tutti i sensi.

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Food&Beverage vi dà appuntamento al 18 Gennaio 2014 Direttore Editoriale Aureliano Amati direzione@foodandbev.it Direttore Responsabile Barbara Amati amati@foodandbev.it

Sommario

Coordinatore di Redazione Jenny Maggioni redazione@foodandbev.it Collaboratori di Redazione Federica Belvedere, Silvana Caminada, Irene Catarella, Francesca Farina, Stefano Masin, Bibi Monti, Simona Percivalle via Simone d’Orsenigo 5 - 20135 Milano tel. 02 47787220 - fax 02 47787237 segreteria@foodandbev.it Collaboratori Clara Aliborange, Giovanni Angelucci, Francesca Barni, Nicola Dante Basile, Paolo Becarelli, Enza Bettelli, Donatella Bernabò Silorata, Elena Bianco, Pietro Bongiorno, Jerry Bortolan, Germana Cabrelle, Luigi Caricato, Manuela Caspani, Francesco Colombera, Alberto Corrado, Massimo Di Cintio, Alessandro Franceschino, Beppe Francese, Laura Gambacorta, Luca Gardini, Marco Ghedini, Gerardo Giorgi, Fabiano Guatteri, Rocco Lettieri, Gianluca Luppi, Giulia Marcucci, Beba Marsano, Monica Mazzanti, Gianna Melis, Gianni Mercatali, Betty Mezzina, Giorgio Montanari, Antonio Paolini, Frida Parise, Paolo Pellegrini, Anna Pesenti, Cesare Pillon, Erica Re, Beatrice Rioda, Giulio Cesare Saviozzi, Roger Sesto, Gualtiero Spotti, Irma Tannino, Biagio Testa, Franco Tosca, Bianca Trao, Bianca Zille Foto Aromicreativi, Gianmarco Chieregato, Costa Group, Francesco Fioramonti, Davide Fiorica, Guido Fuà, Rickard Kust, Daniele Nalesso, Claudia Panzani, Francesco Scipioni, Studio Brambilla Serrani, The Gritti Palace/Club del Doge, Tourism Salzburg Responsabile Amministrativo e Commerciale Aldo Ballestra ballestra@febeditoriale.com Pubblicità Italia F&B Editoriale tel. 02.47787220

EDITORIALE Testimonial eccellenti Barbara Amati

CANTINA TRAMIN Alto Adige nel bicchiere Jenny Maggioni

Barbara Amati

Bibi Monti

Federica Belvedere

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pag. 26

NIKO ROMITO Ricerca e formazione al Reale Barbara Amati

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POMMERY Mecenatismo di eccellenza NINO NEGRI Ritorno al futuro

Martedì 11 Dicembre 2013 Euro 3,50

pag. 16

SINERGIE Buitoni e Inalca per il made in Italy

Stampa Tiber Spa - via Volta 179 25124 Brescia

Reg. al Trib. di Milano n. 720 del 27/9/2005

pag. 14

FERRARI Un Trentodoc che vince il tempo

Barbara Amati

Editore F&B Editoriale Srl Sede legale p.zza San Camillo de Lellis 1 20124 Milano

pag. 10

SIDDÙRA Cuore sardo e forza tedesca

Grafica e impaginazione Pigierre Srl - via Angelo Maj 12 20135 Milano

Distributore esclusivo per l’Italia Press di Srl - Segrate (Mi)

pag. 3

Barbara Amati

pag. 40

pag. 42

ROMA Assunta Madre, il trionfo del pesce Jerry Bortolan

pag. 46

VAL D’OCA La forza di qualità e creatività Stefano Masin

pag. 48

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FOOD&BEVERAGE online www.febeditoriale.com www.foodandbev.it FOOD&BEVERAGE online Siamo in internet al sito www.febeditoriale.com

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Redazione

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Recapiti via Simone d’Orsenigo 5 Centralino 20135 Milano Redazione Tel. 02 47787201 Commerciale/Amministrazione Fax 02 47787237 Fax

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ATTUALITÀ UMBERTO CESARI Protagonista sulle tavole del mondo Bibi Monti

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FOCUS Champagne per incontri gourmand Barbara Amati

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OSTRICHE Le perle del mare Paolo Becarelli

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PROGETTI Selezione Südtirol Barbara Amati

Uomini e Vigne Novità da stappare Food Valley Lodge & Spa Business News Cultura & Gusto

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RUBRICHE Scelte di gusto Chez... Buona lettura Pillole di storia Stelle a tavola

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ITINERARI Magica e golosa Salisburgo Paolo Becarelli

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CROCIERE Un mare di sapori Beba Marsano

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CONCEPT Un Mics sorprendente Frida Parise

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SFIZIOFOOD Caleidoscopico panettone Jenny Maggioni

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SPIRITBARMAN Giovani barlady crescono Manuela Caspani

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QUARTIERI ALTI Lusso gourmand al Golden Palace Stefano Masin

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SCELTEDIGUSTO IL RISTORANTE PREFERITO, LA BEVANDA PIÙ AMATA, L’ABBINAMENTO PERFETTO: OGNI MESE FOOD&BEVERAGE DÀ VOCE AD ALCUNI IMPRENDITORI DEL NOSTRO SETTORE E A PERSONAGGI NOTI PER CONOSCERE LE LORO PREFERENZE GOURMET E SCOPRIRE GUSTI E ABBINAMENTI CHE TALVOLTA CI POSSONO SORPRENDERE

PRESIDENTE EXPO MILANO 2015

Diana Bracco Calorose armonie Il ristorante del cuore Il Bar Baretto, Milano Il pia piatto della passione Risotto Riso La bevanda b preferita Vino bianco leggermente mosso Vin Piatto e bicchiere mon amour Pia Minestra di ceci con piedini M e cotenne e Barbera Superiore Drink preferito D Bellini B A tavola con… gli amici

CALCIATORE

Billy Costacurta Internazionalità sfiziosa Il ristorante del cuore Ibiza, Milano Il piatto della passione Strozzapreti con ragù di carne La bevanda preferita Merlot sudafricano Piatto e bicchiere mon amour Tartare di pesce misto e Franciacorta Ca’ del Bosco Drink preferito Oban whisky A tavola con… Angela Merkel

PRESIDENTE ALCE NERO

Lucio Cavazzoni Fantasie vegetali Il ristorante del cuore Alce Nero-Berberè, Bologna Il piatto della passione Riso con verdure La bevanda preferita Vino Piatto e bicchiere mon amour Pasta fresca con verdure pugliesi e Primitivo di Manduria Drink preferito Birra artigianale A tavola con… le mie figlie Federica e Sofia

PRODUTTRICE VITIVINICOLA

Annalisa Zorzettig Sofisticate tradizioni Il ristorante del cuore Gastaldia d’Antro, Pulfero (Ud) Il piatto della passione Germano reale in umido La bevanda preferita Pignolo Piatto e bicchiere mon amour Frittata e Friulano Drink preferito Cocktail alla frutta A tavola con… mia figlia Eleonora

FOOD&BEVERAGE È ANCHE ONLINE www.febeditoriale.com, www.foodandbev.it

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UOMINIEVIGNE PROSECCO

Passato, presente e futuro di Canevel I

eri, oggi e domani, proprio come il celebre film di Vittorio De Sica, con Marcello Mastroianni e Sophia Loren, è il titolo della speciale degustazione di Canevel Spumanti, che si è svolta all’Osteria al Coniglio Bianco di Milano. Un nome evocativo che si traduce in un viaggio attraverso passato, presente e futuro di questa storica cantina di Saccol di Valdobbiadene ((Tv)) grazie alla degustazione della linea Cru, che firma gli spumanti spuman più rappresentativi dell’azienda: il Valdobbiadene Vigneto di San Biagio Docg rifermentato in bottiglia (ieri), il Valdobbiadene Vigneto del Faè Docg Extra Dry (oggi) e il Valdobbiadene Vigneto Montefalcone Docg ( Brut B (domani). Ognuna di queste etichette esprime l’evoluzione del modo di produrre (e bere) il vino secondo la vo filosofia di Canevel: l’intramontabile gusto di ieri, acidulo e fil sapido, con fragranti sentori di mela e sfumature di ananas sap e frutto della passione, del Vigneto di San Biagio; le scelte fr di oggi che, soprattutto al ristorante, si indirizzano verso uno spumante sapido e pieno, come il Vigneto di Faè, che pulisce bene la bocca e stupisce al naso con sentori di mela Golden e rosa; e lo spumante che verrà, il Vigneto Montefalcone, del quale sono state assaggiate alcune prove di cantina della vendemmia 2012. “È lo spumante brut del futuro per una serie di caratteristiche che lo rendono decisamente diverso dai prodotti attualmente presenti sul mercato -ha spiegato Carlo Caramel, contitolare dell’azienda che, nel 2013, ha accresciuto il proprio fatturato di oltre il 2 per cento- Un vino certificato BioSuisse, proveniente da agricoltura biologica, senza aggiunta di solfiti”. E per assaggiarlo bisognerà aspettare, appunto, il “futuro”: “Sarà pronto con la vendemmia 2014, ovvero con la terza certificata BioSuisse e sarà presentato ufficialmente al prossimo Vinitaly”, ha annunciato Caramel.

PREMI

Best seller sul vino per Santa Margherita

L

orenzo Franchini, con il racconto 4 scodelle di porcellana bianca, Simonetta Pignotti, con Giulia, e Frediano Tavano, con Solo per me, sono rispettivamente il 1°, il 2° e il 3° classificato del Premio Eno-Letterario Esploratori del Gusto promosso dal Gruppo Vinicolo Santa Margherita. I tre racconti inediti sul tema del vino, con una tiratura complessiva di oltre 700 mila copie, saranno stampati e allegati come retroetichette a libro alle bottiglie di Pinot Grigio Valdadige Doc dell’azienda di Fossalta di Portogruaro (Ve). Giunta all’ottava edizione, la manifestazione è cresciuta ogni anno, posizionandosi tra le più prestigiose nel panorama dei premi letterari: oltre 14 mila autori esordienti hanno inviato i loro racconti fino ad oggi, affiancati da firme note della letteratura contemporanea che, come autori “doc”, presentano brevi racconti fuori gara.

CHAMPAGNE

LIMITED EDITION

Brindisi dorati per Moët & Chandon

Glenmorangie 18 Anni il whisky dedicato al golf

Moët & Chandon Jeroboam Golden Dust, la maestosa bottiglia da tre litri di Champagne Moët Impérial, è stata declinata in una esclusiva limited edition. Creata dai famosi incisori di Arthus-Bertrand che hanno finemente applicato una polvere d’oro su tutta la bottiglia, esibisce la famosa cravatta, realizzata eccezionalmente in una lussuosa versione in raso, fermata dal sigillo in ceralacca con il celebre stemma di Epernay. “Jeroboam Golden Dust trasforma i gesti degli ultimi attimi dell’anno in momenti celebrativi di cui fare tesoro”, commenta Arnaud de Saignes, direttore internazionale del marketing e della comunicazione di Moët & Chandon.

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Il nuovo cofanetto limited edition Glenmorangie 18 Anni Spirit of The Open 2013 è nato per celebrare la partnership con il più antico e prestigioso evento golfistico, The Open Championship. La lussuosa confezione contiene una delle espressioni più preziose di questo whisky, il 18 Anni, un anno d’età per ogni buca del campo da golf, custodito in una scatola color oro metallizzato con, all’interno, un’insolita pallina da golf dorata, due marcatori dal design ricercato e due tumbler personalizzati. Glenmorangie fa parte del Gruppo Moët Hennessy.


COLLEZIONI

COMPETIZIONI

Ruinart Rosé by Piet Hein Eek

È olandese l’Ambasciatore dello Champagne

È

stato un COCKTAIL PARTY esclusivo quello organizzato dalla maison de Champagne Ruinart nello Spazio di Rossana Orlandi per la presentazione in anteprima della collezione Ruinart Rosé by Piet Hein Eek. Il suggestivo giardino esterno, allestito per l’occasione con le opere create da Piet Hein Eek per Ruinart, ha accolto gli ospiti che si sono lasciati sedurre dalla piacevolezza delle bollicine e trasportare in un’atmosfera senza tempo, tra arte e design. L’effervescenza vivace e persistente della cuvée Rosé è stata protagonista della serata. Ancora una volta la maison ha trasmesso l’inconfondibile eleganza ed eccellenza secolare che la contraddistinguono, reinventandosi in un coffret di design, in edizione limitata per l’Italia: sono solo 100 pezzi.

ETICHETTE

Kim Tschang-Yeul per Fattoria Nittardi

K

im Tschang-Yeul, tra i grandi maestri della pittura orientale, ha realizzato l’etichetta e la carta seta per l’annata 2011 del Chianti Classico Casanuova di Nittardi. Con questa testimonianza anza artistica si conclude l’affresco delle quattro stagioni, iniziato con l’autunno di Günter Grass per on l’etichetta 2008, seguito da Pierre Alechinsky con la primavera nel 2009 e l’estate di Dario Fo perr il o 2010. Tschang-Yeul ha rappresentato l’inverno attraverso le gocce d’acqua e utilizzando i colorii della terra. L’iniziativa è anche “un messaggio a rispettare il tempo, le stagioni, i cicli della natura e i silenzi della terra”, ha spiegato Peter Femfert, proprietario dal 1981 dell’azienda di Castellina in Chianti (Si).

LIQUORI

Rossi d’Asiago distribuisce Mozart

L

a Rossi D’Asiago, affermata produttrice di liquori e grappe di Ponte di Barbarano (Vi), fondata negli anni venti del ‘900 e gestita dalla famiglia Dal Toso, ha siglato un contratto con la società Mozart Distillerie che prevede la distribuzione dei pregiati prodotti della distilleria salisburghese sul mercato italiano. La linea di deliziosi liquori al cioccolato, creati da Mozart Distillerie in omaggio al grande compositore, si compone di cinque referenze: Gold, al cioccolato al latte, White, al cioccolato bianco, Black, al fondente, il chocolate spirit Dry e l’ultimo nato, RG, dall’eccezionale raffinatezza, costituito da una miscela perfettamente bilanciata di cioccolato gourmet belga, cacao Forastero e Trinitario del Ghana, pregiata vaniglia del Madagascar, panna fresca e burro di cacao.

Olandese, con esperienze professionali nei migliori ristoranti in Francia e nei Paesi Bassi, il sommelier Niek Beute si è aggiudicato il IX trofeo di Ambasciatore dello Champagne, promosso dal Comité Champagne. Passione e conoscenza sono le caratteristiche che hanno spinto la giuria, composta da professionisti del mondo del vino di otto Paesi, ad attribuirgli la vittoria. A rappresentare l’Italia è stata Claudia Bondi, sommelier e wine consultant fiorentina. Secondo classificato, il britannico Timothée Hall, direttore di Scala Wine, mentre il premio speciale è stato attribuito alla candidata austriaca, Christine Mayr, docente all’Accademia del Vino in Austria (nella foto con il vincitore).

FILATELIA

Un francobollo celebra il Nobile di Montepulciano Un grappolo di prugnolo gentile, un inconfondibile panorama collinare con, sullo sfondo, il profilo della cittadina di Montepulciano. Questa è l’immagine che compare sui francobolli realizzati da Poste Italiane per celebrare il Vino Nobile. L’iniziativa rientra nel progetto Made in Italy. Le eccellenze enogastronomiche italiane, quindici francobolli dedicati ai vini Docg. L’autore del bozzetto è Gaetano Jeluzzo, che ha lavorato su un’immagine scattata da una foto di Paolo Barcucci. Il francobollo è stato no promossa presentato alla festa del vino dal Rotary Club di Montepulciano, evento inserito tra le iniziative per festeggiare l’emissione del francobollo, alla presenza del sindaco Andrea Rossi e del presidente del Consorzio del Vino Nobile, Andrea Natalini.

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DEGUSTAZIONI LE ETICHETTE DI CANTINA TRAMIN, PLURIPREMIATA AZIENDA DI TERMENO, IN ASSAGGIO A MILANO HANNO CONFERMATO ANCORA UNA VOLTA PREGIO E CARATTERE. DALL’AROMATICO NUSSBAUMER GEWÜRZTRAMINER ALLA NUOVA ANNATA DELL’URBAN LAGREIN, UN 2011 DI GRANDE SPESSORE

L’Alto Adige nel bicchiere Jenny Maggioni

‘‘I A destra, l’Urban Lagrein 2011 e il Pinot Grigio 2012. Sotto, Wolfgang Klotz e Willly Stürz e l’esterno dell’enoteca di Cantina Tramin

l 2011 è considerata un’annata storica per il Lagrein”: esordiscono così Wolfgang Klotz e Willy Stürz, rispettivamente direttore marketing ed enologo di Cantina Tramin, nel presentare la nuova annata del Lagrein Urban. Un’affermazione che si concretizza nel bicchiere cchiere con un vino eccezionale: dalle cupe tonalità violacee e dal bouquet intenso di frutti di bosco, al palato è corposo e robusto, con una marcata veste tannica che ne accompagna il lungo retrogusto. Perfetto con i piatti della gastronomia altoatesina, come quelli di Peter Gläser, chef di Delicatessen, un angolo di Südtirol a Milano, dove è avvenuto il suo debutto. D’altronde le radici dell’azienda di Termeno (Bz) sono indissolubilmente legate al territorio, un lembo verde e blu che dà origine a vini di carattere, primo fra tutti il Gewürztraminer. E il Nussbaumer Gewürztraminer di Cantina Tramin è ormai una leggenda: “Il Maso Nussbaumer ha una tradizione di oltre 700 anni nella coltivazione della vigna -spiega Wolfgang Klotz- La nostra selezione racchiude in sé tutte le caratteristiche di questa varietà ccon il gusto intenso e corposo, minerale ed elegante e i suoi profumi di cannella, frutti e tropicali e chiodi di garofano”. Un vino che, tr oltre ai più prestigiosi premi internazionali, ha olt conquistato anche i più importanti chef, tra cui con tristellato Massimiliano Alajmo, de Le Calandre il tri di Sarmeola di Rubiano (Pd) che l’ha accompaS gnato gnat al Risotto allo zafferano. “Un abbinamento

proposto, per ripetere la ricetta anche a casa, in una cassetta gourmand realizzata dalla Cooperativa Gwb di giovani diversamente abili -racconta Klotz- Contiene il riso superfino Carnaroli veronese, lo zafferano bio del Montefeltro, la polvere di liquirizia calabrese e il Parmigiano Reggiano Igp, pronti per essere accompagnati dalle note aromatiche del Gewürztraminer Classico 2012 e del Nussbaumer 2012”. Il 2011 è stata un’annata strepitosa per i rossi di Cantina Tramin, come per il Pinot nero Maglen, fermentato in tini e maturato in barrique per 14 mesi, dal gusto delicato e pulito e una buona struttura tannica fruttata. “La vendemmia 2013, invece, non è stata favorevole all’Urban che non sarà prodotto per la forte grandine che ha rovinato le uve -spiega Willy Stürz- Di questo vino, la cui prima annata è stata l’89, è eccellente in particolare il 2003, intenso e dal lungo retrogusto. Saranno ottimi i bianchi dell’ultima vendemmia, freschi di acidità e con bei profumi”. In degustazione a Milano, anche Stoan 2012, uvaggio di chardonnay con sauvignon, pinot bianco e gewürztraminer, fermentato in botte grande e in bottiglia da maggio, fruttato e aromatico; sorprendente il Pinot grigio 2012 Unterebner, maturato in botte grande e in tonneau, concentrato e quasi cremoso, ma che mantiene una grande freschezza. Un vino che è appena stato selezionato per la First class di Lufthansa. F&B


Valdobbiadene: la differenza è tutta qui! Lo spumante di Valdobbiadene è da oltre due secoli il frutto più celebre delle colline del Trevigiano. Il Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG extra dry è morbido e al tempo stesso asciutto, molto fragrante con profumi floreali e di mela; è il vino ideale per un aperitivo, per gli antipasti di formaggio o crostacei, ma anche per un pasto di piatti leggeri e carni bianche. È un vino dal perlage vivace e fresco, con una qualità aromatica fresca ed estremamente versatile. w w w. c a n e v e l . i t


UOMINIEVIGNE LIQUORI

L’ironia iconica di Moschino veste Disaronno L’inconfondibile bottiglia dal tappo quadrato di Disaronno per le feste si vestirà con Moschino, uno dei brand più amati e ironici della moda. Dalla collaborazione tra i due marchi, infatti, nasce la special edition Moschino loves Disaronno, in nero e rosso e con una fantasia di cuori. “Volevamo legare l’iconicità della nostra bottiglia e del nostro brand a quella di un altro nome conosciuto nel mondo, con un look natalizio ad hoc”, ha raccontato Stefano Battioni, direttore generale Illva Saronno. La special edition contribuirà allo sviluppo di un progetto in Africa, in quanto parte del ricavato delle vendite sarà devoluto alla charity Fashion for Development, patrocinata dalle Nazioni Unite.

WINEFIT

Mescere il vino è facile e cool Degustare etichette diverse nella stessa serata, gestire e offrire il vino al bicchiere senza za alterare il prodotto. Questi sono stati gli input che hanno portato all’ideazione di Winefit, il dispenser senza installazione e manutenzione, che si basa su uno speciale tappo brevettato con cui viene rinchiusa la bottiglia e l’argon, gas inerte immesso al momento dell’erogazione, che permette di mantenere inalterate le qualità organolettiche del vino per oltre un mese. L’ultima creazione è Winefit Cubo che unisce eleganza e versatilità in un unico sistema, rivestito in acciaio. Ma la vera novità è la High precision technology, per avere una quantità sempre perfetta di vino.

COFANETTI

Luce della Vite 2004 e Poltrona Frau

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alla riserva privata di Luce della Vite (Montalcino, Si), arriva un cofanetto limited edition realizzato in 200 esemplari che contiene il pregiato blend di sangiovese e merlot dell’eccellente vendemmia 2004. Il cofanetto in legno, elegante e austero nel colore nero, ha il marchio Luce della Vite inciso sul coperchio, e quello Poltrona Frau (che ha collaborato alla realizzazione dello scrigno) impresso a fuoco sulla linguetta in cuoio che ne sigilla la chiusura. Il sottobottiglia incluso nella confezione è in cuoio, così come i finimenti che abbracciano la bottiglia. Tutti i dettagli esaltano i valori e l’identità di due eccellenze italiane che da sempre pongono al centro della propria storia la cura artigianale, la passione, il saper fare e il valore del tempo.

RIEDEL

Nuove collezioni per la serie Sommeliers

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iedel, prima azienda ad aver introdotto il concetto di funzionalità del calice, ha presentato a Milano le nuove collezioni create in onore dei 40 anni della serie Sommeliers, ideata da Claus J. Riedel. Queste tre edizioni speciali Black Series Collector’s Edition comprendono sei dei calici della storica linea del 1973 declinati in tre diverse colorazioni che variano dal cristallo nero al rosso e al trasparente. E, a conferma della filosofia aziendale che ciascun vino va servito in un bicchiere adeguato, Marco Baldini, area manager del Sud Europa Riedel, ha condotto una degustazione utilizzando la linea Vinum XL red wines, che ha confermato come la percezione organolettica dipenda anche dalla forma del calice utilizzato. Tra le novità presentate i decanter Curly, che evoca la coda di un maialino, e il Boa, che richiama il serpente.

12 | FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013

INIZIATIVE

Un locale a tutto Prosecco

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San Vendemiano (Tv) ha aperto Prosecco Privée, il primo locale interamente dedicato al Conegliano Valdobbiadene Docg. Ideato da tre imprenditori trentenni, Sandro Adorni, Ivan Valentini e Riccardo Zandegiacomo, riunisce una trentina di cantine, selezionate tra i 15 comuni della Denominazione: i prodotti da mescita e da asporto e gli stessi “cicchetti” provengono rigorosamente dal territorio. Ogni azienda ha fornito, oltre ai propri prodotti, le schede tecniche e i consigli su dove mangiare e dormire in zona, informazioni destinate all’app, aggiornata anche con news ed eventi nella zona di Conegliano e Valdobbiadene. “Non vogliamo istruire nessuno -ha spiegato Sandro Adorni- Anzi, siamo innanzitutto utenti di questo territorio che vogliono capire di più e perciò abbiamo ideato un progetto nato per il consumatore, incentivando canali finora meno considerati”.


CALVISIUS

Caviale e Champagne eccellenze in tavola È

e rimane uno dei prodotti gastronomici più elitari che si conoscano. Pregiato, costoso e per palati raffinati, per merito del brand di Agroittica, Calvisius, il caviale parla soprattutto italiano. È, infatti, nelle acque pure e incontaminate di Calvisano, cittadina della pianura bresciana, che si allevano gli storioni da cui nascono queste preziose perle: caviali ottenuti da specie pure e non ibride, una scelta di qualità che si riflette sull e suo gusto raffinato e senza compromessi. Grazie alla domanda sempre crescente, e al successo o internazionale di questo prodotto, Calvisius ha lanciato sul mercato tre nuove linee, e lo ha fatto to n nel modo più elegante e raffinato possibile: un e evento a Palazzo Parigi, a Milano, per degustare e i caviali puri e in finger food appositamente realizzati dallo chef stellato Carlo Cracco. Il Calvisius Beluga, estratto dallo storione huso huso, dal colore brillante e dal sapore cremoso; il Calvisius Oscietra Imperial, la varietà più nobile e preziosa, che si ricava da pochi esemplari di storione russo; infine, il Calvisius Tradition Elite, considerato tra i caviali top al mondo, creato esclusivamente con uova di storione bianco. Naturalmente, a un simile prodotto non si poteva abbinare un vino qualunque, e la scelta è ricaduta sulle più prestigiose cuvée dello Champagne Louis Roederer: il Cristal Brut 2005 e il Blanc de Blancs 2007. Ma Calvisius ha voluto anche celebrare due grandi classici, il Caviar Venise e l’Oscietra Classic, e lo ha fatto assieme alla maison de Champagne Krug, con cui ha ricreato un viaggio gastronomico in quattro Paesi del mondo. Due finger food del Mediterraneo, ispirati uno alla cucina italiana, una torretta di polenta bianca, e l’altro a quella francese, con un cestino d’uovo, entrambi a base di Caviar Venise, dal sapore deciso, abbinati a Krug Grande Cuvée. Il viaggio culinario è proseguito, poi, in Messico con una tagliata di avocado, e in Nord Europa con una purea di patata e sedano rapa accompagnati in questo caso al più delicato Oscietra Classic e abbinati a Krug Rosé, il tutto degustato nel caleidoscopico ultimo piano della Rinascente di Milano.

Le tre nuove linee di caviale Calvisius, Beluga, Oscietra Imperial e Tradition Elite, declinate nelle creazioni di Carlo Cracco (sopra), sono state abbinate al Cristal Brut 2005 e al Blanc de Blancs 2007 di Louis Roederer. Sotto, i finger food di Caviar Venise proposti con il Krug Grande Cuvée


DEBUTTI PER 40 ANNI LA SARDEGNA GLI HA REGALATO EMOZIONI E MAGIA, COSÌ, L’IMPRENDITORE TEDESCO NATHAN GOTTESDIENER HA VOLUTO RIPORTARE A NUOVA VITA UNA TENUTA GALLURESE ABBANDONATA PER TRASFORMARLA

IN UNA CANTINA MODERNA, NEL PIENO RISPETTO DI TRADIZIONI E TERRITORIO

Siddùra, cuore sardo e forza tedesca Barbara Amati

N Nel cuore della Gallura, la cantina interrata garantisce l’ideale lavorazione e conservazione dei vini, come Fòla, da uve cannonau, e il premiato Maìa, Vermentino Superiore Docg. In alto, il direttore Massimo Ruggero

on potevano che essere i piatti di Sergio Mei ad accompagnare agnare il debutto milanese dei vini di Siddùra, nuova cantina nel cuore uore della Gallura, Gallura a pochi chilometri dall’incanto della Costa Smeralda. La Sardegna più autentica si è ancora una volta messa in luce, complice la creatività dello chef del Four Seasons che ha rivisitato i sapori tipici della sua terra con la consueta sensibilità per accompagnare le intriganti etichette dell’azienda. Siddùra è una tenuta che nel 2008 ha ripreso vita grazie all’impegno e alla passione di un imprenditore tedesco, Nathan Gottesdiener che, insieme all’amico e socio Massimo Ruggero, ne ha intuito le potenzialità, decidendo di intraprendere, dopo anni di successi nel settore della moda in Germania, una nuova e ambiziosa avventura in una terra molto amata. Oggi Siddùra, situata nella zona di Luogosanto (così chiamata per i numerosi luoghi di culto disseminati nel suo territorio), in provincia di Olbia, comprende 187 ettari di macchia mediterranea che fanno da cornice a 15 ettari vitati a vermentino, oltre a 350 ulivi. La cantina interrata è il risultato di un progetto che permette di sfruttare la coibentazione naturale del suolo, garantendo così l’ideale lavorazione e conservazione dei vini. “È un’azione di riconquista e di assemblamento dell’antica proprietà di 300 ettari, con il recupero delle antiche strutture: guardiamo al futuro, ma rispettiamo la natura e il suo territorio che si esprime attraverso il suo vino -spiega Massimo

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Ruggero- L’obiettivo è quello di valorizzare al massimo il vermentino, che esprime la Sardegna più pura, di cui stiamo piantando altri 6 ettari, declinato in tre versioni: Spèra, Maìa e Berù, ai quali si aggiungono tre rossi, seguiti dall’enologo Dino Dini”. L’impegno e la capacità nell’esaltare le grandi peculiarità del vermentino ha già portato alla conquista della medaglia d’oro ai Decanter World Wine Awards 2013 per Maìa 2012 (il nome significa magia), Vermentino di Gallura Superiore Docg, primogenito di Siddùra, vino di corpo, con note di burro e spezie, intenso, che conquista al primo assaggio. È un Vermentino di Gallura Superiore Docg anche Berù, lavorato in piccoli fusti di rovere francese di Allier, a conferirgli intensità e complessità; Spèra è, invece, un Vermentino di Gallura Docg dai toni delicati e fini. In tutto l’azienda produce 30 mila bottiglie tra questi Vermentino e i rossi: Fòla, Cannonau di Sardegna Doc, che si contraddistingue per la morbidezza; Èrema, Igt Isola dei Nuraghi, cannonau all’85 per cento e il rimanente cagnulari, dalla grande piacevolezza di beva, e Bàcco, Igt Isola dei Nuraghi, cagnulari in purezza. F&B



SPUMANTI PRODOTTO IN SOLE 1.500 BOTTIGLIE, VEDE LA LUCE DOPO 18 ANNI, SPESI A MATURARE ED EVOLVERE IN CANTINA. NATO DA UN VIGNETO UNICO, MASO PIANIZZA, È UN COMPLESSO ED ELEGANTE CHARDONNAY IN PUREZZA CHE HA ACCOMPAGNATO I PIATTI DI ALFIO GHEZZI E NINO DI COSTANZO

Giulio Ferrari Collezione 1995 vince la sfida del tempo Bibi Monti

C Matteo Lunelli con gli chef Nino Di Costanzo, Alfio Ghezzi e Andrea Migliaccio. In basso, il presidente di Cantine Ferrari con i cugini Marcello, Camilla e Alessandro

on il Giulio Ferrari Collezione il tempo è stato galantuomo. Grazie al tempo, infatti, il nuovo vino della Ferrari Lunelli, l’unica bollicina italiana a vedere la luce dopo 18 anni in cantina, spesi a evolvere e a maturare sui lieviti (la sboccatura è del febbraio 2013), ha sprigionato qualcosa di unico. A vincere la sfida con il tempo, il presidente Matteo Lunelli, con i cugini Alessandro, Camilla e Marcello che, nonostante potesse già contare sulle bollicine più premiate d’Italia, il Giulio Ferrari Riserva del Fondatore, ha deciso di puntare più in alto: “Come mio zio Mauro, che, nel 1972, per otto anni aveva nascosto ai fratelli alcune bottiglie in cantina, anche noi abbiamo provato a conservare quelle del 1995 -racconta Matteo Lunelli- una vendemmia eccezionale, tanto da passare alla storia come l’annata del secolo per il Trentodoc”. Il Giulio Ferrari 1995 è frutto di un’annata perfetta e delle uve chardonnay di un singolo vigneto, Maso Pianizza, a 650 metri di altitudine: fu Mauro Lunelli, enologo e creatore dei vini Ferrari che, con lungimiranza, nel ’69 convinse il papà ad acquistarlo: 15 ettari di terreno calcareo esposti acqu a su sud ovest e circondato dai boschi, che dà solo 50 quintali di uva per ettaro. È un vino dalla personalità estremamente complessa dall e di d grande eleganza: al naso il bouquet è am ampio e ricco, con percezioni di lievito, note floreali e di frutta tropicale e aromi n di agrumi, frutta secca, miele di acacia, d ccioccolato bianco, incenso e spezie; in

bocca si allarga progressivamente in una pienezza che conquista e che ben si fonde con la freschezza che la sorregge; il finale è lungo e persistente. “È un vino che ci è stato regalato dalla seconda generazione -commenta Matteo Lunelli- da Gino, Franco e Mauro, un’eccellenza frutto del territorio trentino”. “Fu nel 1972 che cominciai a mettere via, ogni anno, un certo numero di bottiglie del Giulio Ferrari, di nascosto dai miei fratelli -confida Mauro Lunellie nel 1980, quando gliele feci assaggiare, rimasero stupiti, ma naturalmente, si arrabbiarono, perché le avevo sottratte alla vendita… Però, ne valse la pena”. Fantastico compagno della tavola, nella cena del suo debutto a Larte (ristorante milanese ispirato dalla Fondazione Altagamma di cui Cantine Ferrari è socio e promotore) è stato accompagnato al Riso mantecato Trentigrana, mele e timo di Alfio Ghezzi della Locanda Margon, il ristorante stellato di casa Ferrari, e all’Agnello in parmigiana di melanzane, pizza di scarola e lasagnette di patate di Nino di Costanzo de Il Mosaico del Terme Manzi Hotel & Spa, sull’Isola d’Ischia. Il Giulio Ferrari Collezione 1995 è prodotto solo in 1.500 bottiglie numerate che si troveranno in selezionati ristoranti ed enoteche. E non finisce qui: intorno al “vino maggiorenne” nascerà il F&B Club dei collezionisti di Giulio Ferrari.



NOVITÀDASTAPPARE CHAMPAGNE

Blanc de Blancs 2002 di Paillard I

l Brut Millesimato 2002 Blanc de Blancs di Bruno Paillard è elaborato a partire della prima spremitura di uve chardonnay provenienti da due Grands Crus della Côte des Blancs, Oger e Mesnil sur Oger. Più di 10 anni di maturazione sui lieviti hanno permesso a questo millesimato di raggiungere la sua pienezza. È uno Champagne di grande complessità, che stupisce per la diversità e la raffinatezza degli aromi: agrumi confit, burro, pane tostato si combinano in perfetto equilibrio a una freschezza sempre presente. Dorato profondo con riflessi verdi, perlage molto fine, al naso svela una grande freschezza e potenza insieme, con note agrumate e di mandorla fresca mescolate a sfumature iodate e di fiori bianchi. In bocca l’attacco è vivace, di una lunga persistenza. Poco dosato, solo 5 grammi per litro, il Blanc de Blancs 2002 è stato sboccato nel 2012. La maison Bruno Paillard è distribuita da Cuzziol di Santa Lucia di Piave (Tv).

PIEMONTE

Alta Langa Zero 2007 di Enrico Serafino

O

ttenuto con l’85 per cento di pinot nero e il 15 per cento di chardonnay, provenienti dai vigneti dell’Alta Langa, a oltre 300 metri di altitudine, Alta Langa Doc Zero 2007 Metodo Classico Brut Millesimato Sboccatura Tardiva, con circa 60 mesi di affinamento sui lieviti, rappresenta la massima espressione del metodo Classico di Cantina Maestra Enrico Serafino di Canale (Cn), nel portfolio di Campari Wines. Privo di liqueur d’expedition, è un dosaggio zero dal colore giallo paglierino brillante e perlage molto fine e persistente. Al naso regala complesse ed eleganti note di tiglio, miele e frutta bianca matura che sfumano in sentori di lievito e crosta di pane. In bocca è vigoroso e sostenuto da una vena acida, con sapore di fiori, frutta e lievito; il finale è lungo e minerale. Queste caratteristiche lo rendono un vino ideale sia come aperitivo, sia in tavola.

TRENTINO

Bottega Vinai tipicità in purezza

T

ra le etichette di Bottega Vinai, linea di vini regionali riservata alla ristorazione e alle enoteche della cooperativa trentina Cavit, si distinguono il Trentino Superiore Doc Marzemino d’Isera Vaion e il Trentino Superiore Doc Müller Thurgau Zeveri. Prodotto con marzemino gentile in purezza, il primo è un vino cordiale e ricco, con intensi sentori fruttati e floreali di viola mammola e sapore armonico ed equilibrato. Il secondo, realizzato esclusivamente con uve müller thurgau, ha bouquet intenso, molto pulito e di notevole complessità, in cui si riconoscono profumi che ricordano gli agrumi, la pesca, la salvia, il sambuco e l’ortica. Dal sapore piacevolmente fresco, vivace e persistente è un grande vino da aperitivo, accompagnato da tartine saporite, ma è ottimo anche con risotti alle verdure e grigliate di pesce.

FRANCIACORTA

ABRUZZO

Dosaggio Zero Castellini omaggio alla fondatrice

Tullum Doc Rosso dai vigneti di Feudo Antico

Un nuovo vino arricchisce la gamma dei Franciacorta dell’azienda Al Rocol di Ome (Bs): è il Franciacorta Dosaggio Zero Castellini, omaggio alla fondatrice della cantina di famiglia, Luigia Vimercati Castellini, classe 1911. Sull’etichetta la figura stilizzata di un tordo, richiamo al roccolo di caccia da cui deriva il nome dell’azienda. Prodotto in un numero limitato di bottiglie poiché le uve, 100 per cento chardonnay, provengono dai vigneti storici aziendali è sottoposto a una pressatura soffice e a una prima fermentazione in acciaio per 7 mesi. Altri 36 mesi occorrono perché la rifermentazione in bottiglia a contatto con i lieviti attribuisca al Franciacorta Millesimato carattere e aromi. Lo si può acquistare esclusivamente in cantina (www.alrocol.com).

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Un cru derivante da uve Montepulciano vinificate in purezza secondo il rigido disciplinare della Doc Tullum e provenienti da antichi vigneti del comune di Tollo (Ch), identificati con il nome della località e il numero del foglio di mappa catastale. Tullum Doc Rosso di Feudo Antico è un vino di grande personalità che, per le caratteristiche dei terreni e l’età dei vigneti, tra i 15 e i 30 anni, possiede un’ampia complessità olfattiva che si esprime sia in note fruttate, sia in eleganti nuance speziate. Per mantenere intatte le caratteristiche varietali tipiche del Montepulciano di Tollo, l’azienda fa maturare il Rosso in vasche di cemento vetrificato per poi completarne l’affinamento in bottiglia.



NOVITÀDASTAPPARE FRANCIACORTA

FRIULI

1701 Vintage 2009 Docg stile e versatilità

Refosco Selezione 2011 elegante e complesso Prodotto con uve refosco dal peduncolo rosso in purezza, il Refosco dal Peduncolo Rosso Selezione 2011 di Zorzettig, storica realtà che si estende oggi sulle colline di Spessa, a pochi chilometri da Cividale del Friuli (Ud), nel cuore dei Colli Orientali, è un vino dal colore rosso rubino intenso con leggere sfumature violacee. Al naso risulta dolce, elegante e complesso ed è un concentrato di frutti rossi, amarena e mora di rovo. Al palato è equilibrato e ampio, strutturato, ma dai tannini dolci e morbidi. Le note conferite dall’affinamento in legno sono delicate e piacevoli, con un ritorno al retrogusto ancora di frutta rossa. Per le sue peculiarità si sposa bene con la selvaggina e le carni grasse, ma è particolarmente indicato anche con i formaggi stagionati.

U

PIEMONTE

Barolo di Rivetto incarnazione del territorio

N

WHISKY

Ballantine’s, nuovo look per un grande classico Per gli estimatori di Ballantine’s, distribuito da Pernod Ricard, è arrivata una confezione che racchiude il Ballantine’s Finest, whisky complesso, apprezzato per il suo gusto bilanciato e ricco di toni fruttati, il profumo persistente con accenni speziati: è la Ballantine’s Chevron Carton Box. La confezione riflette il nuovo design della bottiglia che, senza perdere il suo fascino senza tempo, propone elementi nuovi come l’etichetta chevron (dalla forma “a gallone”) che riprende la classica sagoma a V dello stemma militare usato nella storia per indicare successo e vittoria. Questa etichetta è stata studiata per dare un look ancora più dinamico e d’impatto. Gli elementi simbolo di Ballantine’s invece, come il blasone e il sigillo rosso con impressa la B, sono stati ulteriormente valorizzati.

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na delle più antiche aziende di Franciacorta, la Conti Bettoni Cazzago, rinasce con il nuovo brand 1701, in omaggio all’anno di fondazione della cantina, e lo fa con 1701 Franciacorta Vintage 2009 Docg, un millesimato prodotto in appena 6.701 bottiglie numerate. Di colore giallo paglierino con riflessi verdognoli e dal perlage fine, al naso si presenta fresco ed elegante, ricco di sensazioni floreali intense e con sottile fragranza di lievito e crosta di pane. Al palato è armonico e fresco, con una piacevole nota acida e un retrogusto persistente e sapido. Indicato sia a tutto pasto, sia come aperitivo, può essere abbinato con piatti delicati a base di ragù di carne bianca, cotoletta alla milanese, crostacei o pesci al forno. È ideale con cibi grassi come i formaggi, il prosciutto crudo e vari tipi di paté.

ebbiolo in purezza per il Barolo del Comune di Serralunga d’Alba Docg dell’azienda agricola alessandrina I Pola di Alessandro Rivetto, realtà che affonda le radici nella tradizione e nella cultura in una delle zone più vocate alla viticoltura del territorio piemontese, l’Ovadese. È un vino intenso, dal bel colore rosso granato e dai riflessi arancioni. Il profumo è etereo e gradevole, mentre al gusto è austero, ma vellutato, robusto e armonico, elegante e con i tannini dolci e soffici. La diraspatura, la pigiatura e la macerazione avvengono a freddo per 2 giorni, dopodiché la fermentazione è fatta a temperatura controllata in vasche di acciaio. La macerazione dura 20 giorni mentre l’affinamento di oltre 3 anni avviene in botti di rovere di Slavonia e poi in bottiglia per 10 mesi.

MARCHE

Brindisi vivace con Festivity

F

estivity è il nuovo spumante dolce di grande piacevolezza e delicata aromaticità realizzato in edizione limitata da Rocca dei Forti, casa spumantistica del Gruppo Togni di Serra San Quiricio (An), acquisito nel 2005 e il cui vino di punta è il Verdicchio. Festivity è ottenuto con metodo Charmat da uve provenienti da vigneti collocati in zone selezionate del Piemonte tra cui il moscato bianco di Canelli e la malvasia aromatica. È contraddistinto da un colore giallo dorato, profumo gradevole e aromatico e fine perlage. Ideale in ogni occasione di festa, conclude piacevolmente il pasto ed è un perfetto accompagnamento a ogni dessert. La bottiglia, dal packaging distintivo, è avvolta da una speciale pellicola vivace, rosso brillante, e da un fiocco che scopre virtualmente il perlage dorato alla base.



FOODVALLEY CAFFAREL

La nocciola secondo Christian Milone Q

uando si pensa all’abbinamento perfetto per i più golosi, uno dei primi che viene in mente è quello del cioccolato con le nocciole. E se il cioccolato è quello di Caffarel e le nocciole sono Piemonte Igp, l’abbinamento si eleva all’ennesima potenza del gusto, come dimostra il celebre Gianduiotto, ancora oggi il prodotto di punta della storica azienda di Luserna San Giovanni (To). Come sottolinea il direttore marketing Pierluigi Gallo, “il Gianduiotto è il cioccolatino che ha la più lunga storia, è stato il primo Gian ad essere incartato ed è il più venduto nel mondo. L’azienda compra e più nocciole che cacao e la Nocciola Piemonte Igp è la protagonista nell’assortimento di Caffarel”. Questa pregiata varietà, detta Tonda nel Gentile Trilobata, coltivata tra le colline di Langhe, Roero e Monferrato, Ge svolge un ruolo economico importantissimo per il territorio, come sv ha h ricordato Pier Giorgio Mollea, presidente di Nocciole Marchisio, principale fornitore dell’azienda dolciaria torinese: “La Nocciola p Piemone Igp rappresenta il 2 per cento delle nocciole mondiali P (il maggior produttore è la Turchia), è la più cara e di più elevata qualità, utilizzata dai migliori pasticceri. Ma non è ottima solo per i dolci, come ha dimostrato una golosa cena a Larte, il ristorante di d Milano della Fondazione Altagamma che vede Caffarel tra i soci fondatori. Ai fornelli un talentuoso giovanissimo cuoco: Christian f Milone, nominato Chef talent of the Year 2013 per i Jeunes RestauM rateurs d’Europe, che, con il suo estro creativo e frizzante, ha dato ra una un svolta al ristorante di famiglia, la Trattoria Zappatori di Pinerolo (To). Con la Nocciola Piemonte Igp Milone si è davvero sbizzarrito proponendo ricette del territorio sapientemente scomposte, come la Bagna caoda 2.0 con verdure, il Risotto trionfo di Langa, la Panna cotta sbagliata e la Torta di nocciole, il suo gelato e Gianduiotto Caffarel soffiato. Sorprendendo anche il “padrone di casa”, Vincenzo Montuori, amministratore delegato di Caffarel.

CONGRESSI

E-COMMERCE

Eccellenze Alimentari a portata di click

E

ccellenze Alimentari Italiane, filiera agroalimentare nata per dare valore a tutto ciò che è straordinario nel mondo della cultura gastronomica italiana e che fino a oggi si era limitata a commercializzare le proprie specialità in botteghe, enoteche e nella ristorazione di alta qualità, ha da breve avviato una piattaforma e-commerce all’indirizzo www.eaishop.it. Per i consumatori sarà quindi possibile ordinare direttamente a casa, scegliendo da una vasta gamma di prodotti artigianali rigorosamente made in Italy e in continua evoluzione, approfittando per tutti i primi mesi del 2014 di una serie di promozioni che l’azienda ha attivato in occasione del lancio del portale. La selezione gastronomica comprende prodotti di nicchia quali pasta di farro, tonnetto di Sicilia, aceto balsamico di Modena, pomodori pelati pugliesi in vaso di vetro, ragù toscani e molto altro ancora.

ALIMENTAZIONE

Id Identità Golose 2014 al via la 10ª edizione U golosa intelligenza, questo il tema Una della decima edizione di Identità Golose, d congresso italiano di cucina e pasticceria d’autore, dove in 9 edizioni si sono alternati sul palco oltre 300 cuochi, pizzaioli e pasticcieri da più di 20 Paesi, in scena a Milano dal 9 all’11 febbraio 2014 a Fiera Milanocity. In cucina -è il pensiero di Paolo Marchi, giornalista e ideatore dell’evento- serve la capacità di salvaguardare memorie e sapori, di innovare intuendo nuove combinazioni, di alleggerire grassi per esaltare le materie prime. Seguendo un solo mantra: la golosità, guardando avanti e pensando a Expo Milano 2015.

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Nelle Marche apre il primo locale probiotico A Civitanova Marche (Mc) è stato inaugurato Synbiofood Cafe, il primo caffè probiotico italiano, uno spazio dove mangiare bene in modo salutare ed equilibrato, con un perfetto apporto nutrizionale attraverso l’assunzione di cibi integrati con alimenti probiotici. I probiotici sono organismi “vivi” che, oltre a regolare la funzione intestinale, rinforzano le difese immunitarie, rendono la pelle più bella, hanno effetto antiossidante e migliorano le funzioni digestive. L’idea è di Andrea Cresci e Simone Biagioni che hanno coinvolto nel progetto Synbiotec, spin-off dell’Università di Camerino (Mc).


L’

FIRENZE

PREMI

Risto-bottega chiantigiana per la Macelleria Falorni

Un tartufo per la pace a Lampedusa

Antica Macelleria Falorni ha inaugurato a Firenze la sua prima ristobottega, a cui seguiranno presto altri di punti di degustazione in Italia e nel mondo. Si tratta di un concept che reinterpreta in chiave contemporanea la bottega tradizionale in cui degustare e acquistare le specialità alimentari del Chianti prodotte dalla storica macelleria di Greve in Chianti (Fi): dal salame con toro alla salsiccia stagionata con cinghiale, dalla finocchiata di Montefioralle al prosciutto saporito, accompagnati da una selezione di pecorini, marmellate e miele. Alla risto-bottega è possibile servirsi da soli allo scaffale o degustare al tavolo, ma anche utilizzare il servizio take away.

Il premio Un tartufo per la pace, giunto alla 22 esima edizione, è stato assegnato quest’anno al Comune di Lampedusa, oltre a un riconoscimento speciale al ministro Cècile Kyenge per l’impegno a favore dell’integrazione razziale. Tra le mura del castello trecentesco di San Giovanni d’Asso (Si), nella Sala del camino, Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, ha ritirato il premio alla presenza del presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, e del sindaco di San Giovanni d’Asso, Michele Boscagli. Il messaggio che si è voluto comunicare è stato quello della necessità di portare maggiore sostegno ai luoghi di frontiera.

FORMAGGI

Vip, il nuovo panino con Asiago Dop

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l Consorzio tutela formaggio Asiago prosegue nella sua strategia di consolidamento del fuoricasa siglando un accordo con Airest del Gruppo Save di Venezia. La partnership prevede la proposta del Panino V.i.p. Verde Veg all’Asiago Dop, acronimo di very italian panino, negli oltre 60 punti vendita food & beverage a insegna Ristop, BriccoCafè, Culto, Rustichelli & Mangione e L’Orto della società veneta. Il Panino V.i.p. Verde Veg (Asiago Dop, accompagnato a melanzane grigliate e basilico su pane ai tre cereali -frumento, segale e mais- coniuga salubrità ed ecosostenibilità, all’insegna di un’alimentazione green. Il nuovo panino punta a raggiungere un volume di vendita di 60 mila unità annue.

MILANO

Olio Officina guarda al sociale

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al 23 al 25 gennaio torna, a Palazzo delle Stelline di Milano, Olio Officina Food Festival, la manifestazione ideata e diretta dall’oleologo e scrittore Luigi Caricato. Tema di questa 3ª edizione L’anima sociale dell’olio e del cibo e l’happening sarà inaugurato non da uno chef, ma da padre Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, uomo di cultura e di spiritualità, raffinato cuoco e, indirettamente, produttore d’olio in Puglia, in Umbria e in Toscana. In programma incontri d’auT tore tore, con momenti dedicati all’oleologia, alla cucina, alle scienze della nutrizione, ma anche all’analisi sensoriale degli oli e ai criteri di applicazione degli oli al cibo e sedute di assaggio per adulti e bambini. se ““Il mercato dell’olio da olive in Italia è ormai maturo e ha bisogno di nuovi o stimoli e curiosità”, spiega Caricato.

ECCELLENZE

L’Aceto Balsamico omaggia Verdi La Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena rende omaggio a Giuseppe Verdi a 200 anni dalla nascita con una produzione numerata per testimoniare il legame con la cultura e le tradizioni di un territorio ricco di prodotti eccellenti. Obiettivo di questa speciale bottiglietta di Aceto Balsamico Tradizionale è quello di collegare questo prodotto alle altre eccellenze di Modena e della sua tradizione. Dopo il debutto al Teatro Comunale di Modena in occasione delle recite dei Vespri Siciliani, il 22 e 24 novembre (il ricavato della vendita è stato devoluto a sostegno dell’attività del Teatro), questa particolare confezione di Aceto Balsamico di Modena è disponibile al Museo del Balsamico Tradizionale di Spilamberto.

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FOODVALLEY DOLCI D

FIERE

Cleca S. Martino C al fianco dei pasticceri a

Rhex Ristorazione si unisce al Sigep

F Fecola di patate, amidi, lieviti, preparati per creme, ccacao amaro, zucchero a velo e vanillina: Cleca S. Martino, azienda mantovana guidata dalla famiglia M Zanetti con una lunga tradizione nei preparati per Z dolci e torte, si rivolge oggi ai pasticcieri e a quanti d vogliono realizzare dessert partendo dalle preparav z zioni di base con la sua nuova linea pasticceria. Idee e consigli nel nuovo portale www.ilovesanmartino.it, in cui Cleca S.Martino propone varie preparazioni, dai budini che hanno reso famoso il marchio alle più innovative linee di prodotti alimentari biologici e senza glutine, fino alle nuove collezioni a marchio Gustati la Vita!, dedicate a chi vuole seguire una dieta senza rinunciare a un buon dolce.

Sono state anticipate le date di Rhex Ristorazione che si svolgerà a Rimini dal 18 al 22 gennaio, in contemporanea anea con Sigep, Salone internazionale della gelateria, pasticceria e panificazione artigianale. Al pubblico di Rhex si uniranno quindi i 144.803 visitatori professionali di Sigep. “Le modalità di consumo si sono evolute -ha detto il presidente di Rimini Fiera Lorenzo Cagnoni- Oggi la ristorazione dà servizi differenziati, multi-offerta, che addirittura cambiano volto nel corso della giornata. Un fenomeno molto evidente che Rimini Fiera, potendo contare su un ‘palinsesto espositivo’ forte, traduce con questa ‘unione’ assecondando così le richieste del mercato”.

CONCEPT

Un angolo di Svezia a Milano

I

l cibo e il DESIGN svedesi conquistano Milano: in via Panfilo Castaldi 20 ha inaugurato Björk Side Store, una contemporanea drogheria metropolitana dedicata al mondo scandinavo che propone prodotti food e complementi d’arredo e mescola moderno e antico. Dopo la prima Björk Swedish Brasserie in Italia, aperta nel settembre 2012 a Quart (Ao), prosegue il progetto nato dal connubio creativo tra Giuliana Rosset, imprenditrice e creatrice di Napapjiri, e Nicola Quadri, architetto milanese e interprete dello stile nordico in Italia. Björk Side Store è un luogo in cui cibo e design, tessuti e bevande artigianali, ceramiche e accessori decorativi, arredi vintage e nuove produzioni, piccoli prodotti d’utilizzo quotidiano svelano uno stile preciso, un mondo di appartenenza, un lifestyle nordico ipercontemporaneo.

BIO

Cinque risi per Alce Nero

A

lce Nero, azienda di Monterenzio (Bo), che racchiude sotto il proprio marchio oltre mille agricoltori e apicoltori impegnati, in Italia e nel mondo, nella produzione di alimenti sani e naturali, frutto di un’agricoltura che rispetti la terra, l’uomo e l’ambiente, completa la gamma dei risi biologici con cinque varietà selezionate, coltivate nelle zone vocate del Piemonte e della Lombardia: Arborio, Baldo, Integrale, Nerone e Rosa Marchetti. Tutte a stelo lungo e con apparato radicale profondo, avvolte in una confezione di un colore differente per ogni varietà, corredata da carta d’identità ed etichetta narrante: preziosi testi che ricostruiscono la storia del riso dalle terre di coltivazione alla caratteristica del chicco, indicando la varietà, tutte le pratiche adottate nei campi, per finire con la raccolta e le tecniche di lavorazione.

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DIETE

Barrette da chef con Pierangelini ni

I

grandi chef al fianco nco degli sportivi, in partirticolar modo dei ciclisti. sti. Dopo Ferran Adrià, re della cucina molecolare re e del tristellato risto-rante El Bulli, che lo o scorso luglio ha preparato le barrette energetiche usate al Tour de France dal team spagnolo Movistar, istar, ora in Italia Fulvio Pierangelini ha raccolto la richiesta dell’albergatore inglese Rocco Forte di realizzare barrette, ma anche bevande e diete, per i clienti più sportivi. Pierangelini sta lavorando con proteine e zuccheri vegetali, disponibili in materie prime di qualità come fragole di bosco di Sciacca, arance di Ribera, fichi di Carmignano, mandorle di Noto, pistacchi, semi con alte proprietà nutritive, come quinoa e amaranto, e anche erbe, spezie fresche e fiori. Il tutto lavorato con le tecniche del raw food. Lo chef sta anche studiando barrette di sole verdure, ricoperte di cioccolato, e bevande a base di frutta e ortaggi.



SINERGIE LA CARNE DI MANZO UTILIZZATA NELLE DIVERSE REFERENZE DI PASTA RIPIENA FRESCA DEL MARCHIO DI PROPRIETÀ DI NESTLÉ ITALIANA PROVIENE DA BOVINI NATI E ALLEVATI IN ITALIA. UNA SCELTA CHE HA RIBADITO LA NECESSITÀ DI RAFFORZARE LE SINERGIE LUNGO LA FILIERA E CREARE VALORE PER TUTTI I SOGGETTI DEL COMPARTO

Buitoni e Inalca, accordo nel nome dell’italianità Barbara Amati

B Sotto, Leo Wencel, capo mercato di Nestlé Italiana. In basso, Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Inalca, di cui vediamo un allevamento

uitoni ha stipulato un accordo con Inalca, società del Gruppo Cremonini, per l’acquisto di carne di manzo 100 per cento italiana per un valore di 100 milioni di euro da utilizzare per diverse referenze di pasta ripiena fresca. Ciò significa che i bovini saranno nati, allevati e macellati in Italia. Una fornitura importante che, al di là del valore, sottolinea la volontà, da parte di Nestlé Italiana, di cui fa parte Buitoni, di puntare sul made in Italy e sulle sue risorse. Una scelta sottolineata da Leo Wencel, capo mercato del Gruppo Nestlé in Italia, che ha ribadito la necessità di rafforzare le sinergie lungo la filiera e creare valore per tutti i soggetti che operano nel comparto: “Acquistare le nostre materie prime in Italia significa, infatti, agire concretamente per fare sistema e dare il nostro contributo per creare ricchezza nel Paese. Buitoni è un marchio simbolo della cucina italiana contemporanea: italiane sono le ricette e gli chef che le elaborano a Casa Buitoni”. L’accordo siglato con il Gruppo Cremonini rappresenta dunque un tassello in Crem più di italianità per i prodotti Buitoni. ““L’accordo con Nestlé ha valore per la filiera perché significa investire per valorizzare i pe contenuti positivi che stanno dietro la vera co italianità -ha commentato Luigi Scordaita maglia, amministratore delegato di Inalca, m ssottolineando che l’Italia importa il 50 per ccento del suo fabbisogno di carne bovi-

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na- Perché l’italianità dei prodotti non deve essere appannaggio di pochi, ma raggiungere la massa dei consumatori e diventare patrimonio di tutti. Inalca, come industria di trasformazione, è in grado di assicurare la massima valorizzazione possibile al lavoro degli allevatori, attraverso investimenti in tecnologia e unendo tradizione e know-how a una continua innovazione. L’agroalimentare italiano può fornire una risposta a periodi che vedono il calo della produzione industriale e dei consumi con il nostro modello che è quello di un’azienda che internazionalizza ma senza delocalizzare: in luglio abbiamo festeggiato 50 anni di crescita avvenuta consolidando la leadership nel settore della carne bovina e sviluppando la distribuzione con piattaforme distributive in tutto il mondo. Valorizzare ogni singola parte dell’animale nel mercato mondiale ci consente di riconoscere concretamente il valore degli allevatori italiani”. “Dalle situazioni di crisi possono nascere grandi opportunità -ha aggiunto Mario Guidi, presidente di Confagricoltura- Dobbiamo riconoscere che il vero made in Italy è dato dalla somma sinergica delle nostre produzioni agricole e dall’ingegno italiano, dalla loro sostenibilità sociale ed economica”. Per Francesco Avanzini, direttore commerciale di Conad, “il nostro compito è portare la qualità italiana ai consumatori, con la certezza della provenienza del prodotto”. F&B



LODGE&SPA LONDRA

Rosewood London, un indirizzo d’élite I

l prestigioso marchio Rosewood Hotels & Resorts approda per la prima volta in Europa con il Rosewood London, a Holborn, una delle aree più ricche di storia della City. Costruito nel 1914, è stato restaurato conservando le caratteristiche architettoniche originali, pur collocandolo nell’avanguardia del design. Le 262 camere e 44 suite ricordano eleganti appartamenti londinesi. L’esclusiva Gran Manor House Wing, di 6.318 metri quadrati, è l’unica suite al mondo ad avere un proprio 6.31 codice postale. Rosewood London è anche uno degli indirizzi di cod spicco della scena gastronomica locale: dalla Lobby Lounge, dove sp sorseggiare Champagne, alla Mirror Room, una raffinata sala che so offre alta cucina a pranzo e a cena e che vanta uno spettacolare o afternoon tea a buffet nel pomeriggio. A febbraio sarà inoltre a iinaugurato l’Holborn Dining Room, un’elegante brasserie con una rivisitazione dei piatti della tradizione gastronomica britannica.

TRENTO

Mix di cucine e sapori al Villa Kofler

I

l soggiorno a VILLA KOFLER WONDERLAND RESORT di Campitello di Fassa (Tn) è all’insegna della buona tavola grazie al Della Villa Restaurant. Qui la cucina di Mattia Stroppa è una sintesi fra novità e tradizione, tra piatti fusion e ricettari della nonna, tra sapori d’Oriente e gusti d’Occidente. Non si dimenticano neppure le usanze ladine. I prodotti, che nascono dalle coltivazioni di fondovalle e di mezza montagna a chilometro zero, sono utilizzati da Stroppa per diversi piatti come, ad esempio, il Carpaccio di carne salada accompagnato da una cialda di Cher de Fasha (il tipico formaggio della valle) e la Capasanta in tempura nera su coulis di zucchine, vongole e wasabi.

ALTO ADIGE

La cucina montana di Niederkofler

L

o stellato Norbert Niederkofler inaugura al ristorante St. Hubertus, nell’Hotel & Spa Rosa Alpina di San Cassiano (Bz), una nuova idea di gastronomia ispirata all’ambiente montano e alla sua cultura: Cook the Mountains. Non una rivisitazione nostalgica della tradizione, ma una filosofia che supera i confini della cucina e mira a essere una sintesi attuale degli insegnamenti del passato: niente te più foie gras o pescaati del Mediterraneo e dell’Atlantico, ma semplicemente salmerino locale, burro di capra, agnelli delle valli altoatesine, cucinati secondo le imprescindibili tecniche, ma avvolti da profumi nuovi di bosco e da aromi riscoperti e naturali. Il tutto in collaborazione diretta con i produttori, con l’obiettivo di riscoprire la biodiversità, i ritmi stagionali e le pratiche di coltivazione rispettose dell’ambiente.

EMIRATI ARABI

MILANO

Il mondo in un piatto all’Atlantis di Dubai

Riapre nel 2014 l’Excelsior Gallia

È un vero e proprio viaggio fra i sapori e i profumi del mondo l’esperienza gastronomica all’Atlantis The Palm, resort-icona di Dubai, grazie alla scelta tra venti ristoranti. Per i palati più raffinati e attenti alle nuove frontiere del gusto, Atlantis The Palm riunisce a pochi passi di distanza tre fra i migliori cuochi stellati del mondo: il giapponese Nobu Matsuhisa, che mette insieme la tradizione nipponica e influenze latinoamericane, l’italiano Giorgio Locatelli, proprietario della Locanda Locatelli di Londra, che ripercorre la penisola alla ricerca dei sapori della cucina mediterranea, e il francese Michel Rostang, con un menu capace di trasportare l’ospite nei profumi tipici di Parigi.

28 | FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013

Acquistato qualche anno fa da un fondo di investimenti internazionali del Qatar, il Katara Hospitality, lo storico albergo Excelsior Gallia, situato vicino alla Stazione Centrale di Milano, è stato sottoposto a un progetto di ampliamento e ristrutturazione. I lavori hanno previsto il restauro della facciata originale che risale agli anni ‘30, mantenendone le decorazioni dell’epoca, e la costruzione di un nuovo edificio di vetro e acciaio, che accoglierà centro meeting, congressi e mostre, al piano terra, e una grande spa al 6° e 7° piano. L’hotel avrà 235 camere, fra cui 45 suite, una suite presidenziale e una royal suite, con spa privata, un ristorante e un bar con terrazza panoramica.


LUGANO

Riequilibrarsi al Resort Collina d’Oro

U

no spazio dove Hermann Hesse ha scelto di scrivere e dipingere, di immortalare ogni attimo della sua vita. Questo luogo si trova ad Agra (Lugano), dove sorge il Resort Collina d’Oro, la nuova struttura firmata dall’architetto Ettore Mocchetti e voluta da Silvio Tarchini nel punto più soleggiato di tutta la Svizzera. Un hotel con 30 suite, 16 camere doppie e 43 appartamenti, immerso nel verde che domina il lago. Ma il fiore all’occhiello sono i mille metri quadrati di spa, firmata Alain Mességué, in cui disintossicare e riequilibrare l’organismo. Per farlo Mességué propone percorsi da 5, 8, 11 o 16 giorni, in cui applica i tre principi fondamentali della sua filosofia: l’uso di erbe mediche coltivate in Francia, la ricerca di una dieta sana, ma al tempo stesso gustosa, e l’assoluto riposo durante il soggiorno.

BOLZANO

Arte e design all’Hotel Greif

A

ffacciato su Piazza Walter, cuore pulsante di Bollzano, l’Hotel Greif unisce l’arte al design. Le 33 stanze e sono state, infatti, decorate da artisti contemporanei che hanno reso lo spazio un piacere per gli occhi. Qui la filosofia della direttrice, Doris Gotter, punta al massimo rispetto per l’ambiente, alla genuinità e alla freschezza dei prodotti serviti a colazione e a una grande attenzione ai dettagli. L’avanguardistico bar Grifoncino, all’interno dell’hotel, con il suo uo bancone trasparente illuminato, è considerato il miglior cocktail bar di Bolzano. Per il pranzo e la cena ci si sposta al ristorante del vicino Hotel Laurin (anch’esso di proprietà della famiglia Staffler), in cui lo chef Manuel Astuto propone ricette dove gli aromi del mare incontrano il sapore delle montagne.

SVIZZERA

L’atmosfera accogliente di uno chalet

È

stato appena inaugurato a Lenzerheide, nel Cantone dei Grigioni, il Privà Alpine Lodge, originale connubio di hotel-residence composto da 90 chalet-appartement e 3 chalet, ristoranti, bar, piscina, palestra, reception, sport, shop, miniclub e scuola di sci. Un nuovo concetto di ospitalità dove vivere la vacanza potendo scegliere tra l’intimità di un proprio appartamento usufruendo dei servizi di un resort. Al Privà Alpine Lodge Lenzerheide sono i dettagli che affascinano: il caminetto sempre acceso, la sauna privata, il calore del legno, il profumo dei boschi, la tranquillità, il lusso non ostentato e l’eleganza degli arredi. Il resort è un luogo di riposo, in cui trascorrere una vacanza seguendo il proprio ritmo e gustando la gastronomia tipica dei Grigioni ai ristoranti Privà Steiva e Privà Usteira.

TRENTINO

Sapori d’inverno al Romantik Hotel Regina Immerso tra le Dolomiti, Patrimonio dell’Umanità, e il Parco Naturale di Paneveggio, il Romantik Hotel Regina di San Martino di Castrozza (Tn) è il luogo ideale dove trascorrere soggiorni rilassanti e all’insegna degli sport invernali, senza rinunciare ai piaceri che la gastronomia trentina regala al palato, tra vini e piatti tipici. Dotato di diverse tipologie di camere, di cui anche alcune suite con idromassaggio, un centro fitness e una moderna spa, il Romantik Hotel Regina offre la calda atmosfera tipica di una residenza di montagna, ma dotata di tutti i comfort, in perfetto equilibro tra tradizione alpina, grazie anche alle collezioni di giocattoli, oggetti di antiquariato e utensili, e glamour contemporaneo.

EVENTI

Inverno gourmet nel Canton Grigioni L’inverno nel Canton Grigioni, in Svizzera, sarà all’insegna della cucina d’autore con chef stellati che delizieranno gli ospiti del Carlton Hotel St. Moritz e del Tschuggen Grand Hotel di Arosa. Allo Tschuggen Grand Hotel, dal 9 all’11 di gennaio 2014 si svolgerà, infatti, lo Tschuggen Gourmet Tour con la partecipazione di sei top chef che prepareranno le loro delizie culinarie con il coordinamento di Dieter Müller. Dal 27 al 30 gennaio, durante il St. Moritz Gourmet Festival, invece, il giapponese tre stelle Michelin Yoshihiro Takahashi porterà la cucina Kaiseki, una forma di pasto tradizionale che include tante piccole portate, al Carlton Hotel St. Moritz. Ma non solo: qui i fratelli Cerea sono pronti a bissare il successo dell’anno scorso con il ristorante Da Vittorio-St. Moritz.

FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013 | 29


BUSINESSNEWS CONSUMI

Tengono i surgelati nel 2013 A

nche il 2013 sarà archiviato come un anno di particolare difficoltà per il settore food: nei primi otto tto mesi la spesa agroalimentare delle famiglie italiane ne è, infatti, diminuita del 3,7% su base annua, con on volumi di acquisto in calo dell’1,8% e con un taglio, o, solo per i prodotti alimentari di largo consumo,, di quasi un miliardo di euro. Secondo l’Istituto italiano alimenti surgelati, anche il settore del frozen è stato investito da questo trend negativo (con una perdita globale a settembre di circa l’1,2-1,4%), ma chiuderà l’anno con un contenuto decremento. Ancora una volta il comparto dei vegetali si sta rivelando il più importante in termini mini di volumi, con un aumento di circa lo 0,5%. Bene le patate, in particolare, che confermano un elevato gradimento con consumi in linea con quelli del 2012. Dopo un primo trimestre decisamente positivo, l’ittico surgelato ha invece scontato una consistente perdita di domanda (circa -4%), dovuta alla crisi che ha pe spinto i consumatori a optare per i più economici prosp dotti decongelati. Ancora apprezzabili le performance d d di pizze e snack, che risultano in parità rispetto al 2012 o in leggerissima flessione (-0,3-0,4%). In calo invece i piatti ricettati, con un’ulteriore perdita dell’11%. Numeri che confermano, in ogni caso, come i surgelati siano entrati a pieno titolo nelle abitudini alimentari delle famiglie italiane cche li considerano di qualità e un aiuto ffondamentale anche per la creatività in cucina, come ha dimostrato una recente cu indagine Astarea, perché consentono time in saving, salvaguardia della stagionalità e libertà sav di ccucinare ciò che si vuole quando si vuole.

FATTURATO

ITALIA

Il turismo green non conosce crisi

S

econdo i dati di AGRI@TOUR, Salone nazionale dell’agriturismo e dell’agricoltura multifunzionale, è di oltre un miliardo di euro il fatturato medio annuo generato dall’agriturismo, uno dei pochi settori a non aver risentito della crisi. Oggi in Italia ci sono oltre 20 mila agriturismi: il 45,1% al Nord, il 34,4% al Centro e il 20,5% al Sud. In particolare, nelle regioni settentrionali e nel Mezzogiorno si concentra la percentuale più alta delle aziende con ristorazione (rispettivamente il 44,8% e il 32,1% del totale), mentre nell’Italia centrale è presente il 59,1% degli agriturismi con degustazione. La Toscana è la regione leader con 4.074 agriturismi. In crescita le fattorie didattiche (oltre 3 mila) con un fatturato annuo di 12 milioni di euro. Tra i mercati emergenti la Cina e la Russia, oltre ad Argentina, Brasile e Germania.

MARCHE

T Terzo trimestre iin crescita per Marr Nel terzo trimestre del 2013, quello più importante dell’anno, Marr, società leader Italia nella commercializzazione e nella distriin Ita buzione di prodotti alimentari al foodservice del Gruppo prod Cremonini, fa segnare ricavi in aumento, pari a 422 milioni di euro, con un incremento del 12,2% rispetto ai 376,1 milioni di euro del 2012. In crescita anche la redditività operativa con Ebitda ed Ebit che raggiungono rispettivamente 36,6 milioni di euro (33,8 milioni nel 2012) e 29,5 milioni (28,3 milioni nello scorso anno). Il risultato netto si attesta quindi a 19,7 milioni di euro rispetto ai 19,1 milioni del terzo trimestre 2012, con un patrimonio netto al 30 settembre 2013 di 229,6 milioni di euro.

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Cereali bio in fuga più apprezzati all’estero Sono più apprezzati all’estero che in patria: da anni l’export dei prodotti della filiera biologica marchigiana oscilla dal 60% al 90% sul fatturato totale, raggiungendo non solo l’Europa ma anche Emirati Arabi, Usa, Israele, Canada, Australia, Singapore e Giappone. “Provengono per lo più da aziende agricole a conduzione familiare, da piccoli e medi produttori che perseguono economie di scala ridotta che sono soci delle cooperative agrobiologiche aderenti al Consorzio Marche Biologiche”, spiega il presidente Francesco Torriani. Dunque, cresce e si diffonde l’agricoltura biologica nelle Marche con oltre 2 mila aziende agricole coinvolte.



CHEZ... CI STUPISCONO, CI EMOZIONANO, CI FANNO SCOPRIRE SAPORI NUOVI E INASPETTATI, DANDO VITA AD ABBINAMENTI CREATIVI O RIVISITANDO PIATTI DELLA TRADIZIONE. MA GLI CHEF COSA MANGIANO? QUALI SEGRETI NASCONDONO? QUINDICI DOMANDE PER SCOPRIRE NON LE “PUBBLICHE VIRTÙ”, MA I “VIZI PRIVATI” DEI GRANDI CUOCHI

...CHEF

...RISTORATORE

Lidia Bastianich Felidia, New York

Joe Bastianich Del Posto, New York

A casa tua chi cucina? Cucino e comando io Il tuo piatto preferito? Prosciutto San Daniele, Grana Padano e fichi, con pane integrale croccante La ricetta che ami di più cucinare? Risotto al guazzetto d’aragosta Una cenetta in pace: cosa ti prepari? Spaghetti aglio, olio e peperoncino La ricetta per conquistare è... Spaghetti alle vongole, rigorosamente al dente La tua cucina in una parola... Amore Il piatto che ti ha sorpreso di più? L’alligatore Cajun style Qual è il ristorante dove ti rifugi quando non vuoi cucinare? La Frasca di Lauzacco (Ud), da Valter Scarbolo, per un piatto di prosciutto e un bicchiere di vino Da quale collega vorresti andare a cena? Da Bruna Cerea e famiglia Per quale collega ti emozionerebbe cucinare? Nadia Santini Con chi faresti uno scambio di ristoranti? Con nessuno, sono contenta così Per quale personaggio reale o di fantasia ti piacerebbe cucinare? Giuseppe Verdi Se non avessi fatto il cuoco... Sicuramente sarei diventata pediatra Hai un budget illimitato: un ristorante a... Sullo Stromboli Il guanto della sfida a chi lo lanceresti? Non saprei, tanto vinco sempre io

A casa tua chi cucina? Sicuramente io Il tuo piatto preferito? Un piatto misto con calamari fritti, prosciutto, radicchio, fagioli rossi, cipolla rossa e un uovo sodo La ricetta che ami di più cucinare? La pasta, come gli spaghetti al pomodoro Una cenetta in pace: cosa ti prepari? Prosciutto crudo e Grana Padano con un bicchiere del nostro Vespa Bianco La ricetta per conquistare è... Agnolotti al tartufo bianco e Barolo La tua cucina in una parola... Soddisfacente Il piatto che ti ha sorpreso di più? Lo street food di Singapore Qual è il ristorante dove ti rifugi quando non vuoi cucinare? La Frasca, da Valter Scarbolo, Lauzacco (Ud) Da quale collega vorresti andare a cena? Davide Scabin Per quale collega ti emozionerebbe cucinare? Non sono uno chef, ma amo cucinare per la mia famiglia Con chi faresti uno scambio di ristoranti? Con i fratelli Benfaremo del The Lemon Ice King of Corona, nel Queens, ma solo per un giorno Per quale personaggio reale o di fantasia ti piacerebbe cucinare? Winston Churchill Se non avessi fatto il cuoco... In effetti, sono un ristoratore… Hai un budget illimitato: un ristorante a... Mi piacerebbe poterne aprire uno in ogni capitale del cibo Il guanto della sfida a chi lo lanceresti? Certamente non a mia madre!

LEGGETE LE INTERVISTE AD ALTRI CHEF SU www.foodandbev.it


2007 MIGLIOR VINO ITALIANO Hong Kong International Wine & Spirit Competition 2013

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REALE IN DIECI ANNI LO CHEF DI CASTEL DI SANGRIO È ARRIVATO ALLE TRE STELLE. UN PERCORSO NATO E CRESCIUTO NEL SUO TERRITORIO, NEL CUORE DELL’ABRUZZO, DOVE, INTORNO AL RISTORANTE, HA CREATO UNA SCUOLA DI FORMAZIONE DI CULTURA GASTRONOMICA PER GIOVANI CUOCHI CON PARTNER IMPORTANTI. LA SUA È UNA CUCINA DALLA FORTE IDENTITÀ, NITIDA, CHE VA AL CUORE DELLE MATERIE PRIME

Ricerca e formazione la ricetta di Niko Romito Barbara Amati

D Talentuoso cuoco autodidatta, Niko Romito arriva a comprendere l’essenza degli ingredienti con i quali poi realizza una cucina nitida che punta a emozionare. Assoluto di cipolle, Parmigiano e zafferano tostato è il piatto che meglio racchiude la sua filosofia, fondata sulla centralità del gusto

a Rivisondoli a Castel di Sangro ci sono solo 10 chilometri e, intorno, pascoli e montagne d’Abruzzo, un blu che rapisce, un verde che abbaglia e un silenzio che stordisce. O fa pensare meglio. Creare meglio. Cucinare meglio. Deve essere così, perché, altrimenti, come si spiegano le tre stelle Michelin che Niko Romito, cuoco autodidatta e talentuoso, si è meritatamente guadagnato sulla Guida 2014 per il suo Reale? Tre stelle che “sono la realizzazione di un sogno, che ci ripaga delle scelte e del lavoro fatto in questi anni”, dice Niko con un gran sorriso. Sentirgli raccontare la sua storia rivela quanto sia determinato, coraggioso, forse un po’ incosciente. “Un detto giapponese dice: ‘Ti auguro di vivere in un periodo di crisi, così ti devi dar da fare per superare i problemi’ -filosofeggia Romito- Noi abbiamo sempre vissuto in un regime di crisi e questo ci ha spronato a fare tanto e ad avere idee, a puntare su qualità e cultura gastronomica: io sono tarato sulla crisi…”. È così che si capisce la grandezza e la forza di Niko che ha resistito a tutto e ha vinto (le 4 stelle non esistono, no?). Un vulcano di idee, che rende concrete. Prima a Rivisondoli (700 anime) e dal 2011 a Castel di Sangro (6 mila) sul picco delle montagne in provincia dell’Aquila, a 1.300 metri di altitudine, perché quello è il suo territorio ed è lì che è voluto rimanere per creare qualcosa di importante. “Andarsene sarebbe stato facile, mi chiedevano di spostarmi un po’ dappertutto, in Italia e all’estero, perfino a Tokyo: avrei guadagnato venti volte di più, ma non mi interessava. La sfida era costruire qualcosa di mio e di grande nel mio territorio, a casa mia. Questo territorio è la mia forza, ma non il mio limite, guai se lo fosse. E oggi il gourmet deve venire al Reale, anche se è lontano, perché noi, qui,

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nel cuore dell’Abruzzo, abbiamo un progetto di sviluppo che va al di là della nostra regione. Un progetto a tutto tondo, che parte dallo studio in cucina, al lavoro sugli ingredienti e sulle materie prime, senza dimenticare la ricerca e i percorsi professionali della Niko Romito Formazione e di Spazio, e di cultura gastronomica, come le recentissime video-ricette Unforketable”. Ma torniamo indietro, a quando Niko frequentava la Facoltà di Economia e commercio all’Università di Roma e voleva diventare broker finanziario. Nel 2000, a 70 anni, il papà Antonio, che aveva una pasticceria a Rivisondoli, centro sciistico ben frequentato, per passione, aveva deciso di aprire una trattoria di montagna, stagionale. Nei fine settimana Niko l’aiutava in cucina e in sala, cominciando a trafficare ai fornelli: “Era un mondo che mi affascinava e quando papà si è ammalato e poi rapidamente ci ha lasciato, mi sono messo in discussione e


ho deciso di portare avanti il suo sogno, ma facendo un percorso completamente diverso, per arrivare a creare una cucina che mi piacesse e mi rappresentasse. A sostenermi nell’attività, tra i miei quattro fratelli, è stata Cristiana, tuttora al mio fianco e sempre presente in sala. Però, non sapevo fare nulla e quindi ho cominciato a studiare, a viaggiare, seguivo corsi per conoscere, imparare, capire come funzionava questo mondo. Facevo pratica e andavo a intuito e piano piano riuscii a realizzare una cucina che mi piaceva, così nel ristorante l’offerta gastronomica cambiava e cresceva -ricorda lo chef- I primi 2-3 anni i clienti classici ci seguirono, poi ci abbandonarono. Dal 2003 il ristorante era sempre aperto, ma eravamo in un posto isolato, lontano da tutto. Il 2005 è stato un anno terribile, perché il turista classico non veniva e il cliente gourmet non ci conosceva”. Ma nel 2006 arrivarono i primi riconoscimenti: Miglior giovane chef per la Guida I Ristoanti d’Italia dell’Espresso e la stella Michelin e si cominciò a lavorare di più, con tanta voglia di crescere ancora. Ai miei ragazzi dicevo: ‘Pensate di


REALE

Casadonna, un ex convento del XVI secolo finemente restaurato, oggi ospita il Reale e la Scuola di alta gastronomia Niko Romito formazione. In alto a destra, uno dei piatti signature di Romito, Essenza di caffè, un dolce con polvere di caffè, genziana, cacao e riduzione di frutto della passione. Sopra, il logo dell’ultimo progetto, le video-ricette Unforketable

essere a Montecarlo e lavorate come se fos foste lì’ ”. A novembre 2009 ecco la seconda stella, ma già qualche mese prima Niko aveva m ccomprato Casadonna, un ex convento iin rovina del XVI secolo con l’idea di realizzare un grande centro di cucina di interesse internazionale: “Nel mio territorio, perché è da qui che siamo partiti ed è qui che abbiamo scelto di restare part ed è sempre s da qui che vogliamo continuare il nostro t percorso. Tutti mi davano del folle, iinvece era un progetto imprenditoriale ragionatto, creato solo con le nostre forze”. Casadonna è pronta nel 2011, 2.800 metri quadrati con il ristorante Reale e comode stanze, la Scuola di alta gastronomia Niko Romito Formazione (aperta nel maggio 2012), il vigneto sperimentale (ap e il frutteto. “La nostra è una scuola non classica di cucina italiana per formare giovani cuochi e cu immetterli nel mondo del lavoro, per diffondere la nostra cultura gastronomica in tutt’Italia e all’estero. La proposta formativa prevede 100 ore di didattica teorica e 575 ore tra pratica di laboratorio, visite esterne di approfondimento, incontri con produttori, lezioni tenute da esperti e chef di fama internazionale. La sensibilità e il saper capire nascono dalla cultura, così i corsi prevedono tanta cultura gastronomica e tanto studio, su libri di botanica, chimica, fisica. Sono convinto che il background culturale faccia la differenza. Ed è stato molto gratificante quando l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo ha voluto iniziare a collaborare con noi e qui sono arrivati docenti e professori universitari”. Sono diverse le aziende che sostengono la Scuola di for-

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mazione e contribuiscono a far crescere la cultura dei giovani cuochi. Come Lavazza, da sempre attenta al mondo della ristorazione di qualità. “Lavazza è diventata quest’anno partner del progetto culturale della Niko Romito Formazione condividendone la filosofia e gli obiettivi, cosicché i ragazzi capiscano cosa c’è dietro una tazzina di caffè grazie ai training con i responsabili Lavazza che raccontano come nasce un caffè, da dove viene, spiegandone la filiera. Il caffè è, come l’acqua, una bevanda che beviamo sempre ed è importante capire cosa si beve e apprendere cosa è fondamentale nella scelta di un caffè. È un prodotto che può essere tranquillamente declinato sul cibo: con questa polvere amara, astringente, realizzo Essenza di caffè, un dolce con polvere di caffè, genziana, cacao e riduzione di frutto della passione, senza zuccheri aggiunti. In un perfetto equilibrio tra acidità e amaro”. Grazie al proprio Training Center, il Centro di formazione e diffusione della cultura dell’espresso italiano nel mondo, Lavazza offre degustazioni e visite in azienda per permettere ai ragazzi di scoprire il percorso del chicco dalla produzione alla trasformazione, con l’obiettivo di divulgare l’arte della preparazione del caffè e mantenere sempre eccellente la qualità del prodotto nel momento della preparazione e del consumo. Ma la formazione non si ferma qui, perché da qualche mese nei locali di Rivisondoli dove c’era il Reale ora c’è Spazio, un ristorante in cui i giovani cuochi completano il loro percorso formativo e sono protagonisti, sia nella cucina-laboratorio, sia in sala. È un ristorante che fa il tutto esaurito, a prezzi bassi, con una clientela che si diverte e i ragazzi che si mettono alla prova, servono, raccontano e spiegano il piatto. “Quando proponi


Grazie alla collaborazione di Lavazza, partner sostenitore nella Scuola di formazione, i giovani cuochi apprendono i segreti del caffè e la sua filiera dal chicco alla tazzina, così da mantenere sempre eccellente la qualità del prodotto nel momento della preparazione e del consumo

una cucina a un prezzo accessibile vengono giovani e anziani, avvicini tutti al mondo dell’alta cucina, della sperimentazione e della ricerca, si fa capire quello che si sta facendo e quindi è anche una rivoluzione nella comunicazione nel mondo della gastronomia. Spazio nasce per superare il gap tra mondo del lavoro e mondo della formazione. Nella scuola formiamo 30 ragazzi all’anno con corsi di 4 mesi cui seguono 4-5 mesi da Spazio. Accettiamo ragazzi dai 18 anni in su, ma l’età media è sui 26-27 anni: hanno profili diversi, in generale hanno una bella formazione e il 50 per cento sono laureati. Sono giovani maturi, che hanno deciso di fare questo lavoro e arrivano fin quassù motivati, con la consapevolezza di accrescere le loro conoscenze e di imparare. È importante che facciano una vera esperienza di lavoro da Spazio che ora è anche diventato itinerante: adesso è a Roma e a febbraio sarà a Milano, poi forse andrà a New York”. Nel suo percorso di crescita Niko ha esplorato le cucine di molti stellati, in Italia e all’estero: quella di Valeria Piccini, di Salvatore Tassa, di Joan Roca, giungendo a creare una cucina che s’innesta sulla tradizione di quella abruzzese per poi innovarla e renderla cosmopolita. Una sintesi perfetta tra contemporaneità e regionalità in cui ha un ruolo fondamentale la tecnica: “Non è una cucina di territorio, oggi è una cucina completamente mia, di forte identità, con un approccio facilmente comprensibile. Una cucina che cerca di rispettare l’ingrediente e lo rende protagonista e per fare questo serve un grande lavoro di pulizia di tutte le sovrastrutture che nel piatto possano distrarre l’attenzione dagli ingredienti”. E questa è anche la filosofia che sta dietro a Unforketable,

un vero e proprio corso di cucina sul web (ogni singolo video, anche in inglese, costa 3 euro, www.unforketable.com), che ha visto la luce dopo due anni di lavoro, un progetto nato in partnership con Pasta Garofalo (è stata creata appositamente la società Mani e Materia, in cuii sono soci al 50 per cento). È una “enciclopedia video del gusto”, uno studio di ricette che parte da quella tradizionale e accompagna a per mano nella realizzazione di oltre e cinquanta piatti -e dieci verranno o aggiunti ogni mese- fornendo tutti tti i consigli necessari sulle tecniche di base. “Le parole d’ordine sono: legagame con il territorio e valorizzazione e di materie prime eccellenti. Utilizzando ndo gli strumenti che si hanno a casa riusciamo a fare una cucina più leggera, con meno grassi, ma, soprattutto mettendo in evidenza gli ingredienti che utilizziamo -spiega lo chef- Unforketable vuole dimostrare, ad esempio, che se sgrassiamo il guanciale per l’amatriciana, togliere quel grasso non sottrae nulla al gusto del piatto, anzi. Ho l’incredibile desiderio di fare capire a un pubblico medio, casalingo, che la cucina italiana è cambiata tantissimo ed è sbagliato pensare alle ricette tradizionali della nonna o della mamma, come a piatti intoccabili. C’è questo gap tra noi e il pubblico, per questo si deve scendere in basso per portarli in alto: si deve lavorare al contrario e si deve essere umili”.

Due immagini di Casadonna, l’esterno e una delle comode camere. È il cuore delle attività di Niko Romito, non solo cuoco di talento, ma anche imprenditore coraggioso e determinato. A sinistra, il sorprendente Gel di vitello

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REALE

A Rivisondoli, nel locale che ospitava il Reale, ora c’è Spazio, ristorantelaboratorio per il tirocinio degli aspiranti chef: grazie anche ai prezzi bassi, spesso fa il tutto esaurito, avvicinando giovani e anziani al mondo dell’alta cucina

Ma come nasce un piatto di Niko Romito? “Ad ese esempio, prendo un carciofo, lo cuocio in 3 mila mo modi, poi lo frullo, lo disintegro, lo assaggio, lo rid riduco e comincio a capirne tutte le caratterist stiche, poi da lì torno indietro e inizio a creare il piatto. In questo modo ho conosciuto così b bene quella materia che so come reagisce con le varie cotture, con gli abbinamenti, ecc… Vado al cuore del prodotto, per capire cosa mi può raccontare, i gusti eterei che nasconde dai quali cogliere i suggerimenti per il piatto: ad d esempio, il carciofo riporta a profumi di menta, acciuga, miele e liquirizia”. Romito non cambia spesso i menu, “però vivo l’angoscia di migliorarli e di perfezionare le ricette: ad esempio, le tagliatelle al ragù di coniglio sono da sei anni in carta, ma cinque anni fa erano in un modo, quattro anni fa in un altro... Gli ingredienti sono sempre gli stessi e anche il nome è sempre lo stesso, ma in questi anni ho lavorato tantissimo sulla costruzione del piatto e il ragù è cambiato. L’Assoluto di cipolle, Parmigiano e zafferano tostato è una ricetta di due anni e mezzo fa, e a me sembra già vecchia, ma non lo è e racchiude la mia filosofia di cucina: c’è una centralità di gusto, gli ingredienti sono perfettamente bilanciati. Devo riuscire a emozionare con degli elementi che tutti conosciamo e questa forse è la cosa più difficile. E poi c’è una totale pulizia senza l’aggiunta di grassi, perché il futuro si gioca sull’aspetto salutare e nutrizionale al quale il cuoco deve essere particolarmente sensibile e io sto lavorando molto su questo”. Be’, la cipolla cotta in forno e frullata estraendone a pieno la sua dolcezza suadente, il Parmigiano stagionato 20 mesi avvolto da una sfoglia sottilissima che invade il palato e infine lo zafferano, prodotto simbolo del territorio, che chiude magnificamente il cerchio con le sue inconfondibili note aromatiche, rendono bene la sapienza con la

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quale Niko si destreggia accostando diversi ingredienti, riuscendo allo stesso tempo a esaltarli singolarmente: il suo è un gioco impeccabile di contrappunti tra sapido, dolce, amaro e delicato che si armonizzano perfettamente mantenendo nitidi e intatti i sapori. “Finora mi sono dedicato più ai piatti di terra, carne e vegetali, ma quest’anno lavorerò anche sul pesce. Vado molto random, all’inizio sono tutte prove poi si chiude il cerchio. L’ispirazione per i miei piatti la prendo da atmosfere diverse. La mia cucina è di una semplicità apparente, perché dietro c’è emozione e una complessità di lavoro che ha consentito di raggiungere quel risultato incredibile. Come a Casadonna”. E sul chilometro zero Niko ha le idee chiare: “Non possiamo mettere un limite territoriale alla creatività: il km 0 va interpretato, serve qualità vera, quindi devo poter pescare in tutto il bacino gastronomico italiano”. Tra il Reale, Casadonna, la Scuola di formazione, Spazio (ci sono 25 persone che lavorano tutto l’anno, ma poi, complessivamente sono in 45) e i tanti impegni fuori dal suo regno, “un piccolo mondo dove tutto parla di cibo, ed è bellissimo”, Romito non si ferma mai. Un giovane uomo sempre in movimento, che guarda con occhi sereni il mondo oltre la sua cucina e le sue montagne che aspettano che indossi le sue scarpette da corsa per scaricare tutta quell’adrenalina e quell’energia che ha in corpo e che lo spinge ad andare oltre il limite e a realizzare i suoi sogni. F&B SCHEDA

Ristorante Reale Contrada Santa Liberata 67031 Castel di Sangro (Aq) tel. +39 0864.6382 fax +39 0864.840610 info@ristorantereale.it www.ristorantereale.it



ARTISTI LA SPETTACOLARE ESPOSIZIONE DI ARTE CONTEMPORANEA OSPITATA NELLE CAVE DELLA MAISON, A REIMS, TESTIMONIA ANCORA UNA VOLTA LA GENEROSITÀ DI NATHALIE E PAUL-FRANçOIS VRANKEN CHE ALL’AMORE PER L’ARTE UNISCONO QUELLO PER LO CHAMPAGNE. IMPEGNO E PASSIONE SOSTENGONO LA RICERCA

Expérience Pommery mecenatismo d’eccellenza Barbara Amati

L Nathalie e Paul-François Vranken hanno trasformato il Domaine in una mostra d’arte permanente

a folla festosa che scende in un disordinato brusio i 116 ripidi gradini di pietra che introducono alle cave del Domaine Pommery ha di che rimanere sorpresa, colpita, incantata, non solo dalle spettacolari gallerie che si snodano per 18 chilometri nel sottosuolo di Reims, ma anche dalla magia delle installazioni di arte contemporanea che, fino a giugno 2014, hanno trovato casa fra i 30 milioni di bottiglie di Champagne che maturano nel buio e nel silenzio delle crayère. Un percorso di due chilometri, a beneficio dei 140 mila appassionati che le visitano ogni anno, attratti da un’inusuale galleria d’arte di originale suggestione. Expérience Pommery, l’annuale appuntamento dedicato all’arte contemporanea da Nathalie e Paul-François Vranken, proprietari del Domaine, è un evento che si deve vivere almeno una volta nella vita, enfatizzato dalla familiarità con la quale i padroni di casa accolgono ogni ospite che condivide il loro impegno e la loro passione per l’arte di cui amano rendere partecipe un numero sempre maggiore di persone. Un mecenatismo lungimirante, il loro, teso a sostenere e promuovere la cultura, acquistando le opere degli artisti e dando loro il giusto risalto: “Durante l’anno ospitiamo anche molte scolaresche che vengono da Parigi per ammirare la nostra mostra ed è una visita che incentiviamo, per far sì che le nuove generazioni si aprano all’arte contemporanea”, dice generazion Nathalie Vranken, instancabile organizzatrice dell’evento-vernissage che a metà novembre accoglie in cantina 700 persone, ttra artisti, giornalisti, critici d’arte, personaggi noti della cultura francese e non. n Quest’anno Expérience Pommery con la mostra Une Odyssée ha celebrato il 30° annim versario del Frac (Fond régional d’art conver temporain) Champagne-Ardenne ponendosi tem ancora una volta quale Ambasciatore dell’Arte, anc rinforzando il legame tra lo Champagne e rinfo l’Art de Bien Vivre. “Perché è indubbio che

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lo Champagne sia sinonimo di piacere e cultura, di gioia e convivialità: è un’opera d’arte che unisce in un blend armonioso tradizione e modernità e comunica valori intramontabili, espressione del savoir faire di una maison che da 180 anni è legata agli artisti: da quando Louise Pommery, per abbellire le sue gallerie, incaricò nel 1882 lo scultore Gustave Navlet di realizzare quattro bassorilievi monumentali che ancora oggi si ammirano sulle pareti di gesso delle crayère”, ricorda Mimma Posca, amministratore delegato di Vranken-Pommery Italia, filiale molto presente agli eventi legati all’arte: ultimo, la mostra monografica dedicata a Andy Warlhol, al Palazzo Reale di Milano, che la maison ha accompagnato con il suo Champagne Pop Blue, lusso ricercato nel formato da 20 centilitri che condivide i tratti distintivi della Pop Art americana. L’Expérience Pommery crea quindi un ponte con il passato, da madame Pommery a Madame Vranken, all’esperta d’arte Florence Derieux, direttore del Frac Champagne-Ardenne dal 2008, a cui è stata affidata l’Expérience #11 (la prima mostra è del 2002). Une Odyssée s’ispira a celebri luoghi dell’antica epica greca, sviluppata come un diario di viaggio ricco di straordinarie avventure narrate a più voci. Raccontando diversi punti di vista e offrendo varie forme di interpretazione, la mostra riflette i trent’anni di un cammino comune guidato da una moltitudine di individui che, insieme, hanno scritto la storia di questa istituzione: ricerca, produzione, sperimentazione, scambi, collaborazioni, esperienze. In tutto, quasi un centinaio di opere di artisti come Robert Adams, Anna Blessmann & Peter Saville, Francesco Arena, Charles Atlas, Sylvie Auvray, fino a Uri Tazig, Gabriela Vanga, Julia Wachtel, Jeff Wall, Emily Wardill, Apichatpong. In mezzo, tanti nomi noti per chi ha dimestichezza, passione e conoscenza dell’arte. Un mecenatismo che si è ampliato nella mostra permanente ospitata nei saloni e nelle stanze dell’affascinante

Villa Demoiselle, a pochi metri dal Domaine, ne e, magnificamente restaurata e riportata all’antico ico o splendore e che oggi rappresenta un luogo per pe er er n ricevimenti, incontri ed eventi. Sette piani con e uno straordinario archivio degli Champagne millesimati nel salone interrato. È una villa dell’inizio del Novecento, in stile tra Art Nouveau e Art Déco, da sempre di proprietà della maison Pommery che i Vranken hanno rinominato Demoiselle, libellula. Così, libellule e iris, che adornano la bottiglia di Champagne Demoiventati selle, ma anche foglie e grappoli d’uva, sono diventati sti che i motivi ispiratori per gli artigiani e gli ebanisti hanno lavorato al restauro dell’edificio impreziosito dai mobili Déco che Nathalie Vranken ha minuziosamente cercato per ricreare lo stile e l’atmosfera originali. Oggi il maestoso scalone in frassino, il magnifico salone con il pavimento in parquet realizzato con i legni delle botti di Jarras, le dorature (20 mila foglie d’oro a 22 carati), il monumentale camino dell’atrio, fanno da cornice alle preziose opere di artisti che i Vranken hanno acquistato e contribuito a far conoscere. La generosità della famiglia Vranken sottolinea una particolare sensibilità all’arte, alla bellezza, all’eccellenza, sublimate in un calice di Champagne: che sia la Cuvée Louise 2002, il nuovo millesimo, delicato, dall’aroma vivace su un fondo leggermente agrumato, o l’Apanage Rosé, con aromi di piccoli frutti rossi e note di mela verde, di grande freschezza, oppure l’ironico Pop, declinato in quattro diverse tipologie che rispecchiano altrettanti assemblaggi differenti, tutti rappresentano un’esperienza sensoriale adatta a diversi stati d’animo, accompagnandoci nei momenti di piacevolezza e serenità: momenti di consumo contemporanei, che si sono moltiplicati in innumerevoli sfumature. Proprio come l’arte. F&B

In alto, due delle opere che arricchiscono le cave Pommery e Villa Demoiselle, mostra d’arte permanente aperta agli eventi. A sinistra, Cuvée Louise e Pop Blu, dallo Champagne di prestigio al lusso accessibile per accompagnare ogni momento di consumo

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NINO NEGRI L’AZIENDA VALTELLINESE DEL GRUPPO ITALIANO VINI GUIDATA DALL’ENOLOGO CASIMIRO MAULE È UN ESEMPIO TRAINANTE CHE HA CONTRIBUITO A FAR CRESCERE IN QUALITÀ TUTTA LA PRODUZIONE DELLA VALLE, AGGIUNGENDO MODERNITÀ ALLA TRADIZIONE. IL RISULTATO SONO VINI FINI ED ELEGANTI, DI GRANDE FRESCHEZZA

Ritorno al futuro Barbara Amati

‘‘L Palazzo Quadrio, nel centro di Chiuro, è la sede della cantina fondata da Nino Negri nel 1897

a prima neve la si è vista il 10 ottobre, quando le uve nebbiolo erano ancora in pianta: una rarità, ma, poiché si è sciolta subito, non ha arrecato danni”. Casimiro Maule, direttore ed enologo della Nino Negri, si arrampica con naturalezza sui ripidi terrazzamenti della vigna più pregiata dell’azienda, la Fracia: 7 ettari esposti a sud, con una pendenza dal 30 al 70 per cento, che permette ai grappoli di essere sempre esposti al sole. È la vigna storica della Nino Negri (www.ninonegri.net), la prima acquistata dal vecchio proprietario e oggi patrimonio del Gruppo Italiano Vini, ed è qui che nasce il Vigneto Fracia Valtellina Superiore Docg: “Quella del 2013 è una bella vendemmia e sarà una buona annata -continua Maule- Abbiamo 36 ettari di proprietà e 140 ettari sono gestiti da vignaioli fidati; produciamo complessivamente


850 mila bottiglie all’anno, un quantitativo che rende possibile poter seguire la qualità”. E, fare qualità, su questi terrazzamenti trattenuti da un intreccio di muretti a secco, “dove siamo predestinati a lavorare a mano”, e dove si procede a una minuziosa selezione pianta per pianta, “ripassando due volte tra i filari”, è difficile e costoso, “ma poi si ottengono ottimi risultati”. La Valtellina, a nord del Lago di Como, in provincia di Sondrio, si estende da est a ovest in una posizione privilegiata per esposizione e clima, con un’elevata escursione termica tra giorno e notte, su terreni sabbiosi-limosi poco profondi e molto permeabili. Un ambiente favorevole all’uva nebbiolo (o chiavennasca), il vitigno principe nelle quattro sottozone in cui si suddivide la valle e che danno il nome alle diverse tipologie di vino: Grumello, Sassella, Inferno, Valgella. Ed è proprio in quest’ultima che si trova la Francia ed è da qui che è partita la più recente rivoluzione viticola della Nino Negri, con il reimpianto per disporre i filari a giropoggio, con una coltivazione est-ovest, invece che a ritocchino, per consentire ai viticoltori di lavorare in piano, invece che con un piede giù e uno su, come è sempre stato, così da risultare meno faticoso: non per niente, si parla di viticoltura eroica. “Abbiamo cercato di cambiare la storia della viticoltura, intervenendo anche sulla pianta con potature

più adatte all’ottenimento di una maggiore qualità, grazie anche alla collaborazione con la Scuola italiana di potatura della vite di Marco Simonit e alzando l’apparato fogliare da un metro e mezzo a 2 metri e 20 per migliorare il rapporto uva-foglie. Tutto questo anche per adeguarci ai cambiamenti climatici, alle temperature più alte che portano uve più mature in cantina: occorre capire la pianta e farla vivere in modo giusto intervenendo con i trattamenti solo se necessario”. Non si tratta soltanto di produrre vino, ma di salvaguardare e valorizzare un territorio, il suo ambiente, la sua cultura e la sua storia: la Nino Negri è un esempio trainante per gli altri produttori della Valtellina e ha contribuito a far crescere in qualità tutta la produzione della valle. E Maule, per 12 anni presidente del Consorzio tutela vini di Valtellina, ha vissuto in prima persona questa crescita: quella del 2013 è la sua quarantunesima vendemmia. Oggi la Negri rappresenta il 27 per cento del vino Doc e Docg della Valtellina ed è la realtà più importante, anche grazie all’acquisizione dell’azienda vinicola Pellizzati e dell’Enologica valtellinese che hanno portato in dote i vigneti nelle migliori posizioni. Casimiro Maule è un trentino ormai naturalizzato valtellinese approdato alla Nino Negri nel 1971 per lavorare

Casimiro Maule, direttore ed enologo della Cantina, ha aperto la strada al cambiamento e alla valorizzazione non solo dei vini aziendali, come il 5 Stelle Sfursat, il Ca’ Brione e l’Inferno Carlo Negri, ma ha stimolato l’innalzamento qualitativo di tutta la produzione della Valtellina

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NINO NEGRI

Il parco botti della Cantina è stato completamente rinnovato, perché il legno deve consentire ai vini di affinarsi, mantenendo freschezza e giovinezza: oggi ci sono anche 1.500 barrique di rovere francese e americano. A destra, la vendemmia nel Vigneto Fracia, la vigna storica della Nino Negri. A fianco, alcuni dei vini di maggior pregio: Vigneto Fracia, Le Tense Sassella e Sfursat Carlo Negri

al fianco di Carlo Negri (mancato nel ’7 ’77), il cui padre Nino nel 1897 aveva inizziato l’attività vitivinicola a Chiuro (So). A fine degli anni ’60 l’azienda fu ceduta Alla alla società svizzera Winefood che nel 1986 la vendette al Gruppo Italiano Vini. Per l’azienda Maule è sempre stato un punto d di riferimento, colui che ne ha guidato e accompagna accompagnato la crescita negli anni, traghettandola verso la modernità con un vino di qualità sempre più elevata, pur senza tradirne la tradizione. “D’altra parte, erano cambiati i tempi e i mercati: nell’80 più del 70 per cento del prodotto della Valtellina era esportato in Svizzera, un mercato crollato nel ’90, sostituito da altri vini. Questo ha messo in crisi la vitivinicoltura della valle e i vigneti in piano sono stati sostituiti dalle mele. Si è salvata solo la produzione migliore, così, da 100 mila quintali si è passati ai 40 mila di oggi, che corrispondono a 4 milioni di bottiglie”. Già nell’83 Maule aveva dato un segnale importante, creando il 5 Stelle, uno Sfurzat di Valtellina che all’inizio fu contestato perché considerato un vino che rispecchiava poco la tipicità del prodotto valtellinese. Invece, la sua capacità di vedere al di là di una tradizione che andava rivisitata per dare un’impronta moderna che incontrasse i gusti di un mercato che era cambiato, trovò

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fra i primi estimatori Emilio Pedron, amministratore delegato del Giv, che gli diede carta bianca stimolandolo a proseguire su quella strada. “Il 5 Stelle rappresentava il desiderio di cercare qualcosa di diverso e a poco a poco la sua finezza e la sua personalità conquistò i clienti -ricorda l’enologo- Prodotto solo nelle annate migliori (’86, ’88 e ’89, che considero in assoluto la migliore vendemmia in 40 anni, 2001, 2005 e 2007) con uve nebbiolo selezionate, è un vino dal profumo ampio, pieno, grasso, morbido: dopo l’appassimento naturale di 3 mesi, i grappoli sono vinificati in rosso con una lunga macerazione per poi maturare in barrique nuove di rovere francese per 16 mesi e per altri sei mesi affinano in bottiglia”. Insomma, era iniziato un nuovo corso per la Nino Negri e il Giv comprese subito che per dare una svolta alla produzione si doveva investire, così negli anni l’azienda è stata completamente rivoluzionata. Nelle antiche cantine sotterranee di Palazzo Quadrio, del 1430, nel centro di Chiuro, sede della Negri, la maggior parte delle botti grandi è stata sostituita con altre nuove in rovere di Slavonia e di Allier di manifattura italiana e francese e sono state introdotte le barrique: oggi sono 1.400. Al posto delle grandi vasche d’acciaio sono state scelte delle vasche più piccole per vinificare separatamente le uve delle sottozone e delle microzone. E, poi, sono stati


introdotti i vinificatori, per un’estrazione più rapida del colore senza avere i tannini amari. L’anno scorso è stata rifatta tutta la linea di imbottigliamento. “Una rivoluzione fondamentale è stata quella del controllo delle temperature di fermentazione grazie all’introduzione delle nuove tecnologie, la riduzione del periodo di macerazione e il passaggio più immediato nel legno nuovo: nelle botti il vino deve affinarsi, non invecchiare, per mantenere freschezza e giovinezza. Per il resto in cantina cerchiamo di produrre in maniera naturale come è sempre stato fatto e procediamo ad assaggi, degustazioni e analisi continue -spiega Maule, pluripremiato per la sua professionalità ed eletto Enologo dell’anno 2007 dal Gambero RossoI nostri vini affinano in legno per un minimo di 18 mesi e le fermentazioni avvengono solo in acciaio, a esclusione delle uve bianche per il Ca’Brione che fermentano in legno”. Nei vigneti, infatti, negli anni ’90, Maule ha introdotto varietà a bacca bianca: sauvignon, chardonnay e incrocio Manzoni che, insieme a uve nebbiolo vinificate in bianco, costituiscono l’uvaggio di uno dei pochi bianchi valtellinesi: il Ca’ Brione Terrazze Retiche di Sondrio Igt, appunto, che fermenta e matura per otto mesi in barrique di rovere francese, metà nel legno nuovo e l’altra metà in legni di secondo passaggio. Ora l’azienda sta sperimentando anche riesling e traminer, perché l’enologo vorrebbe creare un passito un po’ particolare. Il risultato di tutti questi sforzi sono vini moderni, dalla struttura importante, bevibili oggi, ma durevoli nel tempo, che evolvono mantenendo grande freschezza e bevibilità. “Vini che avrebbero bisogno di un periodo più lungo di affinamento in bottiglia per equilibrarsi al meglio: due anni sarebbe l’ideale -considera Maule- Oggi abbiamo due linee, una

tradizionale, e il Vigneto Fracia Valtellina Superiore ore Docg ne è un esempio, e una più moderna, perché hé in fondo ho sempre mantenuto la tradizione dei ei Negri”. La degustazione di alcune annate ha sotttolineato il diverso stile dei vini, dagli anni ’80 ad d oggi, mettendo in evidenza la tenuta di alcuni,, come il Valtellina Superiore Sassella 1987, che si è conservato perfettamente e ha tuttora un colore carico, bei tannini e grande struttura e freschezza: può mantenersi ancora per lunghi anni. Il Vigneto Fracia Valtellina Superiore 1982, maturato in botti vecchie e grandi, con macerazioni lunghe, ha odore di legno di castagno e una leggera ossidazione: “Sono vini che stanno tornando un po’ di moda -commenta l’enologo- Abbiamo lavorato per produrre vini eleganti e fini e ora stiamo cercando una caratteristica di personalità”. È esaltante, ad esempio, la modernità de Le Tense 1999 Sassella Valtellina Superiore Docg: “Riducendo il periodo di macerazione e dosando la barrique si è ottenuto un vino che ha una bella tenuta, struttura e complessità, lunghezza e persistenza che mancano al Nebbiolo tradizionale. Stesso procedimento per l’Inferno Valtellina Superiore ’99 che mostra colore, trasparenza e vivacità eccellenti”. Le Tense 2001, a nostro avviso, è straordinario: è un vino quasi setoso, dal profumo delicato, elegante, con grande equilibrio tra tannini e acidità. E il Carlo Negri 2006 Inferno Valtellina Superiore Docg (le uve provengono dalla seconda vigna dei Negri che, come esposizione, è la migliore dell’Inferno), è molto delicato, fine: pur non provenendo da una grande annata, è un bel vino, con accattivanti profumi di rosa appassita e viola. Un’ulteriore dimostrazione del pregio di un territorio e del valore di una grande azienda. F&B

Grazie all’acquisizione dell’azienda da parte del Gruppo Italiano Vini, nel 1986, la Nino Negri è stata completamente rivoluzionata, introducendo tecnologie e attrezzature all’avanguardia per ottenere vini moderni ma che non dimenticano la tradizione. Qui sopra, dal vigneto Fracia le uve sono trasportate in cantina con l’elicottero

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ROMA LOCALE DI MODA, BEN FREQUENTATO DA NOMI NOTI E STAR DELLO SPETTACOLO, PROPONE PESCE FRESCHISSIMO POSTO IN BELLAVISTA IN GRANDI CESTE

A FIANCO DELL’ENTRATA: IL PUNTO DI ARRIVO DELLA “ROTTA DEL PESCE”.

LA CUCINA È SEMPLICE E PULITA E PUNTA AD ESALTARE OGNI SAPORE

Il trionfo del pesce crudo all’Assunta Madre Jerry Bortolan

L Assunta Madre è il luogo giusto per una lussuriosa full immersion gastronomica a base di pesce

a Roma dei ristoranti non è fatta solo di indirizzi, di terrazze con cucine e chef stellati, di osterie con piatti tipici. È anche, e forse soprattutto, il palcoscenico di tutta una serie di personaggi che ne dettano le mode e il successo. Ne fa parte a pieno titolo Assunta Madre, ristorante romano molto trendy e con una visibilità tale da far invidia anche a ristoranti blasonati e stellati. Vip e star cinematografiche e sportive di tutto il mondo, di passaggio nella Capitale anche se per un solo giorno, non si fanno mancare una puntata all’Assunta Madre, il ristorante del pesce per antonomasia: il tam tam del jet-set globale dice che è il luogo giusto per una full immersion di lussuria gastronomica a base di pesce che arriva ancora vivo al ristorante verso le 19, tutti i giorni della settimana. E, così, Giorgio Armani si delizia con uno Spaghettino alle vongole, mentre Al Pacino si butta su sostanziosi Paccheri allo scorfano e Alain Delon predilige la corposa Zuppa di pesce. Se siete a spasso tra piazza Farnese e Campo de’ Fiori, raggiungete la vicina via Giulia e fermatevi al numero civico 14 per assistere, emozionandovi, all’esposizione della grande quantità e varietà di pesce che ricorda il famoso mercato della Vuccirìa di Palermo: grandi tonni, spada, ricciole che si ergono come grattacieli tra aragoste, mazzancolle e scampi, gobbetti che si muovono vivi nelle ceste, insieme ai mitili nelle vaschette. Assunta Madre è il punto d’arrivo “della rotta del pesce”, da Terracina alle isole Pontine al golfo di Gaeta, dove, a detta di tutti gli esperti, si pesca il miglior pesce d’Italia o, quantomeno, il più gustoso e saporito, come dicono gli irriducibili di questo alimento. Per accaparrarsi orate, spigole, dentici, sogliole e tenerissimi calamari, Jonny Micalusi, il poderoso patron (vista la stazza) non bada agli alti costi a cui arrivano le aste del pesce di Terracina e Anzio. Ma non è da meno anche quello che passa per la cucina di Franco Bloise, un cuoco d’altri tempi, autodidatta. Lui è per una cucina da godere, fatta di semplicità e pulizia, sapori nitidi e nessuna compli-

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cazione gratuita, ma in sintonia con i suoi semplici ma intensi piatti. La variazione di crostacei con astice, gamberi e scampi in differenti cotture ha procurato emozioni anche al palato di Gualtiero Marchesi che, dopo aver gustato le sue proposte “succhiandosi le dita per avere mangiato con le mani”, con entusiasmo dichiarava agli amici che lo accompagnavano che raramente era riuscito a mangiare del pesce cosi straordinario, trattato come si deve. Le ragioni di questo successo sono diverse e vanno cercate, oltre che nelle tecniche di cottura, nell’esperienza e nella capacità di conoscere gli alimenti trattati. Franco e Jonny aspettano l’arrivo del pesce da Terracina sulla porta del ristorante, per controllarlo e disporlo a seconda della grandezza e della tipologia in bella mostra a lato dell’entrata, nelle ceste con ghiaccio. Franco Bloise, solo guardando il pesce, vi sa dire la provenienza e da quanto tempo è stato pescato. Gli basta sfiorarlo per carpirne la freschezza: ha acquisito questa rara capacità ed esperienza lavorando duramente sulle barche dei pescatori fin da ragazzo, prima di passare ai fornelli. Un aspetto curioso è che nella sua vasta brigata non ci sono italiani, ma molti asiatici e africani: “La ragione -confida- è che i nostri ragazzi si lamentano per il troppo lavoro e i ritmi incalzanti. Ed è vero, ma qui si capisce se uno vuole davvero imparare: per diventare chef bisogna essere pronti a versare lacrime e sangue, come urlava un grandissimo cuoco, e in cucina non esiste democrazia. È stato faticoso formarli, ho dovuto minacciare e urlare molto fino a sgolarmi perché tutti capissero che per trattare, preparare e cuocere alla perfezione il pesce bisogna eliminare la confusione che spesso regna tra i fornelli”. Ora i piatti proposti sono pressoché perfetti, come

gli Gnocchetti con gamberi rossi al pecorino rino romano: sono esaltanti ed equilibrati nella ella distribuzione dei sapori. “È riuscito a dare are tanto, eliminando il troppo -scriverebbe un critico esigente- Così, ora, gli Spaghetti al sugo go di scorfano sanno di mare e non di salsa al pomodoro”. Ed è curioso come il mondo o della gastronomia, specialmente quello o composto da esperti e addetti ai lavori del settore delle guide gastronomiche, e va a capire il perché, lo penalizzi con bassi punteggi. Jonny Micalusi ne è dispiaciuto, anche se è gratificato dalle presenze che fa tutte le sere, ormai da anni. Numeri ri che fil di gente spaziano dai 150 ai 180 coperti, e con una fila che aspetta fuori in attesa che si liberi un tavolo. Cosa pensare? Be’, intanto il locale si trova in una location strategica: in una sofisticata strada del centro storico a ridosso del Lungotevere e a due passi da San Pietro e piazza Navona. L’interno è quello che ci si aspetta entrando in un bel ristorante: pareti e soffitto in legno antico e, sul muro, il disegno di una paranza, la classica barca dei pescatori d’altura, mentre recupera le reti con il pescato. In cornice tre grandi bacheche affollate di fotografie custodiscono gelosamente i ricordi del passaggio degli amici del ristorante, famosi e non. La prima sala è accogliente e spaziosa, ma non mancano un elegante privé e un F&B giardino “segreto”.

La cucina di Franco Bloise, cuoco autodidatta, è semplice e pulita, fatta di sapori nitidi, come la variazione di crostacei con astice, gamberi e scampi in differenti cotture. Il ristorante si trova nel centro storico, vicino a piazza Farnese e Campo de’ Fiori

SCHEDA

Assunta Madre via Giulia 14 00186 Roma tel. 06.68806972

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VALDOBBIADENE L’AZIENDA

VALDOBBIADENE NON SOLO AMPLIA LA PROPRIA OFFERTA CON IL CRU RIVE DI COLBERTALDO VALDOBBIADENE PROSECCO SUPERIORE DOCG, MA PROPONE UNA SERIE DI ACCESSORI UTILI ED ELEGANTI: DA REGALARE DI

E REGALARSI PER RENDERE ANCORA PIÙ PIACEVOLE LA DEGUSTAZIONE

Val D’Oca, quando qualità e creatività creano valore Stefano Masin

C Accessori funzionali ed eleganti, come il secchiello portaghiaccio e la borsetta frigo, sono acquistabili nel flagship store online: www. shop.valdoca.com

ertamente la sostanza viene prima della forma: una regola che il mondo del vino conosce molto bene. La qualità è la base di qualunque prodotto e per questo gli spumanti come quelli di Val D’oca, che nascono nel cuore della Docg di Valdobbiadene, sono frutto di una sapiente e accurata produzione. La storica Cantina si prepara ai brindisi di Natale e Capodanno con una superba squadra di Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg per portare sulle tavole delle feste la qualità e le inconfondibili sfumature delle proprie etichette. Accanto agli intramontabili vini firmati Val D’Oca, come il Millesimato, l’Uvaggio Storico e il Cartizze, la cantina propone quest’anno il nuovo cru Rive di Colbertaldo, uno spumante extra dry realizzato esclusivamente con uve provenienti dai colli dell’omonima frazione del comune di Vidor, in grado di esaltare le peculiarità del vitigno glera. Prodotto con metodo Charmat, è un Prosecco Superiore Docg dal colore paglierino scarico, tipico del vitigno, dal perlage fine e persistente e con un elegante bouquet di aromi dove si riconoscono bene la mela e il glicine. Solo nelle annate migliori viene invece prodotto il Millesimato Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, elegante e raffinato. Per gli amanti della tradizione, l’Uvaggio Storico Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, nobile e intenso, incarna la storia di questo vino, rievocando il modo antico con cui veniva prodotto, ossia attraverso un uvaggio che assembla più varietà locali: oltre alla glera, alcune rare uve autoctone dei colli di Valdobbiadene, come verdiso, perera e bianchetta trevigiana. Di particolare pregio è inoltre, il Cartizze Valdobbiadene Superiore Docg, con il suo aroma fruttato e floreale.

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E se chiunque oggi è consapevole che di un quadro conti la tela, di un’automobile il motore, di un piatto il sapore e di un bicchiere di vino il vino, in fin dei conti cornici, carrozzerie, mise en place e calici contribuiscono ad appagare quel senso che spesso, più di tutti gli altri, condiziona il nostro giudizio: la vista. Così, Val D’Oca conquista anche con alcuni accessori che si rivelano essere simpatiche e utili idee (a prezzi accessibili) pensate per rendere ancora più piacevole l’esperienza della degustazione, acquistabili nel flagship store online (www.shop. valdoca.com): dal bauletto di legno con il logo marchiato a fuoco (15 euro), che può contenere 6 bottiglie, uguali o assortite all’elegante spumantiera nera, che permette di mantenere fresche fino a tre bottiglie contemporaneamente (30 euro), dal secchiello portaghiaccio nero Igloo, dal design essenziale ed elegante (12 euro), alla Ice Bag (4 euro), borsetta frigo per portare sempre con sé il proprio vino Val D’Oca preferito. F&B



EVENTI L’ALTA CUCINA DI BOTTURA E LA VERVE COMUNICATIVA DI LUCA GARDINI HANNO ACCOMPAGNATO I VINI DELL’AZIENDA ROMAGNOLA IN DUE SERATE CHE HANNO PORTATO A MONRÉAL E A CITTÀ DEL MESSICO LA CULTURA ENOGASTRONOMICA DELL’EMILIA ROMAGNA. APPASSIONANDO ED EMOZIONANDO I DEGUSTATORI

Umberto Cesari protagonista sulle tavole del mondo Federica Belvedere

U Massimo Bottura, Gianmaria Cesari, Rolly Pavia, della Cantinetta del Becco di Città del Messico, e Luca Gardini

mberto Cesari, Massimo Bottura e Luca Gardini: tre big player dell’Emilia Romagna per portare il vino e la cultura gastronomica della propria regione ai poli opposti del Continente nordamericano, a Montréal, in Canada, e a Città del Messico, in Messico. Il progetto, voluto da Umberto Cesari, azienda di Castel San Pietro Terme, sui colli imolesi, in provincia di Bologna, ha visto protagonisti i più pregiati vini dell’azienda romagnola raccontati da Luca Gardini, sommelier Campione del Mondo 2010 e grande comunicatore, originario di Forlì, e l’alta cucina dello chef tristellato Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena. L’iniziativa, dall’invitante titolo Vieni con me in Emilia Romagna, era indirizzata ai clienti (ristoratori, distributori, enotecari) e ai giornalisti d’Oltreoceano di due mercati nei quali i vini di Umberto Cesari, che esporta parte della propria produzione in più di 50 Paesi, sono molto apprezzati in ristoranti ed enoteche. Come ha tenuto a sottolineare Luca Gardini, le etichette dell’azienda romagnola rappresentano l’unicità di un territorio che ha molte sfaccettature, ma che riflette l’identità e la filosofia di chi le produce e che, per Umberto Cesari, si traduce in un’estrema cura del vigneto, in un’attenta selezione delle uve, in un’accurata metodologia produttiva: da tutto questo nascono vini impeccabili e di carattere, dalla personalità ben riconoscibile, pur riconducibile al territorio d’origine. “Vieni con me in Emilia Romagna è nato con l’obiettivo di far conoscere la grande cultura enogastronomica della nostra regione, culla e cuore dell’enogastronomia nazionale -dice Gianmaria Cesari- L’Italia vanta una gamma di prodotti tipici come nessun altro Paese al mondo; cibi e vini sono simbiotici, sono nati per abbinarsi l’uno con l’altro. Per questo è importante far comprendere all’estero quest’unicità e far capire che il miglior abbinamento per un piatto tipico è un vino della medesima regione”. Tra i protagonisti della serata, naturalmente, i prodotti tipici dell’Emilia Romagna, importati dall’Italia, come

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tu utte le tutte materie prime utilizzate materie l cena, dal d l Parmigiano P i per la Reggiano Dop, all’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Dop, alla Mortadella di Bologna Igp, alla Ciliegia di Vignola Igp, che Massimo Bottura ha esaltato nei suoi piatti signature, simbolo di una cucina di territorio e di tradizione molto dinamica, in costante evoluzione e ricerca, pur nella contemporaneità. Evocativa, mediterranea, profumata, come il Ricordo di un panino alla mortadella, rigorosamente Bologna Igp, il Risotto cacio e pepe, dove il cacio è in realtà il Parmigiano Reggiano delle oltre 400 mila forme andate distrutte in seguito al terremoto del 2012. Ogni portata è stata pensata per sposarsi perfettamente ai vini di Umberto Cesari e per esaltare al massimo la terra che ha dato i natali ai tre protagonisti delle due serate che si sono svolte, a Montréal, nel ristorante Graziella e a Città del Messico a La Cantinetta del Becco. Ad aprire le danze il Moma, in versione spumante (Pignoletto Rubicone Igt) e fermo (Trebbiano Chardonnay Sauvignon Blanc Rubicone Igt), che ha accolto gli ospiti per l’aperitivo, poi una serie di vini che hanno esaltato le creazioni di Bottura, abbinati però a piatti diversi a seconda della cena, a sottolineare così la

loro versatilità. Così, mentre Porri e tartufi, dal mare alla collina, è stato abbinato al Moma Bianco 2012 a Città a del Messico, a Montréal è stato accomd pagnato al Liano Bianco 2011 (blend di pa chardonnay e sauvignon blanc), mentre ch il R Risotto cacio e pepe, che in Messico è stato st accostato al Liano 2010 (uvaggio di S Sangiovese e Cabernet Sauvignon), in Canada è stato accompagnato dal Liano Can Bianco 2011. La Compressione di pasta e Bian fagioli è stata servita con il Laurento 2010 fagiol e con il Sangiovese di Romagna Doc Riserva 2010. Un altro piatto della tradizione romagnola, con un ingrediente tipico della regione, è stato l’Arrosto di vitello con emulsione di rape rosse e Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Dop, abbinato al Tauleto 2007, 90 per cento sangiovese e 10 per cento Longanesi , e allo Yemula 2010, sangiovese al 70 per cento ento e merlot. Prima del dolce, Bottura ha proposto un Sorbetto alle ciliegie di Vignola, altro prodotto tipico della provincia modenese, per poi concludere con Il tiramisù è solo un dessert, abbinato al Colle del Re Albana di Romagna Passito Docg 2005. Due serate, quindi, all’insegna delle eccellen-ze dell’Emilia Romagna, dell’ arte culinaria di Bottura e dell’abilità da grande comunicatore e conoscitore non solo dei vini, ma del mondo del el are vino, di Luca Gardini che ha saputo appassionare gli ospiti. Per Gianmaria Cesari il tributo ai suoi vini réal è stata una grande emozione e la serata a Montréal è stata, in particolare, anche il ringraziamento per l’accoglienza data dal Québec ai suoi prodotti: ill LiaFF&B &B e. F& no, infatti, è un best seller tra le etichette italiane.

Alcuni dei vini di Umberto Cesari proposti in abbinamento con i piatti del tristellato Massimo Bottura dell’Osteria Francescana: Tauleto, Liano, Moma e Yemula. Qui sopra, una delle tavole apparecchiate in attesa degli ospiti, ristoratori, enotecari e giornalisti. Sotto, lo chef al lavoro

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SPECIALE CON LE BOLLICINE FRANCESI NON SI SBAGLIA MAI. E SE GLI CHEF LE PROPONGONO CON INTRIGANTI RICETTE, I CONSUMATORI MODERNI LE ACCOSTANO ANCHE ALLA PIZZA. PUR IN UN MOMENTO DI CONTRAZIONE DEI CONSUMI, GLI ITALIANI PUNTANO COME SEMPRE ALLE CUVÉE DE PRESTIGE, DI CUI SONO I MAGGIORI ESTIMATORI

Champagne per brindare a un incontro... gourmand Barbara Amati

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Per la ricchezza, la complessità dei profumi e la cremosità, lo Champagne è molto versatile e si adatta a diversi stili di cucina e di abbinamenti, dalle ricette tradizionali a quelle orientali

on è un caso che lo Champagne sia sempre più percepito come il vino della gioia di vivere, da sorseggiare in qualunque momento di serenità o relax. Sarà, magari, anche perché in questi tempi non troppo allegri qualche gratificazione ce la dovremo pur concedere, e cosa di meglio di un bel calice dal fine perlage e dal colore luminoso in cui piccole bolle si rincorrono con allegria? Per l’aperitivo, con uno sfizioso finger food o qualche patatina, o in tavola, con piatti raffinati e ricercati, ma anche, perché no, con la pizza o un buon pesce cotto semplicemente alla brace. Fino al rosé, da accostare anche a un’ottima fiorentina. Non sono più tempi per abbinamenti codificati, è bello variare e seguire l’istinto come il cuore, senza aver paura di sbagliare. Perché con lo Champagne non si sbaglia mai: l’importante è goderselo, con gioia. Non per niente, quest’anno il Comité Champagne ha inaugurato un nuovo riconoscimento che si chiama proprio Prix Champagne de la Joie de Vivre, assegnato alla cantante Malika Ayane. Nella motivazione si legge che “la sua voce dal colore arancione scuro sa di spezia amara e rara” e che “la sua musica è coinvolgente, un invito a tuffarsi nella vita e ad assaporarla fino in fondo”. E il viaggio sensoriale al quale ci introduce un calice di Champagne è estremamente appagante, sia che si scelga una cuvée de prestige, un Blanc de Blancs o un Rosé. La ricchezza, la complessità dei profumi, la cremosità del vino si sposa con le cucine più diverse, ma sicuramente vive il suo momento di maggior raffinatezza con quelle dei cuochi più blasonati. Tra loro c’è chi si affida al proprio intuito per un accostamento perfetto e chi, invece, approfondisce gusto e profumo per fonderlo armoniosamente con il piatto, così da ricreare una comunanza di sfumature che arrivano alla piena soddisfazione del palato. Ma non dimentichiamo che, dalla tavola stellata alla trattoria tipica, lo Champagne è trasversale, si sa adattare ai diversi stili di cucina e di abbinamenti, non ultime le ricette con influenze orientali, con salse in agrodolce

e spezie intense che ripercorrono il sentore di molte bollicine francesi. Se volessimo mettere alcuni punti fermi negli abbinamenti, fatto imprescindibile per i puristi, possiamo suggerire che gli Champagne giovani si sposano bene con i fritti del mare e dell’orto, per cui anche il tempura; quelli più strutturati, le riserve e gli Champagne maturati in legno accompagnano armoniosamente i fritti di carne, grazie alle proprietà sgrassanti delle


SPECIALE

Oggi sempre di più lo Champagne è considerato un lusso accessibile, grazie alle strategie delle maison e all’impegno dei ristoratori. Nel canale horeca si stappa il 40 per cento degli Champagne, un dato che sale al 55 per cento se si considerano le enoteche

bollicine. I rosé, per l’elevata percentuale di pinot nero nel blend, si abbinano bene a salumi crudi e cotti, come cotechino e zampone, come anche agli arrosti. Gli Champagne più morbidi si accostano a crostacei e molluschi, ma anche alle paste ripiene, mentre quelli più zuccherini alla pasticceria e ai formaggi dal gusto intenso. E non dimentichiamo che il mondo della ristorazione, delle enoteche e degli hotel (sono sempre di più quelli che propongono cucine d’eccellenza con Champagne di prestigio) è strategico per la notorietà dei marchi e riveste un ruolo fondamentale per la degustazione di questi vini che, al di là dell’immediato piacere che se ne trae, talvolta necessitano di essere spiegati e raccontati, per coglierne appieno ogni sfumatura. Ma sempre di più lo Champagne viene considerato un lusso accessibile, grazie alle strategie delle maison e all’impegno dei ristoratori. Nel canale horeca, è bene ricordarlo, si stappa il 40 per cento degli Champagne, un dato che sale al 55 per cento se consideriamo le enoteche. Vero è che, però, le vendite, da parte degli operatori, si spostano sempre più avanti e i quantitativi sono diminuiti: si acquista all’occorrenza e si fa meno magazzino. Ma le eccezioni ci sono e sono diversi i ristoratori che fanno “girare” numeri elevati di bottiglie di alta gamma, destinate a clienti raffinati e intenditori che non rinunciano al fascino e al prestigio dello

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Champagne. Certo, la crisi c’è e si fa sentire. Secondo gli ultimi dati del Comité Champagne, come rivela il direttore per l’Italia Domenico Avolio, da settembre 2012 a settembre 2013 la crescita in volume nell’Unione europea è stata del 12,5 per cento. Difficile fare previsioni per quest’anno, ma dobbiamo ricordare che l’Italia, storicamente tra i primi 10 mercati, l’anno scorso ha segnato 6,2 milioni di bottiglie di Champagne. Volumi in contrazione, rispetto alla media di 8 milioni di bottiglie di qualche anno fa (complice anche l’aumento del consumo degli spumanti metodo Classico prodotti nel nostro Paese che sempre di più raggiungono qualità elevate), ma c’è da dire che i gusti degli italiani si distinguono nel panorama mondiale del consumo di Champagne per la particolare domanda di bottiglie di pregio: le abitudini di acquisto sono rimaste le stesse, anche se si sono contratte. I millesimati, vini ottenuti da uve di una sola vendemmia, rappresentano da soli il 6,5 per cento delle importazioni. Le cuvée speciali, che costituiscono il top di gamma di ogni produttore, detengono il 6 per cento del mercato italiano. Gli Champagne rosé si confermano stabili, attestandosi nel 2012 al 5,3 per cento del mercato. Inoltre, gli italiani sono da sempre molto legati ai grandi marchi: l’86 per cento è, infatti, la quota di mercato detenuta dalle maison, mentre i vigneron e le cooperative hanno rispettivamente il 9,2 per cento e il 4,4 per F&B cento del mercato.


DOVE VORREBBE TROVARE... DOM PÉRIGNON & CLUB DEL DOGE RESTAURANT

La sensualità del Rosé 2003 incanta la cucina veneziana prima volta che lavoriamo insieme e, come era prevedibile, ‘‘È laè stato da subito un grande successo”. Daniele Turco, executive chef c del prestigioso Club del Doge, ristorante risto del The Gritti Palace, elegante hotel hote veneziano affacciato sul Canal Grande, Gra parla così della sua recente collaborazione co con Dom Pérignon. “La “L mia cucina borderline, in bilico tra tradizione tra e innovazione, viene, infatti, esaltata e al massimo dal perlage, dal bouquet b e dal gusto inconfondibile e prezioso dagli Champagne della maison”. Turco lavora sullo zoccolo duro della gas gastronomia veneziana, quella che ogni turista, tturista ma m non solo, si aspetta di assaggiare non n appena mette piede in Laguna: “Portiamo avanti una cucina classica del nostro territorio, av fatta fa in particolare di preparazioni in saor e in carpione, ma alleggerita e modernizzata e che trova il suo naturale completamento con un bicchiere di Champagne, in linea con la trab dizione dizio enogastronomica dei grandi alberghi”. Così, ad esempio, per il Rosé 2003, “una delle annate più memorabili per la maison, l’anno di tutti i superlativi, il millesimato degli estremi, una creazione liberatrice”, come l’ha definita lo chef de cave Richard Geoffroy, con i suoi aromi di fiori secchi, lamponi tritati ed erbe dolci e la ricchezza della frutta, che si fa via via più pronunciata, mentre emerge il tannino delle uve rosse, Turco ha pensato a una ricetta un po’ più elaborata, sempre partendo però dagli ingredienti di base della cultura culinaria di Venezia: le Polpettine di baccalà. Un piatto, che, alleggerito con la ricotta, si enfatizza grazie all’estensione strutturata e carnosa e alla consistenza setosa e speziata di questo Champagne. Ma la ricchezza e la complessità del bouquet, che passa dal frutto maturo, poi al fico e alla fragolina di bosco e, non appena respira e cresce, alla guaiava, alla violetta e alla vaniglia, trasformano il Rosé 2003 in un vino provocante e sensuale, ideale nelle importanti cene galanti, magari sulla terrazza del Gritti, mentre si osservano le gondole sul Canal Grande: “Sempre vincente l’abbinamento con il pesce crudo, i crostacei e gli scampi -afferma lo chef- Io sono un estimatore delle bollicine francesi, oltre al Rosé 2003, sono meravigliosi anche il Dom 2004 e l’Oenothèque 1996. È un vino irrinunciabile nelle feste come alla fine di una cena importante perché è sempre di buon auspicio”. Club del Doge, The Gritti Palace, campo Santa Maria del Giglio 2467, Venezia, tel. +39 041.794611, www.clubdeldoge.com

Il Rosé 2003, con i suoi aromi di fiori secchi, lamponi tritati ed erbe dolci e la ricchezza della frutta, esalta al massimo le Polpettine di baccalà di Daniele Turco, chef del Club del Doge, ristorante del Gritti Palace. Vino provocante e sensuale, è perfetto anche con pesce crudo, crostacei e scampi

...Champagne Dom Pérignon? BRAND DIRECTOR ITALIA

Marco Ravasi

Mi piace trovare lo Champagne Dom Pérignon nei luoghi dove regna l’armonia, dove si vive il bello e dove il gusto viene vissuto come esperienza dell’unicità.

Champagne Dom Pérignon è importato da Moët Hennessy Italia www.moethennessy.it FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013 | 55


DOVE VORREBBE TROVARE... ...Champagne Jacquart? DIRETTORE MARKETING E RELAZIONI ESTERNE RINALDI IMPORTATORI

Piero Valdiserra

La risposta più semplice sarebbe: nelle migliori enoteche. Ma a me piace che Jacquart sia bevuto, con gioia, in ogni occasione. E quindi dico: al bar, nel winebar, al ristorante, sulla tavola di casa. Che le bollicine Jacquart scorrano copiose e festose!

Champagne Jacquart è importato da Rinaldi Importatori www.rinaldi.biz 56 | FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013

JACQUART & LA TERRAZZA

Brut Mosaïque, celebra la leggerezza in cucina odici tavoli e l’entrata in una strada chiusa nel cuore di Bologna: La Terrazza è il “giardino segreto” di buongustai fissi “che ci fanno visita una volta a settimana o una volta al mese”, conferma il patron Tiziano Zirondelli. Intenditori che sanno cosa vogliono: “Non proponiamo abbinamenti, lasciamo liberi i nostri ospiti che scelgono noi per un piatto leggero e salutare e una bottiglia di Champagne, come ad esempio Jacquart, uno dei vini qui più apprezzati e richiesti”. Mediterranea e con influssi provenienti da tutte le culture che si affacciano sul Mare nostrum, dalla spagnola alla lla magrebina, fino alle ricette regionali, rielaborate in chiave ave light, la cucina de La Terrazza è semplice, alleggerita nei sapori e povera di grassi, ma soddisfa pienamente il gusto, soprattutto se accompagnata dal perlage elegante degli Champagne Jacquart, come il Brut Mosaïque. Vivace ed equilibrato, realizzato con chardonnay, che conferisce alla cuvée aromi freschi e raffinati, pinot noir,, che ne fornisce l’ossatura, e con pinot meunier, che gli dà à una sfumatura fruttata, provenienti dai vigneti distribuiti ti come un mosaico fra la Montagne de Reims e la Côte des Blancs, il Brut Mosaïque è uno Champapagne versatile che, per la sua morbidezza, l’attacco cco fresco e il finale persistente, è il compagno ideale l della buona tavola, persino a tutto pasto. “Nel nostro menu ci sono molti piatti perfetti con il Mosaïque -continua Zirondelli- ma, per me, ce ne è uno in particolare: i Raviolini di cipolla di Tropea, una ricetta molto semplice, quasi banale, ma che piace molto e in cui la cipolla, cotta talmente tanto, perde il suo sapore acido e fa emergere solo quello dolce”. Giocando invece per concordanza di sapori, i deliziosi sentori agrumati del Brut Mosaïque si uniscono al gusto delicato del Filettino di sogliola, nuovo piatto nella carta de La Terrazza: “Cotta nel succo di arancia e servita su insalatina con il melograno, la sogliola rimane molto leggera, ma valorizzata dal profumo del frutto e dalla vinaigrette delicata”, spiega il patron. Ma, proprio grazie a Tiziano Zirondelli, lo Champagne Jacquart spesso “esce” anche dalle mura del ristorante: “Lo porto con me, o lo propongo quando cuciniamo a domicilio per alcune delle più importanti famiglie bolognesi. Ma, come dicevo, i nostri clienti sono degli intenditori e capita spesso che ce l’abbiano già in casa e che si riforniscano direttamente dalla Fratelli Rinaldi Importatori per la loro cantina privata: un ottimo Champagne perfetto in ogni momento, a casa come al ristorante”.

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La Terrazza, via del Parco 20, Bologna tel. +39 051.531330, www.ristorantelaterrazza.it

Il Brut Mosaïque è uno Champagne versatile che, per la sua morbidezza, l’attacco fresco e il finale persistente, è ideale a tutto pasto. Ottimo con i Ravioli di cipolla di Tropea di Tiziano Zirondelli del ristorante bolognese La Terrazza


DOVE VORREBBE TROVARE... JACQUESSON & RISTORANTE DEVERO

....Champagne Jacquesson? PRESIDENTE PELLEGRINI SPA

Avize Champ Caïn 2004 esalta piatti semplici na dozzina di tavoli all’interno del Devero Hotel di Cavenago di Brianza (MB) sono il regno di Enrico Bartolini, appena insignito con la seconda stella Michelin e autore di una cucina da lui stesso definita contemporary classic. Creativo ed esperto conoscitore di Champagne, Bartolini ama costruire piatti evocativi di ricordi e sensazioni con tecniche avanguardistiche che permettano di creare preparazioni intriganti e con personalità, senza snaturarne l’anima. Una cucina classica, quindi, ma contemporanea allo stesso tempo, scevra da imposizioni e parametri dettati da mode passeggere. Proprio come la maison de Champagne Jacquesson che, dal 1978, non Cham è mai ma scesa a compromessi, lavorando con metodi met non industriali, dedicati ai più alti standard di qualità. La produzione avviestan ne solo con uve provenienti dai vigneti di proprietà, 28 ettari, di cui 11 situati nella ne Côte de Blancs, ad Avize, dove si trovano le vigne di maggior pregio. Questo rigore nel metodo piace a Bartolini, in particolare per il Lieux B Dits-Avize Champ Caïn 2004, uno D Champagne che nasce da un cru di chardonnay di poco più di un ettaro, caratterizzato da un terreno calcareo, friabile e gessoso, che gli conferisce f una u particolare sapidità. “Mi piace abbinarlo a un piatto con carne bianca, ab un classico che si usava preparare la domenica in famiglia: il pollo arrosto, do però per con influenze orientali -racconta lo chefchef Seleziono l’anca di un grande pollo ruspante, rusp ne rendo succulenta la polpa e croccante cro la pelle e accompagno tutto con una salsa allo yuzu, un agrume giapponese molto pregiato. Creo una sorta di pesto, dopo averlo emulsionato col sale, che viene unito al fondo di cottura del pollo per ottenere una salsa molto cremosa, che lega molto bene con la parte di polpa bianca, leggermente grassa, e la croccantezza della pelle. L’effetto ottenuto si sposa perfettamente con la parte carbonica, la sapidità e i profumi del Lieux Dits-Avize Champ Caïn 2004. Sembra un piatto quasi natalizio -conclude Bartolini- che ricorda lo Champagne a tutto pasto, consumato durante il pranzo, assieme al tacchino”. Queste eccellenti bollicine di Jacquesson, quindi, caratterizzate da una buona struttura, sono capaci di esaltare una ricetta apparentemente semplice, ma con contaminazioni orientali che valorizzano a loro volta una grande annata come il 2004.

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Ristorante Devero, Devero Hotel, largo Kennedy 1, Cavenago di Brianza (MB), tel. +39 02.95335268, www.ristorantedevero.it

Pietro Pellegrini Il metodo rigoroso con cui è prodotto il Lieux DitsAvize Champ Caïn 2004 piace molto a Enrico Bartolini del Devero che, per la parte carbonica, la sapidità e i profumi, lo abbina al suo Pollo arrosto allo yuzu

Vorrei trovare lo Champagne Jacquesson nel calice di tutti gli appassionati desiderosi di gustare innanzitutto un grande vino, un grande vino di Champagne.

Champagne Jacquesson è importato da Pellegrini Spa www.pellegrinispa.net FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013 | 57


DOVE VORREBBE TROVARE... ...Champagne Krug? BRAND DIRECTOR ITALIA

Francesca Terragni

KRUG & IL PAGLIACCIO

Krug 2000, a proprio agio con sfumature d’Oriente er gli apocalittici l’anno 2000 rappresentava la fine del mondo; do; per la maison de Champagne Krug, invece, l’ultima annata dello ello scorso millennio è stata un’immensa promessa di appagamento, data ata dall’unione di un potente Pinot noir con un aromatico ed estroverso so Chardonnay, il tutto completato da un generoso Pinot meunier. er. Niente fine del mondo, quindi, ma un nuovo inizio. Il XXI secolo, o, infatti, ha conservato per oltre un decennio le bottiglie di Krug g 2000, dando il tempo a questo vino di straordinaria raffinatezza a ed eleganza di raccogliere profondità e slancio. Krug 2000, come tutti i “gran signori”, è capace di adattarsi con stile alle situazioni più particolari; si potrà quindi gustare con capesante caramellate e ananas, fino a piatti con salse in agrodolce e spezie intense. e se. Questa versatilità si sposa molto bene alla cucina di Anthony thony Genovese, chef de Il Pagliaccio, due stelle Michelin nel cuore di Roma. Nato in Francia da genitori calabresi, Genovese, che ha avuto importanti esperienze in Giappone, Malesia e Tailandia, propone una cucina che parte da ingredienti italiani, ma con influenze francesi e orientali. “Un esempio -racconta lo chef- è Come se fosse un bollito, un antipasto costituito da un bollito o con varie pezzature di manzo, messo in un brodo o con moscardini, erbe, sesamo, alghe e daicon, una na radice giapponese che tende al dolciastro, che e conferisce un particolare sapore al piatto, il quale si sposa molto bene al corpo strutturato e dai sentori ri di caramello, torroncino, nocciola e biscotti appena sfornati di Krug 2000”. L’influenza orientale del menu del Pagliaccio piace molto ai clienti, come spiega Genovese, in particolare in abbinamento a Krug 2000 che in questi casi fa da trait d’union tra gli ingredienti nostrani e le preparazioni esotiche e speziate, come il Dim alla piastra: un raviolo giapponese preparato con acqua e farina, ripieno di vitello e mortadella e servito su verza croccante con gocce di liquirizia. La particolarità di questa preparazione è la cottura che avviene in padella con un coperchio, quindi la parte superiore cuoce col vapore che si crea, mentre quella inferiore con la piastra, rimanendo sotto croccante e sopra morbida. “Questo piatto è una combinazione di contrasti che lega perfettamente con i sentori di agrumi, scorza di lime e il persistente finale di crosta di pane di Krug 2000”, aggiunge il sommelier Matteo Zappile. Krug 2000 nasce quindi nel passato, ma guarda al futuro degli abbinamenti gastronomici, grazie a un blend che gli conferisce caratteristiche uniche per pienezza e generosità.

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Abbiamo ottenuto eccellenti risultati nelle nostre Krug Ambassade, il circuito di ristoranti, enoteche e lounge bar con cui la maison Krug ha un rapporto preferenziale. Quindi cercheremo di ampliare il network per essere presenti in tutte le regioni.

Champagne Krug è importato da Moët Hennessy Italia www.moethennessy.it 58 | FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013

Ristorante Il Pagliaccio, via Banchi Vecchi 129a, Roma, tel. +39 06.68809595, www.ristoranteilpagliaccio.com

Elegante e versatile, il Krug 2000 si adatta con stile a tutte le circostanze. Per il suo corpo ben strutturato e i sentori di caramello, torroncino, nocciola e biscotti, è perfetto con Come se fosse un bollito, il particolare antipasto di Anthony Genovese de Il Pagliaccio


DOVE VORREBBE TROVARE... POMMERY & FILIPPO LA MANTIA

Cuvée Louise 2002 matrimoni ai sapori siciliani Champagne è il sogno di tutti -chiarisce subito Filippo La ‘‘L oMantiaDobbiamo fare onore ai francesi che hanno inventato un prodotto così straordinario”. E La Mantia di sogni se ne intende, visto che ha appena messo un altro importante tassello alla sua vita di chef e di uomo inaugurando il ristorante che porta il suo nome all’interno dell’elegante Jumeirah Grand Hotel Via Veneto, a Roma. Ma anche per quanto riguarda le bollicine francesi La Mantia ha le idee piuttosto chiare: “Ho scelto la maison Pommery in questa mia nuova avventura, non solo attraverso una prestigiosa selezione, ma coinvolgendola nella grande inaugurazione che faremo a gennaio. E non solo. Visto che in questo albergo c’è una spa meravigliosa, al suo interno voglio creare uno spazio raffinato in cui sorseggiare Champagne Pommery ascoltando ottima musica e in cui organizzare serate a tema”. Il colpo di fulmine con Pommery, Filippo La Mantia l’ha avuto sette anni fa: “Mi è stato proposto e me ne sono innamorato, perché ha un bouquet straordinario che non è troppo aggressivo. Poi, attraverso le cene a tema, ho scoperto che si sposava perfettamente ai miei piatti”. La sua è una cucina siciliana caratterizzata dall’uso sapiente dei prodotti stagionali, ma senza aglio, cipolla, porro, scalogno e soffritto. Piatti divertenti, profumati e digeribili che formano un tutt’uno con il perlage degli Champagne Pommery. Come l’ultimo nato, il Brut Apanage Po Prestige, creato da un multi-assemblaggio dal Pr perfetto equilibrio che risulta dall’unione delle perf uve provenienti dai più pregiati cru: una cuvée sans san année che svela un perlage fine e delicato. “Io non sono un sommelier, ma il mio intuito mi ha sempre aiutato a creare degli accostamenti eccezionali ec -continua lo chef- Così, l’eleganza e la complessità dell’Apanage, grazie ai suoi aromi a fioriti e fruttati e alle sue note cremose, m nobilita una mia semplice e umile ricetta come la Pasta con il pesto di lime, zenzero, capperi, pomodorino candito botta di tonno”. E che dire della sensualità e bottarga e dell’eleganza al naturale della Cuvée Louise Brut 2002, dalla complessità unica? Frutto di un’annata straordinaria, associata, a oggi, a una precocità dovuta alla recente sboccatura, fa soltanto intravvedere le potenzialità di questo vino straordinario. “La sua mineralità e le fresche note di limone e pompelmo, addolcite da una sfumatura di pesca bianca, si fondono armoniosamente al pistacchio, alle mandorle tostate, al miele di zibibbo, al latte di mandorla e alla cannella del mio Cous cous dolce”. Ristorante Filippo La Mantia, Jumeirah Grand Hotel Via Veneto, via Vittorio Veneto 155, Roma, tel. +39 06.48788 www.jumeirah.com

L’eleganza e la complessità del Brut Apanage Prestige, grazie ai suoi aromi fioriti e fruttati e alle sue note cremose, nobilita la semplicità della Pasta con il pesto di lime, zenzero, capperi, pomodorino candito e bottarga di tonno di Filippo La Mantia

...Champagne Pommery? AMMINISTRATORE DELEGATO VRANKEN POMMERY ITALIA

Mimma Posca

A tavola, naturalmente... Lo Champagne è simbolo della gioia, dell’allegria e della convivialità, tutti valori che vengono esaltati nel viaggio sensoriale in cui il piacere di esplorare nuovi percorsi del gusto trova la sua massima espressione accompagnata da un calice di Champagne.

Champagne Pommery è importato da Vranken-Pommery Italia www.vrankenpommery.it FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013 | 59


DOVE VORREBBE TROVARE... ...Champagne Louis Roederer? AMMINISTRATORE DELEGATO

Massimo Sagna

LOUIS ROEDERER & VO

Brut Rosé Millésimé 2008 vocazione gastronomica iò che accomuna la maison de Champagne Louis Roederer e il Ristorante Vo di Torino, nuovo stellato Michelin 2013, è la ricerca della qualità sopra ogni cosa. Proprio come Louis Roederer ha mantenuto sin dalla nascita una struttura famigliare, che permettesse di mantenere standard qualitativi elevati, senza piegarsi allo sfruttamento delle risorse ai fini economici, così Stefano Borra e Luca Cossu, rispettivamente chef e sommelier, r, con il Vo, di cui sono titolari, hanno realizzato il sogno di un ristorante elegante e dalle dimensioni contenute, dove poter esprimere la propria idea di cucina pulita e gastronomica, come ama definirla lo chef. “La mia è una cucina che parte dal Piemonte, e si allarga alla Penisola, affiancando a piatti regionali preparazioni a base di pesce e ricette classiche che mi diverto a rivisitare con cotture particolari come il sottovuoto o a bassa a temperatura -spiega Borra- È proprio dalla fantasia e dal al piacere di sperimentare che nasce un piatto che si sposa s sa alla perfezione con il Louis Roederer Brut Rosé Millésimé m mé 2008: i Ravioli liquidi di vongole. Sono dei ravioli olli con il ripieno costituito dalla crema che fannno le vongole in cottura; il piatto è costituito o da una julien di verdure appena scottate in n modo da mantenerne la croccantezza, una a riduzione di pomodori datterini e delle strisce di crema di prezzemolo fresco; sopra la julien i ravioli al cui interno è presente la crema di cottura delle vongole, mentre il frutto è adagiato sopra i ravioli stessi. A guarnire la composizione, dei cubetti di pan brioche tostati ostati che contrastano con la sapidità dei ravioli”. i” Louis Roederer Brut Rosé Millésimé 2008 si abbina molto bene a questo piatto grazie alle caratteristiche che lo contraddistinguono. Il bouquet affascina per la sua intensità e precisione, dominato dalla purezza di sapori del Pinot nero presente intorno al 65 per cento. Al palato la concentrazione dei sapori di frutta fresca e succosa si rivela in una struttura sferica cremosa, confermando la forte personalità vinosa che contrasta sapientemente la sapidità del piatto. È un Brut Rosé che conferma tutta la forza, l’energia, la concentrazione, la tipicità e la freschezza di questo grande millesimo. Il 2008 è chiaramente un’annata da Pinot nero, dotata di un potenziale d’invecchiamento raro, che conferma la vocazione gastronomica del vino, con una raccomandazione: stapparlo almeno un’ora prima della degustazione.

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Nelle flûte degli estimatori in grado di cogliere e apprezzare l’unicità degli Champagne firmati Louis Roederer e la sua filosofia: l’amore appassionato per la vite, lo stile di ogni vino, la maturazione nel legno, lasciando al tempo la cura di compiere, al suo ritmo, l’opera degli uomini...

Champagne Louis Roederer è distribuito da Sagna www.sagna.it 60 | FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013

Ristorante Vo, via Andrea Provana 3, Torino tel. +39 011.8390288, www.ristorantevo.it

Dalla fantasia di Stefano Borra, chef del Vo, è nato un piatto che si sposa alla perfezione al bouquet intenso e preciso, con sentori di frutta fresca e succosa, del Louis Roederer Brut Rosé Millésimé 2008: i Ravioli liquidi di vongole


DOVE VORREBBE TROVARE... RUINART & ALL’ORO

Il Rosé sposa la tradizione in chiave contemporanea Rosé è una delle bollicine preferite da mia moglie e in ‘‘R uinart casa lo stappiamo spesso”. Una frase così, detta da uno chef stellato del calibro di Riccardo Di Giacinto, proprietario del ristorante All’Oro di Roma, è certamente garanzia di qualità. Situato all’interno del Luxury Art Hotel Roma, un albergo 5 stelle lusso, con una delle più suggestive terrazze della Capitale, il ristorante All’Oro propone una cucina che Di Giacinto ama definire “tradizional contemporanea”, un po’ frutto del proprio modo di vedere la vita, scandito dal motto: “Guardo sempre indietro per andare avanti”. La sua è una cucina moderna, in cui presentazioni, tecniche di cottura e preparazioni sono influenzate da uno stile contemporaneo, appreso in molti anni trascorsi all’estero imparando da importanti chef; ma è anche una cucina che trae ispirazione dalla tradizione giocando con i suoi capisaldi. saldi In questo contesto Ruinart Rosé si inserisce molto bene, in quanto grazie inse all’equilibrata freschezza contrasta e all’e pulisce dalla grassezza di alcuni piatti pul tipici tip della cucina italiana rivisitati da Di Giacinto. Un esempio può essere il Riassunto di d carbonara. “Questa preparazione declinata in antipasto, è una delle più d importanti e rappresentative della i tradizione romana e del ristorante -spiega lo chef- Si tratta di una carbonara senza pasta servita in un’originale presentazione. All’interno di un uovo, al quale viene t i A tolta la parte superiore del guscio, si inserisce una crema inglese con del guanciale croccante, una spuma di parmigiano e del pepe nero per guarnire. C’è tutta l’arroganza della carbonara -scherza Di Giacinto- Ruinart Rosé fa da perfetto contrasto al sapore intenso dato dalla crema e dalla grassezza del guanciale croccante”. Prodotto con il 45 per cento di uve chardonnay e il rimanente pinot noir di cui il 19 per cento vinificato in rosso, Ruinart Rosé esprime la raffinatezza della maison capace di trattare sapientemente gli uvaggi utilizzati per i propri vini che all’occorrenza sanno assecondare e contrastare i sapori. In particolare, la percentuale di chardonnay nel Rosé, con la sua misurata acidità, si compensa perfettamente con il Tiramisù di baccalà e patate proposto al ristorante; un mantecato di patate e baccalà sulla base del piatto, sotto una spuma di patate e rosmarino e, sopra, del guanciale di cinta senese e del cacao amaro. Ristorante All’Oro, via del Vantaggio 14, Roma, tel. +39 06.97996907 www.ristorantealloro.it

Grazie alla sua equilibrata freschezza, il Ruinart Rosé contrasta e pulisce dalla grassezza di alcuni piatti tipici della cucina italiana rivisitati da Riccardo Di Giacinto del ristorante All’Oro, come l’antipasto Riassunto di carbonara

...Champagne Ruinart? SENIOR BRAND MANAGER ITALIA

Sébastien Fortuna

Sarei felice di trovare Ruinart come accompagnamento di tutti i momenti più sereni e di piacere dei nostri consumatori, dalla tavola stellata alla trattoria tipica, dal party in casa alla lounge più glamour. Una delle più grandi qualità del nostro marchio è, infatti, proprio la sua eccezionale trasversalità, il sapersi adattare ai diversi stili e abbinamenti, lasciando una scia di sorrisi e bollicine!

Champagne Ruinart è importato da Moët Hennessy Italia www.moethennessy.it FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013 | 61


DOVE VORREBBE TROVARE... ...Champagne Veuve Clicquot? BRAND DIRECTOR ITALIA

Francesca Terragni

VEUVE CLICQUOT & IL SANTA BISTRÒ MODERNO

Rosé, dall’aperitivo alla cucina del territorio scelta dello Champagne, e del Veuve Clicquot in ‘‘L aparticolare, per noi è stata dettata più da una filosofia

In Europa l’Italia è il terzo mercato per Veuve Clicquot, segno che la nostra strategia distributiva funziona. Continueremo a impegnarci nel canale horeca che è altamente strategico per il marchio e ci consente di lavorare sulla notorietà del brand con un’ottima risposta in termini di domanda di prodotto.

Champagne Veuve Clicquot è importato da Moët Hennessy Italia www.moethennessy.it 62 | FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013

che da una questione di abbinamenti; ormai lo Champagne è stato sdoganato un po’ a tutti i livelli, è un vino da bere in ogni momento, che non impone più associazioni gastronomiche ma, al contrario, è ricco di qualità che lo rendono versatile e lo esaltano con i piatti più impensati”. Così, Stefano Grandi, chef patron de Il Santa Bistrò Moderno di Milano, descrive il rapporto del ristorante con lo Champagne. La sua è una cucina preparata con materie prime ed eccellenze del territorio come la pasta abruzzese trafilata in oro, il pomodoro del piennolo Vesuvio Dop o l’olio siciliano biologico. “È una cucina semplice, del territorio, con n influenze del nord e del sud Italia -spiega lo chef- La mia famiglia,, infatti, ha origini venete e siciliane, quindi si può trovare dal polpo arrotato, al baccalà mantecato al latte con polenta”. E a una cucina così si adatta splendidamente il Veuve Clicquot Rosé, uno Champagne né snob né superficiale, capace di valorizzare sia un tête a tête sia un momento conviviale tra amici. Quella di Grandi è una cucina creativa e saporita, ita, che punta a offrire un prodotto di alto livello, per cui in linea con il Rosé, a un prezzo contenuto. “Il Veuve Clicquot Rosé ha la caratteristica, inoltre, di prestarsi ad accostamenti cromatici, come quello con la nostra Crema di zucca mantovana cotta al forno e mantecata con l’amaretto, la noce moscata, scorza di limone e cannella, stempera-ta in padella con brodo vegetale, e affiancata da gamberi rossi di Mazara del Vallo cotti solo da un lato con burro chiarificato, amaretti e mandorle rle -spiega Grandi- È un piatto ricco di sapori che he vengono esaltati dal Rosé che evolve in sentori tori di frutta secca, e appaga l’occhio con il colore rosa che richiama i gamberi di Mazara del Vallo”. Ma il Veuve Clicquot Rosé, come suggerisce lo chef, ha il grande pregio di sposare anche piatti poveri, come l’entrée che servono al Il Santa Bistrò Moderno: una polpettina di cicoria passata nella farina di polenta, fritta e accompagnata a una crema di fave e patate, molto apprezzata dai clienti specie se accompagnata da un calice di Champagne Rosé, con il suo attacco fresco che lascia spazio all’aroma fruttato. Il Veuve Clicquot Rosé, quindi, con la sua freschezza e le sue note fruttate, non si esprime a meraviglia solo per un aperitivo, ma grazie all’elevata quantità di vini di riserva utilizzati per l’assemblaggio, ha una struttura che gli permette di sostenere anche piatti creativi e ricchi di sapore. Ristorante Il Santa Bistrò Moderno via Melchiorre Gioia 37, Milano tel. +39 02.66703715, www.ilsantabistro.it

Stefano Grandi Grandi, chef patron de Il Santa Bistrò Moderno, con il socio e maître Angelo Mandelli, abbina il bouquet fresco e fruttato del Veuve Clicquot Rosé alla Crema di zucca mantovana con gamberi rossi di Mazara del Vallo


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OSTRICHE SPESSO CONSIDERATI CIBO DI LUSSO DAI POTERI AFRODISIACI, QUESTI MOLLUSCHI SONO SEMPRE PIÙ “POPOLARI”, ANCHE SE I PREZZI IN TRE ANNI SONO RADDOPPIATI. E CON UN CALICE DI CHAMPAGNE O CON UN VINO FERMO, OGGI SI POSSONO GUSTARE ANCHE IN LOCALI SPECIALIZZATI, DA NORD A SUD DELLA PENISOLA

Le perle del mare Paolo Becarelli

L

a cattiva notizia per gli inesorabili ghiottoni di ostriche? Che i prezzi di questi molluschi sono raddoppiati negli ultimi tre anni e continuano a crescere. Colpa, secondo la Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di cibo, di un virus che ha decimato l’acquacoltura francese, ma ancor più dei cinesi. I quali ne vanno matti e, crescendo sia in numero con velocità esponenziale sia in disponibilità economica, ne fanno incetta spingendo i prezzi alle stelle. “La domanda proveniente da Hong Kong e dalla Cina e la carenza mondiale di forniture hanno determinato un forte incremento dei prezzi”, conferma Richard Haward, coltivatore di ostriche da sette generazioni nella contea dell’Essex, a nord-est di Londra. La buona notizia è, invece, che in Italia si stanno lentamente, ma inesorabilmente, diffondendo i locali in cui le ostriche si possono degustare e apprezzare. E non solo al Nord, dove è più facile immaginare che la tradizione francese dei plateau royall abbia contaminato la proposta gastronomica dei ristoranti. A Roma, ad esempio, il bar à huitress di

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Baccano, locale ispirato ai bistrot parigini, ma contaminato da chiare influenze newyorchesi, a poco o più di un anno dall’apertura è già à diventato un punto di riferimento o per capitolini e turisti. “Il bar à huiuitres, in verità, è stato aggiunto circa rca sei mesi dopo l’inaugurazione; siamo mo molto contenti di questa scelta perché ché così siamo riusciti a caratterizzare più incisivamente la nostra offerta, per il resto focalizzata su proposte di cucina italiana -spiega Fabio Casamassima, direttore di Baccano- Oggi il 15-20 per cento della nostra clientela è formato da amanti delle ostriche che le degustano sia al tavolo sia al bancone, magari in accompagnamento a un calice di Champagne come aperitivo”. Alla Capitale guardano anche Vittorio Fenoglio e Francesco Zanoletti, che dieci anni fa hanno fatto coincidere la passione per le ostriche e gli affari nel loro Ostriche e vino, un angolo di Francia sotto le guglie della Madonnina. “Abbiamo aperto con l’obiettivo di rendere le ostriche popolari come a Parigi o in Costa Azzurra, dove tantissimi ristoranti le propongono in plateau royal tanto compositi quanto scenografici. E dove vedevamo seduti tanti italiani -dice Vittorio Fenoglio- Rispetto agli inizi abbiamo ampliato un po’ il menu sia con altri tipi di pesce, sia con crostacei e molluschi, per dar modo anche a chi non ama particolarmente le ostriche di apprezzare comunque la nostra cucina. Così, messa a punto la formula del locale, oggi stiamo valutando la possibilità di aprire a Roma, dove c’è ancora spazio per soddisfare la voglia di ostriche dei romani”. Anche a Bologna lo chef Marco Fadiga non ha saputo rinunciare a un banco per le ostriche all’interno del suo Bistrot. D’altronde, dopo aver passato 8 anni in Francia lavorando nei più prestigiosi ristoranti francesi, fra cui il tristellato Ledoyen di Parigi, e con una moglie che

di nome fa Hélene, per Fadiga è stato un passo quasi obbligato dedicare spazio a Belon, g ffines de claires e spéciales. “Il mio Bistrot è il posto dove m a Bologna si mangiano più ostriche. Sarà che io ne sono il primo estimatore, e sarà che le servo come fanno in Francia, fatto fa sta che chi viene da me non si accontenta di un semplice assaggio -sottolinea Fadiga- E può sembrare strano, ma anche in questi tempi di crisi le ostriche più richieste sono quelle più rare e costose come le Belon 000 o le Gillardeau”.

Al bar à huitres di Baccano, locale romano ispirato ai bistrot parigini, contaminato da influenze newyorchesi, ogni mese ci sono 7-8 tipi di ostriche diverse e ne ruotano una trentina all’anno

Cultura e servizio Si può andare al ristorante e ordinare ostriche “perché fa status”, specie se si vuol far colpo sull’innamorata e si è appena letto un articolo che parla dei loro poteri afrodisiaci. Oppure si possono ordinare ostriche per ostentare il potere di mangiare cibi che non tutti possono permettersi. Ma, per aumentare e consolidare il numero degli amanti delle ostriche, occorre che chi le propone le faccia innanzitutto conoscere e apprezzare. Ossia spieghi le caratteristiche dei vari tipi (ne esistono oltre un centinaio), le loro peculiarità organolettiche e come queste siano influenzate dal metodo di allevamento e dalla regione geografica in cui sono cresciute. Poi occorre insegnare a degustarle per coglierne tutte le sfumature, un po’ come si fa con i vini. In altre parole, è necessario creare conoscenza e continuità di consumo. Per questo Pasquale Di Paolo, nel suo A’ Riccione Bistrot Oyster Club, costola dello storico ristorante A’ Riccione di Milano, propone plateau di degustazione composti anche da 13 ostriche diverse, ciascuna identificata con un cartellino plastificato dove sono indicate le principali caratteristiche. “Quando portiamo in tavola i vassoi spieghiamo sempre ai clienti le ostriche che serviamo, così per FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013 | 65


OSTRICHE CONSIGLI

Suggerimenti per gustarle al meglio Fino a 15... Se si escludono le ostriche selvagge, che vanno mangiate appena raccolte, le altre possono essere consumate anche 15 giorni dopo essere state prelevate dal mare. Gli ostricoltori infatti “abituano” i molluschi a restare fuori dall’acqua, in modo tale che tengano ben strette le valve per non farne uscire neppure una goccia. …ma con la parte concava in basso. Per conservarle a lungo, le ostriche vanno tenute con la parte concava rivolta in basso in modo che non rilascino acqua. Per verificarne la freschezza si soppesano: se sono leggere hanno probabilmente perso liquido e quindi non andrebbero mangiate. Fra 2 e 8. È la temperatura che consente ai molluschi di sopravvivere. Sotto i 2 °C le ostriche muoiono per assideramento, sopra gli 8 per il troppo caldo. Fra 4 e 10. Per degustarle al meglio, gli intenditori consigliano comunque di mangiare le ostriche non prima di 4 e non dopo 10 giorni dalla loro raccolta. Appena levati dall’acqua cqua i molluschi sono, infatti, ancora stressati perché tolti dal loro habitat. Scolare l’acqua. Uno volta aperta, subito prima di mangiarla, si elimina l’acqua dell’ostrica: questa si riformerà nel giro di pochi secondi ma non va eliminata perché dà al palato l’inconfondibile sapore iodato. In bocca, meglio a destra. L’ostrica si gusta a partire dal fegato, cioè la parte più chiara, grossa e carnosa. Si mastica lentamente, possibilmente con i molari della parte destra della a bocca, dove risiede la maggior parte delle papille ille gustative. Come il vino. Una volta inghiottita l’ostrica, sii lasciano passare alcuni secondi. Si sprigionerà allora il suo eventuale retrogusto e si potrà valutarne la persistenza in bocca. Pane di segale e burro. Aiuta chi non è abituato a mangiare ostriche a non avere problemi intestinali. Il burro “fodera”, infatti, le pareti intestinali e impedisce al mollusco di entrare in contatto diretto con lo stomaco. Grandi e piccole. Le ostriche più grosse sono migliori da cuocere, mentre quelle più piccole da mangiare crude perché hanno un sapore più deciso. Attenti al calibro. La grandezza (calibro) delle ostriche piatte (Belon e Marennes) si misura da 0000 a 5 (le più piccole, 30-40 grammi), quello delle concave (fra le più note, fines de claire e spéciales) da 1 a 5 (30-45 grammi).

L’obiettivo di Ostriche e vino, un angolo di Francia a Milano, è rendere le ostriche più popolari. Qui, in scenografici plateau royal, ne ruotano 13 tipi diversi ogni mese, comprese quelle sarde di San Teodoro

loro è più facile ricordare quanto gli raccontiamo. E siccome possono portarsi via i cartellini, succede spesso che poi tornino con questi ordinando solo le varietà più gradite -spiega Di Paolo- In questo modo sanno quello che mangiano e non lo dimenticano, anzi sono stimolati a confrontarne e provarne nuovi tipi. Nel mio Oyster Club ogni anno ‘girano’ oltre 50 tipi di ostriche diverse, una quindicina al mese, selezionate in base

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alle caratteristiche stagionali e alla loro disponibilità sul mercato”. lor Le ostriche servite da Di Paolo L arrivano da tutto il mondo: Amear rica, Australia, Nuova Zelanda, ri IIrlanda, Regno Unito, Francia, IItalia e perfino dalla Mauritania. “Che però adesso non ho in carta perché, pur essendo molto b buone, i lunghi tempi burocratici di importazione spesso s pregiudicano la qualità delle ostriche stesse, che devono essere consumate al massimo entro due settimane dalla loro raccolta -puntualizza il patron dell’Oyster Club- I soli tipi di ostrica che non ho mai trattato sono quelli cinese e coreani, i più diffusi. Pochi lo sanno, ma oltre il 90 per cento del consumo di ostriche mondiale è concentrato a est. La Francia, il maggior produttore europeo, produce solo il 2 per cento del fabbisogno mondiale”.

L’arte di far degustare Proporre ostriche non richiede investimenti particolari, “ma per farle davvero apprezzare occorre un servizio che emozioni -puntualizza Marco Fadiga- Ossia servirle su vassoi di ferro appoggiati su treppiedi, colmi di ghiaccio tritato, possibilmente adagiate su un letto di alghe per rendere più scenografica la presentazione. Poi bisogna accompagnarle con ciotole di aceto rosso con scalogno finemente affettato e fette di limone. Nel mio Bistrot, oltre alla classica degustazione verticale, cioè per complessità crescente, propongo anche una degustazione orizzontale, che prevede il servizio di ostriche allevate con le stesse modalità,


per esempio fines de claires di provenienze diverse. In questo modo posso far davvero capire quanto il luogo influenzi il gusto del mollusco, analogamente a quanto avviene con i terroir per il vino”. Vittorio Fenoglio preferisce invece creare percorsi di degustazione personalizzati: “A Ostriche e vino ne abbiamo circa 13 tipi ogni mese, comprese quelle sarde di San Teodoro, ma chiediamo sempre ai clienti quante vogliono assaggiarne e se hanno delle preferenze particolari. In genere un percorso degustativo parte con le fines de claires, passa per le concave di Cancale o di Mont St. Michel, arriva alle spéciales di Gillardeau e finisce con le Bouzigues o quelle di San Teodoro”. Anche al bar à huitres di Baccano i plateau di degustazione non sono standard ma vengono composti in base alle richieste dei clienti: “Ogni mese abbiamo 7-8 tipi di ostriche diversi e ne facciamo ruotare una trentina all’anno. Raramente ci viene chiesto di preparare dei vassoi con tutte quelle che abbiamo in carta, più spesso chi viene da noi si orienta sulle tipologie più pregiate come Belon

de Belon o le concave di Gillardeau -puntualizza Casamassima- È una scelta che si spiega sia con il fatto che molti ne ordinano solo un paio per l’aperitivo e quindi vogliono il massimo della qualità, sia perché nel consumo di certe ostriche c’è ancora una forte componente di esibizionismo legato al prezzo. Per il servizio al tavolo ci rifacciamo comunque allo stile classico: utilizziamo vassoi con ghiaccio tritato e accompagniamo i molluschi con aceto rosso con scalogno o limone”.

Tutto parte dal mare Potrà sembrare strano, ma in Italia ci sono importatori in grado di soddisfare quasi ogni esigenza in fatto di ostriche. Addirittura in internet si trovano siti specializzati come ostricheonline.com o lapiazzettadelpesce. it, dove si può sceglierne e ordinarne oltre 20 tipi. Per questo la maggior parte dei locali à huitres si serve da grossisti. “Avere buoni fornitori è il primo segreto di chi vuol fare business con le ostriche -sottolinea il patron di Ostriche e vino -Mantenere contatti diretti con

L’A’ Riccione Bistrot Oyster Club, costola dello storico ristorante A’ Riccione di Milano, propone plateau di degustazione con ostriche provenienti da tutto il mondo, selezionate in base alla stagionalità e alla disponibilità sul mercato

UN PO’ DI STORIA

Greci e Romani, gran ghiottoni In alto, i

Come tutti i mitili, le ostriche furono uno degli alimenti più consumati nell’antichità: bastava raccoglierle nei fondali resti dello marini per assicurarsi proteine pregiate nella dieta quotidiana. Tra i Greci erano particolarmente diffuse: noninsediamento per nulla romano l’ostracismo (da ostrakon, ostrica), parola che indica il voto popolare con cui erano esiliati i cittadini, era scritto nella parte scopertouna a Tróia: madreperlacea della conchiglia. La predilezione dei Romani per le ostriche è segnalata da Plinio il Vecchio attraverso un grande ricetta per marinarle nel garum, una specie di salsa a base di pesce salato, mentre secondo Varrone si deve a Sergio, un complesso per gentiluomo romano che prese il nome Orata dal pesce prediletto, il primo tentativo di allevare sistematicamente ostriche la le salatura del nel lago Lucrino. Più recente è l’amore dei francesi per le ostriche, che ne divennero i più entusiasti estimatori:pesce. si saAche nel destra, i vigneti della XVII secolo potevano scegliere fra 365 tipi e 30 ricette diversi per cucinarle. Tale abbondanza fece sì che nel 1603 Enrico Herdade dadi IV ne mangiasse tante da fare indigestione, mentre la cronaca ci riporta le scorpacciate di Honoré Gabriel Riqueti conte Malhadinha Mirabeau (360 ostriche in una volta sola) e Honoré de Balzac, che se ne faceva servire 100 come antipasto. Si dovette aspetNova, tra le tare, però, Napoleone III, cioè un paio di secoli più tardi, perché venissero messe le basi della moderna ostricoltura. E se più importanti cantine del fino al 1950 era la laguna di Chioggia a fornire ai francesi le piccole ostriche allevate poi sulle coste di Bretagna e NormanPortogallo, e dia, oggi la situazione si è invertita e la maggior parte delle ostriche consumate in Italia arriva d’Oltralpe. l’enologo Nuño Gonzales

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OSTRICHE ACQUISTI

Una per una, ecco le più note Le ostriche edibili appartengono a cinque specie. L’Ostrea edulis, od ostrica piatta, ha forma tondeggiante e carne bianca; la Crassostrea angulata, di origine portoghese, è concava ma è stata quasi interamente sostituita, dopo la moria del secolo scorso, dalla Crassostrea giga, che è pure essa concava, ma allevata principalmente nella Marennes-Oléron. Vi sono infine la Cassostrea commercialis, ostrica concava australiana, e la Ostrea virginiana o ostrica americana, che ricorda la concava ma è più piatta e corta. Le ostriche concave sono valutate in base al loro indice di qualità (IQ), che determina lo strato di grasso: si hanno così le fines con IQ fra 5,5 e 9 e le spéciales con IQ superiore a 9. Le ostriche vengono spesso affinate nei claires, stagni una volta usati come saline e alimentati dal flusso delle maree, dove i molluschi imparano a trattenere l’acqua, crescono e mitigano il loro sapore salato perché l’acqua che filtrano ha una minore concentrazione di cloruro di sodio. A seconda della durata della permanenza sono chiamate fines de claires (1 mese) o spéciales de claires (2 mesi di affinamento). Nei claires può inoltre svilupparsi un’alga particolare (navicule bleue) che conferisce all’ostrica un caratteristico colore verde e ne rende particolarmente apprezzato il mollusco. Ecco le varietà più note e pregiate. Belon 000. La regina delle ostriche. Allevata nella regione di Marennes-Oléron, ha sapore delicato che ricorda la noce. Fine de claire verte. Viene dalla Marennes, la zona di maggior produzione di ostriche in Francia e si ottiene solo in primavera quando si sviluppa la navicule bleue che gli dà il caratteristico colore. Carnosa e tenera, ha sapore complesso, equilibrato fra dolce e salato con una note piccante. Gillardeau. È il nome della omonima famiglia ultracentenaria che nella zona di La Rochelle (Francia occidentale) produce solo “speciali” dal gusto equilibrato fra dolcezza e salinità, tenerezza e carnosità. La Gauloise. Prodotta in Bretagna e affinata a Riec-Sur-Belon: ha un sapore sapido iodato che tende al dolce sul finale e lascia in bocca un retrogusto di nocciola. Mourgen. Nasce in Irlanda ed è affinata nella baia di Mont St. Michel, in Bretagna, dalla famiglia Pichot. Ha carne polposa, sapore equilibrato con retrogusto dolciastro. Perle blanche. È allevata in Bretagna e in Normandia e poi portata in Marennes per l’affinamento. Nei claires si lasciano solo 10 ostriche per metro quadro in modo che possano “filtrare” più acqua, avere molto plancton a disposizione e quindi diventare più carnose. San Teodoro. Allevata nel bacino di San Teodoro, in Sardegna, dalla Compagnia Ostricola Mediterranea, ha un’alta percentuale di carne e gusto iodato, mitigato da un finale dolce. Spéciale de Cancale. Allevata negli ostreari nei pressi della baia della cittadina bretone, ha sapore deciso con una marcata salinità. Spéciale de Bouzigues. Coltivata nello stagno di Thau (Mediterraneo) ha forma rotonda ed è ricca di carne. Il gusto è persistentemente iodato con retrogusto di nocciola. Spéciale Mont St. Michel. Allevata in Normandia, ha sapore equilibrato. Spéciale Utha Beach. Allevata nei pressi della spiaggia di Utha, dove è avvenuto lo sbarco in Normandia, ha gusto iodato attenuato da una nota di nocciola. Tsarskaya. Detta anche ostrica degli zar perché sempre presente alla corte di San Pietroburgo, è allevata nella Bretagna settentrionale: ha carne polposa e gusto equilibrato fra dolce e salato, con retrogusto dolciastro. Ustra Bèla. Coltivata nello stagno di Thau (Mediterraneo), ha una conchiglia di colore bianco e rosato, è ricca di carne e ha un gusto iodato con retrogusto di nocciola.

gli allevatori richiederebbe un alto dispendio di energie e non riuscirebbe comunque ad assicurare la costanza qualitativa delle ostriche, troppo soggetta alla stagionalità”. Una tesi che trova concorde anche Fabio Casamassima, il quale sottolinea come dedicata all’assaggio da a Baccano esista un’équipe un éq valutazione dei prodotti, ostriche e alla valutaz ccomprese, e come le varietà in carta possano essere sostituite sulla base della

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ricerca della miglior qualità al prezzo più competitivo. Marco Fadiga, pur ricorrendo a importatori che spesso mette in competizione fra loro per ottenere una qualità sempre elevata, si serve anche da Cadoret, una famiglia che dal 1880 alleva ostriche con metodi artigianali a Riec-sur-Belon, in Bretagna. “È vero che oggi si possono ordinare le ostriche seduti alla scrivania solo alzando il telefono o cliccando su un tasto, ma se si vogliono avere delle specialità e fare cultura prodotto bisogna dedicare a questi molluschi di pro molto tempo, avere curiosità, andare a trovare gli molt allevatori -conferma Di Paolo- Fortunatamente allev per me questo lavoro è anche passione, così andare dai d produttori è una fatica cui mi sottopongo volentieri: ad esempio sono stato recentemente vol in Croazia e lì ho trovato un’ostrica piatta, buona pur pu essendo molto iodata perché non è stata affinata. Così l’ho portata all’Oyster Club per a farla assaggiare ai clienti. Questo per dire che f


se è indispensabile saper gestire gli ordini, scegliendo le varietà migliori in base al periodo dell’anno e in quantità tali da consentirne una rapida rotazione, è altrettanto necessario avere una conoscenza diretta del prodotto che si vende”.

Abbinamenti di… vini Se ostriche e Champagne è uno stereotipo consolidato in fatto di abbinamenti, non è detto che sia anche il più riuscito. Ne è certo Vittorio Fenoglio: “Alcuni clienti non rinuncerebbero mai a mangiarle sorseggiando bollicine, francesi cesi o italiane che siano -conferma ma Fenoglio- Ma sono sempre di più coloro che apprezzano le ostriche anche con i bianchi hi fermi. Noi suggeriamo di pro-varle anche con gli Chablis, i Muscadet Fumé o il Sancerre, i Gewürztraminer alsaziani o con gli Arneis, i Greco e i Falanghina, se si preferisce restare in Italia”. Per Pasquale Di Paolo invece si deve tenere conto della consinsistenza, del sapore e del retrogusto t di ogni ostrica prima di proporre un abbinamento. “Premesso che ognuno ha un proprio gusto in fatto o di accostamenti e che questo non si discute, ritengo che ogni varietà abbia ia caratteristiche organolettiche peculiari ari e sia pertanto inappropriato generalizizzarne l’abbinamento -spiega il patron on dell’Oyster Club- Per dare spessore e al concetto, basti pensare che durante le serate a tema propongo ‘verticali’ di degustazione con 12 ostriche abbinate a 6 vini diversi, dalle bollicine ai Sancerre,

olt a un risotto e ai ravioli a base oltre d ostrica”. ost di Marco Fadiga va anch oltre: “Il mio bistrot è anche fam famoso per le bollicine e gli Cha Champagne, quindi sarebbe faci suggerire questo tipo facile di abbinamento. Io però pr preferisco far degustare le os ostriche con un vino ferm come si usa in Francia, mo p possibilmente aromatico e dalla vena acidula come un Sauvignon italiano o uno Chablis francese -afferma il patron del Bistrot- Oppure, ancora meglio, abbino le ostriche a una buona birra. Come fanno in Irlanda, dove si sono sempre gustate sorseggiando una Guinness. È un matrimonio davvero esemplare. Provare per credere”. F&B

Le ostriche edibili appartengono a cinque specie. A destra, la Tsarskaya, detta anche ostrica degli zar perché sempre presente alla corte di San Pietroburgo, che viene allevata nella Bretagna settentrionale. A fianco, allevamenti in Bretagna e in Normandia

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PROGETTI UN MARCHIO CHE HA COME BRAND LA REGIONE DI PROVENIENZA E CHE RIUNISCE IL MEGLIO DELLA PRODUZIONE DELLE CINQUE CANTINE SOCIE DEL CONSORZIO VITICOLTORI ALTO ADIGE. IL RISULTATO SONO 9 VINI DOC RAPPRESENTATIVI DI UN TERRITORIO ALTAMENTE VOCATO, INDIRIZZATI ALLA GRANDE DISTRIBUZIONE

Selezione Südtirol Barbara Amati

S

emplicemente SÜDTIROL. Per comunicare con immediatezza atezza tutto il valore di un territorio che vanta elementi di unicità, tà, come l’acqua, l’aria, il vigneto. Con questo marchio, l’unico che ha come brand il nome della regione di provenienza e che sintetizza l’essenza dell’Alto Adige, il Consorzio Viticoltori Alto Adige va alla conquista della Grande distribuzione mirando alle enoteche sempre più selezionatrici di vini di qualità delle grandi Catene italiane. Un’operazione che coinvolge le cinque cantine conferenti, che rappresentano l’80 per cento della produzione regionale, e che dà risalto, con un importante lavoro di selezione, al meglio della produzione vitivinicola altoatesina. E lo fa con una linea che si declina in nove vini Doc: sei bianchi, Pinot bianco,

Il territorio altoatesino è garanzia di originalità e qualità elevata, grazie agli elementi di unicità che lo caratterizzano. Il brand Südtirol comunica con immediatezza questo valore al consumatore

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Pinot grigio, Müller thurgau, Sauvignon, Gewürztraminer e Chardonnay, e tre rossi, St. Magdalener, Pinot nero e Lagrein, tutti dell’annata 2012, che giungono sugli scaffali con un primo lotto di 150 mila bottiglie. “Abbiamo scelto le Denominazioni più rappresentative del territorio altoatesino e le più amate dai consumatori italiani, e per ognuna di esse abbiamo selezionato il meglio per varietà della produzione di ogni cantina socia -spiega Kurt Putzer, direttore del Consorzio Viticoltori Alto Adige- Ogni bottiglia, quindi, è il risultato di un blend delle produzioni provenienti dai vigneti maggiormente vocati, tra i 200 e i mille metri di altitudine. La selezione Südtirol è in vendita ita da novembre, a un prezzo zo che varia tra i 7 e i 10 euro, o, per un quantitativo per il 2014, tra Italia, Svizzera a e Stati Uniti, di 600 mila a bottiglie da 0,75 litri, ma per il Gewurztraminer e per il Lagrein è previsto anche il magnum”. Fino ad oggi il Consorzio Viticoltori Alto Adige, nato nel 1985 con n l’obiettivo di promuovere e vendere i vini delle aziende vinicole altoatesine, esportava tutta la produzione, in 20 Paesi, Germania ed Austria in primis, svolgendo un importante ruolo di sbocco su tutti i mercati, e quello italiano era seguito direttamente dalle Cantine socie. Complessivamente, solo l’1 per cento del vino altoatesino è venduto in Italia. “Ma oggi la Grande distribuzione è sempre più importante e specializzata, ha al suo interno enoteche che puntano alla qualità e con questa nuova linea vogliamo soddisfare queste necessità -aggiunge Putzer- Il progetto Südtirol è nato sulla base di un’analisi di mercato e sulla considerazione che il successo risie-

da negli accorpamenti, nella d c condivisione degli obiettivi e dei traguardi. E che per rended re unico il vino è fondamentale esprimere il suo mondo costituito esp da persone, naturalità e valenze culturali e storiche. È questo che cult ha portato p a creare insieme una linea che racchiuda il meglio dei vini del territorio, che metta in risalto il prodotto e non chi lo produce, un prodotto del tutto nuovo come impostazione”. E, indubbiamente, il territorio è la garanzia della qualità selezionata: grazie al lavoro svolto dall’enologo del Consorzio Ulrich Ambach in collaborazione con Laimburg, il Centro di sperimentazione Agraria dell’Alto Adige, il Consorzio ha mappato dei vitigni per zona, individuando le caratteristiche distintive di ciascuna. Poi, con test rivolti a gruppi di degustazione composti da enologi, produttori e consumatori, sono stati definiti alcuni parametri fondamen-

La linea Südtirol comprende nove Doc, di altrettante varietà in purezza: ogni vino nasce dal blend delle migliori produzioni delle cinque cantine socie del Consorzio, vitigno per vitigno

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PROGETTI I VINI

Südtirol, i magnifici 9 Pinot Bianco - Weissburgunder. Il pinot bianco si colloca sui pendii freschi e calcarei di Appiano, a un’altitudine tra i 500 e i 600 metri. Il vino ha colore giallo corallino con tenui riflessi verdi; al naso si presenta nitido, pulito, con freschi e piacevoli note di mela e pera. In bocca è equilibrato, con una buona acidità ed elegante morbidezza. Pinot Grigio - Ruländer. I vigneti di questo Pinot grigio si trovano a un’altitudine di 350-450 metri. Il colore giallo ha sfumature leggermente ramate. Si esprime con note fragranti di frutta matura e un lieve sentore di pera. L’ottima persistenza e acidità sono supportate da un gradevole retrogusto amarognolo. Müller Thurgau. Le uve sono collocate a un’altitudine di 500–800 metri. Il suo colore giallo verdognolo e un’importante carica aromatica rendono questo vino molto interessante per la freschezza e vivacità. Sauvignon. Originaria della zona di Bordeaux, questa varietà si coltiva su pendii freschi e calcarei, a un’altitudine compresa tra i 450–550 metri. Il Sauvignon sviluppa qui un’inconfondibile eleganza e pienezza, caratterizzata dagli aromi di fiori di sambuco e miele che lasciano in bocca una sensazione finale ricca e persistente. Gewürztraminer. Questa varietà autoctona è coltivata a un’altitudine di 400–550 metri. Il vino è caratterizzato da un colore giallo dorato, mentre al naso presenta profumi di rosa e spezie. In bocca esprime la sua pienezza con un finale elegante, lasciando una delicata sensazione di chiodi di garofano e liquirizia. Chardonnay. La varietà è originale della Borgogna, ma viene coltivata in Alto Adige da oltre un secolo. Il vino ha colore giallo paglierino, al naso presenta sentori di mela matura e un bouquet di profumi delicati. Elegante in bocca e aromatico, è pieno e intenso, con note prevalenti di frutta esotica. St. Magdalener. È una varietà autoctona coltivata a un’altitudine di 250–500 metri. Caratterizzato da un rosso cardinalizio con sfumature granata, il St. Magdalener (o Schiava), al naso si esprime con aromi di piccoli frutti di bosco e ciliegia che lasciano una sensazione equilibrata e persistente. Pinot Nero - Blauburgunder. Questo pinot nero nasce a una altitudine di 450–600 metri. Il colore è rosso rubino di media intensità, al naso ricorda aromi di bacche rosse, amarena e ribes nero, mentre in bocca i tannini sono morbidi, con sentori di mora e spezie. È un vino che si caratterizza per eleganza e finezza. Lagrein. È una varietà autoctona coltivata a un’altitudine di 200 metri. Il vino ha profumi di violetta e bacche nere, abbinati ad aromi intensi, speziati e note di cioccolato. In bocca rivela profumi di frutti di bosco e ciliegia con un sapore pieno e morbido e sfumature di vaniglia. Un rosso autoctono adatto ai lunghi affinamenti.

L’etichetta della Selezione Südtirol è semplice e chiara, contraddistinta dal profilo tridimensionale della montagna

tali per la messa a punto delle singole referenze: provenienza, altitudine, terreno, clima, disponibilità di acqua, sistema di coltivazione, tipologia, alcool, acidità, colore, aroma, corposità, zuccheri, tannini, potenziale d’invecchiamento. È stata così individuata la gamma di nove vini che costituisce una vera e propria fotografia del Sudtirolo vitivinicolo. “Nei momenti di cambiamento occorre cogliere le nuove opportunità che si presentano -spiega Alessandra Zanovello, responsabile marketing del Consorzio-

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E poiché la Grande e distribuzione è un n segmento in crescita e le enoteche al suo interno sono un canale emergente con un’attenzione sempre maggiore nei confronti del vino o di qualità, abbiamo puntato su una selezione e su una bottiglia di immediata comprensione, il cui marchio comunica chiaramente di cosa si tratta: il prodotto si chiama come il territorio, con in più il nome del vitigno ben chiaro in etichetta. Südtirol, per il consumatore italiano, è più immediato di Alto Adige, che viene riportato subito sotto, più in piccolo, seguito dal nome della varietà”. Un concetto immediato nella visualizzazione del logo e dell’etichetta: elegante nelle forme, essenziale nella grafia, moderno e tradizionale insieme, trasferisce la tridimensionalità della montagna il cui profilo è racchiuso nel grembo della “S”. “È un prodotto che si interpreta senza intermediari -aggiunge Zanovello- È il territorio che parla del prodotto, non occorre spiegare nulla, perché Südtirol è sinonimo di qualità e racchiude valori che il consumatore italiano ha ben chiari. E, poi, l’unione fa la forza e la nostra scelta di unire le produzioni delle nostre cantine costituisce un modello di sviluppo locale che può permettere ai piccoli di diventare grandi, cogliendo un’opportunità di sviluppo”. Presentata al Merano WineFestival, la linea Südtirol ha riscosso curiosità e interesse: sono stati degustati 2.350 calici di vino ed è stata sottolineata, dai degustatori, la grande qualità dei bianchi e le notevoli potenzialità di sviluppo organolettico dei rossi. F&B



ITINERARI LA CITTÀ DEI CAMPANILI E DI MOZART È UNA DELLE METE PER ECCELLENZA DELL’AVVENTO CON I SUOI MERCATINI IN CUI TROVARE LE GOLOSITÀ TIPICHE DEL NATALE. E PROPRIO SULLA SCENA CULINARIA, IL SALISBURGHESE SI STA FACENDO CONOSCERE CON GIOVANI CHEF CHE DIFENDONO LA TRADIZIONE DEL TERRITORIO

Magica e golosa Salisburgo Paolo Becarelli

P A dicembre la città austriaca, patria di Mozart e della musica, si trasforma nella meta perfetta per i più golosi

rima di iniziare la visita di Salisburgo Alexander Steinhart, che di mestiere fa la guida, domanda ai turisti che gli stanno intorno: “Pensando a questa città, che cosa vi viene in mente?”. Risposta scontata: Mozart, il compositore che qui è nato (Getreidegasse), cresciuto (Makartplatz) e ha composto oltre 350 delle sue arie più celebri. Non c’è da stupirsi: la città ha saputo creare attorno al mito mozartiano una catena di eventi e manifestazioni unici, offrendo terreno fertile e cittadinanza ad atmosfere e suggestioni, miti e attrazioni trasformati oggi in attraenti cliché turistici. O in dolci souvenir come i Mozartkugeln (palle di Mozart), una combinazione di nougat, marzapane e cioccolato messa a punto nel 1890 da Paul Fürst che il nipote Norbert continua a produrre nel suo cafe in Alter Markt/Brodgasse 13.

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Oppure come la Mozart Torte (pasta sablée alle mandorle con mousse al cioccolato e mela al rum e cannella) da assaggiare, con il Salzburger Nockerl (soufflé a base di uova), al Café Tomaselli (Alter Markt 9), il più antico dell’Austria: fondato nel 1705 fu apprezzato anche da Mozart per il latte caldo alle mandorle. Degli oltre 4 mila fra eventi e festival che si tengono ogni anno a Salisburgo, a dicembre sono però i mercatini di Natale a dominare la scena. Nella “città dei campanili”, imperitura testimonianza di quando Salisburgo apparteneva ai principi arcivescovi, se ne tengono 10: il più grande e antico, quello del Bambin Gesù -96 bancarelle da cui si spandono i profumi del pandolce (Kletzenbrot) e dei biscotti speziati (Lebkuchen), punch e vin brulé- occupa le piazze del Duomo della Residenza e risale al XVII secolo. Quello più in alto è invece nella fortezza di Hohensalzburg, il castello che domina la città. Ci sono poi Christkindlmarkt mignon come quello nel cortile del Stiftskeller St. Peter (St. Peter Bezirk 1/4, www.stpeter-stiftskeller.at), considerato il ristorante più antico della Mitteleuropa (803 d. C.). “Oltre che per le specialità tradizionali, è famoso perché si può cenare mentre un’orchestra esegue musiche di Mozart”, spiega Ines Wizany di Tourismus Salzburg. E aggiunge che a Salisburgo è la cucina del territorio ad avere i maggiori consensi fra i turisti. I locali più rappresentativi? Alt Salzburg (Burgerspitalgasse 2) per la selvaggina, Triangel (Wiener Philharmonikergasse 7) per le Wiener Schnitzel (cotolette impanate) preparate dallo chef Harald Pusch o Zum Wilder mann (Getreidegasse 20), dove Robert Standl, il proprietario, spilla birre all’entrata e porta in tavola le specialità dello chef Thomas Dersch: Zwiebelrostbraten (arrosto di manzo con cipolle saltate) e Goulasch con knodel (gnocchi). A Elixhausen, appena fuori Salisburgo, c’è invece uno dei ristoranti più quotati della zona. È quello del Romatikhotel della famiglia Gmachl (www.gma-

e chl.com), a cui va il primato della conduzione familiare più antica di tutta l’Austria (con l’ul-timo nato, Paul Friedrich Gmachl, arriva a 23 generazioni). Un cappello Gault & Millau, sale arredate con ghirlande e adventkrant (corone dell’avvento) e, ai fornelli, lo chef Dragan Miljkovic, il ristorante è conosciuto soprattutto per i piatti di carne. Non a caso, ata perché la famiglia Gmachl possiede una rinomata ata nel macelleria. È a fianco della struttura, terminata 2009, che ospita le nuove camere e la spa panoramica dell’albergo e in zona è famosa, oltre che per filetti e cotolette, per i Weisswurst artigianali (salsicce bianche di carne di manzo e maiale), ottimi da gustare a metà mattino con salsa di miele e rafano. Per la sua vocazione “carnivora” il ristorante è un caposaldo dell’itinerario del gusto dedicato agli amanti della carne, uno dei sette percorsi che compongono la Via Culinaria (200 indirizzi delle migliori cucine del Salisburghese, ma anche negozi e produttori di

A sinistra, la casa in cui nacque Mozart. A destra, la pasticceria Fürst, dove nel 1890 furono inventati i Mozartkugeln. Sotto, la sala e il Christkindlmarkt del Stiftskeller St. Peter, il ristorante più antico della Mitteleuropa

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ITINERARI

In alto, l’Hotel Bergrose a Strobl e, a destra, lo Schloss Fuschl, regno dello chef Julian Schwamberger, hotel sul lago Fuschl con la pescheria interna. Sotto, la piscina della spa affacciata sulla neve del Romatikhotel Gmachl di Elixhausen, a cui va il primato della conduzione familiare più antica di tutta l’Austria.

dolci, formaggi, birra e grappa provati e certificati dal Salzburgerland Tourismus). Fa invece parte della via del gusto dedicata al pesce il ristorante dello Schloss Fuschl (Schloss-Strasse 19, Hof bei Salzb Salzburg, www.schlossfuschlsalzburg.com), affacciato sul la lago Fuschl. Residenza estiva dell’arcivescovo di Salisburgo è, fra l’altro, uno degli 84 alberghi promossi da L’Austria per l’Italia. Interamente ristrutturato nel 2006, l’hotel ha addirittura una pescheria dove Julian Schwamberger, il giovane chef (28 anni), attinge la materia prima per piatti che hanno solide radici nel territorio. “Prima dello Schloss Fuschl ho lavorato negli Usa e a Dubai -puntualizza Schwamberger- Queste esperienze mi hanno aperto la mente e insegnato a guardare oltre la cucina tradizionale. Così, oggi cerco di usare prodotti freschi come il pesce del lago Fuschl senza però rinunciare a nuovi sapori e profumi per rendere i miei piatti più moderni”. Un concetto, questo, che dà spessore a proposte come il Surf & turf (gamberetti tiepidi con testina di vitello croccante e funghi, mela Granny Smith ed emulsione di olio di oliva) o ai Medaglioni croccanti di lucioperca, bacon e tortelloni di zucca in salsa speziata, che sono valsi allo chef un cappello Gault & Millau. In estate gli ospiti dello Schloss Fuschl acquistano trote

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e salmerini nella pescheria ria dell’hotel, ma in questa staagione il pesce si trova solo o al minuscolo mercatino di Natale di fronte all’albergo.. “In Austria in ogni paese c’è un Christkindlmarkt, ma anche tanti alberghi e strutture ne hanno uno e così è impossibile farne un censimento”, spiega Lisa Frischmann di Salzbururr gerland Tourismus. Facile il iinvece indicare i di i più famosi: ad esempio quello di Oberndorf bei Salzburg, che si svolge nel paese dove 190 anni fa venne eseguita per la prima volta la canzone natalizia Stille Nacht, oppure i mercatini sul lago Wolfgang di St. Gilgen, St. Wolfgang e Strobl, collegati fra loro da un battello che funge da shuttle natalizio. Il primo è dedicato alle candele, il secondo ha come simbolo una grande lanterna luminosa galleggiante mentre Strobl è rinomata per i presepi di legno e per l’Hotel Bergrose (Weisenbach 162, www.bergrose.at). Nella sala del ristorante affacciata sul lago siedono clienti abituali e turisti richiamati dai piatti di Paul Edliuser, chef nonché genero della proprietaria Franziska Zopf. Il quale ci tiene a indicare nel menu la provenienza dei prodotti. Come le castagne della sua vellutata, fatte arrivare dalla vicina Stiria, mentre il manzo che serve con il cavolo rapa, salsa di rafano, mele e rösti di patate è Salzburger Almochsen (alpino salisburghese); il salgemma per la crosta del filetto di salmerino è estratto dalle miniere di Hallstatt e i funghi porcini sono raccolti sull’Alpe Postalm. “La mia cucina, come quella di molti giovani cuochi austriaci, è per un ritorno alla tradizione senza pregiudizi, con un’attenzione particolare alla materia prima e al modo di comporre i piatti -spiega lo chef- Dobbiamo valorizzare la nostra cultura e le nostre radici culinarie. È il solo modo per contrastare la tendenza alla globalizzazione dalla tavola che oggi non risparmia neanche l’Austria”. Un atteggiamento che per certi versi si rifà al concetto di “buono, sano e pulito” di Slow Food. Ma tant’è: il F&B buongusto, si sa, non ha confini.



CROCIERE IL MERCATO CROCIERISTICO HA DECISO DI PRENDERE GLI OSPITI PER LA GOLA E SULLE NAVI DELLE FLOTTE INTERNAZIONALI NASCONO RISTORANTI

PRESTIGIOSI, PROGRAMMI GASTRONOMICI RAFFINATI, CON MENU E MATERIE

PRIME DI QUALITÀ, E COLLABORAZIONI CON IMPORTANTI CHEF E PASTICCERI

Un mare di sapori Beba Marsano

L Il ristorante Club delle navi Costa Crociere e, a destra, il Cheese Bar a bordo di neoRomantica

a nuova tendenza del mercato crocieristico? Prendere gli ospiti per la gola. Con programmi gastronomici sempre più raffinati, un’offerta diversificata, materie prime certificate e alleanze eccellenti. Come quelle di Costa Crociere con il gotha della cucina italiana per i menu di Natale e Capodanno (firmati nel 2012 dal pluristellato Massimo Bottura, ottura, quest’anno da uno chef non meno celebre, ma ancora top secret) e con l’Associazione italiana sommeliers, investita del compito di selezionare un centinaio di etichette da abbinare ad altrettanti formaggi di ogni parte del pianeta per l’Enoteca Verona a bordo di neoRomantica, unica nave della compagnia a vantare anche un forno a legna all’interno della pizzeria

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In alto, il ristorante Italia su Msc Divina, con menu a base di squisitezze dei Presidi Slow Food; a destra, lo chef Alfredo Marzi, che per Princess Cruises ha dato vita a C.h.e.f. (Culinary heritage of excellence in food): una proposta di piatti gourmet ispirati alla tradizione dei Paesi toccati nel corso della navigazione. Sopra, Eataly su Msc Preziosa e, a fianco, l’esclusiva Chef’s Table su Royal Princess

Cap Altro sodalizio d’eccezione Capri. quello con il pluridecorato maître qu chocolatier Andrea Slitti, le cui ch creazioni deliziano gli ospiti cr presso i Coffee & Chocolate bar p ssulle 15 navi della flotta. È, insomma, rigorosamente made in Italy la ristorazione Costa Crociere, nella filosofia e nelle nel materie prime (3.500 ingredienti ogni singola crociera, cr dalla pasta ai prodotti dell’orto, dai salumi ai formaggi), ma con un’apertura alle culture gastronomiche locali in virtù delle postazioni tematiche, che sfornano di volta in volta le tipicità dei vari porti di scalo. Fiori all’occhiello della compagnia, due ristoranti à la carte davvero speciali: il Samsara, idealmente collegato alla spa, con menu light d’ispirazione mediterranea, realizzati secondo metodi di cottura capaci di coniugare sapore e leggerezza, e

il Club, piccolo santuario o gourmet, con un’antologia a dei piatti più ricercati della cucina italiana e francese, dalle ostriche scottate al branzino in crosta di sale, dal risotto cacio e pere al carré d’agnello, fino al filetto alla Chateaubriand. nd. Altro matrimonio di rango o quello tra Msc Crociere (12 navi in tutti i mari del d l globo) l b e Eataly, l la l catena di ristoranti di Oscar Farinetti votata ai principi della filosofia Slow Food. Dopo le prime due aperture su Msc Preziosa, ultima unità della flotta, la nuova partnership terrà a battesimo a metà ottobre due nuove aree del gusto a bordo di Msc Divina, destinata per l’intero 2014 a solcare le acque tra America e Caraibi. Sono il Ristorante Italia, con un menu table d’hôte a base di squisitezze dei ei Presidi Slow Food,

NORWEGIAN CRUISE LINE

Una dolce navigazione con Buddy Valastro Continuano le dolci navigazioni di Norwegian Cruise Line. Dopo l’inaugurazione sulla nave Norwegian Breakaway, il boss delle torte Buddy Valastro aprirà, infatti, il suo secondo Carlo’s Bake Shop in mare sulla nuovissima Norwegian Getaway, che debutterà con crociere nei Caraibi con partenza da Miami a febbraio 2014. Il Carlo’s Bake Shop sorgerà sul ponte 8 e i suoi dolci faranno anche parte dell’offerta del cafè dell’Atrium. In menu biscotti appena sfornati, dolci e torte come la famosa torta Oreo, Dark Chocolate Mousse e o e Purple Groovy Fondant; biscotti italiani al burro e un assortimento di cupcake. E, ancora, gustosi cannoli vaniglia e cioccolato, code di aragosta alla crema e delizie individuali come la cheesecake alla fragola, il tartufo al cioccolato e il tiramisù. E per chi, oltre a mangiare, vorrà mettere le mani in pasta, il Carlo’s offrirà corsi di decorazione per cupcake, durante i quali i passeggeri potranno imparare alcuni dei trucchi del mestiere del pasticcere Valastro.

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CROCIERE

Da sinistra, uno dei ristoranti Canaletto sulle navi della Holland America Line e un altro scorcio del Cheese Bar su Costa NeoRomantica. Sopra, il Pinnacle Grill sulle unità Holland America Line, che per una serata durante ogni crociera si trasforma in Le Cirque, il leggendario ristorante newyorkese di Sirio Maccioni

creati per proteggere i piccoli produttori e preservare la qualità dei prodotti artigianali, pre e, sull’onda del grande successo raccolto a Manhattan, la steakhouse Manzo, tempio alla M migliore carne alla griglia. Su Msc Preziosa m i ristoranti Eataly si aggiungono a un ricco ventaglio di proposte gastronomiche, che v spaziano dalla cucina gourmet del Golden Lobster alle pizze de La Locanda, fino alle sfiziosità a stelle e strisce dello Sports & Bowling Diner: anelli di cipolla, Caesar salad, Bowli hamburger. Il tutto accompagnato dalle sandwich, h etichette della carta Vino Libero, senza fertilizzanti chimici e diserbanti e una percentuale di solfiti al di sotto del 40 per cento. L’arte della tavola è uno dei vanti anche della tradi-

zione di Princess Cruises, per cui lo chef Alfredo Marzi ha dato vita al programma battezzato C.h.e.f. (Culinary Heritage of Excellence in Food): una proposta di piatti gourmet ispirati alle tradizioni gastronomiche delle regioni toccate nel corso della navigazione. La Royal Princess, fresca d’inaugurazione, offre un’ulteriore esperienza golosa: l’esclusiva Chef’s Table, quando le inviolabili cucine di bordo si aprono per una sera ai palati più raffinati per seguire lo chef nella preparazione di un menu ideato per l’occasione, poi servito con l’accompagnamento di blasonate etichette e la rivelazione di stuzzicanti segreti culinari. Servizio a cinque stelle e cucina per alti palati pure a bordo della Holland America Line, dove un team di cuochi di fama internazionale offre un’intensa varietà di esperienze papillari. Dai sapori panasiatici del

CORSICA SARDINIA FERRIES

Rotta verso l’isola dei sapori A bordo delle navi gialle di Corsica Sardinia Ferries si punta alla buona tavola. Ogni nave ha, infatti, un ristorante à la carte dall’impronta classica e tradizionale, in cui cominciare a gustare i sapori della Sardegna e della Corsica: “I primi piatti e il fritto misto sono le specialità più richieste, come del resto tutti i piatti a base di pesce”, spiega Sebastien Romani, direttore del catering e dei servizi generali. A dettare l’indirizzo gastronomico è Peter Brunel, geniale chef della Val di Fassa che, pur avendo rispettato la gestione delle cambuse, i menu e gli standard dettati dalle conformità richieste dalle certificazioni cui si è adeguata Corsica Sardinia Ferries, non ha posto limiti alla creatività eatività degli chef di bordo, che interpretano le sue ricette con un tocco personale e con un’attenzione alle specialità regionali. Come da tradizione francese, il menu presenta diverse insalate, anche ricercate come quella di agrumi e finocchi. Non mancano, inoltre, i formaggi e i salumi sardi e corsi, e nutrita è la scelta ittica, con piatti come grigliate miste, totano alla ligure, code di gambero e capesante. La carta dei vini, di 30 etichette, si divide tra Nord Italia (Alto Adige, Liguria, Lombardia e Piemonte), Toscana e Sardegna. E, infine, Francia: una sezione in cui sono presenti anche i prestigiosi Champagne Dom Pérignon.

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ristorante Tamarind sulle navi di m ultima generazione (Eurodam e Nieuw Amsterdam), ai piatti forti della tradizione italiana in scena al Canaletto, fino alle o Pinnaspecialità del raffinato cle Grill, mise en placee firmata Bulgari, Riedel e Frette, che per una serata durante ogni crociera si trasforma in Le Cirque, il leggendario ristorante newyorkese di e Sirio Maccioni, dove a il menu d’impronta na francese si sposa a una ori selezione dei migliori vini della carta. dl È invece membro della Chaîne des Rôtisseurs, una delle più aristocratiche associazioni gastronomiche del mondo, la compagnia più esclusiva del pianeta, Seabourn: cucina d’autore in atmosfere da club privato, open bar per tutta la crociera, minibar in cabina rifornito gratuitamente, Champagne incluso. Per i veri intenditori la cucina di bordo, griffata dal celebrity chef americano Charlie Palmer, propone menu degustazione con i piatti più insoliti e le etichette più pregiate e menu a tema elaborati sui sapori delle regioni toccate durante la navigazione. Lo stile contraddistingue pure il servizio Cunard, la leggendaria compagnia britannica per la quale un fuoriclasse del gusto come Jean-Marie Zimmermann ha messo a punto una collana di sontuosi menu per gli esclusivi ristoranti di bordo: il Queens Grill, epitome dell’eccellenza Cunard in termini di alta cucina; il Bri-

tannia Club, di ascendenza m mediterranea, il Verandah (a bordo di Queen Elizabeth e b Queen Victoria), invito ad assaQ porare la cucina francese nella po sua versione contemporanea. su Imperdibile, ogni pomeriggio, Im l’elegante tradizione dell’Afterl’ele noon Tea, quando camerieri in noo guanti bianchi servono pasticceguan ria mignon, deliziosi finger sandwich e gli immancabili scone al dolce d ssuono di una piccola orchestra. Con un investimento di svariati milioni di dollari, Royal Caribbean ha rinnovato il programma di ristorazione su tutta la flotta (21 navi per 270 destinazioni in 72 Paesi), proponendo grande carte ricche e menu per gli ospiti con restrizioni ancora più ricc alimentari li t i ancora più gustosi. “La cultura alimentare di cui facciamo parte porta i nostri ospiti ad aspettarsi non solo una grande varietà di scelta, bensì anche una cucina di qualità che utilizza solo gli ingredienti più freschi”, afferma Lisa Lutoff-Perlo, excecutive vice president operations di Royal Caribbean International. Ai grandi classici della carta (la bistecca Manhattan tagliata a mano, le lumache à la Bourguignonne, il cocktail di gamberetti e la crème brûlée) si sono affiancati piatti con i sapori tradizionali delle destinazioni di ogni crociera e, per soddisfare la sempre maggiore richiesta di menu privi di glutine o di lattosio, la compagnia ha chiesto alla dietologa e nutrizionista Lina Marquez di dare un tocco gourmet a regimi alimentari particolari. Dal 2014, inoltre, ristoranti tematici quali Izumi con la sua cucina asiatica o Giovanni’s Table con i suoi sapori mediterranei saranno introdotti su F&B tutte le navi del Gruppo.

A destra, lo sfizioso angolo Hot Dog del Boardwalk Dog House presente su alcune navi Royal Caribbean. Princess Cruises, Holland America Line, Seabourn e Cunard sono rappresentate in Italia dalla genovese Gioco Viaggi Tour & Cruise Operator (www. giocoviaggi.it)

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CONCEPT A MILANO È NATO UN GIOVANE E DIVERTENTE LOCALE IN CUI LA PIZZA È TUTTO E IL CONTRARIO DI TUTTO, DECLINATA IN FANTASIOSE RIVISITAZIONI DELL’IMPASTO TRADIZIONALE ROMANO, SOTTILE E NON LIEVITATO. L’ALLESTIMENTO, FIRMATO COSTA GROUP, È UN SINGOLARE E ACCATTIVANTE MIX DI ELEMENTI E STILI

Un Mics sorprendente Frida Parise

‘‘L

Costa Group ha realizzato per Mics un ambiente moderno, giocato su contrasti e inconsueti accostamenti di materiali, tra il vintage e il contemporaneo

e meraviglie nascono senza seminarle”, si legge sul muro. uro. Così come i mix più riusciti. O meglio mics, come ricorda il nome me del nuovo locale milanese: una combinazione perfetta di ingredienti, idee e persone che hanno dato vita al progetto. A partire dalla location: meneghina, ma con background romano, dall’incontro di ristoratori e imprenditori delle due città. E poi la formula: una sorta di anti-pizzeria dove la pizza è tutto e il contrario di tutto. Perché qui la base della pizza romana tradizionale, una pasta sottile e croccante, leggera e digeribile, realizzata utilizzando pochissimo lievito e nessun grasso animale, è declinata in inedite e originali composizioni che divertono per forme, dimensioni e farciture. Veri e propri Mics-brevetti come gli Strufolini salati e dolci, i Canottini e le Chicche, fantasiose variazioni sul tema della pizza, senza dimenticare le golose rivisitazioni di classici come tortini, crostini, rivis flan, caramelle e patate al cartoccio. Sfiziosità flan che che, combinate con ingredienti tradizionali del della cucina romana, come fiori di zucca, alici, guanciale, cicoria, broccoletti, pecorino e ciauscolo, c danno origine a composizioni or originali, ma equilibrate. E, naturalmente,

per i più tradizionalisti, c’è anche la pizza classica. E il “mics” continua anche fuori dal piatto fino all’ambiente, firmato da Paolo Torpia per Costa Group (www. costagroup.net), di Riccò del Golfo (Sp), giocato su contrasti e inconsueti accostamenti di materiali: dalla grande vetrata industriale che si affaccia su via Pietro Maroncelli, all’importante bancone impreziosito da fregi e arabeschi, a ricordare quelli di una volta. I muri sono scrostati, la grafica è tamponata sui mattoni a vista, le tubature d’acciaio attraversano le volte di tutto il locale. Le sedute sono la massima espressione della libertà di contaminazione: ci sono le vecchie poltrone da cinema, con tappezzeria vintage, poi quelle da bistrot, gli sgabelli da birreria e qualche sedia è finita appesa per lo schienale alle pareti, trasformandosi in un portalampada. Perché l’idea da cui nasce questo Mics è estrosa come il suo menu, inaspettata come le sue ricette e sorprendente come le scelte d’arredo che la caratterizzano. Un cocktail difficile, ma perfettamente equilibrato. F&B SCHEDA

Mics via Pietro Maroncelli 15 20154 Milano tel. +39 02.36764500 info@mics.eu.com

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Caleidoscopico panettone Jenny Maggioni

I

l panettone è un mondo. Non solo per la sua forma che un po’ lo ricorda. Ma anche perché, come un mondo, contiene tutto e il contrario di tutto: la semplicità del pane e la nobile arte pasticciera; del pane condivide anche le origini umili, ma è diventato il simbolo assoluto della festa; unisce sacro e profano, tradizione e innovazione, classico e contemporaneo, semplice ed elaborato e, persino, dolce e salato. Tondo, con la sua fragranza ricca e burrosa, ha una storia antica che si perde tra realtà e leggenda, ma la verità è che il panettone, oggi, oltre a essere uno dei protagonisti insostituibili del Natale, è considerato nel mondo the Italian cake, surclassando altre nostre importanti specialità dolci. Fortuna tutta globale, ma tutto è iniziato a Milano. Di certo quello che oggi noi conosciamo ha avuto origine dal

Dario Loison, terza generazione della storica azienda nata nei primi anni del 1900, oggi crea i suoi panettoni mescolando la tradizione antica con insoliti ingredienti 84 | FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013


“pan grande”, arricchito di vari ingredienti, tra cui frutta secca e miele, preparato in occasione del solstizio d’invero e poi durante i riti pagani, come augurio di prosperità. Col passare del tempo il pan grande a base di frumento diventa sempre più goloso grazie all’aggiunta nell’impasto di burro, uova, zucchero, canditi e uvetta, quest’ultima, simile alle monete doro, come augurio di fortuna e abbondanza. Non vi era però ancora l’ombra del lievito madre, menzionato per la prima volta a metà Ottocento dal cuoco milanese Giovanni Felice Luraschi che lo inserisce negli ingredienti per la Pasta per far panatoni: l’antenato del panettone era dunque una sorta di focaccia piatta dolce. Ma è dai primi del Novecento che comincia l’era del panettone moderno. Nel vero senso della parola, visto che l’estroso Angelo Motta, panettiere diventato celebre industriale del settore dolciario, intorno al 1930 crea la classica forma a tappo di Champagne del panettone, facendolo lievitare in un pirottino, fino ad allora sconosciuto. Sono questi gli anni di cavalleresche rivalità tra le pasticcerie milanesi Biffi, che cura un enorme dolce per Pio IX spedendolo con una carrozza speciale nel 1847, e Cova e tra Motta e Gioacchino Alemagna per contendersi lo scettro del re del panettone. In quello stesso periodo, nel Vicentino, terra notoriamente legata al pandoro e alla veneziana, Tranquillo Loison apre un forno a Costabissara, dal quale escono pane e semplici dolci per le feste, come le fugasse ben levitate, da intingere nel vin Clinto. Sarà poi il figlio Alessandro, nel 1969, a decidere di specializzarsi solo nel settore dolciario,

facendo fare all’azienda il grande salto di qualità. Così, nel ricettario di famiglia compare il panettone: “Un dolce più adatto alla piccola industria che alla pasticceria, limitata negli spazi e nelle attrezzature, o alle grandi imprese, poco reattive alle tendenze del commercio”, spiega Dario Loison, la terza generazione ora alla guida dell’azienda di famiglia con al fianco la moglie Sonia Pilla, che ne è la mente creativa, colei, cioè, che inventa preziosi e originali packaging per avvolgere ogni panettone. Ed è proprio lo sguardo rivolto in avanti, attento a percepire le nuove mode e i gusti sempre più articolati dei consumatori, che hanno posto oggi la Loison (www.loison.com) tra i leader nella produzione del panettone e non solo. Anzi, sembra proprio che la filosofia aziendale rispecchi le caratteristiche di questo dolce: “Il nostro obiettivo è quello di restare fedeli alla tradizione e alle nostre origini anche quando ci si muove nel mercato internazionale e di incarnare sostanza e creatività, radici ed evoluzione”, continua Loison che, per la passione e l’attenzione che mette nella sua produzione pasticciera, è stato insignito dal Gambero Rosso del premio Sua Eccellenza Italia 2013. Così, accanto al classico, prodotto secondo l’antica ricetta milanese e “scarpato”, cioè tagliato in superficie

La novità Loison per il Natale 2013: il Panettone Liquirizia e Zafferano. Grandi chef e importanti foodblogger utilizzano i panettoni di Loison per creare intriganti ricette come il Risotto al panettone ideato da Danilo Angé

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SFIZIOFOOD

Leader nella produzione del panettone, Dario Loison rimane fedele alle proprie tradizioni, ma incarnando sostanza e creatività. Caratteristica distintiva dei suoi prodotti sono gli originali packaging ideati dalla moglie Sonia Pilla. Sotto, il delizioso Millefoglie di panettone e foie gras

a mano con il caratteristico taglio a croce, dalla pasta profumata e morbida, arricchita con uvetta, scorze candite di arance di Sicilia e cedro di Diamante (Cs), dalla Loison, ogni anno, escono capolavori di pasticceria, che uniscono alle materie prime di base ingredienti insoliti, dai profumati vini Torcolato di Breganze e Prosecco di Valdobbiadene al Mandarino tardivo di Ciaculli, dalla vaniglia Mananara del Madagascar al Chinotto di Savona, dall’uvetta sultanina della Turchia al pregiato cacao del sud America. E, se l’altro simbolo della gastronomia milanese è il risotto allo zafferano, come poter rinunciare a questa spezia? “Per festeggiare l’anniversario dei 75 anni di attività è nata una nuova linea della fascia Top Excellence, con una novità assoluta sul mercato: il Panettone Liquirizia e Zafferano -rivela l’imprenditore-artigianoPer questa variante, alle già eccellenti materie prime come panna, latte e burro freschi e vaniglia naturale del Madagascar, abbiamo utilizzato la liquirizia calabrese di Sibari Dop e lo zafferano di primissima scelta: solo pistilli di provenienza iraniana. È una proposta che racchiude la dualità della nostra azienda: qualità e innovazione. Una ricetta speciale nata da una buona dose di conoscenza, mescolata con creatività e curiosità, innaffiata da lungimiranza e condita dalla giusta dose di follia”. Proprio dalla geniale “pazzia” e dall’amore incondizionato di Loison per questo dolce, è nato anche nel 2003 il progetto Insolito panettone (www. insolitopanettone.com). Obiettivo:

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farlo uscire dalla sfera ristretta di vigilie di Natale e cenoni di Capodanno per gustarlo tutto l’anno. E non solo come dessert. Così, grazie alle interpretazioni di chef famosi, il panettone si trasforma in un intrigante ingrediente che si abbina perfettamente a carni delicate, a pesci dal sapore intenso, alla frutta esotica e a salse particolari. E dalla prima Insolita Cena, che si è svolta nell’ottobre 2003 al ristorante Cinque Sensi di Malo (Vi), ad oggi i panettoni Loison sono stati declinati in ricette particolari, ma mai fuori luogo: dal Raviolo ripieno di Panettone albicocca e zenzero, ai Casoncelli classici con panettone croccante, dal Salmone marinato con limone di Sorrento e crosta di panettone alle Tagliatelle di panettone con ragù bianco di vitello, fino alla Millefoglie di Panettone allo Zafferano e Liquirizia. Proprio l’ultimo nato di casa Loison ha stuzzicato la creatività di Lorenzo Cogo, giovane e talentuoso chef di El Coq di Marano Vicentino (Vi): “Ho creato un dessert con il panettone Liquirizia e Zafferano che si è rivelato eccellente per gli accostamenti tra le diverse texture della cialda e della polvere di panettone; il tutto reso avvolgente da una crema delicata e dalle quenelle di gelato”. Dunque, una buona notizia per gli irriducibili amanti di questo dolce che finalmente potranno gustare non solo a dicembre. D’altronde, i milanesi insegnano: per dimenticare la tristezza e per scongiurare il mal di gola, il 3 febbraio, giorno di San Biagio, il panettone torna a essere protagonista: la tradizione vuole che, quella mattina, se ne mangi almeno una fetta spolverata di zucchero a velo. F&B


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DEBORA CICERO, IN POCHI ANNI, HA FATTO TAPPA NEI PIÙ PRESTIGIOSI LOCALI MILANESI, DA DOLCE & GABBANA AL PRINCIPE DI SAVOIA, PER APPRODARE NEL 2011 AL MONTGOMERY PLACE, ICONA INCONTRASTATA DELLA MIXOLOGY LONDINESE

Giovani promesse crescono Manuela Caspani

S

embra sempre sorpresa Debora Cicero. Ancora oggi che, nonostante la giovane età, è una professionista affermata, si stupisce nel ricordare come le siano state aperte porte e indicate le strade giuste. Si sorprende per modestia, ma anche per genuino entusiasmo di fronte alle tante sorprese che la vita riserva. Il suo stesso talento, scherza, non si sa bene da dove sia uscito: “I miei genitori sono astemi”, dice. Eppure il fascino del bere miscelato ha esercitato un enorme influsso sulla ragazzina dell’Istituto alberghiero di Milano, inizialmente indirizzata al settore ricevimento: “Mi vedevo in un grande albergo alla reception e mi sono ritrovata dietro al banco bar”, ricorda. Maestri lungimiranti ne hanno intuito il potenziale e lei, dice, si è trovata al posto giusto al momento giusto. Le idee chiare l’hanno portata a selezionare attentamente i luoghi dove lasciare il curriculum. La sua presenza, l’impegno, una certa solare semplicità, nonché la determinazione, hanno fatto il resto. Milano, si sa, è una palestra dura, ma ha la ttendenza a proiettarti in alto. Crown Plaza, Rinas Rinascente Duomo, Armani Caffè, Dolce & Gabbana bana, fino al Principe di Savoia, dove è rimasta due anni: le aspirazioni di Debora Cicero sono evidenti. Responsabili come, ad esempio, Andrea evid Zampolini, l’hanno poi spinta a volere sempre Zam più e a misurarsi con se stessa, anche partedi p cipando a gare e concorsi. cip E, se oggi apertura mentale e cultura merceologica fanno la differenza, Debora si è ben ce IIL COCKTAIL

One Wise Man

Debora Cicero si immaginava alla reception di un grande albergo, poi il colpo di fulmine per il bere miscelato l’ha portata dietro i banconi più prestigiosi

50 ml di Tequila blanco 1 bar sspoon di Myrrh infused sugar syrup Poche gocce di Chartreuse Elixir Vegetal de la Grande Signature Drink Mettere lo zucchero alla mirra, drops di Chartreause e la tequila nel mixing glass con qualche cubetto di ghiaccio, girare con il bar spoon fino a diluire il cocktail. Servire in un bicchiere double rocks con un diamante di ghiaccio. Guarnire con zest di pompelmo rosa e pietrine di mirra.

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preparata. Si arriva così al gran finale che l’ha portata al Montgomery Place, icona del cocktail bar di Londra: “Più che un locale una scuola. Qualche mese fa abbiamo cambiato la lista e ognuno di noi ha messo qualcosa di suo”. Al Montgomery Place ha imparato che è il barman a fare la differenza perché, anche se il locale è mitico e la zona famosa, ce ne sono tanti altri, nell’arco di pochi metri, con gli stessi standard e con barman eccellenti: “Chi viene a Londra è spesso da solo, torna o sceglie il locale in base alla simpatia, alla disponibilità, all’accoglienza che ha trovato”, conclude la giovane professionista per la quale si prospetta un F&B futuro brillante nella City.


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QUARTIERIALTI SITUATO NEL CUORE DEL CENTRO STORICO DI TORINO, QUESTO HOTEL CINQUE

STELLE LUSSO RISPECCHIA LO SPIRITO DI RINNOVAMENTO DEL CAPOLUOGO PIEMONTESE CON UN SERVIZIO DI ECCELLENZA, EVENTI E PERFORMANCE APERTI AL PUBBLICO E LE PROPOSTE DI UNO CHEF BISTELLATO. SPLENDIDA LA GOLDEN SPA

Lusso e cucina gourmet al Golden Palace Stefano Masin

F Il camino riscalda la raffinata atmosfera del lussuoso albergo torinese

u la prima capitale dell’Italia unita, simbolo di regalità e nobiltà grazie al regno dei Savoia e di sviluppo industriale con la Fiat. Ma Torino si è scrollata di dosso l’impostazione blasonata e il cliché di città operaia per entrare a pieno titolo tra le realtà internazionali simbolo di arte, cultura, enogastronomia e accoglienza. La Basilica di Superga, il Castello di Rivoli con le sue mostre, la Reggia di Venaria Reale, Piazza Castello, la Cattedrale con la Santa Sindone, la Mole Antonelliana con il Museo del cinema, la Fiera internazionale del libro, il Museo Egizio più importante al mondo, secondo solo a quello del Cairo, Eataly, un concept enogastronomico che sta esportando in tutto il mondo il made in Italy, le Alpi a pochi passi e la collina con le ville, i parchi e i percorsi storici. Questo e molto altro è oggi Augusta Taurinorum, quell quell’insediamento romano che a scuola veniva portato ad esempio come struttura cittadina porta perf perfetta, con le strade disposte a scacchiera, com come gli accampamenti militari. La Torino del XXI secolo si diverte, è giovane, elegante e ccon un elevato livello di hospitality il cui ap apice, oggi, si può trovare al Golden Palace Hotel, albergo cinque stelle luxury. H Situato nel cuore del centro storico, a pochi passi dai principali punti di interesse p tturistico-culturale, l’hotel è un austero edificio a due corpi, il GoldenOne e il GoldenTwo, che racchiude in sé un equilibrato connubio ttra contemporaneità e accenni déco. La pulizia e la llinearità del palazzo celano un ambiente in cui oro patinato e ottoni bruni, legni pregiati e lacche lucide, luce e metalli fanno da trait d’union tra spazi comuni, camere e arredi. Una sorta di omaggio all’età dell’oro, in cui non esistevano necessità, in quanto ogni cosa era a disposizione degli uomini. Così come l’approccio del Golden all’ospitalità, finalizzato unicamente a soddisfare le esigenze dei clienti, lasciando che la loro unica occupazione sia godere di tutto ciò che l’hotel offre. Le 195 camere si

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A sinistra, la piscina della Golden Spa, 1.200 metri quadrati di piacere. Accanto, il luminoso dehor del G Ristorante Italiano affacciato sul giardino; sotto, alcune delle proposte creative dello chef Claudio Santin

suddividono in sei tipologie: classic, superior, deluxe, junior suite, executive suite e presidential suite, tutte caratterizzate da sofisticati arredi di legno, con dettagli in ottone brunito e lacca nera, tessuti pregiati e superfici giocate su scale cromatiche dall’avorio al testa di moro, dai metalli luminescenti al nero lucido, ma sono altrettanto differenziate nelle nuance dei tendaggi, nelle moquette, nei rivestimenti. Ma c’è anche una suite molto particolare: quella dedicata a Papa Francesco, in onore alle sue origini piemontesi; gli ospiti che pernottano in questa stanza, arredata in maniera semplice e frugale, contribuiscono ad aiutare i bambini bisognosi dell’Argentina a cui è devoluto il ricavato del soggiorno. Oggi il Golden è soprattutto social, grazie alla nuova gestione che dal 2012 fa capo alla società Mapi che ha dato nuova linfa allo spirito dell’hotel, trasformandolo in un importante punto di riferimento per il lifestyle cittadino. Un ricco calendario di eventi, serate e performance aperte al pubblico, fanno del Golden Palace Hotel un luogo prediletto per il tempo libero, all’insegna del divertimento, della cultura e del piacere di vivere, in perfetto stile italiano. La proposta dell’albergo comprende inoltre anche un raffinato “tempio del benessere”. La Golden Spa dispone, infatti, di 1.200 metri quadrati tra reception, boutique, piscina, zona relax, docce con getto a cascata e a nebbia fredda, bagno turco, sauna, area trattamenti e spazio fitness con le più aggiornate attrezzature; un centro benessere dove si può dimenticare di essere nel cuore di una frenetica città. Ma uno dei suoi punti di forza più rilevanti è certamente la proposta enogastronomica grazie al G Ristorante Italiano, inserito in un luminoso dehor affacciato sul giardino che, durante la bella stagione, è allestito per colazioni, pranzi e aperitivi. In cucina lo chef Claudio Santin propone piatti stagionali realizzati con prodotti italiani e uno stile legato perlopiù al territorio, quindi nel rispetto della tradizione piemontese.

Consulente alla cucina del Golden è lo chef bistellato Marco Sacco, del ristorante Il piccolo lago, affacciato sul Lago di Mergozzo, a Verbania (No). “La mia è una on cucina prevalentemente regionale, realizzata con rie prodotti italiani e legata alla stagionalità delle materie lo prime -spiega Santin- Cambiamo il menu non solo ea nell’arco delle quattro stagioni, ma in parte anche metà periodo, per avere sempre il meglio che offre la te, natura. Certamente, durante la primavera e l’estate, na la proposta prevede molto pesce, in quanto la cucina piemontese è molto ricca. Preparo, così, carpacci di a. pesce, risotti ai frutti di mare e pasta al nero di seppia. Al cambio di stagione, con l’arrivo del freddo, invece,, comincio con menu più regionali, come i Malfatti cotti nel brodo, farciti con salsiccia di Bra, serviti asciutti con Parmigiano Reggiano delle vacche rosse e un doppio consommé a parte”. In carta, pasto, un inoltre, sono sempre presenti un antipasto, o Sacco, primo, un secondo e un dolce di Marco realizzati da Santin, per poter vivere, se si desidera, anche l’esperienza di un piatto “bistellato”. Molto interessante e apprezzato, inoltre, è il brunch della domenica, sempre gestito da Santin, il quale propone un ampio menu con servizio a buffet e alcuni piatti caldi sta-a gionali. Una formula che si è dimostrata he vincente e che attira sempre più clienti, che to gradiscono un pranzo di qualità gustato ee in compagnia, in un contesto elegante FF&B &B raffinato come quello del Golden Palace. F& SCHEDA

Golden Palace Holtel via dell’Arcivescovado 18 10121 Torino tel. +39 011.5512111 infogolden@allegroitalia.it www.goldenpalace.it

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CULTURA&GUSTO DEFINITO IL CARAVAGGIO IBERICO E RITENUTO DA DALÍ LA FIGURA PIÙ RAPPRESENTATIVA DEL GENIO SPAGNOLO, L’ARTISTA È PROTAGONISTA, PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA, A PALAZZO DEI DIAMANTI DI FERRARA. NELLE SUE OPERE TRADUSSE IL MIRACOLOSO E L’ULTRATERRENO IN VISIONI POTENTI

Il ’600 di Zurbarán tra realismo e spiritualità Irene Catarella

A Le rare e preziose nature morte costituiscono un capitolo fondamentale dell’opera di Zurbarán, come nel Cesto di mele, melagrane e fiori che sancisce la sacralità della materia

Ferrara fino al 6 gennaio 2014, Palazzo dei Diamanti, capolavoro architettonico rinascimentale voluto dagli Estensi, è il palcoscenico di una mostra unica per la nostra penisola, quella delle opere di Francisco de Zurbarán, pittore seicentesco che, con Diego Velázquez e Bartolomé Esteban Murillo, fu uno dei massimi esponenti del Siglo de oro, il secolo d’oro spagnolo. Quarantanove le opere provenienti da musei e collezioni private europee e americane per ripercorrere la carriera di un artista che, per l’uso sapiente della luce, è stato definito il Caravaggio spagnolo. Salvador Dalí nel 1951 aveva intuito che Zurbarán avrebbe stupito tutti apparendo con il passare del tempo un pittore sempre più moderno per il realismo assoluto con cui ritraeva persone vere, non idealizzate. Un realismo tanto perfetto da essere capace di rendere visibile l’invisibile, traducendo il miracoloso e l’ultraterreno in visioni potenti. I santi, le sante, i personaggi biblici da lui rappresentati sono simili a gente del popolo di Siviglia, città in cui apprese a dipingere e dove passò la maggior parte della sua vita, e a eleganti donne di corte sontuosamente abbigliate, come la Santa Casilda del 1635. La santa è

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raffigurata con un abito di broccato e un’acconciatura ricercata, per ricordare le sue nobili origini, mentre incede sicura guardando l’osservatore, che non può non restare colpito da una figura così solenne che emerge da un fondo neutro e opaco, avvolta in una luce estremamente teatrale. Zurbarán usa la luce come strumento del divino ed espressione del trascendente che si incarna nell’autorevolezza e nella bellezza di un’immagine unica, sia nei particolari anatomici e decorativi, sia nelle movenze. Zurbarán è immerso nell’atmosfera della Controriforma in cui le famiglie aristocratiche chiedevano agli artisti quadri devozionali che potessero raccontare le storie della sacra famiglia, la fede, il grande coraggio dei martiri nel testimoniarla e i dogmi mariani. Del pittore, originario di Fuente de Cantos, che visse dal 1598 al 1664, sono esposte le rare e preziose nature morte che costituiscono un capitolo fondamentale della sua produzione e non hanno precedenti nel panorama della pittura seicentesca europea. La loro composizione monumentale, nonostante le dimensioni ridotte, e la loro essenzialità formale, unita a una magistrale costruzione della tridimensio-


La disposizione perfetta degli oggetti in Natura morta con tazze e vasi lascia trapelare un simbolismo religioso. A destra, Madonna con Bambino e San Giovannino, del 1662

nalità per mezzo della luce, hanno influenzato artisti moderni come Giorgio Morandi e Pablo Picasso. La disposizione degli oggetti, come nella Natura morta con tazze e vasi, è talmente perfetta e studiata da far trapelare un simbolismo religioso sostenuto da un sentimento devozionale molto forte. Si nota questa peculiarità soprattutto nell’opera Una tazza d’acqua e una rosa su un piatto d’argento, perché sembra quasi un palese omaggio alla Madonna, con l’acqua che allude alla purezza della Vergine e la rosa come chiaro riferimento al suo appellativo di “rosa mistica”. Questo riferimento a una realtà più alta trapela anche dall’utilizzo di una prospettiva invertita, che enfatizza la geometria essenziale dei volumi, catapultandoli in una dimensione assoluta. Così, la bellezza dei frutti della terra domina il Cesto di mele, melagrane e fiori, tanto da sancire una sacralità della materia che, se contemplata e gustata, nutre il corpo e l’anima, in quanto, come l’essere umano, è anch’essa opera di Dio. Zurbarán ha rivoluzionato l’iconografia di santi noti: il suo San Francesco, con il volto coperto dal cappuccio, emerge, infatti, dall’ombra in una dimensione verticale per testimoniare l’autorevolezza della sua personalità, nonostante la semplicità dei costumi di vita. Ma anche i riferimenti simbolici a Cristo sono dipinti dall’artista in modo dipin esemplare. È il caso dell’Aesem gnus Dei, l’agnello di Dio, in gnu cui persino i riccioli di lana

vengono ritratti in modo maniacale, proprio a sottolineare l’importanza di ciò che rappresenta l’animale. La maestria nel disegno dimostra la capacità inimitabile di Zubarán di esprimere in modo quasi palpabile una realtà trascendente e divina attraverso F&B il verismo della materia. IL RISTORANTE

Sensibilità e passione al Don Giovanni “Una cucina legata al territorio perché bisogna a contestualizzarsi enogastronomicamente in un’area geografica ben precisa, con i prodotti tipici e le sue tradizioni, se si vuole capire chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo”: questa la filosofia di Marco Merighi, patron, insieme allo chef Pier Luigi Di Diego, del ristorante Il Don Giovanni che sorge nell’ex palazzo della Borsa di Ferrara, ma anche del bistrot e winebar annesso al locale. Una tradizione da cui prendono spunto le nuove ricetceta sensibilità nell’utite create dallo chef, dotato di una straordinaria lizzo delle materie prime che gli permette di spaziare a tutto tondo. Marco Merighi, con la moglie Francesca Conti, si occupa dei clienti parlando la lingua della cucina, tanto da rispondere perfettamente a qualsiasi curiosità, anche quella più tecnica. Il Don Giovanni, corso Ercole I D’Este 1, Ferrara tel. +39 0532.243363, www.ildongiovanni.com

L’ALBERGO L’A

Nobile soggiorno al Duchessa Isabella N U cinquecentesca dimora, patrimonio delle Belle Arti, per chi vuole tuffarsi nell’atmosfera sonUna tuosa e aristocratica della corte estense: l’Hotel Ristorante Duchessa Isabella promette un soggiorno all’altezza, preannunciato dall’imperiale scalone con colonne in stile ionico. L’attenzione al cliente è la punta di diamante dell’albergo, dedicato alla duchessa appassionata di banchetti che per pri prima commissionò un servizio da tavola in ceramica graffiata nel 1490 a Nicola d’Urbino. La struttura è dotata di una spa all’avanguardia oltre che di suite a tema che richiamano una bellezza antica e nobiliare. La famiglia Bonzagni, proprietaria dal 2000, organizza serate musicali per gli ospiti e mette a disposizione una carrozza con cavallo, recante l’effigie della dama, per un’originale visita nel centro storico. Hotel Ristorante Duchessa Isabella, via Palestro 70, Ferrara, tel. + 39 0532.202121, www.duchessaisabella.it

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BUONALETTURA a cura di Simona Percivalle

Didattica Sadler, docente step by step Un’occasione unica: un grande chef italiano, con un debole per la formazione didattica, in veste di docente. Con esemplare chiarezza, in 120 sequenze fotografiche step-by-step appositamente realizzate nella sua cucina “stellata’’, è lo stesso Claudio Sadler a insegnarci quanto è necessario per affinare le proprie doti di cuoco e per invogliare anche chi è un analfabeta dei fornelli, chi deve cucinare tutti i giorni per la famiglia e chi lo fa per piacere e con molta passione. Nel suo Manuale dello Chef, con il sottotitolo Tecnica, strumenti, ricette e i consigli dello Chef per affinare competenze e creatività in cucina Sadler parte dalle basi della cucina e guida il lettore velocemente per imparare a variare e raffinarsi, preparando piatti degni di un ristorante di livello. Per farci sentire tutti un poco più chef. Di Giunti Editore, costa 19,90 euro.

Street food On the road all’italiana

Tradizioni Memoria di territori impervi

Il cibo da consumare camminando rappresenta un pasto informale, economico, che appaga lo stomaco e soprattutto riflette le culture locali tradizionali. Ma quali sono i cibi di strada ancora presenti oggi in Italia che si tramandano da generazioni? Nel libro Street Food all’italiana. Il cibo di strada da leccarsi le dita Clara e Gigi Padovani presentano un repertorio di ricette autentiche, raccolte girando l’Italia presso artigiani, pasticceri e ristoratori che ancora le preparano. E così facendo esprimono valori quasi perduti come l’impegno, il sacrificio, il legame con la famiglia, la ricerca della qualità, il contatto umano che trasmette allegria. Edito da Giunti, costa 14,90 euro.

Sbaglia chi etichetta quella di montagna come una cucina grezza, monocorde e grassa, e che bada più alla forma che all’eleganza. Basta leggere La cucina di montagna per rendersi conto che siamo di fronte a un attualissimo esempio da conoscere e imitare per la sua semplicità e sostenibilità in un miscuglio alchemico tra tradizioni contadine e aristocrazia. Sono 315 le ricette tipiche che l’autrice Francesca Negri ha raccolto in un trekking d’alta quota dalla Valle d’Aosta alla Calabria e alle isole maggiori. Il risultato è una ricerca inedita sulle tradizioni a tavola che tanto hanno influenzato il patrimonio enogastronomico e la nostra identità culturale. Inserito nella collana Il lettore goloso curata da Allan Bay, è edita da Ponte alle Grazie e costa 16 euro.

Cocktail Conoscere il bere miscelato

Vegana Latte, yogurt e formaggi vegetali

Tutta la “scienza” del bere miscelato viene raccontata nelle sue tappe essenziali da Gianfranco Di Niso e Davide Manzoni che soddisfano, con il manuale Cocktail Mania, l’esigenza di coloro che desiderano approfondire l’universo del bere miscelato. Sono 100 drink, a ciascuno dei quali è dedicata una scheda che si articola nelle seguenti voci: ingredienti, origini e curiosità, preparazione e uso consigliato, tasso alcolico e apporto calorico. Dove si alternano cocktail così detti evergreen, come il Martini Cocktail, il celebre Cuba Libre e lo Stinger, e drink ormai affermatisi come “nuovi classici”, tra cui Caipiroska, Cosmopolitan e Apple Martini per consigliare il bartender professionista e ogni aspirante barista che si rispetti. Proposto in un divertente formato e con il contributo fotografico di Fabio Petroni, è edito da White Star e costa 9,90 euro.

Vegan da molti anni, autrice di saggi e manuali sull’alimentazione consapevole, Grazia Cacciola promuove in Formaggi veg l’autoproduzione di prodotti caseari e latticini spiegando passo dopo passo come preparare in casa latte, yogurt e formaggi da legumi e cereali e come impiegarli nelle ricette più classiche, dalla pizza al cheesecake, dal risotto alle lasagne, dalla caprese alla fonduta piemontese. Nato dalla sua passione per i formaggi, questo ricettario solleva gli animi di chi teme, passando a un’alimentazione più sana, di dover rinunciare alla mozzarella filante, alla feta, alla scamorza e persino alle sottilette. E ci accompagna nella scoperta di ingredienti insoliti come l’agar agar, il burro di sesamo, l’okara, il nigari reperibili nei negozi di alimentazione naturale ed etnica. Edito da Sonda, costa 19,90 euro.

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PILLOLEDISTORIA

Sulle mense di ricchi e poveri Nicoletta Negri

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ella cultura Medievale ciascuno si nutriva con quello che il suo stato sociale gli permetteva. C’erano cibi classificati poveri, come ortaggi, erbe, cereali e legumi e, per contrapposizione, altri percepiti come alimenti di lusso: selvaggina, carni, spezie e frutta. Come si legge nei ricettari del tempo, ovviamente dedicati ai cuochi delle case nobili, i piatti erano complessi, molto elaborati e speziati. Si trattava di una cucina basata sull’artificio e sulla mescolanza di sapori, diretta più a nascondere che a esaltare gli ingredienti. Della mensa contadina, di cui non abbiamo ricette precise, ma notizie mediche e statistiche sul tipo di alimenti più utilizzati, ci arriva un chiaro messaggio di estrema semplicità e povertà, il che non significa che i piatti fossero poco gustosi. L’abilità delle cuoche contadine stava nel riuscire

a mettere insieme quanto disponibile e trarne il meglio, senza sprecare tempo davanti al camino. Anche la legna andava risparmiata, per cui possiamo immaginare cotture lente e lunghe, nei grandi paioli e sulle braci. I legumi avevano un peso importante nella dieta contadina e, in particolar modo, le lenticchie, la carne dei poveri, non solo finivano nella zuppa e nelle minestre, ma, lasciate essiccare e macinate, diventavano pane. Farro, miglio e orzo erano detti cereali minori da chi si poteva permettere frumento e semola; erano invece validi sostituti per gli altri. Ecco che il pane era scuro, più ruvido come impasto e, secondo le zone geografiche e le condizioni economiche, poteva essere anche di segale Se, nel Medioevo, o di farina di castagne. Soprattutto nelle campagne gli ortaggi, le erbe e le radici facevano ortaggi, erbe, cereali parte del menu quotidiano. Quando in Italia arrivarono nuovi prodotti furono i contadini e legumi facevano a scoprirne l’utilizzo, per bisogno e curiosità. La diffidenza dei cuochi e dei dietologi della borghesia fece perdere loro per lungo parte della dieta tempo grandi occasioni di dare nuovi sapori ai loro menu. Pensiamo alla melanzana che, quotidiana dei contadini, selvaggina, portata dagli arabi in Italia, verso la fine del Medioevo fu addirittura considerata dannosa per l’uomo. Bartolomeo Scappi la chiama pomo sdegnoso, il naturalista Andrea Mattioli la spezie e frutta erano definisce pianta volgare da “mangiansi volgarmente fritta nell’olio con sale e pepe come i i plus dei banchetti funghi” e, ancora, “non devono essere mangiate se non da gente bassa o da ebrei”. Anche la della borghesia patata fu inizialmente giudicata adatta solo agli animali, ma i saggi contadini la adottarono velocemente, più per le sue proprietà sazianti e per il facile utilizzo che per il sapore. Stessa sorte subirà il pomodoro. Carne e pesce non compaiono nel menu povero se non raramente e in occasioni di feste, più facilmente in campagna che in città. Rispetto alla ricchezza di portate e di ingredienti dei menu dei grandi casati, quello del popolo era certamente scarno e limitato, anche se, con il gusto di oggi, non avremmo dubbi su quale preferire. F&B

96 | FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013


Quattro donne NON diventeranno madri perché quattro bambini NON nasceranno... Questo è il numero delle donne, indecise se abortire o far nascere il loro figlio, che ogni giorno arrivano alla porta del Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli, associazione di volontariato all’interno dell’omonima clinica milanese, che dal 1984 sostiene le maternità difficili.

Perché questi bambini non nasceranno? Perché il Centro di Aiuto alla Vita non ha più fondi Per fare in modo che continui la sua attività, il Centro ha bisogno del tuo sostegno.

Aiuta la vita a sorridere Conto corrente bancario Banca Prossima - IBAN IT47C0335901600100000002956 Conto corrente postale N° 36114205 CAV Mangiagalli

via della Commenda 12, 20122 Milano, tel. 02.55181923 www.cavmangiagalli.it, info@cavmangiagalli.it FOOD&BEVERAGE SETTEMBRE 2013 87 |


STELLEATAVOLA a cura di Galatea

Acquario

Pesci

Ariete

Avete bisogno di rilassarvi un po’. Accettate gli inviti a casa di amici tra panettoni, spumante e giochi di carte senza pensieri.

Consolidate nuovi amori o rapporti già esistenti, concedendovi serate casalinghe per cucinare con il partner e cenare in intimità.

Momento giusto per i cambiamenti e per degustare un’adeguata varietà di piatti e di etichette per celebrare i traguardi raggiunti.

Toro

Gemelli

Cancro

L’inoltrata stagione invernale vi spingerà verso enoteche di prestigio, in cui scegliere vini che scalderanno i vostri sensi.

Buone notizie per voi: nelle feste potrete sbizzarrirvi gustando manicaretti e golosità senza avere paura di perdere la linea.

Non abbiate paura di concedervi qualche dolce in più accompagnato da un passito o un moscato: le coccole fanno bene all’umore.

Leone Periodo di grande produttività lavorativa. Organizzate pranzi e cene gourmet in ristoranti stellati, dove appagare la gola.

Vergine CAPRICORNO Siete il segno dell’ambizione e della tenacia, ma anche dell’onestà e del senso di responsabilità. Nessuno vi può fermare, perché siete sicuri che, prima o poi, raggiungerete la meta che vi siete prefissati. Amate i cibi tradizionali, che vi ricordano le vostre radici, base da cui avete iniziato il vostro lungo e soddisfacente percorso di vita. Per voi non c’è niente di meglio di qualcuno che cucina come la vostra nonna, perché l’esperienza del ricordo, anche culinario, vi rafforza e vi fa stare bene. Venere nel segno vi porta a trascorrere le feste in famiglia per ritrovare i sapori di un tempo, gli ambienti e i luoghi dove siete cresciuti. Quelle rare volte in cui pranzate o cenate fuori casa, sentite la necessità di gustare cibi che conoscete, perché volete essere sempre padroni della situazione anche a tavola. Le stelle vi consigliano legumi vari, come fagioli e lenticchie preparati secondo la ricetta di famiglia, con bruschette di pane fatto in casa e olio extravergine d’oliva. Oltre al classico spumante, brindate con i vini tipici della vostra terra di origine. I cibi e le bevande che vi fanno rivivere la vostra infanzia vi permetteranno di iniziare il nuovo anno sotto i migliori auspici. 98 | FOOD&BEVERAGE DICEMBRE 2013

Le stelle consigliano piatti vegetariani tranne nei giorni di festa, in cui potete concedervi carne e pesce a volontà e vini spumanti.

Bilancia Sarete attratti da cereali integrali da condire con verdure, mentre succhi di frutta vi daranno il vigore necessario per l’inverno.

Scorpione Tutto ciò che desiderate in questo fine anno sono pasta e pizza fatte in casa con un bicchiere di vino prodotto dall’amico vignaiolo.

Sagittario Conoscerete nuovi amici con i quali vorrete trascorrere serate a chiacchierare concedendovi aperitivi e sfiziosi stuzzichini.


Bevi responsabilmente.

amarolucano.it

L S L G L R X Y D &RV "

D W L Y D GDOO

Un Lucano a Manhattan.

/D ULFHWWD · 25 ml Amaro Lucano · 50 ml tequila blanco · scorzetta di lime Nel mixing glass colmo di ghiaccio a cubetti versare 25 ml di Amaro Lucano e 50 ml di tequila blanco, mescolare e versare in una coppetta ghiacciata. Guarnire con le scorzette di lime.

Amaro Lucano nasce dalla sapiente miscelazione di più di 30 erbe. Ideale da servire a fine pasto come digestivo, può essere utilizzato per creare cocktail esclusivi. Scopri sul sito internet tutte le ricette dei drink firmati Lucano. trade@amarolucano.it


ruinart.com

The Blanc de Blancs.


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