n°68 APRILE

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Mensile • Anno VIII • N°68 Aprile 2013 • Euro 3,50

Ristoranti Risorgere dopo il sisma

PER I PROFESSIONISTI E GLI APPASSIONATI

Foto di Alex Peroli

Vino L’Italia alla conquista della Cina

Da Vittorio

Noi, i Cerea

Bollicine Viaggio nell’universo ell’universo Prosecco Normative Articolo 62 Opportunità o boomerang?



EDITORIALE

Ritorno all’essenziale Barbara Amati amati@foodandbev.it

I

BABETTE. Così ha risposto Papa Francesco I a chi gli chiedeva quale fosse il suo film preferito. Con sicurezza ha indicato il lavoro cinematografico del regista danese Gabriel Axel, tratto da una novella di Karen Blixen, premiato con l’Oscar quale migliore film straniero nel 1988. Non proprio una risposta scontata, quella del neo eletto Jorge Mario Bergoglio, ma nella quale si può intravvedere una sintonia con la protagonista, cuoca sopraffina, per i suoi valori forti come la riconoscenza, l’amore, la generosità. Ci sorprende di continuo, e siamo solo all’inizio, questo Papa venuto dall’Argentina e di origini italiane che, fin da subito, ha sottolineato la propria diversità con comportamenti che si allontanano dal protocollo pontificio per ribadire che è “uno di noi”. Un uomo semplice, che dell’umiltà ha L PRANZO DI

fatto il proprio vessillo: uno stile di rinuncia, di monito non solo alla Chiesa. Come San Francesco, disgustato dalla crescente distanza tra ricchi e poveri, tra i sottomessi e la classe dominante, tra il popolo e i potenti, così il nuovo Papa punta l’indice sulle contraddizioni nella società attuale, e la scelta del nome Francesco ha anche questo significato, suggerendo un ritorno all’essenziale, ai valori di cui tutti parlano ma che pochi, infine, sembrano sentire propri. Come non vedere nel suo richiamo alla Chiesa delle origini e ai fondamenti della fede, una corrispondenza con i momenti che stiamo vivendo, così privi di moralità, di etica, di rispetto, non consoni a una società civile che si vuol definire tale? Gli esempi di inciviltà abbondano, e vengono dall’alto, difficile poi che le persone comuni, invece, non si sentano anch’esse “in diritto” di comportarsi in modo scorretto. Papa Francesco Il coraggio con il quale Francesco I intende combattere la corruzione, gli intrighi, l’ostenindica la via da tazione, l’egoismo, riguarda tutti. Il Papa denuncia un mondo in cui non c’è rispetto per seguire, quella della il prossimo e non c’è fiducia nel domani, rispecchiando una società in cui si confonde la rinuncia, dell’onestà, mitezza con la debolezza, non si onorano i debiti, non si confessano gli errori. Nessuno si assume le proprie responsabilità, men che meno per la situazione disastrosa in cui l’Italia della moralità. è precipitata. È sempre colpa di altri, e questo anche per una mancanza di dignità che Riuscirà la nostra sembra aver contagiato non solo la classe politica, che si sente totalmente impunita, ma classe politica a ambito lavorativo. E ancora non si vede, se non la fine, almeno l’inizio di una ripresa. seguirne l’esempio? ogni Se il Papa preferisce la sua croce di ferro a quella d’oro massiccio, se rinuncia all’auto blu per salire sul pulmino dei prelati, se rifiuta di sedersi sul seggio pontificio durante l’omaggio dei cardinali, se paga l’appartamento dove è stato ospite prima dell’elezione, se vuole stare in mezzo alla gente, lancia messaggi ben precisi. Una svolta epocale, una rivoluzione, sembra. Sarebbe bello che ciò che la Chiesa, la cui stessa natura è stata intaccata dagli scandali, pare abbia scelto di fare per ricostruirsi una credibilità, percorrendo una strada nuova facendo pulizia, fosse di stimolo alla nostra classe politica spingendola ad avere il coraggio di dare un taglio netto a tante nefandezze per scegliere la linea dell’onestà, del servizio verso i cittadini, della rinuncia a tanti benefit che prosciugano le nostre tasche. Dando, appunto, il buon esempio. Proprio come il Papa. Un leader che la Chiesa è riuscita a darsi nel giro di un mese: un leader che ritrovi il contatto con la gente e con le sue difficoltà e che l’Italia sta ancora aspettando dai propri politici. F B

Food&Beverage vi aspetta al Vinitaly di Verona nella Galleria tra i Padiglioni 4 e 5 Stand 4 FOOD&BEVERAGE APRILE 2013 | 3


Food&Beverage vi dà appuntamento al 10 Maggio 2013 Direttore Editoriale Aureliano Amati direzione@foodandbev.it Direttore Responsabile Barbara Amati amati@foodandbev.it Coordinatore di Redazione Jenny Maggioni redazione@foodandbev.it Collaboratori di Redazione Federica Belvedere, Silvana Caminada, Irene Catarella, Francesca Farina, Stefano Masin, Bibi Monti, Simona Percivalle via Simone d’Orsenigo 5 - 20135 Milano tel. 02 47787220 - fax 02 47787237 segreteria@foodandbev.it Collaboratori Clara Aliborange, Adriano Baffelli, Francesca Barni, Nicola Dante Basile, Paolo Becarelli, Enza Bettelli, Donatella Bernabò Silorata, Elena Bianco, Pietro Bongiorno, Jerry Bortolan, Luigi Caricato, Manuela Caspani, Francesco Colombera, Alberto Corrado, Alessandro Franceschini, Beppe Francese, Laura Gambacorta, Luca Gardini, Marco Ghedini, Gerardo Giorgi, Fabiano Guatteri, Rocco Lettieri, Giulia Marcucci, Beba Marsano, Monica Mazzanti, Gianna Melis, Betty Mezzina, Giorgio Montanari, Antonio Paolini, Frida Parise, Anna Pesenti, Cesare Pillon, Erica Re, Beatrice Rioda, Giulio Cesare Saviozzi, Roger Sesto, Gualtiero Spotti, Irma Tannino, Biagio Testa, Franco Tosca, Bianca Trao, Bianca Zille Foto Consorzio Conegliano Valdobbiadene Docg, ©IAR Art Resources, Alex Peroli, Laura Tessaro Responsabile Amministrativo e Commerciale Aldo Ballestra ballestra@febeditoriale.com Pubblicità Italia F&B Editoriale tel. 02.47787220 Grafica e impaginazione Pigierre Srl - via Angelo Maj 12 20135 Milano Stampa Tiber Spa - via Volta 179 25124 Brescia Distributore esclusivo per l’Italia Press di Srl - Segrate (Mi) Editore F&B Editoriale Srl Sede legale p.zza San Camillo de Lellis 1 20124 Milano Reg. al Trib. di Milano n. 720 del 27/9/2005 Giovedì 4 Aprile 2013 Euro 3,50

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36 Sommario EDITORIALE Ritorno all’essenziale Barbara Amati

pag. 3

ALLEGRINI I 30 anni de La Grola Barbara Amati

pag. 11

DEGUSTAZIONI Viaggio nelle tenute Zonin Federica Belvedere

pag. 12

PROGETTI Il Social Tasting di Umberto Cesari Irene Catarella

pag. 14

COVERSTORY Da Vittorio. Noi, i Cerea Barbara Amati

pag. 30

EXPORT Vino, la Cina è vicina? Nicola Dante Basile

pag. 36

ASSOCIAZIONI Eblex, nasce il Roast Beef Club Bibi Monti

pag. 40

POMMERY Apanage Prestige, privilegio per pochi Federica Belvedere

pag. 42

VALDOBBIADENE Canevel, una voce fuori dal coro Barbara Amati

pag. 44

DEBUTTI Montelvini punta sull’Asolo Docg Bibi Monti

pag. 46

SPECIALE Universo Prosecco Roger Sesto

pag. 48

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ATTUALITÀ

BICCHIERI Rastal colora il mercato Stefano Masin

pag. 54

NOCCIOLATA Uno gnomo per Rigoni di Asiago Barbara Amati

pag. 56

RISTORANTI L’Aquila, risorgere dopo il terremoto Antonio Paolini

pag. 58

CUOCHI La rinascita di Gianni D’Amato Jenny Maggioni

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pag. 62

DESIGN Davide Groppi. E luce fu... Irene Catarella

pag. 8 pag. 16 pag. 18 pag. 24 pag. 26 pag. 28 pag. 94

RUBRICHE Scelte di gusto Spirit Barman Buona lettura Pillole di storia Stelle a tavola

pag. 6 pag. 86 pag. 96 pag. 97 pag. 98

pag. 64

ANTEPRIME Le nuove annate delle Docg toscane Rocco Lettieri

Uomini e Vigne Novità da stappare Food Valley Lodge & Spa Business News Il mondo in pentola Cultura & Gusto

pag. 68

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ARTICOLO 62 Opportunità o boomerang? Alessandro Franceschini

pag. 72

ITINERARI Insolito Trentino Gualtiero Spotti

pag. 76

SPETTACOLI Hollywood & wine Bianca Zille

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pag. 80

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SFIZIOFOOD I fiori nel piatto Jenny Maggioni

pag. 84

QUARTIERI ALTI Toscana chic al Castello di Casole Stefano Masin

pag. 90 FOOD&BEVERAGE APRILE 2013 | 5


SCELTEDIGUSTO IL RISTORANTE PREFERITO, LA BEVANDA PIÙ AMATA, L’ABBINAMENTO PERFETTO: OGNI MESE FOOD&BEVERAGE DÀ VOCE AD ALCUNI IMPRENDITORI DEL NOSTRO SETTORE E A PERSONAGGI NOTI PER CONOSCERE LE LORO PREFERENZE GOURMET E SCOPRIRE GUSTI E ABBINAMENTI CHE TALVOLTA CI POSSONO SORPRENDERE

PRESIDENTE RISO GALLO

Mario Preve Emozionante tradizione Il rist ristorante del cuore Alain Ducasse, Hôtel de Paris, Montecarlo Il pia piatto della passione Riso Risotto alla parmigiana La bevanda preferita Merlot giovane Me Piatto e bicchiere mon amour Pi Fiorentina Fi e Barbaresco Drink preferito D Americano A A tavola con… mia moglie Cina

ATTRICE

Isabella Ferrari L’importanza delle radici Il ristorante del cuore Dal Pescatore, Canneto sull’Oglio (Mn) Il piatto della passione Tortelli di zucca La bevanda preferita Barolo Piatto e bicchiere mon amour Coppa piacentina e Gutturnio Drink preferito Champagne A tavola con… mio marito Renato

AD NONINO DISTILLATORI

Giannola Nonino Nostalgica sensualità Il ristorante del cuore Ristorante Roma, Tolmezzo (Ud) Il piatto della passione Spaghetti di Gragnano con salsa di pomodori del mio orto La bevanda preferita Grappa Monovitigno Piatto e bicchiere mon amour Brovada e musetto e Merlot friulano Drink preferito Cru Ribolla A tavola con… la mia splendida famiglia

CONDUTTORE E AUTORE RADIOTELEVISIVO

Federico Quaranta Passione salentina Il ristorante del cuore Masseria Le Stanzie, Supersano (Le) Il piatto della passione Pancotto con cime di rapa e fagioli salentini La bevanda preferita Birra Parma Oro Piatto e bicchiere mon amour Frittura di pesce con Franciacorta Ca’ del Bosco Drink preferito Spritz A tavola con… mio padre Giancarlo

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UOMINIEVIGNE LIMITED EDITION

Marras veste il Turriga 2008 Q

uando c’è una comunione di anime, i progetti si realizzano facilmente, con naturalezza e semplicità. È quello che è successo tra lo stilista Antonio Marras, la casa vitivinicola Argiolas, il musicista Paolo Fresu e lo scrittore Marcello Fois. Tutti accomunati dal desiderio di rappresentare la terra sarda, cruda e arida solo in apparenza, ma in realtà estremamente fertile generosa. Così, Antonio Marras ha ospitato nel suo showroom e gene milanese la presentazione della nuova annata del Turriga di Argiolas milane celebra il ventennale di questo splendido rosso, blend di quatche ce -cannonau, carignano, bovale, malvasia nera- vinificati tro vitigni vi autonomamente e poi assemblati per dar vita all’alchimia perfetta auto nella quale si armonizzano struttura, rotondità, pienezza ed nell eclettismo. L’assemblaggio è quindi sinergia perfetta di quattro ecle personalità sarde che insieme originano un significato che va per oltre la somma delle singole parti. Così come quattro sono i olt protagonisti che hanno collaborato alla realizzazione di un pr cofanetto in edizione limitata, solo 2 mila esemplari, per celeco brare il ventennale dell’annata 2008 di Turriga, “un’annata b sspeciale e longeva, che avrà tempo per esprimere tutte le sue potenzialità -come afferma Valentina Argiolas che la considera “un emblema che porta nel mondo il gusto e i profumi della Sardegna”. Un’occasione speciale che vede riuniti nel cofanetto celebrativo i migliori ambasciatori dell’eccellenza sarda. Un progetto a quattro mani nato in modo del tutto naturale -racconta con entusiasmo Marrasperché ci accomuna il profondo amore per la nostra terra che si è concretizzato in un oggetto che raccontasse una storia: così, è nata l’idea di questo cofanetto che racchiude in sé l’essenza della Sardegna”.

ETICHETTE

CERETTO

Debutto con stile per il Blangè 2012

P

resentazione in grande stile alla Tenuta Monsordo Bernardina per la nuova annata 2012 del Blangè, il bianco 100 per cento arneis di casa Ceretto. In quel di Alba, alla presenza di Carlo Cracco, che ha deliziato i numerosi presenti accorsi all’evento raccontando di Masterchef e del suo ormai celebre libro Se vuoi fare il figo usa lo scalogno, sono state aperte numerose bottiglie. A partire da quelle, ed è una delle novità assolute della nuova annata di Blangè, in formato magnum. Le stesse che poi saranno protagoniste anche durante il Salone del Mobile, a partire dal 9 aprile e per tutta la settimana, in alcuni dei locali più “in” degli aperitivi milanesi, da Bulgari ad Armani fino al Just Cavalli. Il bianco autoctono delle Langhe si presenta così in grande stile, con una nuova etichetta, che in pochi hanno notato durante la serata, dove ora la dicitura riporta in chiaro il nome Arneis sopra la grande B di Blangè.

RICORRENZE

Bisol premia il miglior Talento

Cantina Terlano festeggia 120 anni

Daniele Fabiani, classe 1988, laureato all’Accademia delle Belle Arti di Brera, già curatore e autore di molte mostre in Italia e all’estero, è stato il vincitore della seconda edizione del concorso Talento cerca Talento indetto dall’azienda Bisol. Scopo della competizione, realizzare l’etichetta del Bisol Talento Spumante Metodo Classico Brut, tra i vini più emblematici dell’azienda trevigiana. L’opera di Fabiani, selezionata tra oltre 200 proposte, è composta da tre acqueforti che rappresentano versioni stilizzate della foglia di vite. La giuria era composta dal direttore generale Gianluca Bisol e da esponenti del mondo dell’imprenditoria, della cultura, dell’arte e del design.

Nata nel 1893, la Cantina Terlano (Bz), tra le realtà più conosciute per i suoi bianchi di pregio, compie 120 anni. Dal 2008 si è unita a Cantina Adriano, anch’essa fondata nel 1893. I vini di Cantina Terlano sono vigorosi, fruttati e con eccellenti doti di pienezza e longevità. L’obiettivo che l’azienda si è data entro il 2020 è portare il brand a un riconoscimento di livello mondiale fra vini del segmento più alto. E per festeggiare le 120 candeline, la Cantina ha presentato la cuvée Terlaner Classico, fiore all’occhiello dell’azienda, in una rielaborata veste.

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VINITALY

Il Vermentino di Cecchi sposa la cucina di Morelli

A

l VINITALY, Cesare e Andrea Cecchi presenteranno la nuova annata 2012 del Vermentino di Maremma Litorale abbinandola alla cucina di Giancarlo Morelli del ristorante Pomiroeu di Seregno (MB) (Pad 7, stand D/4). Sarà un evento fresco e colorato, proprio come l’anima del vino e dello chef. Il Vermentino di Maremma Litorale esprime perfettamente il territorio da cui proviene. Le uve sono le prime a essere raccolte tra la fine di agosto e le prime settimane di settembre. La giacitura è collinare, a 150 metri sul livello del mare. Il colore è giallo paglierino con lievi riflessi dorati. Ha un profumo fruttato molto intenso che ricorda la frutta estiva matura. Al palato si evidenzia una nota aromatica importante unita a una piacevole persistenza. È un vino generoso e di grande struttura.

CHAMPAGNE

Addio a Henri Krug

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enri Krug, creatore dei grandi Champagne della maison di famiglia (ora del Gruppo Lvmh), è scomparso a 75 anni. Alla guida dell’azienda, con il fratello Rémi, dal 1977 al 2002, ha firmato 40 Grande Cuvée, lo fratell Champagne che determina lo stile della maison. I due fratelli Cham hanno lavorato fianco a fianco per decenni, completandosi hann stimandosi e facendo dello Champagne Krug un emblee sti ma del pregio assoluto: ’’Si diceva che eravamo le due metà dello stesso frutto -era uso dire Rémi Krug, il comunicatore del della maison- Henri era calmo, riservato, modesto, sempre de all all’ascolto degli altri’’. Henri Krug è il papà di Olivier, attuale direttore dello Champagne Krug, al quale ha continuato a d d dare preziosi consigli, animando le degustazioni. Come rraccontano i suoi collaboratori, più che sotto i riflettori, amava stare tra le botti e con i piedi in vigna.

ALTO ADIGE

Cantina Tramin, l’unione fa la forza

C

antina Tramin di Termeno (Bz) è una tra le cooperative maggiormente vocate alla qualità, con i suoi 300 viticoltori e appezzamenti che non superano l’ettaro di superficie: in tutto, sono 250 ettari tra i comuni di Termeno, Montagna, Egna e Ora. Il modello produttivo di Cantina Tramin, tipicamente altoatesino, fa sì che in vigna ci siano una cura e una gestione familiare, mentre il lavoro in cantina e nella distribuzione è strutturato come una solida impresa. Da anni i vini di Cantina Tramin hanno la firma dell’enologo Willi Stürz, che ha dato vita a vini pluripremiati dalla critica e amati dai consumatori, come il Gewürztraminer Nussbaumer e il Gewürztraminer Terminum Vendemmia Tardiva.

COCKTAIL

Con Cold Grog Perrier un omaggio alle donne Dall’estro creativo di Laurent nt Greco, patron della Liquid chef di Parigi e guru della mixologia d’avanguardia, è nato il cocktail con l’acqua Perrier dedicato alle donne: Cold Grog. Per la sua preparazione, Greco si è ispirato alla popolare bevanda delle Antille francesi, il grog, un mix di acqua e rum, al quale ha aggiunto un tocco di anice, vaniglia, cannella e miele d’acacia. Il tutto miscelato con l’inconfondibile perlage di acqua Perrier, che ha così voluto celebrare le molteplici sfaccettature femminili in una bevanda dalla verve frizzante, dolce e dal sapore deciso. Perrier Cold Grog fa parte di Mixology by Perrier ed è pronta a conquistare i locali più cool del mondo.

WINEBAR

Cantine Ferrari “atterra” a Fiumicino Cantine Ferrari hanno inaugurato il Ferrari Spazio Bollicine a Fiumicino, primo winebar in un aeroporto italiano. Ambiente in cui sorseggiare i Trentodoc dell’azienda accompagnati dalle creazioni di Alfio Ghezzi, chef stellato della Locanda Margon di Trento, di proprietà dell’azienda trentina. In carta anche tutti i vini fermi -trentini, umbri e toscani- delle Tenute Lunelli e alcune prestigiose etichette, con un omaggio, a rotazione, alle grandi famiglie del vino italiano. Nato in alcune delle piazzette più prestigiose d’Italia, il Ferrari Spazio Bollicine esprime un concept innovativo. Un modello di quell’arte di vivere italiana di cui Ferrari è espressione.

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UOMINIEVIGNE SOSTENIBILITÀ S

PORTO CERVO

R Riduci, riusa, ricicla Vitignoitalia è green V

In scena a maggio il Wine Festival

L’ecosostenibilità e la tutela dell’ambiente saranno al L centro della 9ª edizione di Vitignoitalia, il salone del vino cen e dei territori vitivinicoli italiani in programma a Napoli dal 2 al 4 giugno. Per questo, grazie alla partnership con Sabox e Formaperta, gli stand saranno unicamente realizzati in materiali provenienti dalla raccolta differenziata; sarà utilizzata solo carta certificata secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici e dotata dell’Environmental Product Declaration; ci sarà la presenza di postazioni per la raccolta differenziata e si provvederà a riciclare il 70 per cento dei materiali, tra cui, soprattutto, il sughero e il vetro, attuando, così, il principio delle 3R (riduci, riusa, ricicla) e quello fondamentale della blue economy.

La Costa Smeralda dà il via alla stagione 2013 ospitando, dal 17 al 19 maggio, il Porto Cervo Wine Festival. Degustazioni, incontri con giornalisti e blogger, cene gourmet e tante novità animeranno la quinta edizione dell’evento che, quest’anno, si lega anche alla moda: la Piazzetta di Porto Cervo diventerà protagonista con la Fashion Wine Walk. Sessanta aziende vinicole, in rappresentanza dei principali territori enologici sardi e nazionali, rinnovano il loro appuntamento per incontrare un pubblico di wine lover, oltre che selezionati buyer internazionali. Più di 250 le etichette in degustazione e il ricavato delle vendite sarà devoluto all’Airc, Associazione italiana per la ricerca sul cancro.

NOMINE

Formentini presidente del Consorzio Lugana

L

uca Formentini è il nuovo presidente del Consorzio tutela Lugana Doc per il triennio 2013-2016; succede a Francesco Montresor. Negli anni scorsi Formentini ha ricoperto cariche e importanti quali la vicepresidenza del Consorzio del Garda Classico e la presidenza della Strada dei vini e dei Sapori del Garda. Quarta generazione di viticoltori, Luca Formentini, proprietario del Podere Selva Capuzza con oltre 50 ettari dedicati alla produzione dei vini autoctoni della zona, è impegnato nel seguire le due linee cardine su cui si è sviluppata negli ultimi anni l’attività del Consorzio: la prima, tutelare la produzione del Lugana, la seconda, difendere e proteggere il territorio con iniziative promozionali e di sviluppo. Garanzie importanti che da sempre il Consorzio tutela Lugana Doc assicura ai produttori.

COMPETIZIONI

Gianni Zottola ai Caraibi per Bacardi

A

rappresentare l’Italia alla Bacardi Legacy Cocktail Competition, che si terrà a Porto Rico il 25 e 26 aprile, sarà Gianni Zottola, 31 anni, originario dell’Isola d’Elba, da diversi anni barman del Nu Lounge Bar di Bologna. I 150 candidati si sono sfidati a colpi di cocktail a base di Bacardi Superior. Da questo contest iniziale sono emersi gli otto most promising barmen tra i quali si è distinto Zottola con il suo Maui Tiki Tiki. Si tratta di un drink dal gusto deciso, dolce, salato e piccante, proprio come il personaggio da cui prende il nome: il semidio della tradizione tiki, padre della Nuova Zelanda. Zottola sfiderà altri 20 barman con cocktail originali e gustosi, esaltati dal Bacardi Superior.

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FORMATO

Il Matto delle Giuncaie in versione mignon

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attoria Dianella di Vinci (Fi) lancia il Matto delle Giuncaie versione Mignon, una bottiglia da 375 millilitri che contiene il rosso Igt, vino dal carattere particolare, poiché nasce solamente da uve sangiovese di un unico cru, dalla morbidezza e dalla bevibilità inaspettate e dal sapore complesso e articolato, con note di tabacco amalgamate a frutti rossi. Imbottigliato per la prima volta nel 2001, Fattoria Dianella lo propone ora in questa nuova veste per dare la possibilità di concedersi un calice di vino di qualità in tutte le occasioni e anche da soli. La bottiglia ha un design classico, ma nello stesso tempo accattivante: la sua silouhette gentile e arrotondata ricorda il gusto del vino e l’elegante confezione in legno ne evoca il bouquet raffinato.


ABBINAMENTI DAL 1983, ANNO IN CUI USCÌ LA PRIMA BOTTIGLIA, IL VINO CHE MEGLIO DEFINISCE LO STILE DI ALLEGRINI SI È SEMPRE EVOLUTO E OGGI ALL’UVAGGIO CONCORRONO CORVINA E SYRAH. UN ROSSO CORPOSO, FINE E COMPLESSO, CHE BEN SI È SPOSATO CON I PIATTI DELLO CHEF GIANDOMENICO MELANDRI DEL RISTORANTE ARMANI

La Grola festeggia 30 anni di storia Barbara Amati

C’ Marilisa Allegrini, produttrice appassionata, ha presentato quattro annate de La Grola, un vino nato nell’omonimo podere in Valpolicella, dalle condizioni irripetibili

era un vigneto in cima alla collina, a Sant’Ambrogio di Valpolicella, ella, che Giovanni Allegrini avrebbe tanto voluto per produrre da quelle uve un vino d’eccellenza. Perché, lassù, a La Grola, le condizioni pedoclimamatiche erano irripetibili: ottima esposizione, costante ventilazione e terreno reno argilloso-calcareo, ricco di potassio e calcio e scarso in magnesio e ferro. E quando nel 1979 lo acquistò e ripiantò il vigneto dando inizio a una rivoluzione agronomica e viticola in Valpolicella, forse non immaginava che il vino che ne sarebbe derivato avrebbe rappresentato la filosofia produttiva della sua azienda: uno stile enologico originale, votato all’innovazione e svincolato dalle convenzioni. La Grola, la cui prima annata fu il 1983, prodotto con le uve corvina, costituì la cifra stilistica dell’azienda. “Un vino che nel tempo si è evoluto, anche grazie all’introduzione delle uve syrah, intorno al 20 per cento, i cui tannini speziati si integrano perfettamente con quelli dolci tipici della corvina, donandogli maggior complessità”, ha spiegato Marilisa Allegrini, una vera forza della natura per dinamismo e passione, raccontando 30 a anni di storia di questo grande rosso accompagnato a in degustazione dai piatti dello chef Giandomenico Melanpiat dri del ristorante Armani di Milano. “Trent’anni fa uscì la prima bottiglia “T de La Grola, rosso di buon corpo, dal profumo ampio e avvolgente, con p note di frutti di bosco e sentori di n

ginepro, tabacco e caffè. Un vino che può maturare anche per lunghi anni regalando nuove sfumature e nuove emozioni”. Quattro le annate proposte in degustazione: 2009, l’ultima entrata sul mercato, 2001, 1998 e 1997. Il 2009 ha grande eleganza e armonia, frutto e nervo acido datogli dalla corvina e profumi speziati e morbidezza dal syrah. Con quest’annata lo chef Melandri ha proposto il Carpaccio di carne salada di cervo al ginepro, salsa al gorgonzola e agretti. Il 2001, ricco e complesso, ancora molto fresco, ha profumi di confettura di frutti rossi e toni speziati, con una punta vegetale che gli dà personalità; si è accompagnato al Maccheroncello di grano arso al torchio, ragù di galletto, cipollotto rosa e pecorino. Il 1998, molto diverso dal 2001, è ricco e ampio, con una tannicità ancora sostenuta, concentrato al naso e con una equilibrata speziatura determinata dal legno nuovo; è stato abbinato alla Costoletta di agnello in fricassea, latte di pecora in piedi, fave fresche. Il 1997, proposto con una selezione di formaggi servita con una deliziosa gelatina di vino La Grola, è un vino ancora molto equilibrato e lungo, con un retro-olfatto di erbe aromatiche F B e tannini setosi. FOOD&BEVERAGE APRILE 2013 | 11


DEGUSTAZIONI DIVERSE PICCOLE TIPICITÀ DEL TERRITORIO SI SONO AFFIANCATE ALL’ASSAGGIO DI ALCUNI DEI VINI PIÙ NOTI E PRESTIGIOSI DELLA CASA VINICOLA DI GAMBELLARA. IL WINE AMBASSADOR LORENZO ZONIN HA RACCONTATO I VINI, MENTRE IL CRITICO ENOGASTRONOMICO DAVIDE OLTOLINI NE HA SPIEGATO L’ABBINAMENTO

Viaggio nei territori delle Tenute Zonin Federica Belvedere

A Francesco Zonin, vicepresidente della Casa Vinicola di Gambellara, e Lorenzo Zonin, wine ambassador, con, al centro, il giornalista enogastronomico Davide Oltolini. Sotto, Castello d’Albola, a Radda in Chianti

llo SHOWROOM Valcucine di Milano la Casa Vinicola Zonin ha proposto la degustazione di alcuni dei suoi vini più prestigiosi in abbinamento ad alcune eccellenze gastronomiche di piccole realtà artigianali. “La territorialità e le caratteristiche peculiari delle varie aree di produzione sono tra i valori su cui si fonda la nostra filosofia aziendale -ha ricordato all’incontro milanese il vicepresidente Francesco Zonin- Ispirandosi al principio ’a ogni regione la sua tradizione, ad ogni regione il suo vino’ mio padre Gianni fin dalla fine degli anni ’60 ha selezionato i terroir d’eccellenza portando la realtà di Casa Vinicola Zonin all’attuale estensione vitata di 2 mila ettari, in 9 tenute dislocate in 7 regioni a più alta vocazione vitivinicola, alle quali si è aggiunta la tenuta statunitense di Barboursville Vineyards in Virginia”. E proprio per sottolineare l’importante legame delle varie tenute con i territori che le ospitano, le eccellenze della produzione eccel vinicola aziendale, illustrate vinic nelle loro caratteristiche dal brand ambassador Lorenzo bran Zonin, sono state abbinate ai Zon prodotti tipici delle diverse pro aree geografiche. L’abbinaare mento con i vini e la degum stazione guidata dei diversi st prodotti è stata curata dal p

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giornalista enogastronomico Davide Oltolini (www. davideoltolini.net), esperto di analisi sensoriale degli alimenti. Oltolini ha ricordato l’importanza del corretto abbinamento al fine di esaltare e valorizzare le caratteristiche peculiari dei differenti prodotti enologici. In particolare, il Prosecco Doc Zonin Cuvée 1821 è stato accostato ai grissini artigianali del Panificio Rossi di Gambellara; la Vernaccia di San Gimignano La Gentilesca 2011 dell’ Abbazia Monte Oliveto, al Pecorino toscano del Caseificio Dino Fabbri di Seggiano; l’Insolia 2011 del Feudo Principi di Butera al formaggio Ragusano Dop della Bottega di Salvatore Garziano di Mazzarino; l’Aquilis 2011 Tenuta Ca’ Bolani al Prosciutto di trota della Società agricola Sterpo; l’Oltrenero Brut Tenuta Il Bosco dell’Oltrepò Pavese al Salame di Varzi Cucito del Salumificio Magrotti di Montesegale; il Sasseo 2011 della Masseria Altemura, in Salento, al Capocollo della Masseria Fragnite di Ostuni; il Sassabruna 2010 di Rocca di Montemassi, nella Maremma Toscana, al Pecorino di Grotta stagionato de La Novella di Valpiana; l’Acciaiolo 2009 di Castello d’Albola, a Radda in Chianti, al cosiddetto “Tonno del Chianti” di Casa Porciatti; l’Amarone della Valpolicella 2009 Zonin al Monte Veronese del Caseificio La Casara di Roncà e, infine, l’accattivante Moscato d’Asti di Castello del Poggio alle Melighe F B artigianali della Pasticceria Vittoria di Asti.


Saremo presenti al Vinitaly 2013 Palaexpo Lombardia Area Franciacorta | Stand A12-13

www.villafranciacorta.it


PROGETTI È UN NUOVO SOCIAL NETWORK TUTTO DEDICATO AL VINO E PORTA LA FIRMA DELL’AZIENDA ROMAGNOLA UMBERTO CESARI CHE VUOLE COSÌ OFFRIRE AGLI APPASSIONATI UN “LUOGO” DOVE INCONTRARSI E CONFRONTARSI IN MODO REALE. UN PROGETTO AMBIZIOSO, CHE FA SEGUITO ALL’INNOVATIVO SITO AZIENDALE

Nasce Social Tasting per comunicare il vino Irene Catarella

È Gianmaria Cesari ha raccontato il progetto Social Tasting, aperto a tutti: un modo nuovo per confrontarsi intorno al vino sul web

online la nuova APP, scaricabile gratuitamente da App Store, di Umberto Cesari, storica azienda romagnola che ha fatto del Sangiovese di qualità la propria filosofia produttiva e del Tauleto la sua punta di diamante. Si tratta di Social Tasting, un sito accessibile direttamente da internet www.socialtasting.it oppure da Facebook alla pagina www.facebook.com/UmbertoCesari. “È un sito dedicato agli appassionati del vino, dove si possono condividere le proprie esperienze -spiega Gianmaria Cesari- Si chiama Social Tasting perché richiama i social network, questo fenomeno di dimensioni non quantificabili che costituisce un nuova modalità di correlazione tra individui, in cui noi abbiamo voluto inserire l’ambiente vino perché ci divertiva l’idea e pensavamo che mancasse nel nostro settore un social network netwo del vino”. Il progetto, pr che si pone come una sperimentazione nell’ambito media online alla men quale l’azienda di Castel San Pietro (Bo) qual ha ssempre prestato attenzione -e che ha da poco p rinnovato il proprio sito grazie a un ecosistema digitale- vuole catturare l’attenzione l’a del consumatore, colui che, infine, in acquista il vino. “In questi anni abbiamo posto molta attenzione al marab keting e ai nostri partner commerciali, k

quasi dimenticandoci dei consumatori -ribadisce Cesari con grande schiettezza- E questo è un modo per sopperire a queste mancanze, perché offriamo a tutti gli appassionati un ’luogo’ che prende vita e colore grazie alle persone che dialogheranno tra loro”. Social Tasting permette ad appassionati ed esperti di vino di tutto il mondo di confrontarsi in diretta sulle proprie scelte e le proprie preferenze: è, infatti, possibile indicare in tempo reale che cosa si sta degustando e il livello di gradimento di ciò che si sta bevendo. Inoltre, si possono commentare le attività condivise con gli amici e con gli altri utenti, visualizzate su una mappa sotto forma di puntini colorati. In questo modo chiunque si connetta al sito può avere un immediato sguardo d’insieme sui consumi e le preferenze di etichetta sia a livello globale, sia filtrando le attività per tipologia di vino e per Paese. Il legame con l’azienda lo si evidenzia nella possibilità di scoprire e scegliere le diverse etichette di Umberto Cesari. Portavoce dell’ambizioso progetto, l’esplosivo e appassionato Luca Gardini che, a latere della presentazione del progetto all’enoteca N’ombra de’ vin a Milano, che ha guidato la degustazione del Liano Bianco e del Liano Rosso dell’azienda romagnola, ribadendo che ogni vino ha la propria identità e una sua ragion d’essere e che ciò che conta è l’emozione F B che suscita in ciascuno.



NOVITÀDASTAPPARE LOMBARDIA

RosaMara, un Chiaretto al femminile N

ella sua Costaripa, nel cuore della Valtènesi a Moniga del Garda (Bs), Mattia Vezzola, enologo tra i più blasonati del nostro panorama enologico, ha creato RosaMara 2012, un Valtènesi Chiaretto Doc. Realizzato con uve groppello, marzemino, sangiovese e barbera, è un vino al femminile dal colore che richiama la rosa fiorita, caratteristica di una soffice e delicata vinificazione. Al naso è invitante, ampio, ma al tempo stesso sottile ed elegante con sentori di fiori di biancospino, amarena e melograno. Al palato è setoso, armonico, ampio, ricco di ottima persistenza e sapidità, con un retrogusto leggerissimo di mandorla amara. Un vino puro, un vino femminile le cui caratteristiche derivano anche dalla tecnica di vinificazione a lacrima che utilizza il fiore attraverso lo sgrondo statico ottenendo il mosto dal cuore dell’acino. Mosto che successivamente fermenta ed evolve, per il 50 per cento, in piccole botti di rovere per circa sei mesi.

VENETO

Un amarone da 5 grappoli per Zonin

È

un Amarone della Valpolicella intrigante e coinvolgente, quello firmato Zonin prodotto nell’annata 2009 con uve al 60 per cento corvina, 35 per cento rondinella e 5 per cento molinara. Dopo la vendemmia tardiva, i grappoli rimangono in appassimento per circa 120 giorni. L’affinamento in botte dura 18 so mesi per poi proseguire in bottiglia. Di colore rosso lla granato intenso e dai riflessi brillanti, l’Amarone della Valpolicella Doc 2009 al naso è ampio, con sentori di frutti di bosco e prugna secca, e note balsamiche di notevole persistenza. In bocca è maestoso ma senza prepotenza, vellutato e con fragranti note aromatiche. Ideale per accompagnare piatti tradizionali, carni nobili, cacciagione e formaggi molto stagionati, è anche ottimo da meditazione.

FRANCIACORTA

Ronco Calino si colora di rosa

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a parte della linea di pregiati Franciacorta dell’ Azienda agricola Ronco Calino di Torbiato (Bs), il Rosé Radijan. Le uve provengono da Cazzago San Martino, frazione di Calino, dai vigneti Palazzo, Anfiteatro e Cima Caprioli. Prodotto dall’assemblaggio di tre vini base pinot nero, ha color rosa salmone con sfumature arancio. Al naso si percepiscono note di lampone, mirtillo rosso e nero, ribes, ciliegia selvatica e marasca, oltre a mela rossa e frutti di sambuco immaturi, con delicate note speziate e agrumate, in particolare di buccia d’arancia candita e confettura di rosa canina e un leggero sentore di mandorla e noce. Ottima e fine la struttura, con un equilibrato contenuto acidico, morbido e persistente, e una buona mineralità. Il retrogusto rafforza la percezione di frutti rossi, di mela rossa, e rilascia piacevoli note di vaniglia e mandorla.

EMILIA ROMAGNA

FRIULI VENEZIA GIULIA

Il Lambrusco di Donelli con un’etichetta a 360 gradi

Gaiare Friulano Pradio un Doc firmato Menotti

Un’etichetta originale, che cinge completamente la bottiglia e ne ispira il nome: il Lambrusco Doc Sorbara secco 360 di Donelli Vini è un rosso frizzante, secco, realizzato con uve lambrusco di Sorbara all’80 per cento e per il rimanente 20 per cento con lambrusco salamino. Al naso presenta un profumo fine con sentori tipici di violetta. Il sapore, spiccatamente secco e di corpo molto semplice, è esaltato dalla piacevole sapidità che unitamente alla freschezza gli conferiscono grande eleganza. Ideale per accompagnare i piatti della cucina emiliana, è straordinario con il carrello dei bolliti e degli arrosti, ma è adatto anche a piatti a base di pesce.

Dall’azienda friulana Pradio, di proprietà della famiglia Cielo, nasce Gaiare Friulano, una Doc Friuli Grave che porta il nome delle uve con cui è realizzata. I profumi, tenui ma persistenti, spaziano dal fiore di sambuco a leggere erbe aromatiche e a note di mandorla. Deciso e schietto al palato, ha una freschezza e una sapidità che esaltano le caratteristiche varietali in perfetto equilibrio. Questo bianco profumato è ottimo come aperitivo e ideale per accompagnare piatti di verdure, in particolare gli asparagi. Alla realizzazione di questo vino, come per tutta la gamma di Pradio, collabora dalla vendemmia 2012 l’enologo goriziano Gianni Menotti, con l’obiettivo di valorizzare ancor di più il territorio.

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VENETO

PUGLIA

Lugana Benedictus da uve surmature

Donna Gislena Medici un bianco tra i rossi

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all’azienda vitivinicola Le Morette di Valerio Zenato, a San Benedetto di Lugana (Vr), nasce un vino per lo spirito: Lugana Doc Benedictus, ottenuto dalle uve turbiana nello storico vigneto dell’azienda vendemmiate surmature nella terza decade di ottobre. Di colore giallo paglierino con un accenno di sfumature dorate che raggiungono toni più intensi con l’affinamento in bottiglia, al naso è delicato e gradevole, con note di frutta esotica, sentori di fiori d’acacia e lievi sentori di spezie. Al palato risulta essere un vino fresco, con un’importante mineralità e un’ottima persistenza gusto-olfattiva, grazie anche alla fermentazione che avviene per parte del vino in tonneau di rovere per sei mesi. Il Lugana Doc Benedictus Le Morette si accompagna a piatti di pesce, risotti, carni delicate e formaggi.

EMILIA ROMAGNA

Gran Casali, un Lambrusco innovativo

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i chiama Gran Casali il Lambrusco reggiano Doc secco, realizzato con metodo Charmat da Casali Viticultori, cantina di Pratissolo di Scandiano (Re). Profumato e pulito, è frutto di anni di ricerca e innovazione, ottenuto con i vitigni tipici del territorio pedecollinare della provincia di Reggio Emilia: montericco, marani, salamino e lambrusco di Sorbara. Dal colore rosso, con toni violacei, il Gran Casali rilascia profumi di mammola e frutti di bosco, arricchiti da una particolare complessità, risultato di oltre sei mesi di affinamento sui lieviti. Ottimo anche come aperitivo, si abbina a tutto pasto, in particolare a piatti tipici emiliani come tortelli di patate, arrosto di maiale o baccalà con salse vegetali. Le caratteristiche del Gran Casali sono tali da conferirgli spessore anche nel canale horeca e sui principali mercati esteri, e sarà disponibile, inoltre, sulla nuova piattaforma e-commerce all’indirizzo www.shop.casalivini.it.

ALTO ADIGE

Una Schiava di nome Bocado

È

prodotto dalla Cantina Andriano, la più antica dell’Alto Adige, con oltre 120 anni di attività, Bocado, ottenuto con le uve del vitigno autoctono schiava. Un vino elegante e armonico che è la reinterpretazione di una delle più importanti varietà storiche altoatesine. Bocado, che arriva in un momento in cui i vini schiava di qualità stanno vivendo una nuova primavera, è di alta qualità, caratterizzato dall’eleganza e dalla versatilità tipica di un Pinot nero che seduce per la sua piacevolezza. Dal colore rosso molto intenso e con note aromatiche che richiamano la mandorla, la violetta, i chiodi di garofano e i petali di rosa, al palato risulta gradevole e armonico, con tannini raffinati e un finale deciso. Questo vino, elegante e armonico, con il Lagrein Tor di Lupo e il Pinot nero Anrar va ad ampliare il segmento dei vini di alta qualità della Cantina Andriano, conferendo nuovo impulso alla varietà autoctona schiava.

Da un territorio estremamente vocato ai rossi, come quello pugliese, nasce il brut Donna Gislena Medici, uno spumante di alta classe, firmato dalla Cantina-Museo Albea di Alberobello (Ba). Realizzato con il metodo Classico, è frutto di quattro vitigni autoctoni: verdeca, bianco d’Alessano, minutolo e maruggio. Prodotto attualmente in appena 2 mila bottiglie (che dovrebbero arrivare a 6 mila nel 2016), al naso è ricco e variegato, con sentori di frutta matura a pasta gialla che vira dalla susina estiva all’ananas e papaia, note di cedro candito e fragrante di fiori freschi, mughetto e biancospino. Con i suoi 12 gradi di alcool, presenta una buona struttura e una freschezza che ben si abbinano ai frutti di mare della cucina mediterranea, ma anche a salumi tagliati al coltello.

FRIULI VENEZIA GIULIA

Villanova celebra i friulani con il Colombara Isonzo Tenuta Villanova, di Villanova di Farra (Go), celebra i vini autoctoni friulani con il Refosco dal Peduncolo Rosso Colombara Doc Friuli Isonzo 2009, della linea Uve Nostre. È un vino in purezza realizzato, appunto, con le uve colombara, di colore rosso rubino con lievi riflessi granati dovuti all’invecchiamento in barrique di rovere. Al naso si avvertono toni fruttati intensi che sfumano nelle spezie con note di caffè e cioccolato che danno eleganza al bouquet. Al palato è corposo, di media consistenza, armonico ed equilibrato. La mitezza dei tannini contribuisce a donare al vino struttura e qualità. Il Colombara 2009 è ideale per accompagnare piatti dal gusto deciso, in particolare a base di carne di maiale, come le costine ai ferri, lo stinco di maiale o il tipico friulano brovada e musetto.

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FOODVALLEY PASTA

Il grano Taganrog rivive con Ala 8.56 Le Delizie, marchio del Gruppo Meregalli che riunisce farine, pasta, biscotti e snack e che ha lanciato di recente Pasta Ala, propone una particolare selezione di pasta prodotta con il grano duro Taganrog, iniziando con gli Spaghetti. Questa varietà di origine caucasica è arrivata in Italia grazie a un marinaio di Giuseppe Garibaldi, che la portò a Geno dal porto di Taganrog, in Russia. Al Taganrog, amato dagli chef Genova per il gusto g delicato, dopo una sperimentazione durata cinque anni con l’Istituto di Cerealicoltura di Foggia, sono stati dedicati nelle Marche 17 l’Istit ettari. ettar Da questo grano, resistente e corto, nasce una pasta dolce che profuma delicatamente di mollica di pane e con una perfetta tenuta di prof cottura. cott La consistenza in bocca è armoniosa e carezzevole, tanto che Claudio Sadler l’ha definita “burrosa”. “La Linea Taganrog di Pasta Ala Cla si accompagna molto bene a condimenti leggeri di pesce, crostacei a e molluschi, carni bianche, ortaggi, ad esempio zucchine, cime di rapa, ra bietole, spinaci e patate, e legumi, quali piselli, fave, lenticchie e cicerchia. Ma è ottima anche per insalate di pasta e condita con olio c extravergine, fruttato e leggero”, spiega Carla Latini che si occupa in e prima persona della produzione curando anche la comunicazione del marchio. Il pastificio Ala vede in società il Gruppo Meregalli e Carla Latini, ed è proprio nella Tenuta Fertuna, di proprietà del Gruppo di Monza, a Gavorrano (Gr), che sono testate nuove e antiche varietà di grano duro insieme al farro. Ma perché Pasta Ala? “Punta Ala si trova lungo la via Aurelia, la strada del grano duro -spiega l’imprenditrice- Ala significa Alte Lavorazioni Artigianali, un’‘ala’ protettiva che garantisce prodotti eccellenti uniti dal controllo diretto di tutta la filiera produttiva che si conclude nelle Marche, terra di geniali agricoltori e pastai”.

EMILIA ROMAGNA

Nasce il Consorzio della Piadina

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arina, acqua, sale, strutto (o olio d’oliva), senza aggiunta di conservanti e aromi. Pochi e semplici ingredienti sono il segreto della piadina romagnola, un vero “cibo di strada” che va tutelato e valorizzato. Così, dopo il riconoscimento dell’Indicazione geografica protetta, ecco ora la nascita del Consorzio di promozione della Piadina Romagnola sostenuto da un gruppo di produttori in rappresentanza di tutta la zona di lavorazione consentita dal disciplinare, da Rimini a parte della Provincia di Bologna, passando per Forlì-Cesena e Ravenna. In Romagna la produzione delle piadine ha raggiunto 35 milioni di chilogrammi per un fatturato di circa 70 milioni di euro, che salgono a 92 se si considerano le zone contigue di San Marino e dell’Emilia. E a questi numeri si aggiungono i fatturati dei chioschi, diffusi in ogni angolo della Romagna, il cui giro d’affari è stimato in 15-20 milioni di euro.

FIERE

AZIENDE

Tuttofood a Milano Il business diventa evento

110 anni di qualità per il Salumificio Lovison

Dal 19 al 22 maggio torna a Fiera Milano di Rho, Tuttofood, salone biennale dedicato all’agroalimentare, con 1.600 espositori distribuiti in 6 padiglioni e 60 Paesi rappresentati. Sette le aree tematiche. In programma convegni, incontri, eventi e concorsi dedicati ai valori dell’ecosostenibilità, della qualità certificata e dell’innovazione. Si parlerà anche di sicurezza alimentare, tracciabilità dei prodotti e garanzie di genuinità. La vocazione di Tuttofood alla promozione economica e sociale del territorio e dei popoli attraverso l’alimentazione ha portato alla stretta collaborazione con Expo 2015.

Il Salumificio Lovison è un’istituzione nel Triveneto, ma la bontà e la qualità dei suoi prodotti sono oggi riconosciute in tutta Italia. Sono, infatti, sempre di più i consumatori che acquistano salsicce, salami e sopresse dell’azienda di Spilimbergo (Pn), da tempo inseriti anche nei menu di molti ristoranti. Tra i prodotti più amati c’è il musetto -reiterpretato anche da Carlo Cracco- realizzato con le parti nobili della testa del maiale. L’azienda è stata fondata nel 1903 da Agostino Lovison. All’inizio erano lavorati solo un paio di maiali alla settimana, ma da allora la produzione ha continuato a crescere e oggi si lavorano 200 suini alla settimana.

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PREMIAZIONI

EVENTI

Focus sul catering alla Stazione Leopolda

Fritto Misto accende Ascoli

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CATERING, sponsorizzato dalla Bisol di Valdobbiadene e dedicato alle società di catering e banqueting, si è svolto per il terzo anno in occasione di Taste, salone delle eccellenze del gusto organizzato da Pitti Immagine. Quattro i riconoscimenti: King of Catering Platinum Plus/Ferrarelle a La Fenice Catering (Faenza); King of Catering Gold a Le Gourmet Tondini (Varese), King of Catering Silver a La Torre (Agrigento) e King of Catering Bronze ad Assaporando (Udine). Fin dalla prima edizione, l’azienda Cecchi di Castellina in Chianti (Si) ha sostenuto il premio: quest’anno ha assegnato il King of Tradition al catering Valerio Ricevimenti di Pistoia e il King of Innovation a The Sign Studio & Food House di Roma. Per incoronare i festeggiati, Gianluca Bisol ha consegnato una speciale edizione di un Jeroboam di Prosecco creata per l’occasione. ING OF

MASTER

In Bocconi si studia Via dei Sapori

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riuli Venezia Giulia Via dei Sapori diventa un caso esaminato dall’Università Bocconi di Milano. Lo studio sull’associazione è inserito nel master internazionale in Management Food and Beverage che la Bocconi tiene per i futuri professionisti internazionali dell’industria alimentare e della ristorazione. Secondo i ricercatori, fra le chiavi del successo di Via dei Sapori c’è il fatto che, fin da subito, ha lavorato nel territorio di appartenenza, collaborando con 20 ristoratori, e con i fornitori, in modo da creare “un’intera filiera collaborativa del gusto” promuovendo una cultura del fare squadra che si è propagata a molti altri comparti. “Questa attenzione da parte di un’Università di grande prestigio come la Bocconi ci spinge a proseguire sulla strada dell’innovazione”, ha commentato il presidente del Consorzio Walter Filiputti.

LIMITED EDITION

Coca-Cola light icona di Marc Jacobs

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opo la nomina di Marc Jacobs a direttore creativo di Coca-Cola light per il 2013, arrivano le edizioni limitate di lattine e Alu-bottle firmate dallo stilista. Ispirate alle tre decadi vissute da Coca-Cola light -a partire dal suo spettacolare debutto mondiale al Radio City Music Hall di New York nel 1982- le creazioni catturano l’evoluzione della moda femminile attraverso gli anni ’80, ’90 e 2000, con il tocco stravagante dello stile di Jacobs. Per l’occasione Coca-Cola light ha lanciato anche un divertente video teaser, Marc Jacobs’ Photo Booth Break, nel quale lo stilista assume ironicamente i panni dell’hunk, l’iconico sexy protagonista di tante pubblicità di Coca-Cola light negli anni ’90. La collezione sarà disponibile in Italia a partire da settembre, nella versione in lattina da 33 centilitri.

La scorsa edizione di Fritto Misto è stata un successo da 75 mila presenze. Dal 24 aprile al 1° maggio si replica, e Ascoli Piceno torna a essere capitale di sapori tutti da scoprire attraverso un viaggio tra le fritture tradizionali italiane e straniere. Gli appassionati dell’olio bollente, quindi, potranno assaggiare piatti come i Panzerotti al Borgoforte, i tipici Frisceu liguri con verdure, pesce e dolci, il fritto in tempura, direttamente dal Giappone, i cibi esotici della tradizione sudamericana come gli arepas, l’arroz chaufa e i picarones e, novità del 2013, il gusto piccante delle tipicità del Messico. Grazie alla collaborazione con Aic, Associazione italiana celiachia, Fritto Misto dedicherà un’area ai fritti gluten free.

CONSORZI

Ludovici presidente del Prosciutto toscano Cristiano Ludovici è il nuovo presidente del Consorzio prosciutto toscano Dop. Maurizio Ghelli è stato nominato vicepresidente. Nel 1996 il Prosciutto Toscano ha ottenuto la Dop e da quella data può fregiarsi di tale e nome solo il prosciutto prodotto in Toscana seguendo le regole dettate dal disciplinare di produzione che prevede la provenienza delle cosce esclusivamente da suini nati, allevati e macellati in Toscana e in alcune zo regioni limitrofe, l’utilizzo di essenze aromatiche tipiche del territorio toscano e una lunga stagionatura. Il Consorzio ha chiuso il 2012 confermando i buoni risultati degli ultimi anni, soprattutto nel comparto del preaffettato che continua a crescere, segnando un più 4,6 per cento rispetto al 2011.

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FOODVALLEY CIOCCOLATERIE

NEW YORK

Un annullo filatelico per Fabbrica Finocchiaro

Parmacotto delizia Manhattan

Fabb Fabbrica Finocchiaro ha quasi segnato un secolo di storia nelsegn la pasticceria p siciliana e, così, per celebrare i suoi 99 anni, ha lanciato lan un prestigioso annullo filatelico. fila Nella sede della ciocco colateria Fabbrica Finocchiaro di d Giarre (Ct), inserita dal 2005 nella n guida dei Locali storici d’Italia, tra golose creazioni d dolciarie, spiccavano i francobolli da collezione, portati l’occasione da Poste italiane, che per l’occas ha concesso il proprio timbro filatelico su una cartolina ricordo. “L’evento -ha spiegato il titolare, Gaetano Finocchiaro- è stato voluto, soprattutto, per ringraziare e ricordare tutte le maestranze che con le loro mani, il loro cuore e la loro passione hanno contribuito a portare sempre più avanti la storia di Fabbrica Finocchiaro”.

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ACCORDI

Norda distribuisce MG.K Vis

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EVENTI

A Parma va in scena la fiera mondiale della pizza Dal 15 al 17 aprile al centro fieristico di Parma, grazie anche all’accordo con Pizza Expo di Las Vegas, si svolgerà la prima edizione di Pizza world show. L’evento sarà un momento di incontro tra produttori e fornitori di tecnologie e di servizi con la distribuzione specializzata e il mondo horeca, fornendo, così, per i mercati esteri, un’attraente vetrina della produzione italiana. In contemporanea si svolgerà la 22 esima edizione del Campionato mondiale della pizza a cui parteciperanno concorrenti provenienti da oltre 30 Paesi che si cimenteranno in varie specialità: pizza classica, pizza in teglia, pizza napoletana e pizza senza glutine. In fiera, anche Birra Nostra, un’area dedicata ai microbirrifici artigianali italiani.

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ALUMERIA ROSI PARMACOTTO, negozio e ristorante sono i due nuovi indirizzi gourmand a New York. Salumeria Rosi Parmacotto. Il Ristorante, in una suggestiva scenografia che rievoca l’Impero romano, propone un menu ricco di specialità tipiche firmate dallo chef Cesare Casella, come il Polpo, la Ribollita, il Pasticcio all’Amatriciana, ispirato alle classiche lasagne “arricchite” dai salumi Parmacotto, e l’Ossobuco. Alla Salumeria Rosi Parmacotto, invece, in un ambiente che ricorda la stiva di una nave, si gustano appetitosi assaggi culinari, dai Matuffi, preparati con polenta, ragù e pecorino romano, alla salsiccia handmade, con finocchio, aglio e spezie, servita con fagioli e pomodori ma, soprattutto, i salumi Parmacotto e il Prosciutto stagionato toscano Dop, una novità per gli Stati Uniti.

razie a un accordo stipulato con Poolpharma, Norda distribuisce la versione pronta da bere del noto idrosalino energetico MG.K Vis (integratore alimentare di magnesio con L-carnitina e potassio). L’integratore sarà così commercializzato nel canale moderno, a grossisti e distributori, nonché a centri sportivi, palestre, fitness center e nel vending. L’azienda della famiglia Pessina si occuperà anche della produzione dell’integratore nello stabilimento di Primaluna (Lecco), con un impianto dotato di tecnologia in “asettico” (18 mila bottiglie all’ora) dedicato all’imbottigliamento di bevande piatte che Norda ha installato a fine 2009. MG. K Vis pronto da bere è disponibile in bottiglie da 50 centilitri nella versione Arancio e Lemonade. Originale e funzionale l’etichetta sleeve che richiama i colori e le cromie del marchio.

ACETO

I love balsamico

L’

Acetaia Malpighi racchiude il prezioso aceto balsamico, frutto di una sapienza secolare tramandata da generazioni nella famiglia modenese, in una bottiglia quadrata dal design estremamente personalizzato, caratterizzandola con un’etichetta sulla quale è incisa la dichiarazione d’amore per il proprio prodotto: I Love Balsamico. Da sempre il cuore di Malpighi pulsa per il balsamico. Un legame che parte dalla terra e che ha il colore rosso della passione, quella di chi produce un aceto che matura in botti piccole di legni diversi -nell’ordine: rovere, castagno, ciliegio, frassino e gelso- a file sovrapposte una per ogni annata. Come è tradizione, ogni anno parte del contenuto di ogni botticella viene travasato nei contenitori della fila sottostante senza aggiunta di aromi artificiali.


A

CONCORSI

DESSERT

Cercasi il miglior piatto alle nocciole

Nuovi gusti e immagine per la Gelateria Callipo

AA cercasi cuochi che cucinino piatti il cui ingrediente fondamentale sia la nocciola. Sono, infatti, aperte le iscrizioni al secondo concorso Il miglior piatto alle nocciole d’Italia 2013, che si terrà a Cortemilia (Cn), considerata la capitale mondiale della nocciola, giugno, in occasione il 24 g della 2ª edizione di AltaLanga Qualità, fiera del tartufo nero e dei prodotti tipici del territoQua rio. Protagonista, naturalmente, la Nocciola Piemonte Igp, universalmente riconosciuta come la migliore al mondo, uni grazie alle sue caratteristiche qualitative e organolettiche gra che la rendono anche particolarmente versatile in cucina, ch ne nei tradizionali dolci o in primi e in secondi più creativi e innovativi. I cuochi in gara si cimenteranno, così, v ccon un ingrediente naturale e poliedrico. Il comitato organizzatore è costituito dal Comune di Cortemilia, o dall’Ente Fiera della Nocciola e da Food&Beverage, con il patrocinio della Regione Piemonte. La giuria, composta da giornali giornalisti esperti di enogastronomia e di ristorazione, assegnerà cinque premi, uno per ogni categoria in concorso -antipasti freddi, antipasti caldi, primi, secondi di pesce e secondi di carne-, ma ci sarà anche un vincitore assoluto. Le iscrizioni si chiudono il 15 maggio. Per informazioni: redazione@foodandbev.it.

La Gelateria Callipo ha lanciato due nuovi gusti in vaschetta quadrata da 500 grammi: vaniglia e fragola italiana. Nel segmento monoporzione, inoltre, è disponibile anche La Cassata, crema gelato guarnita con frutta candita e gocce di cioccolato e ricoperta da un semifreddo al pistacchio. È stata anche rinnovata l’immagine di alcune linee dell’azienda di Pizzo Calabro (Vv), distribuite nella Gdo: le nuove vaschette evocano la raffinatezza della donna degli anni ’40 e ’50. “Ora abbiamo 50 referenze -puntualizza Giacinto Callipo -La decisione di entrare in questo mercato si spiega anche con le peculiarità del territorio: Pizzo Calabro è nota per il gelato artigianale, con il tartufo in prima linea. E proprio i prodotti più legati alle tradizioni registrano le performance migliori: il gusto noci con fichi di Calabria, ad esempio, è tra i più venduti”.


EVENTI IN OCCASIONE DELLA 7ª EDIZIONE DI S.PELLEGRINO SAPORI TICINO, I MIGLIORI CHEF SVIZZERI APRONO AI COLLEGHI TEDESCHI, TRA I QUALI CINQUE STELLATI, LE CUCINE DEI PIÙ PRESTIGIOSI RISTORANTI E HOTEL DEL CANTONE. UN GEMELLAGGIO CULINARIO TRA DUE IMPORTANTI REALTÀ DELLA GASTRONOMIA INTERNAZIONALE

Berlino in Ticino Frida Parise

D Location d’eccezione, piatti innovativi, vini prestigiosi e convivialità: queste le parole chiave di S.Pellegrino Sapori Ticino, evento che quest’anno ospita accanto ai cuochi ticinesi sette importanti chef berlinesi

a Berlino al Ticino con... sapore. È questo l’obiettivo di S.Pellegrino Sapori Ticino, affermata rassegna enogastronomica giunta alla sua 7ª edizione. Un gemellaggio goloso che lo scorso febbraio ha portato gli chef svizzeri nella capitale tedesca, dove hanno dato prova dell’ecclettismo culinario delle valli ticinesi. Dal 7 aprile al 12 maggio tocca, invece, ai cuochi tedeschi volare in Canton Ticino, per prestigiose cene a più mani. Prima serata il gala al Kurhaus Cademario Hotel & Spa a Cademario, dove lo chef Franco Passoni accoglierà i colleghi ticinesi Ivo Adam, Andrea Bertarini, Antonio Fallini, Marco Ghioldi, Egidio Iadonisi, René Nagy e Dario Ranza. Poi i sette rappresentanti della cucina berlinese, Christian Lohse, Philipp Jay Meisel, Michael Kempf, Hendrik Otto, Matthias Diether, Sonja Frühsammer e Marco Müller, ai fornelli dei più prestigiosi ristoranti e hotel del Ticino, offriranno un assaggio del loro stile culinario. C’è, infatti, chi si divide tra pentole e “provette”, chi non lascia mai la strada della tradizione, chi predilige i sapori mediterranei e chi guarda alla cultura asiatica. Gran finale il 12 maggio, con una cena di gala al Grand Hotel Eden di Lugano. Ma perché proprio Berlino? “Perché il carattere di questa città in qualche modo rispecchia il fermento che sta vivendo il mondo del food. È dinamica, giovanile, estroversa e sempre in movimento”, spiega Dany Stauffacher, ideatore e organizzatore della manifestazione. Con 16 stelle in 13 ristoranti, infatti, Berlino è la nuova Eldorado per i gourmet internazionali, dove, abbandonata la solita carne al curry e il classico stinco, si trovano divagazioni moderne e raffinate della tradizione e ricette più innovative. F B

APPUNTAMENTI

Le serate gourmet • 7 aprile: Ivo Adam, Andrea Bertarini, Antonio Fallini, Marco Ghioldi, Egidio Iadonisi, René Nagy e Dario Ranza ospiti al Kurhaus Cademario Hotel & Spa di Cademario • 14 aprile: Christian Lohse del ristorante Fischers Fritz dell’Hotel Regent Berlin ospite al Villa Principe Leopoldo Hotel&Spa di Lugano • 21 aprile: Philipp Jay Meisel del Die Quadriga dell’Hotel Brandenburger Hof ospite al Villa Orselina di Locarno • 22 aprile: Michael Kempf del Facil del Mandala Hotel ospite al Seven di Ascona • 28 aprile: Hendrik Otto del Lorenz Adlon Esszimer dell’Hotel Adlon Kempinski ospite all’Hotel Splendide Royal di Lugano • 29 aprile: Matthias Diether del First Floor dell’Hotel Palace Berlin ospite al Swiss Diamond Hotel di Vico Morcote • 5 maggio: Sonja Frühsammer del Frühsammers ospite del Conca Bella di Vacallo • 6 maggio: Marco Müller del Wein Bar Rutz ospite a La Perla di Lugano • 12 maggio: Ivo Adam, Andrea Bertarini, Antonio Fallini, Marco Ghioldi, Egidio Iadonisi, René Nagy e Dario Ranza ospiti al Grand Hotel Eden di Lugano


Cantina Tramin sinfonie olfattive dalla culla del Gew端rztraminer Termeno | Alto Adige S端dtirol | Italia

facebook.com/cantinatramin


LODGE&SPA PIEMONTE

Relais Sant’Uffizio, oasi di pace A

ll’inizio di marzo ha riaperto il Relais Sant’Uffizio Wellness & Spa. Da sede monastica a prestigioso hotel di lusso, questo albergo è un’oasi di pace, storia e natura a Cioccaro di Penango (At), immerso nei vigneti del Monferrato. La ricca tradizione enologica piemontese è esaltata dalla cucina de La Locanda, il ristorante guidato dallo chef Danilo Bortolin che crea un menu dal gusto semplice e schietto, legato ai prodotti del territorio, per primi il tartufo bianco e i grandi vini. Non manca l’Aquanatura Spa, circondata dall’antico Parco del Convento, in cui riscoprire l’arte dei monaci nel preparare oli e creme con erbe, fiori e spezie e dove, ispirandosi alla filosofia curativa ed intimistica dei conventi medioevali, si risollevano spirito e corpo.

CAMPANIA

Tramontano all’Excelsior Vittoria

L

uigi Tramontano è il nuovo chef della Terrazza Bosquet, quet, ento ristorante del Grand Hotel Excelsior Vittoria di Sorrento na e (Na), prestigioso albergo della costiera sorrentina alle amalfitana. Originario della Campania e con alle spalle so esperienze in Italia, come al bistellato Don Alfonso o, 1890 di Sant’Agata sui due Golfi (Na), e all’estero, a Tramontano porta con sé una cucina mediterranea d’autore miscelando con vivacità gli ingredientii tipici della tradizione locale e nazionale. Con il nuovo executive chef, la famiglia Fiorentino, che gestisce da 180 anni l’Excelsior Vittoria, continua la sua strategia di sviluppo nella ristorazione affidandosi a giovani talenti italiani.

PUGLIA

Soggiorni nell’arte a Suite68

E

nogastronomia, cultura e benessere sono le tre nuove proposte di “Soggiorni d’autore”ideate da Suite68, raffinato bed & breakfast nato nel 2007 nel cuore del centro storico di Lecce: qui, artisti e artigiani salentini, capaci di attualizzare i materiali tradizionali, come legno, ferro, vetro e cartapesta, mettono in mostra le loro opere nelle sei camere e negli spazi comuni. Un’occasione unica per soggiornare in un palazzo di fine Settecento e per andare alla scoperta del vino, dell’olio e delle produzioni tipiche nei luoghi in cui nascono, per visitare le bellezze dei dintorni, da Lecce al borgo di Acaya, da Otranto a Gallipoli, e per godere di trattamenti benessere a base di prodotti locali. O, semplicemente, per rilassarsi sulle terrazze di Suite68 che si affacciano sui tetti e sulle chiese della Lecce barocca.

MAROCCO

TRENTINO

Louvre Hotels si espande con il marchio Golden Tulip

Al Corona Dolomites benessere after ski

Il Gruppo francese Louvre Hotels Group, leader nel mercato dell’ospitalità, con oltre 1.100 alberghi, da 1 a 5 stelle, in 42 Paesi, ha stretto una nuova partnership con il Gruppo marocchino Ynna Holding. Louvre Hotels Group rileverà i 12 alberghi della catena Ryad Mogador Hotels, che diventeranno Mogador Hotels by Tulip Inn, Golden Tulip e Royal Tulip, garantendo varie tipologie di soggiorni, qualità nella cucina locale e internazionale, trattamenti benessere e offerte per gli ospiti. Grazie a questo accordo, il Louvre Hotels Group diventa il primo fra i gruppi alberghieri in Marocco, con circa 4.600 camere cui se ne aggiungeranno altre 1.600.

Il Corona Dolomites Hotel di Andalo (Tn) ha da poco inaugurato la sua spa. Un’oasi di 700 metri quadrati realizzata con materiali naturali con una piscina interna, una interna che si prolunga verso l’esterno, con vista sulle cime delle Dolomiti di Brenta, il solarium e la zona umida in cui rigenerarsi tra sauna finlandese, se, biosauna, bagno turco, docce sensoriali e fontantana di ghiaccio. Inoltre, il ristorante dell’hotel, con il suo chef Mattia Dallavalle, propone ricette della tradizione trentina e piatti per celiaci.

24 | FOOD&BEVERAGE APRILE 2013


MILANO

Claudio Ceccherelli lascia il Park Hyatt

D

opo 10 anni di direzione, Claudio Ceccherelli lascia il Park Hyatt Milano per guidare il nuovo Grand Hyatt Cannes Hotel Martinez. A sostituirlo arriva da Parigi il 38 enne spagnolo Gorka Bergareche, che ricopriva l’incarico di hotel manager al prestigioso Park Hyatt ParisarisVendôme dal 2008. Questo avvicendamento cade ade in occasione del decennale del Park Hyatt Milano. no. Era, infatti, il 2003 quando Ceccherelli lo inaugugurò, portandolo poi negli anni a vincere numerosi osi premi internazionali: “Durante la mia carriera ra ho avuto l’opportunità di lavorare in bellissime e strutture, ma la sfida e l’emozione di aprire un n albergo come il Park Hyatt Milano insieme a splendidi collaboratori che mi hanno seguito per dieci anni, contribuendone al successo, rimarranno per sempre vivi nel mio cuore”.

ISCHIA

Palamaro, stella del Regina Isabella

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ll’ALBERGO DELLA REGINA ISABELLA RESORT AND HEALTH SPA di Ischia (Na) oltre a godere dei benefici delle acque termali, che rinnovano il corpo, donando bellezza e armonia, si può gustare un menu di alto livello. Pasquale Palamaro, chef di Indaco, il ristorante dell’albergo, inaugurato nel 2009, ha recentemente ricevuto la stella Michelin per la sua cucina moderna e creativa, protesa alla ricerca di nuove tecniche e materie prime, che gli consentono di esprimere al meglio i sapori e i colori della Campania. Ingredienti base per le sue ricette sono il pesce e le verdure che coltiva con passione nel suo orto che spesso fa visitare agli ospiti per degustare qualche primizia di stagione sotto il cielo della costa ischitana.

ALTO ADIGE

Temporary suite nel container per il Laurin

L’

hotel LAURIN di Bolzano ha riaperto la Suite@Paradeis, la speciale suite nella tenuta Lageder a Magrè (Bz). Un buen retiro immerso nei vigneti altoatesini e realizzato trasformando due semplici container industriali in una residenza a 4 stelle. Progettata dall’artista locale Claudia Barcheri, la suite è stata inserita nella lista degli Unusual Hotels of the World. Qui si può godere di un’atmosfera di grande tranquillità senza trascurare e raffinatezza e comfort. Aperta otto mesi all’anno, è ideale per chi vuole staccarsi dal caos quotidiano e rilassarsi in un ambiente incontaminato e di charme. Nella tenuta Lageder si possono fare passeggiate a piedi o in n bicicletta e degustare i piatti tipici nella a Weinschenke Vineria Paradeis.

EMILIA ROMAGNA

Hotel Sport & Residenza il mare a portata di mano L’Hotel Sport & Residenza, del Gruppo Ricci HotelsFamily Resort, a Cesenatico (Fc) incarna pienamente lo spirito della Romagna. Tra i plus dell’albergo il grande parco piscina, una sorta di appendice del mare, e la spiaggia esclusiva. In tavola i sapori del territorio -i vini e l’olio provengono dalla Fattoria, un cascinale dell’Ottocentoe le ricette romagnole, a base di pasta fatta in casa e pesce azzurro dell’Adriatico, senza dimenticare, naturalmente, la piadina. Come suggerisce il nome, qui, oltre al relax, si possono praticare diversi sport, dal tai chi all’aerobica, passando per le gite in bicicletta lungo il Rubicone.

MALDIVE

Atmosfere da favola al The Residence Al The Residence Maldives di Falhumaafushi, un’isola ancora incontaminata di Gaafu Alifu, tra i più grandi atolli del mondo, lo standard di lusso è stato ulteriormente potenziato con sistemazioni sofisticate, una cucina ancora più raffinata e la presenza di un maggiordomo personale. Le 94 ville private, dallo stile moderno e classico, che si aprono sul mare, sono caratterizzate da opere d’arte locali e dotate di ogni comfort. Oltre alla spa, che offre trattamenti olistici personalizzati, il residence dispone di un’ampia biblioteca con libri, dvd e cd. Circondato da una fauna incontaminata, il The Residence Maldives offre una vacanza da sogno.

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BUSINESSNEWS LEADER

Vino: l’Italia scricchiola negli Usa L’

Italia perde terreno nelle esportazioni in Usa, ma rimane comunque punto di riferimento per i wine lovers americani. Questo, in sostanza, è quanto risulta dall’Italian wine and food institute di New York. q Conti Continua, infatti, il trend negativo del vino italiano negli Stati Uniti, che nel n 2012 ha registrato una contrazione dello 0,7% in quantità, con circa 2 milioni e 490 mila ettolitri rispetto ai quasi 2 milioni e 510 mila ettolitri del 2011. In valore, si parla di un decremento del 3,2%, 3,2% che equivale a quasi 935 milioni di euro del 2012, rispetto ai circa circ 965 milioni di euro dell’anno precedente. Nonostante tutto, l’Italia, che assieme ad Australia, Argentina e Cile si spartisce un l’It mercato m da oltre 10 milioni e 260 mila ettolitri, ha una quota di d mercato del 24,3% in quantità e del 31,4% in valore. Queste percentuali sono sì inferiori rispetto al 2011, ma l’Australia, p che costituisce il principale competitor dell’Italia, si ferma a una quota di mercato in quantità del 19,2% e del 12% 1 in valore, con una crescita rispettivamente te del 13 13,4% 4% e una flessione dell’1,7%, segno che i produttori ri e australiani puntano a contenere i prezzi per guadagnare terreno. Molto positivo è stato, invece, l’andamento dell mercato degli spumanti nel quale deteniamo il primato delle esportazioni con quasi 318 mila ettolitri, per un valore di 145 milioni di euro, con un incremento del 10,2% in quantità e del 5,6% in valore. “L’andamento e negativo delle esportazioni vinicole italiane all’interno di un mercato di grande potenzialità è dovuto a una perdita di notorietà del grande vino italiano -spiega Lucio Caputo, presidente dell’Italian wine and food institute, nella foto- È necessario, pertanto,, investire sull’immagine e promuovere ill vino a qualità”. italiano quale prodotto di grandissima

BILANCI

Ricavi in crescita per Marr arr, società nella distribuzione al M food service del Gruppo Cremonini con LEADER

oltre 38 mila clienti (ristoranti, alberghi, villaggi turistici e mense), ha chiuso il 2012 con ricavi totali consolidati di 1 miliardo e 260 milioni di euro, con un aumento di circa 11 milioni di euro, pari allo 0,9% in più rispetto al 2011. L’utile netto consolidato è stato di 48,9 milioni di euro rispetto ai 49,6 dell’anno precedente, e l’Ebitda si è assestato a 90,1 milioni di euro rispetto ai 91,8 del 2011. Bene le vendite ai clienti della ristorazione commerciale e collettiva, che hanno registrato un aumento del 2,1%. In particolare, la ristorazione, con 1 miliardo e 5,7 milioni di euro, ha incrementato di oltre 20 milioni le entrate rispetto al 2011. Nello specifico, sono cresciuti tutti i tre settori di riferimento: street market (ristoranti e hotel non appartenenti a gruppi), national account (operatori della ristorazione commerciale strutturata e collettiva) e wholesale (vendite a grossisti).

UTILI

FATTURATI

Risultati positivi per Campari

Il Prosecco Valdo vola in Italia e all’estero

Gli Stati Uniti hanno contribuito in larga misura ai risultati positivi del Gruppo Campari ottenuti nel 2012. Con oltre un miliardo e 340 milioni di euro di vendite, Campari è cresciuta del 5,2% rispetto al 2011 con un utile netto di 156,7 milioni di euro. Le vendite nell’area Americhe, pari al 34,7% del totale, hanno registrato un incremento complessivo dell’8,8%, determinato da una variazione organica positiva del 5,6%. Il mercato italiano, invece, le cui vendite sono pari al 29,2%, ha registrato una flessione del 2,9%. Il resto dell’Europa, che vale il 25,8% delle vendite, ha stabilito, al contrario, una crescita del 5,3%, con la Russia al comando con un incremento superiore al 50%.

Valdo ha chiuso il 2012 con un fatturato che cresce del 6% e raggiunge quota 40,4 milioni dii euro con 10,3 milioni di bottiglie vendute nel mondo, registrando un aumento del 12% sul 2011, di cui 8,8 milioni di Doc e Docg. Bene anche il mercato interno con un incremento a valore del 4,8%. In particolare nel segmento dello spumante secco, l’azienda di Valdobbiadene ne (Tv) cresce del 2,3% mantenendo una quota del 9,7% a volume. Tra i Prosecco, invece, il Marca Oro Spumante Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry incrementa dello 0,8% con 1,9 milioni di bottiglie vendute in Italia e 4,7 milioni nel mondo. Nella foto, il presidente Pierluigi Bolla.

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INSACCATI

Il Cacciatore si fa onore

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el 2012, secondo il Consorzio Cacciatore, sono stati prodotti circa 12 milioni e 500 mila Salamini italiani alla Cacciatora, per un totale di 3 milioni e 650 mila chilogrammi e un giro d’affari alla mili pro produzione di 30 milioni di euro, facendo registrare una un crescita del 9%. Anche l’export dà grandi soddisfazioni con una stima di 400 mila chili destinati ai sfa diversi di mercati. Numeri rassicuranti, quindi, per un prodotto che tra i salami tutelati a Denominazione p di d origine protetta (Dop), e Indicazione geografica protetta (Igp), si conferma al primo posto, rappresentando il 65% della produzione e il 26% delle vendite complessive di salamini. Tra le chiavi del successo del comp c Cacciatore vi è la sua caratteristica praticità d’uso: è infatti uno dei pochi salumi che si prestano a essere consumati come snack.

Vinitaly dal 7 al 10 Aprile Padiglione 7 Stand F4

BOLLICINE

Ottime performance per il Franciacorta

L

a crisi c’è, ma non per il Franciacorta, a quanto pare. Questo vino, infatti, consolida la sua posizione con una performance nel 2012 che ha fatto registrare una crescita dei volumi del 25% rispetto al 2011. Il valore al consumo è di 270 milioni di euro per quasi 14 milioni di bottiglie vendute, con un prezzo medio a bottiglia di 19,41 euro. Sul mercato, inoltre, la domanda ha espresso un consenso crescente verso il Rosé, con un incremento del 50%, e il Satèn. Aumentano le vendite nel Centro Italia, in particolare Lazio e Campania; il Nord trascina sempre con un più 19%. Bene l’estero (+8%), con il Giappone che tira, seguito da Germania, Svizzera e Nord America.

LATTICINI

Un buon 2012 per Granarolo

I

ricavi consolidati delle vendite del Gruppo Granarolo hanno raggiunto 922,6 milioni di euro, in aumento del 8,7% (+73,9 milioni di euro rispetto al 2011), grazie soprattutto allo sviluppo delle vendite di Latticini Italia e da Casearia Podda, operativa da luglio 2012. L’Ebitda, quantificato in 60,1 milioni di euro, è in linea con i valori del 2011 (59,9 milioni di euro), così come l’Ebit cresce di poco rispetto al 2011 arrivando a 27,2 milioni milio di euro. Il risultato netto del Gruppo è pari a 11,5 milioni di euro rispetto ai 10,9 10, milioni del 2011, con una crescita del 5,5%, 5,5 mentre per Granarolo il netto è di 11,6 11 milioni di euro. Il patrimonio netto consolidato si attesta sui 182,4 milioni co di d euro contro i 175,8 del 2011, per la gioia degli azionisti che si spartiranno g dividendi per 4,6 milioni di euro.

www.canevel.it


ILMONDOINPENTOLA

Ezio Gritti apre a Bali Seminyak. Le voci di corridoio davano a breve la chiusura del ristorante stellato L’Osteria di via Solata, a Bergamo: invece, il cuoco Ezio Gritti smentisce tutti e, unico italiano, prima presenzia al Festival Culinario Bernard Loiseau al Constance Belle Mare Plage alle isole Mauritius, poi apre un nuovo ristorante, mantenendo mante la sua insegna bergamasca. Ma il nuovo indirizzo no non è in Italia, bensì nell’esotica Bali. A Seminyak, a fine luglio, luglio si inaugurano i 50 coperti de Il Sole, Italian Restaurant by Ezio E Gritti. Un progetto ambizioso in un’isola vergine di cucine c del Belpaese e in un periodo dell’anno ricco di avvenimenti, nei quali, probabilmente, Gritti sarà coinvolto avv per pe proporre la sua cucina. Si parla dell’edizione di Miss M Mondo a settembre e del G20 di novembre, entrambi p previsti proprio sull’isola di Bali. Un’esperienza nuova e entusiasmante, che ha anche l’ambizione di portare ed esempi di cucina territoriale e regionale all’attenzione di un turismo d’élite. (g.s.)

Arcangelo Gioia arriva a Lugano Lugano. Nuova avventura al Resort Collina d’Oro di Agra (Lugano) per il promettente e giovane cuoco Arcangelo Gioia, nato in Germania ma di origini italiane. Con un background che lo ha portato prima da Antonella Ricci Al Fornello da Ricci, a Ceglie Messapica (Br), da Stefano Baiocco a Villa Feltrinelli a Gargnano (Bs), e da Fulvio Pierangelini al Gambero Rosso di San Vincenzo (Li), ma anche a maturare importanti esperienze all’estero, tra Stati Uniti e Australia, ora Gioia si riavvicina ai confini nazionali approdando ai fornelli del fascinoso resort ticinese. Il vecchio complesso architettonico della Deutsches Haus, acquistato una decina di anni fa da Silvio Tarchini e reinventato da Ettore Mocchetti, punta sulla cucina italiana e sullo stile mediterraneo. Arcangelo Gioia, in questo senso, è partito con il piede giusto e ha già iniziato ad allestire un suo orto biologico con l’idea di coltivare specie rare e riscoprire antichi sapori. (g.s.) 28 | FOOD&BEVERAGE APRILE 2013

La passione italiana di José Avillez Lisbona. José Avillez è uno dei pochi cuochi davvero illuminati presenti sulla scena lusitana. Nel giro di un anno e mezzo ha inaugurato prima il Cantinho do Avillez, delizioso tapas bar alla portoghese per una clientela dinamica, fresca e giovane. Poi ha aperto il Belcanto, ristorante da fine dining che ha ricevuto nel 2012 la stella Michelin e che, ormai, è avviato sulla strada della consacrazione come miglior tavola di Lisbona e una delle più intraprendenti e originali dell’intero Portogallo. Infine, ha aperto una pizzeria a due passi dal Cantinho. Anzi, una pizzaria che ha, giustamente, chiamato Lisboa, ma che conserva i canoni di una pizzeria tipicamente italiana. Un modo per differenziare la sua offerta e per incuriosire una clientela ormai affezionata. (g.s)

Un pub english style per Frantzén e Lindeberg Stoccolma. Il duo Björn Frantzén e Daniel Lindeberg ha iniziato il 2013 con una novità che sta già animando la scena gourmet svedese. Oltre a proseguire nel Frantzén/Lindeberg, ristorante bistellato per pochi intimi, considerato tra i migliori locali scandinavi, ora, con una mossa a sorpresa, ha inaugurato, sempre nell’isola centrale di Gamla Stan di Stoccolma, un delizioso gastro pub all’inglese chiamato The Flying Elk, ovvero l’alce volante. Qui la cucina è più diretta ed easy, così come l’ambiente, ma mantiene sempre la filosofia singolare della coppia di cuochi, anche quando questi si spingono a interpretare la tradizione d’Oltremanica. È una bella iniziativa per diversificare l’offerta, che dà l’opportunità di sfiorare lo stile dei due chef che, nel ristorante principale, ora al ventesimo posto tra i migliori al mondo, proseguono nel segno della sperimentazione.(g.s.)

Geoffrey Zakarian prende il largo Miami. Geoffrey Zakarian aprirà il ristorante Ocean Bluee by weGeoffrey Zakarian, sulla nuova nave della compagnia Norwegian Getaway che sarà impegnata tutto l’anno in crociere nei rà Caraibi orientali in partenza da Miami. Il ristorante porterà a bordo un’esperienza culinaria di lusso basata sulle spe-e cialità di mare, avvalendosi di tutti gli ingredienti e delle tecniche che Zakarian utilizza nei suoi ristoranti cittadini, in tre diversi punti di ristoro: l’Ocean Blue, l’Ocean Blue sul ponte The Waterfront, il “lungomare” della nave, un ristorante più informale, e il Raw Bar, specializzato in crostacei e vini al calice. Zakarian, in alcune crociere selezionate, farà anche dimostrazioni di cucina dal vivo e offrirà esperienze culinarie a piccoli gruppi di ospiti.



DA VITTORIO CON LUNGIMIRANZA E DEDIZIONE AL LAVORO LA FAMIGLIA BERGAMASCA HA CREATO UN’IMPRESA DI RISTORAZIONE D’ECCELLENZA CHE VA BEN OLTRE IL TRISTELLATO DA VITTORIO. IL LORO CATERING, UN VERO PRÊT-À-PORTER GASTRONOMICO, È UN ESEMPIO DI GRANDE IMPRENDITORIALITÀ CHE FRANCESCO, ENRICO E ROBERTO SEGUONO PERSONALMENTE CON UNA SQUADRA AFFIATATA DI COLLABORATORI

Noi, i Cerea Barbara Amati

I Francesco Cerea, vulcanico organizzatore, si occupa quasi esclusivamente del catering Da Vittorio, in Italia e all’estero, e della cantina: appassionato di vini, produce un ottimo rosso bordolese, Faber. Sotto, Spaghettini di tonno

l 19 ottobre 2000 il ristorante Da Vittorio fu chiamato al Palazzo del governo di Milano per preparare il banchetto per un’ospite d’onore d’eccezione: la Regina Elisabetta d’Inghilterra. Fu una sorta di investitura pubblica e istituzionale per la famiglia Cerea: in una Milano in cui certo non scarseggiavano cuochi stellati di grande prestigio e di indiscussa professionalità, si decise che all’altezza della Regina fossero solo i fratelli di Bergamo che, al tempo, non avevano ancora ricevuto la terza stella Michelin, che arrivò nel 2009. Ma se parlate con Enrico, Roberto e Francesco non troverete traccia dell’orgoglio che, sicuramente, devono aver provato per questa dimostrazione di grande imprenditorialità. Francesco, vulcanico organizzatore che si occupa quasi esclusivamente del catering Da Vittorio, ricorda di essere stato chiamato per “servire” la Regina, seguendo un cerimoniale certamente non semplice e non usuale. Da quel pranzo in poi è stato tutto un crescendo per il catering Da Vittorio che vanta l’organizzazione di eventi e consulenze illustri in Europa e nei Paesi più lontani, da Hong Kong a New York, passando per Parigi e Londra, per Los Angeles e Abu Dhabi, fino all’ultima importante realtà, quella della prima insegna Da Vit-

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torio al Carlton Hotel di St. Moritz, dal 14 dicembre a Pasqua, dove si sono alternati gli chef Enrico e Roberto, coadiuvati da un maître e da un sommelier oltre che da una squadra di affiatati collaboratori: “Una bellissima vetrina del Da Vittorio, l’esordio della prima insegna fissa, fuori dell’Italia, seppur per un periodo limitato, grazie alla quale siamo entrati in un circuito internazionale”, sottolinea Francesco Cerea. Una famiglia, un gruppo. Così si definiscono i Cerea, e chiacchierando con ognuno di loro ricorrono le stesse parole e lo stesso sentimento: la solidarietà, l’unione. Il papà Vittorio è un ricordo costante e la mamma Bruna, che ha compiuto gli anni nel giorno della nostra intervista, affettuosamente chiamata “la presidente”, è colei che è riuscita nel tempo a tenere uniti i fratelli nelle diverse attività di famiglia che negli anni si sono ampliate tanto da rappresentare una realtà unica nel panorama gastronomico del nostro Paese. Vittorio, fondatore nel 1966 dell’omonimo ristorante nel cuore di Bergamo, che si guadagnò la prima stella nel 1970 e nel 1996 la seconda, mancato nel 2005, fece appena in tempo a vivere l’apertura della nuova realtà Da Vittorio Relais & Châteaux, a Brusaporto, a


una manciata di chilometri dalla città, immersa in un ambiente di grande fascino, bucolico e rilassante, e a intuirne le potenzialità. A capire che ciò che stavano costruendo i suoi figli avrebbe consentito di far crescere l’attività in più direzioni con i giusti spazi e una squadra allargata di collaboratori. Una macchina ben oliata, quella dei Cerea, quasi una macchina da guerra, verrebbe da dire, in un mondo come l’attuale dove si deve combattere per emergere ma dove conta, più di tutto, essere i più professionali e i più determinati nell’adeguarsi ai cambiamenti e nell’interpretare le esigenze e i desideri della clientela. Con chiunque parliate dei Cerea gli unici commenti che raccoglierete saranno parole di ammirazione. Ammirazione per essere riusciti ad arrivare a tanto, con impegno, con fatica, senza risparmiarsi. “Tanto”, significa due capisaldi: il ristorante tristellato Da Vittorio, la cui cucina si definisce “Tradizione lombarda e genio creativo”; e un catering d’alto livello (ça va sans dire), un vero prêt-à-porter gastronomico: ad essi si affiancano la Dimora, locanda di charme con una decina di camere, di romantica eleganza, la Scuola di cucina, la Pasticceria Cavour 1880 a Bergamo Alta, la Cantalupa, struttura specializzata in banchetti ed eventi che può ospitare fino a 300 persone, la regalistica Da Vittorio in vendita online (www.davittorio.com), con esclusive specialità alimentari prodotte “in casa” spedite in tutto il mondo e che saranno presto inserite anche in negozi selezionati. “Negli ultimi quattro, cinque anni abbiamo sviluppato nuove attività dando maggiore visibilità al marchio Da Vittorio -riassume Francesco, responsabile anche della gestione della cantina e dei vini- portando la nostra ristorazione all’esterno posizionandoci in contesti d’eccellenza, per valorizzare la nostra professionalità e il nostro FOOD&BEVERAGE APRILE 2013 | 31


DA VITTORIO

Rossella, che gestisce il ristorante e l’ospitalità della Dimora, e Francesco nel bar attiguo al ristorante: il caffè servito è sempre firmato Lavazza, di soddisfazione per una clientela che ricerca l’eccellenza in ogni particolare. Tra i dessert, piccole dolcezze e il Mini magnum

fiuto imprenditoriale”. Così, oggi il gruppo si è allargato con collaboratori che condividono il modo di vivere dei Cerea, una vita votata al lavoro e all’eccellenza sotto ogni forma. “Non è facile, ma c’è un rispetto fondamentale tra noi e questo ci consolida sempre di più. La nostra forza è proprio nella famiglia, come ci muoviamo e come ci alterniamo per rispondere ai vari impegni, una formula vincente che ci ha permesso di crescere anno dopo anno -continua l’imprenditore- Mia madre Bruna è una donna che sa capire tutti i momenti e tutte le situazioni, ma soprattutto sa valorizzare ciò che ognuno di noi ha da dare. Papà ci ha donato una grandissima eredità che è quella lavorativa: la realtà Da Vittorio oggi è l’evoluzione di ciò che lui ci ha

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lasciato, ma ciò di cui andiamo maggiormente fieri è che ci ha insegnato come si deve lavorare, il rispetto per le materie prime, per le persone che collaborano con noi e l’umiltà verso i clienti”. Dei cinque fratelli Rossella è la più giovane, prima di lei ci sono Barbara, Francesco, Roberto ed Enrico. “La nostra evoluzione è partita da un compromesso: ognuno di noi rappresenta un tassello importante, collaboriamo e ci confrontiamo continuamente. Se non ci fosse Rossella che si occupa del ristorante e del Relais & Châteaux io non potrei impegnarmi così tanto all’esterno -spiega Francesco- Chicco e Bobo si alternano in cucina: se uno sta al ristorante, l’altro segue il catering; Barbara, insieme a mia moglie Paola, si occupa della Pasticceria Cavour, e suo marito Simone Finazzi è capo pasticcere Da Vittorio e gestisce tutto il servizio esterno dei dolci; il marito di Rossella, Paolo Rota, è il braccio destro dei miei fratelli”. Rossella, uno charme e una gentilezza innate come la mamma, gestisce insieme a lei tutta la struttura, dall’accoglienza al ristorante all’ospitalità. “La figura in sala è importante per fare da tramite con la cucina -precisa- se arriva l’input giusto dalla sala per i cuochi risulta più facile elaborare il piatto e accontentare il cliente, anche perché ultimamente molti non sanno bene cosa vogliono e vanno consigliati al meglio. Alcuni vengono con le idee chiare, decisi ad assaggiare i piatti di cui sentono parlare e che sono quelli della tradizione, che abbiamo in carta da moltissimi anni e sono sempre i più richiesti. Abbiamo una clientela internazionale che arriva da tutto il mondo e si ferma più giorni. Ma gestire un tre stelle Michelin oggi è molto impegnativo per tutto ciò che c’è dietro: dal fiore che deve essere quello giusto nel posto giusto, al servizio in camera 24 ore su 24 e l’elevata qualità del servizio deve essere costante”. Tuttavia, oggi, per i Cerea, il lavoro più impegnativo è quello del catering Da Vittorio, un settore nel


quale sono stati pionieri, come ricorda Francesco: “Trent’anni fa tanti ristoratori erano critici, perché non era consono a un ristorante stellato occuparsi di catering. Invece i tempi ci hanno dato ragione e ora lo propongono in molti. Dalla pianificazione allo svolgimento del servizio, è sempre una nuova sfida, perché ci sono contesti diversi, con problematiche nuove, dove la cucina è importante ma un buon 50 per cento è costituito dal ’contorno’. È un tipo di lavoro diverso da quello del ristoratore che aspetta il cliente e riesce a soddisfarlo perché offre ciò che ha già in casa. Fuori, invece, occorre inventarsi un po’ tutto e oggi devi essere ancora più bravo e più preparato di ieri, perché devi riuscire a far risparmiare il cliente pur mantenendo una qualità elevata. Soprattutto in momenti come questi in cui il lavoro si è ridimensionato e i prezzi sono calati: ma la qualità il cliente la riconosce ed è disposto a pagarla. “La nostra intuizione -continua l’imprenditore- è stata quella di capire che la cucina, anche trasportata all’esterno, poteva dare delle grandissime soddisfazioni, riuscendo nelle varie situazioni a trovare un compromesso per cui il cibo, il bere e un buon caffè a fine pasto possono dare risultati eccellenti. Come al ristorante, anche per il catering serviamo Lavazza, un caffè che piace perché è autentico. Uno dei pregi di Lavazza è che, a differenza di altri, anche con i grandi numeri consente di offrire sempre un prodotto di qualità costante e che fa parte del vissuto degli italiani”. “La qualità del caffè è importante-gli fa eco Rossella- Ormai lo bevono tutti. Anni fa l’americano voleva il caffè all’americana, appunto, oggi invece tutti scelgono l’espresso, anche gli stranieri. Terminare un pranzo con un buon caffè è indispensabile, soprattutto per gli italiani; per gli stranieri è una scoperta alla quale poi non vogliono più rinunciare”. Non

per niente Lavazza è il caffè più amato ama ato dall’alta ristorazione, grazie anche e a una un na spiccata vocazione per l’innovazione azion ne che ha portato l’azienda a creare are la a prima divisione dedicata alla speriperi-mentazione sul prodotto. E Lavazza azza a e la famiglia Cerea condividono o gli stessi ideali di eccellenza, tradizione, ne, creatività che ne hanno decretato ato il successo. he “Quando abbiamo compreso che e tanti clienti si potevano permettere di avere un Da Vittorio a casa loro,, a Londra o a Parigi, ad esempio, abbiamo deciso di viaggiare noi per il cliente, non era più il cliente che viaggiava per venire da noi -continua Francesco- E questo concetto è importante per capire l’evoluzione di tanti chef hef internazionali che hanno compreso, mpreso, da un lato, che il ristorante o il bistrot non erano più sufficienti a coprire i costi di un locale stellato e, dall’altro, che era possibile puntare sul loro nome e sulla loro cucina per valorizzare altri contesti, come hanno fatto tra i primi Joël Robuchon e Alain Ducasse, ma anche Arrigo Cipriani”. Nei servizi esterni ci si trova ad affrontare mille complicazioni, ci si deve adattare alle

Il Relais & Châteaux Da Vittorio, a Brusaporto: una realtà di grande fascino. In alto, la mamma Bruna circondata dai figli: da sinistra, Francesco, Rossella, Enrico, Roberto e Barbara

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DA VITTORIO

Enrico e Roberto con Paolo Rota, braccio destro degli chef. A destra, un particolare della cantina, un ambiente prezioso e suggestivo. Sotto, Pinzimonio di verdure con sorbetto al ginger lemon e palline ghiacciate al Bloody Mary e il Raviolo con pomodoro fresco

diverse situazioni, non sempre adeguate (le cucine, ad esempio) e si deve improvvisare, risolvere sul posto, inventare una location flessibile ma che deve funzionare al 100 per cento. “Ma dopo 30 anni siamo in grado di affrontare e risolvere qualsiasi problema, anche se c’è sempre qualcosa di nuovo da impararecommenta Francesco- Nel catering sono importantissimi la tempistica, la logistica, il personale e il food, che diventa l’elemento determinante nel momento in cui c’è una cucina espressa e allora è importante la professionalità dello chef. Tutto è partito da una grande cucina, e Chicco e Bobo sono stati bravi nel farla crescere con un’offerta di eccellenza aperta ai nuovi stimoli”. “La cucina Da Vittorio è un’esperienza che definirei goduriosa”, esordisce Enrico Cerea. Una cucina

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in continua evoluzione “e questo è il bello, perché devi aggiornarti pur mantenendo i tuoi sapori e la tua filosofia. Ogni cucina ha una propria etichetta, ma un cuoco avveduto deve comunque stare al passo con i tempi. Io trovo che la mia sia una cucina di palato, che dà emozione e che invoglia a tornare ad assaggiarla. A me piace cucinare tutto, ma dipende un po’ da giornata a giornata. Direi, però, che la nostra firma sono senz’altro il Gran fritto misto, gli Scampi al vapore con la maionese leggera e il limone candito, i Paccheri alla Vittorio, con il pomodoro fresco e il grana grattugiato grosso, lavorati al tavolo, e il nostro buffet di dolci. Da un anno e mezzo c’è anche un nuovo menu, Carta bianca, che cambia una volta al mese, composto da 16 assaggini con 16 ingredienti principali. Il cliente può solo immaginare come sarà il piatto con la piovra, il caviale, gli scampi, piuttosto che la capasanta o l’agnello: un percorso lungo ma equilibrato in cui spesso inseriamo anche ricette sperimentali, per un confronto con chi le assaggia per la prima volta”. C’è molta differenza, dal punto di vista della cucina, tra un buffet e una mise en place? “Sembrerà strano, ma anche con un numero limitato di persone sedute, c’è un impegno maggiore nel servizio che deve essere veloce e nell’organizzazione in sala, perché i piatti devono uscire in contemporanea, ma poi dal punto di vista della cucina è tutto più semplice -risponde Enrico- Invece, nei buffet, è vero che è un continuo sbarazzare tavolini, ma, soprattutto, si richiede un maggior lavoro agli chef, perché i nostri cuochi porzionano, tagliano, impiattano e si deve offrire tutto in contemporanea, quindi alla fine risulta un impegno più difficoltoso”. Da Vittorio ci sono due cucine attigue: una per il relais e una per la banquettistica e il catering che attinge alle ricette e ai prodotti utilizzati dal ristorante: “Il menu cambia in funzione al numero di ospiti, dunque propongo piatti del cui risultato sono sicuro anche per un numero elevato di persone, pur non cucinando nella mia cucina, ma in un capannone


I tre fratelli Cerea con la loro collaudata squadra di collaboratori. Sotto, un allestimento di grande raffinatezza a bordo piscina

piuttosto che in un castello -aggiunge- Non proporrò mai, ad esempio, degli Spaghetti all’astice con la burrata per 200 persone: è più congeniale una pasta corta o un gnocchetto, una pasta ripiena o un buon riso”. Nel 2008 il catering della famiglia Cerea si è declinato anche in un’altra società, la Vi Cook, che segue la ristorazione di 25 strutture tra aziende, ospedali, scuole, asili: pur lavorando con determinati standard qualitativi ha meno spese e riesce a essere più competitiva. Con questa società i Cerea apriranno in aprile un punto di ristorazione all’aeroporto di Orio al Serio: forse si chiamerà Vitt’Orio e avrà come sottotitolo, “come a casa”: “Poiché sarà frequentato da persone che viaggiano vogliamo offrire una cucina casalinga, tagliatelle al ragù, minestrone, lasagne, coniglio con polenta e funghi: piatti della memoria, semplici, ma ben fatti, a 15-20 euro a pranzo e a 25-30 la sera”, anticipa Enrico. Insomma, Quique Dacosta e il suo punto di ristoro all’aeroporto di Alicante insegnano... Naturalmente, Da Vittorio comprende anche la Scuola di cucina, come racconta Roberto, “nata per una richiesta precisa delle nostre clienti curiose di sapere come creiamo i nostri piatti. Abbiamo iniziato tre anni fa e ora è un appuntamento settimanale con lezioni a tema, nelle quali spieghiamo conoscenze tecniche e applicazioni trasmettendo la nostra passione. Abbiamo clienti che vengono perfino da Milano, ma ora saranno facilitati dalla nuova scuola di cucina Convivium Lab aperta in collaborazione con Identità Golose. La cucina è la mia vita e mi piace molto il rapporto che c’è tra Chicco e me, perché nella nostra attività ognuno di noi riesce a trovare il proprio spazio. È una collaborazione sempre positiva, anche quando c’è rivalità: se Chicco crea una ricetta interessante, allora ne invento un’altra anch’io e dal nostro confronto la cucina cresce. Ma cerchiamo di guardarci sempre intorno, la nostra è un’attività che impone di continuare a correre e di imparare da quelli più bravi, che sperimentano nuove tecniche e nuovi prodotti. La ricerca delle materie

prime freschissime perr noi è essenziale, dagli scampi di Mazara del Vallo alle carni piemontesi, ai funghi nostrani, ai tartufi d’Alba, tutti i prodotti arrivano giornalalmente. E poi ci mettiamo mo sempre il cuore e l’anima, per cui anche he nell’esperienza del Da Vittorio al Carlton St. Moritz l’impegno era quello che uno di noi fosse sempre presente. Ed è la stessa filosofia che seguiamo per il catering”. Aggiunge Francesco: “Il mio compito è far crescere il gruppo e sono convinto che il futuro, per il catering, sarà lontano dall’Italia. Comunque, non faccio mai il passo più lungo della gamba: preferisco far star bene non solo le nostre famiglie, ma anche i nostri ragazzi, quelli che hanno dato fiducia al nome Da Vittorio, e solo dopo si può investire. Ad esempio, abbiamo biamo in progetto un grande laboratorio di pasticceria, cceria, ampliare i magazzini per il catering e poi ci piacerebbe creare una piccola spa e altre camere”. mere”. Come sempre, i fratelli Cerea sono impegnati gnati in tante manifestazioni e in diverse consulenze enze in tutto il mondo: “Eventi che ti assorbono, o, ti portano via energie -ragiona Enrico- Forse se è venuto il momento di focalizzarsi su un progetto tto nuovo, magari un altro ristorante Da Vittorio rio in una località importante…”. Sarà solo un F B B sogno nel cassetto?

Roberto Cerea impegnato a servire i Paccheri alla Vittorio, con pomodoro fresco mantecati al Grana padano: tra i piatti della tradizione, è ancora uno dei più richiesti

SCHEDA

Da Vittorio Relais & Châteaux via Cantalupa 17 24060 Brusaporto (Bg) tel. +39 035.681024 fax +39 035.680849 info@davittorio.com www.davittorio.com

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EXPORT PER MOLTI IMPRENDITORI VITIVINICOLI SEMBRA ESSERE IL NUOVO ELDORADO, PERÒ ESPORTIAMO MOLTO DI MENO DI QUANTO NON FACCIA LA FRANCIA E SIAMO CRESCIUTI SOLO DEL 2,6 PER CENTO NEL 2012. MA DIVERSE AZIENDE HANNO APERTO O APRIRANNO DELLE FILIALI IN CINA, PER UNA PRESENZA FISICA CONTINUA SUL TERRITORIO

La Cina è vicina? Nicola Dante Basile

S

i fa presto a dire Cina e pensare a un nuovo Eldorado per chi vende vino. Già, il business si fa dove c’è mercato, e questo spiega perché in tanti credono alla nuova frontiera cinese. D’altra parte, come si fa a dargli contro, vista l’impennata dell’import schizzato da 1,7 milioni di ettolitri del 2009 a 4 milioni dell’altro ieri, con una crescita media annua del 35% e un controvalore salito da 3,2 a 10 miliardi di yuan. Una corsa a perdifiato che non vale per tutti. Certamente non vale per l’Italia (+2,6% nel 2012), rassegnata a difendere quota 200 mila ettolitri, per 490 milioni di yuan. Mentre la Francia di ettolitri ne ha spediti 1,3 milioni -il 53% del totale import cinese- per un controvalore di 4,6 miliardi di yuan. E, allora, perché parlare di Eldorado? “Forse perché la Cina che noi vediamo da lontano rivela sembianze

Tra i Paesi che emergono come nuovi consumatori di vino la Cina sembra avere un posto di rilievo. E molte aziende italiane promuovono eventi che coinvolgono direttamente i consumatori 36 | FOOD&BEVERAGE APRILE 2013


fotocopia di un’America che i nostri padri hanno conosciuto cinquanta, sessanta anni fa -risponde Riccardo Cotarella della Vinicola Falesco- Allora non esportavamo vino e cibo made in Italy al di là dell’Atlantico, mentre oggi siamo leader di mercato. Quindi, non c’è da stupirsi se ci sono valenti imprenditori che scommettono sulla Cina”. Lo hanno fatto gruppi come Illva Saronno e Campari che pure l’America la conoscono, ma non sono andati a piantare vigne: il primo è titolare al 33% della Changyu Wine, azienda quotata in borsa e considerata tra i maggiori produttori di vino con 6 mila ettari di vigneti nella penisola dello Yantai; il secondo, controlla il 94% della joint venture Quingdao Sella & Mosca Winery. Gli Stati Uniti, il maggiore importatore per i vini italiani, però, prima del Chianti e del Soave, dell’extravergine d’oliva e degli spaghetti, sono arrivati milioni di connazionali emigranti. Con tutto quel che ne consegue in tema di costumi alimentari. La Cina, invece, racconta un’altra storia, dove il vino ha preso piede solo di recente. E non è certo la frenata dell’ultimo anno (nel 2012 l’import è cresciuto “solo” dell’8%) a preoccupare gli addetti ai lavori. Al punto che aziende come la trevigiana Villa Sandi e la Cavit di Trento non escludono di potere aprire una propria rappresentanza. Ma se per l’azienda di Giancarlo Moretti Polegato si tratterebbe di una prima volta, fatta con un “negozio monomarca, quale punto di incontro privilegiato per promuovere e fare conoscere i nostri prodotti ai cinesi”, per Cavit si è alla seconda esperienza, dopo quella fatta una decina di anni fa e subito archiviata. “Oggi il mercato cinese è più interessante di allora -afferma il responsabile marketing Lorenzo Vavassori- Il nostro export, sia

pure ancora modesto, registra incrementi interessanti anno dopo anno, tanto da spingerci a valutare se è il caso di aprire un nostro ufficio. Quando siamo andati la prima volta forse era troppo presto, oggi le cose sono diverse e comunque ci stiamo muovendo con i piedi di piombo”. Chi invece una sede operativa ce l’ha già è il Gruppo Italiano Vini, maggior produttore ed esportatore di vini italiani nel mondo. Una scelta “che abbiamo fatto un anno fa dopo alcuni anni di presenza nelle principali aree urbane del grande Paese asiatico -dice il giovane presidente di Giv Cina, Alexander Hofer- Questo perché il considerevole aumento delle vendite ci ha convinti a cambiare anche l’azione strategica. Si è reso cioè necessario avere una nostra presenza diretta, il che ha significato passare da un ruolo di semplice mediazione tra la Casa madre e l’importatore a una presenza fisica continua sul territorio. In questo modo, siamo più vicini al venditore locale, e nel contempo promuoviamo direttamente eventi che coinvolgono il consumatore finale”. Dunque, una scelta opportuna al fine di conoscere di prima

L’import di vino in Cina è passato da 1,7 milioni di ettolitri del 2009 a 4 milioni, con una crescita media annua del 35 per cento e un controvalore salito da 3,2 a 10 miliardi di yuan

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EXPORT

Visto il trend positivo del mercato cinese, diverse aziende italiane, come il Gruppo Italiano Vini, hanno una loro filiale il Cina, mentre altre, come la trevigiana Villa Sandi e la Cavit di Trento, hanno intenzione di aprirne una

mano i problemi che pure in un mercato giovane esistono. Uno, ad esempio, è capire perché un anno fa si è verificato il crollo del 30-40% dei prezzi di diversi grandi Châteaux francesi. La vicenda è poco nota in Italia e, per come la racconta a Food & Beverage un trader internazionale, ha avuto inizio quando operatori locali hanno venduto importanti partite di Châteaux, speculando sulla differenza tra gli acquisti fatti sul canale dell’en primeur e i prezzi prevalenti di mercato, solitamente più elevati dei primi. Un’azione da scommettitori incalliti che, favorendo non poca disponibilità di prodotto sul mercato fisico, ha innescato un effetto domino sui

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valori finali di prestigiosi Gran cru. Il fatto non ha mancato di alimentare sospetti sull’origine di certe etichette. E si sa che i falsi colpiscono qualsiasi prodotto nel loro momento di massima euforia. Esattamente quel che accade al vino di alta qualità, ovunque, Cina compreso. “I falsi sono una piaga da contrastare con ogni mezzo -dice convinto Ivo Basile, responsabile marketing della siciliana Tasca d’Almerita - Fanno danni enormi, ma non per questo bisogna rinunciare a priori a fare investimenti nei mercati ad alto potenziale di crescita. E la Cina è uno di questi”. Se c’è un vignaiolo di casa nostra che conosce bene il mercato cinese, questo è Sandro Boscaini, presidente della veronese Masi Agricola. Che dice: “Sono passati una ventina d’anni da quando vi ho messo piede per la prima volta. Non l’ho più lasciata, e ho fatto bene. Dico di più. Questo è forse il momento migliore per lavorare, anche se la fluttuazione è continua. Un fenomeno a cui i vini italiani non sfuggono, penalizzati come sono dalla mancanza di una sia pur minima campagna di sostegno da parte delle nostre autorità”. Il che non aiuta certo quando ci si trova a tu per tu con un mercato vasto e mutevole come quello in questione, “dove il prezzo è la variabile che fa la differenza -racconta José Rallo di Donnafugata Marsala, (Tp)- e dove un conto è parlare della Cina continentale, con la domanda di vino che cresce veloce, ma con dei distinguo tra grandi città e provincia, un altro, invece, è il mercato di Hong Kong, molto più maturo e aperto ai modelli di vita dell’occidente”. Considerazioni che certo aiutano a comprendere di che cosa si stia discettando e, quindi, a elaborare strategie di investimenti ad hoc, come fa da cinque anni a questa parte l’Enoteca Italiana di Siena. Di fatto l’unico ente tricolore che a Shanghai ha costituito


una società di diritto cinese “il cui scopo è quello di promuovere, fare corsi di degustazione e avvicinare i cinesi a conoscere i vini made in Italy -spiega il responsabile della sede, Giovanni Pugliese- Un’iniziativa pioneristica che sta dando frutti davvero interessanti”. Che il mercato del vino in Cina sia promettente lo credono, e non poteva essere diversamente, anche i responsabili di Veronafiere, ente cui fa capo il Vinitaly, che da anni porta avanti progetti, sviluppa relazioni e organizza eventi al fine di tenere alta l’attenzione sul vino italiano. Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, dice: “È dal 1998 che presidiamo la

Cina e ogni anno lo facciamo con nuove iniziative realizzate sotto il marchio di Vinitaly International. Negli ultimi tre, poi, ci siamo focalizzati su Hong Kong, ovvero la porta d’ingresso privilegiata per quanti intendono accedere al mercato cinese e asiatico in generale, dove abbiamo stretto una partnership con l’Hktdc, l’ente organizzatore dell’International Wine & Spirits Fair, il più importante evento dedicato al vino del continente asiatico”. Tanta attenzione, al punto che nell’edizione di Vinitaly 2013 per la prima volta ci sarà una delegazione del ministero del Commercio cinese. Un atto di fiducia verso l’Italia e i vini italiani. F B

Ai cinesi piace il vino italiano che si sposa bene con la loro cucina. Tanto che a Vinitaly c’è quest’anno, per la prima volta, una delegazione del ministero del Commercio cinese

DATI ISTAT

Record in valore del vino esportato Nel 2012 l’Italia ha esportato vino per 4,7 miliardi di euro: per la precisione 4,69 miliardi, in crescita del 6,5% al 2011. Il dato non ancora definitivo dell’Istat racconta di un valore che è il più alto mai raggiunto prima d’ora, e conferma la leadership del vino quale prodotto agroalimentare più esportato del made in Italy. Dice anche che questo record, ancorché permettere alle aziende esportatrici di chiudere i conti in buon equilibrio, soprattutto a quelle in cui la voce export è prevalente, va considerato alla luce di altri due fattori altrettanto importanti. Il primo riguarda il totale vino esportato che, nonostante il record in valore, è stato di “solo” 21,2 milioni di ettolitri, in calo dell’8,8% rispetto ai 23,1 milioni dell’anno prima. Il secondo è che il prezzo medio ha “stracciato” ogni altro primato precedente, impennatosi del 16,7%, a 2,20 euro al litro. Tutto questo alla luce della variabile produzione che, per due annate consecutive, è rimasta ferma intorno a 40 milioni di ettolitri. Troppo pochi per un Paese storicamente al vertice della graduatoria mondiale, la cui produzione è stata certamente eccedentaria fino a un recente passato, ma che ora si trova in evidente disagio per carenza di prodotto. Un disagio che ha origini lontane ed è frutto di politiche restrittive targate Unione Europea che non sarebbe mai troppo tardi ridiscutere. Ma anche di scelte fatte a Roma, quando si è trattato di distribuire i fondi di spesa Ue alla promozione del vino italiano nel mondo (112 milioni di euro nel 2012 e nel 2013), assegnati per il 70% e pro-quota alle singole regioni, cui resta piena autonomia di gestione. Lasciando il restante 30% agli organismi di governo centrale che, evidentemente, con i pochi mezzi a disposizione hanno qualche difficoltà nel pianificare corpose politiche di sostegno all’export. Con buona pace dei Paesi produttori concorrenti che, facendo l’esatto contrario, sentitamente ringraziano.

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ASSOCIAZIONI DA FEBBRAIO UN LOGO IDENTIFICA I LOCALI E LE ATTIVITÀ COMMERCIALI DOVE POTER GUSTARE O ACQUISTARE LE CARNI BOVINE PROMOSSE DA EBLEX CON IL MARCHIO BISTECCA PERFETTA. UN SERVIZIO PER IL CONSUMATORE CHE POTRÀ COSÌ INDIVIDUARE CON FACILITÀ I PUNTI DI CONSUMO E DI ACQUISTO

Roast Beef Club, una mappa per la carne bovina inglese Bibi Monti

A La carne bovina delle isole britanniche sta avendo sempre più successo tra i consumatori italiani che, ora, grazie al Roast Beef Club, sapranno sempre dove andare per assaggiare o acquistare la “bistecca perfetta”

partire da febbraio tutti i locali e le attività commerciali d’Italia a che utilizzano la rinomata carne di manzo promossa da Eblex, l’Ente e che sostiene l’industria inglese delle carni, saranno immediatamente riconoscibili da un logo che li identificherà. È nato, infatti, il primo Roast Beef Club d’Italia, l’associazione che riunisce le macellerie, i punti vendita specializzati e i ristoranti che, da nord a sud della penisola, vendono o prevedono nei loro menu il beef d’Oltremanica. Alla base di questo progetto made in England, c’è il desiderio da parte dell’Ente inglese di soddisfare la richiesta del consumatore italiano di sapere dove poter comprare o mangiare la pregiata carne bovina, come spiega Jeff Martin, responsabile dell’ufficio di Eblex nel nostro Paese: “Il beef Eblex è presente sul mercato italiano da molti anni e, proprio in virtù della domanda crescente, si è reso necessario organizzare una vera e propria mappa dei luoghi di consumo e di vendita di questo prodotto. La carne che arriva dall’Inghilterra, di fatto, viene commercializzata in Italia dai nostri grossisti e rivenditori di ffiducia, ma diventa difficile indicare con precisione precisi in quali macellerie sia in vendita o in quali ristoranti sia presente”. Il Roast Beef Club è, quindi, innanzitutto, t una “bussola” a disposizione del consumatore: basterà, infatti, collegarsi a uno s dei d due siti della società (www.eblex.it o www.carneperfetta.it) per consultare w l’elenco dei nominativi e degli indirizzi l’e degli aderenti all’iniziativa per orientarsi deg

nella ricerca della qualità. “Riunire in un unico Club tutti i clienti e gli amici di Eblex -continua Martin- ci è sembrato il modo più semplice per fornire al consumatore indicazioni su dove trovare il nostro beef. Le macellerie e i ristoranti aderenti saranno riconoscibili grazie al logo esposto che li qualificherà come punto di consumo di questa carne d’eccellenza: chi ne farà parte, inoltre, sarà automaticamente ’garante’ delle qualità tipiche del nostro bovino”. Quali, invece, i vantaggi per i membri del Club? “Gli iscritti avranno sicuramente un filo diretto con Eblex per qualsiasi problema o necessità legata agli ordini e agli acquisti -spiega Jeff Martin- Eblex è inoltre molto attiva a livello promozionale e partecipa a numerosi eventi, per cui sarà un piacere coinvolgere anche i clienti nelle nostre attività di comunicazione. Infine, l’iscrizione è totalmente gratuita”. Questa carne, promossa in Italia anche sotto l’insegna Bistecca Perfetta per le sue sorprendenti qualità organolettiche, rappresenta il meglio del settore bovino inglese: la sua qualità è infatti il frutto della secolare tradizione anglosassone nell’allevamento, del continuo e attento lavoro di incrocio fra razze e delle tecniche innovative di macellazione e frollatura. Le sue caratteristiche organolettiche, come la tenerezza e il gusto, l’hanno resa un prodotto molto apprezzato F B da gourmet e buongustai di tutto il mondo.



DEBUTTI LA MAISON POMMERY PRESENTA LA SUA NUOVA CUVÉE PRESTIGE ELABORATA DALLO STORICO CHEF DE CAVE THIERRY GASCO. PUR DICHIARANDOSI BRUT SANS ANNÉE, AFFINA SUI LIEVITI PER ALMENO SETTE ANNI. UNO CHAMPAGNE DI GRANDE COMPLESSITÀ, RAFFINATO E CAREZZEVOLE, DESTINATO ALLE TAVOLE PIÙ PRESTIGIOSE

Apanage Prestige Brut privilegio per pochi Federica Belvedere

A Nella foto in basso, Mimma Posca, amministratore delegato di Vranken Pommery Italia. Accanto al titolo, Paul Vranken con lo chef Yannick Alléno. Qui sotto, la nuova Cuvée Apanage Prestige Brut

PANAGE significa prerogativa, privilegio destinato a pochi: un nome me che

indica l’esclusività del target di palati raffinati cui è rivolto il nuovo Apanage ApanagePrestige Prestige Brut di Pommery che la maison di Reims propone all’alta gastronomia. Uno Champagne che si inserisce a pieno titolo nella filosofia del Gruppo Vranken Pommery di legare sempre di più i propri vini alle tavole più importanti, affermando il mito di una marca attraverso i suoi valori di creatività, eleganza e distinzione. È dunque un debutto in grande stile quello dello Champagne Apanage Prestige Brut, espressione nobile di un vino che ribadisce il legame e la continuità con il mondo dell’alta cucina. “Il nuovo Champagne è l’evoluzione del già noto Apanage Pommery, voluto dal principe enologo Alain de Polignac, erede e discendente della blasonata famiglia Pommery-Polignac, per promuovere il consumo di Champagne a tutto pasto -spiega Mimma Posca, amministratore delegato di Vranken Pommery Italia che ha rafforzato il consumo degli Champagne della maison nei ristoranti di livello e negli alberghi di lusso- Oggi Apanage Prestige si eleva a sintesi di una cuvée ottenuta per assemblaggio delle migliori selezioni, ottenute da cru e riserve eccezionali curate dallo storico chef de cave Thierry Gasco. Apanage Brut Prestige rispecchia appieno lo stile Pommery, fatto di ricercatezza, rispetto per le tradizioni ma anche di innovazione, proponendo una nuova filosofia volta a inventare e perpetuare Champagne che non siano necessariamente mente

millesimati per essere espressione di eccellenza”. La cuvée Apanage Prestige, pur dichiarandosi in etichetta brut sans année, beneficia di un lungo e lento periodo di maturazione sui lieviti, almeno 7 anni, e vanta un perlage finissimo e persistente che ne rivela la complessità. In questa prima accurata edizione parte della cuvée è stata assemblata con millesimi 2005 in prevalenza di Chardonnay. Il Brut Apanage Prestige sublima tutte le sensazioni del terroir champenois: attraverso il sapiente assemblaggio di vini provenienti da vigneti 100 per cento grand cru e premier cru rivela un perfetto equilibrio tra freschezza e leggerezza, la veste è giallo paglierino con riflessi verdognoli appen appena accennati e l’effervescenza è compatta e finissima, quasi a dar vita all’integrità di questo Champagne, definito vino dallo stesso Thierry Gasco. Il naso è ampio, con fragranze n di fiori e frutti bianchi, su note d lievemente burrose e cremose lie con sensazioni di pasticceria; co palato è carezzevole e peral p sistente. sist Uno Champagne destinato U alle tavole dei migliori chef per palati di grandi intenditori. F B palat



VALDOBBIADENE PADIGLIONE 7 STAND F 4

L’AZIENDA DI SACCOL HA SEMPRE PUNTATO SULLA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO E DELLA SUA UVA PIÙ PREZIOSA, CONTROLLANDO TUTTA LA FILIERA PRODUTTIVA. TRA I PRIMI A PRODURRE UN MILLESIMATO, OGGI È IMPEGNATA A OTTENERE VINI IN MANIERA NATURALE E, A MAGGIO, PRESENTERÀ UN BRUT SENZA SOLFITI

Canevel, una voce fuori dal coro Barbara Amati

P Canevel Spumanti vanta una squadra affiatata di collaboratori. A destra, il Millesimato in magnum

recorrere i tempi, capire in anticipo il valore di ciò ò che si vuole fare e agire di conseguenza seguendo con costanza tanza e decisione la strada che si è deciso di intraprendere, senza farsi fuorviare da stimoli non in linea con la filosofia aziendale. Questa è la Canevel Spumanti di Saccol di Valdobbiadene, sul colle di San Biagio (Tv), azienda nata nel 1979 con le idee chiare: produrre uno spumante di eccellenza che valorizzasse la qualità delle uve del territorio, cioè la glera. L’intuizione fu quella di voler gestire tutta la filiera, dalla coltivazione dell’uva alla produzione e alla commercializzazione del vino, progetto che allora non era così usuale, ma che ha consentito di giungere a una qualità senza compromessi. Non era da tutti, allora, capire il valore di questa varietà oggi così nota e sinonimo di Prosecco, un vino che negli ultimi anni ha colonizzato il mondo con prodotti di qualità molto diversi. Ma Mario Caramel, produttore di aceto e commerciante di Oderzo, e l’enologo Roberto De Lucchi puntarono fin dall’inizio a una qualità superiore che si tradusse in Valdobbiadene Spumante Extradry, Spumante Brut e Spumante Cartizze. Una scelta che ha premiato fin dall’inizio l’azienda Canevel (un nome che in dialetto veneto significa piccola cantina, il luogo dove si conservano i vini migliori) e che ha portato oggi a una produzione di un milione di bottiglie indirizzate esclusivamente al canale horeca. Un’azienda presente capillarmente sul territorio con 2.800 punti vendita serviti; solo il 19 per cento del fatturato proviene dall’estero. Ma a Caramel e a De Lucchi si deve anche un’altra importante intuizione: produrre, a Valdobbiadene, un millesimato, adottando una tipologia di prodotto tipica degli Champagne, selezionando uve pregiate delle colline tradizionali del glera, vinificandole e spumantizzandole da sole, senza tagli di annate

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diverse. Il Millesimato, presentato con l’annata 1988, divenuto presto il fiore all’occhiello dell’azienda, è un Valdobbiadene spumante che regge tranquillamente il confronto con gli spumanti metodo Classico italiani e stranieri. “Oggi, nel mondo di Valdobbiadene, Canevel è una referenza importante, di cui il mercato italiano ed estero riconosce il pregio”, afferma Carlo Caramel, laureato in Economia aziendale a Venezia, figlio di Mario, scomparso nel 1999, che ne ha raccolto il testimone con la stessa passione e lo stesso entusiasmo, e che porta avanti con competenza la ricerca della qualità a fianco della mamma Tatiana, di Roberto Covre, e di De Lucchi. “Oggi Canevel vinifica tutte le uve, sia quelle provenienti dai propri vigneti, 25 ettari distribuiti tra i poderi di Valdobbiadene, Refrontolo e Solighetto, sia quelle acquistate da una sessantina di viticoltori della zona collinare che l’azienda segue storicamente in tutte le fasi della coltivazione (dando in particolare i tempi della vendemmia) e che costituiscono il 70 per cento del fabbisogno”. Fedeli alla filosofia produttiva che punta alla valorizzazione del territorio, nel 2003 decisero di togliere la parola Prosecco dall’etichetta: il nome da valorizzare, per loro era ben chiaro, era Valdobbiadene. Oggi sono ollezione Valdobbiadetre le linee di Canevel: la Collezione ne, quella dei vini storici, i Docg che nascono dall’uva glera; cavallo di battaglia è l’Extradry, con un residuo zuccherino di 17 grammi per litro, molto piacevole per l’aperitivo e da pasto; seguono il Brut,, con 10 grammi di zucche-ro per litro, il Cartizze e il ne Millesimato. La Collezione eti Cru nasce da quattro vigneti ano di proprietà che abbracciano olo, la cantina, dove clima, suolo, o di esposizione consentono upeottenere uve di qualità supe-

riore che esaltano le caratteristiche dei vini Canevel: Valddobbiadene Vigneto S. Biagio Docg rifermentato in bottiglia, molto secco e con sentori di lieviti, bella frutta, soprattutto pere; Valdobbiadene Vigneto del Faè Docg Spumante Extra Dry, sapido e pieno, un vino molto interessante per la ristorazione. Infine, la collezione La Vi rappresenta la proposta giovane e accattivante indirizzata perlopiù all’estero: La Vi in Rosa Vsq Spumante Extra Dry e La Vi Prosecco Doc Spumante Extra Dry sono vini profumati e armonici. “Oggi la tendenza è quella di andare verso la salubrità dei vini e la nostra azienda è da tempo impegnata in questa direzione, cioè nella produzione di vini senza solforosa. Tra due anni usciremo con un prodotto particolare, unico a Valdobbiadene, che vanterà l’esclusiva certificazione Bio Suisse, la certificazione bio svizzera che richiede un chilometro di distanza dal vigneto adiacente, così da evitare qualsiasi contaminazione -anticipa Carlo Caramel- Con molta difficoltà, abbiamo trovato a Valdobbiadene un vigneto di 2,5 ettari in cima alla collina circondato da un bosco: i vitigni coltivati sono glera, ma anche bianchetta e perera. La Bio Suisse ha bisogno di tre vendemmie per concedere la certificazione e quindi la otterremo solo nel 201 2014. Intanto, con le uve della vendemmia 2012 produrremo vende un Br Brut che uscirà in maggio: saranno solo 5 mila bottiglie saran con 0,4 0 milligrammi per litro di so solfiti e potremo scrivere in e etichetta ’vino senza solf solfiti’, con la certificazio zione Free wine. Questo Bru Brut è, ovviamente, un vi vino delicato, ma dai p profumi straordinari, p perché la metodolog gia produttiva esalta tutti i sentori primari F B dell’uva”.

Carlo Caramel, che ha preso in mano le redini dell’azienda alla morte del papà Mario, continua la ricerca della qualità a fianco della mamma Tatiana, dell’enologo Roberto De Lucchi, a destra, e di Roberto Covre. A sinistra, la collina di San Biagio dove nasce la Collezione Cru. Sotto, la Collezione Valdobbiadene vanta pregiati Docg: Extradry, Brut, Cartizze e Millesimato

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PROSECCO UN PROGRAMMA RICCO PER MONTELVINI A VINITALY, CON DEGUSTAZIONI E MUSICA ALL’ORA DELL’APERITIVO. PER LA FAMIGLIA SERENA UN MOMENTO DI PADIGLIONE 4 STAND E 6

INCONTRO CON CONSUMATORI E OPERATORI PER PRESENTARE DUE NUOVI VINI DELLA

PROSECCO ASOLO DOCG TENUTI A BATTESIMO DALLA SOMMELIER ADUA VILLA

Montelvini punta sull’Asolo Docg Bibi Monti

T Armando Serena con i figli Alberto e Sarah. A destra, il nuovo Prosecco Asolo Docg Extra Dry

re nuovi vini e tante occasioni di incontro. È un programma quanto mai ricco quello di Montelvini al Vinitaly, dove l’azienda vitivinicola di Venegazzù (Tv) è presente al padiglione 4 stand E 6. Porterà alla kermesse veronese un po’ dell’atmosfera elegante e bucolica che regna nel borgo di Asolo e sui dolci rilievi del Montello. Proprio tra queste colline, in quelle che vengono chiamate Le Zuitere, ovvero Terre delle Civette, Armando Serena decise di piantare radici quando nel 1968 si staccò dall’azienda vinicola di famiglia. Per Armando l’obiettivo fu chiaro fin da subito: valorizzare il territorio del Montello e dei Colli Asolani, coltivare le varietà tipiche dell’area, produrre vini in cui ssi rispecchiasse il carattere di queste terre. Il vin vino emblema di quest’area è divenuto negli anni il Prosecco Superiore Asolo Docg. Merito an anche di un disciplinare di produzione più restrittivo di quello di ogni altro Prosecco, che restr impone regole severe quanto a resa in vigna imp e la lavorazioni in cantina. “Il Prosecco di Asolo -spiega Alberto Serena, vicepresidente di Montelvini- è una punta di eccellenza tra M tutti i Prosecco. Le nostre colline hanno tertu reni ricchi di minerali, ottima ventilazione re ed elevata escursione termica tra giorno e e

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notte: un microclima che regala vini intensi nel gusto e nei profumi, con un bouquet ampio e note di mela golden, pera e fiori bianchi. Al palato l’Asolo è pieno, con un’ottima sapidità”. E proprio due dei tre nuovi vini presentati a Vinitaly sono Prosecco Asolo Docg: l’Asolo Extra Dry, punta di eccellenza della produzione spumantistica della Casa di Venegazzù, che da quest’anno viene proposto in versione millesimata, e l’Asolo Brut, che sostituisce il Treviso Doc brut millesimato, elevando ulteriormente il livello dell’offerta di Montelvini. Ad essi si aggiunge Luna Storta, un passito multivarietale che si inserisce nella grande tradizione dei vini da uve passite. Li terrà a battesimo la sommelier Adua Villa nel corso di un evento di presentazione previsto per lunedì 8 aprile alle ore 15, allo stand dell’azienda. Altri tre appuntamenti attendono quindi clienti e amici di Montelvini Alle 17 in punto. Sarà proprio questo il titolo di un momento lounge pensato per concludere la giornata di fiera con un aperitivo informale accompagnato da finger food e musica con tre dj. È prevista anche un’attività social che coinvolgerà i presenti attraverso i loro smartphone. “Montelvini è sempre stata vicina al modo di sentire il vino dei suoi consumatori - spiega Alberto SerenaOggi più che mai il vino è un piacere da condividere e da consumare in modo informale fuori casa”. F B


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Universo Prosecco Roger Sesto

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ggi il Prosecco si produce solo nella zona Doc che comprende nove province tra Veneto e Friuli Venezia Giulia. Nel cuore della Denominazione, del 2009, tra Venezia e le Dolomiti, si trova Treviso, la provincia a maggiore vocazione produttiva, che comprende anche le storiche aree collinari di Conegliano Valdobbiadene e di Asolo, che si fregiano oggi della Docg. Lo spumante di queste particolari zone collinari altamente vocate, si riconosce perché in etichetta riporta sempre il nome dell’area di produzione, Conegliano-Valdobbiadene o Asolo, e può fregiarsi dell’appellativo Prosecco Superiore. Asolo, bellissimo borgo medievale, unisce tradizione, enologia e arte veneziana. Conegliano-Valdobbiadene è l’area più conosciuta. Conegliano, centro produttivo e di conosci studi, va vanta dal 1876 la prima Scuola enologica Italiana; Valdobbiadene e il suo comprensorio Italiana sono rrinomati per la bellezza dei vigneti che ricamano le colline, la cui pendenza impone la ricam tradizionale lavorazione a mano. Dall’unicità tradiz di questo territorio ha origine il Cartizze, cru

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COL VETORAZ

Valdobbiadene Extra Dry Docg un Prosecco Superiore gentile Profumo delicatamente fruttato e gusto equilibrato dai toni eleganti per il Valdobbiadene Extra Dry Docg di Col Vetoraz, azienda di Santo Stefano di Valdobbiadene (Tv). Un Prosecco Superiore gentile, influenzato dal clima delle dolci colline di Valdobbiadene, riparate dai venti grazie alle montagne che le sovrastano, e dalle profonde stratificazioni del terroir che celano mari scomparsi. Il perlage è fine e persistente, e con una spuma cremosa, e al naso richiama note floreali di rosa, agrumi, e acacia, e frutti come la pesca bianca, la pera e la mela. Al palato è armonioso, delicato, sapido e leggermente aromatico, risultato di una pressatura soffice e di una decantazione statica con fermentazione a temperatura controllata. Il Col Vetoraz Valdobbiadene Extra Dry Docg è compagno ideale al momento dell’aperitivo o per accompagnare pranzi delicati e raffinati.

della D Docg. L’ampio aerale della Doc L’am Prosecco, situato nella parte Prose nord orientale dell’Italia, è caratterizzato da una giacara citura di tipo pianeggiante, citu con alcune zone collinari. Il clima di quest’area venetoclim friulana è temperato: a fr nord la catena montuosa n delle Alpi funge da bard rriera alle correnti fredde settentrionali; a sud il mare Adriatico è la via principale attraverso la quale princip arrivano i i venti ti di scirocco, i che determinano una sufficiente piovosità soprattutto nei mesi estivi, mitigano la temperatura, apportano la quantità idrica necessaria alla vite nelle fasi di accrescimento dei germogli e dei grappoli. A fine estate, con il diminuire delle ore di sole e con la prevalenza dei venti secchi di bora da est, si verificano elevate escursioni termiche tra il giorno e la notte che favoriscono lo sviluppo di sostanze aromatiche nell’uva nella fase conclusiva della maturazione. I primi documenti in cui si cita un vino Prosecco risalgono alla fine del ’600 e descrivono un vino bianco, delicato, che ha origine sul Carso triestino e in particolare nel territorio di Prosecco, evidenziato tutt’ora con la possibilità di adottare la menzione ”Trieste”. In questi territori pedemontani e in particolare nelle colline trevigiane, il Prosecco trova il suo territorio d’elezione, dove la conformazione e i terreni declivi della fascia collinare, i suoli e il clima, permettono di valorizzare le peculiarità del vitigno. Grazie alla

fama della Doc Prosecco di Conegliano Valdobbiadene, riconosciuta dal Ministero nazionale nel 1969, la coltivazione delle uve idonee a produrre spumanti e frizzanti ha cominciato a interessare anche i territori pianeggianti, diffondendosi prima nella provincia di Treviso, evidenziata con la possibilità di adottare la menzione Treviso, e successivamente in altre province del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. Negli anni ’70 la crescente domanda e la rinomata qualità del Prosecco ha reso necessario tutelare il nome del prodotto, a difesa sia dei produttori che dei consumatori; il Prosecco è stato pertanto inserito nell’elenco dei Vini da tavola a Indicazione Geografica. L’ulteriore miglioramento

La varietà base da cui si ottiene il Prosecco è la semiaromatica glera, caratterizzata da un moderato accumulo zuccherino che consente di ottenere un vino poco alcolico e dalla piacevole aromaticità

MIONETTO

Valdobbiadene Superiore Docg eccellenza della Luxury Collection Frutto della lunga tradizione enologica di Mionetto, storica cantina di Valdobbiadene (Tv), il Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg della nuova e raffinata “Luxury Collection”, linea top presentata a fine 2012, è frutto delle uve del vitigno glera che matura sui ripidi pendii dell’area Valdobbiadene Docg. Dal colore giallo paglierino brillante e dal perlage fine e persistente, questo spumante, che stupisce e appassiona, si caratterizza per un ampio bouquet floreale e l’aroma inconfondibile di mela, pera e sfumature di agrumi. Ideale abbinamento di raffinati antipasti, si esalta con risotti al radicchio di Treviso o agli asparagi, rombo in crosta e polpa di granchio con patate, ma non solo. Profumato e sontuoso, infatti, accompagna disinvolto formaggi freschi e carni bianche, fino alla pasticceria leggera.

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SPECIALE MONTELVINI

Asolo Millesimato Docg un Extra Dry accattivante Massima espressione dello stile Montelvini di Venegazzù (Tv), l’Asolo Prosecco Superiore Millesimato Docg Extra Dry è un vino di alta qualità prodotto con le uve selezionate dei vigneti meglio esposti delle colline del Montello e dei Colli Asolani. Dopo una soffice pressatura il mosto illimpidito, addizionato di lieviti selezionati, è posto a fermentare in recipienti termo condizionati, così da far sviluppare profumi e aromi. Di colore giallo paglierino con riflessi tra il verde e il dorato, ha un profumo fresco e fruttato che ricorda i fiori d’acacia, il glicine e la mela golden. Ottenuto da uve glera in purezza, è un Prosecco di buona struttura ma allo stesso tempo fine ed elegante, di grande morbidezza. Accattivante e con un perlage molto sottile, si presta sia a un piacevole aperitivo, sia a tutto pasto in accompagnamento a piatti delicati.

Le caratteristiche organolettiche del Prosecco, fresco, profumato, morbido e di bassa gradazione alcolica, l’hanno reso un prodotto riconoscibile e apprezzato dai consumatori italiani e internazionali. La quota di Doc e Docg destinata all’esportazione è, infatti, molto elevata

della qualità negli ultimi decenni e la necessità di una maggiore tutela del nome a livello internazionale, hanno portato nel 2009 a ottenere il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata Prosecco e, contestualmente, all’ottenimento della Docg limitatamente al distretto collinare di ConeglianoValdobbiadene.

Sono Doc 230 milioni di bottiglie Il successo del Prosecco è dovuto essenzialmente alla capacità dei produttori di sviluppare, a partire dai primi anni del Novecento, idonee tecniche di rifermentazione naturale, prima in bottiglia, poi in autoclave, come è citato in testi del 1937: “Prosecco (...) messo in botte si vende all’inizio della primavera destinandolo alla bottiglia ove riesce spumante”. Nell’ultimo secolo si è sviluppata nell’area di produzione una rete di alte professionalità tecnico-scientifiche finalizzata a per-

PONTE

Glera in purezza nel brioso Extra Dry Treviso Doc Situata nell’area nord del fiume Piave, a Ponte di Piave (Tv), Viticoltori Ponte, una delle realtà più dinamiche del Veneto lavora le uve di 1.500 soci che coltivano 2 mila ettari di vigneto su terreni in parte limosi e in parte argillosi. Dalle uva glera, raccolte a media maturazione e successivamente selezionate, nasce il Prosecco Doc Spumante Exra Dry Treviso in purezza. Con una gradazione di 11 volumi, questo Prosecco è di colore giallo tenue con riflessi verdognoli. Al naso è spiccatamente fruttato con sentori di mela, di pera e con un delicato profumo di agrumi che sfuma nel floreale. In bocca è sapido e persistente, piacevolmente brioso e leggero con una moderata alcolicità.

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fezionare il metodo do di produzione ed elaborazione del el Prosecco consen-tendo di esaltare e le caratteristiche che lo rendono riconoscibile dai consumatori. Determinante è stata la capacità degli operatori nello sperimentare erimentare e migliorare le tecnologie di vinificazione e di spumantizzazione del Prosecco attraverso le quali gli enologi riescono a preservare gli aromi dell’uva nel profilo aromatico del vino. Il vitigno base da cui si ottiene il Prosecco è la semiaromatica glera; possono concorrere poi, fino a un 15 per cento, altri otto vitigni: gli autoctoni bianchetta, perera, verdiso, glera lunga, e gli internazionali chardonnay, pinot bianco, pinot grigio e pinot nero. La tipologia di uve prodotte, e della glera in particolare, è caratterizzata da un moderato accumulo di zuccheri e da una buona presenza di acidità e sostanze aromatiche che permettono di ottenere un vino base poco alcolico e dalla piacevole aromaticità. Il vino Prosecco, nelle versioni spumante e frizzante, è tipicamente secco, con un profilo sensoriale dal colore giallo paglierino brillante con perlage fine, in equilibrio con la persistenza della spuma. All’olfatto, è caratterizzato da spiccate note floreali (fiori bianchi) e fruttate (mela, pera, frutta esotica e agrumi) che esprimono eleganza e finezza. Al gusto, presenta un equilibrio tra le componenti zuccherina e acidica che, unite alla sapidità, conferiscono note di freschezza, morbidezza e vivacità al palato. Per esaltare le caratteristiche di questo particolare vino nella versione spumante si adotta il


RUGGERI

Quartese, un Brut Docg fuori dagli schemi Un Prosecco fuori dagli schemi, in cui alle uve glera si aggiunge una piccola percentuale di verdiso e perera. È il Quartese Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut della Ruggeri di Valdobbiadene (Tv). Un vino ottenuto da un vigneto situato nel cuore della Docg, sulle pendici dei primi contrafforti dolomitici nella parte nord della provincia trevigiana. Vendemmiate nella seconda metà di settembre, le uve vengono vinificate in bianco. Il colore è verdolino, brillante, solcato da un perlage minuto e persistente. Il profumo è intenso, molto fine e fruttato; si percepiscono chiari sentori di mela golden su fondo floreale. È secco, fresco e snello, morbido e ben equilibrato, con buona persistenza aromatica e finale piacevolmente fruttato. È un classico vino da aperitivo che ben si adatta ad antipasti di pesce, crostacei e molluschi.

metodo Martinotti che prevede la rifermentazione naturale del vino base in grandi recipienti o autoclavi, nelle quali il Prosecco acquista quel brio che lo rende vivace al palato. Il Prosecco esprime così al meglio il proprio potenziale aromatico e di piacevolezza, tipicità e freschezza che lo rendono un vino apprezzato e richiesto dai consumatori nazionali ed internazionali, tanto da “spuntare” un miglior posizionamento di prezzo al consumo. Secondo il Consorzio vino Prosecco nella vendemmia 2012 sono state prodotte 230 milioni di bottiglie, suddivise tra spumante, 60 per cento, frizzante, 39 per cento, tranquillo, 1 per cento.

I distinguo della Garantita Quanto alla Docg Conegliano-Valdobbiadene, del 2009, essa è da considerarsi la conclusione di un lungo percorso. Il punto di arrivo di un ampio ciclo e l’inizio di un altro, che culminerà a sua volta nella piena valorizzazione del territorio di Conegliano-Valdobbiadene, sia attraverso un’approfondita interpretazione delle previste Rive, sia grazie al lungo processo di zonazione durato 10 anni. Aspetti che risulteranno determinanti per far emergere le peculiarità dei diversi terroir, tanto che in futuro ci sarà da aspettarsi, come logica conseguenza di tutto ciò, la graduale soppressione della parola Prosecco in etichetta, per lasciare solo i riferimenti più strettamente territoriali. Il disciplinare del Conegliano Valdobbiadene Docg è stato creato sulla base del preesistente documento che regolava la Doc Prosecco di Conegliano Valdobbiadene, introdotto nel 1969, con l’aggiunta di alcuni elementi di novità, pur se, come 40 anni fa, la zona di produzione è limitata ai 15 comuni collinari tra le due capitali produttive di Conegliano e Valdobbiadene. Con il nuovo disciplinare viene data la possibilità di evidenziare in etichetta il nome del comune o della frazione di origine delle uve, per mettere in luce la

ricchezza espressiva della denominazione. In questo caso il toponimo viene preceduto dal termine tradizionale Rive, che sta a indicare i vigneti posti nelle zone collinari più ripide. La produzione della Docg è di 135 quintali per ettaro che, per la menzione Rive, scende a 130, con l’obbligo della raccolta manuale delle uve e dell’indicazione del millesimo. Inoltre, per le Rive è prevista la sola tipologia spumante. Al vertice qualitativo rimane lo spumante della storica sottozona del Superiore di Cartizze, di soli 106 ettari, la cui resa in vigneto è di 120 quintali per ettaro, limitando la produzione alla tipologia spumante. In etichetta è riportato Valdobbiadene Docg Superiore di Cartizze. Tutti gli spumanti, frizzanti e tranquilli, per meglio distinguersi dai vini provenienti dalla Denominazione di base, riportano in primo piano sull’etichetta il nome della Denominazione storica ConeglianoValdobbiadene, seguito dalla parola Prosecco o

L’elevato gradimento del Prosecco è frutto anche di tecnologie di vinificazione e di spumantizzazione che preservano gli aromi dell’uva e il profilo aromatico del vino, nonché della capacità delle aziende di produrre spumanti di qualità elevata

SANTA MARGHERITA

Prosecco Superiore 52 un Docg che regala emozioni Il Gruppo veneto con il suo Prosecco Superiore 52 Extra Dry Valdobbiadene Docg regala grandi emozioni. Prodotto con uve glera in purezza, vendemmiate intorno alla seconda metà di settembre, è un vino fresco e giovane, dal colore giallo paglierino brillante con riflessi verdognoli. Al naso ricorda gli aromi floreali del pesco e dell’acacia, e quelli fruttati di mela renetta e ananas. Al palato è armonico, fresco ed elegantemente morbido, con un perlage di estrema finezza che veicola l’intensità aromatica e avvolge il palato in affascinanti sensazioni gustative. Il Prosecco Superiore 52 Extra Dry Valdobbiadene Docg si sposa in maniera eccellente con aperitivi sfiziosi e ben si abbina a tutto pasto con piatti delicati.

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SPECIALE VAL D’OCA

Eleganza e morbidezza nel Millesimato Nero Docg Dalla cernita e dalla pressatura delle migliori partite d’uve dell’annata fermentate a temperatura controllata nasce il Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry Millesimato Nero della Cantina Val d’Oca di Valdobbiadene (Tv). È un vino spumante aromatico che esprime le caratteristiche organolettiche tipiche del miglior Prosecco. Un millesimato ottenuto in purezza da uve glera e nel totale rispetto dell’annata di produzione. Gli aromi dell’uva sono esaltati dalla rifermentazione che avviene in autoclave per circa 40 giorni. Dal perlage fine e persistente, colore paglierino scarico, il Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry Millesimato Nero di Val d’Oca al naso è elegante, con sentori di mela e fiori campestri. In bocca è armonico, sapido, morbido e leggermente acidulo. Ottimo come aperitivo, si accompagna in maniera eccellente a piatti di frutti di mare e carni bianche.

Il riconoscimento della Docg Conegliano Valdobbiadene nel 2009 è stato indirizzato a fare emergere le peculiarità dei diversi terroir, evidenziando in etichetta il nome del comune o della frazione di origine delle uve

Prosecco Superiore nel caso dello spumante. Nel caso dello spumante, può essere riportato in etichetta semplicemente il nome della Denominazione principale Conegliano-Valdobbiadene o Conegliano o Valdobbiadene senza la parola Prosecco, mentre essa è obbligatoria nel vino frizzante e tranquillo. Oggi, la Docg contrassegna 68,8 milioni di bottiglie, di cui il 94,5 per cento sono spumanti (1,1 milioni le bottiglie di Cartizze). Per quanto riguarda le vendite, secondo il Consorzio di tutela del vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco, il 42,4 per cento sono indirizzate all’esportazione, mentre il rimanente è suddiviso, a grandi linee, tra Gdo, 37, 6 per cento, e canale horeca, 28,8 per cento. In futuro si prevede che l’export crescerà ancora e, soprattutto, si esploreranno nuovi mercati.

VILLA SANDI

Un intenso Millesimato Docg che profuma di vendemmia Dall’area collinare Docg compresa tra Conegliano e Valdobbiadene, su terreni calcarei misti a marna e a tratti calcareo argillosi, Villa Sandi, l’azienda di Giancarlo Moretti Polegato, produce il Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut Millesimato, un vino spumante aromatico e intenso, ricco dei profumi della vendemmia. Dal colore giallo paglierino scarico, ha un perlage fine e persistente. Al naso, le importanti note di frutta, tra cui spiccano i sentori di mela golden matura, sono affiancate da eleganti profumi floreali che ricordano i fiori d’acacia. Al palato è fresco, asciutto su un fondo sapido con finale piacevolmente fruttato e armonico. Ottimo come aperitivo, il Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut Millesimato di Villa Sandi può accompagnare piatti a base di pesci marinati con delicate erbe aromatiche e primi piatti con erbe spontanee.

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Per quanto riguarda le tipologie, la tendenza è quella di un consolidamento del Brut, oggi al 40 per cento della produzione, e di un aumento delle vendite degli spumanti che menzionano la Riva.

Evoluzione del gusto Da qualche tempo a questa parte i produttori di Conegliano Valdobbiadene stanno proponendo sempre più spumanti della tipologia Brut rispetto ai più tradizionali Dry ed Extra Dry. Il motivo è da ricercare nel fatto che fin tanto che il Prosecco veniva consumato fuori zona quasi solo come aperitivo, la più tipica tipologia Extra Dry era la più adatta. Ma da quando le bollicine trevigiane si sono maggiormente avvicinate alla tavola, degno accompagnamento di stuzzichini ma anche di diversi piatti, ecco che allora la versione Brut è diventata quella che vi si sposa meglio. Questa tendenza è in atto ormai da qualche tempo, solo che all’inizio veniva vista come un’innovazione quasi sperimentale, oggi invece pare diventata la strada maestra. In verità, nella Marca Trevigiana il Prosecco lo si è sempre accompagnato al cibo, mentre al di fuori della zona di produzione, invece, il fatto di abbinarlo a pasto era un atto quasi provocatorio. Ora molto è cambiato, di qui il motivo della proposta di tanti Brut. Ma, oltre al suo maggior eclettismo a tavola, è un fatto che il Conegliano-Valdobbiadene Docg e il Prosecco Doc si stiano affermando sempre più anche nei locali etnici di rango, come alternativa ai fin troppo vinosi metodo Classico. I piatti garbatamente speziati e agro-dolci della cucina indo-cingalese, thai, indonesiana, ecc... ben si sposano con le morbide e aromatiche bollicine a base di glera, in questo caso anche e soprattutto in versione Extra Dry e persino Dry, risultando il Brut -per questo tipo di piatti- fin F B troppo austero e asciutto.


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BICCHIERI L’AZIENDA TEDESCA, SPECIALIZZATA NELLA PRODUZIONE DI BICCHIERI E CALICI PER VINO, BIRRA E DISTILLATI, HA REALIZZATO UNA LINEA IN VETRO SPRUZZATO IN VARI COLORI E RESISTENTE AI LAVAGGI IN LAVASTOVIGLIE. UNA SOLUZIONE PLASMABILE SULLE ESIGENZE DEL CLIENTE, CHE RENDE QUESTI BICCHIERI ORIGINALI E DIVERTENTI

Rastal colora il mercato Stefano Masin

A I colorati bicchieri da acqua e da bibita, da abbinare, in nuance, ai calici da vino, ideati da Rastal, rendono moderna e accattivante la mise en place

lcuni reperti archeologici dimostrano che il vetro fu scoperto circa 3 mila anni prima di Cristo. Ben prima, quindi, della storia narrata dallo scrittore di epoca romana Plinio il Vecchio secondo il quale furono dei mercanti fenici a scoprirlo per caso dopo che un fulmine colpì la sabbia di una spiaggia. Ma tra realtà e leggenda da c’è un dato che rimane inconfutabile: il vetro, bello, elegante, plasmabile e versatile, è ormai parte integrante della vita di tutti i giorni. Può ricoprire un grattacielo o diffondere la luce, come un lampadario, può essere un’opera d’arte o più semplicemente diventare utile compagno per dissetarsi o degustare un buon vino. E sono proprio i bicchieri il core business di Rastal, storica azienda tedesca che dal 1997 è presente anche nel nostro Paese con la filiale Rastal Italia. Attiva su tutti i mercati del beverage, Rastal annovera tra la propria clientela clie le maggiori aziende del settore, creando per loro anche calici esclusivi. Oltre a numerosi articoli concepiti appositamente per p importanti marchi, Rastal ha voluto ideare i prodotti adatti al mercato italiano per gusto, g design e prezzo. Il settore trainante oggi og è sempre quello del vino e dei distillati. Seguono Se il mercato della birra, le forniture

per il catering e i grandi distributori selezionati. Ma l’innovazione e la ricerca di un prodotto sempre più originale e accattivante, per Rastal, sono obbiettivi importanti. Così, seguendo le esigenze di un mercato sempre più dinamico, ha realizzato una gamma di bicchieri colorati per rendere la mise en place particolarmente divertente. L’ampia gamma di colori permette al cliente di personalizzare in modo originale ogni articolo, assicurando allo stesso tempo resistenza ai lavaggi in lavastoviglie. Infatti, per Rastal estetica e funzionalità devono necessariamente combinarsi. Le vernici a spruzzo per la decorazione del tableware aderiscono perfettamente alla superficie del vetro e permettono di ottenere degli effetti di luce accattivanti. A ciò va anche aggiunto che le vernici a spruzzo sono di origine organica e quindi idonee al contatto con gli alimenti. Oltre a colori trasparenti o coprenti, inoltre, la spruzzatura del vetro può essere totale o parziale. Nel caso dei calici da vino, un effetto molto richiesto è quello della spruzzatura sul solo piattello o sullo stelo. Per i bicchieri da acqua o da bibita, invece, la vernice a spruzzo viene applicata generalmente sul fondo per creare originali giochi di colore e per lasciare libera la superficie per la normale F B personalizzazione in serigrafia. Rastal Italia srl, via A. Calvi 35, 29015 Castel San Giovanni (Pc), tel. +39 0523.883805, info@rastal.it


The World We Love.

Verona, SABATO 6 APRILE 2013

Verona 7 | 10 APRILE 2013

GRAND Tasting

VINITALY 47 a Edizione

New Premier Event at Vinitaly operawine.it

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Together with

VINITAL VINIT ALY Y.COM


CREME BIRGALE È IL PROTAGONISTA DI UNA FIABA, DIVENTATA UNO SPOT E UN CORTOMETRAGGIO, CON UN FINALE GOLOSO LEGATO ALLA CREMA SPALMABILE DI CACAO E NOCCIOLE DELLA RIGONI DI ASIAGO. UN PRODOTTO IN CRESCITA, IN ITALIA E ALL’ESTERO, OGGI BEN PRESENTE SUGLI SCAFFALI DELLA GRANDE DISTRIBUZIONE

Uno gnomo per la Nocciolata Barbara Amati

L Lo gnomo Birgale protagonista della campagna pubblicitaria per la Nocciolata di Rigoni di Asiago

o gnomo Birgale è il personaggio di una fiaba, diventata uno spot e un cortometraggio, con un finale lieto, anzi, goloso perché il suo è un mondo di cose buone e naturali, proprio come la Nocciolata Rigoni di Asiago, la deliziosa crema di cacao e nocciole che diventa protagonista del racconto insieme a lui. Una favola, scritta da Giancarlo Bortoli, che si lega a una leggenda dell’Altopiano di Asiago e che nasce dall’amore verso il territorio di origine della famiglia Rigoni che con questa operazione intende avvicinare i bambini a un mondo fantastico, ma legato ai ritmi e ai prodotti della natura: “Produrre una crema di cacao e nocciole sana e buona che nasce come un prodotto biologico significa fare un passo indietro nella natura -dice Andrea Rigoni, presidente e amministratore delegato dell’azienda- Il biologico è la base su cui ’costruiamo’ i nostri prodotti, secondo la strategia di farli più buoni degli altri. Gli gnomi dell’altipiano, che salvaguardano la natura, sono un esempio per tutti e quello di Birgale è un messaggio forte che ci farà conoscere in maniera diversa, in particolar modo dai bambini, i maggiori consumatori di questo tipo di prodotto”. Un nuovo modo per raccontare la Nocciolata che, come tutti i prodotti della Rigoni di Asiago (nota per le confetture Fiordifrutta, Mielbio e il succo di mele Dolcedì, www.rigonidiasiago.com), è realizzata con ingredienti selezionati e certificati di alta qualità: non contiene olio di palma, né grassi idrogenati, né aromi, conservanti o coloranti. “È prodotta con cacao delle Antille, nocciola tonda romana, a basso contenuto di grassi, zucchero di canna bio non raffinato, latte scremato da allevamenti all’aperto, burro di cacao e vaniglia naturale del Madagascar e per prepararla occorrono 48 ore-spiega Antonio Rigoni, responsabile della produzione, nello stabilimento di Foza, vicino ad Asiago (Vi)- Dopo la miscelazione gli ingredienti vengono fatti passare attraverso appositi laminatoi fino a ottenere una polvere leggerissima; segue il concaggio, dove questa polvere viene mescolata a lungo

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a una temperatura controllata fino a farne una crema perfettamente liscia e omogenea che viene lasciata riposare per tutta la notte prima di essere filtrata e confezionata. Il prodotto che ne risulta è naturale, morbido e perfettamente equilibrato”. Tra i primi, entusiasti estimatori di Birgale è Andrea Rigoni, che nella Nocciolata crede molto: “La produciamo da 6-7 anni, ma solo oggi abbiamo raggiunto un grado di distribuzione tale che ci permette di parlare di un prodotto ben presente sugli scaffali dei supermercati, anche in Francia, Germania e Stati Uniti. Già apprezzata dagli adulti, volevamo che divenisse appealing anche per i bambini, avvicinandoci a loro con una comunicazione adatta: per questo è nato Birgale che da aprile sarà il soggetto di una campagna pubblicitaria televisiva che vede un investimento di un milione e mezzo di euro. E poiché sono comunque le mamme a scegliere cosa dare da mangiare ai loro bambini, la Nocciolata risponde sicuramente all’esigenza di un prodotto naturale e bio”. Nel segmento delle creme spalmabili di cacao e nocciola (leader è Nutella della Ferrero con il 93 per cento del mercato, seguita da Nutkao), la Nocciolata sta crescendo rapidamente e nel 2012 ha registrato un più 50 per cento a volume. “Abbiamo un prezzo premium rispetto ai prodotti della concorrenza ma, se il consumatore l’assaggia, si rende conto dell’alta qualità e ne comprende il prezzo -puntualizza -puntu il direttore marketing Cristina Cossa- e per questo la promuoviamo con

l’invito alla prova. L’obiettivo è entrare nelle famiglie glie ed essere amati dai bambini. Inoltre, la Nocciolata, ta, come Fiordifrutta e il Mielbio, è presente anche nel canale horeca grazie al partner First del Gruppo o Barilla che da un anno si occupa della distribuzione e e in alberghi, ristoranti e bar. C’è un forte interesse per i nostri prodotti che rispondono alle esigenze del livello alto del food service con i mignon da 25 grammi e con il formato bustina da 18 grammi”. Nel 2012 l’export ha rappresentato il 6-7 per cento dell’intero fatturato aziendale, ma si punta al 15 per cento in tre anni. In Francia, la oe Nocciolata è al primo posto tra le creme di cacao ché nocciola, favorita anche dalla sua naturalità, poiché le autorità francesi hanno dichiarato guerra all’olio di palma (tra gli ingredienti della Nutella), tassandolo pesantemente in quanto considerato dannoso per la salute. “Essere nati sull’Altopiano di Asiago, nella montagna e nella natura, e volerci rimanere, significa che i nostri prodotti sono pensati e realizzati qui: scegliere il biologico è per noi una scelta naturale, intesa a conservare nel tempo le risorse della natura -commenta il presidente- Un modo di pensare, di agire e di praticare l’agricoltura in funzione di una maggiore tutela dell’ambiente e del consumatore”. Una strategia produttiva premiante, tanto che Rigoni di Asiago è market leader in Italia nella vendita a valore nell’intero comparto delle confetture con un prodotto biologico, Fiordifrutta (proposta in 25 gusti) e il 2012 si è chiuso con una crescita del 7,4 per cento F B e un fatturato di 65 milioni di euro.

Per la famiglia Rigoni la scelta del biologico significa tutelare l’ambiente e il consumatore. Nella foto, il presidente Andrea Rigoni con, da sinistra, i fratelli Luigi e Antonio e il cugino Mario. Sopra, alcune interpretazioni della Nocciolata, crema di cacao e nocciole bio

CHEF

Le rricette naturali di Dal Degan Da quattro anni lo chef Alessandro Dal Degan de La Tana di Asiago è partner della Rigoni di Asiago nella creazione di ricette con le confetture Fiordifrutta, i mieli Mielbio e la Nocciolata. In comune, ne la Rigoni e il cuoco, hanno l’innamoramento per il loro territorio e la sua valorizzazione: insieme, m stanno creando una linea di cucina che preveda l’utilizzo di questi prodotti. Nelle ricette le proposte p della Rigoni entrano in maniera semplice, “perché meno si toccano le materie prime e meglio m è”, spiega Dal Degan. Così, ecco i Canederli di ricotta con Fiordifrutta al limone e il Filetto t di maiale berico, radicchio rosso e Fiordifrutta alle prugnole selvatiche: due piatti in menu che esaltano da un lato la sua cucina naturale e dall’altro i prodotti bio della Rigoni di Asiago.

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RISTORANTI SONO TRASCORSI QUARANTOTTO LUNGHI MESI DA QUEL TRAGICO APRILE, QUANDO LA TERRA TREMÒ DISTRUGGENDO UNA DELLE CITTÀ PIÙ ANTICHE D'ITALIA. OGGI,

IL CENTRO STORICO DEL CAPOLUOGO ABRUZZESE STA LENTAMENTE RINASCENDO PER MERITO DI UNA RISTORAZIONE APPASSIONATA E CAPARBIA, CHE NON SI È MAI ARRESA

L’Aquila, risorgere dopo il terremoto Antonio Paolini

Q Il Palazzo del Governo completamente distrutto è uno dei simboli iconografici del sisma del 2009

uattro anni. Il tempo che intercorre tra un’Olimpiade e l’altra. O tra un Mondiale di calcio e il successivo. Quattro anni, un ciclo. E se in un ciclo succede nulla o quasi, cosa bisogna dedurne? L’Aquila, quattro anni dopo. Era l’ultima notte del Vinitaly 2009, l’alba, quando i cellulari di chi era a Verona, come il sottoscritto, cominciarono a squillare. Seguiti dalle prime spietate immagini televisive, a illustrare l’entità clamorosa della tragedia e del danno. Un ciclo (quattr’anni) dopo, il centro storico della città è ancora così: quinta di un ipotetico “teatro della rovina”, set d’una stralunata Cinecittà in cui pare si stia per girare una cosa tipo sequel di Blade Runner. I puntelli d’acciaio (per gran parte targati con il marchio della ex dominatrix di Confindustria e amica dei potenti Emma Marcegaglia) tengono su vanamente facciate di palazzi da subito condannati senza appello, con dietro cortili colmi di detriti. Ancora. Da allora. Edifici da abbattere. Ma che non vengono demoliti; altrimenti… be’, dovrebbero essere ricostruiti… Gli uffici in Centro non sono tornati. Le famiglie, men che meno. Uniche luci accese nel Centro, tombstone forzata, monumento alle bufale, alla malafede politica di chi governava l’Italia, alle lacrime di coccodrillo e alle false promesse, e “tempio” della politica mediatica -ammoine in tivù, lacrimucce in tasca, visite fintocommosse a raffica e gente spietata che si fa gli affari propri- sono quelle dei locali. Alcuni decisamente legati alla cosiddetta movida degli sradicati, i giovani “indigeni” e gli studenti universitari che, scacciati dal lo loro habitat e dispersi in periferie e hinterland total totalmente privi di strutture sociali, tornano nei fine settimana nelle piazzette deserte del Centro a fa far casino fino all’alba: tanto non c’è nessuno a ti tirargli l’acqua dalle finestre. E poi, gli “eroi del cib cibo”. E del vino. E della socialità correlata. Si sa, e llo cantava alla grande Francesco De Gregori n nel Cuoco di Salò: anche in una tragedia, una bufera, un naufragio, bisogna mangiare. E il b ccome, il dove, il cosa, fa sempre la differenza.

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Per questo, persone come Marzia Buzzanca di Pera corsi di Gusto, la famiglia Massarii u” del Boss (anzi “ju” ce Boss, come si dice no, in slang aquilano, il” con l’articolo “il” etto tradotto in dialetto bio locale), il caparbio, intraprendente Maurizio De Luca della Fenice, che vivono il loro lavoro come qualcosa di strettamente connaturato al loro modo di essere e al loro rapporto con la città, sono rimasti. Non sono né emigrati, come hanno fatto quindici-ventimila aquilani dopo il sisma (e il logorante nulla apneico seguito), né hanno decentrato le attività. Sono là, in primissima linea. E aspettano, oltre ai clienti (la frequentazione del Centro, finito il turismo “a caldo” del dolore, perdurante la ibile e crisi, è imprevedibile discontinua, ora masovvisiccia e ora improvvia), il samente diradata), verdetto. Sapere cioè se, e quando, e per no quanto, dovranno spostarsi, e dove, se rimai i lavori di riprio stino e recupero e del recuperabile in Centro inizieranno davvero su scala ampia.

Marzia, la più M no del lotto, nota colei che aveva co il Vinalia, bistrot ggourmet con promessa dii p stella e due gio-vanissimi chef ef (che poi hanno no ffatto entrambi bi strada), lo ha perduto; p e ha ripiepiegato (si fa per dire: sarebbe più corretto asserire che ha rilanciato) sul suo secondo spazio, Percorsi di Gusto o appunto, virando sul lievito madre, la pizza gourmande (prodotti abruzzesi in gran parte per farce e condimenti, e ogni nuova idea dedicata a una via della città) e lo sporcarsi le mani: diventando, lei già sommelier e patronne, cuoca e pizzaiola. Marzia continua a gestire con impegno immutato (ma qualche alche comprensibile palpitazione al cuore, cuo quella sì) ì) il lavoro quotidiano. E a intercalarlo con le “Cene a 4 mani”, la lunga serie di d discese nel Centro dell’Aquila d di chef e maestri del lievito celeberrimi e solidali (Oldani, Beck, Iaccarrino, Tassa, Romito, Pepe, Sorbillo, Bonci P ecc... tra i venuti): prosec sime serate attese con sim Aim Aimo e Nadia, Cracco, e una tutta al femminile e ded dedicata alla resisten-

Per riportare l’attenzione sul centro della città, ancora invaso dalle macerie, la cuoca abruzzese Marzia Buzzanca ha ideato le Cene a 4 mani. Con lei grandi nomi della cucina italiana come Ernesto Iaccarino (in alto a destra) e Heinz Beck, qui accanto

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RISTORANTI

Chef, maestri del lievito e cittadini, insieme per dar vita al centro storico, dove tutto è ancora fermo a quattro anni fa: stessi ponteggi a sostenere muri, case e chiese crollate

za alla “scossa”, in tandem con colleghe emiliane a loro volta ferite dal terremoto. Da qualche mese (!) le hanno finalmente riallacciato il gas; per due anni e passa ha lavorato con le bombole, rischiando spesso il black out energetico a metà di un servizio. Ora vive sul filo, aspettando come tutti notizie certe sul futuro prossimo (lei è in una piccola, deliziosa traversa del Corso principale) dell’area. Maurizio, alias La Fenice, un patrimonio in vino (20 mila bottiglie) rimasto in gran pa parte sotto le macerie dell’en dell’enoteca storica di piazza dell della Prefettura, accanto dev al devastato Palazzo del Gove Governo, uno dei simboli icon iconografici dell’armaged geddon in città, e in più, oltr alla bottega, anche oltre la ccasa (era adiacente) pe pesantemente danneggi giata, non solo è lì: ma h rilanciato. Enoteca ha b sempre in Centro, bis,

Alcuni protagonisti delle cene solidali: Davide Oldani e Davide Novali con Marzia Buzzanca; a destra, l’ideatrice dell’evento con Salvatore Tassa 60 | FOOD&BEVERAGE APRILE 2013 013

a un passo dal Castello Cinquecentesco e dal Corso. E proprio nel parco del Castello, davanti al monumento (un altro di quelli rimasti chiusi e al palo, malgrado i proclami iniziali) anche un chiosco light e allegro per gli aperitivi. Terza mossa, in arrivo, un compra & gusta, ala shop e snack con mescita all’interno dell’enoteca, ripristinando la funzione del consumo in loco che La Fenice originaria aveva sempre avuto. Il Boss, infine: l’osteria interclassista che ha traghettato (traghettandosi a sua volta) la folta clientela dal mondo ancien della briscola e tressette, del quartino sfuso con gassosa e della gang stanziale dei pensionati al vino di qualità ed ecologicamente virtuoso, alla degustazione e alla discussione sul bicchiere, ringiovanendo a dismisura la platea, ma senza ripudiare o emarginare la vecchia: cosicché, magicamente, età e culture diverse continuano pacificamente a convivere, e a sgranocchiare insieme l’immarcescibile focaccia lievita con frittata casalinga, o col salame local, da sempre specialità gastronomiche della casa. Il Boss è stato il primo a riaprire dopo la sciagura. Poche lesioni, tanto coraggio. E migliaia di persone il giorno del primo tappo saltato, a provare tutte insieme a pensare sa positivo, brindando, malgrado tutto. brind Accanto e oltre, il trio del Centro (a completarlo o in i quartetto c’è il Bar Nurzia, piazza del Duomo, locale liberty e “casa” del torrone al cioccolato tenero e nocciole, bandiera dolciaria cittadina), altre resurb rrezioni vanno segnalate. E un ri-debutto. Cominciamo da quest’ultimo. Uno dei due chef “bambini” (ricordate?) del de Vi Vinalia, diventato nel frattempo grande, è tor tornato a casa. Mentre il suo collega Felice Sga Sgarra ha aperto il “suo” posto nella Puglia natì natìa, William Zonfa, aquilano, scuola alberghier ghiera a Villa Santa Maria (il paese abruzzese dei cu cuochi “da bastimento”, verso le Americhe,


di inizio Novecento), prime padelle bruciate a Rivisondoli (il borgo d’altura dove è nato e si è lanciato in orbita a Niko Romito), espeerienze professionalii e crescita da pluristellalati in Germania, dopo po il decollo iniziale nella ella nursery amica e intelligente di Vinalia, ha accettato un n ingaggio in città. E lo ha subito “griffato”. Il (suo) ristorante del nuovo hotel (nato post sisma) Magione Papale ha centrato al volo un macaron, la stella Michelin, al primo anno di apertura, con un menu tutto utto giocato sulla memoria di piatti tti ancestrali (l’uovo patate e peperoni, i cannelloncini con ricotta ecc...) proiettati nello spazio siderale della creatività e delle consapevolezze tecniche contemporanee, ma con misura e rigore. Tutt’altra mission quella di Lincosta, trattoria di famiglia anch’essa già avvitata al cuore del Centro, oscurata per oltre due anni e finalmente riaperta (ma non nel sito originario, assolutamente impraticabile). Così come quella di Elodia, tavola di prestigio da sempre extra moenia urbis, dislocata lungo la strada che sale al Gran Sasso, alle sue piste da sci e ai suoi percorsi di trekking e di roccia scabra. Che ha perso a suo tempo sede e affetti (ci sono state vittime in famiglia, dai Moscardi). Ma ha ricominciato, e pedala a tutta, a poche centinaia di metri, nel luogo che avrebbe dovuto essere il piccolo hotel di charme di sostegno

al ri ristorante originario, e oggi, ripensato, svo svolge duplice funzione. E mission diversissima, ma stessa carica vi vitale, quella degli ex titolari del Gran C Caffè cardine della piazza grande, cioè M Michele Morelli e il socio “maestro” gelattaio Stefano Biasini, scacciati dal sito quando, a p pochi metri dalla Cattedrale, in una delle piazzette più animate dalla v vita serale, avevano appena concretizzato il loro sogno: una gelateria artigiana di q qualità, con gusti basati su p prodotti locali e di ricerca. Il dopo botto è stato: trasf sferimento del Caffè sullo str stradone di passaggio che leg l’A24, l’autostrada per lega Rom e il mondo, ai resti Roma dell città; ripartenza della con il laboratorio di gelat gelateria; e lavoro (su zafferano Dop, torrone autoctono, genziana della montagna vicina, ecc...) talmente accurato da valere loro il titolo di Campioni italiani di gelato. E un passaporto per il Campionato del mondo 2013. Consolazione finale, ma un po’ magra: quello dei gelatai artigiani e superbravi si fa ogni anno, Non dovranno perciò, come L’Aquila, attendere invano un lungo ciclo per difendere, eventualmente, un titolo che è il loro sogno, o per provare ancora a conquistarlo, se stavolta (ma speriamo il contrario…) non andassero a dama… F B

A sinistra, l’esterno del Vinalia bistrot gourmet di Marzia Buzzanca come è adesso, chiuso e inaccessibile. A destra, l’interno prima del terremoto. Sotto, Niko Romito, tra gli chef che hanno sostenuto l’iniziativa Cene a 4 mani


CUOCHI NONOSTANTE IL RISTORANTE SIA STATO DISTRUTTO DAL TERREMOTO E NON ANCORA RIAPERTO, LA FAMIGLIA D’AMATO NON SI È PERSA D’ANIMO E, TRA CENE ITINERANTI PER SOLIDARIETÀ E NUOVE APERTURE, ATTENDE DI RITORNARE NEL SUO RIGOLETTO. INTANTO, DOPO IL RIGOLETTINO, INAUGURA IL CAFFÈ ARTE E MESTIERI

Gianni D’Amato la forza della rinascita Jenny Maggioni

L Gianni D’Amato, qui con il figlio Federico, è un esempio virtuoso dell’Emilia che rinasce dal sisma

a forza più grande di un cuoco è la sua passione. Quella che gli fa sopportate con dedizione tutte le fatiche di questo lavoro. E di forza, passione e dedizione Gianni D’Amato ne ha da vendere. Il terremoto che nel maggio del 2012 ha ferito profondamente l’Emilia, ha colpito, infatti, anche il suo Rigoletto, ristorante due stelle Michelin a Reggiolo (Re), ma non ha fermato il sogno di Gianni, della moglie Fulvia e del figlio Federico. Ricordi che ancora fanno male: la prima scossa del 20 maggio ha fermato il lavoro, quelle del 29 hanno dato il colpo di grazia a Villa Manfredini, il palazzo di fine Settecento che ospitava il Rigoletto. Anche perché, racconta Gianni, “il terremoto ha reso il locale inagibile e non si sa ancora quanto ci vorrà per rimettere tutto a posto, forse ancora un paio di mesi. Gli interni sono tutti da rifare, non c’è rimasto niente”. Solo la collezione dei coltelli del cuoco, i tegami, le placche e gli stampi, infatti, sono stati salvati dalla furia del sisma che ha interrotto, ma non spento, il sogno di Gianni e Fulvia Salvarani: “I primi due-tre mesi li abbiamo passati qui, cercando di capire cosa fare della nostra vita. All’inizio ero molto depressa”, racconta Fulvia. “Ma poi ci siamo rimboccati le maniche”, aggiunge Gianni. Intraprendenti, laboriosi e sorridenti come solo gli emiliani sanno essere, Gianni e Fulvia non hanno, infatti, perso tempo: dallo scorso inverno hanno riaperto l’albergo Villa riape Nabila, ospitato nelle ex Nabi scuderie di Villa Manscud fredini dove, per fortufred na, non c’erano stati grossi danni, e il bistrot gro Rigolettino, osteria Rig moderna con piatti m di d qualità al giusto prezzo: “Abbiamo p deciso di ripartire d immediatamente. Il mio pensiero è

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Il Rigoletto è ancora chiuso, ma il lavoro della famiglia D’Amato non si è mai fermato: hanno riaperto quasi subito l’albergo Villa Nabilia e il bistrot Rigolettino

stato subito quello di riprendere bene, migliorare ancora, fare meglio di come facevamo prima. Abbiamo scelto il nome Rigolettino per non farci dimenticare e per dire noi ci siamo”. Insomma, Gianni e Fulvia non hanno mai smesso di cucinare nei tanti eventi di solidarietà che si sono susseguiti dopo il terremoto e, con il Rigoletto itinerante, nelle cucine di molti colleghi che li hanno sostenuti, “mentre altri invece non si sono fatti neanche sentire”, ricorda con schiettezza Gianni aggiungendo che, a parte quello degli amici “non sto avendo nessun sostegno per la ricostruzione del mio ristorante”. Ma guardare il lato bello della vita è una caratteristica di questa coppia, che, se poco dopo il sisma faceva dire a Fulvia “ne approfitteremo per mettere l’ascensore”, oggi si esprime nella massima di Gianni “dalle sfortune nascono spesso fortune”. Fortune che si stanno concretizzando in nuovi incontri e in nuove avventure. L’ultima è l’apertura, con il figlio Federico e lo chef Sauro Antonioli, del Caffè Arti e Mestieri a Reggio Emilia, un luogo dove gustare la cucina del territorio in chiave moderna e informale. Perfetto per un semplice break, una colazione di lavoro, un pranzo veloce e un dopo cena free, il tutto sempre preparato con ingredienti di qualità. Ci sono anche dei percorsi “a tema”, dalle tapas alle paste fresche. Senza dimenticare i grandi classici della cucina di Gianni D’Amato. Ma tutto questo in attesa di rispettare quella promessa fatta appena dopo il sisma: “È solo una chiusura temporanea”. E di tornare finalmente a casa. E cioè a quel ristorante, il Rigoletto, che ha trasformato in realtà il sogno e le fatiche di una vita. La loro storia comincia sui banchi di scuola dell’Istituto alberghiero di Lerici (Sp), poi l’amore e il desiderio di aprire un ristorante tutto loro. Il primo Rigoletto nasce nel 1986 ad Aulla (Mc), città natale di Gianni. Spinti dalla passione e dall’entusiasmo, insieme riescono a superare difficoltà e problemi e, da quando, nel 1998, il Rigoletto si sposta a Reggiolo, è tutto un susseguirsi di avvenimenti e riconoscimenti, primi fra tutti le due stelle Michelin, la prima nel 2002 e la

Gianni e Fulvia D’Amato hanno portato i loro piatti in altri ristoranti e, ora, hanno inaugurato a Reggio Emilia il Caffè Arti e Mestieri

seconda nel 2005. Poi l’apertura nel 2008 della Locanda Rigoletto, quattro suite esclusive, in perfetto equilibrio tra gusto moderno e ospitalità antica, condita da lussi semplici, come, ad esempio, le marmellate fatte in casa a scaldare il risveglio. In tanti ora attendono la riapertura di quello che per anni è stato un buen retiro gourmand per gente comune e personaggi famosi, tra cui Federico Fellini, che si era stabilito a Villa Manfredini per girare La voce della luna, e il presidente Giorgio Napolitano: “Riceviamo tante telefonate -racconta Fulvia- Molti non sanno cosa ci è successo dopo il terremoto”. Ecco perché è importante raccontare la loro storia, come esempio virtuoso di carattere, di forza e di ottimismo, ma anche, per ribadire, a un anno di distanza, che Gianni e Fulvia, così come tanti altri, avrebbero dovuto avere quell’aiuto promesso e mai ottenuto F B per ricominciare a lavorare e vivere. SCHEDA

Caffè Arti e Mestieri via Emilia a San Pietro 14 42121 Reggio Emilia tel. +39 0522.432202 www.caffeartiemestieri.it

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DESIGN COSÌ COME IL CARAVAGGIO GUIDA L’ATTENZIONE DELL’OSSERVATORE SU UN PUNTO PRECISO DEL SUO QUADRO GRAZIE ALLA LUCE, DAVIDE GROPPI ILLUMINA IL PIATTO CON DELLE PENNELLATE DI LUCE CHE NE SOTTOLINEANO L’UNICITÀ E LA BELLEZZA, IN UN GIOCO ESTETICO CHE RENDE AFFASCINANTI I SUOI PROGETTI LUMINOSI

E luce fu… Irene Catarella

I

l suo ispiratore è Caravaggio, con i giochi di luce e ombra, ma anche Monet, che ritraeva le ninfee sempre alla stessa ora perché era convinto che il variare dei raggi del sole mutasse la percezione degli oggetti. È Davide Groppi, piacentino Doc e vero artista della luce. Ragazzino curioso, che voleva fare il matematico, da sempre convinto, come Platone, che il bello sia la luce del vero e che bellezza e verità coincidano: il suo approccio epistemologico è quello di cercare sempre il senso in ciò che fa. Un giorno costruì una lampada con suo padre, scoprendo, così, che la luce era un elemento molto efficace per mettere in comunione le persone, perché in grado di creare empatia. Così, a ventidue anni, Groppi aprì un piccolo laboratorio nel centro storico di Piacenza, in cui progettare, costruire e vendere le sue lampade: “Inventare è un verbo che mi piace molto, più della parola design, perché la forma di ogni mio lavoro non è una pura sagoma, ma nasce dal pensiero di certe linee che devono esprimere necessariamente determinate funzioni”. Nel 1994 la grande svolta. Entrare nel negozio milanese di Maddalena De Padova, la proprietaria e artefice dell’omonimo marchio, emblema di eccellenza nel settore dell’arredamento, fu la sua fortuna: la De Padova decise, infatti, di esporre al Salone del mobile di Milano di quell’anno, 40 delle sue lampade di carta, chiamate Baloo come l’orso del Libro della giungla. Per Groppi il nome della lampada contribuisce al suo destino e trasmette una visione sartoriale che è tipica della moda: nella realizzazione dei suoi oggetti infatti, è come se l’artigiano “cucisse” la luce, perché

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Davide Groppi ha illuminato alcuni dei più importanti ristoranti italiani, tra cui l’Antica Osteria del Teatro, nella pagina a fianco, con la lampada Miss. Qui accanto, la lampada Sampei all’Osteria La Francescana

pensare ogni lampada significa progettarla su misura, per dare a ciascuno la luce di cui ha bisogno. Nel 2010 Groppi inizia il suo legame con il mondo degli chef stellati, grazie a Massimiliano e Raffaele Alajmo che lo chiamano per il restyling del ristorante Le Calandre di Rubano (Pd): “Ho realizzato queste lampade che si chiamano Ovo e Ovo nel piatto perché Massimiliano pensa che l’uovo sia il simbolo della cucina”. Così è nato il progetto La luce nel piatto che vuole far comprendere agli chef l’importanza dell’illuminazione in sala e il concetto che la luce sia un ingrediente basilare. Groppi utilizza, soprattutto, la luce bianca perché ha una teoria tutta sua: pensa che la luce abbia un genere, ossia ci sia quella maschile e quella femminile. “La luce maschile, che secondo me è quella del Caravaggio, è la luce con l’ombra, ed è quella che scelgo per lo più per ristoranti e negozi, perché è la più teatrale, affascinante e misteriosa - spiega Groppi- La luce femmin femminile, invece, è indiretta ed è quella morbida dell’aba dell’abat-jour. Miscelando le due si crea la luce più bella del d mondo”. All’artista p piace ricreare per il clien cliente l’idea di essere l’un l’unico ospite anche qua quando il ristorante èa affollato, un effetto ch che si può ottenere se si iillumina solo il tavolo lo, lasciando tutto il rresto in penombra. D Da un punto di vista tecnico e cinemato-

grafico, in questo modo, infatti, la luce cade sul piatto: così anche il cibo più semplice è esaltato e messo in evidenza. L’intuizione di focalizzare la luce sul piatto è venuta all’artista proprio osservando il quadro di Caravaggio Cena in Emmaus alla National Gallery di Londra. Le persone, invece, si illuminano indirettamente dal basso verso l’alto, perché la luce, cadendo sul tavolo, sale e trasforma i commensali in opere d’arte, “tinteggiandoli” di sfumature caravaggesche. Per Groppi un ristorante deve essere considerato un luogo esperienziale: si deve creare un’atmosfera tale da offrire ai clienti una possibilità percettiva multisensoriale e non solo un’esperienza enogastronomica.

Al Gran Caffè Quadri di Venezia tutta l’illuminazione è stata curata da Groppi; sopra e a sinistra due diverse immagini del locale

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DESIGN

Le Calandre dei fratelli Alajmo sono illuminate da Ovo e Ovonelpiatto che focalizzano la luce sul tavolo. Sotto, la lampada Miss per una nuova luce contemporanea

Il progetto per Le Calandre ha dato il via a un sus-seguirsi di lavori di nsuccesso: il ristorania, te Quadri a Venezia, l’Antica Osteria del ’alTeatro a Piacenza, l’alemlestimento, nel settemia La bre 2012, dell’Osteria dena Francescana a Modena o con e l’attuale impegno Il Clandest Clandestino a Portonovo (An). (An) Le due e linee guida del sofia di della filosofia Groppi ssono la coerenza e la diversità: perché hé i suoi la e lavori hanno l’impronta di uno stile riconos o riconoscibile, ma al contempo risultano sempre originali. Creazioni di lampade che seguon seguono quattro approcci fondamentali alla luce: rrecupero, che consiste nell’utilizzare degli oggetti che ci sono già, come una cann da pesca nel caso della lampada canna Sam emio Sampei, che ha ricevuto nel 2011 il premio Edid ed è stata utilizzata per i ristoranti nti di Edida Alaj Alajmo e Bottura; tecnologico, che si avvale delle del ultime tecnologie, come, ad esempio, i dio che oggi permettono di realizzare meradiodi vig vigliosi effetti; visione, ossia vedere il mondo co gli occhi degli altri, come la lampada con N Nulla, alla Francescana, che rappresenta l negazione del design e che consiste in la un piccolissimo foro nel soffitto da cui esce un fascio di luce rivolto verso il basso; infine, intuitivo, che prende spunto dall’analisi

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delle opere d’arte, soprattutto del Caravaggio, utilizzato per l’Antica Osteria del Teatro con la utiliz realizzazione di Miss, un tubicino dal diametro reali minuscolo, 25 millimetri, e lungo 75 centimetri, min che sfrutta un particolare diodo inserito al suo interno e che genera ge una luce d d’effetto. Gli ingredienti, ossia le q quattro comp ponenti fondamentali alla d base delle sue ba creazioni, sono cre sem semplicità, leggere gerezza, emozione e intenzione. Il lavor lavoro di Groppi si può d definire di cuore e di ce cervello, sempre in bilic bilico tra passione e consapevolezza, consa tra raziona razionalità, per lo più messa in atto con i colleghi ing ingegneri che gli permettono di realizzare le sue idee, e irrazionalità, che lo spinge ad andare oltre e a pensare che ogni confine è una sfida da superare. Come in ogni scenografia che si rispetti, la luce è fondamentale: se si sbaglia, la scena perde intensità. Quindi, per “gustare” la bellezza di un piatto a tutto tondo occorre gestire la luce e puntarla su ciò che si vuole valorizzare: esattamente come fa Caravaggio nel catturare l’attenzione sul particolare di un quadro: la comunicazione avviene proprio attraverso la luce. In un quadro come a tavola. F B



DEGUSTAZIONI VERNACCIA DI SAN GIMIGNANO 2012, CHIANTI CLASSICO 2011, VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO 2010, BRUNELLO DI MONTALCINO 2008: LE NUOVE ANNATE APPENA ENTRATE SUL MERCATO DEI GRANDI VINI DI TOSCANA SI SONO PROPOSTE ALL’ASSAGGIO DEGLI OPERATORI. E ALL’ANNATA 2012 SONO ANDATE LE 5 STELLE

Docg toscane Le anteprime

L

a Vernaccia di San Gimignano 2012 è profumata, più fine ed elegante rispetto alle ultime annate; per il Chianti Classico il 2011 è risultata un’annata tra il buono e l’ottimo, dai profili aromatici e fruttati, molto in linea con il vitigno; nel Nobile di Montepulciano annata 2010 la varietà prugnolo gentile ha fatto bene il suo dovere presentando al naso sentori floreali, eleganti speziature e modeste presenze balsamiche; per il Brunello di Montalcino l’annata 2008 si è presentata ottima (4 stelle), con una bella finezza e un’ampiezza aromatica con piccola frutta rossa matura e speziature decisamente dolci con finali balsamici. Da alcuni anni le Anteprime dei vini della Toscana, i grandi Docg che rappresentano questa regione nel mondo, sono un evento nell’evento di grande portata mediatica, che coinvolge un numero impressionante di giornalisti italiani e stranieri. Come è tradizione, a dare il via alle degustazioni è la Vernaccia di San Gimignano con le nuove annate che usciranno sul mercato nel corso del 2013: l’annata 2012 (in anteprima) per la tipologia base e alcune selezioni, sempre del 2012, a seguire le Riserve 2011. Come detto, la Vernaccia di San Gimignano 2012 è profumata, più fine ed elegante rispetto alle ultime annate. Le Riserve 2011 hanno mostrato più spalla e maggiore complessità con ricchezza ed equilibrio. All’Anteprima, organizzata dal Consorzio Denominazione di San Gimignano, presenti 46 Case vinicole, dare giudizi complessivi è sempre azzardato, ma

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Rocco Lettieri


possiamo affermare che i vini presentati ati erano di certo migliori dell’annata dello lo scorso anno con più frutta, floreali, non n pronti, ma con basi acidule decise e buona spalla che fanno ben sperare nel futuro.

Il restyling del Chianti Classico Tra le novità più importanti presentate dal Consorzio del Chianti ti Classico alla 20a edizione della Chianti nti Classico ColCol lection alla Stazione Leopolda di Firenze, la nascita di una nuova tipologia di Chianti Classico e il restyling del famoso logo del Gallo Nero: “È una novità a cui lavoriamo da tempo, per rinvigorire e modernizzare il nostro marchio, che diventa più ’fiero’ -ha spiegato il presidente Sergio Zingarelli- anche in un’ottica di strategia sul Gallo Nero che è cambiata nel tempo: nato come sigillo di qualità, oggi è un simbolo di appartenenza alla Denominazione per il vino e al territorio per le aziende”. La seconda importante novità riguarda l’introduzione zione di una nuova tipologia di vino Chianti nti Classico al vertice della piramide qualitativa della Denominazione, la

Gr Gran Selezione, che si affiancherà alla Riserva e all’annata base, ponendosi al top di gamma della qualità dos espressa da questa Docg, fino a oggi esp presente sul mercato soltanto con le pres tipologie Annata e Riserva. tipol 2012, dopo una stagione povera Il 2 di acqua acq e una delle estati più calde anni, grazie alle piogge ha degli ultimi u infine garantito una buona annata di Chianti Classico. La produzione 2012 Chiant si attesta intorno ai 235 mila ettolitri registrando un calo quantitativo del 16 per cento rispetto allo scorso anno, ma per quanto riguarda la qualità dell’annata l’ottimismo è cresciuto con il passare dei mesi. Il 2012 promette quindi vini equilibratissimi, con un ottimo bilanciamento tra alcol, acidità e polifenoli, che sembrano garantire prodotti morbidi, con un grande frutto e una buona ma non eccessiva componente alcolica. La commissione del Consorzio ha dunque assegnato a questa produzione il massimo punteggio: 5 Stelle. per quanto riguarda l’aspetto commerciale, il Anche p 2012 si è chiuso per il Chianti Classico con un confortante +10 per cento nelle vendite sul 2011, grazie fortant soprattutto alle esportazioni che hanno raggiunto sopra quota 80 per cento: al primo posto Stati Uniti

La Vernaccia di San Gimignano 2012, presentata da Letizia Cesani, presidente del Consorzio della Denominazione San Gimignano, è più fine ed elegante delle annate precedenti

Sergio Zingarelli, presidente del Consorzio del Chianti Classico, ha illustrato il restyling del logo Gallo Nero e le nuove tipologie di Chianti Classico

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DEGUSTAZIONI

Promossa a pieni voti l’annata 2012 del Nobile di Montepulciano, presentata dal presidente del Consorzio Federico Carletti, che si è aggiudicata le 5 Stelle. In alto, uno dei produttori storici, Aurelio Busani, titolare dell’azienda Il Cavalierino

(28 per cento), seg seguiti dalla Germa mania, in crescita (12 per cento), dal Can Canada (9 per cento), Regno Unito e Svizz Svizzera (7 per cento), Giapp Giappone (4 per cento), Paesi S Scandinavi (4 per cento) cento). Peril Per il Chianti Classico il 2011 di certo non sarà ricordata tra le gran grandi annate, 37 i campioni presentati di cui ben 17 come “campione da bot botte”, tuttavia i profili aromatici e fru fruttati, molto in linea con il vitigno (in particolare nei colori) c’erano tu tutti e i legni erano presenti ma molto discreti. Sapidità e freschezm zza andavano d’accordo, come pure una bella balsamicità finale. Gustosi, quasi vinosi, caldi con tan tannini arrotondati e speziature nerali ma bella poco pronunciate pronunciate. Pochi vini minerali ra persistenza nel retrogola. Un’annata tra il buono e l’ottimo, di certo migliore della precedente. Vini che possono anche ben sperare di poter stare per qualche anno in cantina. Per il Chianti Classico Docg 2010 (95 campioni, di cui 8 da botte), una a lettura dell’annata ci porta a considerare e questo millesimo tra i più inquietanti di quelli valutati a 4 Stelle. Difficile andare re fea cercare il territorio. Troppe le diffetile renze tra un vino e l’altro, tra uno stile tare e un altro, tra un modo di interpretare un vino da bersi e un vino futuribile.. C’è

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però da dire che chi è riuscito a far buona scelta di uve, sane, integre e ben mature, ha portato in bottiglia eleganza e armonia. I tannini spigolosi sono stati smussati con il legno e l’acidità ha mantenuto freschezza e piacevolezza di beva con buona balsamicità.

Un Nobile a 5 stelle Designata a 5 Stelle anche l’annata 2012 del Vino Nobile di Montepulciano. Nel 2012 sono state immesse sul mercato circa 7,6 milioni di bottiglie di Vino Nobile Docg e circa 2,6 milioni di Rosso di Montepulciano Doc. L’esportazione interessa il 68 per cento della produzione, con una crescita del 7 per cento rispetto al 2011. “Se il primo Paese di riferimento per l’export resta la Germania (44 per cento), è significativo il costante incremento del mercato statunitense che nel 2012 ha assorbito il 17 per cento delle vendite”, ha commentato il presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano Federico Carletti. Il Benelux si attesta al 12 per cento, mentre è in crescita anche il mercato verso l’Oriente che fa registrare circa il 6 per cento con una esponenziale crescita da parte del Giappone (+30 per cento dal 2009 al 2012), mercato verso il quale il Consorzio ha rivolto numerose azioni di promozione. Annata in anteprima la 2010, con 34 vini di cui 13 campioni da botte. Altri 29 i vini in degucampio stazione tra Selezione 2009 e Riserva stazion 2009. E se nel Chianti il sangiovese non fatto la sua bella figura, qui la varietà ha fatt prugnolo gentile ha fatto bene il suo prug dovere presentando al naso sentori dove floreali, eleganti speziature e modeflore ste presenze balsamiche. In bocca belle acidità sostenevano tannini bel ancora non smussati; nel retrogusto an alc alcune presenze tanniche rendeva vano amara la persistenza in gola. U Un’annata da salvare lasciandolla ancora affinare in bottiglia. E veniamo anche a qualche punto


critico: non c’è una linearità territoriale che faccia capire di star degustando un vino dal nome Nobile di Montepulciano. Vini ancora troppo legnosi, impegnativi, caldi, dopati, muscolosi, senza finezza e con poca piacevolezza di beva. Renderli più eleganti e di buona beva sarebbero obiettivi da perseguire.

Brunello, un traino per l’economia “Il Brunello di Montalcino non conosce crisi e l’export fa da traino all’economia del territorio -ha spiegato il presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci- Gli Stati Uniti sono sempre in testa alla lista dei Paesi per le esportazioni, dove in 5 anni è raddoppiato il numero di bottiglie vendute”. A Benvenuto Brunello, nel Chiostro del Museo di Montalcino, 135 produttori hanno presentato le annate appena introdotte sul mercato: Brunello 2008, Brunello Riserva 2007, Rosso 2011, Moscadello e Sant’Antimo e l’ultima vendemmia il 2012, fregiata con 5 Stelle. Riguardo alla produzione, i numeri di Brunello e Rosso sono stabili rispetto al 2011, con rispettivamente 9.200.000 e 4.500.000 bottiglie prodotte. Leggeri aumenti per il Moscadello (40 mila bottiglie nel 2012 contro le 30 mila del 2011) e per il Sant’Antimo (360.000 nel 2012)”. Ottima anche la tendenza sui mercati esteri: a partire dal 2007, quando era al 60 per cento, la quota di export è progressivamente aumentata, attestandosi oggi al 65 per cento del totale prodotto. In soli 5 anni quindi l’esportazione è cresciuta ta di oltre 2 milioni di bottiglie. Gli Stati Uniti continuano ad essere un punto unto di riferimento e il primo mercato ato straniero, rappresentando il 25 per cento del totale prodotto e quindi raddoppiando quasi le vendite rispetto a 5 anni fa: sono o 2 2.250.000 le bottiglie che nel 2012 hanno lasciato Montalcino alla volta degli Stati Uniti. Il Brunello 2008, presentato come ottima annata (4 stelle)

non è stata così facile da degustare. Certaertamente la finezza e l’ampiezza aromatica tica al naso potevano rispecchiare un grande nde prodotto con piccola frutta rossa matura ura e speziature decisamente dolci con finaali balsamici. In bocca molti vini si preesentavano ancora spigolosi, con acidità à accentuate e con tannini slegati, non n di certo armonici. Ma come sempre su 135 campioni alcuni fuoriclasse sono usciti a testa alta confermando che se si opera bene in vigna è indispensabile operare bene anche in cantina. E dove la mano felice dell’uomo ha fatto la sua ua parte, abbiamo trovato grande armonia nia e tannini quasi vellutati con una grande piacevolezza di beva. L’annata ha manifestato le straordinarie caratteristiche del sangiovese, sia sotto il profilo organolettico sia sotto quello dei parametri compositivi, e i vini, oltre ad avere una gradazione alcolica di ottimo livello e in alcuni casi anche piuttosto alta, presentavano valori di polifenoli e di antociani molto elevati e raramente riscontrabili in questo vitigno. Il Rosso di Montalcino 2011 ha finalmente i colori giusti, ricercati, del Sangiovese vero: tonalità rosso rubino con riflessi appena aranciati. Al naso interesnote floreali, sentori fruttati sempre santi n presenti con una scala che partiva dal frutto fresco al frutto più maturro, mai troppo spinti verso sentori ccotti, con finali balsamici (liquirizia, menta, lippia, eucalipto) con punte m di legno appena marcate. In bocca pa partenza acidula contenuta con giusto equ equilibrio con i tannini, non ruvidi, né spigolosi; s la piacevolezza si soffermav mava in gola con buona persistenza F B di to tostature appena boisé.

Annata a 5 Stelle anche per il Brunello di Montalcino, un vino che non conosce crisi, come ha spiegato Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio. A sinistra, la piastrella celebrativa disegnata da Luca Caprai, patron del marchio Cruciani

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ARTICOLO 62 LA LEGGE CHE PREVEDE L’OBBLIGO DEI CONTRATTI SCRITTI E TEMPI FISSATI DI PAGAMENTO PER LE CESSIONI DI PRODOTTI AGROALIMENTARI, ENTRATA IN VIGORE IL 24 OTTOBRE 2012, STA COMPROMETTENDO LA CAPACITÀ DI ACQUISTO E RIFORNIMENTO DI MOLTI PICCOLI PRODUTTORI CHE, AL CONTRARIO, VORREBBE TUTELARE

Opportunità o boomerang? Alessandro Franceschini

I L’articolo 62 riguarda chi fornisce prodotti alimentari alle imprese, esclusa la vendita ai consumatori

l tema dei pagamenti, in genere, nel nostro Paese, è sempre stato un argomento delicato, spesso mai affrontato “di petto”, ma lasciato al cosiddetto “buon senso”. Insomma, l’abbiamo sempre approcciato “all’italiana”, vale a dire, abbiamo sporadicamente puntato l’indice e alzato polveroni senza mai cercare di risolverlo alla radice. I tempi biblici nel riscuotere una fattura, ad esempio da parte di un privato nei confronti della Pubblica amministrazione, sono tristemente noti a tutti. Ma anche tra singole imprese commerciali le cose non hanno mai realmente funzionato: in particolare nel settore agroalimentare. Nonostante l’esistenza di una legge del 1999 (Articolo 22 della Legge del 18 febbraio 1999) che fissava, ad esempio per gli alcolici, il pagamento a 60 giorni dalla consegna dei beni, non sbaglieremo nell’affermare che fino a oggi, o meglio, fino al 24 ottobre dello scorso anno, il numero di operatori commerciali che pagava entro questi termini il vino acquistato direttamente da un produttore, piuttosto che da un intermediario, distributore o grossista, era semplicemente irrisorio. Di fatto, i termini e i tempi di pagamento, nel settore agroalimentare, sia che si trattasse di zucchine o Calvados, di marmellate o vini, erano diventati una delle tante leve commerciali con le quali intavolare un rapporto tra le parti. Tempi lunghi di pagamento potevano significare maggiori volumi acquistati, oppure rappresentare il dazio da scontare in cambio dell’inserimento di una referenza all’interno di un locale prestigioso. Nel tempo, anche a causa dell’incancrenirsi dell’attuale crisi economica, che oramai paralizza il nostro sistema economico dall’autunno del 2008, produttori e, molto più spesso, intermediari, si sono trovati a fare da vera e propria banca a ristoratori, enotecari, droghieri e negozi di alimentari in genere. Poi, quasi inaspettatamente, la sempre minacciata, ma mai realizzata, revisione della regolamentazione dei pagamenti, è diventata realtà e ha colto tutti di sorpresa.

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La legge stabilisce il pagamento entro 30 giorni per i prodotti alimentari deteriorabili, 60 giorni per tutti gli altri. Per via delle nuove norme, molti enotecari e ristoratori diminuiscono lo stock, alcuni fanno più ordini ma di minore entità e altri sono costretti a rendere più snella la carta dei vini

Il passato Governo è intervenuto, infatti, con una nuova norma, molto più stringente dal punto di vista delle sanzioni. Dal 24 ottobre 2012 è entrato in vigore l’ormai noto articolo 62 del Decreto Legge 1/2012, convertito nella L. 27/2012, che riordina e disciplina le relazioni commerciali nella filiera agroalimentare. Sono interessati dalla norma tutti gli attori che comprano e vendono prodotti alimentari: agricoltori, commercianti al minuto e all’ingrosso, Grande distribuzione e industrie di trasformazione: cioè, chiunque venda o fornisca questi prodotti a imprese, a esclusione della vendita al consumatore finale. Di cosa si tratta esattamente? Il cosiddetto articolo 62 ha obbligato chiunque a darsi una regolata, pena sanzioni di una certa rilevanza: questa, a dire il vero, la reale novità della norma. Infatti, oltre all’introduzione obbligatoria della forma scritta nel contratto tra le parti, con indicazione della durata, della quantità e delle caratteristiche del prodotto venduto, nonché, ovviamente, del prezzo e delle modalità di consegna,

è comparso anche il tema dei termini di pagamento: 30 giorni per i prodotti alimentari deteriorabili, 60 giorni per tutti gli altri. Il mancato rispetto, da parte del debitore, dei termini di pagamento è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria a partire da 500 euro sino a 500 mila, stabilita in base al fatturato dell’azienda, della ricorrenza e della misura dei ritardi. Chi controlla che tutto venga realmente rispettato? L’Autorità garante per la concorrenza e il mercato con l’aiuto, se sarà necessario, della Guardia di Finanza.

Riduzione degli assortimenti? C’è chi, poco prima che la legge entrasse in vigore, brindava per questo cambio di rotta quasi epocale. In molti sostenevano che gli interessi, sopratoprattutto dei piccoli produttori mai in grado do di rsi di competere con chi poteva permettersi enti posticipare in tempi lunghi i pagamenti tati delle fatture, sarebbero finalmente stati rispettati. Avrebbero finalmente com-

IL PUNTO DI VISTA DEL RISTORANTE

Maida Mercuri, Al Pont de Ferr “L’articolo 62 è importante perché, per andare verso l’Europa, dobbiamo avere delle regole di pagamento. Secondo me, questa legge, da un certo punto di vista, è un male, perché impone un nuovo ragionamento a cui non siamo abituati, dall’altro, invece, è un bene, perché ci si deve attenere a delle normative -spiega Maida Mercuri, proprietaria e sommelier del ristorante Al Pont de Ferr, a Milano 1 stella Michelin, - Ora, solo chi ha un buona liquidità può rispettare la scadenza di pagamento di una volta a 90 o 120 giorni. Il pagamento a 60 giorni, ad esempio, diventa un po’ difficile per chi vuole comprare il triplo del vino volendo puntare su una determinata annata. Diventa necessario scaglionare e organizzare anizzare meglio gli acquisti. D’altra parte occorre mettersi anche dalla parte delle aziende. Anche perché c’è un gran numero di ristoranti dai quali non era più possibile recuperare i soldi. Comunque, nella gestione della cantina de Al Pont de Ferr non è cambiato nulla. Noi siamo famosi per la carta dei vini, per cui, nonostante queste difficoltà, non pensiamo sia il caso di diminuire la quantità delle proposte. Certo che, invece di fare tre acquisti durante l’anno, magari ne faccio uno unico con questa scadenza di pagamento. Noi siamo una solida realtà nella ristorazione da 27 anni, il problema, secondo me, riguarda maggiormente i nuovi ristoranti”.

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ARTICOLO 62

La nuova normativa è stata fatta per ovviare al malcostume della Grande distribuzione che pagava a lungo termine: a tutt’oggi, però, sta danneggiando il piccolo commercio

battuto ad armi pari, vedendo riconosciuti i loro sacrosanti diritti e vedendosi pagare in tempi umani il frutto del proprio lavoro. Niente più tempi abnormi per riscuotere un credito, fine dell’inutile e infruttuoso iter tra avvocati e burocrazia per recuperare, magari, qualche centinaio di euro da 6 o 8 mesi. In realtà, le prime avvisaglie che una norma di questo tipo si sarebbe abbattuta come una scure sulla capacità di acquisto e rifornimento di molti operatori commerciali mercia e, quindi, di riflesso, avrebbe influito sui volumi di acquisto, rivelandosi un boomevol rangg contro chi si pensava dovesse tutelare, c si pot poteva percepire e ipotizzare, anche solo seguendo le mosse della Grande distribuziosegu ne organizzata. Nelle molte tavole rotonde o che hanno preceduto l’entrata in vigore

dell’articolo 62, gli scenari non lasciavano presagire niente di così buono: riduzione, anche drastica, degli assortimenti e focalizzazione solo sulla merce ad alta rotazione a scaffale. Per molte catene, nel medio-lungo periodo, si è anche ipotizzata la chiusura o la fusione con operatori più grandi e dotati di maggiori risorse finanziarie. Chi può, infatti, oggi ricorrere al credito in banca per poter pagare in 30 o 60 giorni merce acquistata, ma non ancora venduta? Solo le grandi catene della Gdo. E i piccoli commercianti, invece? Difficile continuare a ordinare, ad esempio, le stesse quantità di una volta, magari vini che si vendono nel lungo periodo, se bisogna realmente pagare in 60 giorni. Molti enotecari e ristoratori, nel primo periodo, a ridosso per altro del momento più florido dell’anno come il Natale, hanno dovuto subito correre ai ripari: basta con i grandi assortimenti in cantina, basta con ordini anche di una certa consistenza in cambio di sconti in merce o valuta, magari direttamente dal produttore. Diminuzione dello stock: questa la nuova strategia. Alcuni hanno scelto di eseguire più ordini,

IL LP PUNTO DI VISTA DEL DISTRIBUTORE

Marcello Meregalli, Gruppo Meregalli M P Marcello Meregalli, amministratore delegato del Gruppo Meregalli di Monza, distributore Per sstorico di etichette di gran pregio, l’articolo 62 “è una legge che bisognava fare, ma non così frettolosamente. Forse sarebbe stato meglio chiedere prima a chi lavora nell’agroalimentare, un settore che era abituato a dei pagamenti molto lunghi. E, quindi, se da un lato siamo contenti perché è stata fatta un po’ di chiarezza, dall’altro bisognava essere più cauti e non lim limitarsi a prendere una legge europea, peggiorandola rispetto a quella che c’è in Francia. Inoltre, diciamolo, è un una legge che agevola più la Grande distribuzione. Il passaggio doveva essere più graduale -fissare, ad esempio, il pagamento a un massimo di 120 giorni per i primi 6 mesi, poi a 90 e infine a 60- in modo da consentire a tutti di impostare un piano economico migliore. E, soprattutto, è stato scelto il periodo peggiore per la sua entrata in vigore, quello tra ottobre e dicembre, in cui si dovrebbero risollevare le sorti del settore agroalimentare, a maggior ragione in un periodo di crisi come questo. Invece, dal 24 ottobre 2012, per colpa di questa spada di Damocle, molti hanno ritardato gli acquisti o non hanno potuto fare uno stock adeguato in cantina e in enoteca per soddisfare al meglio la clientela. Comunque, fortunatamente, nonostante la nuova legge, per quanto riguarda vendite e gestione dei pagamenti, gennaio è andato abbastanza bene. Febbraio non è stato, invece, eccezionale, ma per altri motivi, non a causa dell’articolo 62. Resta il fatto che sono cambiate le abitudini di acquisto: più ordini ma di valore inferiore. Ad esempio, se prima l’acquisto medio alla Meregalli era di mille euro, ora è sceso a circa 750 euro. Ma è grazie alla distribuzione che, con poche centinaia di euro, si possono avere più etichette, quindi, potrebbe essere un toccasana per tutti, in questo momento non felice dell’economia”.

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ma di minor entità (via che in questo momento non può prescindere dai distributori), altri, semplicemente, di ordinare meno merce, rendendo più snella o povera, a seconda dei casi, la propria carta dei vini.

Segnali non incoraggianti A fine gennaio di quest’anno, a tre mesi dall’entrata in vigore dell’articolo 62, il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Mario Catania, nonostante la delicatezza del periodo e della norma, si è detto contrario alla possibilità di inserire proroghe, previa intesa tra i contraenti, sui pagamenti a 60 giorni. In un articolo pubblicato sul sito dell’Unione Italiana Vini, affermava poi: “Per il settore vino si sta comunque facendo un approfondimento ad hoc con tutte le organizzazioni di settore: Federvini, Unione Italiana Vini, la cooperazione e tutti gli altri. Questo lavoro ci consentirà di vedere se c’è qualcosa che non va. Onestamente, non credo che ci si debba fasciare la testa prima di rompersela”. Poi, una piccola stoccata proprio a chi si era sempre lamentato dei tempi di pagamento nel mondo del vino: “Vorrei segnalare

che più di un anno fa il rapporto tra aziende vinicole e ristorazione veniva citato come esempio di uno scandalo che bisognava risolvere [...]. Quindi, proprio da quel mondo mi veniva anche la richiesta di un intervento sull’articolo 62”. Probabilmente è ancora prematuro fare dei bilanci, ma certo i primi segnali non sono dei più incoraggianti. “La legge è stata fatta contro la Grande distribuzione che pagava lungo, ma, invece, sta uccidendo endo il piccolo commercio”, si legge in una lettera ettera che un vitivinicoltore ha inviato recententemente a Slow Food: “Cosa succederà nella prossima vendemmia con quella parte e di uve che, come nel mio caso, si acquistano ano da qualche vignaiolo con cui si lavora ra insieme da decenni?”. Bisognerà pagarle le F B B a 30 giorni, non c’è scampo…

Il mancato rispetto dei termini di pagamento è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria a partire da 500 euro fino a 500 mila euro

IL PUNTO DI VISTA DELL’ENOTECA

Francesco Trimani, Enoteca e Winebar “Ho molti dubbi su questa normativa, anche se alcune cose mi sembrano interessanti, e applicarla con questa velocità è stato un autogol: attuare una rivoluzione del genere il 24 ottobre, alla vigilia del Natale, per giunta in un momento economico così terribile, è stata una grande mancanza di attenzione -commenta Francesco Trimani, titolare con i fratelli della storica Enoteca Winebar di Roma- Comprendo che lo Stato italiano abbia ricevuto un obbligo bbligo dall’Europa, ma, nei fatti, l’applicazione in questa maniera è stata violenta e dannosa, perché ha compromesso ancora di più la possibilità di approvvigionarsi di merce in un quadro già complicato. Insomma, ha reso molto più difficile la vita a tutti. Io, più che sull’articolo 62, avrei operato sul codice di procedura civile, rendendo più veloce la possibilità di incasso, snellendo l’iter delle ingiunzioni e dei decreti ingiuntivi. Poi, a livello generale, non so chi questo articolo 62 abbia favorito: alla fine coloro che ne hanno risentito di più sono i piccoli produttori non organizzati, coloro che, invece, si sarebbe dovuto difendere. Per noi che siamo per lo più un’azienda di acquisto e distribuzione di vini, la nuova legge non ha significato un taglio dei prodotti offerti e, in un certo senso, l’articolo 62 potrebbe rappresentare uno spunto per lavorare di più. Non abbiamo diminuito gli acquisti, ma ovviamente stiamo modificando le nostre abitudini di approvigionamento. Per altri, invece, questa legge ha significato una compressione dell’offerta. Molti miei clienti, ad esempio, stanno alleggerendo la carta dei vini. Insomma, l’articolo 62 può contribuire a snellire il mercato, poiché, facilitando i pagamenti, renderà più veloce gli acquisti, ma cambiare le abitudini di acquisto e pagamento in un anno così difficile, è tutt’altro che semplice”.

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ITINERARI UN VIAGGIO ATTRAVERSO IL PARCO NATURALE PANEVEGGIO PALE DI SAN MARTINO, PASSANDO PER LE RINOMATE LOCALITÀ DI PRIMIERO E SAN MARTINO DI CASTROZZA. UN PERCORSO ALLA RICERCA DELLA NATURA INCONTAMINATA E DELLA BUONA CUCINA, CHE QUI SI TROVA NEI RIFUGI, NELLE MALGHE E NEI FAMILY HOTEL

Insolito Trentino Gualtiero Spotti

L’

area del Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino rappresenta uno dei territori maggiormente affascinanti e ricchi di opportunità per chi vuole scoprire un lato del Trentino un po’ più nascosto e, forse, più genuino, ma sempre adatto a chi vuole vivere la montagna nelle due stagioni principali: l’inverno e l’estate. È certamente fuori dai percorsi più “facili” e maggiormente accessibili, ma, proprio per questo, offre la possibilità di vivere in un ambiente più rilassato e meno frenetico di quello che si incontra sulle strade delle vacanze. La zona, caratterizzata da località turistiche classiche e ben conosciute come Fiera di Primiero (Tn) e San Martino di Castrozza (Tn), si trova ai margini estremi sud-orientali della regione, al confine con il Veneto, e questo isolamento ha consentito alla valle, chiusa tra la catena del Lagorai e le Dolomiti bellunesi, di crearsi un suo mondo a parte, intimo e raccolto, di genuina vita di montagna, che vive i suoi momenti più movimentati nella stagione estiva, essendo meta di splendide camminate nella natura e sui sentieri delle grandi montagne, oppure con la neve, come meta di appassionati sciatori, anche di fondo e non solo di discesa. Il tutto mantenendo sempre un gusto estetico non troppo mondano, ma più legato alle tradizioni e alla storia locale che, ancora oggi, sono molto sentite dalla popolazione. Lo si nota, non a caso, perfino nelle discrete abitazioni, negli hotel, che mantengono un carattere intimo e sono in grado di offrire sempre una simpatica accoglienza in stile familiare, oppure lo si avverte nella sobrietà della vita quotidiana, fatta di cose concrete, di abitudini semplici e di usanze che

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si tr tramandano con naturalezza. nat Un modo di essere che si riperess cu cuote in maniera determinantte anche nella g gastronomia e nella ristorazione, legate a prodott prodotti tipici e ai sapori sapidi della montagna Q per rendere montagna. Qui, l’idea, i formaggi simbolo sono la Tosèla e il Botiro. Il primo è un formaggio fresco -prodotto dal locale caseificio- che si gusta tagliato in fette dallo spessore di un centimetro circa, dopo esser stato rosolato nel burro e servito con polenta e funghi, mentre il Botiro è un burro a panna cruda non pastorizzata e ottenuta per affioramento naturale, prodotto solo nei mesi estivi e in piccole quantità (l’anno scorso ne sono stati ricavati solo una decina di quintali). Talmente esclusivo che lo si trova in vendita solo da giugno a settembre. La Valle di Primiero e di San Martino di Castrozza offre molte opportunità per gustare la cucina locale e, come spesso accade quando si è in mezzo alle montagne, i luoghi più interessanti e ambiti per una sosta gourmand mand sono le malghe e i rifugi, oppure quei ristoranti d’albergo che offrono la possibilità di un comodo pernottamento o in un contesto naturalistico dii o. assoluto fascino. zo Il primo indirizzo nte che viene in mente ste passando da queste parti e che vale una a Val deviazione nella

ca residenza di Canali, dove si incrocia anche l’antica f dit caccia Villa Welsperg (che merita una approfondita visita) è la Malga Canali, a 1300 metri di altezza. Entrando nella piccola casetta da fiaba trasformata in agritur, circondati da animali da cortile e bovini al pascolo, si vive l’esperienza di una full immersion tipica nei sapori primierotti e si viene trascinati nel vortice di simpatia istintiva della signora Gianna, che segue personalmente la gestione della sala e il lavoro in cucina. All’ingresso si è accolti da una camino fumante, sempre acceso, dove la polenta o la carne non mancano mai. E sono poi questi i piatti che si ritrovano al tavolo, insieme alle zuppe, alla selvaggina, alla carne fumada e alla lucanica, che sono i salumi simbolo della zona, o ai dolci della malga, tra torte e delizie rigorosamente casalinghe. Chi ama l’alta montagna e le escursioni può, invece, affidarsi alle cure gastronomiche del Rifugio Rosetta, a 2578 metri di altezza, davanti alle Pale di San Martino. Coloro che non se la sentono di affrontare una ripida ascesa a piedi possono approfittare della comoda funivia che parte dal centro di San Martino, anche se, dopo aver assaggiato i Canederli in brodo o il Piatto lenta del montanaro, con formaggio alla piastra, polenta a pase funghi, forse è il caso di smaltire con una bella se seggiata di rientro sul sentiero che riporta in paese

Alla Malga Canali Canali, grazie alla cucina della signora Gianna, si gustano i piatti della zona, tra cui la carne fumada. Sotto, Canederli in brodo e il Piatto del Montanaro sono tra le specialità del Rifugio Rosetta


ITINERARI

affrontando un sensibile dislivello. Un al altro rifugio è il Caltena, vicino al lago di Val Noana, N facilmente raggiungibile in macchina da paese di Imèr (Tn), ma in una posiziodal ne isolata e panoramica. Ha le dimensioni e i numeri -con una dozzina di stanze- di un piccolo hotel, molto confortevole, con ambienti ben curati rinnovati da poco, e l’accoglienza della famiglia Tavernaro. I piatti godono di una maggiore raffinatezza INDIRIZZI GOURMET

Ristoranti e hotel

Il rifugio Caltena è perfetto per assaggiare le ricette tradizionali, rese moderne con raffinatezza e gusto estetico

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Malga Canali via Cismon 48 38054 Tonadico (Tn) tel +39 368.7413582 Rifugio Calten via Caltene 1 38054 Transacqua (Tn) tel + 39 0439.62879 www.rifugiocaltena.it Rifugio Rosetta Pale di San Martino tel. + 39 0439.68308 www.rifugiorosetta.it Art&Music Hotel Isolabella via Risorgimento 4 38054 Transacqua (Tn) tel. +39 0439.762276 www.hotelisolabella.it Hotel Castel Pietra via Venezia 28 38054 Transacqua (Tn) tel. +39 0439.763171 www.hotelcastelpietra.it Hotel Luis viale Piave 20 38054 Fiera di Primiero (Tn) tel. +39 0439.763040 www.hotelluis.it

e di un’estetica più curata, ma percorrono sempre le strade della tradizione locale, anche se più snella e “alleggerita”. Delizioso poi è il piccolo dehor che confina con il bosco e che permette di affrontare un pranzo all’aperto nei caldi mesi estivi. L’accoglienza della valle, però, non è affidata solo ai rifugi, ma anche a strutture di maggiori dimensioni, che si trovano nelle località turistiche più importanti e che offrono servizi più adatti alle famiglie e all’ospite che cerca comfort su misura. A Transacqua (Tn), l’Hotel Isolabella è, certamente, uno dei locali più “in” della zona. Grazie a una programmazione musicale che anima l’Isola Bistrò, il vivace bar dell’albergo, a uno spazio lounge esterno, che è diventato un punto di riferimento per i giovani di Primiero e dintorni, ma anche grazie a una filosofia gourmand che si concretizza attraverso la proposta in tavola di prodotti dei Presidi Slow Food, non solo autoctoni, e di piatti locali reinterpretati con maggior creatività. Così si trovano il tagliere con formaggi come il Cheddar Keen e il Fiore Sardo Dop e salumi tra cui la culatta reale e il carpaccio di bresaola di razza piemontese. Oppure deliziose preparazioni come gli Gnocchi di patate rosolati al Botiro di malga, con crema di casatella e finferli, o la Tartare di manzo di grigio alpina (carne bovina trentina) con pepe verde, lamponi, popcorn e patate affumicate. E non è da meno l’offerta dell’albergo Castel Pietra, un family hotel dove spicca l’affiatata coppia professionale formata da Diego Lucian e Renzo Esposito. Il primo in cucina, mentre il secondo è proprietario dell’hotel e in sala si presenta nelle vesti di sommelier. Per entrambi c’è un lungo passato con esperienze in molti alberghi in Italia e all’estero, per poi arrivare, nell’ultimo decennio, a lavorare insieme a Castel Pietra. Qui il menu presenta, ancora una volta, grande attenzione per i prodotti Slow Food, ma non solo quelli del territorio, oltre a una decisa apertura verso la cucina di pesce e alle specialità di pasta fresca fatta in casa, come i Cappellacci al curry farciti di lepre con fonduta di bufala, le Pappardelle con ragù di cervo e ginepro e i Paccheri di Gragnano con ragù di


anatra, fiori di zucca e scaglie di nostrano di malga. Aperto nel 1998 e dotato di centro benessere, Castel Pietra ha il look moderno e frizzante di un albergo che strizza l’occhio a una clientela piuttosto varia, che va dalla famiglia in vacanza alla coppia che cerca momenti speciali in un ambiente rilassato e piacevole, fino al curioso che vuole sperimentare una cucina più innovativa e spiazzante di quella che si è soliti incontrare in montagna. Diversa in questo senso è la proposta di un altro albergo, il Luis, a Fiera di Primiero, in una palazzina in Liberty, con ospiti più stile Li tradizionalisti e con un gratradizi zioso e inaspettato centro wellness, dotato di sauna, welln minipiscina, calidarium, mini laconicum, solarium e laco aromaterapia. Conforarom tevole tevo e organizzato, il Luis Lu offre anche sale giochi, animazione, gi un ampio giardino e una u cucina di tutto rispetto. r Infine, due consigli per chi vuole conce-

dersi alcuni acquisti gourmand in valle. Il primo rimo oè quello di passare dalle parti del Caseificio Sociale ociale le Comprensoriale di Primiero che da più di trent’annt’anni raccoglie il latte delle malghe e lo trasforma, rma, tra gli altri, in Tosèla di Primiero, Formaggio ggio Primiero, Mezzano e Trentingrana, vendendo ndo i prodotti confezionati anche nel suo punto nto vendita di Mezzano (Tn). L’altro indirizzo oè quello del piccolo negozio della Macelleria ia Bonelli a Siror (Tn), una delle eccellenze prooduttive di Primiero, se si parla di insaccati ti e, soprattutto, della carne fumada di Siror,, che è il vero vanto della casa. È una carne affumicata di manzo da consumare cruda ed è un’esclusiva della famiglia Bonelli, che la produce ormai da circa trent’anni. Viene ricavata dalla coscia disossata, da cui si estrae il girello che viene lasciato per er un paio di settimane in una vasca con sale, pepe, pe alloro, alloro ginepro e rosmarino. Poi viene asciugato, affumicato in forno con segatura di legno di latifoglie e rami di ginepro e, infine, stagionato per un mese. Ma questa è solo una delle sorprese che riserva la visita di un’area tutta da scoprire e capace di regalare emozioni indimenticabili, come il contatto con una montagna autentica e viva, oltre a quei sapori di una volta che F B non passano mai di moda.

Prodotti Slow Food e pesce al Castel Pietra, con lo chef Diego Lucian. Sotto, tappa al Caseificio sociale di Primiero e alla Macelleria Bonelli di Siror per acquisti gourmand

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SPETTACOLI AL CINEMA E IN TELEVISIONE IL VINO È PROTAGONISTA. SONO SEMPRE DI PIÙ I FILM, LE FICTION E I REALITY CHE AMBIENTANO STORIE D’AMORE E COMPLOTTI NELLE CANTINE VINICOLE. DALLE COLLINE RICOPERTE DI VIGNETI I REGISTI TROVANO L’ISPIRAZIONE PER PELLICOLE CHE GLI SPETTATORI SORSEGGIANO CON PIACERE

Hollywood & wine Bianca Zille

A L’attenzione di cinema e televisione per il vino è un veicolo di valorizzazione per i territori vitivinicoli

mori, intrighi e persino delitti efferati, sullo sfondo, di viti, cantine sotterranee, botti e tini. Bacco e cinema: un sodalizio collaudatissimo. Hollywood ci ha, infatti, abituato alle storie d’amore che, pur tra mille difficoltà, sbocciano e maturano come un grappolo d’uva al sole. Intrecci di passione tra le vigne. Impossibile dimenticare un giovane Keanu Reeves che con la sua Victoria, tra tramonti californiani e passioni latine, tesse una relazione nata come semplice accordo per diventare, infine, amore vero. Chi non ricorda quella luce particolare nella pellicola del 1995, Il profumo del mosto selvatico, quei canti ritmici, quei sentimenti inaspettati, gli sguardi di Paul, occhi neri, profondi e intensi come un rosso della Napa Valley? Nella rugosa terra arsa della Provenza, rappresentata in un altro film a tema enologico,

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Una scena di Sideways, successo del 2004, e la locandina del celebre Un’ottima annata con Russell Crowe e Marion Cotillard. Ma il vino non entra solo nei film, anche la fiction italiana trova tra le vigne il set ideale per appassionati di storie, tra amori e intrighi

Un’ottima annata (2006), anche Russel Crowe troverà la sua redenzione. Lui è lo squalo più cinico di tutta Londra, uno che non va in vacanza per paura che qualcuno gli rubi il posto. E che, invece, finisce per riscoprire lentamente -attraverso la sottile e acuta femminilità di Fanny (Marion Cotillard), che gestisce un bistrot in paese- i piccoli piaceri della vita. E, alla fine, troverà l’amore. Aiutato, certo, dal fascino senza tempo delle colline nel cuore della Provenza, con i suoi filari e con quelle sue donne “gelosissime”. Perché il sole del sud della Francia è capace di far maturare l’uva, ma anche gli uomini. Vino e Hollywood, un matrimonio che funziona, dunque. Da sempre. Nell’intreccio della trama, ma anche al botteghino. Si veda Sideways, grande successo del 2004, ma anche Blood and Wine (1996), con una quasi esordiente Jennifer Lopez o, andando più in là nel tempo, il cult movie Fandango (1985), prodotto da Steven Spielberg, che rivelò il talento di Kevin Costner. La storia di un’amicizia profonda e di un viaggio in auto fino al confine con il Messico per diseppellire un certo Dom (Pérignon, ndr). Oppure, ancora, Mondovino (2004), il documentario, diretto dal francese Jonathan Nossiter, che denuncia l’impatto della globalizzazione sulle e regioni produttrici di vino. Uno tra gli attori francesi ncesi più controversi e chiacchierati, Gérard Depardieu, epardieu, è il protagonista del film Niennte può fermarci. Quattro ragazzi, quattro patologie, quattro giorni di viaggio. Un percorso che, o attraverso l’Italia, l’Abruzzo a in particolare, la campagna rfrancese e la Spagna, li poreterà a Ibiza. Sono gli ingredia dienti di questa commedia he, pungente e romantica, che,

lo scorso settembre, proprio durante la vendemmia, ha portato Depardieu in Abruzzo, per girare alcune scene on the road nella dimora di charme di Semivicoli della famiglia Masciarelli. L’Abruzzo è la regione verde per eccellenza, con il più alto numero di parchi naturali d’Europa. Una ricchezza di paesaggi che si traduce in bellissime realtà vitivinicole e in storie d’impresa di successo. Per Marina Cvetic Masciarelli è stato un piacere ospitare nella splendida tenuta tra i vigneti del miglior Montepulciano, a San Martino sulla Marrucina (Ch), il cast e l’attore: “Uno straordinario progetto in linea con i tempi -racconta la Cvetic- e che rappresenta un’indubbia valorizzazione e promozione di un territorio dalle potenzialità ancora in gran parte inesplorate”. Sembra, insomma, che ambientare storie e tessere trame d’amore a sfondo enologico sia vincente. Sarà grazie alla genuinità dei personaggi che gravitano attorno al lavoro della terra. Sarà perché gli effluvi del vino riescono a slegare tutti i residui lacci emotivi, fatto sta che anche il piccolo schermo ha annusato e cavalcato la tendenza. Sulla scia di illustri precedenti la televisione australiana Abc, insieme all’inglese Bbc, ha voluto celebrare il boom della viticoltura dell’Austarlia dagli anni an ’70 a oggi con Château Chunder: A Wine Revolution. Il docufilm, diretto da Stephen Oliver, racconta dirett l’epopea di un Paese che dal nulla l’epo diventò il primo esportatore nella dive vecchia Madre Patria. vecc Anche all’interno dei nostri confiA ni cci sono diversi casi che dimostrano come il vino sullo schermo sia un successo assicurato. In Italia, in infatti, è stato molto apprezzato lo scorso anno Le tre rose di Eva, u una serie in 12 puntate con la regia di Raffaele Mertes e FOOD&BEVERAGE APRILE 2013 | 81


SPETTACOLI

Un momento delle riprese e la locandina di Mondovino, il documentariodenuncia sull’impatto della globalizzazione nelle regioni vitivinicole. Sotto, le modelle del programma televisivo cinese Loren Chinese Top Model pigiano le uve nell’azienda marchigiana Ciù Ciù. Accanto, le protagoniste del reality russo The bachelor, girato nei vigneti di Cantina di Soave

Vincenzo Verdecchi che racconta le storie delle famiglie di produttori di vino Taviani e Monforte. Una fiction a tinte forti con omicidi, complotti, segreti ma, soprattutto, con una grande storia d’amore. Quella impossibile tra Aurora Taviani (Anna Safroncik) e Alessandro Monforte (Roberto Farnesi), appartenenti a famiglie nemiche: moderni Romeo e Giulietta sullo sfondo dei grandi vigneti della campagna toscana. Intanto si avvicina il debutto anche di un’altra fiction,, Una buona stagione, il cui set principale è la cantina trentina Mezzacorona. Bacco e Venere anche nelle televisioni all’estero e riflettori puntati sempre su location rigorosamente made in Italy. Nell’ex Unione Sovietica la scelta è caduta sulla Cantina di Soave che ha ospitato la registrazione di un reality russo. Tra vigneti e grappoli, vendemmie e degustazioni, a Borgo Rocca Sveva sono state effettuate le riprese di The Bachelor, ovvero Lo Scapolo. Il format, di origine americana, prevede che ragaz russe si contendano l’unico 12 ragazze concor concorrente maschile, il calciatore Evgeni Levchenko, attraverso prove abil cultura e bellezza, tra calici, di abilità, to e cucina. Un’operazione che bon ton rappresenta anche un

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ritorno d’immagine non indifferente per i paesaggi del Belpaese ma, soprattutto, per il mondo del vino. Negli ultimi 5 anni secondo Nomisma, il consumo di vino nell’ex Repubblica Sovietica è aumentato dell’80 per cento, con un importante trend di crescita per le referenze italiane. Le cantine del nostro Paese hanno catturato l’attenzione anche della Cina. L’azienda vitivinicola marchigiana Ciù Ciù è stata, infatti, selezionata come location per un programma televisivo cinese, per gli splendidi scenari offerti dai suoi vigneti sulle colline di Offida (Ap), ma anche per il valore dei propri vini, di produzione esclusivamente biologica. La trasmissione si chiama Loren chinese top model contest, una sorta di versione asiatica di America’s next top model. Alle 16 modelle è stato chiesto di cimentarsi per 3 giorni in esperienze enogastronomiche: dalla produzione del vino, con tanto di pigiatura, fino alla realizzazione di tipiche ricette marchigiane, come le olive ascolane. Il connubio tra film e vino si traduce anche in diverse iniziative organizzate un po’ in tutta Italia. Una tra le più interessanti è Cinema in cantina, la rassegna nata due anni fa dalla collaborazione tra la Tenuta Villa Crespia dell’Arcipelago Muratori e la biblioteca di Ad Adro (Bs). L’evento dà la possibilità di vedere diverse p pellicole degustando i pregiati Franciacorta Docg Villa Crespia. D Tra le produzioni cinematografiche italiane, infine, si segnala l’atteso Vino dentro, c una sensualissima Giovanna Mezzocon giorno. g Siamo in Trentino, e chissà se, tra ca di Marzemino ed echi del Don Giovanni calici m mozartiano, sboccerà un amore così intenso da tenerci incollati sulle poltrone del cinema? No siamo pronti a brindare al ritorno di Bacco Noi F B sul red carpet. Anche in Italia.


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SFIZIOFOOD CON L’ARRIVO DELLA PRIMAVERA, I FIORI SBOCCIANO ANCHE IN TAVOLA. DA TEMPO GLI CHEF HANNO RECUPERATO LA TRADIZIONE ANTICA DI AGGIUNGERE GERMOGLI E PETALI ALLE LORO RICETTE PIÙ CREATIVE. INGREDIENTI DELICATI, BELLI E COLORATI CHE FANNO ANCHE BENE. MA ATTENZIONE: NON TUTTI SONO COMMESTIBILI

Il giardino in tavola Jenny Maggioni

I La presenza dei fiori in gastronomia è, soprattutto, cromatica e simbolica, poiché è difficile trattenerne il profumo in padella. Pochi, inoltre, sono davvero saporiti, ad esempio il glicine, l’acacia e il sambuco

nfiorescenze fresche di acacia in pastella; petali crudi e tritati di begonia per profumare la maionese; nasturzi in insalate, frittate e sulla pizza al salmone e fiori di viola in dolci, cioccolato, macedonie e gelatine. Con l’arrivo della primavera anche fiori, germogli e petali finiscono in pentola per salutari menu. La cucina floreale è, ormai, una tendenza diffusa in Italia grazie a cuochi creativi che hanno recuperato un’antica tradizione. Mangiare i fiori è, infatti, una pratica che risale alla preistoria. In Oriente erano particolarmente diffuse ricette con boccioli di emerocallide, mentre i Romani prediligevano malva, rose e violette. Seguendo questa “scia profumata”, oggi sono sempre di più i ristoranti che inseriscono i fiori

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nel menu. Ma non solo perché, colorati e belli, ornano i piatti, stuzzicando l’occhio, prima del palato, ma anche perché come ingredienti fanno bene. Secondo i medici, i fiori hanno, infatti, proprietà antinfiammatorie, diuretiche, lassative, toniche, emollienti, cicatrizzanti e astringenti e, poiché privi di grassi, sono perfetti nelle diete ipocaloriche. Ovviamente non tutti i fiori sono commestibili e ne esistono anche di tossici, come certe varietà di rose e i fiori d’oleandro. Il geranio, la petunia, il garofano, la viola del pensiero, la violetta, la margherita, l’acacia, il glicine, la rosa, il sambuco, il crisantemo, il gelsomino, la bocca di leone, la calendula, il tarassaco, la primula e i piccolissimi fiori delle erbe aromatiche sono, invece, ottimi per cucinare piatti delicati e originali nei sapori e facili da digerire. E lo sanno bene gli chef. Per Pietro Leemann del ristorante vegetariano Joia di Milano i fiori più saporiti sono il glicine, l’acacia e il sambuco che prepara come le frittelle. Nel menu del Joia i piatti in fiore sono Sotto una coltre colorata e Nuovo giorno. In versione dolce, i fiori sono una prerogativa di Iginio Massari, maestro pasticcere


ri. dalla più grande alla più piccola e, in cima, i fiori. n Il tutto condito solo con l’olio del Garda. È un piatto romantico e speciale -non è in carta-, si n mangia dopo la carne e prima del dolce, con le pinzette. Ha un sapore ’anarchico’ dove il gusto non può essere controllato: è, per così dire, natura appoggiata sul piatto”. Per Viviana Varese, di Alice (Mi), invece i fiori sono più decorativi: “Non esito a farne dienti uso per guarnire i miei piatti. Come ingredienti veri e propri, utilizzo solo i fiori che hanno saporii forti: sono ottimi con il pesce. Ne sono due esempi il Carpaccio fantasia, preparato con pesce del giorno, frutta e verdura e cosparso di petali di fiori diversi e l’Hamburger di pesce. Una mia ricetta si chiama Prato fiorito: è una crema di piselli con erbe aromatiche e molluschi scottati su un praticello di fiori di campagna”. C’è chi, invece, ha fatto proprio dei fiori il centro della proposta enogastronomica: Fiorfrì di Ostra Vetere (An) e Navedano di Como. Al Fiorfrì, lo chef Roberto Sebastianelli, in compagnia di tre amici, propone i fiori in chiave moderna sposandoli perfettamente con i prodotti dell’Italia centrale. Ma non solo. Fiorfrì, in versione itinerante, offre la variante salutare e chic del cibo di strada con, ad esempio, il cartoccio di petali di fiori pastellati e fritti. Il Navedano è, invece, l’unico ristorante-serra italiano. Qui i fiori sono dappertutto, sia come ornamento sia nel raffinato menu, dove si mescolano a bacche essicate, erbe aromatiche F B e ortaggi a chilometro zero.

Nella cucina di Viviana Varese i fiori sono per lo più decorativi: la chef li usa soprattutto con il pesce, come il suo Hamburger, e nel suo famoso Piatto fiorito. Per Stefano Baiocco, i fiori sono dei veri ingredienti: il suo piatto simbolo è Una semplice insalata © Play Style

di Brescia, Br che, recuperando la moda dei primi rand del ’900 ’9 di decorare semifreddi e gelati con i fiori, fred esegue ancora la tecnica ese di essicazione: si passa una rosa o una viola del un pensiero nell’albume pe d’uovo e nello zucched rro semolato e la si mette al forno per alcuni minuti. Il risultato è quello di un fiore appena colto e brinato. Nell’incanto N ll’i bucolico b li di Villa Feltrinelli a Gargnano (Bs) opera “Il signore dei germogli” Stefano Baiocco. Una passione, quella dei fiori, delle piante aromatiche e delle insalate, che coltiva letteralmente: “A Villa Feltrinelli abbiamo una serra in cui coltiviamo germogli come insalate e lattughini, e tutt’intorno nel parco, in vasi e aiuole, crescono ben 100 tipologie di fiori. Il fatto di poterli reperire così facilmente, facendo un salto in giardino, mi permette di sperimentare e dare spazio all’idea del momento. Per me i fiori non hanno solo una valenza estetica, ma hanno una funzione precisa nella realizzazione di una ricetta. Ad esempio, alla salsa di pomodoro fatta con aglio e basilico aggiungo fiori di cipollina; il trifoglio e la begonia, dal sapore acido, sono perfetti per sgrassare il salmone e il maialino”. Ma, naturalmente, i piatti di Baiocco sono comunque anche belli, come Una semplice insalata: “Forse è il mio piatto più rappresentativo. L’ho creato pensando a come poter utilizzare tutte le tipologie di fiori ed erbe che abbiamo. Quindi ho deciso di comporlo mettendo una foglia di tutto: su una sottilissima crostata di pasta wonton, sistemo lamelle di funghi, cristalli di sale, buccia di lime e arancia e poi, una a una, tutte le foglie di insalate,

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SPIRITBARMAN PARTITO DALLA GAVETTA, GIANLUCA DIMONTE VIVE LA SUA PROFESSIONE CON DEDIZIONE E RISPETTO. HA VIAGGIATO, HA IMPARATO, HA INSEGNATO E ORA LAVORA NEL PIÙ ELEGANTE HOTEL DI TORINO, IL GOLDEN PALACE, DOVE GLI CAPITA DI PREPARARE COCKTAIL E CHIACCHIERARE CON BONO O CON BRUCE SPRINGSTEEN

Passione nel servire con spirito da leader Manuela Caspani

B Grande professionalità, rispetto per il lavoro, per sé stesso e per gli altri, hanno fatto di Gianluca Dimonte un barman amato dalle star e dai clienti comuni

arman per caso? Tutt’altro! Gianluca Dimonte non può negare una certa predisposizione: la passione per la cucina, ad esempio, l’ha ereditata dalla famiglia. Ricorda con un pizzico d’orgoglio di essere stato selezionato tra i ragazzi della scuola alberghiera per lavorare in un locale esclusivo appena fuori Torino. “Credo che l’educazione trasmessa dalla mia famiglia abbia contato molto -confessa Dimonte- Penso che il mio modo di comportarmi abbia fatto sì che, anche in seguito, esperti del mondo dell’ospitalità vedessero in me potenzialità che neanch’io allora immaginavo di possedere”. Allo stesso modo il caso ha voluto che durante il servizio militare fosse assegnato al bar. Da quel momento la strada si è delineata chiara: “Ho lasciato l’università e iniziato a fare stagioni. In tanti hanno avuto fiducia in me”. Ha la consapevolezza di avere molto da imparare, qualcuno lo vorrebbe già orientato al mondo dell’hotellerie, ma Gianluca è desideroso di sperimentare il mestiere a tutto tondo. Nel ’94 parte per Londra, valigia e biglietto di sola andata e lascia il curriculum nientedimeno che al Savoy. “Londra è stata un’esperienza unica, non solo per la lingua inglese. Ai tempi la regina beveva il tè nel foyer. Lì ho imparato a rapportarmi con un mondo fuori dal comune e questo ha fatto sì che potessi, da quel momento in poi, confrontarmi con chiunque”. Di più, però, può l’amore e Gianluca confessa così il suo ritorno in Italia. Da questo momento una girandola di esperienze fino a coronare il sogno di un locale proprio: “È stata un’esperienza breve, quando è

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stato il momento di lasciare, ho mollato”, ricorda. E, così, eccolo a Zanzibar come formatore in un resort esclusivo a sperimentare, unico bianco, un razzismo al contrario, per finire però con l’essere amato quasi ciecamente da chi lavorava con lui. Gianluca è uno che ti conquista, uno di cui ci si fida. Anche oggi, al Golden Palace di Torino, unico cinque stelle della città che, seppur con alterne fortune, resta una location d’eccezione, l’apertura mentale e il carisma gli hanno garantito fiducia e seguito. Scambia regali di Natale con clienti illustri, chiacchiera con gli U2 e Bruce Springsteen, ma allo stesso modo conquista colleghi e clienti, potenti e uomini comuni, e mantiene la stessa raffinata eleganza e lo spirito d’indipendenza che si riflettono in una grande verità: “Siamo pagati F B per servire, ma non siamo servitori”. IL COCKTAIL

Golden rose 4 cl Gin 2 cl Martini bianco 1 cl Porto Rosso Ruby È un pre dinner. Preparare nel mixing glass e versare nella coppetta da cocktail. Profumare con scorza d’arancia


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GUSTA IL RISPARMIO


CONCEPT NATO DA UNA COSTOLA DEL RISTORANTE PIERINO PENATI, IL ONE-OFF NON È SEMPLICEMENTE UNA SECONDA LINEA DEL LOCALE STELLATO, MA È UN FORMAT DINAMICO E MODERNO AMATO DA CHI PREDILIGE APERITIVI E CENE INFORMALI. FRIZZANTE DI IDEE SEMPRE NUOVE, QUI SONO PROTAGONISTE LE COFANE DI PASTA

One-off, affare di famiglia Manuela Caspani

O One-off offre un’alternativa ai locali tradizionali ed è un goloso punto d’incontro per i giovani

NE-OFF è il termine con cui si identificano automobili costruite in un unico esemplare

ed è dunque evocativo di qualcosa di singolare e speciale. Non a caso è il nome del locale nato da una costola di un ristorante tra i più prestigiosi della Lombardia, il Pierino Penati, stellato Michelin, e frutto di una tradizione che vede, ormai, tre generazioni succedersi nello sviluppo di un’attività praticata con passione. Unico. Irripetibile. Inimitabile. Questi gli aggettivi sintetizzati nel nome, che descrivono la volontà del creatore e, di fatto, il risultato ottenuto. Aperto nel 2009, One-off è frutto di una serie di riflessioni: “Sentivo da tempo l’esigenza di rivolgere l’attenzione a un pubblico più ampio, proponendo una ristorazione curata e un ambiente raffinato anche ai più giovani e a chi cercasse un’alternativa ai luoghi tradizionali in cui trascorrere una serata, ma, nello stesso tempo, non fosse il destinatario classico del nostro ristorante -racconta Theo Penati, figlio di Piero- La fortuna di avere a disposizione uno spazio già attrezzato ha reso tutto più semplice da un punto di vista logistico e ci ha permesso di ammortizzare i costi, rendendo così possibili i prezzi che pratichiamo -aperitivo con libero accesso al buffet a 12 eurogarantendo contemporaneamente il livello qualitativo nella scelta delle materie prime che ci caratterizza”. Theo Penati si riferisce all’antica filanda ristrutturata dalla famiglia, impiegata per il progetto di banqueting e che concedeva ancora molto spazio inutilizzato. Nasce così One-off, in origine locale per un aperitivo diverso che si trasformasse anche in una sorta di cena. L’esperimento ha avuto un tale successo che si è evoluto nel brunch domenicale e ha superato gli obiettivi che Theo si era prefissato: “Siamo diventati un riferimento per tutti i giovani alla ricerca di un locale bello e di qualità dove sostare e incontrarsi. Per tutti coloro che pensavano di dover andare a Milano ’perché in Brianza non c’è niente’ e, oggi, anche per le famiglie e le coppie, che scelgono il nostro aperitivo invece della classica pizzeria. Abbiamo organizzato


matrimoni e ricevimenti informali, senza contare feste ed eventi culturali”. In effetti, il termine aperitivo è riduttivo per indicare l’offerta di One-off che, naturalmente, gode del fatto di essere il “nipotino” di un tale ristorante. Accanto all’ambiente raffinato, originale, caldo e sorprendente, le scelte gastronomiche e il servizio riflettono, infatti, lo stile Penati. “One-off ci ha permesso di creare e sperimentare con un po’ più di tranquillità e audacia, meno adatte al lavoro nel ristorante: un’avventura stimolante che conserva, però, il nostro carattere -continua Theo- Espressione non solo della consapevolezza di avere un nome da difendere, ma anche della fede a un principio. È più forte di me: non riesco a servire ciò che non mi piace”. Non c’è mai esitazione nella sua voce, segno di convinzioni profonde, quando parla della famiglia, del suo lavoro, della sorella Rowena e dei genitori, ancora così ispirati e ispiratori. Una chiacchierata fiume difficile da sintetizzare che lascia il senso di una rassicurante onestà. Emerge dalle sue parole una straordinaria vicinanza alla realtà, rara, a volte, in chi si trova a lavorare, in fin dei conti, in un ambito d’élite. Eppure, nei racconti di Theo, il desiderio di accogliere le persone e di ristorarle, nel senso più antico del termine, emerge prepotentemente. Una vocazione nata dal nonno, che mise a frutto il suo innato talento e quanto imparato lavorando da una nobile famiglia, aprendo un’osteria di paese, diventata poi un’azienda fiorente, senza mai perdere il “sapore buono”, quello trasmesso da di chi ama il proprio lavoro e lo fa anche per il piacere di far stare bene gli altri. Da tutta questa esperienza nasce quel che rende Oneoff unico, irripetibile e inimitabile. Come le “cofane”, idea illuminata per chi, dopo l’abbondante offerta del buffet-aperitivo, volesse condividere un piatto caldo o un delizioso dessert. Il nome rende bene, come ricorda Theo, quella tradizionale immagine

della pasta tanto cara a noi italiani. Ogni sera due o tre tipi di cofane, di quattro taglie fino alla “mega” anche per 15-20 persone, permettono di cenare in modo inusuale e, prenotando, di chiudere con qualche dolce: tiramisu, budino, monte bianco… E, visto che la fantasia non ha limiti, magari in futuro Theo deciderà di proporre in “formato cofana” anche qualcosa di speciale, come costine e patate o polenta e salsiccia. Così come nelle sere di grande afflusso, guardandosi intorno, non può resistere alla tentazione di “mettere su” un risotto e distribuirlo a sorpresa ai clienti. Un privilegio, perché viene dalla stessa mano celebrata F B dalla guida Michelin.

Tra i protagonisti del menu di One-off, il buffet per l’aperitivo e le cofane di pasta, per una cena inusuale anche per 15-20 persone

SCHEDA

One-off via XXIV maggio 13 23897 Viganò (Lc) tel + 39 345.1412527 www.pierinopenati.it

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QUARTIERIALTI FU

DIMORA DEL REGISTA LUCHINO VISCONTI, E PRIMA ANCORA RESIDENZA DI NOBILI E LUMINARI. OGGI, IL CASTELLO DI CASOLE, NEL CUORE DELLA TOSCANA, È UN CINQUE STELLE DELL’AMERICANA TIMBERS RESORT. DI LIVELLO LA PROPOSTA ENOGASTRONOMICA CON IL RISTORANTE TOSCA E LA PIZZERIA PAZZIA

Lusso americano in stile toscano Stefano Masin

F Un’oasi di pace sulle colline a soli 20 minuti da Siena, con spa e ritrovi gourmand

u costruito nel X secolo, con il nome di Castello di Querceto, unificato alle proprietà adiacenti nel 1800 dalla nobile famiglia senese Bargagli e ristrutturato nel XVIII secolo. Negli anni ’60 fu acquistato dal conte Edoardo Visconti di Modrone Erba, che vi ospitò stelle del cinema e personaggi del jet set, e fu dimora anche di Luchino Visconti. Con queste premesse, quello che oggi si chiama Castello di Casole, non poteva che continuare la sua nobile ascesa diventando un boutique hotel cinque stelle lusso. Il castello si trova nel cuore della Toscana, vicino a Firenze, Siena e San Gimignano, ed è un progetto di sviluppo immobiliare di lusso curato dal 2005 da Timbers Resort, società americana il cui business è rappresentato da hotel, residence club, resort privati e dimore di lusso in tutto il mondo, caratterizzate da eleganza e raffinatezza, oltre a una marcata attenzione per la tutela del territorio. E proprio questa volontà di preservare la storia della Toscana e la bellezza del paesaggio naturalistico della tenuta ha spinto la proprietà a effettuare i restauri per la realizzazione dell’hotel, delle ville e dei casali, con architetti e artigiani che hanno utilizzato metodi tradizionali e materiali di recupero come travi di legno, piastrelle di ceramica e terracotta. “L’Hotel Castello di Casole è una struttura un po’ anom anomala rispetto a quelle a cui sono a abituati i turisti in Italia e in Europa -racconta

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L’offerta gastronomica è varia: dal ristorante Tosca, guidato dallo chef Daniele Sera, alla pizzeria Pazzia, in alto, fino al più casual Bar Visconti, a destra, battezzato così in omaggio a Luchino Visconti che vi dimorò

Bart Spoorenberg, direttore generale dell’albergo- Oltre ad avere 28 cascine e 10 ville in multiproprietà, il castello, con le sue 41 suite, multiprop offre un ambiente in informale, trasmettendo agli ospiti una sensazione di intimità familiare”. Certo, un’intimità familiare degna di un castello abitato per secoli da famiglie blasonate, dove oggi regna la massima espressione del design italiano unito all’eleganza dei mobili toscani fatti a mano, ma anche con la capacità di diversificare gli stili. La struttura principale, infatti, è elegante e lussuosa, con ampi bagni impreziositi da marmi, a differenza delle suite ricavate dalla vecchia Canonica, un ambiente più rustico caratterizzato da mosaici. La Limonaia, invece, comprende cinque suite a due piani con giardino privato e un design più artistico e moderno, mentre le nove suite Uliveto, suddivise in piccoli appartamenti, moderni e lineari, con grandi vetrate che si affacciano sulla tenuta, regalano un paesaggio mozzafiato. A rendere Castello di Casole unico nel suo genere sono anche i 1.700 ettari della tenuta, in parte uliveti e vigneti su cui si estende anche una delle migliori riserve di caccia della provincia di Siena, con un’ampia fauna e una vegetazione rigogliosa. Il castello, il cui controllo

è attualmente sottoposto alle Belle arti, è anche e soprattutto relax, contemplazione, enogastronomia e cultura. Quella che un e tempo era la cantina della tenuta, è occupata te oggi dai 500 metri quadrati della Spa Essere, o dove volte a botte e muri di pietra ospitano do le sstanze per i trattamenti, che si affacciano sulle vallate a perdita d’occhio. Non mancano sull moderne attrezzature sportive nell’area fitness mod corsi di yoga e pilates; davvero spettacolari, e co inoltre, le piscine. “Parte della clientela, che inolt il 50 per cento è internazionale, gode per oltre o dell’intimità offerta dall’albergo utilizzandolo dell’in come base per visitare la Toscana, spingendosi a Firenze, alla vicina Siena, a Volterra e Montalcino, o al mare, a Castiglione della Pescaia -spiega il direttore Spoorenberg- Per poi tornare e pernottare al castello”.

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QUARTIERIALTI

Il ristorante Tosca propone menu tipici che uniscono i prodotti dell’entroterra con il pescato della costa. Particolare attenzione è riservata ai clienti con regole religiose da rispettare a tavola

Sono molte, comunque, le attività che si possono svolgere all’interno della tenuta: passeggiate, escursioni, gite a cavallo o in bici. Per gli amanti del vino, inoltre, si possono visitare aziende vitivinicole partner di Castello di Casole, che con i suoi 80 ettari di vigneti coltivati a cabernet, sangiovese, merlot e petit verdot, produce due etichette, C e Dodici, riservate agli ospiti dell’albergo. Ma le cantine offrono oltre 350 vini di piccoli produttori che si possono degustare non solo nei ristoranti dell’hotel, ma anche al bar Visconti, dedicato al celebre regista. La proposta gastronomica prevede la pizzeria Pazzia e il raffinato Ristorante Tosca, curato dallo chef Daniele Sera. Un ristorante che unisce la tradizione dell’entroterra toscano ai prodotti ittici della costa. Con grande mestiere il cuoco ha realizzato menu che permettono di soddisfare esigenze di una clientela internazionale, addirittura con limiti imposti dai dettami delle diverse religioni senza per questo snaturare la qualità dei piatti locali. “Il mercato lo fa il cliente -esordisce Sera- Noi abbiamo una clientela prettamente straniera, e ci

rendiamo conto dell’esigenza di accontentare l’ospite nel migliore dei modi e con grande qualità. Dunque, piatti studiati a seconda delle necessità tenendo conto delle diverse intolleranze e patologie”. Al Tosca i menu sono rigorosamente di stagione, con prodotti a chilometro zero provenienti dalla tenuta, come l’olio, il vino, le faraone, i fagiani, o da produttori e allevamenti vicini, come per la chianina. Il pesce, sempre fresco, arriva dalla zona di San Vincenzo, tra Livorno e Grosseto. Nascono, così, antipasti come Sgombro all’olio Ev, crema di carciofi, cipolline in agrodolce e prezzemolo croccante, in cui il cuoco valorizza un pesce azzurro spesso bistrattato, ma capace di grandi sapori, o I tre foie gras in terrina alle mele-sauté-candito al latte, in omaggio alla terra toscana. “Teniamo molto alla naturalità dei prodotti, quindi niente Ogm o pesticidi, né mangimi industriali per gli animali -continua Sera- C’è molta attenzione per questo aspetto da parte della nostra clientela, così, ad esempio, i nostri pici sono prodotti con farina naturale di grano saraceno e una salsa di crema di piselli, latte di nocciola e polvere di bruschetta”. E nel menu, non poteva mancare la classica bistecca fiorentina servita con misto di legumi, fagioli all’uccelletto e salsa scalogno, oltre al menu del giorno, proposto in base alle materie prime che lo chef giornalmente si procura dai produttori locali. Tradizione toscana F B al servizio del turista. SCHEDA

Castello di Casole località Querceto 53031 Casole d’Elsa (Si) tel. +39 0577.961508 www.castellodicasole.com

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CULTURA&GUSTO A FIRENZE LA MOSTRA THE DALÍ UNIVERSE ANALIZZA GLI ASPETTI MENO NOTI DEL LAVORO DELL’ARTISTA ATTRAVERSO PIÙ DI 100 OPERE, TRA CUI SCULTURE IN BRONZO, OGGETTI DI VETRO, COLLAGE, RACCOLTE GRAFICHE E MOBILI SURREALISTI. DUE I TEMI: IL TEMPO, RAPPRESENTATO DAI FAMOSI OROLOGI MOLLI, E LA FEMMINILITÀ

L’universo surrealista di Dalí Irene Catarella

T Accanto ai capolavori meno noti di Dalí, non mancano pezzi iconici, come il Divano labbra di Mae West

empo, sensualità e femminilità sono le tematiche chiave della mostra The Dalí Universe, fino al 25 maggio a Palazzo Medici Riccardi di Firenze, capolavoro architettonico del Michelozzo, dall’aspetto esterno imponente, ma sobrio e austero, ideale per il contrasto che crea con l’eccentricità della produzione di Salvador Dalí. Esposte più di 100 opere tra le meno conosciute del grande maestro del Surrealismo, passato alla storia sia per l’inconfondibile stile, sia per la capacità di provocare e stupire anche con l’istrionica personalità. La mostra risulta unica nel suo genere perché mette in risalto quegli aspetti creativi meno gettonati dell’artista nel passato, anche perché meno esposti, come la scultura tridimensionale e le rare raccolte grafiche, che illustrano opere importanti della letteratura. Un posto di rilievo nella mostra è dato a opere come Alice nel Paese delle Meraviglie (1977), emblema letterario della sua arte surrealista, e la Donna in fiamme (1980), che mette insieme la passione, rappresentata dalle fiamme, e la sensualità femminile, intuita nel significato simbolico dei cassetti che rimandano al mistero che un corpo di donna racchiude. La forma femminile è l’incarnazione della sensualità, come si evince dall’opera Lady Godiva con farfalle (1977), simbolo della vitalità che solo la donna sa dare al suo uomo. Il suo uomo con farfalla, dal volto sorprendentemente femminile, è invece un omaggio a Gala, già moglie del poeta Paul Eluard, divenuta musa di Dalí e adorata coniuge. Influenzato dalla psicanalisi di Freud, Dalí credeva che l’uomo fosse mosso dal proprio inconscio, costituito dal desiderio sessuale represso e molte delle sculture esposte sono state realizzate dall’artista quando, da solo, voleva allentare quelle tensioni ossessive e allucinanti che, spesso, lo tormentavano durante il giorno. L’esposizione è curata dal presidente della Fondazione Ambrosiana, Beniamino Levi, che ha conosciuto il maestro catalano e, colpito dalla sua personalità carismatica, decise di raccoglierne le opere, formando

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Il materiale da cui l’artista catalano si sentiva meglio rappresentato era il vetro, che definiva “l’espressione della metamorfosi”

negli anni una delle più ricche e interessanti collezioni di Dalí esistenti al mondo. A Firenze anche la serie di incisioni e litografie, frutto della passione del Maestro per le grandi opere letterarie, dalla Divina Commedia di Dante agli Amori di Cassandra del poeta francese Ronsard, che presenta l’artista come una persona colta e curiosa intellettualmente, che veste in modo eccellente gli insoliti panni di illustratore. La mostra, che spazia tra le diverse manifestazioni d’arte di Dalí, offre uno spazio dedicato alle sculture in vetro del Maestro, a testimonianza della sua collaborazione con la prestigiosa fabbrica di vetri francese Daum Cristallerie. Il vetro, sempre pronto a modellarsi in forme inspiegabili e sorprendentemente diverse, era per lui un materiale d’elezione per esprimere con i colori e la trasparenza un richiamo al mondo impalpabile della fantasia. Di particolare attrazione la serie di collage originali dei Tarocchi mistici e alcuni mobili surrealisti, come il famoso Divano Labbra di Mae West, a forma di bocca rossa. La sezione dedicata al tempo vede come protagonisti gli orologi molli, a cui Dalí deve molta della sua notorietà. Il tempo è per l’artista catalano un’entità che non può essere controllata, che ha una consistenza volatile che scorre in uno spazio fluido, per cui l’orologio, che dovrebbe scandire le ore in modo rigido g e categorico, non ha più ragion d’essere e si affloscia. ragio Non per niente, il simbolismo

del molle Dalí lo riservava a ciò che detestava come, appunto, gli orologi che vogliono limitare la percezione del tempo, imprigionando la memoria. In questa sezione spiccano le sculture in bronzo La Persistenza della Memoria (1980) e Il Profilo del Tempo (1977). F B IL RISTORANTE

La tradizione fiorentina dei Frescobaldi “Un eccellente vino viene esaltato o da un buon piatto e viceversa, perché il binomio tra vino e gastronomia è di fondamentale importanza”: questa la filosofia culinaria perseguita da dei Frescobaldi Ristorante & Wine Bar, affacciato su un angolo di piazza della Signoria. Il locale si divide in due ambienti distinti: il ristorante, che offre ana realizzati dal piatti tipici della tradizione toscana dro Zanieri giovane chef fiorentino Alessandro Zanieri, e il winebar winebar, chiamato Frescobaldino, particolarmente adatto per degustare i vini al bicchiere, in piedi davanti al bancone o seduti ai tavolini interni ed esterni. È possibile accompagnare le circa 100 etichette, fra cui spiccano, naturalmente, quelle delle tenute Marchesi de’ Frescobaldi, con particolari stuzzichini e un eccellente assortimento di salumi e formaggi. Ristorante & Wine Bar dei Frescobaldi, via de’ Magazzini 2-4/R Firenze, tel. +39 055.284724, www.deifrescobaldi.it

L’ALBERGO L’AL

Un soggiorno alla Lorenzo il Magnifico Al porte del centro storico di Firenze, in una dimora della fine del ’700 Alle recentemente re ristrutturata, l’Hotel Lorenzo Il Magnifico è il luogo ideale per chi, dopo aver visto le bellezze artistiche della città, voglia rilassarsi in un ch ambiente raffinato dove si respira un’atmosfera di altri tempi, senza rinuna cciare, però, al lusso e al comfort. Le 38 camere sono dotate di ampie finestre, impreziosite da drappeggi che riscaldano i delicati colori dell’arredamento d’epoca, e di bagni in marmo con vasche idromassaggio, per esaltare l’arisstocraticità del passato insieme ai servizi benessere offerti dalla tecnologia moderna. Mob Mobili e poltrone fatte a mano, dipinti e soffitti affrescati caratterizzano la suite Lorenzo Il Magnifico, la scelta giusta per un soggiorno principesco. Hotel Lorenzo Il Magnifico, via Lorenzo il Magnifico 25, Firenze, tel. +39 055 4630878 www.lorenzoilmagnifico.net

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BUONALETTURA a cura di Simona Percivalle

Champagne Bollicine per vivere felici “Bevo Champagne solo in due occasioni, quando sono innamorata e quando non lo sono”, diceva Coco Chanel. Della stessa opinione anche la giovane sommelier Ais Chiara Giovoni, che al “lato” effervescente del vino ha dedicato Bollicineterapia, libretto agile e spumeggiante da leggere tutto di un fiato, perfetto anche per chi si è da poco avvicinato al settore. Divertente e appassionante, è il racconto della storia dello Champagne, con molte informazioni su come conservarlo e servirlo, ma anche della vita delle pioniere delle maison più prestigiose. Il volume riporta anche le frasi celebri, lo Champagne nel cinema, il legame con l’astrologia, i cocktail e le ricette per percorrere la via frizzante alla felicità e quindi godersi la vita come se fosse un calice di bollicine: puro piacere e divertita leggerezza. Edito da Salani Editore, costa 11 euro.

Storia L’arte culinaria dei Romani

Guide Emilia Romagna da gustare

Le autrici Antonietta Dosi, filologa, e Giuseppina Pisani Sartorio, archeologa, in Ars culinaria. Dal Piemonte alla Sicilia, i piatti degli antichi romani sulle loro (e sulle nostre) tavole, illustrano le usanze gastronomiche di un tempo e, attraverso curiosità e aneddoti, aiutano a guardare nei piatti di oggi per riconoscerne le origini proponendo ricette millenarie legate alle tradizioni regionali. Queste e altre insospettabili rarità sono raccontate in questo sapiente e divertente libro, corredato da splendide illustrazioni di dipinti e mosaici antichi, in cui il cibo è un formidabile indice antropologico dello stile e dei cambiamenti sociali di una Roma sempre più cosmopolita. Edito da Donzelli Virgola, costa 24 euro.

Grande effervescenza per l’Emilia Romagna, terra ricca di tipicità enogastronomiche. Ora raccolte nella nuova edizione 2012/2013 della guida Emilia Romagna da bere e da mangiare, che per l’occasione omaggia il Centenario pascoliano con una inedita ricetta di Piergiorgio Parini chef del Povero Diavolo di Torriana (Rn). Nelle 444 pagine a colori, ricche di contenuti, foto, cartine, informazioni, curiosità e percorsi turistici mappati per soddisfare la passione degli enoturisti, troviamo oltre mille nuovi vini, 300 cantine e un pacchetto di 91 etichette eccellenti premiate dai sommelier di Ais Emilia e Romagna. Oltre a un focus sui prodotti Dop e Igp come il Grana Padano, la Coppa piacentina e il Culatello di Zibello. Di PrimaPagina Editore, costa 13,90 euro.

Fai da te Dall’orto ai fornelli

Vitigni Vino in pillole

Dedicato a tutti coloro che, non riuscendo a mantenere in vita una piantina di basilico, si lasciano sopraffare dallo sconforto. Martino Ragusa in Orto e mangiato rassicura con argomenti più che convincenti. E, soprattutto, con indicazioni pratiche. Quelle necessarie per sperimentare la soddisfazione di veder crescere una pianta e di mangiarne i frutti coltivati con le proprie mani. L’autore insegna come seminare e piantare facilmente ortaggi in vaso per ottenere quelli che sono dei veri regali della natura, ingredienti preziosi per tante ricette. Martino Ragusa nel testo ne suggerisce 120, nelle quali le verdure hanno un ruolo di primo piano. È sufficiente, quindi, disporre di un balcone e l’orto fai da te può diventare protagonista della tavola. Edito da Sperling&Kupfer, costa 16,90 euro.

Qualunque sia l’argomento -dalla fisica nucleare all’arte- solo chi è veramente competente riesce a rendere leggere e comprensibili nozioni complesse. Ecco che, così, in Vitigni del mondo. Catalogo ragionato delle principali varietà di uve da vino, un argomento enciclopedico come l’ampelografia mondiale perde l’aspetto del “manualone” per diventare un Bignami tascabile di 166 pagine, grazie all’intuizione di due autorevoli voci narranti: Daniele Cernilli e Dario Cappelloni. I due esperti accompagnano il lettore nelle zone vitivinicole del mondo e ne danno tutte le informazioni in pillole. Qui c’è solo quello che interessa ai wine lovers: un pizzico di storia, qualche curiosità e le caratteristiche tipiche del vino ottenuto da ciascuna uva. Edizioni La Conchiglia, costa 15 euro.

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PILLOLEDISTORIA

L’invenzione antica del formaggio Nicoletta Negri

‘‘N

ELENA,/né lacrimevole come Maddalena./Non come Argo, ma del tutto cieco,/e come il bufalo pesante./Sia ribelle al pollice/e indossi un vecchio mantello camolato./Senza occhi, senza lacrime, senza bianchezza,/camolato, ribelle, e di buon peso”.

ON BIANCO COME

Nel tardo Medioevo questa era la formula suggerita da Le Ménagier de Paris, un compendio di massime e ricette, per riconoscere un buon formaggio. Le tipologie disponibili già a quei tempi erano tante e questo era un modo per insegnare a sceglierle. Provando a risalire alle origini del formaggio nella storia, ci si rende conto di come sia stato sempre presente e apprezzato come alimento di grande pregio. Di latte acido e di formaggio si parla già

nella Bibbia e, a testimonianza delle origini remote di questo prodotto, possiamo fare riferimento al ritrovamento di un affresco sumero policromo del 2500 a.C. e di un vaso egizio risalente al 2300 a.C. contenente residui di cagliato. Si presume che la trasformazione di latte in formaggio sia avvenuta in modo naturale. Basti pensare che il latte era trasportato in sacche che altro non erano che lo stomaco di agnelli e capretti, in cui è facile immaginare come, a causa del caldo, dell’assenza È stato sempre di precauzioni e per l’effetto coagulante dovuto alla presenza degli enzimi contenuti presente nella storia negli stomaci degli animali, si formasse il cagliato. Gli ebrei, su divieto di Mosè, fucome alimento di rono costretti a produrre il formaggio con succo di rami di fico o germogli di cardo. Ancora oggi, in Corsica e nelle Basse Alpi, alcuni produttori biologici utilizzano quegrande pregio. ste stesse tecniche. Alcune curiosità: i dieci formaggi che Davide pensava di offrire a Testimonianze della Golia erano prodotti totalmente vegetali, così come, più tardi, gli inglesi crearono il passione per l’arte Chester utilizzando l’erba zolfina, a cui si deve il caratteristico colore giallo; casearia si trovano nei famoso Polifemo, invece, preparava una giuncata “nelle ceste finemente intrecciate”, mentre reperti archeologici Columella nel suo Rei Rusticae (II secolo d.C.) scrive di fiscinae (giunco intrecciato) e e nella letteratura fiscellae per la produzione di formaggio fresco. Secondo Plinio il Vecchio, poi, Zarathustra doveva la sua arte oratoria proprio al formaggio. Carlo Magno assaggia il suo primo erborinato in un convento vicino a Roquefort. E, già, nel XIX secolo, Brillat-Savarin lancia il suo slogan “Un dessert senza formaggio è come una bella donna senza un occhio”. F B

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STELLEATAVOLA a cura di Galatea

Gemelli

Cancro

Leone

Arrivano i successi economici. Per accendere il vostro fascino, non disdegnate aperitivi e cene di lavoro con molte portate.

Periodo di profonde intuizioni e di elevata percezione emotiva che potrete favorire con cibi dal gusto delicato e vini fruttati.

Mese di grande energia e fortuna, soprattutto in amore. Stupite il vostro partner con inviti al ristorante: ma che sia di classe.

Vergine

Bilancia

Scorpione

Siete particolarmente critici verso gli altri. Circondatevi di persone di fiducia con cui condividere drink e chiacchiere leggere.

Siete attratti da nuove esperienze: viaggi, offerte di lavoro, amicizie. È ora di assaggiare anche cibi e bevande etniche.

In questo mese di intenso lavoro vi aiuteranno pasti a orari regolari e vini d’annata, per non perdere concentrazione e ritmo.

Sagittario Allentate la morsa del lavoro con viaggi in luoghi sconosciuti dove stuzzicare il palato gratificandosi con nuove scoperte culinarie.

Capricorno TORO Per voi Toro, segno per eccellenza legato alla sensualità e alla ricerca del piacere a 360 gradi, si preannuncia un aprile soggetto ad alti e bassi umorali e relazionali a cui non siete abituati e che potranno creare situazioni di nervosismo e spossatezza. Ma niente paura: recupererete energie con passeggiate al sole e cibi consistenti, come una buona fiorentina accompagnata da un vino rosso corposo, particolarmente graditi al vostro palato deciso. Ricordatevi che voi Toro difficilmente vi divertite da soli, quindi condividete anche un semplice panino, ripieno di salumi o verdure, con amici e, soprattutto, con il partner, che vi aiuterà a risvegliare i sensi, come, naturalmente, il gusto e l’olfatto. Perché dovete ricordarvi che i vostri organi percettivi, che per altro avete già molto sviluppati per natura, venendo a contatto con sensazioni variegate e piacevoli, vi schermeranno da cadute improvvise di tono, spesso non consapevoli e non percepite immediatamente come tali. Concedetevi anche dei fuori pasto golosi per coccolarvi e affrontare al meglio gli impegni quotidiani per niente coinvolgenti. Infine, provate un piatto di tagliatelle con ragù alla bolognese con un bicchiere di Sangiovese di Romagna. 98 | FOOD&BEVERAGE APRILE 2013

Per affrontare la primavera, concedetevi alimenti e centrifugati ricchi di vitamina C. Un consumo limitato di carne vi gioverà.

Acquario Attenti ai troppi grassi, soprattutto insaccati: potrebbero appesantirvi. Per voi minestroni e carni bianche saranno l’ideale.

Pesci Evitate cibi piccanti che possono crearvi nervosismi e squilibri energetici. Dosate bene salato e saporito e il gioco è fatto.

Ariete Dopo il periodo depurativo, vi potrete concedere “colpi di testa” con bevande alcoliche e cibi piccanti. Senza esagerare.




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