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NOTIZIE DAI RIFUGI

mettere un biglietto di ingresso, decisione contestatissima, ma su cui De Bernardin si è impuntato. Il risultato? Nell'estate del 2018, l'ultima prima di Vaia, ci sono stati 150mila visitatori paganti: «Avevamo un progetto in mente, che era quasi completato, collegare il parco di Masarè sopra il lago, con una pista ciclabile fino al parcheggio di Sottoguda, entrato di diritto tra i Borghi più belli d'Italia. Da qui il turista poteva percorrere i Serrai fino a Malga Ciapela e, lasciata la bicicletta, salire in cima alla Marmolada con la funivia. Il parco giochi a Masarè era fatto, la pista quasi finita, stavamo facendo un altro parco giochi a Boscoverde, tutto grazie ai Fondi di confine». Vaia ha fatto saltare il banco, la pista è stata cancellata per il 70 per cento. Ora si lavora per ripartire: il parco di Masarè è in funzione, ma la pista non può essere ricostruita con i fondi di Vaia, occorre trovare altri soldi. Ma prima di tutto bisogna metterla in sicurezza ed è quello che si sta facendo con il mega intervento da 8 milioni sulle sponde del lago di Alleghe. I serrai nel futuroCome saranno i futuri Serrai di Sottoguda? Diversi dal passato: dai 14 ponti (metà spazzati via dall'alluvione) si scende a 4 e saranno anche più alti rispetto al torrente, lo impongono recenti leggi. Sono previste delle passerelle, dove la strada correrà vicino all'acqua. Sotto la strada verranno messi i sottoservizi, le fognature, l'energia elettrica e un acquedotto collegato a una fontana che si trova nei Serrai. L'acquedotto principale di Sottoguda, spazzato via da Vaia, venne ricostruito in soli 23 giorni. Quelli erano lavori di somma urgenza, adesso si viaggia con la legge sugli appalti, piena di lacci e lacciuoli: «Un cantiere parte, quello vicino no. La gente non capisce perché e si lamenta». Ma la mole di lavori da fare qui è davvero enorme. La ripartenzaE poi c'è stato il Covid, un inverno senza impianti e turisti, che ha pesato moltissimo sui ricavi e sul morale delle persone. Ora si riparte, riaprono i negozi a Sottoguda, in attesa dei turisti, tra un cantiere che finisce e uno che comincia. Tra due anni ai Serrai arriverà il mondo. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere del Trentino | 2 Giugno 2021

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Rifugi, allarme dei gestori «Regole troppo rigide così molti non apriranno»

TRENTO Il tono è quasi da ultimatum: «Se le regole rimarranno queste, tanti Rifugi non apriranno nemmeno». Ezio Alimonta non è persona da tanti giri di parole. E anche adesso, a poche settimane dall’avvio della stagione estiva delle strutture in quota (previsto per il weekend del 19 e 20 giugno), il presidente dell’Associazione Rifugi del Trentino chiarisce subito di non condividere affatto i contenuti delle linee guida nazionali per la ripartenza degli edifici di montagna. Puntando il dito contro le misure fissate per le camere da letto: «Si parla — dice Alimonta — di una distanza di due metri tra i letti. Troppo». «Stiamo già lavorando per intervenire» gli risponde però l’assessore provinciale Roberto Failoni. Che conta di risolvere la questione la prossima settimana. Mentre dalla Sat trapelano segnali di fiducia: «Le prime prenotazioni — sottolinea Sandro Magnoni, presidente della commissione Rifugi del sodalizio — stanno già arrivando». Le regole A far arrabbiare Alimonta sono, in sostanza, le indicazioni contenute nelle linee guida recepite nell’ultima ordinanza del ministro Roberto Speranza. Non tutte, in realtà. Il testo, in particolare, prevede ingressi contingentati nei Rifugi, con prenotazione consigliata per pernottamenti e pasti (conservando l’elenco delle persone per 14 giorni), disinfezione due volte al giorno e kit di pulizia a disposizione dei clienti. Nelle camere, set monouso, sacco a pelo personale e letti distanziati di due metri. L’associazione Ed è quest’ultimo punto a non andare bene al presidente dell’Associazione Rifugi. «Lo scorso anno — ricorda Alimonta — c’erano misure meno rigide per le famiglie e i gruppi. Erano restrittive già allora. Ma quest’anno è un disastro». Perché, prosegue, «se un Rifugio ha la disponibilità di 12 posti letto e ne può mettere a disposizione solo quattro non apre nemmeno. Non conviene». Alimonta ha già chiamato Failoni per sollecitare una modifica. E l’assessore provinciale si è detto pronto a intervenire: «Stiamo esaminando le linee guida nel dettaglio e abbiamo già trovato alcuni aspetti problematici: penso ai Rifugi ma anche ai buffet. Entro la prossima settimana valuteremo come muoverci sentendo anche la parte sanitaria». La Sat Meno preoccupati i responsabili della Società degli alpinisti tridentini. «Noi stiamo lavorando sulla base delle norme dello scorso anno, che vedevano una riduzione dei posti letto di un terzo» osserva Magnoni. Che assicura che nel weekend del 19 e 20 giugno apriranno tutti i Rifugi del sodalizio. Anche il Mantova al Vioz a oltre 3.000 metri. «È stato un lavoraccio liberare l’ingresso dalla neve — sorride il presidente della commissione Rifugi — ma siamo pronti». E anche il nuovo Rifugio Boè. Con il Mandron che sarà leggermente ridotto nella capienza per i cantieri al via a metà mese. «Tutti i gestori sono fiduciosi — dice Magnoni — perché le prenotazioni stanno arrivando. Quest’anno anche dai tedeschi». Prenotazioni che seguiranno i limiti della capienza massima. Con le eccezioni legate alla vocazione stessa del Rifugio: «Noi — conclude Magnoni — non possiamo lasciar fuori le persone di notte o in caso di maltempo. Se

c’è un temporale, in accordo con i responsabili dell’Azienda sanitaria, tutti gli escursionisti potranno entrare a ripararsi, indossando la mascherina».

Corriere delle Alpi | 3 Giugno 2021

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In coda e al chiuso con la mascherina Ecco le linee guida per impianti e rifugi

Francesco Dal Mas BELLUNO Da lunedì non sarà un "liberi tutti", neppure in zona bianca, per chi frequenta l'alta montagna. La mascherina, ad esempio, sarà obbligatorio portarla all'interno anche alla Capanna Punta Penia, il rifugio più alto delle Dolomiti (Marmolada, in questo caso) che aprirà sabato. Di questo dispositivo non ci si potrà liberare neppure in funivia e in cabinovia. Così, almeno, prevedono le "linee guida" varate dal ministero della Salute e che attendono di passare al vaglio della Regione Veneto, per quanto ci riguarda.Un vaglio molto atteso in particolare dagli impiantisti che - come ribadisce Renzo Minella, presidente regionale di Anef - si aspettano sia tolto il contingentamento, perché d'estate l'affluenza è notoriamente inferiore a quella dell'inverno. Fino a che non arriverà il via libera della Regione, taluni impianti funiviari non scatteranno, anche se avevano programmato di farlo ancora a fine maggio. Per quanto riguarda i rifugi, invece, i gestori chiedono approfondimenti in relazione soprattutto agli escursionisti avvantaggiati dal certificato vaccinale. FUNIVIE E CABINOVIE Gli impiantisti sono dunque invitati dal Ministero della Salute a limitare il numero massimo di presenze giornaliere con l'introduzione viene specificato - di un tetto di titoli di viaggio vendibili, "determinato", si specifica un po' genericamente, "in base alle caratteristiche della stazione, area o comprensorio", in ogni caso "con criteri omogenei per Regione" da definire con l'Azienda sanitaria di riferimento. «È il punto», sottolinea Minella, «da chiarire ancor meglio con la Regione, perché, ad esempio, si fa riferimento al comprensorio sciistico, che per l'estate non ha significato». TUTTE LE RACCOMANDAZIONI Il Ministero invita a esplicitare bene le misure di prevenzione, all'ingresso di ogni impianto, magari anche attraverso personale addetto, oltre alla tradizionale cartellonistica e ai display. Vanno evitate le code e, in ogni caso, va mantenuto il distanziamento di almeno un metro, pure all'interno dei nuclei familiari e tra conviventi. "Gli utenti devono indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie", si specifica, "sia negli ambienti chiusi, sia all'aperto, fatte salve le specifiche indicazioni per l'attività motoria". Auspicabile la prenotazione on line. Le seggiovie avranno una portata massima al 100%, le cabinovie e le funivie al 50% e all'interno delle strutture chiuse resta obbligatorio ancora l'uso della mascherina: nessuna differenza, quindi, con l'inverno. Vi ricordate l'anno scorso, nel pieno dell'estate, le infinite teorie di vacanzieri rientranti dal Piz Boè in attesa dell'imbarco alla funivia del Sass Pordoi? Nella fase di discesa a valle, in caso di emergenza (ad esempio, eventi atmosferici eccezionali), è consentito l'utilizzo di funivie e cabinovie a pieno carico. Attenzione, è vietato consumare alimenti, bevande, e fumare in tutti gli ambienti al chiuso, nella fase di imbarco (anche all'aperto) e nel corso del trasporto. SACCO A PELO IN RIFUGIO Puntuali le linee guida anche per i rifugi alpini. In questi ambienti, intanto, corre l'obbligo di percorsi distinti che non permettano l'incrocio delle persone. In un cartello, all'ingresso, vanno indicate le misure da rispettare, ma anche il numero massimo di presenze contemporanee. In rifugio - si badi - si entra con la mascherina. I pernottamenti e le consumazioni? Meglio prenotarli. E, comunque, deve essere tenuta la registrazione per almeno 14 giorni. La disinfezione degli ambienti interni deve avvenire ogni due giorni. All'ingresso di ogni camera va previsto un dispenser di gel. Il posto letto deve essere comprensivo di materasso con coprimaterasso in tessuto lavabile, set monouso composto da copri materasso e copri federa monouso. Rimane obbligatorio l'utilizzo del sacco a pelo personale. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 3 Giugno 2021

p. 2, edizione Belluno

I rifugi nella morsa della neve

CORTINA Per aprire un rifugio in montagna non basta girare la chiave nella toppa e spalancare gli scuri: la spessa coltre di neve che ancora imbianca le Dolomiti costringe i gestori delle strutture poste più in alto a un lavoro supplementare. Il 1 giugno Carlo Budel è salito in elicottero alla sua capanna di Punta Penia, a 3.300 metri, sulla Marmolada, e ha impiegato alcune ore di lavoro, di buona lena,

soltanto per riuscire ad arrivare alla porta, scavando una trincea nella neve. Poi potrà cominciare a cucinare le sue celebri torte e ad accogliere gli escursionisti e gli alpinisti che raggiungeranno la cima della montagna Regina delle Dolomiti. Lo stesso hanno dovuto fare i De Zordo, ai 2.130 metri del rifugio Sonino al Coldai, verso la Civetta: con un gruppo di amici, gente di buona volontà e braccia robuste, hanno spalato la stradina che sarà poi percorsa dalla loro Ape, per portare i rifornimenti, nell'ultimo tratto.

IL VERSANTE NORD

Sono le stesse difficoltà che stanno affrontando tutti i gestori, a quote superiori a 2.000 metri, soprattutto se il rifugio o la strada di accesso sono esposti a nord, dove la neve stenta a sciogliersi, dove ci sono grandi ammassi, accumulati dal vento dell'inverno. Dal Pelmo, in Valle del Boite, Barbara Feltrin fa sapere che il suo rifugio Venezia non potrà aprire prima del 26 giugno, a causa della neve in alta quota. Il 1 giugno ha aperto il Lagazuoi della famiglia Pompanin, sulla cima del monte che sovrasta il passo Falzarego, fra le valli di Ampezzo, Badia e Fodom. La funivia non è ancora in funzione, per cui tutti sono avvisati: lassù si arriva soltanto a piedi, oppure con gli sci e le pelli. Bisogna essere attrezzati, servono scarponi caldi e asciutti, le scarpette da corsa o da trail potrebbero non bastare. La neve ha indotto anche i gestori della funivia e del rifugio sul monte Faloria, sopra Cortina, a rinviare l'apertura della stagione. Inizialmente era stato annunciato per venerdì 28 maggio, perché si confidava nel disgelo primaverile: invece di neve ce n'è ancora tanta, il caldo tarda a venire, ci sono state, al contrario, alcune nevicate tardive, che hanno persino incrementato lo spessore al suolo, per cui si è deciso di spostare l'inizio dell'attività di un paio di settimane, sino a venerdì 11 giugno. Dall'altra parte della valle accade lo stesso sulla Tofana. In questo inizio del mese apre solamente il primo tronco della Freccia nel Cielo, la cabinovia che porta dallo stadio Olimpico del ghiaccio sino al Col Druscié.

PARTENZA DIFFICILE

Non sono in funzione le funivie per Ra Vales e per la cima della Tofana, a 3.244 metri: si aspetta sabato 19 giugno per avviare una stagione che si concluderà il 19 settembre. Lassù ci sarà comunque da lavorare, per aprire i percorsi, attorno all'ultima stazione. Si lavora anche sulla cima del Nuvolau, a 2.575 metri, sul crinale della montagna che guarda da una parte verso Ampezzo, dall'altra verso l'Alto Agordino e Colle Santa Lucia. Ad affrontare la stagione lassù sarà la giovane Emma Menardi, con i suoi fratelli: subentra a Mansueto e Jo Anne Siorpaes, che hanno lasciato il Nuvolau dopo 47 anni. La sezione di Cortina del Club alpino italiano, proprietaria della struttura, deve eseguire alcuni lavori di ammodernamento del suo rifugio più antico, inaugurato nell'agosto 1883, ma la neve non aiuta nell'intervento. E' sommerso dalla neve anche l'altro rifugio della sezione Cai ampezzana, il Giussani, ai 2.561 metri di forcella Fontana Negra, sulla Tofana.

LA TRADIZIONE

Sulle Dolomiti, per consuetudine, i rifugi alpini, soprattutto quelli del Cai, ma di conseguenza anche quelli privati, tendono ad aprire per il 21 giugno, nel solstizio che inizia l'estate astronomica, ma quest'anno non sarà così facile mantenere quella scadenza. In alcuni casi si renderà necessario persino intervenire per opere di restauro e manutenzione straordinaria, per rimediare i danni causati dal peso delle copiose nevicate dell'inverno, oppure dalle valanghe, come quella che, il 14 dicembre scorso, ha devastato il rifugio Pian dei Fiacconi, a 2.626 metri, sulla Marmolada. Marco Dibona

Gazzettino | 3 Giugno 2021

p. 3, edizione Belluno

Ghiacciaio Sorapis in continuo ritiro: “Va salvaguardato”

CORTINA La neve abbondante che ancora ricopre tutto l'anfiteatro settentrionale del Sorapis non deve trarre in inganno: il ghiacciaio si sta ritirando, da anni, e di conseguenza viene influenzata la vita in quell'area, la biodiversità della fauna e della flora. Per spiegare tutto questo, per sensibilizzare sul problema di una natura che cambia rapidamente, nella Giornata europea dei parchi, il 24 maggio, è stato diffuso un video, lanciato dal Museo delle scienze di Trento, dall'Università di Milano e dal Parco naturale regionale delle Dolomiti d'Ampezzo. Le immagini di Ghiacciai in ritiro. Biodiversità in estinzione sono accompagnate da brevi relazioni di Michele Da Pozzo, direttore del Parco d'Ampezzo: «Fino a pochi anni fa il Lago del Sorapis era una delle tante mete delle Dolomiti Ampezzane, insieme a molti altri bei laghi di questa zona. Da qualche tempo il turismo è aumentato. I cambiamenti climatici e la sempre maggior frequentazione di certi ambienti dolomitici hanno investito in maniera accelerata questo territorio, ponendoci di fronte a problemi seri di conservazione e dubbi sulla sostenibilità della frequentazione turistica. Faremo di tutto per salvaguardare questo sito e lasciarlo, nei limiti del possibile, ancora fruibile». Il filmato inedito è inserito nel progetto di ricerca Insetti, piante, ghiacciai e clima che cambiano. Christian Casarotto, glaciologo del Muse, spiega: «Dalla metà dell'800 si è assistito a una continua fase di ritiro del ghiacciaio; oggi non lo vediamo quasi più ma è ancora presente, protetto da uno strato di detrito superficiale che lo rende particolare sotto l'aspetto glaciale ma anche biologico». L'entomologo Mauro Gobbi aggiunge: «Oltre al ritiro dei ghiacciai, uno degli effetti più evidenti del cambiamento climatico è l'incremento del detrito roccioso sulla superficie dei ghiacciai che li sta trasformando da ghiacciai bianchi a neri. Questa copertura, se superiore a 5-10 centimetri, funge da coperta isolante che rallenta il tasso di fusione dei ghiacciai: uno strato che offre condizioni microclimatiche particolari, come temperature medie annuali inferiori agli 0°C e umidità prossima al 100%, che

permettono la sopravvivenza di diversi organismi, molti dei quali ancora poco noti, che necessitano, per sopravvivere, di ambienti costantemente freddi». Il botanico Marco Caccianiga precisa: «Specie criofile, alcune endemiche e abituate ad ambienti termicamente estremi, si rinvengono prevalentemente sulla superficie del ghiacciaio, e non più negli ambienti limitrofi come i ghiaioni, poiché non più in grado di offrire condizione termiche idonee. Da qui, l'importanza di studiarli: i rapidi cambiamenti climatici potranno portare in pochi decenni a modifiche ecologiche rilevanti di questi ambienti e delle comunità che ospitano». M.Dib.

Corriere delle Alpi | 4 Giugno 2021

p. 7

Rinnovato il direttivo: Magagnin vice Fiorentini

BELLUNo L'Associazione dei gestori dei rifugi alpini del Veneto, nata nel maggio del 2018 dalla volontà di alcuni gestori di condividere le proprie idee ed esperienze nel territorio montano, ha rinnovato il proprio consiglio direttivo, riconfermando alla guida Mario Fiorentini del rifugio Città di Fiume.Insieme a lui, i consiglieri rappresentativi di tutte le province venete per il prossimo triennio 2021-2024: Omar Canzan (Chiggiato-Calalzo), responsabile del coordinamento delle attività; Alessandro Tenca (Barana al Telegrafo), referente comprensorio rrovincia di Verona; Angelo Ferro (Campogrosso-Vicenza), comunicazione e gestione canali social; Dario Ferroni (Alpe Madre), comprensorio provincia di Vicenza; Elena Zamberlan (Pian Fontana Schiava), comprensorio Agordino/Val di Zoldo, nonché segretaria dell'associazione, e Alessandra Magagnin (Pranolz), la quale assume il ruolo di vicepresidente. L'associazione si pone come obiettivo quello di diventare un interlocutore rappresentativo con le Istituzioni Regionali al fine di individuare, promuovere e attuare iniziative di sviluppo della montagna e dei Rifugi Alpini, che sempre di più si sta dimostrando territorio ricco di opportunità da cogliere. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 5 Giugno 2021

p. 7, edizione Belluno

Associazione rifugisti, Fiorentini confermato presidente

BELLUNO Rinnovato il direttivo di Agrav, l' Associazione dei Gestori dei Rifugi Alpini del Veneto: alla guida resta un bellunese. Mario Fiorentini, del Rifugio Città di Fiume, è infatti stato confermato nel ruolo di presidente. Insieme a lui, i consiglieri rappresentativi di tutte le province venete per il prossimo triennio 2021-2024 saranno Omar Canzan del Rifugio Chiggiato nel Bellunese, responsabile del coordinamento delle attività, Alessandro Tenca del Rifugio Barana al Telegrafo nel Veronese, referente di Comprensorio per la provincia di Verona, Angelo Ferro del Rifugio Campogrosso nel Vicentino, responsabile della comunicazione e della gestione dei canali social, Dario Ferroni del Rifugio Alpe Madre sempre nel Vicentino che sarà il referente di comprensorio per la provincia di Vicenza, Elena Zamberlan del Rifugio Pian Fontana Schiava a Belluno, referente per il comprensorio Agordino/Val di Zoldo nonché segretaria dell'Associazione e Alessandra Magagnin del Rifugio Pranolz (Bl), la quale assume il ruolo di vicepresidente, oltre che essere presidente in carica del Consorzio DMO Dolomiti. I bellunesi, insomma, sono numerosi nel direttivo di questa associazione che, d'altra parte, conta la gran parte degli iscritti proprio in questa provincia. Il rinnovo delle cariche è stata l'occasione per ribadire gli obiettivi da perseguire, in primis quello di diventare un interlocutore rappresentativo con le istituzioni regionali al fine di individuare, promuovere ed attuare iniziative di sviluppo della montagna e dei rifugi alpini, che sempre di più si sta dimostrando territorio ricco di opportunità da cogliere. «I gestori dei rifugi sono rimasti fuori per troppo tempo dai tavoli decisionali e questo ha fatto sì che si prendessero delle decisioni riguardanti questa particolare tipologia di ricettività turistica senza i diretti interessati, competenti nelle materie trattate - dichiara il presidente Mario Fiorentini . Dalla fondazione con 25 iscritti ad oggi che l'Associazione conta 44 rifugi, su un bacino potenziale di 154 unità a livello regionale veneto, è stata fatta tanta strada. È a loro che vogliamo rivolgerci, per far conoscere le potenzialità ed opportunità che insieme, facendo rete con senso di appartenenza, siamo in grado di ottenere come categoria». Tra le prossime iniziative, un'attività di formazione finanziata in modo permanente da portare avanti insieme ad Apindustria Servizi, l'ente di Confapi Venezia accreditato presso la Regione Veneto di Confapi Venezia accreditato presso la Regione del Veneto per la formazione e i servizi al lavoro, al fine di usufruire adeguatamente e in modo vantaggioso delle opportunità che bandi e agevolazioni a livello regionale, nazionale ed europeo mettono a disposizione di chi fa impresa. Non solo, in agenda per il prossimo futuro c'è anche l'istituzione di un coordinamento, in collaborazione con le altre associazioni regionali e provinciali, al fine di creare un'unica entità di rappresentanza riconosciuta a livello nazionale, per portare con voce univoca e condivisa all'attenzione delle Istituzioni. (A.Tr.)

Corriere delle Alpi | 9 Giugno 2021

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Rifugisti, stagione batticuore «Tra neve, regole e booking sarà una lotta ogni giorno»

L'INTERVISTA Agrav, associazione che accoglie tra le proprie fila i rifugisti del Veneto, parlerà la lingua cadorina per i prossimi tre anni. Mario Fiorentini, classe 1959, gestore del rifugio Città di Fiume, è stato riconfermato presidente. Al suo fianco, nel ruolo di vice, ci sarà ancora Omar Canzan del rifugio Chiggiato. Fresco di rinnovo (fino al 2024), l'occasione è utile a Fiorentini per anticipare quella che sarà l'estate dei rifugisti, in modo particolare di quelli cadorini ed ampezzani. Quando partirà ufficialmente la stagione estiva?«Allo stato attuale è difficile dirlo. La data storica è il 15 giugno, ma in quota c'è ancora tanta neve, alcuni rifugi ad oggi non sono stati ancora neppure raggiunti dai rispettivi gestori. I rifugi situati al di sopra dei duemila metri sicuramente ritarderanno un po' nell'apertura, la neve è ancora tanta. Questo è sicuramente un problema, aggiunto a tanti altri aspetti che rendono da sempre la vita del rifugista complicata».Quali sono questi aspetti?«Inevitabilmente i protocolli sanitari che, nelle ultime settimane, sono cambiati già due volte. Il problema resta quello di sempre. Chi li stila evidentemente non ha mai avuto un contatto diretto con un rifugista. Quella che emerge è una totale scollatura tra le parti. Una mancanza di dialogo che non giova a nessuno».Eppure nei mesi pre estivi c'è stata una sorta di "caccia" alla gestione dei rifugi, soprattutto in Cadore: come si spiega questo fenomeno?«In effetti è difficile da spiegare. Si tratta di un elemento in controtendenza con quanto avveniva nel passato, anche recente. La sensazione è che per più di qualcuno si sia trattato di un tentativo inconsapevole. Mi riferisco non solo ai potenziali gestori ma anche a coloro che cercano lavoro. È vero che c'è offerta, a cui non corrisponde un'adeguata risposta. È pur vero però che un rifugio non è un ristorante. Lavorare in un rifugio non è per tutti. La domanda che mi pongo quando mi ritrovo davanti un candidato è: resisterà o no?».Cosa c'è da aspettarsi nell'estate ormai alle porte?«La nota lieta è il ritorno dei turisti stranieri. Le prime prenotazioni vanno in quella direzione. Le percentuali rispetto al passato sono ancora basse, ma anche un 10%, rispetto allo zero assoluto dello scorso anno, rappresenta un elemento positivo. L'altro tema da tenere costantemente in considerazione è che un rifugio non ha una capacità illimitata. Bisognerà prenotare, non vedo alternative. L'ultimo tema spinoso chiama in causa i ricoveri d'emergenza. Su questo fronte i protocolli registrano una falla perché sono strutture che nessuno ha preso in considerazione in merito alla loro fruibilità; eppure un ricovero d'emergenza, soprattutto in condizioni di meteo avverso, rappresenta un'ancora di salvataggio per gli escursionisti d'alta quota».Per chiudere: quali saranno le linee guida di Agrav per i prossimi tre anni?«Le stesse che hanno caratterizzato il triennio di lancio, dal 2018 anno di costituzione dell'associazione ad oggi. La formazione del rifugista è un argomento prioriario, si tratta di una professione in costante evoluzione. Altra tematica molto importante è la continua relazione con enti ed istituzioni, senza dialogo nessuno fa tanta strada. Rifugisti compresi». --Gianluca De Rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 14 Giugno 2021

p. 18

«Il distanziamento dimezza i posti Così non si aiuta chi cerca riparo»

club alpino «I volontari sono tutti impegnati, su una rete di 4.600 km di sentieri, per dar modo ai rifugi di aprire il 19 giugno». Lo assicura Renato Frigo, presidente regionale del Club alpino italiano. I 32 rifugi del Cai nel Bellunese riusciranno a rispettare l'agenda di apertura? «Sì, salvo il Torrani, sul Civetta, che dovrà aspettare i primi di luglio. Ma è stata una fatica davvero improba pulire i percorsi dalla neve e, in particolare, da centinaia di alberi che, indeboliti da Vaia, hanno ceduto sotto le precipitazioni nevose. In tanti casi, questi volontari hanno dovuto arrangiarsi in tutto e per tutto». Quando, invece, saranno percorribili le ferrate e le vie attrezzate? «Non prima d'inizio luglio. Però, attenzione, non ci si avventuri se non si ha puntuale conoscenza della percorribilità. Fra l'altro, ciascuna ferrata, dovrà essere controllata dopo essere stata liberata da neve e ghiaccio. Immagino che si daranno da fare anche gli enti competenti». Con quali protocolli apriranno i rifugi? «Quelli previsti dal Governo e dal Cts. E alcune misure sono davvero di forte complicazione. Ad esempio il previsto metro e mezzo, anzi i due metri, fra un letto e l'altro. Questo significa che l'ospitalità verrà dimezzata, anche nei cameroni. C'è il rischio che i rifugi non possano accogliere tanti gruppi o, peggio, che in caso di emergenza, siano costretti a mandare via chi chiede di ripararsi dalle intemperie».Chiede a Regione e Governo di correggere questa prescrizione? «Chiediamo innanzitutto di considerare il rifugio per la funzione che svolge: è l'ultimo presidio di sicurezza in tanti territori spesso inaccessibili. Non siamo un albergo, né un ostello. I nostri ospiti arrivano tutti con il certificato vaccinale, dall'estero con il pass europeo. Perché, dunque, dobbiamo tenerli ancora separati, oltre il metro di distanziamento?».Come sarà la prossima stagione? «Le prenotazioni ci stanno dando grande soddisfazione. Anche dall'estero. Noi siamo impegnati a mantenere i nostri ambienti covid free. Ma pretendiamo rispetto della nostra identità». --fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 14 Giugno 2021

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Troppa neve, slitta la riapertura dei rifugi Al lavoro con le ruspe per aprire un varco

Francesco Dal Mas CORTINA «Finalmente arrivati. Ora inizia il bello. Apertura rimandata a lunedì 21 giugno». Mancava poco a mezzogiorno quando, ieri mattina, l'escavatore sgombra-neve raggiungeva i 2.533 metri del rifugio Biella, ai piedi della "gobba" della Croda del Becco. «Ci abbiamo impiegato ben 10 giorni, perché abbiamo trovato ghiaccio sotto la neve ed abbiamo faticato», ammette Silvia Salton, la figlia del gestore. I rifugi alpini, quelli più in quota, apriranno tra venerdì e sabato prossimi. La stagione è in ritardo. Anche alle quote più alte, nel passato, la data di apertura veniva anticipati ai primi di giugno, se non a fine maggio. Il Vazzoler, ai piedi della Torre Trieste, sul Civetta, è riuscito a rispettare la tradizione, spalancando porte e finestre. Altrettanto ha fatto il Palmieri, alla Croda da Lago, sopra Cortina, ma anche in questo caso Modesto Alverà, il gestore, ha impiegato una dozzina di giorno, conquistando metro dopo metro con la ruspa. Al rifugio Coldai, l'omonimo laghetto solo in questi giorni fa capolino dalla neve. Siamo ai piedi del Civetta. Il rifugio Tissi è l'impareggiabile balcone davanti a questa parete. Ieri il custode, Valter Bellenzier, è salito dal versante del Vazzoler. «Sono arrivato una settimana prima per un po' di manutenzione. La neve si trova solo a chiazze, dalla parte del Vazzoler, tanto che anche oggi sono saliti parecchi escursionisti. Basta un po' di prudenza. Invece dalla parte opposta, quella del rifugio Coldai, il sentiero più basso è praticabile con scarponi, quello più alto è ancora tutto coperto da neve e siccome si attraversa anche una slavina-nevaio, ci vogliono ramponi e picozza».Al Coldai, tra l'altro, si è lavorato di pala e piccone per tracciare una trincea. Le prenotazioni? «Cominciano ad arrivare, anche dagli stranieri», fa sapere Bellinzier del Tissi. E dal rifugio Biella, Salton conferma che «per luglio ed agosto non abbiamo ancora il pieno di stranieri, ma sicuramente arriverà». Il Biella, infatti, è la prima tappa dell'Alta Via numero 1 che sale dal lago di Braies. «Una salita per aspetti ancora impraticabile», informa Silvia Salton. L'Alta Via, prima di arrivare a Belluno, fa tappa al 7° Alpini e ieri ha aperto i battenti anche questo rifugio; ma qui neve non ce n'è. È invece ben coperto il monte Antelao, però il rifugio Galassi sarà accessibile da venerdì prossimo. «Siamo già saliti per preparare l'accoglienza», conferma Claudio Tramontini, del Cai di Mestre. «Da San Vito si arriva con scarponi ai piedi, perché la neve si sta sciogliendo. Dalla parte opposta, quella della Val d'Oten, è opportuno portarsi addosso i ramponcini». Ma nei giorni scorsi c'è chi è salito fino in cima all'Antelao scendendo per la "normale". Da Forcella Piccola in su ci sono ancora 70 centimetri di neve molto compatta.Un percorso apparentemente tranquillo, durante l'estate, è quello tra il Galassi ed il rifugio Antelao, dall'altra parte dell'Antelao. «È pericoloso in questi giorni. Le corde della "via attrezzata" sono ancora sotto la neve. Quando meno», dice Tramontini, «bisogna avere piccozza e ramponi».Dai 2.300 metri in su, le ferrate sono sconsigliabili, dice Francesco Carrer, vicepresidente nazionale del Cai. Come è saggio, considerando le temperature, non azzardarsi con gli sci. Dal Galassi, quindi, è meglio non avventurarsi in quota verso il Sorapis, illudendosi di scendere al laghetto e al rifugio Vandelli. Questo non è ancora aperto, conferma la famiglia Pais: «Noi ci siamo ma per lavori di manutenzione».Di certo, l'ultimo rifugio ad aprire sarà il Torrani, ai 3 mila metri del Civetta. «Abbiamo dato appuntamento al primo luglio», fa sapere il custode, Venturino De Bona. Troppo pericoloso "arrampicarsi" anche se l'itinerario è sulla parete a sud est, la più soleggiata. Il Chiggiato, invece, è il rifugio aperto ormai da qualche mese. Si trova ai piedi delle Marmarole, sopra Calalzo. «Era dura quando dovevamo organizzare la consumazione per asporto, all'esterno, con un metro di neve», ammette il rifugista Omar Cansan, «ma adesso, in zona bianca, è tutto diverso».Lassù, sui rifugi fra le Tre Cime e la Croda de Toni, se va bene si aprirà fra una settimana. Quasi tutte in rosso, solo qualcuna in giallo, le ferrate, a partire dalla storica "Strada degli alpini" . È in verde soltanto la gola di Fanes, l'itinerario verso le famose cascate. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gazzettino | 15 Giugno 2021

p. 11, edizione Belluno

Restyling al rifugio Nuvolau: decolla la gestione di Emma

Una squadra al Nuvolau, una alle pendici del Col dei Bos, una a sud della conca d'Ampezzo. La sezione di Cortina del Club alpino italiano ha chiamato a raccolta i volontari, per il periodico servizio di manutenzione dei sentieri, che si fa due volte all'anno. In primavera, all'avvio della stagione turistica estiva, si cerca di porre rimedio ai guasti del maltempo, soprattutto dopo un inverno di abbondanti nevicate.

LA PULIZIA

L'altro intervento, a inizio ottobre, è meno impegnativo, spesso si tratta soltanto di pulizia di qualche itinerario. Domenica alcuni dei volontari sono saliti sino alla cima del Nuvolau, camminando nella neve ancora alta, per aiutare i nuovi gestori del rifugio a rimuovere mobili e attrezzature dalla cucina, dalle stanze, dagli altri locali della struttura, dove saranno eseguiti alcuni lavori di ammodernamento, prima che Emma Menardi possa cominciare l'attività, che le è stata affidata dal Cai di Cortina, proprietario dell'immobile. La giovane ampezzana è stata selezionata fra oltre 250 richieste, pervenute dopo la pubblicazione del bando. Un po' per la neve ancora abbondante, un po' per i lavori da eseguire, la data dell'apertura dovrebbe slittare, rispetto alla tradizionale scadenza, a ridosso del 21

giugno, il solstizio d'estate. Una seconda squadra di volontari, con un guardaparco, è salita da ra Nona, lungo la strada del passo Falzarego, verso il Col dei Bos, per liberare un sentiero dalle piante cadute, schiantate dalle nevicate dell'inverno. Altri soci Cai, con un guardaboschi, sono andati lungo le stradine forestali fra Cianpusto e Fraina, sotto il monte Faloria. Poi hanno ripulito l'accesso al nuovo sentiero delle Gores de Federa, che sale da Campo verso malga Federa e la Croda da Lago. Le Regole d'Ampezzo stanno realizzando la parte iniziale del percorso, davvero entusiasmante, che si snoda lungo il corso d'acqua, fra cascate, gole scavate nella roccia, polle d'acqua cristallina. Anche domenica l'itinerario era frequentato da decine di escursionisti, attratti dall'apertura di malga Federa e del rifugio Palmieri alla Croda da Lago.

LA TRADIZIONE

Nel contempo in Ampezzo si è svolto anche il tradizionale curadizo a Ra Stua, la pulizia del pascolo, prima dell'alpeggio del bestiame. È una consuetudine antica, che si perpetua da sempre, segno evidente dell'amore e della cura del territorio, che animano la comunità regoliera, nella consapevolezza che si tratta di un bene comune, da preservare e valorizzare. Diverse persone hanno risposto alla chiamata del marigo, il legale rappresentante annuale della Regola alta di Lareto, proprietaria di quei pascoli, nel cuore del Parco naturale regionale delle Dolomiti d'Ampezzo. In questo caso si raccolgono le ramaglie, si tolgono i sassi, si recuperano i tronchi schiantati d'inverno, in modo che l'erba possa crescere agevolmente e le bestie possano pascolare libere e sicure. Il curadizo si ripeterà sabato prossimo, a malga Federa, di proprietà della Regola alta di Ambrizola. Marco Dibona © riproduzione riservata

Alto Adige | 18 Giugno 2021

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Cai: «Rifugi di nuovo aperti ma con regole troppo rigide»

antonella mattioli BOLZANO «Massimo rispetto delle regole anti-Covid, perché non possiamo permetterci che scoppi un focolaio, sarebbe la fine della stagione. Ma per chi è vaccinato, testato, guarito serve un po' più di tolleranza in particolare per quanto riguarda i pernottamenti nei rifugi. Attualmente è previsto che si possa occupare solo un terzo dei letti. Ma bisogna considerare che parliamo di rifugio, non di albergo. Non posso negare l'ospitalità a chi, magari durante un'attraversata, si trovi in difficoltà per un improvviso peggioramento del tempo, però d'altra parte ho i limiti imposti dall'emergenza Covid». Riccardo Cristoforetti, storico presidente del Cai Bolzano, l'altro giorno come da tradizione prima di partire per il mare altra sua passione dopo la montagna - assieme al vice Maurizio Veronese e a Sergio Massenz, responsabile dei rifugi, è andato a fare un sopralluogo ai rifugi Chiusa e Corno del Renon, passando per Malga Sella. È stata l'occasione per parlare con i gestori adesso che la stagione sta per partire e si annuncia all'insegna del tutto esaurito. Come l'anno scorso, se non addirittura meglio, dopo tanti mesi di vita "sospesa". Voglia di libertà e CovidLa difficoltà è riuscire a conciliare la voglia di libertà con le regole imposte dal virus, per evitare che in alta quota possa ripetersi quanto sta succedendo, proprio in questi giorni, in Alto Adige con due focolai di variante indiana (Delta) in due alberghi di Luson e Naturno. Ci sono venti dipendenti malati; ma sono complessivamente otto le strutture alberghiere, distribuite in diverse zone dell'Alto Adige, dove sono stati individuati casi di Covid (non Delta) tra i collaboratori. «Per ridurre il più possibile i rischi - dice il vicepresidente Veronese - è auspicabile che quanti lavorano in un rifugio - e non solo loro - siano vaccinati. La stagione in quota dura un paio di mesi ed è fortemente condizionata dal meteo. Se si dovesse chiudere causa Covid, sarebbe un disastro». Di qui la raccomandazione ai gestori a non abbassare la guardia. «Per venire loro incontro - spiega Cristoforetti - vorremmo acquistare dei tamponi rapidi autosomministrati che potrebbero offrire a chi non ha il Corona Pass». Il pranzo al rifugioIl problema non riguarda tanto chi durante una gita si fermerà a mangiare uno strudel o un piatto di pasta al rifugio, perché in questo caso valgono le regole che si applicano al ristorante in città. Ovvero non è richiesta alcuna certificazione. Però ci sono delle limitazioni sui posti a sedere all'interno, dettate oltre che dalle ordinanze e dai Dpcm anche e soprattutto dal buonsenso. Le tavolate, in particolare nei rifugi, sono una bellissima occasione di socializzazione oltre che una necessità in caso di maltempo o mancanza di spazio, però in tempi in cui il virus - seppur meno - continua a circolare, sono rischiose. Il pernottamento«Il consiglio valido sempre e ancora di più di questi tempi - spiega Massenz - è di telefonare al rifugio nel caso in cui si intenda pernottare, perché al momento si può occupare solo un terzo dei letti e bisogna avere il Corona Pass».Cristoforetti pensa di dotare i rifugi dei tamponi autosomministrati, anche per i casi di emergenza in cui uno, non vaccinato, sia costretto causa maltempo o imprevisto, a fermarsi per la notte. Resta la raccomandazione a vaccinarsi, perché in questo modo si eviterebbero una serie di problemi. Malga BocciaÈ un gioiellino che la sezione del Cai Bolzano ha ricostruito all'Alpe di Siusi. «Peccato - dice Cristoforetti - che dall'estate scorsa non sia più utilizzabile sempre causa Covid. La struttura dispone di una quindicina di posti ed è autogestita. Veniva messa a disposizione dei soci che ne facevano domanda al prezzo di 15 euro al giorno». Un' occasione per concedersi qualche giorno in montagna con vista sul Sassolungo per i soci Cai e un modo per fare un po' di cassa per i proprietari, ovvero la sezione di Bolzano. «Aspettiamo direttive dal Cai centrale. La nostra speranza è di poterla riaprire quanto prima». L'ovovia di passo SellaDurante il giro dei rifugi i vertici del Cai Bolzano hanno incontrato anche Igor Marzola, proprietario dell'ovovia che da passo Sella porta al rifugio Toni Demetz, sulla Forcella del Sassolungo. L'imprenditore vorrebbe sostituire l'impianto, che trasporta solo un paio di persone a cabina, con uno moderno ed ovviamente con una maggior capienza. Ma ha bisogno, tra le altre cose, dell'autorizzazione del Cai, proprietario

dei terreni. Nessuno al momento si sbilancia: «Ne parleremo - taglia corto Cristoforetti - prima all'interno del direttivo e poi in assemblea. La questione è molto delicata». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere del Veneto - Treviso e BeLluno | 20 giugno 2021

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Riaprono oggi i rifugi del Cai Ma alcuni bloccati dalla neve Stagione turistica estiva, inusuale inizio. «Più attenzione nelle escursioni»

Dopo il lungo lockdown, attese e speranze, ora è il momento della verità. La montagna si prepara ad accogliere i turisti in quest’estate 2021 che tutti gli studi prevedono spumeggiante. Oggi è la data ufficiale di apertura dei 38 rifugi Cai (Club alpino italiano) del Veneto (dei quali gran parte si trovano sulle Dolomiti Bellunesi). Ma non fatevi ingannare dalle temperature prettamente estive di questi ultimi giorni: ancora la neve la grande protagonista. La coltre bianca è ancora ben presente in alta quota, soprattutto nei versanti meno esposti al sole e questo implica massima attenzione nell’affrontare le escursioni. Ma soprattutto ha messo in grande difficoltà i gestori dei rifugi, ritardando in molti casi le operazioni di preparazione alla stagione estiva. Operazioni che sono lunghe, come spiega Mario Fiorentini, presidente dell’associazione veneta gestori di rifugi alpini e a sua volta gestore del Rifugio «Città di Fiume», all’ombra del Pelmo. «Quasi tutti i rifugisti, al momento di chiudere per l’inverno, tolgono le tubazioni della rete idrica per evitare congelamenti e ricoverano al coperto tutte le strutture per proteggerle — precisa Fiorentini — Quindi le operazioni di ripristino sono molto lunghe e complesse e la neve presente fino a tardi non ha di certo aiutato». E così ci si è dovuti ingegnare per cercare di garantire il servizio. «Alcuni gestori, per anticipare i lavori hanno dovuto utilizzare l’elicottero» racconta Fiorentini. Molti di loro però non ce l’hanno fatta. «Soprattutto quelli che avevano in programma lavori di muratura — aggiunge — Le ditte edili non sono riuscite a salire e quindi si sono accumulati ritardi nelle operazioni di riapertura». Rifugi ancora chiusi e neve ancora sui sentieri, quindi. Una situazione che cambia un po’ lo scenario dell’escursionismo estivo. «Serve ancora più attenzione e consapevolezza del solito sulle condizioni del territorio dove ci si vuole recare — conclude Fiorentini — Per questo raccomandiamo d’informarsi bene, chiedendo ai gestori dei rifugi, alle guide alpine o a chi ha competenza specifica. Questo per evitare poi di dover chiamare il Soccorso Alpino». Intanto buone notizie per i gestori degli impianti di risalita. Nelle prossime settimane la Provincia di Belluno erogherà i contributi previsti nella manovra varata a dicembre. Si tratta di 500 mila euro a sostegno delle società che gestiscono seggiovie e ski-aree dopo un inverno di chiusura imposta per l’emergenza pandemica. C’è tempo fino al 9 luglio per presentare richiesta del contributo, confermando i requisiti e le dichiarazioni previsti. Le società che potranno beneficiare del contributo provinciale sono 27, tutte quelle che operano nella montagna bellunese. La cifra stanziata verrà suddivisa così: 125 mila euro (un quarto) distribuiti a tutte le 27 società; i restanti 375 mila euro assegnati in base alle spese di gestione, secondo un sistema di punteggi (sciovie 1 punto, seggiovie a collegamento fisso 2 punti, seggiovie a collegamento temporaneo 3 punti, cabinovia e funivia 4 punti, campo scuola 5 punti). Infine, riaperto aperto anche il museo della Grande Guerra sulla Marmolada. Notevole l’afflusso di pubblico nella prima giornata di apertura.

Corriere delle Alpi | 23 giugno 2021

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I gestori e il Cai lanciano un appello agli escursionisti «Bisogna essere preparati». Un intervento ogni due giorni Dal Piaz meta "dura" «Già quattro soccorsi»

Di Raffaele Scottini FELTRE Quattro escursionisti in otto giorni hanno avuto problemi legati al caldo eccessivo o agli infortuni durante la salita al rifugio Dal Piaz. Numeri che fanno preoccupare e danno da pensare ai gestori e al Cai, proprietario della struttura e prima sentinella della montagna con particolare riguardo alla rete sentieristica. Se l'immagine veicolata da Facebook o Instagram è di un luogo tranquillo, immerso in un posto abbastanza selvaggio, dove si mangia bene e si può stare bene, quel che passa sotto traccia attraverso i social è che però te la devi sudare. Mirco Gorza, gestore del rifugio, alza il livello di attenzione: «Non voglio creare allarmismi, ma mandare un segnale, perché sta succedendo una cosa che in nove anni che sono qua non era mai capitata». Si parla di quattro escursionisti che hanno avuto bisogno di soccorso per un colpo di calore, una caduta, un malore, una distorsione alla caviglia. «Vedo tanta gente che probabilmente si sta affacciando per la prima volta in montagna con l'idea magari che arrivare al Dal Piaz sia facile. Ormai sono pochi che partono il mattino presto, ma se arrivi alle 15 vuol dire salire nelle ore più calde. In rifugio è possibile mangiare, bere, riposarsi,

godere del panorama e tanto altro ancora; rimane tuttavia un luogo di montagna e raggiungerlo richiede fatica e attenzione. Il caldo opprimente di questi giorni si fa sentire anche in quota aumentando così l'impegno fisico richiesto». Sono quasi mille metri di dislivello, con tutto quello che presuppone, cioè valutare con attenzione l'itinerario e le proprie capacità prima di intraprendere la camminata, che va affrontata poi indossando scarpe e abbigliamento adatti, scegliendo per la salita le ore del primo mattino e consultando le previsioni meteo. «Quello che fa specie è che molti interventi sono fatti per spossatezza, non per infortunio, ma per il fatto di andare oltre alle proprie capacità fisiche senza accorgersene e questo è un grosso problema. Se per esempio il caldo è superiore al previsto e si fatica ad andare avanti, serve l'umiltà di non proseguire a tutti i costi», osserva il responsabile della rete dei sentieri del Cai Feltre Stefano Zannini. «Come Cai abbiamo cercato negli anni di metterci a disposizione il meglio possibile in termini di informazione per organizzare al meglio la gita. Abbiamo pubblicato sulla pagina Internet gli itinerari sulle vette con l'indicazione di distanze, dislivello e difficoltà tecniche. Abbiamo un indirizzo e-mail al quale rispondiamo a tutte le richieste di informazioni, gestiamo i social Facebook e Instagram nei quali rispondiamo ad altre informazioni, però nonostante questo, le persone che chiedono sono molto poche», aggiunge. «La mancanza di conoscenza della montagna fa sì che oggi ci troviamo a registrare sempre più problemi». Da qui l'invito a fare una domanda in più in maniera tale da correre un rischio in meno, evitando di salire in quota in modo improvvisato

Alto Adige | 25 giugno 2021

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Rifugi, sì a capienza al 100% ma solo con il GreenPass

BOLZANO In questi giorni tutti i rifugi altoatesini hanno riaperto i battenti o lo stanno per fare. Le novità in materia di misure per la prevenzione del Covid-19 sono state al centro del colloquio tenutosi in presenza, nella giornata di mercoledì 23 giugno, tra il presidente della Provincia Arno Kompatscher e il Cai Club Alpino Italiano altoatesino, nelle persone del presidente Carlo Alberto Zanella e die vicepresidenti Claudio Sartori e Maurizio Ruaz. Pernottamenti "sicuri" La nuova stagione estiva riserva novità positive per i gestori e per gli ospiti dei 54 rifugi altoatesini, 26 della Provincia, 12 dell'Avs e 16 del Cai. «La capienza per quanto attiene i pernottamenti potrà essere utilizzata al 100 per cento se tutti gli ospiti saranno dotati di Corona Pass, fino al 1° luglio, e quindi di Green Pass", ha detto il presidente della provincia Kompatscher. Con l'ultima ordinanza sono di fatto stati tolti i limiti imposti in precedenza. Chi giunge ai rifugi per pernottare senza Corona Pass avrà, in via eccezionale, la possibilità di eseguire un test nasale per pernottare al rifugio, ma non nei dormitori comuni. «Questa situazione rientra tra quelle particolari, per le quali in Alto Adige continueranno ad essere utilizzati i test nasali, come, ad esempio, per gli screening al rientro a scuola a settembre», ha sottolineato il presidente. Per poter avviare la distribuzione gratuita ai gestori dei rifugi di kit per i test nasali da eseguire nell'eventualità, Kompatscher ha preso contatti con l'assessore alla sanità, Thomas Widmann. Gite organizzate Altra novità, salutata positivamente dai vertici del Cai, la possibilità di utilizzare al 100 per cento la capienza dei bus per le gite organizzate per i propri soci che dovranno prenotarle ed essere in possesso di Corona Pass per parteciparvi. «Nel trasporto pubblico locale sussiste invece ancora il limite dell'80 per cento di posti per i passeggeri», come ha ricordato Kompatscher. Manutenzione straordinaria Parlando della lista degli interventi di manutenzione e sistemazione straordinari sulle strutture di proprietà, il presidente e il vicepresidente del Cai altoatesino, Zanella e Sartor, hanno chiesto che il cofinanziamento provinciale copra l'80 per cento delle spese, come avviene per gli interventi di manutenzione ordinaria. Nei prossimi dieci anni, il programma degli interventi riferiti ai rifugi di Cai e Avs è di oltre 9 milioni di euro, dei quali 5 milioni di euro interesseranno le strutture del Cai. A tal riguardo il presidente della Provincia si è riservato di fare attente valutazioni assieme ai funzionari della Ripartizione finanze e di attendere le evoluzioni delle trattative a livello romano in merito alla restituzione da parte del Governo alla Provincia delle somme spettanti in base agli accordi in atto.

Corriere delle Alpi | 30 Giugno 2021

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Un agririfugio sulle Dolomiti: al San Marco è tutto a chilometri 0

LA STORIAIl primo agri-rifugio delle Dolomiti. È lo storico "San Marco", a quota1823 metri, sul Col de Chi da os, in comune di San Vito, in faccia all'Antelao. Lo conduce Tania Ossi, in collaborazione con suo marito Edy Pompanin. La coppia ha casa a San Vito, e nelle vicinanze ha pure un orto. «Ne abbiamo coltivati altri tre», raccontano Tania ed Edy, «uno per le verdure, un altro per le patate, il terzo per i fagioli, il quarto per il mais». Il mais ai piedi dell'Antelao?«Sì, per farci la farina che l'anno prossimo utilizzeremo in rifugio per la polenta. Sarà una tipicità tutta nostra».Tania ed Edy guardano lontanoIn questi primi giorni di apertura (l'altro ieri sono arrivati i

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