NotiCum n.12-2014

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NotiCum IL VOLTO DELLA MISSIONE

Periodico edito da Fondazione CUM - Lungadige Attiraglio, 45 - Poste Italiane spa - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Verona In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio postale di Verona, detentore del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa - Taxe perçue

ANNO 52 - n. 12 - DICEMBRE 2014

ALZATI E VA’!

LA GRANDE FESTA DEL IV CONVEGNO MISSIONARIO NAZIONALE di Crescenzio Moretti

editoriale

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na grande festa, una bella festa, il quarto Convegno Missionario Nazionale celebrato nei giorni scorsi a Sacrofano (20-23 novembre). Nel contesto di una organizzazione perfetta, realizzata con tutti gli accorgimenti più moderni della comunicazione digitale e, soprattutto, con la presenza di un popolo missionario convinto, gioioso, ansioso di approfondire le ragioni della missione. La missione pone oggi la comunità cristiana davanti a nuove sfide, esige nuovi linguaggi, nuovi atteggiamenti, un nuovo protagonismo. La figura del profeta Giona, mandato, riluttante, portatore del messaggio di Dio, ha caratterizzato le intense giornate di questo Convegno Missionario. La presenza di tanti giovani accanto a vescovi, missionari, religiosi e religiose, assicura che la missione non invecchia mai. Ci saranno sempre nella Chiesa dei Giona che, nonostante paure e tentazioni, accoglieranno l’invito e andranno nella grande città dissoluta, disorientata, ad annunciare l’amore di Dio per tutte le sue creature. Lasciando ad altri il racconto del Convegno, alle pagine di NOTICUM l’approfondimento di ciò che il Convegno è stato e vuole essere per la Chiesa Italiana, per le nostre comunità, mi fermo ad alcune parole del Convegno che hanno acceso i nostri cuori e attendono di essere fatte proprie da ogni comunità cristiana per rendere attuale, credibile la missione. «Alzati e va’» dice l’urgenza della missione anche oggi. Sono cambiati i tempi, sono cambiati i modi, cambiano ogni giorno gli strumenti, il male ha volti diversi, ma la grande città distratta, ubriacata dal suo potere, genuflessa davanti a tutti i suoi idoli, è lì, davanti a ogni comunità cristiana, davanti a ogni discepolo per essere evangelizzata. «Alzati e va’» è il mandato che i partecipanti al convegno si sono sentiti ripetere, è il mandato che dovranno

portare, instancabilmente, alle loro comunità. Ogni luogo dove vive e opera un uomo, una donna, è luogo di missione. «Alzati e va’». È verso le periferie umane ed esistenziali, “cuore della missione”, che la missione ci sospinge. Non c’è spazio nella Chiesa per i Giona che scappano. Il convegno ha invitato a essere dei Giona che si immergono nella città, che affrontano tutte le sfide che non mancheranno mai. Col coraggio, lo spirito, la misericordia del Vangelo e che Papa Francesco ci ricorda continuamente. «Chiesa in uscita». È il costante appello di Papa Francesco. Lo ha ripetuto nell’udienza che ha dato ai partecipanti al Convegno: «Uscire significa superare la tentazione di parlarci tra noi, dimenticando i tanti che aspettano da noi una parola di misericordia, di consolazione, di speranza». Uscire è abbandonare il ventre caldo della Balena (danaro, potere, chiusura in se stessi, false sicurezze, religiosità di comodo) e raccogliere la sfida: «non rimanere indifferenti alla miseria, alla guerra, alla violenza delle nostre città, all’abbandono degli anziani, all’anonimato di tanta gente bisognosa e alla distanza dai piccoli. Uscire e non tollerare che nelle nostre città cristiane ci siano tanti bambini che non sanno farsi il segno della croce. Questo è uscire. Uscire è essere operatori di pace, quella “pace” che il Signore ci dona ogni giorno e di cui il mondo ha tanto bisogno». Certamente, il Popolo Missionario che, al termine dell’Eucarestia finale, ha ricevuto e accolto il Mandato Missionario, ha lasciato il Convegno Missionario per essere il lievito nuovo, perché ogni comunità cristiana sia luce, energia, santità che annuncia il Regno di giustizia, di pace, di verità a una società distratta e dissipata. In questo impegno NOTICUM farà la sua parte di animazione, informazione, stimolo, e anche passando al digitale, si impegna a mantenere il contatto con quei suoi lettori che, per qualche ragione, non sono addestrati a queste nuove tecnologie.

NOTICUM SI SPOSTA SUL DIGITALE

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ari lettori, è giunto il momento di scelte importanti anche per Noticum, lo strumento di comunicazione della Fondazione CUM. Da gennaio 2015 la rivista non sarà più cartacea ma digitale. Vi arriverà direttamente a casa tutti i mesi sul vostro computer sia attraverso il sito della Fondazione CUM (www.fondazionecum.it) sia con altri supporti (newsletter o altro) dai quali sarà possibile scaricare di mese in mese il giornale. È una scelta che nasce da vari motivi: i costi di stampa e di spedizione, la riduzione delle offerte che rendono insostenibile procedere con l’edizione cartacea, l’esigenza di approdare verso nuovi strumenti di comunicazione più aderenti alla realtà di oggi per comunicare anche il mondo della missione. Noi vediamo questo passaggio come una opportunità: noi ci impegniamo a offrirvi un giornale arricchito con contenuti multimediali (video, foto) che arrivano direttamente dai nostri missionari e che il cartaceo non supportava, voi... cari lettori che tutti i mesi ci inviate piccoli segni di partecipazione, continuate a sostenere con le vostre offerte il lavoro di informazione della Fondazione CUM. Mandateci – se non l’avete già fatto- all’indirizzo mail noticum@fondazionecum.it i vostri dati e la vostra mail (e magari anche i dati e la mail di vostri amici) interessati a ricevere dal gennaio 2015 il Noticum digitale.


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IV CONVEGNO MISSIONARIO NAZIONALE PER USCIRE, INCONTRARE, DONARSI di Beppe Magri

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n’immagine biblica, tratta dal libro di Giona, ha indicato l’orizzonte al quale voleva puntare il IV Convegno missionario nazionale: «Alzati e va’ a Ninive, la grande città» (Gn. 3.2). Si tratta di una esortazione che per la Chiesa assume un particolare carattere missionario, per “uscire, incontrare, donarsi”. OTTOCENTO PARTECIPANTI I circa ottocento partecipanti (preti, religiosi/e, laici e famiglie) radunati dal 20 al 23 novembre 2014 a Sacrofano, amena località alle porte di Roma, sono stati da subito coinvolti negli stimolanti interventi di qualificati relatori che, pur trattando argomenti di notevole spessore accademico, hanno saputo comunicare con sapiente semplicità le loro riflessioni in ambito biblico (mons. Ambrogio Spreafico – Presidente della Commissione Episcopale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese e l’Evangelizzazione dei Popoli - e prof. Antonietta Potente), sociologico (prof. Aluisi Tosolini) e antropologico (proff. Mauro Magatti e Chiara Giaccardi). IL MERITO DI SAPER ACCOGLIERE Gli oltre trenta “Laboratori di studio e di proposta pastorale” nei quali sono stati suddivisi i convegnisti, hanno permesso a ciascun partecipante di poter condividere opinioni e proposte che, con il contributo dei rispettivi animatori di gruppo precedentemente formati, saranno raccolte negli atti del convegno, come traccia per la pubblicazione di un documento ufficiale della CEI riguardante la pastorale missionaria. Il lavoro organizzativo, svolto dal personale dell’Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese della CEI, presieduto da don Michele Autuoro, insieme a Fondazione Missio e Fondazione CUM (che ha sede a Verona – San Massimo) si è dimostrato impeccabile nella gestione dell’accoglienza e della logistica, sotto la guida del vice-direttore dell’Ufficio Missionario Nazionale, don Alberto Brignoli. Determinante, per la buona riuscita del convegno, è stato il servizio prestato dalla numerosa ed efficiente squadra di giovani volontari, provenienti da varie Diocesi italiane, che con entusiasmo e disponibilità hanno garantito lo svolgimento delle diverse iniziative, coordinati dal segretario nazionale di Missio Giovani, Alex Zappalà. Altamente professionale è stato il lavoro di regia delle immagini proiettate in sala, con collegamenti via skype con missionari presenti in Africa, America Latina e Asia, e numerosi e molto apprezzati videoclip inerenti i temi della missione. L’insieme delle attività multimediali, comprendenti anche la trasmissione in diretta streaming del convegno, sono state coordinate dallo staff della associazione Luci nel Mondo. IL SALUTO DI PAPA FRANCESCO Ma il momento più significativo, quello che ha maggiormente caratterizzato anche i contenuti emersi in questo convegno missionario nazionale, è stato senza alcun dubbio l’incontro con papa Francesco in sala Nervi. Rimarcando in molti passaggi del suo intervento le parole contenute nella Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, papa Francesco ha insistito in particolare sulla formazione cristiana, affermando che «Nella catechesi i bambini devono ricevere una catechesi missionaria». Non si tratta di aggiungere ulteriori schede ai già impegnativi programmi del catechismo in parrocchia - sembra voler dire il Papa - ma imprimere il carattere missionario a tutta la catechesi, formando seminaristi, sacerdoti, religiosi, religiose, laici catechisti e catechiste a una visione di Chiesa aperta al mondo, davvero cattolica.

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La Chiesa italiana dovrà I POVERI SONO NOSTRI EVANGELIZZATORI Questa visione di Chiesa non può lasciare continuare ad attingere indifferenti i cristiani davanti alle povertà alla fonte della missione presenti nelle periferie geografiche ed esil’acqua vitale per stenziali del nostro mondo globalizzato. la sua azione pastorale, C’è bisogno di scelte coerenti da parte di raccogliendo sapientemente ciascun cristiano, anche facendo memoria le innumerevoli gocce di coloro che hanno sacrificato la propria di vita dei suoi missionari vita per la giustizia e per la pace in nome che in tutto il mondo del Vangelo, poiché, ha ricordato papa si rendono promotori Francesco, «I tanti missionari martiri della dell’evangelizzazione fede e della carità ci indicano che la vittoria è solo nell’amore e in una vita spesa per il Sie della promozione umana gnore e per il prossimo, a partire dai poveri. I poveri sono i compagni di viaggio di una Chiesa in uscita, perché sono i primi che essa incontra. I poveri sono anche i vostri evangelizzatori, perché vi indicano quelle periferie dove il Vangelo deve essere ancora proclamato e vissuto. Uscire è non rimanere indifferenti alla miseria, alla guerra, alla violenza delle nostre città, all’abbandono degli anziani, all’anonimato di tanta gente bisognosa e alla distanza dai piccoli». LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE L’udienza in sala Nervi è stata resa particolarmente significativa e persino commovente dall’affettuosa stretta di mano di papa Francesco con il teologo peruviano Gustavo Gutiérrez, ispiratore di quella Teologia della Liberazione, per lunghi anni oggetto di pesanti critiche e censure da parte dei regimi militari del Sudamerica e anche di parte delle gerarchie ecclesiastiche, a causa di una lettura evangelicamente “rivoluzionaria” dei Testi Sacri a cui si prestava la riflessione teologica proposta da Gutiérrez e da altri teologi latinoamericani che ne condividevano il pensiero. La Teologia della Liberazione, infatti, fin dagli anni Settanta del secolo scorso fu recepita dai poteri dominanti del continente latinoamericano (e non solo) come un vero e proprio manifesto politico sovversivo, istigatore di rivendicazioni di diritti di libertà e di giustizia sociale, ai quali le giunte militari erano poco inclini. Una teologia, perciò, ad alto potenziale rivoluzionario, che avrebbe potuto facilmente contaminarsi con l’ideologia marxista, fatta propria dalla militanza guerrigliera, in un’epoca in cui il mondo era nettamente diviso tra il blocco sovietico e quello statunitense. Nella sua relazione teologica, centrata sul “Dio misericordioso e clemente”, Gustavo Gutiérrez si è soffermato in particolare su un tema molto caro anche a papa Francesco: i poveri e la povertà. «Non si può essere dalla parte dei poveri se non si combatte la povertà», ha detto l’anziano teologo peruviano, aggiungendo che la povertà spirituale non è una condizione negativa dell’esistenza umana, ma, al contrario, esprime la capacità di sapersi abbandonare nelle mani di Dio; «ma la povertà spirituale esige anche una certa povertà materiale». LA MISSIONE È DI TUTTA LA CHIESA ITALIANA Bisogna ammettere che un convegno di questa portata, così ricco di contributi di esperienze fondate sul Vangelo, attento alla sostanza e anche alla forma quando questa esprime precise scelte di campo rispetto alla opzione preferenziale per i poveri, porterà frutto in tempi forse non immediati, come molti magari avrebbero auspicato. Ma è certo che la Chiesa italiana potrà e dovrà continuare ad attingere alla fonte della missione l’acqua vitale per la sua azione pastorale, raccogliendo sapientemente le innumerevoli gocce di vita dei suoi missionari che in tutto il mondo si rendono promotori della evangelizzazione e della promozione umana. Con la gioia del Vangelo!


SINTESI FINALE di Maria Chiara Pallanti - Moderatrice del convegno

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La fine del Convegno rappresenta l’inizio di una nuova fase di lavori, sulla scia di quanto emerso nel corso dei quattro giorni di incontro

ell’elaborazione di questo nostro convegno è stato scelto di dare grande rilievo alla fase preparatoria e alla fase post convegno. Quasi che la fase celebrativa che stiamo vivendo in questi giorni non possa essere scissa dalle altre due. E questo vorrei sottolinearlo con forza: oggi non terminiamo il nostro convegno, ma iniziamo la terza fase di questo percorso. Riprendiamo i tre verbi da cui siamo partiti nel cammino di preparazione “uscire, incontrare, donarsi” utilizzando come riferimento quello da cui derivano tutti gli altri: USCIRE. È la Parola di Dio la protagonista del cambiamento a Ninive. Possiede una forza inaspettata. Ma c’è bisogno di qualcuno che accetti di uscire per andare alle periferie. Uscire è rispondere alla chiamata di Dio che ci chiede di uscire da noi stessi, dal nostro individualismo ed egoismo. In un mondo globalizzato, ma frammentato e tribale la missione usa una parola che unisce, crea comunione e sogna la pace. Mentre viviamo la percezione di chi si sente sotto assedio perché non ha ancora elaborato il lutto della fine della civiltà cattolica, come abbiamo visto dall’analisi del materiale raccolto durante la fase preparatoria, dobbiamo sfidare noi stessi per scegliere di uscire da questo assedio. Uscire per correre il rischio di camminare in spazi sconosciuti. Uscire per avere il coraggio di affrontare nuove domande e nuove sfide. Da “uscire”, da questo verbo che dobbiamo imparare a declinare nel nostro quotidiano, si dipanano, come in un lungo filo, altri verbi che ricorrono in tutte le relazioni che abbiamo ascoltato in questi giorni. Ma elencare questi verbi non esaurisce il processo che si è messo in moto attraverso questo nostro convegno. Ascoltare questi verbi è ascoltare una storia che non ha fine finché ci sono narratori che hanno voglia di raccontarla. Immaginate quel vecchio gioco in cui un bambino comincia una storia che poi il suo vicino continua a raccontare e poi ancora un altro bambino prosegue e così via. Ecco, questo è quanto dobbiamo fare noi con le tante parole di questo nostro convegno, con i verbi che prendono slancio da uscire. Non c’è nulla di chiuso, nulla di concluso in questa sintesi. Ma ciascuno di noi è invitato a riprendere questi verbi e a continuare il racconto. D’altronde uno di questi è proprio NARRARE. Uscire dalle retoriche consuete per assumere il rischio di nuove narrazioni. È la Parola di Dio Evangelizzare è narrare. Per questo è tempo di testimoni che la protagonista sono chiamati a dare testimonianza che l’eccedenza di fede del cambiamento genera vita. Quello che abbiamo sperimentato viene detto a Ninive. Possiede nuovamente con una parola che racconta, che narra in una una forza inaspettata. prospettiva di significato e di relazione. Occorre trovare un linMa c’è bisogno di qualcuno guaggio nuovo che non ha come unico intento quello dell’inche accetti di uscire formazione, ma anche quello della narrazione, che è un’arte per andare alle periferie da coltivare. Come l’antico griot africano capace di dare senso alla memoria, alla tradizione, all’identità di un popolo. GUARDARE. Non è possibile fare a meno di uno sguardo attento sulla realtà. Uno sguardo che sia capace di compassione. Giona non sa guardare con compassione e la mancanza di compassione è spesso l’incapacità di guardare oltre se stessi. La missionarietà è coltivare uno sguardo nuovo, in grado di cogliere il piccolo nel grande e

Parole di Vangelo

di Giandomenico Tamiozzo

“ASPETTANDO LA MISERICORDIA DEL SIGNORE NOSTRO GESÙ”

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(Giuda 21,a)

iate dunque pazienti fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli pazientemente aspetta il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d’autunno e di primavera. Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina” (Gc. 5,7s). L’attesa è parte del mistero della salvezza. Per secoli il popolo ebraico - e con esso tutta l’umanità - ha atteso la venuta del Messia. E noi, ora, viviamo “nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo” (Tito 2,13). Il testo sopracitato di san Giacomo ci conforta e ci stimola a vivere con pazienza e con speranza il tempo dell’attesa della salvezza definitiva, sull’esempio dell’agricoltore, che “aspetta la maturazione del prezioso frutto della terra pazientemente” (Gc. 5,6). Al pazientare di Dio nei nostri confronti - che va giudicato come magnanimità - deve corrispondere la pazienza del credente e dell’apostolo, affinché, a suo tempo, si riveli pienamente la nostra dignità di figli di Dio (1Gv. 3,1s). Ma la pazienza evangelica non riguarda solo il compimento della salvezza. Essa si radica e domanda di essere vissuta all’interno della dinamica missionaria: nell’annuncio della Parola, nella sua accoglienza, nella sua maturazione, nel suo coinvolgere singoli e gruppi. È la stessa pazienza che Gesù ha manifestato verso le folle e specialmente nella formazione dei suoi discepoli. L’avventura evangelica non è un evento automatico. Domanda un incontro, affinché la fede cresca e il regno di Dio venga accolto. La proposta di Gesù interpellava la libertà dei suoi uditori e dei suoi seguaci, e sapeva rispettare il momento di entusiasmo come il momento della fatica, la comprensione e il rifiuto, l’accoglienza piena o rallentata. L’esperienza di Pietro, che risponde con fede illuminata alla domanda del Maestro (“Ma voi, chi dite che io sia?”), subito dopo manifesta quasi un rifiuto del mistero della

croce (“lungi da Te, o Signore; questo non ti accadrà mai”). È un po’ la stessa fatica provata da Tommaso di fronte all’evento inaspettato e incredibile della risurrezione di Gesù. Ma Gesù non si spazientisce, accoglie la fatica di fede del discepolo e la porta a maturazione: “Tommaso, metti qui la tua mano e non essere dubbioso ma credente…!”. C’è dunque un tempo di crescita, che va rispettato e vissuto con pazienza, anche nella missione della Chiesa. Il cuore umano e la volontà umana conoscono sia la gioia della verità come il crepuscolo del dubbio. Ci sono poi la disponibilità personale, ma anche le resistenze del gruppo o viceversa. Ma l’attesa dei frutti della missione non è vana. Come dice il Vangelo: dormi o veglia, la semente cresce. È un’attesa carica di speranza. Il regno di Dio può subire rallentamenti, ma nessuno lo può fermare, perché il Re di quel Regno è il Re dell’universo, nel cui nome ogni ginocchio si piega in cielo, in terra e sotto terra. Non è trionfalismo questo, ma riconoscimento che solo Dio è Dio, e la sua bontà rimane in eterno. Come ci ha insegnato Papa Benedetto, anche noi riconosciamo che “il male è prepotente, ma solo l’amore è onnipotente”. Da quando è apparsa “la grazia di Dio che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani, e a vivere in sobrietà, giustizia e pietà in questo nostro mondo”, vale la raccomandazione di san Leone Magno, che, in una omelia del santo Natale, disse: “il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci… Nessuno è escluso da questa felicità: esulti il santo… gioisca il peccatore… riprenda coraggio il pagano… Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler tornare all’abiezione di un tempo con una condotta indegna… Ricordati chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro. Ricordati che, strappato al potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del regno di Dio. Con il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo! Non mettere in fuga un ospite così illustre con un comportamento riprovevole e non sottomettersi di nuovo alla schiavitù del demonio. Ricorda che il prezzo pagato per il tuo riscatto è il sangue di Cristo”. Il Vangelo, e la missione che esso domanda, propongono un’attesa piena di speranza, certi che “la nostra capacità vien da Dio; è Lui che suscita in noi il volere e l’operare, secondo i disegni della sua volontà” (cfr. Fil. 2,13). Tutto è grazia: anche l’attesa, la pazienza e la buona volontà.

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di ricomporre la frammentazione in un mondo globale e frammentato come quello in cui viviamo. Dobbiamo cambiare il nostro sguardo per guardare la realtà, imparare a leggere i segni dei tempi. E poi ANDARE e STARE. L’uscire è un movimento fatto di Come Chiesa missionaria andare e stare. Che non sono due movimenti contrapponon possiamo sti, ma sono legati in un dinamismo che radica l’andare e che scoprirci come apre lo stare. Allora andare non è seguire l’itinerario tracciato da un altro, una strada prestabilita, ma essere dispouna grande rete globale. Fare rete è l’azione chiave, nibili all’incontro, a fermarsi per narrare, per testimoniare. elemento costitutivo su cui E stare non è rinchiudersi in se stessi in una dimensione progettare e concretizzare intimistica, ma significa stare con la porta aperta. ABITARE. Il quadro in cui stiamo vivendo in questi anni è ogni nostro obiettivo quello del villaggio globale, affiancato dalla città mondo, e intento in cui si concentra il 50% della popolazione mondiale, dove abbiamo luoghi di élite e luoghi di scarto. In questo contesto abitare il mondo significa rendere possibile una possibilità di vita. Il rapporto tra centro e periferia non dipende più solo da fattori geografici, ma viviamo continue situazioni di frontiera, condizione che può essere luogo di opposizione, ma anche di incontro. Se utilizziamo uno sguardo nuovo, saremo capaci di abitare tempi, spazi e luoghi, di far percepire la nostra presenza, abitare per esserci, dove la parte importante del termine è la particella –ci. Guardare e abitare il villaggio globale provoca un’altra azione inscindibile dalle altre due: DENUNCIARE. Non possiamo solamente aiutare i poveri, gestire unicamente l’emergenza, ma dobbiamo denunciare le cause della povertà. La povertà dipende dall’uomo, è una creazione dell’uomo. Non esiste solo l’aspetto economico, ma anche quello spirituale, culturale e sociale. La povertà è multidimensionale. Siamo chiamati a denunciare ingiustizia e oppressione, soprusi e violenze. Piccoli e grandi. Partendo dai mille gesti quotidiani delle nostre giornate fino alle strutture inique che governano questo nostro mondo. Ma dobbiamo anche FARE RETE. Come Chiesa missionaria non possiamo che scoprirci come una grande rete globale. Fare rete è l’azione chiave, elemento costitutivo su cui progettare e concretizzare ogni nostro obiettivo e intento. Viviamo nel tempo della società in rete, ma ci sentiamo incerti, fragili, incapaci di controllare la realtà. La paura ci spinge a fare come Giona che fugge. Invece noi siamo chiamati a camminare lungo tutte le strade delle Ninive di oggi e scoprire che abbiamo già una grande

rete globale che possiamo utilizzare da un lato e servire dall’altro. Infine STUDIARE. Questa sollecitazione è emersa dalle relazioni dei relatori, ma è emersa anche dai gruppi che hanno lavorato insieme nei laboratori: il bisogno di formazione a vari livelli e la richiesta di orientamenti per concretizzarla. Le parole-chiave del convegno sono quindi questi verbi che abbiamo citato, ma i verbi sono lemmi grammaticali che hanno bisogno, per connotare meglio l’azione che esprimono, di avverbi e di aggettivi. Ecco che per questo ci viene in aiuto papa Francesco con il discorso che ci ha rivolto durante l’udienza privata che abbiamo vissuto insieme sabato. Il Papa ha sottolineato come lo spirito della missio ad gentes deve diventare lo spirito della missione nel mondo. “Una Chiesa missionaria non può che essere in uscita: non ha paura di incontrare, di scoprire le novità, di parlare della gioia del Vangelo”. E per questo ha aggiunto “vi chiedo di impegnarvi con passione”. Uscire significa superare la tentazione di parlarci tra noi. Il Vangelo di Gesù si realizza nella storia. Gesù stesso fu un uomo di periferia e la sua Parola è stata l’inizio di un cambiamento nella storia. “Tenete alto nel vostro impegno lo spirito di Evangelii gaudium” e siate testimoni “con entusiasmo”. I nostri verbi quindi devono essere declinati “con passione”, “tenendo alto” e con “entusiasmo”. E un’altra connotazione a cui attingere per coniugare questi verbi chiave deriva indubbiamente dal clima del convegno, dal tipo di interazione che si è creata tra i partecipanti e che è stata certamente positiva. Non è riduttivo definirla così, perché abbiamo visto in concretezza come sia stata abbandonata la categoria del lamento durante il confronto nei laboratori, l’utilizzo della fatica che sperimentiamo come filtro visivo. Per lasciare invece spazio alla gioia dell’incontro, dello scambio e al desiderio di ripartire. Nel prossimo intervento ascolteremo alcuni spunti che sono emersi dai laboratori, ma oltre a questa occasione di incontro ci sono anche rappresentanti di alcune diocesi che si sono riuniti spontaneamente per riflettere, altri che si sono organizzati per proporre degli interventi comuni in assemblea. Dimostrando un forte desiderio di concretezza e la volontà di abitare questo convegno come gli spazi della nostra vita. L’elenco di questi verbi può forse apparire troppo schematico o riduttivo. Ma leggiamolo invece come un’occasione di orientamento del nostro lavoro di animazione missionaria, come, parafrasando Gianni Rodari, una “grammatica della missione”.


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SINTESI DEL MESSAGGIO DEL PAPA AI CONVEGNISTI

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ari fratelli e sorelle buongiorno! (…) Nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium ho parlato di “Chiesa in uscita”. Una Chiesa missionaria non può che essere “in uscita”, che non ha paura di incontrare, di scoprire le novità, di parlare della gioia del Vangelo. A tutti, senza distinzioni. Non per fare proseliti, ma per dire quello che noi abbiamo e vogliamo condividere senza forzare verso tutti, senza distinzione. Le diverse realtà che voi rappresentate nella Chiesa italiana indicano che lo spirito della missio ad gentes deve diventare lo spirito della missione della Chiesa nel mondo: uscire, ascoltare il grido dei poveri e dei lontani, incontrare tutti e annunciare la gioia del Vangelo. Le Chiese particolari in Italia hanno fatto tanto. Ogni mattina alla Messa a Santa Marta trovo uno, due, tre che vengono da lontano: “Io sono tanti anni che lavoro in Amazzonia, che lavoro in Africa, che lavoro…”. Ma tanti preti, tante suore, tanti laici fidei donum. Voi avete questo nel sangue! È una grazia di Dio. Dovete conservarlo, farlo crescere e darlo in eredità alle nuove generazioni di cristiani. Una volta è venuto un sacerdote anziano, si vedeva che – poveretto- era molto anziano e un po’ malato: “Come sta lei?”. “Già prima di essere ordinato, da 60 anni sono in Amazzonia”. È grande questo: lasciare tutto. Ripeto una cosa che mi ha detto un Cardinale brasiliano: “Quando io vado in Amazzonia – perché lui ha il compito di visitare le diocesi dell’Amazzonia –, vado al cimitero e vedo le tombe dei missionari. Ce ne sono tanti. E io penso: ‘Questi potrebbero essere canonizzati adesso!’”. È la Chiesa; sono le Chiese dell’Italia. Grazie! Grazie tante! Vi ringrazio per quello che fate a diverso titolo: come parte degli uffici della Conferenza EpiVi esorto a non lasciarvi scopale Italiana, come direttori degli uffici diorubare la speranza cesani, consacrati e laici insieme. Vi chiedo di e il sogno di cambiare impegnarvi con passione per tenere vivo questo il mondo con il Vangelo, spirito. Vedo con gioia assieme a vescovi e sacercon il lievito del Vangelo, doti tanti laici. La missione è compito di tutti i cominciando dalle periferie cristiani, non solo di alcuni. È compito anche dei umane ed esistenziali. bambini! Nelle opere missionarie pontificie, i piccoli gesti dei bambini educano alla missione. Uscire significa superare La nostra vocazione cristiana ci chiede di essela tentazione di parlarci tra noi dimenticando i tanti re portatori di questo spirito missionario perché avvenga una vera “conversione missionaria” di che aspettano da noi tutta la Chiesa, come ho auspicato nella Evangeuna parola di misericordia, lii gaudium. La Chiesa italiana – ripeto - ha dato di consolazione, di speranza numerosi sacerdoti e laici fidei donum, che scelgono di spendere la vita per edificare la Chiesa nelle periferie del mondo, tra i poveri e i lontani. Questo è un dono per la Chiesa universale e per i popoli. Vi esorto a non lasciarvi rubare la speranza e il sogno di cambiare il mondo con il Vangelo, con il lievito del Vangelo, cominciando dalle periferie umane ed esistenziali. Uscire significa superare la tentazione di parlarci tra noi dimenticando i tanti che aspettano da noi una parola di misericordia, di consolazione, di speranza. Il Vangelo di Gesù si realizza nella storia. Gesù stesso fu un uomo della periferia, di quella Galilea lontana dai centri di potere dell’Impero romano e da Gerusalemme. Incontrò poveri, malati, indemoniati, peccatori, prostitute, radunando attorno a sé un piccolo numero di discepoli e alcune donne che lo ascoltavano e lo servivano. Eppure la sua parola è stata l’inizio di una svolta nella storia, l’inizio di una rivoluzione spirituale e umana, la buona notizia di un Signore morto e risorto per noi. E noi vogliamo condividere questo tesoro. Cari fratelli e sorelle, vi incoraggio a intensificare lo spirito missionario e l’entusiasmo della missione e a tenere alto nel vostro impegno nelle Diocesi, negli Istituti missionari, nelle Comunità, nei Movimenti e nelle Associazioni lo spirito della Evangelii gaudium, senza scoraggiarsi nelle difficoltà, che non mancano mai e - sottolineo una cosa - cominciando dai bambini. Nella catechesi i bambini devono ricevere una catechesi missionaria. Talvolta, anche nella Chiesa veniamo presi dal pessimismo, che

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rischia di privare dell’annuncio del Vangelo tanti uomini e donne. Andiamo avanti con speranza! I tanti missionari martiri della fede e della carità ci indicano che la vittoria è solo nell’amore e in una vita spesa per il Signore e per il prossimo, a partire dai poveri. I poveri sono i compagni di viaggio di una Chiesa in uscita, perché sono i primi che essa incontra. I poveri sono anche i vostri evangelizzatori, perché vi indicano quelle periferie dove il Vangelo deve essere ancora proclamato e vissuto. Uscire è non rimanere indifferenti alla miseria, alla guerra, alla violenza delle nostre città, all’abbandono degli anziani, all’anonimato di tanta gente bisognosa e alla distanza dai piccoli. Uscire e non tollerare che nelle nostre città cristiane ci siano tanti bambini che non sanno farsi il segno della croce. Questo è uscire. Uscire è essere operatori di pace, quella “pace” che il Signore ci dona ogni giorno e di cui il mondo ha tanto bisogno. I missionari non rinunciano mai al sogno della pace, anche quando vivono nelle difficoltà e nelle persecuzioni, che oggi tornano a farsi sentire con forza. Ho incontrato nei giorni passati Vescovi del Medio Oriente, anche parroci – due – delle città più colpite dalla guerra in Medio Oriente: erano gioiosi nel servizio a questa gente. Soffrivano per quello che succedeva, ma avevano la gioia del Vangelo. Che il Signore faccia crescere in voi la passione per la missione e possa rendervi ovunque testimoni del suo amore e della sua misericordia. E la Vergine Santa, Stella della Nuova Evangelizzazione, vi protegga e vi renda forti nel compito a voi affidato. Anch’io devo essere missionario e vi chiedo, per favore, di pregare per me e di cuore vi benedico.

I poveri sono i compagni di viaggio di una Chiesa in uscita, perché sono i primi che essa incontra. I poveri sono anche i vostri evangelizzatori, perché vi indicano quelle periferie dove il Vangelo deve essere ancora proclamato e vissuto

Papa Francesco Città del Vaticano, Sala Nervi, sabato 22 novembre 2014

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50 anni di CUM

VERONA 1964-2014: DAL CEIAL AL CUM, CINQUANT’ANNI DI SERVIZIO ALLA MISSIONE

Da mezzo secolo vive e opera a Verona l’organismo CEI per la formazione alla missione universale di don Sergio Marcazzani

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er capirci, parliamo del “Centro Unitario per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese” che opera in sinergia con la “Fondazione Missio-Italia” promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 2005, e che a livello nazionale serve la formazione ai valori della “missione” nei confronti di tutte le espressioni della missionarietà dei cattolici sia a livello locale che di apertura universale. Da cinquant’anni anni, passando attraverso parecchie vicende, è a servizio della intera Chiesa Italiana che con il Concilio Vaticano II ha allargato spazi di “cooperazione e scambio” con tutte le Chiese nel mondo.

LE PREMESSE Prima caratteristica è che il CUM ha l’unica sede per tutta l’Italia in Verona, ed è l’espressione di una lunga e preziosa storia partita a metà del secolo ventesimo: l’inizio è stato abbastanza informale, e ha goduto della animazione personale di mons. Giuseppe Carraro – in quel tempo Rettore del Seminario di Treviso – in stretta collaborazione con il Card. Giovanni Battista Montini, Segretario di Stato con Papa Pio XII e Mons Samorè suo Sostituto, e poi dai Vescovi Italiani che l’8 gennaio 1952 avevano avviato la “Assemblea dei Vescovi Presidenti delle Conferenze Episcopali nelle Regioni Conciliari Italiane”, diventata alla fine la “Conferenza Episcopale Italiana” (CEI) il 16 dicembre 1965. In quegli anni mons. Carraro si fa pellegrino in numerose Diocesi Italiane e in molti Seminari Diocesani, parlando ed animando sulla “perequazione del personale apostolico” tra la Chiesa d’Italia e le Chiese dei territori “in via di sviluppo”, come erano definiti in quel periodo: Egli anzi, ha confessato di aver subìto umiliazioni e di aver ricevuto “porte in faccia” da più parti: era il periodo che precedeva la “Fidei Donum“ e che ha preparato – più tardi – la “Postquam Apostoli”. GLI INIZI Dopo l’Enciclica “Fidei Donum” di Papa Pio XII ( 21.04.1957 ), per il diretto interessamento di Mons. Giuseppe Carraro assieme al Card. Montini, nasce la Pontificia Commissione per l’America Latina, costituita il 21 aprile 1958 e guidata da mons. Samorè. Da tale commissione direttamente dipendente dalla Santa Sede, è nata l’idea di promuovere un seminario dove potessero prepararsi i Chierici che intendevano svolgere – una volta ordinati presbiteri - il loro servizio pastorale in America Latina. Era già sulla Cattedra di San Pietro, Papa Giovanni XXIII cui stava molto a cuore la realtà della Chiesa latino-americana e che ha dato il via al Concilio Vaticano II che Egli stesso ha voluto con prevalente attenzione “pastorale”. Nel frattempo (15.12.1958) Mons. Giuseppe Carraro è nominato Vescovo di Verona, dove nella località di San Massimo il Card. Giovanni Urbani suo predecessore, il 25.4.1957 aveva posto la prima pietra del nuovo seminario diocesano. Dalla Santa Sede è stata accolta la disponibilità del Vescovo Carraro - già membro della Pontificia Commissione per l’America Latina - a creare uno spazio per quello che poi sarebbe stato chiamato “Seminario N.S. di Guadalupe”: il 29 novembre 1962 ne viene posta la prima pietra alla presenza di 4 Cardinali e di 45 tra Arcivescovi e Vescovi, e l’8 dicembre 1964 è solennemente inaugurato alla presenza di 3 Cardinali ed una cinquantina di Vescovi quasi tutti del Sud America, e con un radiomessaggio del Sommo Pontefice Paolo VI. IL SEMINARIO NOSTRA SIGNORA DI GUADALUPE Di tale iniziativa, mons. Carraro è stato dal principio il coraggioso ed entusiasta patrocinatore. L’onere della costruzione della nuova struttura, invece, su invito della Santa Sede è stato assunto dalla Conferenza Episcopale Tedesca che ha finanziato la terza ala del

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Seminario Diocesano, diventata così la sede esclusiva del Seminario Nostra Signora di Guadalupe. L’anno scolastico 1961-62 ha visto i primi 17 chierici teologi provenienti da tutta Italia che hanno costituito la “Sezione America Latina” dentro la struttura del Seminario Vescovile di Verona; un numero che è cresciuto fino a 44 nell’anno seguente, 72 nell’anno scolastico 196364 e addirittura 103 nell’anno 1965-66 quando la nuova struttura divenne pienamente autonoma e operativa. Sarà nella riunione della Commissione Episcopale per la cooperazione tra le Chiese presieduta da Monsignor Morstabilini, che il 24 aprile 1975 si decide la sospensione “sine die” dell’attività del Seminario, per affidare alle singole diocesi la preparazione dei propri sacerdoti da inviare – poi – in cooperazione con altre Chiese. Meritano comunque una menzione coloro che sono stati i primi protagonisti, da Mons. Fernando Pavanello di Treviso a Mons. Muratore, reduce da anni di apostolato in America Latina, coadiuvati via via da don Olivo Bolzon, da Mons. Bergamini come direttore spirituale, da don Franco Marton, don Silvano Berlanda, don Olivo Dragoni, don Crescenzio Moretti, don Mario Moriconi ecc.


IL CEIAL Al centro della storia di quegli anni, dal cuore universalmente aperto del Vescovo Carraro, e dalla richiesta scritta di Papa Giovanni XXIII, il 2 dicembre 1962 è nato il CEIAL che inizialmente si chiamava “Comitato Episcopale per l’America Latina”, la cui sede operativa è diventata lo stesso Seminario N.S. di Guadalupe in Verona e con un ‘pied à terre’ in Roma a via Rusticucci nei pressi della città del Vaticano. È il momento in cui la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) istituisce i CMD (Centri Missionari Diocesani) come maturazione – operativamente e pastoralmente più universale nell’ambito diocesano – del prezioso servizio che stavano compiendo da oltre un secolo, le Pontificie Opere Missionarie. Secondo il suo Statuto, il Ceial ha “lo scopo di studiare, promuovere, coordinare ed indirizzare le varie forme di aiuto fraterno che le diocesi italiane possono dare alle diocesi latino-americane”, e lo persegue con continuità, fino a che il 13 marzo 1969 il Comitato Episcopale che lo presiede cambia guida: a Mons. Carraro succede Mons. Ugo Poletti, il quale – assieme alla Commissione per la cooperazione tra le chiese della CEI di cui è Presidente – decide che “la cooperazione apostolica con l’America Latina debba assumere carattere di ‘servizio diocesano’ sotto la responsabilità del Vescovo locale“: la decisione provoca molte discussioni, fino a che l’ 11 novembre 1971 viene approvato il nuovo statuto, insieme con il cambio di indirizzo del CEIAL che mantiene la sigla con la “E“ che da episcopale diventa ecclesiale (Centro Ecclesiale Italiano per l’America Latina ). Lo statuto rinnovato e reso definitivo, gli affida sia compiti di sensibilizzazione che di consulenza per quanto riguarda i criteri di scelta dei sacerdoti, ed anche della loro destinazione nelle diverse Chiese latino-americane. È partita così l’esperienza dei “Corsi di preparazione“ per i sacerdoti che le Diocesi italiane inviavano in America Latina: ne fu inizialmente affidata la direzione a don Carlo Muratore – sacerdote diocesano reduce da anni di lavoro in una Diocesi del Venezuela – che il Vescovo Carraro aveva coinvolto assieme a don Pietro Canova: avevano una scadenza media annuale, e progressivamente si sono aperti anche ai laici, ai religiosi e alle religiose che sceglievano di esercitare il loro apostolato presso le altre Chiese. I primi “Corsi“ erano rivolti esclusivamente all’America Latina e avevano anche come corollario una serie di “visite di accompagnamento” in loco durante i periodi di vacanza, che si configuravano come vere settimane di studio in clima di preghiera, di riflessione, di confronto, e di avvio del sempre auspicato “scambio tra le Chiese”. Per la mutata sensibilità creata dal Concilio Vaticano II e per la conseguente e crescente richiesta di cooperazione anche con le Chiese di altri Continenti, nel 1975, viene costituito il CEIAS (Centro Ecclesiale Italiano per Africa ed Asia) che già aveva cominciato ad operare senza una sede fissa, ma avendo come punto di riferimento il Padre Caffarato della Consolata e il Fidei Donum don Paolo Tablino strappato momentaneamente al Kenya, insediatisi più tardi (aprile 1978) nel neonato “Ufficio Missionario Nazionale per la cooperazione tra le Chiese della Cei“ in via Palombini 6 a Roma, dove nel frattempo è arrivato come responsabile il bresciano Mons. Giambattista Targhetti coadiuvato da Maria Bianchi del Coe come segretaria. Più tardi, a Mons. Targhetti è succeduto Mons. Calcagno, e per il Ceias Don Renzo Zecchin, don Lorenzo Piva e don Franco Givone, quando si iniziava a convogliare in San Massimo di Verona le attenzioni alla missione con ottica più unitaria. L’esperienza dei “Corsi di preparazione” che inizialmente erano orientati solo all’America Latina, si allarga anche agli altri Continenti, così che nel momento in cui vengono stese queste note (settembre 2014) tale servizio ne conta 98 per America Latina e Caraibi, 68 per Africa e Madagascar, 24 per Asia e Oceania e 14 per l’Est Europa. Sono quindi migliaia i corsisti che fino ad oggi hanno usufruito di questo servizio, e parecchi di loro sono anche diventati Vescovi delle Chiese che erano andati a servire, oppure Superiori Maggiori delle loro Congregazioni sia Maschili che femminili.

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50 anni di CUM

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LA “FONDAZIONE CUM” È stato a partire dalla metà degli anni Ottanta del secolo passato, che CEIAL e CEIAS – crescendo gradualmente – il 18 dicembre 1997 sono diventati la “Fondazione Cum” con il sottotitolo “Centro Unitario per la cooperazione Missionaria fra le Chiese”, quando ne era responsabile Mons. Sergio Bertozzi coadiuvato da altri sacerdoti che dedicavano la loro attenzione e cura a distinte sezioni dedicate rispettivamente all’America Latina e i Caraibi, all’Africa e Madagascar, e all’Asia e Oceania, cui si è aggiunta più tardi anche una attenzione all’Est Europa. Non è stato un periodo facile, per tutto ciò che tratteneva persone e strutture ancorate a un passato certamente glorioso ma che oramai era entrato nelle dinamiche vive del post-Concilio Vaticano II: comunque l’obiettivo di tale organismo unitario fissato dalla Conferenza Episcopale, ha continuato a essere quello di curare la formazione spirituale, morale e culturale di coloro che le Diocesi Italiane intendono “inviare” presso altre Chiese come collaborazione e scambio: è lo stesso scopo che ne anima tutt’ora l’attività, operando in sinergia con la “Fondazione Missio Italia“ nata nel 2005. Questo è il compito principale, ma in parallelo il servizio del CUM è orientato anche alla formazione di una coscienza missionaria universale sia negli operatori diocesani - Direttori dei Centri e Uffici Missionari Diocesani con i loro collaboratori – come nei vari gruppi e istituzioni missionarie con le loro specificazioni parrocchiali zonali e regionali, ed anche nei confronti degli operatori pastorali in tutte le altre espressioni di vita ecclesiale di cui ogni diocesi è costituita. Altra attenzione è chiesta al CUM, verso coloro (sacerdoti, religiosi e religiose) che arrivano in Italia per mettersi al servizio di Diocesi o di Congregazioni che ne fanno richiesta attraverso la CEI: sono persone che prestano la loro opera in differenti strutture ecclesiali, e che devono essere introdotte alla conoscenza della realtà italiana sia culturale che civile ed ecclesiale. Questo è il CUM che a Verona vive e opera come espressione della Chiesa italiana al servizio della Chiesa universale, e si prepara a celebrare i suoi primi cinquant’anni di vita: nell’insieme, raccoglie una famiglia cosmopolita animata dall’attenzione all’annuncio del Vangelo a tutte le genti, collocata là dove già 1652 anni orsono la Provvidenza ha inviato un “Vescovo nero” – san Zeno – (l’8 dicembre del 362 d.C. vi veniva consacrato Vescovo) con il compito di “condurre Verona al Battesimo”, e che Verona venera da sempre come suo Patrono principale.

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attività

UN MODO DIVERSO DI PENSARE AL NATALE Il contrasto tra la ricchezza dei palazzi e l’umiltà della mangiatoia di Paolo Cugini

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e lo dimentichiamo troppo spesso, o forse non ci pensiamo più. Eppure ci sono stati quindici (o forse di più) lunghissimi e pesantissimi secoli di Sacro Romano Impero. Centinaia di anni che hanno formato, plasmato, modellato le nostre anime, i nostri atomi, i nostri neuroni. Centinaia, che poi sono diventati migliaia di anni durante i quali il Sacro Romano Impero ha sformato, sgangherato, ingannato, spudoratamente svilito le nostre già fragili anime, i nostri debolissimi neuroni, le nostre piccolissime molecole. E, così lentamente, ma inesorabilmente, siamo diventati l’Occidente e, come se non bastasse, come se la dose non fosse sufficiente, come se la pesantezza non raggiungesse già dei livelli insopportabili, abbiamo aggiunto: Cristiano. Come se non bastasse la pesantezza dell’Occidente, l’arroganza dell’Occidente Europeo sformato, sfiancato, deturpato da secoli, da centinaia, quasi migliaia di anni di Sacro Romano Impero, ci abbiamo aggiunto quello che all’inizio era nato come una debolezza, il cristianesimo, ma che poi a contatto con l’Impero e con il Romano, si è anch’esso trasformato in una forza, in una pesantezza. Quello che era nato debole, nel silenzio del deserto, nella culla di una mangiatoia, con il tempo, con i secoli del Sacro Romano Impero, è diventato anch’esso stranamente una forza, una potenza, per l’appunto sua maestà il Cristianesimo. E allora hanno dovuto lentamente, ma inesorabilmente, rivestire il Cristianesimo degli abiti lussuosi di coloro che stanno nei palazzi, anche se Lui non era nato nei palazzi e che poi, una volta nato, ci aveva detto di non cercarlo lì. E noi Cristiani Occidentali, non solo lo abbiamo cercato nei palazzi dei re, dove Lui non era nato, ma ce l’abbiamo installato, ingessato, come mummificato. E per generazioni e generazioni, per secoli e secoli, per centinaia e migliaia di anni non abbiamo fatto altro, carissimo amico, che costruire palazzi cristiani, regge cristiane, castelli del Sacro Romano Impero, Cattedrali piene di pizzi, di ori, di cose finissime e lussuosissime pensando che fosse una cosa bella, una cosa giusta, quando invece non c’entrava niente. Anzi. Sempre più generazioni alzandosi alla mattina hanno cominciato a credere, a pensare che era proprio così, e cioè che il Cristiano era Romano, che il Sacro era la stessa cosa dell’Impero. Tanti castelli, palazzi reali, cattedrali, tanti pizzi, ori, orpelli ci hanno fatto credere, ci hanno messo in mente che l’Impero era la stessa cosa del Sacro e che l’Occidente era nella stessa prospettiva, passava per la stessa direzione del Cristiano. Quello che la gente vedeva mentre passava l’imperatore del Sacro Romano Impero, hanno cominciato a vederlo nelle Cattedrali dell’Occidente Cristiano. Processioni di turiboli dorati, di pizzi raffinati, di vesti lussuose hanno lentamente, ma allo stesso tempo inesorabilmente confuso l’Imperatore del Sacro Romano Impero con il Massimo sacerdote dell’Occidente Cristiano. Sembravano la stessa persona, la stessa cosa; sembrava che provenissero dalla stessa stirpe, che stessero dalla stessa parte, che appartenessero allo stesso ceto sociale e che dicessero le stesse cose, che sostenessero le stesse idee, gli stessi principi. Sì, caro mio, decine di generazioni, centinaia e migliaia di anni hanno fatto sì che l’Impero divenisse Sacro e che il Sacro si trasformasse in Impero con quel pizzico di Romano che non guasta mai, anche se, lo sappiamo tutti, guasta eccome. E così lentamente, ma sempre di più inesorabilmente quello che non gli apparteneva, quello che non centrava nulla, assolutamente nulla con

21– 25 giugno: CORSO ISLAM in collaborazione con PISAI. Termine iscrizioni: 29 maggio 2015 24 – 28 giugno: FONDAMENTI BIBLICI E TEOLOGICI DELLA MISSIONE 1 in collaborazione con MISSIO. Per tutti, in particolare per equipe di Centri Missionari Diocesani e seminaristi. Termine iscrizioni: 29 maggio 2015

Calendario 2015

1 – 5 luglio: FONDAMENTI BIBLICI E TEOLOGICI DELLA MISSIONE 2 in collaborazione con MISSIO. Per quanti hanno partecipato nel 2014 al corso Fondamenti della Missione 1. Termine iscrizioni: 5 giugno 2015

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5 luglio – 1 agosto: CORSO BASE DI LINGUA ITALIANA PER SACERDOTI E RELIGIOSE/I CORSO A NUMERO CHIUSO. Per informazioni 045 8900329 per principianti: apprendimento elementi di base della lingua. 20 – 25 luglio: SCUOLA DI LETTURA POPOLARE DELLA BIBBIA Metodologia di lettura popolare della Bibbia. Esilio e post Esilio. Formazione del canone del Primo Testamento per chi già conosce il metodo della L. P. e cerca maggiori strumenti e contenuti. Termine iscrizioni: 19 giugno 2015 2 – 29 agosto: CORSO INTERMEDIO DI LINGUA ITALIANA PER SACERDOTI E RELIGIOSE/I CORSO A NUMERO CHIUSO. Per informazioni 045 8900329 per approfondire la conoscenza dell’italiano. Per accedere al corso è necessario possedere le basi della lingua italiana.

Lui, gli si è attaccato addosso come un vestito, come una seconda pelle, anche se si vedeva da lontano che il vestito, questa seconda bruttissima pelle, non c’entrava nulla. Secoli di rivestimento ne hanno segnato non solo il destino, ma anche il contenuto. E allora, adesso di questo strano contenuto non ci si capisce più nulla. Si cerca di tenere in piedi con dei sotterfugi, con delle stregonerie, ma non c’è niente da fare: non funziona. Si cerca a tutti i costi di rimetterlo a nuovo, di rimetterlo come all’epoca del Sacro Romano Impero, ma non c’è più niente da fare: non recupera. È diventato insignificante. Forse da questa insignificanza si potrà ripartire, si potrà recuperare qualcosa anche perché noi, con il tempo, dopo averne viste di cotte e di crude, siamo decisamente diventati di bocca buona. Perché all’inizio il Cristianesimo non era così. All’inizio il Cristianesimo è nato in una mangiatoia, lontano dalle luci della grande città. All’inizio il mistero è stato visitato da pochi pastori. E cioè, per capirci meglio, tutto il mistero di Dio che si è manifestato in un bambino – un’altra grande piccolezza insignificante! - è stato visitato da dei pastori – altra grandissima piccolezza molto più insignificante della prima! Ci avete mai pensato attentamente: tutto il mistero di Dio, il mistero annunciato dai profeti, l’evento più grande della storia, è avvenuto, si è realizzato in una mangiatoia. Che burlone Dio! Tutta la grande potenza di Dio si è manifestata nella piccola culla di Betlemme, in una mangiatoia, alla faccia dei palazzi dei Re, delle Cattedrali, dei pizzi e dei merletti d’oro! Tutta la gloria di Dio racchiusa in un bambino in fasce! Tutta la forza, l’energia del cosmo, dell’universo, delle stelle e dei pianeti, è nascosta lì. E il papà di Gesù era un falegname e non un imperatore. E il papà del Figlio di Dio si chiamava Giuseppe e non Erode. E Gesù era chiamato “il figlio del falegname” e non “il figlio del re”. E Gesù Bambino, annunciato dai profeti dell’Antico Testamento, il bambino più atteso dell’umanità è nato a Betlemme e non a Gerusalemme. E il Figlio di Dio, il Signore della storia, quello che sarà poi chiamato e riconosciuto come “il re dei re”, è nato nella periferia e non al centro, in una mangiatoia, e non in una reggia Ma ci pensiamo a queste cose? Anche perché non si tratta di dettagli, di coincidenze, di piccoli e insignificanti particolari, ma di scelte, di decisioni, d’indicazioni. Il mistero di Dio passa di lì e noi, durante decine di generazioni, centinaia e migliaia di anni lo abbiamo forzato a passare da un’altra parte. Per questo, nonostante sia tutto così chiaro e semplice, nonostante il Vangelo sia così trasparente, non ce la facciamo a capirlo. Ci sono stati troppi secoli di deturpazioni, di manipolazioni, di falsità che adesso non ci si capisce più nulla. Siamo stati troppo abituati a pensare, identificare l’Impero con il Sacro e con il Romano, a identificare il Vangelo come il libro dell’Impero, che quando lo leggiamo con attenzione non ci crediamo, ci sembra una favola. Forse è per questo che lasciamo fare il presepio ai bambini?

3 – 8 agosto: SCUOLA DI LETTURA POPOLARE DELLA BIBBIA Metodologia di lettura popolare della Bibbia. Esilio e post Esilio. Formazione del canone del Primo Testamento per chi già conosce il metodo della L. P. e cerca maggiori strumenti e contenuti. Termine iscrizioni: 3 luglio 2015 24 agosto – 4 settembre: CORSO PER SACERDOTI E RELIGIOSE/I NON ITALIANI CHE OPERANO NELLA CHIESA IN ITALIA - 1° livello per chi è arrivato da poco in Italia e necessita di un’introduzione alla realtà culturale e sociale del paese e della Chiesa italiana. Termine iscrizioni: 24 luglio 2015 6 – 26 settembre: 25° CORSO ASIA E OCEANIA corsi per partenti: sacerdoti, religiose/i e laici. Termine iscrizioni: 6 agosto 2015 6 settembre – 10 ottobre: 69° CORSO AFRICA E MADAGASCAR - 99° CORSO AMERICA LATINA E CARAIBI Corsi per partenti: sacerdoti, religiose/i e laici. Termine iscrizioni: 6 agosto 2015 12 – 17 ottobre: CORSO PER SACERDOTI E RELIGIOSE/I NON ITALIANI CHE OPERANO NELLA CHIESA IN ITALIA - 2° livello per chi già opera da qualche anno nella Chiesa italiana per promuoverne la formazione permanente. Termine iscrizioni: 11 settembre 2015 1 – 7 novembre: CORSO PER MISSIONARI/E RIENTRATI corso organizzato in collaborazione tra CIMI-CUM-SUAM-USMI. Seminario rivolto a fidei donum, religiose/i e laici. Termine iscrizioni: 16 ottobre 2015 Appena possibile forniremo le informazioni relative ai termini per le iscrizioni e ai costi dei corsi.


LA MISERIA SI VINCE CON LA SUSSIDIARIETÀ La prima e vera ricchezza di un Paese si trova nel valore della sua gente, perché la prosperità duratura nasce dal basso di Ugo Piccoli

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uando si parla di finanziamento dello sviluppo in Africa, si evoca immediatamente l’aiuto internazionale dei Paesi “ricchi” verso i Paesi “poveri”, meglio sarebbe dire “arricchiti” e “impoveriti”, aiuto ufficialmente elargito a titolo gratuito, in realtà garantito dalle enormi ricchezze a buon mercato del sottosuolo africano da cui dipende la ricchezza degli stessi Paesi industrializzati. La storia ci insegna però, che la prima e vera ricchezza di un Paese si trova nel valore della sua gente, perché la prosperità duratura nasce dal basso, dalle donne e dagli uomini che costituiscono la vitale forza creativa di un popolo. Sono loro infatti, uomini e donne, che hanno la capacità di dare un impulso duraturo allo sviluppo, lo sanno bene i nostri missionari che sulle persone non cessano di “investire”. Gli Stati trovano la loro legittimità nel fatto che devono liberare le potenzialità di ognuno creando le condizioni sociali e istituzionali per favorirne le capacità d’impresa, soprattutto nel settore alimentare dove l’iniziativa sussidiaria del mondo rurale deve essere non solo incoraggiata, ma messa in condizione di esprimersi al meglio per raggiungere quella sicurezza alimentare che rappresenta il primo obiettivo di ogni popolo. La Chiesa cattolica, anche attraverso la voce delle sue espressioni locali, ha scritto fior di documenti in proposito, diventando poco a poco il punto di riferimento di intere popolazioni sia per il respiro di libertà che caratterizza la sua dottrina sociale in materia di iniziativa economica ma non solo, sia per la credibilità della sua presenza sul Continente, dove è vicina alle popolazioni locali, anche le più sperdute, pagando spesso per questa sua missione un prezzo altissimo in vite umane. Al momento del loro accesso all’indipendenza, gli Stati africani avevano ereditato il sistema autoritario del periodo coloniale, sviluppando la nozione di uno Stato-provvidenza, “provvidenziale” solo per una piccola élite militare, spesso mafiosa, che per decenni ha monopolizzato il potere impedendo alle popolazioni di auto-organizzarsi democraticamente. Pian piano , e dopo non poche sofferenze, i valori socio-culturali tradizionali, coniugati con strumenti istituzionali della moderna scienza politica, hanno

AFRICA EBOLA: GLI IMPRENDITORI AFRICANI SI MOBILITANO Sabato 8 novembre un folto gruppo di imprenditori proveniente dai quattro angoli del Continente si è riunito in Etiopia, nella sede dell’Unione Africana, per confrontarsi sull’epidemia di Ebola che sta facendo danni, soprattutto nell’Africa Occidentale. Dalla riunione è uscito un impegno a garantire almeno 28 milioni di dollari per far fronte all’epidemia, soldi che serviranno per equipaggiare ospedali e personale medico nelle zone a rischio. Anche l’aspetto logistico sarà preso in considerazione, in collaborazione con le strutture pubbliche e private presenti sul territorio. È la prima volta che imprenditori, banchieri, e uomini d’affari operanti nei più svariati settori dell’economia si riuniscono per affrontare insieme un problema sociosanitario. I contributi sono già a disposizione, si tratta ora di creare la struttura che gestirà il progetto. Salutando con comprensibile soddisfazione l’iniziativa, il segretario esecutivo della Comunità Economica per l’Africa Carlos Lopes ha sottolineato come oggi la percezione della malattia possa essere pericolosa quanto la malattia stessa perché rischia di uccidere la speranza nel Continente e di vanificare d’un colpo gli sforzi compiuti in questi ultimi anni.

SUDAN

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ritrovato anche una dimensione pubblica mettendo in luce quelli che dovrebbero essere i pilastri fondanti di uno Stato: garantire la coesione, l’unità e l’organizzazione della società, di cui è appunto espressione, in modo che tutti i cittadini possano contribuire al bene comune. Dopo la Caduta del Muro di Berlino nell’89, è bastato godere anche di un minimo di democrazia perché i popoli africani si lanciassero in mille iniziative dal basso, liberando energie che da decenni erano represse e sopite. La Chiesa insiste molto e ad ogni latitudine sul rispetto del principio di sussidiarietà, secondo il quale ogni società di ordine superiore, nazionale o internazionale, deve avere un’attitudine di sostegno, di supporto e di “subsidium” in rapporto alle società territoriali che devono essere libere di organizzarsi e di portare avanti i loro progetti. In tale contesto va da sé che il mondo del volontariato locale sta rivivendo in Africa una nuova stagione di grande vivacità, grazie anche alla riscoperta dei valori tradizionali di solidarietà per lungo tempo repressi dal potere centrale, sempre timoroso che si trasformassero in una sorta di contropotere “etnico”. La Chiesa, durante il lungo periodo del Partito-Stato che ha regnato sul Continente africano per decenni, ha tenuto acceso il lumicino della libertà attraverso i suoi movimenti ecclesiali; oggi gruppi e associazioni, sociali, culturali e politici di varia natura, possono organizzarsi alla luce del sole, almeno in molte regioni del Continente, e costruire relazioni che vadano oltre la famiglia, oltre il clan. Da Pio XI nella sua enciclica “Quadrigesimo anno”, fino a Papa Benedetto nella sua “Deus caritas est”, è costante il richiamo alla sussidiarietà politica vissuta come “il dovere essenziale di rafforzare l’ordine giusto della società”. Questo non vuol dire che lo Stato sia inutile, ma che la sua azione deve essere complementare e suppletiva in rapporto ai cittadini e alle realtà sociali “minori”, soprattutto in Africa dove la vita di relazione permea ogni momento del quotidiano e non deve essere mortificata. Jonas Mabenga, nel suo libro “L’Africa canta la Vita”, scrive che “in Africa la vita economica come quella politica è fatta di relazioni, sempre desiderate, sempre vissute, sempre determinanti per le sorti dell’uomo africano. La solitudine e l’anonimato sono il male”. E, aggiungiamo noi, uno Stato che condanna alla solitudine e all’anonimato è delegittimato! Per questo la vita associativa che si esprime nel volontariato dal basso è un valore da difendere con tutte le forze. Credo che su questo terreno gli africani abbiano molto da insegnare anche al resto del mondo, contribuendo ad arricchire il dibattito su quel concetto di Comunità che sembra quasi sparito dal discorso degli intellettuali europei, affascinati ormai dal valore totalizzante dell’Individuo.

Africa

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NotiCUM

AfricaNews di Henry Piccoli

SUDAN: TRUPPE ONU SOTTO INCHIESTA? Il Segretario delle Nazioni Unite si è detto molto preoccupato per un Rapporto giornalistico che mette sotto accusa i Caschi Blu per aver chiuso gli occhi su uno stupro collettivo delle truppe sudanesi su 200 donne e ragazze nella zona di Tabit, nel Nord-Darfur. La stessa Corte Penale Internazionale (CPI) vuole vederci chiaro e ha ordinato un’inchiesta dettagliata sull’accaduto. Le accuse portate contro i Caschi Blu sono pesantissime e non mancano i media internazionali che sarebbero in possesso di documenti confidenziali testimonianti la passività dei Caschi Blu durante l’accaduto e il successivo tentativo di minimizzare l’episodio. C’è voluta una lettera della Corte Penale Internazionale per muovere le cose e costringere il Segretario a uscire dal silenzio chiedendo alla Minuad un rapporto completo. La CPI comunque non è soddisfatta; vorrebbe un’inchiesta pubblica mentre il rapporto ha un carattere interno. Tra un mese si deciderà se proseguire o meno con la missione della Minuad, e allora nella scelta peserà sicuramente la conclusione della vicenda, che se fosse dimostrata metterebbe un volta di più l’accento sull’inutilità della missione ONU nel Darfur.

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NotiCUM

America Latina

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MORALES E DILMA: DUE CONFERME IN AMERICA LATINA Entrambi rieletti nei propri Paesi, tra risultati ormai consolidati e nuove sfide da portare avanti

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o scorso 15 ottobre il presidente boliviano in carica Morales ha vinto le elezioni ed è stato riconfermato per la terza volta alla presidenza della Bolivia. Morales, del Movimiento al Socialismo, ha ottenuto il 61% dei voti, seguito da Samuel Doria Medina, della Unidad Demócrata, con il 24%. Nel suo primo discorso appena conosciuto il risultato, il presidente ha ringraziato i suoi sostenitori e ha affermato che “Erano in discussione due programmi: la nazionalizzazione opposta alla privatizzazione. E nuovamente, con oltre il 60% dei voti, ha vinto la nazionalizzazione”. La Paz è il dipartimento nel quale Morales ha ottenuto la percentuale di voti più alta, il 70%, seguito da Cochabamba con il 66%. L’unico dipartimento in cui non ha vinto il MAS è Beni, con il 49% a Doria Medina e il 43% al presidente. Dopo nove anni al potere, Morales continua a realizzare le promesse della sua campagna elettorale: ha respinto le politiche neoliberali e il libero commercio, ha nazionalizzato le industrie degli idrocarburi come motore dello sviluppo economico e sociale, ha convocato una Assemblea Costituente per riflettere sulla rifondazione dello Stato. Lo Stato boliviano già oggi non limita il concetto di diritti umani ai diritti politici, ma lo estende anche ai diritti economici, sociali e culturali, ed è il primo Paese al mondo a proclamare i diritti della Madre Terra o Pacha Mama e a riconoscere la filosofia andina del “buen vivir”. Dilma Rousseff, 66 anni, presidente in carica in Brasile, ha conquistato il secondo mandato sconfiggendo al ballottaggio Aécio Neves, con il 51,6% dei voti validi (54,5 milioni di voti) contro il 48,7% (51 milioni). È stato uno dei risultati più incerti della storia del Brasile, e secondo gli analisti la vera sfida di Dilma Rousseff comincia ora, dovendo ricostruire un governo con problemi politici ed economici. La campagna elettorale si è caratterizzata per la durezza dello scontro tra rivali con accuse di corruzione e mancanze di etica. Nel suo primo discorso dopo la

Panoramica

IL VOLONTARIATO IN AMERICA LATINA

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n America Latina il volontariato sta progressivamente abbandonando schemi assistenzialisti e sta puntando verso altri basati sulla trasformazione sociale, a partire dalla corresponsabilità per lo sviluppo di vari attori: ONG, governi, aziende, università, organismi internazionali e i soprattutto i volontari. Il volontariato sta contribuendo alla trasformazione sociale e ai cambiamenti in America Latina ed è legato a tre dimensioni vitali: l’essere, il fare e l’agire per trasformare e rendere più umana la vita. Volontariato non è solo quello che si fa, ma è un modo di essere e di prendere posizione. Il volontariato è una scelta personale cosciente e competente che implica si fare della propria vita una vocazione per gli altri. La realtà interroga con la forza della vita, dato che non è sufficiente osservare la realtà, bisogna farsi carico di essa. Ignacio Ellacuría invitava a fare una riflessione critica della realtà: “conoscere la realtà e affrontarla”. Solo così il volontariato diventa segno di resistenza e di speranza e si propone come forza che incide sulla società. L’America Latina è una delle regioni al mondo con il maggior potenziale per costruire una integrazione che vada oltre l’aspetto economico. Dal Nord del Messico fino alla Terra del Fuoco al sud dell’Argentina, il continente è unito oltre che da una lingua, anche da una storia comune. L’importanza del volontariato nel continente è in costante crescita e riguarda tutte le fasce di età. Un esempio è la CEPRATEC, la Centrale Provinciale delle Associazioni della Terza Età del Callao (Perù), che riunisce 80 associazioni di anziani, che si pone come un valido interlocutore nei confronti dello stato e della società. In America Latina il paese che presenta una sensibilità più alta per il tema del volontariato è il Paraguay, sia per il tempo dedicato che per le donazioni in soldi, seguito da Cile, Colombia, Bolivia, Brasile, Uruguay e Argentina.

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rielezione, la Rousseff ha negato che in occasione delle elezioni il Paese si sia spaccato e ha affermato che è disposta al dialogo e che spera che la grande mobilitazione elettorale abbia preparato il terreno per la costruzione di nuove alleanze. Gli elettori della Roussef si augurano che realizzi le promesse di combattere la corruzione e l’impunità. Gli analisti sostengono che il punto di forza della sua vittoria sono state le politiche sociali del suo predecessore Lula, che la Rousseff ha sviluppato e che hanno permesso a oltre 40 milioni di brasiliani di uscire dalla povertà e di collocarsi nella classe media, un risultato sociale riconosciuto a livello mondiale. A suo favore hanno giocato anche il tasso di disoccupazione ai minimi storici (4,9% a settembre) e l’aumento del salario per i lavoratori. Con la conferma della presidente, il Partito dei Lavoratori (PT) governerà per 16 anni consecutivi, fino al 2018.

VESCOVI BRASILIANI PREOCCUPATI PER GLI INDIOS

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l consiglio permanente della Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani (CNBB), riunito a Brasilia nei giorni 21-23 ottobre ha manifestato preoccupazione per la decisione del Tribunale Supremo Federale che annulla gli effetti di una Ordinanza che riconosce la terra indigena Guyraroká appartenente al popolo GuaraniKaiowá nel Mato Grosso del Sud e della terra indigena Porquinhos, nel Maranhão, appartenente al gruppo indigeno Canela-Apãniekra La garanzia dei territorio concessi ai popoli indigeni è un diritto conquistato e consacrato nella Costituzione Federale. Interessi economici hanno finora impedito la demarcazione delle terre indigene, per questo gran parte delle popolazioni indigene continua a vivere lontano dalle proprie terre a causa della violenza storica esercitata contro le loro comunità. La CNBB si augura che non ci sia un regresso nella conquista dei diritti dei popoli indigeni.

AmericaLatinaNews MESSICO Nove giornalisti sono stati assassinati tra gennaio e settembre 2014, secondo uno studio elaborato dalla Federazione latinoamericana della Stampa. Dal 2000 sono stati denunciati 138 omicidi di giornalisti e 21 sono tuttora scomparsi. Il caso più recente è stato quello di Atilano Tirado, conduttore di Radio Fiesta Mexicana, assassinato il giorno 11 ottobre.

PERÙ Il versamento di petrolio nelle acque dei fiumi amazzonici sta causando conseguenze fatali per le popolazioni indigene. Lo sfruttamento petrolifero del Nord dell’Amazzonia peruviana inizia nel 1971, con la realizzazione di un oleodotto di oltre 16 km che attraversa i territori indigeni. Oggi le acque dei fiumi Corrientes, Tigre, Pastaza e Marañón sono altamente contaminate da perdite di petrolio e da acque di scarico, che contengono tracce di metalli pesanti ed elementi radioattivi. In difesa delle popolazioni indigene Kukama si sono schierati due sacerdoti spagnoli, Miguel Angel Cadenas e Manolo Berjón, che hanno organizzato una protesta dei bambini indigeni diretta al presidente Hollanta Humala.


ALZATI E VA’! - CONVEGNO MISSIONARIO NAZIONALE

n.12 - dicembre 2014

Filippine: sono volontari e vengono formati da medici volontari grazie a una fondazione cattolica

Asia

MEDICI “A PIEDI SCALZI” PER GLI INDIGENI DELLE MONTAGNE

NotiCUM

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i chiama Foundation Of Our Lady Of Peace Mission (Fondazione Nostra Signora delle missioni di pace – Folpmi), è stata fondata da una religiosa, suor Eva Fidela Maamo, quasi 30 anni fa, nel 1984 a Manila. La fondazione prepara medici di prima assistenza nelle aree più remote del Paese: ancora oggi nelle Filippine ci sono comunità rurali isolate, nelle quali si rischia di morire per semplici malattie o per complicazioni curabili. Si tratta di aree difficili da raggiungere e prive di servizi, dalle quali è difficile raggiungere la città più vicina. Un ulteriore elemento che pesa sulle condizioni di vita di chi vive in queste comunità è l’analfabetismo. La Folpmi forma operatori sanitari in grado di raggiungere questi villaggi almeno per un primo intervento. Questi volontari vengono chiamati medici “a piedi scalzi”; nella maggior parte dei casi devono curare semplici febbri, raffreddori e tossi, ma il loro ruolo risulta fondamentale per la prevenzione e la diagnosi di malattie più gravi come la tubercolosi, la febbre dengue e la malaria. Oggi raggiungono 110 comunità rurali nel Paese, e svolgono il loro servizio anche nelle baraccopoli di Manila. In quasi 30 anni di attività Folpmi ha realizzato 16mila missioni medico-dentistiche; solo tra il 2005 e il 2008 sono stati formati a questo servizio 229 medici. La fondazione ha annunciato che nel 2015 inizierà un nuovo percorso di studi, che preparerà altri 90 medici scalzi. I partecipanti al corso, che si svolgerà a Manila, provengono tutti da aree montagnose e isolate del Paese. Per ottenere l’autorizzazione a curare, dovranno prepararsi attraverso un corso in 10 moduli sviluppato da medici volontari, basato sul Manuale di medicina di base, ma che prevede anche corsi su allattamento, gravidanza e immunizzazione. La formazione di medici volontari è solo una delle attività della Fondazione, che si occupa anche di accogliere e aiutare bambini abusati e di sostenere la formazione scolastica, in particolare presso le comunità di indigeni Aetas.

Panoramica

MOBILITAZIONI SOCIALI IN ASIA

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l 26 dicembre 2004, esattamente 10 anni fa, uno tsunami si abbatteva sulle coste dello Sri Lanka e dell’Indonesia, ma raggiungendo anche l’India, la Thailandia, il Bangladesh, arrivando a lambire le coste dell’Africa sud-orientale. Trecentomila le vittime stimate, alle quali si aggiunsero 3 milioni di sfollati. Al dramma, anche grazie al rilievo che media e i neonati social network diedero all’evento, seguì una mobilitazione internazionale, con donazioni da parte di governi da tutto il mondo, la partecipazione di ong dai 5 continenti per far fronte alle emergenze e l’arrivo, nelle aree colpite, di migliaia di volontari pronti a rimboccarsi le maniche per fare qualcosa. I volontari non arrivarono solo dai ricchi paesi occidentali, ma anche dalle nazioni confinanti con quelle colpite. Da allora ci sono state grandi dimostrazioni di solidarietà nel continente asiatico, dal terremoto nel Sichuan in Cina nel 2008 alle inondazioni in Pakistan nel 2010. È il caso per esempio del recente terremoto, ancora in Cina, nello Yunnan,

AsiaNews COREA DEL NORD Secondo la stampa sudcoreana Pyongyang sta ultimando una nuova rampa per missili a lunga gittata. La rampa si troverebbe a Dongchang-ri, e sarebbe alta 60 metri, il doppio di quella da cui 2 anni fa venne lanciato un razzo dalla gittata di 13mila km. Sotto questa nuova minaccia militare, il regime cercherebbe di ottenere colloqui diretti con gli Stati Uniti e altre diplomazie oltre all’alleato cinese, ma anche vantaggi economici indispensabili per la propria sopravvivenza.

dove a fianco dei 2500 militari per aiutare le operazioni di soccorso sono arrivati anche centinaia di volontari. Almeno 400 le vittime per le scosse che si sono susseguite da agosto a settembre, quasi 2000 i feriti, 60mila gli sfollati. Tra i volontari spicca l’azione delle diocesi cattoliche cinesi, nonostante il difficile rapporto con il governo di Pechino. A dimostrazione della capacità di mobilitazione delle popolazioni asiatiche un altro esempio molto recente è quello della frana che a fine ottobre ha sepolto vive più di 300 persone e spazzato via un intero villaggio nel distretto di Badulla, in Sri Lanka, un’area abitata dai coltivatori della locale piantagione da tè. I primi soccorritori si sono trovati di fronte uno spettacolo drammatico: una distesa di fango, con 150 edifici sepolti da 9 metri di poltiglia. Anche in questo caso, ai 500 militari accorsi sul campo, ai poliziotti e agli operatori sanitari, si sono affiancati centinaia di volontari, per ripulire il paese. Non solo in occasione di grandi disastri naturali: il volontariato locale si muove anche per la tutela dell’ambiente, per esempio in Bangladesh, dove ancora la Caritas e altre 6 diverse organizzazioni non governative si sono recentemente mobilitate per la prevenzione di frane e alluvioni, che nel Paese sono molto frequenti. In un’area a forte rischio smottamenti, nell’area di Bandarban, sono stati piantati alberi da fusto lungo 16 chilometri di strada. C’è poi una forma di partecipazione sociale che da un certo punto di vista possiamo paragonare al volontariato: vede sempre più spesso giovani e studenti scendere in piazza per manifestare contro i poteri forti. In Turchia, dopo i ragazzi che hanno strenuamente difeso il Gezi Park di Istanbul, ora a protestare per difendere un secolare bosco di ulivi è stata un’intera comunità, quella di Soma. Seimila alberi sono stati abbattuti per far spazio ad una centrale elettrica, la cittadinanza ha piantonato il bosco per quasi 2 mesi prima di essere sgomberata con la forza all’inizio di novembre. A Honk Kong intanto continua il braccio di ferro tra il governo di Pechino e i giovani di Occupy Central, che chiedono maggior democrazia in vista delle prossime elezioni. Da settimane studenti e giovani occupano le strade, dando vita a spazi di dialogo e di confronto, e suscitando la reazione dura di Pechino. Le cariche della polizia non hanno fermato il movimento, che ha già raggiunto l’importante risultato di aver risvegliato il senso per la libertà e la democrazia in tutta la popolazione.

SRI LANKA “La visita di papa Francesco non sia strumentalizzata”, lo chiedono i cattolici cingalesi, in vista della visita del pontefice in Sri Lanka, dal 13 al 15 gennaio 2015. Nello stesso mese si dovranno tenere infatti le elezioni generali, ma l’esecutivo non ha ancora formalizzato una data. I vescovi dello Sri Lanka hanno cercato di rassicurare la comunità, promettendo che le elezioni “non causeranno problemi” allo svolgimento della visita. Tuttavia, sia la Conferenza episcopale che i delegati vaticani, giunti nell’isola per organizzare il viaggio, preferirebbero che il voto si tenesse “tra il 2 e il 4 gennaio, così che nulla interferisca con l’arrivo di papa Francesco”.

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n.12 - dicembre 2014

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issione, “saper attendere”: chi altri, se non chi ha vissuto in prima persona questa frase può indicare la via per assumere i giusti atteggiamenti in “terra di missione”? Presentiamo due testimonianze, una in forma di ricercadialogo e una di diario-osservazione-approfondimento, che indicano il valore e la necessità della lenta e profonda conoscenza delle culture locali per una presenza significativa. Per quanto riguarda invece la “Giornata Internazionale dei Volontari per lo Sviluppo Economico e Sociale”, abbiamo selezionato due volumi che presentano esperienze di sviluppo promosse dalle comunità locali in una zona rurale del Mozambico e nella diocesi di Nyahururu in Kenya. Simona Brambilla Evangelizzare il cuore. L’evangelizzazione inculturata tra i Macua Scirima del Mozambico: uno studio antropologico e psicologico Nepi (VT) – Edizioni Suore Missionarie della Consolata – 2009 “Sono rimasta a Macùa solo un anno e mezzo ed ho passato tanto tempo ad ascoltare le persone. Mi sono convinta di avere messo piede in una terra benedetta... Anch’io avevo tante domande perché mi rendevo conto di essere solo all’inizio di un lungo viaggio con questo popolo…”. Così si legge nelle prime pagine di questo testo, nato come strumento di catechesi tra e con un popolo, trasformato poi in libro per allargare il bacino di fruitori della scoperta dei tempi lunghi e dei silenzi necessari per una presenza missionaria che contribuisca alla Conversione dei Cuori. Proposta di un percorso per vivere ciò in cui si crede.

BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO DALLA REDAZIONE DI NOTICUM E DA TUTTA LA FONDAZIONE CUM!

Luigi Soletta Il sole che splende a mezzanotte Bologna – EMI – 2006 “Parla dopo aver guardato le persone”, recita un proverbio giapponese. Proprio come ha fatto l’autore, interprete di un popolo di cui conosce a fondo la storia, la cultura e la religiosità. Luigi Soletta, missionario del Pime, raccoglie in questo libro i suoi quarant’anni, dal 1958 al 1998, di missione in Giappone. In forma di diario si trovano qui preziose informazioni sulla cultura giapponese e sull’illuminazione che mostra il germe del Verbo presente in tutte le culture del mondo ma che viene sperimentata solo dopo “il lungo silenzio della notte”. Carla Inguaggiato, Cecilia Navarra, Alex Vailati Il ruolo delle associazioni produttive agricole nei processi di sviluppo - Il caso di Morrumbala, Mozambico Torino – L’Harmattan Italia – 2009 Dopo una contestualizzazione teorica, i saggi che compongono il libro, affrontano i diversi aspetti che caratterizzano lo studio di caso, ovvero le associazioni di produttori agricoli aderenti all’Uniao Distrital dos Camponeses de Morrumbala, nella provincia della Zambesia, in Mozambico. Si presta particolare attenzione all’introduzione e diffusione dell’innovazione nel contesto rurale e del ruolo dell’associazione nel farsi promotore di processi innovativi. Gabriele Pipinato, Ans Van Keulen Il mantello dei poveri - Saint Martin: esperienza di comunità in Kenya Bologna – EMI – 2007 La comunità di St. Martin, fondata nel 1997 da don Gabriele Pipinato, svolge la sua attività nella diocesi di Nyahururu in Kenya. Si avvale di circa mille volontari che sono i protagonisti di cinque programmi comunitari (persone con disabilità, ragazzi di strada e bambini in difficoltà, nonviolenza e diritti umani, abuso di alcool e droga, microcredito) con lo scopo di restituire alle persone più povere fiducia e dignità, condividendo il cammino di una crescita materiale e spirituale. Tutto il materiale segnalato è disponibile al prestito presso il “Cedor” - Centro di documentazione della Fondazione Cum

L’opinione

E TRA UN PO’ ARRIVA PURE LA CHIESA

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ono le frasi con cui si conclude un’intervista pubblicata in uno dei tanti quotidiani torinesi il giorno 20 ottobre 2014. Risponde alle domande del giornalista il vicepresidente della Camera, che tra l’altro ricorda i suoi trascorsi radicali (fa sempre un certo effetto parlare di conversioni così profonde, ma in questo il cristianesimo è maestro. Nel caso del ricordato vicepresidente, da una cultura profondamente di destra a una militanza nella sinistra: non sarà il caso che troppi personaggi non sappiano più cosa sia la destra e cosa sia la sinistra? In fondo, anche questo viene dal Vangelo: non sappia la tua destra...). E sono proprio i trascorsi radicali del personaggio a sollevare qualche perplessità. Mi spiego meglio. L’autorevole (?) uomo politico afferma che il modello tedesco da applicare in Italia alle unioni civili non lo convince. Tale modello finirebbe per discriminare gli eterosessuali. Non sto a entrare nel dibattito che qui si vorrebbe sollevare, ma mi fa un certo effetto sentire affermare che è persino possibile discriminare gli eterosessuali, questa razza che secondo certi organi di stampa in Italia è in via di sparizione. Mi colpisce invece la conclusione dell’intervista, che contiene l’espressione che ho usato come titolo di quest’opinione. L’intervista proviene dalla cultura dei radicali, i quali hanno qualche difetto ma anche qualche pregio: sono convinti che in un regime democratico tutti hanno diritto alla parola, anche quelli che dicono solo sciocchezze. Dal confronto a tutti i livelli

possono derivare cose del tutto positive, anzi sono proprio le sciocchezze che finiscono per spingere a trovare leggi e scelte che tengano conto delle attese degli italiani. In fondo, sempre per pensare a riferimenti biblici, la Bibbia ci ricorda che Dio ha fatto parlare anche le asine. Ma sul diritto alla parola, vi è un’eccezione, che appare chiara nell’intervista: che non si debba concedere alla Chiesa (qui sembra chiaro che l’intervistato ancora una volta scambia la gerarchia per la Chiesa nel suo insieme). Comunque, tutti hanno diritto alla parola, tranne la gerarchia ecclesiastica: che oggi dovrebbe tacere, e poi domani sarà rimproverata se non ha parlato. Chi non rimane un po’ spiazzato da questi libertari, che però decidono sempre loro chi abbia diritto a parlare e chi non lo abbia? In base a quale principio? Forse questi libertari hanno preso esempio da una gerarchia di una volta, quella appunto che decideva chi doveva parlare. E non si sono accorti che anche la Chiesa, nel senso utilizzato da loro, ha fatto qualche progresso in questo ambito. Loro sembrano rimasti un po’ indietro. Ma la democrazia prevede che un vicepresidente della Camera abbia diritto a dire chi può parlare, ed esprima la sua preoccupazione per il fatto che magari anche la gerarchia ecclesiastica penserà che in questi diritti sia inclusa anche lei? A conti fatti, sembra proprio che oggi i più interessanti clericali siano quelli che si proclamano anticlericali.

RINNOVA IL TUO CONTRIBUTO: LEGGI E DIFFONDI NOTICUM Noticum è un’iniziativa editoriale con la quale il CUM vuole raccontare mensilmente al pubblico italiano la missione, i missionari italiani, la vita del CUM. Attraverso Noticum il Centro Unitario Missionario vuole aiutare anche economicamente i bisogni dei missionari italiani e stranieri che entrano in contatto con questo centro di formazione della Chiesa italiana. Noticum si regge unicamente sulle offerte dei suoi lettori. Noticum viene spedito solo a chi, durante l’anno, invia un’offerta. Se non l’hai già fatto, ti invitiamo a usare il conto corrente allegato per inviare un’offerta a sostegno di Noticum per il 2015 e delle iniziative del CUM a favore dei missionari.

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di Maurilio Guasco

Periodico di formazione sulla missione universale e di informazione sulle realtà del sud del mondo Edito dalla Fondazione Cum - Centro Unitario per la cooperazione Missionaria tra le chiese promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana Direttore responsabile Francesco Ceriotti Direttore Crescenzio Moretti Comitato di Redazione Paolo Annechini, Amedeo Cristino, Giandomenico Tamiozzo, Ugo Piccoli, Beppe Magri

Segreteria Cinzia Inguanta Redazione e direzione Via Bacilieri, 1/a - 37139 Verona Tel. 045 / 8900329 - Fax 045 / 8903199 www.fondazionecum.it e-mail: noticum@fondazionecum.it Impaginazione Francesca Mauli Stampa Stimmgraf - Verona Autorizzazione Tribunale di Verona: N° 1319 del 7/5/1998 Tiratura: 5.000 copie c.c.p.: 18641373


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