Il Foglietto dell'Istituto dei Canossiani - n. 1-2 – 2020

Foglietto dell’Istituto dei Canossiani

PUBBL. TRIMESTRALE ANNO 89 - N. 1-2 - Gennaio - Giugno 2020 Poste Italiane spa - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Verona .

il

Anno 89 Numero 1-2

Gennaio Giugno 2020

È Gesù che ci dona il coraggio di salire sulla barca. È Lui che, mentre ci chiama, si fa anche nostro timoniere per accompagnarci, mostrarci la direzione, per impedire che ci incagliamo negli scogli dell’indecisione e renderci capaci perfino di camminare sulle acque agitate.

Papa Francesco

Foglietto

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dell’Istituto dei Canossiani

Anno 89 / Numero 1-2 / Gennaio - Giugno 2020

Sommario Momento straordinario di preghiera presieduto dal Santo Padre sul sagrato di S. Pietro pag. 1 Le parole della vocazione – Papa Francesco, Messaggio per la 57° Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni

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Portare il vangelo alla finestra

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Anche Dio piange

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“Fratelli siamo lieti nel Signore, anche in mezzo alle tribolazioni e stiamo uniti nella preghiera” » 12 Giubilei 2020

» 16

“Farò la mia Pasqua da te” - Casa di Formazione Poiano - Venerdì Santo 2020

» 18

“Uniti nel carisma” - L’assemblea dei Laici Canossiani in Italia

» 20

“Un tuffo nel mare del Carisma Canossiano”

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Impressioni sull’Assemblea Elettiva

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Carità al tempo dell’emergenza covid-19 - Roma, Acilia – Centro S. Gianna Beretta Molla Construindo cultura vocacional - Familia carismatica canossiana no Brasil

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Tondo, Filippine: un viaggio speciale

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Il virus e il fuoco nella nostra missione in Tondo

» 32

Il piccolo seme indiano cresce… - 11-24 gennaio 2020. La visita alla missione indiana

» 34

Viaggio in India – Visita alla Missione di Asha Ankur – 22 gennaio 2020

» 36

“Soltanto così potrò condurre a buon termine la mia vita!” – Ricordo di p. Edoardo Giuseppe Lanzalaco » 38 Il nuovo sito web dei Padri Canossiani

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Momento straordinario di preghiera presieduto dal Santo Padre sul sagrato della Basilica di San Pietro Papa Francesco, 27 marzo 2020

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el tardo pomeriggio di venerdì 27 marzo, alle ore 18.00, sul sagrato della Basilica di San Pietro, il Santo Padre Francesco ha presieduto un momento straordinario di preghiera in tempo di pandemia con l’Adorazione del Santissimo Sacramento, che si è aperto con l’ascolto della Parola di Dio. Nei pressi del cancello centrale della Basilica Vaticana erano collocati l’immagine di Maria Salus Populi Romani e il Crocifisso miracoloso custodito nella chiesa di San Marcello. Al termine della Celebrazione, il Papa ha impartito la Benedizione “Urbi et Orbi”, con la possibilità

di ricevere l’indulgenza plenaria.

Qui di seguito l’Omelia che il Santo Padre ha pronunciato dopo l’ascolto della Parola di Dio. Una meditazione sulla fede, sulla fede provata dalla paura e dalle paure.

Ma anche sulla fede che ostinatamente si rinsalda nella certezza di essere stati salvati dalla croce del Signore Gesù.

Omelia del Santo Padre «Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre

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piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa.

Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme. È facile ritrovarci in questo racconto.

Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, proprio nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si

rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40).

Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati.

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare

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con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace

di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera.

Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte.

Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.

Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e

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ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore.

In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.

Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possa-

no sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da que-sto colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt 5,7).

Chiesa

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Le parole della vocazione Papa Francesco, Messaggio per la 57a Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni

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l 3 maggio 2020, IV Domenica di Pasqua, si celebra la 57a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema: Le parole della vocazione.

Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato per l’occasione ai Vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati ed ai fedeli di tutto il mondo:

Cari fratelli e sorelle!

Il 4 agosto dello scorso anno, nel 160° anniversario della morte del santo Curato d’Ars, ho voluto offrire una Lettera ai sacerdoti, che ogni giorno spendono la vita per la chiamata che il Signore ha rivolto loro, al servizio del Popolo di Dio. In quell’occasione, ho scelto quattro parole-chiave – dolore, gratitudine, coraggio e lode – per ringraziare i sacerdoti e sostenere il loro ministero. Ritengo che oggi, in questa 57ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, quelle parole

si possano riprendere e rivolgere a tutto il Popolo di Dio, sullo sfondo di un brano evangelico che ci racconta la singolare esperienza capitata a Gesù e Pietro durante una notte di tempesta sul lago di Tiberiade (cfr Mt 14,22-33).

Dopo la moltiplicazione dei pani, che aveva entusiasmato la folla, Gesù ordina ai suoi di salire sulla barca e di precederlo all’altra riva, mentre Egli avrebbe congedato la gente. L’immagine di questa traversata sul lago evoca in qualche modo il viaggio della nostra esistenza. La barca della nostra vita, infatti, avanza lentamente, sempre inquieta perché alla ricerca di un approdo felice, pronta ad affrontare i rischi e le opportunità del mare, ma anche desiderosa di ricevere dal timoniere una virata che conduca finalmente verso la giusta rotta. Talvolta, però, le può capitare di smarrirsi, di lasciarsi abbagliare dalle illusioni invece che seguire il faro luminoso

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che la conduce al porto sicuro, o di essere sfidata dai venti contrari delle difficoltà, dei dubbi e delle paure.

Succede così anche nel cuore dei discepoli, i quali, chiamati a seguire il Maestro di Nazaret, devono decidersi a passare all’altra riva, scegliendo con coraggio di abbandonare le proprie sicurezze e di mettersi alla sequela del Signore. Questa avventura non è pacifica: arriva la notte, soffia il vento contrario, la barca è sballottata dalle onde, e la paura di non farcela e di non essere all’altezza della chiamata rischia di sovrastarli.

Il Vangelo ci dice, però, che nell’avventura di questo non facile viaggio non siamo soli. Il Signore, quasi forzando l’aurora nel cuore della notte, cammina sulle acque agitate e raggiunge i discepoli, invita Pietro ad andargli incontro sulle onde, lo salva quando lo vede affondare, e infine sale sulla barca e fa cessare il vento.

La prima parola della vocazione, allora, è gratitudine. Navigare verso la rotta giusta non è un compito affidato solo ai nostri sforzi, né dipende solo dai percorsi che scegliamo di fare. La realizzazione di noi stessi e dei nostri progetti di vita non è il risultato matematico di ciò che decidiamo dentro un “io” isolato; al contrario, è prima di tutto la risposta a una chiamata che ci viene dall’Alto. È il Signore che ci indica la riva verso cui andare e che, prima ancora, ci dona il coraggio di salire sulla barca; è Lui che, mentre ci chiama, si fa anche nostro timoniere per accompagnarci, mostrarci la direzione, impedire che ci incagliamo negli scogli dell’indecisione e renderci capaci perfino di camminare sulle acque agitate.

Ogni vocazione nasce da quello sguardo amorevole con cui il Signore ci è venuto incontro, magari proprio mentre la nostra barca era in preda alla tempesta. «Più che una nostra scelta, è la risposta alla chiamata gratuita del Signore» (Lettera ai sacerdoti, 4 agosto 2019); perciò, riusciremo a scoprirla e abbracciarla quando il nostro cuore si aprirà alla gratitudine e saprà cogliere il passaggio di Dio nella nostra vita.

Quando i discepoli vedono Gesù av-

vicinarsi camminando sulle acque, inizialmente pensano che si tratti di un fantasma e hanno paura. Ma subito Gesù li rassicura con una parola che deve sempre accompagnare la nostra vita e il nostro cammino vocazionale: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (v. 27). Proprio questa è la seconda parola che vorrei consegnarvi: coraggio.

Ciò che spesso ci impedisce di camminare, di crescere, di scegliere la strada che il Signore traccia per noi sono i fantasmi che si agitano nel nostro cuore. Quando siamo chiamati a lasciare la nostra riva sicura e abbracciare uno stato di vita – come il matrimonio, il sacerdozio ordinato, la vita consacrata –, la prima reazione è spesso rappresentata dal “fantasma dell’incredulità”: non è possibile che questa vocazione sia per me; si tratta davvero della strada giusta? Il Signore chiede questo proprio a me?

E, via via, crescono in noi tutte quelle considerazioni, quelle giustificazioni e quei calcoli che ci fanno perdere lo slancio, ci confondono e ci lasciano paralizzati sulla riva di partenza: crediamo di aver preso un abbaglio, di non essere all’altezza, di aver semplicemente visto un fantasma da scacciare.

Il Signore sa che una scelta fondamentale di vita – come quella di sposarsi o consacrarsi in modo speciale al suo servizio – richiede coraggio. Egli conosce le domande, i dubbi e le difficoltà che agitano la barca del nostro cuore, e perciò ci rassicura: “Non avere paura, io sono con te!”. La fede nella sua presenza che ci viene incontro e ci accompagna, anche quando il mare è in tempesta, ci libera da quell’accidia che ho già avuto modo di definire «tristezza dolciastra» (Lettera ai sacerdoti, 4 agosto 2019), cioè quello scoraggiamento interiore che ci blocca e non ci permette di gustare la bellezza della vocazione.

Nella Lettera ai sacerdoti ho parlato anche del dolore, ma qui vorrei tradurre diver-samente questa parola e riferirmi alla fatica. Ogni vocazione comporta un impegno. Il Signore ci chiama perché vuole

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renderci come Pietro, capaci di “camminare sulle acque”, cioè di prendere in mano la nostra vita per metterla al servizio del Vangelo, nei modi concreti e quotidiani che Egli ci indica, e specialmente nelle diverse forme di vocazione laicale, presbiterale e di vita consacrata. Ma noi assomigliamo all’Apostolo: abbiamo desiderio e slancio, però, nello stesso tempo, siamo segnati da debolezze e timori.

Se ci lasciamo travolgere dal pensiero delle responsabilità che ci attendono – nella vita matrimoniale o nel ministero sacerdotale – o delle avversità che si presenteranno, allora distoglieremo presto lo sguardo da Gesù e, come Pietro, rischieremo di affondare. Al contrario, pur nelle nostre fragilità e povertà, la fede ci permette di camminare incontro al Signore Risorto e di vincere anche le tempeste. Lui infatti ci tende la mano quando per stanchezza o per paura rischiamo di affondare, e ci dona lo slancio necessario per vivere la nostra vocazione con gioia ed entusiasmo.

Infine, quando Gesù sale sulla barca, il vento cessa e le onde si placano. È una bella immagine di ciò che il Signore opera nella nostra vita e nei tumulti della storia,

specialmente quando siamo nella tempesta: Egli comanda ai venti contrari di tacere, e le forze del male, della paura, della rassegnazione non hanno più potere su di noi.

Nella specifica vocazione che siamo chiamati a vivere, questi venti possono sfiancarci. Penso a coloro che assumono importanti compiti nella società civile, agli sposi che non a caso mi piace definire “i coraggiosi”, e specialmente a coloro che abbracciano la vita consacrata e il sacerdozio.

Conosco la vostra fatica, le solitudini che a volte appesantiscono il cuore, il rischio dell’abitudine che pian piano spegne il fuoco ardente della chiamata, il fardello dell’incertezza e della precarietà dei nostri tempi, la paura del futuro. Coraggio, non abbiate paura! Gesù è accanto a noi e, se lo riconosciamo come unico Signore della nostra vita, Egli ci tende la mano e ci afferra per salvarci.

E allora, pur in mezzo alle onde, la nostra vita si apre alla lode. È questa l’ultima parola della vocazione, e vuole essere anche l’invito a coltivare l’atteggiamento interiore di Maria Santissima: grata per lo sguardo di Dio che si è posato su di lei, consegnando nella fede le paure e i turbamenti, abbracciando con co-raggio la chiamata, Ella ha fatto della sua vita un eterno canto di lode al Signore.

Carissimi, specialmente in questa Giornata, ma anche nell’ordinaria azione pastorale delle nostre comunità, desidero che la Chiesa percorra questo cammino al servizio delle vocazioni, aprendo brecce nel cuore di ogni fede, perché ciascuno possa scoprire con gratitudine la chiamata che Dio gli rivolge, trovare il coraggio di dire “sì”, vincere la fatica nella fede in Cristo e, infine, offrire la propria vita come cantico di lode per Dio, per i fratelli e per il mondo intero. La Vergine Maria ci accompagni e interceda per noi.

Roma, San Giovanni in Laterano, 8 marzo 2020, II Domenica di Quaresima FRANCESCO

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Portare il vangelo alla finestra

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iao amici e amiche! per tutti i veri “cercatori di senso” e abbiaAnche in questo tempo di pande- mo imparato ad abitare con più efficacia mia, in cui quella il mondo social; abbiamo che conoscevamo come trasmesso in diretta ogni Lo StaiConMe normalità è stata stravolta giorno la preghiera del vedall’emergenza, l’anima- si è adattato, si è lasciato spro della nostra comunità zione vocazionale del no- cambiare e così ciascuno di Poiano su Facebook e stro Istituto in Italia non si Instagram, abbiamo contidi noi; il tempo che è fermata! nuato a registrate catecheabbiamo vissuto ci ha si settimanali per il nostro Lo StaiConMe si è adattato, si è lasciato camcanale YouTube e abbiachiesto di ripensare biare e così ciascuno di mo rinnovato la formula la nostra missione, noi; il tempo che abbiamo della pagina Instagram e il nostro “stare con”; vissuto, e che in parte, anFacebook, aggiornandocora viviamo, ci ha chiesto ci ha interrogati sull’arte ne il vestito e aggiungendi ripensare la nostra misdo contenuti ogni giorno, dell’essenziale, ci ha sione, il nostro “stare con”; alternando tra immagini rivolto la domanda ci ha interrogati sull’arte e video che a qualcuno è dell’essenziale, ci ha rivolpiaciuto chiamare: “il vanstringente: “che cosa to la domanda stringente: gelo alla finestra”. E forse è conta davvero?” “che cosa conta davvero?”. questo il senso di questa E così abbiamo fatto missione, portare il vangedi questa domanda il nostro annuncio, lo alla finestra, dalla parte dell’interno, usando due mezzi: la preghiera e i social! perché abiti la nostra casa, il nostro cuore, Abbiamo rinforzato la nostra preghiera più di ogni altro impegno.

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Anche Dio piange

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i propongo queste riflessioni con ancora negli occhi l’immagine della liturgia di venerdì 27 marzo di papa Francesco in una piazza S. Pietro come non s’era mai vista (non solo la piazza, ma nemmeno la liturgia): una liturgia, si direbbe, a porte chiuse, eppure era all’aperto, aperta al mondo intero; fatta di gesti semplici e di ritualità elementare, eppure gravida di mistero, in un gioco di contrasti che rendeva il tutto surreale. Eppure straordinariamente reale. E assieme simbolico.

Una piazza S. Pietro avvolta già dall’oscurità della sera, al termine d’una giornata battuta dal vento e dalla pioggia, in un’atmosfera drammatica e di grande tristezza, con il celebrante – il santo Padre - senza paramenti e inquadrato mentre procede solo verso l’altare, col passo claudicante, sorretto nel tratto finale della scalinata dall’unico partecipante al rito (almeno nella prima parte) e pure affati-

cato (lo si è avvertito nell’orazione iniziale). Liturgia vuol dire azione popolare, ma lì non c’era nessuno. Eppure c’era il mondo intero: credenti e non credenti, praticanti e non praticanti, giovani e vecchi, persino simpatizzanti e avversari di papa Bergoglio stavano assieme... Mai piazza S. Pietro è stata così affollata, e pure unanime come in quella liturgia di venerdì 27.

Potenza misteriosa dell’azione liturgica!

Solo la liturgia in certi casi può prender la parola ed esprimere quel che non sapresti dire in altro modo, forse nemmeno a te stesso, ma soprattutto solo la liturgia ti può far sentire con certezza ciò di cui hai più bisogno in certi momenti della vita: la certezza che non sei solo, che Dio c’è, che è presente e ti ascolta, che prende parte al tuo dolore… Quel venerdì sera l’abbiamo provata tutti tale certezza: c’era tutta l’umanità, certo, ma c’era anche Dio (così com’è stato misteriosamente presente in quell’altro drammatico venerdì della sto-

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ria, quando il Figlio è morto sulla croce)!

Dicevamo del clima “surreale”, aggettivo che in questi giorni è molto usato per dire quanto tutto sia strano e inedito attorno a noi, soprattutto da quando sono scattate le cosiddette restrizioni salva-vita, e invece è stato tutto quanto mai reale, anzi, vero, a partire dal grido disperato degli apostoli nel Vangelo proclamato sempre in quella liturgia (Mc 4,35-41), così tragicamente attuale, ma gridato oggi non più da alcuni pescatori in un lago agitato dalle onde, bensì da tutta l’umanità in un mondo malato, ovunque. Ed è stato tutto reale e vero, in quella preghiera nell’irripetibile scenario di S. Pietro, proprio perché oggi siamo tutti ricondotti in modo sorprendentemente brusco e veloce alla realtà, costretti a renderci conto di qualcosa che non abbiamo mai voluto ammettere, obbligati a riconoscere la verità in tempi in cui ci si è presi gioco d’essa.

Perché la finiamo di prendercene gioco.

Grande operazione veritativa In fondo quel che stiamo vivendo è una grande operazione veritativa. Che ci

sta facendo capire una montagna di cose, a un ritmo impressionante; in un mese circa abbiamo fatto un cammino incredibile che non avevamo fatto in decine e decine d’anni. Impossibile enumerarle tutte queste verità, ma è certo che da quando è scoppiata la pandemia ci sentiamo tutti molto più fragili e vulnerabili, anzi impotenti di fronte a qualcosa di cui ignoriamo origine, composizione, meccanismo di trasmissione, sistema di difesa, cura… e meno sicuri in genere dei nostri strumenti di rilevamento e terapia, non più così certi della continuità inarrestabile del progresso, nemmeno d’aver un futuro, consapevoli di non sapere ancora tante, troppe cose... Ma ci sono anche aspetti decisamente positivi, come dei valori che ci appaiono in tutta la loro evidenza e con una nuova forza convincente, come ad es. la convinzione che lo star bene sia un fatto sociale e relazionale (la mia salute dipende dalla tua, e viceversa, oggi non ci si chiede più “come stai?”, ma “come state?”, in famiglia o in comunità; e chi risponde è più portato a ad aggiungere “Per ora… sto bene”), ma è pure legato – il nostro

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star bene - allo star bene della terra che abitiamo, dei frutti della terra che coltiviamo, dell’aria che respiriamo, dell’acqua che beviamo…, la convinzione, ancora, che è da stolti e imbecilli continuare con certi stili di vita che sono irresponsabili ed egoisti; che non possiamo continuare a correre e correre (ma verso dove?), in una lotta frenetica contro il tempo, come se la vita fosse tutta una Gran Premio (ove solo uno vince), in un mondo segnato dall’eccesso: troppo veloce, troppo rumoroso; e forse cominciamo a esser disposti ad accogliere l’idea del mistero o d’una dimensione non del tutto gestibile dall’uomo…

Altre verità si stanno riproponendo in questi giorni, non del tutto nuove, ma è come se l’uomo oggi fosse più disposto a far loro spazio nella mente e nel cuore: la dignità dell’uomo, ad es., che non può diventare schiavo di illusioni che non gli danno felicità piena; la sua libertà che va sempre coniugata con responsabilità; la sua sete d’infinito e di bellezza, di verità e di senso in tutto quel che fa, e dunque il bisogno d’un fondamento solido, di sapere che la nostra vita è in mani sicure…; e ancora quel compito che riguarda tutti e ognuno di render la terra un giardino, e il giardino casa di tutti; l’attenzione a tutto ciò che può infettare l’uomo anzitutto nel cuore, nei sentimenti, nei desideri, nelle sue profondità interiori, perché anche se non si vede, è pur sempre contagioso; il bisogno di relazione, di relazione verace e trasparente, di contatti reali tra umanità accoglienti, in cui non ci si nasconde sospettosi l’uno all’altro; ma pure il bisogno di prossimità e di tenerezza, d’un bacio e d’una carezza; e al tempo stesso il bisogno di silenzio, di solitudine, di sobrietà, di stacco delle connessioni, di fermarsi per habitare secum…

Nessuno soffre da solo, nessuno soffre invano E vi sono infine verità più dure e impegnative, fors’ancora non del tutto chiare e non del tutto accettate, ma che si stanno facendo strada in noi e attorno a

noi e che venerdì sera sono state “dette”, o meglio celebrate, come appunto solo nella liturgia si può fare: la verità che la sofferenza è parte della vita e del mistero dell’uomo, è legata al limite inevitabile esistenziale, ma è scuola di vita, perché la sofferenza ci forma, ci rende più uomini, ci fa capire il senso della vita (e della morte); nella sofferenza viene fuori il meglio dell’uomo, specie se la sofferenza è vissuta insieme. In tempi tranquilli si soffre da soli, vergognosi e risentiti verso chi sta bene. Il disastro generale, invece, pone tutti sullo stesso piano e abbatte ogni divisione e competizione, rende tutti più pensosi e attenti a quel che siamo, più veri e dunque probabilmente anche più buoni (G. Romagnoli), infatti quanti gesti ed esempi di bontà, di sacrificio, di generosità, di dedizione agli altri. Ma soprattutto nella sofferenza si fa strada un’altra verità, stavolta rivelata, immensa come il cielo, luminosa come lo è il mistero, misteriosa come tutte le verità di fede: nessuno soffre da solo, perché da quando il Figlio di Dio ha sofferto la sua passione e morte, da allora ogni sofferenza umana è continuazione misteriosa di quella passione, e colui che soffre è più vicino al cuore del mistero di Dio, anche se non lo sa. In questa pandemia anche Dio piange, quel Dio che raccoglie le nostre lacrime nel suo otre (Sal 56,8)!

E se ogni umano soffrire in qualche modo è una continuazione della passione del figlio di Dio, allora – altra strepitosa verità - nessuno soffre invano, perché il suo dolore è unito a quella passione che ha redento il mondo, anche se la persona non lo sa, ma se lo sa, allora la sofferenza diventa più sopportabile. È una verità di fede, ma è rivolta a tutti. Che tutti, prima o poi nella vita, siamo chiamati a imparare, e che il mondo di oggi, nonostante tutto, ha bisogno di sentirsi ripetere. Questo abbiamo “celebrato” nella liturgia di venerdì sera. Per questo S. Pietro era così affollata!

P. Amedeo Cencini

Istituto

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60° Anniversario della morte del Servo di Dio Fra Giovanni Zuccolo

“Fratelli siamo lieti nel Signore, anche in mezzo alle tribolazioni e stiamo uniti nella preghiera”

25 marzo 2020, Solennità dell’Annunciazione

C

elebriamo oggi il mistero dell’incarnazione e il sì di Maria, una semplice ragazza di Nazareth che con la sua risposta all’Angelo ha cambiato radicalmente non solo la sua vita, ma la storia dell’umanità. Certamente l’arrivo del coronavirus ha condizionato parecchio il ritmo di vita di tutti noi con la chiusura delle scuole, la sospensione di tutte le attività pubbliche e di tutte le celebrazioni religiose con il popolo, incontri, viaggi ecc. Questo ha messo in luce la nostra fragilità e debolezza, ci ha costretti a stare a casa, a cambiare certe abitudini, a riscoprire certi valori come la sobrietà della vita, la lettura, il silenzio e la preghiera, e a dare più tempo a relazioni più profonde coi nostri confratelli, con le persone che vivono con noi, e soprattutto con il Signore; relazione che tante volte diamo per scontata o trascuriamo presi

dalle tante cose da fare.

Tra pochi giorni entreremo nella Settimana Santa e celebreremo la Pasqua, centro non solo dell’anno liturgico e cuore della fede e della vita cristiana. Desidero porgere a ciascuno, ai vostri cari, ai collaboratori, ai Laici canossiani, l’augurio di una Santa Pasqua che nasce dalla contemplazione del più grande amore manifestato dal Cristo in Croce. Quell’amore totale, che ha vinto la morte ed è risorto, diventi non solo la fonte di gioia per noi, ma anche il nostro annuncio di vita, speranza e luce nuova ai ragazzi, ai giovani, ai poveri e alla gente che incontriamo nella nostra missione e nelle nostre opere in questo nostro tempo non certo sereno per la chiesa e per il mondo.

Papa Francesco nel suo messaggio per la Quaresima 2020, ci ha ricordato: “La gioia del cristiano scaturisce dall’ascolto e dall’accoglienza della Buona Notizia della morte e risurrezione di Gesù: il kerygma.

Esso riassume il Mistero di un amore «così reale, così vero, così concreto, che ci offre una relazione piena di dialogo sincero e fecondo» (Ch.V. n° 117). In questa Quaresima 2020 vorrei perciò estendere ad ogni cristiano quanto già ho scritto ai giovani

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nell’Esortazione apostolica Christus vivit: «Guarda le braccia aperte di Cristo crocifisso, lasciati salvare sempre nuovamente.

E quando ti avvicini per confessare i tuoi peccati, credi fermamente nella sua misericordia che ti libera dalla colpa. Contempla il suo sangue versato con tanto affetto e lasciati purificare da esso. Così potrai rinascere sempre di nuovo» (n° 123). La Pasqua di Gesù non è un avvenimento del passato: per la potenza dello Spirito Santo è sempre attuale e ci permette di guardare e toccare con fede la carne di Cristo in tanti sofferenti”. È salutare contemplare più a fondo il Mistero pasquale, grazie al quale ci è stata donata la misericordia di Dio …” .

In questa prima lettera del 2020, ricordo a tutti che quest’anno vogliamo ricordare in modo speciale il Servo di Dio Fra Giovanni Zuccolo a 60 anni dalla sua santa morte. Vi invito a intensificare la preghiera chiedendo la sua intercessione soprattutto per il dono di nuove vocazio-

ni per la Congregazione. Le varie iniziative per ricordarlo, sia come Istituto che come singole comunità, possano risvegliare in tutti noi non solo l’interesse, la conoscenza e la devozione per questa Persona così significativa nella storia della Congregazione; e insieme risvegliare la nostra attenzione privilegiata per l’oratorio e per la pastorale giovanile: una missione quanto mai attuale e urgente oggi, in tutto il mondo; una dedizione e una passione per l’educazione dei piccoli e dei giovani da incarnare e tradurre nelle modalità adatte ai tempi e ai diversi contesti in cui viviamo. Fare memoria di Fra Giovanni non è guardare indietro con nostalgia, ma imparare da lui e rinnovare il nostro zelo apostolico per “i fioi”, come da lui stesso solennemente richiamato nel suo ultimo intervento al Capitolo del 1958.

Leggendo alcuni suoi scritti, specie le sue lettere circolari, e le ricerche fatte su Servo di Dio da p. Clemente Serragiotto e da p. Guido, ho trovato degli spunti

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interessanti e attuali anche per noi oggi come Congregazione che sta vivendo un cambiamento. Il 1 gennaio 1923, pochi giorni dopo la morte di Fra Vincenzo Ferro, il Cardinale La Fontaine, patriarca di Venezia nomina Fra Giovanni “superiore dell’Istituto Canossiani di San Giobbe”.

L’Istituto aveva una sola comunità composta di tre religiosi: Fra Giovanni, di 48 anni - dei quali 27 passati in Oratorio a San Giobbe -, Fra Giuseppe Tellero, più vecchio che aveva 59 anni (e che morirà pochi mesi dopo il 19 maggio 1923) e Fra Luigi Marchiori di appena 22 anni, che solo pochi mesi prima, il 15 agosto 1922, aveva indossato l’abito dei Canossiani. Dopo aver vissuto all’ombra di Fra Vincenzo per tanti anni, Fra Giovanni assume la responsabilità di Superiore cosciente dei suoi limiti, e guida l’Istituto per 23 anni: dalla grande crisi del luglio dello stesso anno 1923 - quando rimasti in due aveva affidato l’opera nelle mani del Patriarca, il quale inviterà il santo Don Giovanni Calabria a prendere visione dell’opera dei due Canossiani per eventualmente incorporarli nella sua opera di Verona - , alla elezione di P. Angelo Pasa come nuovo Preposito Generale il 24 settembre 1946, durante il primo Capitolo

generale indetto da Fra Giovanni stesso con la sua ultima lettera circolare del 9 giugno 1946 Festa di Pentecoste, Capitolo al quale presero parte 22 religiosi.

In quei 23 anni in cui Fra Giovanni servì l’Istituto come Superiore, ha visto l’Istituto attraversare difficoltà e gravi crisi, ma lo ha anche visto crescere, uscire dalle mura di San Giobbe e realizzare la profezia di San Giovanni Calabria che aveva riconosciuto nell’opera di San Giobbe la mano di Dio: “digitus Dei est hic!”. Nella lettera circolare del 20 aprile 1944, nel pieno della Seconda Guerra mondiale, Fra Giovanni dà un resoconto dello stato attuale della Congregazione che, oltre a San Giobbe, è presente a Conselve, Feltre, Castelli di Monfumo col noviziato e ha spostato il Collegino degli aspiranti a Fonzaso nella proprietà del Cav. Sebben; ha poi aperto due altre comunità apostoliche: il Patronato di S. Trovaso in Venezia (1940) e l’orfanatrofio “Maris Stella” di Pellestrina (1941, una prima opera canossiana diversa dall’oratorio!). I Religiosi professi sono in quell’anno 55, dei quali 32 con voti perpetui e 23 con voti temporanei, più 3 novizi e 52 aspiranti! Fra Giovanni ricorda pure la perdita di tre esemplari Confratelli chiamati in cielo

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nello spazio di soli otto mesi nel 1941: vissuti come guida della Congregazione Fra Lino Scapini, Fra Benedetto Pasa e sono stati certamente per Fra Giovanni Fra Celestino Vieceli. Interessante è pure un tempo di grazia e gioia, ma anche di quanto scrive alla fine della lettera, con tensione e lotta interiore, di paura e indei richiami concreti a vivere sul serio sieme coraggio di fronte alle nuove sfide; da religiosi, richiami che credo valgono ed è così anche per noi, in questo tempo anche per noi: “Da ultimo raccomando in cui la Congregazione, pur piccola e fraparticolarmente diligenza nella pratica gile diventa sempre più internazionale, del silenzio religioso, conforme alle nostre si avventura verso nuovi orizzonti ed è prescrizioni. Se lo custodiremo, guadagne- chiamata ad affrontare nuove sfide in un remo tempo e custodiremo noi stessi da mondo che cambia. Sono convinto che tante mormorazioni e pecpossiamo imparare da Fra cati che s’accompagnano Giovanni sia la prudenSono convinto che con l’infrazione del medeza e l’attaccamento alle simo. Soprattutto coltivenostre radici, ma anche possiamo imparare remo lo spirito religioso, lo il coraggio del rischiare da Fra Giovanni spirito di preghiera, di vita e la fiducia nel Signore e sia la prudenza e interiore, di carità e progrenella provvidenza. Come diremo nella santificazione l’attaccamento alle tanti di noi di una certa di noi stessi, pregustando nostre radici, ma anche età, anche Fra Giovanni quaggiù le gioie ineffabili era preoccupato del futuil coraggio del rischiare riservate ai Beati comprenro della Congregazione, sori. Del resto o fratelli sia- e la fiducia nel Signore e di tenere vivo lo spirito. mo lieti nel Signore, anche Negli ultimi mesi della nella provvidenza in mezzo alle tribolazioni e sua vita, confidava ad stiamo uniti nella preghieun affezionato e valido ra”. collaboratore: “I primi Padri xe morti co’ Pensiamo a Fra Giovanni come “gui- la paura che l’Oratorio sparisse; mi moro da”: la sua gioia nel vedere la crescita co ‘l dolor de vedar scomparir tante belle dell’Istituto, ma anche la sua trepidazio- tradission” (I primi padri sono morti con ne per i cambiamenti che questa crescita il timore che l’Oratorio scomparisse; io poteva comportare, soprattutto nello spi- muoio con il dolore di veder scomparire rito; il suo attaccamento e il continuo ri- tante belle tradizioni). Certamente tante chiamo all’oratorio come “opera principa- tradizioni sono scomparse, e non poteva le della Congregazione”, ma anche il suo essere diversamente; ma siamo convinti coraggio nell’uscire da San Giobbe con la che il carisma è vivo e se Dio vuole vivrà nuova fondazione a Conselve nel 1927 o a lungo, ma spetta a ciascuno di noi con nell’accettare nuove proposte come l’or- l’unicità della sua persona e la ricchezza fanotrofio di Pellestrina. Nelle sue lettere della sua cultura, con la vita e la fantasia circolari si vede che la preoccupazione della carità nella missione, non solo tedi Fra Giovanni non era solo l’apostola- ner vivo il carisma, ma anche arricchirlo to e la priorità dell’oratorio, ma anche la e renderlo attuale e rilevante oggi. Come fedeltà dei Confratelli alla vita religiosa. ci richiama F. Kafka, è certo che “i sentieri L’invito alla preghiera si ripete costante- si costruiscono viaggiando”! mente, come pure l’insistente raccomandazione alla cura di un’autentica vita reliP. Carlo Bittante giosa, con particolare richiamo alle virtù Superiore generale che caratterizzano l’Istituto dei Figli della Carità: umiltà, semplicità, povertà, obbeDalla Lettera Circolare del Padre Generale dienza, amore al sacrificio. Quegli anni N° 8/2020

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Istituto

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Giubilei 2020 80 anni

Martin P. Claudio - 30/05/1940

Cavallaro P. Vittorio - 17/06/1940

Pircali F. Vittorino - 24/07/1940

Merlin P. Angelico - 12/09/1940

50 anni di professione

Finotto P. Guido - 22/06/1940

Miotto P. Adriano - 30/11/1940

25 anni di professione

Perretta P. Lucio - 09/09/1970 Piasentini P. Lorenzo - 09/09/1970 Moensaku P. Yosef - 04/06/1995

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60 anni di sacerdozio

Franzolin P. Guido - 29/04/1960 Giazzon P. Lucio - 29/04/1960

Mori P. Celestino - 29/04/1960

50 anni di sacerdozio

Cattelan P. Pietro - 21/06/1970

Fadale P. Carlo - 21/06/1970

Cibin P. Alessandro - 21/06/1970

Pescarolo P. Fernando - 21/06/1970

Istituto

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Casa di Formazione Poiano - Venerdì Santo 2020

“Farò la mia Pasqua da te”

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e limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria non ci hanno privato della grazia di poter celebrare almeno in parte le liturgie del Triduo pasquale. Grazie ai social abbiamo voluto e potuto condividere le celebrazioni e il momento quotidiano della preghiera del vespro con molti amici che ci hanno per questo ringraziato.

Nel pomeriggio del Venerdì santo la comunità si è raccolta per la Liturgia della passione del Signore. Padre Amedeo ci ha offerto una profonda meditazione sul significato della sofferenza redentrice.

La lettura del Passio di Giovanni ci ha portati tutti dinanzi alla croce di Gesù. A contemplare il mistero.

Due possibilità/modalità di porci in questa visione: quella un po’ solita, che vede in Gesù il grande esempio di dono di sé, e magari ci commuove per qualcosa. Ma in tale visione Gesù con la sua passione in ogni caso resta esterno a noi.

L’altra invece ci coinvolge in prima persona, ci fa sentire tale storia come appello per ciascuno di noi, che parte dal progetto-desiderio di Gesù: “Farò la mia Pasqua da te” (Mt 26,18). Da te, a casa tua, nella tua vita, nel tuo corpo, nelle tue relazioni, difficoltà, nella tua sofferenza…

In Lc 22,15 la decisione nasce da un desiderio grande divino che riguarda tutti “Quanto ho desiderato mangiare questa pasqua con voi!”.

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E la prospettiva cambia radicalmente: non più rapporto esterno, da spettatore, devoto e commosso, ma un coinvolgimento personale, la mia vita luogo della passione, luogo ove Gesù mi chiede di continuare la sua passione, dunque di rivivere il dono di sé per la salvezza, come luogo in cui io – a mia volta - decido di fare la Pasqua con Gesù, accetto la sua proposta, che vuol dire che decido di unire la mia “passione”, per tutto ciò che la vita mi propone a ogni istante (fatica di lavorare su di me e su quel peccato accovacciato alle porte del cuore, i miei problemi e nervosismi, costatazione della mia debolezza, ma magari anche fatiche fisiche, psicologiche, problemi relazionali, rifiuti, incomprensioni…) e quant’altro in qualche modo mi capita di soffrire come offerta al Padre, come realtà che unisco alla passione di Gesù e che è offerta al Padre, diventando in quel momento redentiva, esattamente come la passione del Figlio In Mt 18,26ss si dice che i discepoli fecero come Gesù aveva ordinato, fecero i preparativi. Se vogliamo possiamo pensare al senso della formazione, come cammino in cui s’impara a entrare in questo atteggiamento, ad accogliere la proposta pasquale di Gesù, a esser pronti per capire quando la vita ci fa questa proposta. Dunque a liberarci di tutti quegli infantilismi, filautia, narcisismi più o meno disperati… che c’impediscono di provare la passione di Gesù, la passione per gli altri e la loro salvezza, e il punto più alto, cioè la compassione, la libertà di soffrire per l’alto e con l’altro. In fondo ogni mattina, l’Amen alla comunione non dice qualcosa?

Deve farci pensare il fatto che i discepoli che avevano preparato tutto molto bene poi sono fuggiti…, non hanno permesso a Gesù di vivere in loro la sua passione Nella passione di Giovanni è raccontato invece l’esempio più alto d’una creatura che ha accettato la proposta di Gesù, Maria, che Stabat, è lì, non solo a piangere il figlio, come farebbe qualsiasi madre, ma

a lasciare che la passione del Figlio di Dio sia anche la sua passione. La sofferenza di Maria non è semplicemente quella naturale materna, ma è la sofferenza di chi ha creduto e ora vede la smentita di quel che ha creduto, è il dramma della fede, è sofferenza che Maria vive fino in fondo, come nessuna creatura ha mai sofferto, che dice fino a che punto il Figlio di Dio s’è incarnato in lei, fino al punto di continuare in lei la sua passione.

Per questo Maria è corredentrice: ha unito la sua sofferenza a quella del Figlio.

Così come ogni nostra sofferenza, unita a quella del Figlio, diviene redentrice.

P. Amedeo Cencini

Laici Canossiani

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L’assemblea dei Laici Canossiani in Italia

“Uniti nel carisma”

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al 24 al 26 gennaio 2020, presso il Centro Missionario CUM di Verona, si è tenuta l’assemblea elettiva dei Laici Canossiani dell’Italia, con il rinnovo del coordinamento nazionale.

Presenti il coordinamento provinciale uscente: Mariapia Raja, Ada Facchini, Cesarina Bertin, m. Daniela D’Alessandro, p.

Francesco Vercellone, sorelle animatrici e padri animatori e i due consiglieri referenti. Presenti anche rappresentanti dei coordinamenti locali di tutta Italia, dal Nord al Sud, da Trento a Favignana. È stata l’occasione di ripercorrere il cammino compiuto nel triennio 20172020, presentato nella relazione introduttiva da Mariapia Raja, che ha ripercorso come in album di foto di famiglia gli incontri, le feste, gli esercizi spirituali, la formazione. Esperienze di bellezza, di gioia, speranza e cambiamenti. Con

gratitudine per il percorso fatto insieme e la valida collaborazione che ha creato una solida rete di relazioni tra il coordinamento provinciale e i coordinamenti locali.

Spazio anche alla condivisione delle esperienze dei diversi coordinamenti e all’approfondimento del tema del discernimento, con la relazione di m. Eliana Zanoletti di Brescia.

L’assemblea elettiva ha nominato, tramite votazione, i tre membri laici del coordinamento provinciale. Un momento emozionante, vissuto dai partecipanti in un clima di soddisfazione e fiducia per il futuro. Coordinatrice è stata eletta Paola Gelmetti di Verona, mentre Ada Facchini di Mantova sarà Segretaria e Domenico Pugliese, di Fasano (Brindisi), Tesoriere. A loro vanno i nostri auguri di buon lavoro!

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Nella giornata conclusiva dei tre giorni ancora al centro il tema del discernimento, con la meditazione proposta da p.

Gianluigi Andolfo. E poi il discernimento in azione, con il confronto tra gruppi sul cammino futuro dell’Associazione, suggellato dal mandato conferito durante la celebrazione eucaristica presieduta dal Padre Generale Carlo Bittante. Insieme alla gratitudine espressa a Mariapia Raja e a Cesarina Bertin per il servizio svolto in

questi anni.

Sono stati giorni bellissimi, in cui i Laici Canossiani hanno potuto consolidare tra di loro legami di vera amicizia nel carisma, il sogno condiviso nella formazione degli anni passati sta dando vita ad un reale progetto che prenderà forma prossimamente, sulla base di tutte le energie condivise e sul desiderio di continuare a camminare insieme.

Maddalena ci sorride!

“Un tuffo nel mare del Carisma Canossiano”

L'

Assemblea elettiva Laici Canossiani svoltasi dal 24 al 26 gennaio 2020 è stata una esperienza di pura gioia.

Un tuffo nel mare del Carisma Canossiano. Numerosa la partecipazione, ognuno dei presenti ha manifestato il piacere di stare insieme e condividere, collaborare, adoperarsi affinché la macchina dell'Assemblea che con tanto impegno e amore è stata messa in moto camminasse senza

imprevisti e guasti.

Su questa macchina siamo saliti a bordo tutti: madri, padri, relatori, Laici Canossiani. Tutti insieme, tutti figli di un'unica madre: Santa Maddalena di Canossa.

Per un attimo, ripercorrendo quanto abbiamo vissuto i quei giorni, mi sono sentita proiettata indietro nel tempo.

Questa esperienza ha avuto il sapore di una gita scolastica, un percorso articolato

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tra interesse artistico-culturale (bellezza), sociale da madre Eliana Zanoletti, la quale condivisione dei processi formativi e so- ci ha presentato quattro perle su cui rifletcializzazione tra i gruppi di Laici Canos- tere e sulle quali documentarci: il fine, lo siani, luoghi geografici stile, il metodo e il modello differenti in usi e costudel discernimento.

Un grazie a tutti mi. Tutto molto interesUn grazie a tutti coloro sante. Credo, anzi, sono coloro che si sono spesi, che si sono spesi, adoperati, certa che siano tutti orimpegnati e messi alla guida adoperati, impegnati gogliosi di aver partedi questa macchina, portane messi alla guida cipato a questo evento doci in lungo e in largo per per i tanti momenti di percorsi sicuri, ricchi di luce di questa macchina, solidarietà e intenso laportandoci in lungo e in e di amore a velocità sostevoro. nibile per raggiungere la largo per percorsi sicuri, meta dell'umanità.

Abbiamo provato, ricchi di luce e di amore con l'aiuto degli addetInvochiamo, sempre con ti ai lavori e relatori, a la preghiera, Santa Mada velocità sostenibile comprendere ed anadi Canossa e Santa per raggiungere la meta dalena lizzare alcuni aspetti Giuseppina Bakhita affinché dell'umanità umani e sociali del noci guidino sempre e ci constro tempo. Abbiamo ducano per mano in tutte riportato alla luce, con leggerezza e ri- le nostre scelte ed attività, sia in ambito spetto ciò che affligge l'essere umano, la associativo che privato, nella vita di tutti mancanza di punti di riferimenti e di mo- i giorni. delli.

L' unità è superiore al conflitto: lo Stile.

Siamo stati agevolati nel fare queste considerazioni sul cambiamento storicoCarmela Pia Coco – AciBonaccorsi

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M. Daniela, Ada, Paola, Domenico e p. Francesco

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Impressioni sull’Assemblea Elettiva

P

er noi è stata la prima esperienza in comune con tanti membri dell’Associazione Laici. Non abbiamo trovato nessuna difficoltà a relazionarci con tutti ed è stato come se ci conoscessimo da tempo. Essendo noi i nuovi arrivati, ci avete messo a nostro agio. Oltre alla speciale accoglienza ricevuta, ricordiamo la preziosissima fase di formazione: prima con madre Eliana Zanoletti, che ci ha parlato del discernimento, poi ascoltando padre Carlo e madre Marilena, che con la loro saggezza hanno risposto alle varie domande dell’Assemblea. Abbiamo ascoltato con tanta attenzione anche l’intervento di padre Gianluigi, profondo conoscitore di Maddalena, che in poco tempo ci ha parlato anch’egli del discernimento. Abbiamo potuto appurare tutto il lavoro svolto nel triennio scorso dal coordinamento. Abbiamo contribuito alle elezioni del nuovo coordinamento. Siamo contenti. Restiamo

adesso a disposizione, qualora ce ne fosse bisogno, per avviare una effettiva collaborazione con il coordinamento.

In conclusione, non poteva che non essere del tutto positiva questa nuova esperienza insieme all’associazione. Ha generato in noi un entusiasmo che abbiamo trasmesso ai restanti componenti del gruppo di Favignana, che non vedono l’ora di conoscere tutti voi.

Vogliamo ringraziare tutti indistintamente. Ognuno di voi ci ha trasmesso qualcosa, che teniamo gelosamente nel nostro cuore.

Auguriamo al nuovo Coordinamento: Paola, Domenico, Ada, padre Francesco e M. Daniela buon lavoro! Che santa Maddalena interceda lo Spirito Santo, affinché vi sostenga nel vostro servizio all’associazione.

Salvatore e Graziella da Favignana

Italia

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Roma, Acilia – Centro S. Gianna Beretta Molla

Carità al tempo dell'emergenza Covid-19

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a pandemia di Covid-19 è ormai da mesi il principale, se non unico, motivo di discussione nel nostro Paese e in gran parte del mondo; se ne parla molto da un punto di vista sanitario e politico, molto meno, purtroppo, guardando ai danni che sta arrecando, e arrecherà, al tessuto sociale ed economico del Paese.

Noi lo stiamo vedendo qui, al Centro Santa Gianna Beretta Molla, dove la distribuzione alimentare sta interessando centinaia di nuclei familiari, la maggior parte dei quali mai si sarebbe aspettata di dover ricorrere ad un servizio di questo tipo; alcuni, addirittura, sono passati in poche settimane da donatori a richiedenti.

Il Centro si trova ad Acilia, periferia a sud-est di Roma, X Municipio, in un quartiere popolare composto da famiglie mediamente numerose e con un’età media dei genitori piuttosto bassa; gran parte del mercato del lavoro da queste parti è legato alla fascia operaia, che si distribu-

isce tra cantieri e fabbriche, oltre che da piccole e medie imprese e commercianti; ovvero tutte categorie fortemente colpite dalle misure di prevenzione del Covid-19 e aiutate solo in parte, e con gravi ritardi, dalle misure come cassa integrazione e bonus vari. Ma a soffrire sono anche, forse soprattutto, tutte quelle famiglie sostenute da redditi derivanti da lavoro nero, anche quest’ultimo fortemente presente nel quartiere.

Il Centro, che effettuava distribuzione alimentare già nell’era pre-Covid per una novantina di nuclei familiari iscritti, è arrivato ora a superare le novecento iscrizioni! Novecento nuclei familiari che ogni due settimane riescono a ricevere una spesa alimentare basica (pasta, riso, pelati, legumi e altri beni durevoli, e quando possibile frutta e verdura). Per cinque giorni a settimana Padre Stefano e alcuni Volontari distribuiscono alimenti a circa un centinaio di famiglie al giorno; ogni giorno è poi

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aperta la distribuzione gratuita del pane per tutti coloro che ne hanno bisogno.

Tante, sempre di più, continuano ad essere le mamme che si affidano al “Progetto Mamma”, progetto presente da anni nel Centro e che consente alle mamme di bambini fino a 36 mesi di avere pappe, pannolini, latte ed altri beni necessari alla crescita dei piccoli.

Le persone che arrivano per la prima volta passano per l’iscrizione fornendo i dati relativi al loro nucleo familiare, ma soprattutto possiamo parlare con loro e capire quali sono i problemi che li stanno affliggendo. L’impressione è che questo dramma sia solo all’inizio; in tanti infatti non hanno prospettive e si rendono conto di quanto sarà difficile ripartire.

Complessivamente ogni giorno vediamo arrivare più di cento persone che devono iscriversi, ricevere il pacco alimentare, o chiedere il supporto del "Progetto Mamma"; sono italiani, membri delle molto presenti comunità filippina e bengalese, provenienti dall’Est Europa e da ogni parte del mondo; sono giovani genitori, anziani che vivono soli o membri di fa-

miglie molto numerose; vivono in case di proprietà, in affitto o nelle tante case popolari. Non c’è una regola, tutti sono stati colpiti, molti provano imbarazzo nel chiedere aiuti di questo tipo.

I beni che vengono distribuiti provengono dalla Caritas, dal Comune, ma soprattutto dalla bontà delle tante persone che, visto il momento di difficoltà, sono capaci di donare quello che possono attraverso le raccolte alimentari nei supermercati limitrofi o con donazioni dirette al Centro. Ci stiamo rendendo conto che questa situazione difficilmente migliorerà, nonostante la riapertura progressiva delle varie attività. La forte presenza del lavoro nero e di tanti contratti a tempo determinato ha fatto perdere il lavoro a tante persone che non si riprenderanno facilmente. Sarà pertanto necessario che il nostro servizio si protragga ulteriormente, confidando sempre nella misericordia di tutti coloro che ci hanno aiutato e continuano a farlo.

Lorenzo Marchegiani capo scout e volontario del Centro Santa Gianna

Brasile

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Familia carismatica canossiana no Brasil

Construindo cultura vocacional

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o Brasil há vários anos se realizam, duas vezes ao ano, reuniões dos 3 Conselhos: Canossianas, Canossianos e Leigos Canossianos. Realizamos tempos atrás vários encontros da Família Canossiana chamados CERCANOSSA, que significa: tudo o que nos envolve é nosso!

Tentamos unificar causas e projetos, mas ficou só no desejo de encontrar algo comum a todos.

No ano de 2019, depois do Congresso Nacional Vocacional, acontecido em Aparecida (SP-Brasil), assessorado pelo Pe. Amedeo Cencini, surgiu a proposta de fazermos um Encontro Vocacional com a Família Canossiana. Em pouco tempo foi estruturado uma proposta e, para nossa surpresa, foi prontamente acolhido.

Assumimos, assim, o objetivo de

construir uma CULTURA VOCACIONAL como FAMILIA CANOSSIANA. Nos propusemos 3 objetivos: 1) Promover reciprocamente o Carisma Canossiano como vocação.

2) Apoiar o Serviço de Animação Vocacional (SAV) existente nas nossas comunidades 3) Implantar o Serviço de Animação Vocacional (SAV) aonde não existe.

Convidamos para nos assessorar neste Encontro a Ir. Maria da Cruz, Filha de N. Sra. da Misericórdia, e membro do Instituto de Pastoral Vocacional com sede em S. Paulo (SP) e a adesão foi geral.

Em pouco tempo chegaram as inscrições com um bom número de Canossianas, Canossianos, Leigos e membros do SAV das nossas comunidades e outros

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Leigos que tinham intenção de iniciar a animação vocacional em suas comunidades.

O Espírito Santo nos reuniu em número de 113 pessoas. Foi um Pentecoste do Carisma Canossiano! Um só espirito, o mesmo entusiasmo e o mesmo interesse logo apareceram na abertura e no decorrer de todo o Encontro.

A Ir. Maria da Cruz soube conduzir muito bem o evento, valorizando a experiência de cada participante. Foi interessante constatar que, com muita facilidade, os participantes faziam intervenções durante o decorrer do tema, com muita preocupação de entender e se aprimorar no caminho a ser proposto. Foi ótimo este clima.

No domingo de manhã a Ir. Maria da Cruz solicitou a todos os participantes para compilar um projeto à ser realizado quando voltassem para casa. Além disso, solicitou um projeto vocacional a nível nacional a ser realizado em cada comunidade além do projeto local, de modo que todos sintam que a animação vocacional será realizada por todos no Brasil, aonde está presente qualquer um dos Ramos da Família Canossiana.

Acreditamos que foi lançado um desafio que, com certeza, beneficiará a Família Canossiana como tal e a colocará na atuação em um campo eclesial, extremamente necessário para o crescimento das respostas de todo cristão e favorecerá o surgimento de uma vida toda vocacional: nos Leigos descobrindo que toda resposta é fruto de um chamado interior, nos Consagrados que a vida é totalmente de Deus e nos Ministros que a vida é ser presença atuante de Cristo no meio do seu povo.

Um desafio enorme, mas a Família Canossiana nasceu para isso: encarar desafios com o vigor do Carisma!

Apresentamos as conclusões do Encontro para que elas possam, quem sabe, despertar o mesmo caminho em outras partes do mundo Canossiano: 1. Confirmamos o valor amadurecido

há 20 anos atrás, de viver o Carisma unidos e interligados como Família Canossiana.

2. Acrescentamos a dimensão vocacional do Carisma que é de propor, de forma mais corajosa, o Carisma Canossiano para ser vivido como vocação pessoal por muitos.

3. O mesmo Carisma poderá suscitar a vocação de ser Leigos/as Canossianos/ as. Assumimos que acompanharemos em rede o discernimento destas vocações específicas.

4. Amadurecemos a missão de incentivar e participar do SAV (Serviço Animação Vocacional), aonde existe.

5. Nos comprometemos, de criar o SAV aonde não existe.

Fraternalmente, Ir. Vilma Vitoreti Superiora, Pe. Jenalro, Delegado Luciana Dias Coordenadora Leigos

Filippine

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Tondo, Filippine: un viaggio speciale

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l 14 febbraio 2020 è iniziato il nostro viaggio… un viaggio speciale. Siamo partiti in sei: Luca il presidente, o meglio “Lolo Luca”, e noi volontari Carlo, Giorgia, Simone, Alessia e Andrea.

Ebbene, questo viaggio ci ha permesso di vedere e toccare con mano tutto ciò che fino ad ora ci era stato raccontato e avevamo visto attraverso foto e filmati.

Potevamo soltanto immaginare come fosse la vera realtà! Forse neppure.

Prima tappa: Talita Kumì, un luogo spirituale immerso nella natura, luogo di accoglienza per purificare corpo e anima.

Ad aspettarci Padre Giovanni e Ate Tess.

Siamo stati accolti con estrema gioia in quanto ospiti e amici di un percorso comune. Infinite la cura e le attenzioni nei

nostri confronti, ogni situazione studiata nei minimi particolari per rendere più piacevole la nostra permanenza.

In questi giorni abbiamo avuto l’opportunità di conoscere due ex adottati: Juancho e Allen.

Nonostante gli ostacoli incontrati nella loro vita, con tanta determinazione, grazie anche all’appoggio del nostro progetto, hanno avuto la possibilità di studiare e di affermarsi poi nel mondo del lavoro.

Sono la testimonianza di uomini che, affidandosi, con sacrificio, dedizione e fiducia hanno realizzato i propri sogni.

Questa consapevolezza ci ha trasmesso un senso profondo di speranza e forza, perché rappresentano il compimento, la finalità e la concretezza del nostro progetto.

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Seconda tappa: Tondo, una realtà ben diversa, difficile da raccontare.

Tutti noi pensiamo di avere molto più di loro, al contrario invece ci insegnano e ci trasmettono emozioni, sorrisi e amore che noi forse neppure conosciamo.

Le loro sono certamente condizioni di vita inaccettabili, il nostro supporto è indispensabile ma... lì è facile capire quante cose abbiamo ancora da imparare.

Appena arrivati siamo stati accolti con entusiasmo presso l’ufficio della sede locale di “UNA MANO AIUTA L’ALTRA” da bambini e genitori. Tutti sapevano già i nostri nomi, l’esatta pronuncia e chi fossimo.

Che bel lavoro hanno fatto Benj, Mary Jane e i vari collaboratori, li ringraziamo di cuore per averci preparato questa accoglienza davvero calorosa e speciale!

Subito abbiamo conosciuto Aly, una ragazza non vedente ma con una forza d’animo invidiabile!

Ci ha regalato un momento straordinario dedicandoci una canzone cantata da lei, il suo sogno è infatti quello di diventare una cantante e noi glielo auguriamo dal profondo del cuore.

I giorni passati a Tondo sono stati uni-

ci e indimenticabili, il tempo trascorso lì è davvero prezioso. è difficile descrivere ogni singola emozione e sensazione provata durante i vari incontri, ogni momento è stato incomparabile.

Alla CLINICA per esempio si vive un’atmosfera piena di speranza, impegno e fiducia creata da tutte le persone che si adoperano per aiutare chi ha più bisogno. È proprio qui che abbiamo conosciuto Justin, che resterà sempre nel nostro cuore. Con la sua forza di volontà, grazie alle cure e alla riabilitazione è riuscito a fare dei piccoli grandi progressi nei confronti della sua malattia. La sua storia è molto triste, gli è rimasta solo la sua nonna, ma per fortuna molte persone qui nella clinica lo supportano e lottano insieme a lui.

Non scorderemo mai il tuo sorriso e il tuo tentativo di stringerci la mano!

Ci siamo tuffati poi in un ambiente più caotico e allegro: LA SCUOLA DELLA GIOIA. In ogni classe abbiamo incontrato bambini pieni di vita che si sono esibiti per noi con balli e canti. Abbiamo condiviso momenti di vivacità e spensieratezza e le nostre caramelle sono state molto ap-

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prezzate e sono finite in un battibaleno!

Abbiamo, poi, servito il PIATTO DELLA GIOIA, un piatto caldo, a tutti i bimbi che arrivano da Happyland. Indescrivibile la dolcezza e la felicità nei loro occhi, che pur non comprendendo la nostra lingua, riuscivano perfettamente a farsi capire: c’era chi voleva essere imboccato, chi voleva il bis, chi voleva a tutti i costi andare a giocare e chi voleva stare in braccio, farsi coccolare per poi addormentarsi.

HAPPYLAND, un quartiere apparentemente invivibile, un ambiente surreale, caratterizzato da sporcizia, “case” costruite su palafitte, forti odori nauseabondi, animali randagi di tutti i tipi (cani, gatti e perfino galli) e tanto caos. Eppure questo luogo ha qualcosa di magico: la musica, i bambini che giocano per la strada, la gente che parla a voce alta, ma soprattutto gli occhi delle persone colmi di gioia e gratitudine, davano valore anche alle piccole cose... quelle che per noi sono scontate.

E proprio in questo luogo vivono molti dei nostri adottati, un ambiente molto diverso dal nostro, lontano dalle comodità e dalle agiatezze. Venendo qui da loro abbiamo compreso il valore di un sorriso e di un abbraccio.

Arrivati in ORATORIO si respira un’atmosfera di condivisione, fede e vera comunità: uno spazio pieno di ragazzi che giocano insieme, ciascuno coi propri sogni ma con il desiderio comune di aiutarsi a vicenda.

Tutti formavano una grande famiglia e noi senza accorgercene ne facevamo parte.

Andrew, Mark e Kerk sempre al nostro fianco, favorevoli ad ogni nostra proposta, una canzone suonata con la chitarra, una partita a basket o un ballo insieme.

Qui abbiamo conosciuto e ci siamo affezionati a Christian, un bambino molto affettuoso e pieno di entusiasmo ma con una vita molto difficile, costretto a raccogliere la plastica per guadagnare qualche pesos. Vive insieme alla sua mamma, dipendente da droga.

Siamo poi andati a visitare alcuni dei nostri adottati nelle varie SCUOLE, tra le quali la “General Vicente Lim Elementary School” e la “General M. Hizon Elementary School”.

Tutti i ragazzi erano in divisa e ognuno al proprio banchetto, ci hanno accolto con un saluto cantando in coro. Li caratterizzava la voglia di imparare cose nuove e

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la curiosità di sapere da dove venissimo, Tutto questo ci ha fatto riflettere tanpoiché diversi da loro. to, ogni bambino, in qualsiasi parte del Il CAPULONG BRIDGE è caratteriz- mondo, ha la stessa voglia di imparare, zato da numerose “case” nei pressi delle sorridere, ballare e cantare. rive del fiume sotto il ponte, alcune delle Giunto il momento di salutarli abbiaquali di difficile accesso e molto perico- mo dato loro magliette, pantaloni, ciabatlose da raggiungere. All’interno di esse si te, occhiali da sole, tante cose... che per ha un forte senso di claustrofobia, sono noi sono scontate o di poco valore. Il loro umide, buie e sporche. Altre sistemazioni entusiasmo e la loro impazienza di riceveconsistono soltanto in uno sporco mate- re questi piccoli doni ci hanno riempito il rasso posto a terra tra le carreggiate delle cuore. strade e riparate da un gazebo malmesso.

Purtroppo, dopo molte esperienze Un momento particolare è stato quel- uniche e difficili da descrivere il nostro lo della preparazione delle CESTE BASI- viaggio sta per terminare. Abbiamo conCHE. cluso però nel modo migliore, tutti riuniti Ci siamo recati al sunella fede, con una Messa permercato e abbiamo riche ha radunato tutta la Ci hanno spiazzato empito carrelli e carrelli di comunità e noi ne facela gioia, la purezza, riso, cibo in scatola, latte e vamo parte. Dopo la Funcaffè in polvere, dentifrizione abbiamo mangiato la libertà, la bellezza, cio, sapone, olio e mereninsieme a tutte le famiglie la spensieratezza dine. degli adottati e ai collabodi quelle persone che, ratori del progetto, riuniti L’emozione più grande l’abbiamo provata come fossimo un’unica nonostante tutte sicuramente nel consegrande famiglia. Da quele difficoltà, trovano gnarle, lo stupore e grasto momento tutto si è trasempre il modo titudine negli occhi delle sformato in una festa! varie famiglie significava Ci hanno omaggiati di porgere la mano solo una cosa: ciò che dacon danze, canti, premi, e di donare un sorriso vamo serviva veramente! cibo e questo per noi era al prossimo Entravamo nelle case assolutamente inaspettae per i bambini era come to. se entrasse Babbo Natale, ci guardavano La gratitudine, il rispetto e l’accocon occhi sgranati e una volta fiondati glienza a noi riservati ci hanno davvero sulle buste della spesa tiravano tutto fuo- lasciati senza parole e i loro gesti sono ri e ridevano e dicevano: “nonna abbiamo arrivati dritti al cuore. Allo stesso modo riso per un mese, non serve che tu vada ci hanno spiazzato la gioia, la purezza, la a comprarlo!”. Una sensazione magnifica. libertà, la bellezza, la spensieratezza di Una delle nostre ultime esperienze quelle persone che, nonostante tutte le a Tondo è stata all’oratorio del quartiere loro difficoltà, trovano sempre il modo di KATUPARAN (brgy 101), quando siamo porgere la mano e di donare un sorriso al arrivati, dopo aver fatto catechismo, gli prossimo. educatori hanno fatto alcune attività con È stato difficile e doloroso lasciare i noi. Ci siamo dilettati nella lettura di libri bambini, i loro sorrisi, la loro gioia, e tutin lingua inglese e in tagalog, abbiamo te le persone che ci hanno donato il loro ballato e giocato insieme, insegnando ai tempo, la loro semplicità e la loro allegria. bimbi le canzoni del nostro oratorio.

Ogni loro sguardo lo porteremo nel è stato un momento speciale: bimbi nostro cuore, sempre. nudi che correvano in giro e tanti tanti Siamo certi e fiduciosi che questo non sorrisi! sia stato un addio, bensì un arrivederci.

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Filippine

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Il virus e il fuoco nella nostra missione in Tondo

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n tutta la principale isola di Luzon dove si trova la capitale delle Filippine Manila, lo scorso 16 marzo, è scattato il “lockdown “, la quarantena. Tutto chiuso, solo le farmacie, gli ospedali, per il resto, ripeto, tutto chiuso. Lo stesso per Tondo, dove la densità di popolazione è altissima, dove non ci sono medici o infermieri a monitorare le persone contagiate dal Coronavirus. Avere una stima è impossibile, ma ce ne sono e parecchie.

I poveri dei più poveri, possiamo dirlo con matematica certezza, si trovano da noi in Tondo. Molti hanno perduto il lavoro, per esempio, di trasportare le persone (tanti papà dei nostri studenti “adottati “) con il pedicab o risciò perché c’è la proibi-

zione di circolare. Pure i moltissimi (anche ragazzi) che si guadagnavano pochi pesos nella grande discarica delle immondizie provenienti da Manila, nella selezione dei materiali riciclabili, hanno perduto questo diciamolo “lavoro “. Altrettanto molti giovani che lavoravano nei “fast-food” (McDonald – Jollibee – ecc...), ristoranti, ecc... Sono chiusi in casa, molti taxisti, sotto padrone, con ricavati minimi dai loro padroni, non possono circolare, e così via.

Noi chiamiamo questa situazione “modo di sopravvivere “. Si riconosce sì che i governanti cercano in qualche modo di sopperire le prime necessità della gente, donando pacchi di viveri della durata di due giorni e nulla più. Pure la Caritas di Manila

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che abbraccia non solo le cinque diocesi di Manila ma altre diocesi povere, sta aiutando ben 514.844 famiglie, distribuendo un buono da 1.000 pesos, circa 18 euro.

Noi, la fondazione CTCFI con la parrocchia di San Paolo nelle ultime 3 settimane ne abbiamo distribuiti 25.000. E poi?...

Quando sarà terminato questo aiuto, investito soprattutto nel sostentamento, dove si andrà a finire? Inoltre da pensare alla promiscuità nelle abitazioni: capanne, baracche, senza energia elettrica, acqua, pochi metri quadri, con un caldo ad alta umidità, soprattutto ora che siamo in piena estate. Per coloro che in questi anni sono venuti a Tondo ne sanno qualcosa.

Si comincia anche ad avere dei decessi, non solo per il coronavirus, ma anche per la fame e le sue conseguenze. Inizialmente la quarantena era stata fissata fino al 14 aprile, poi allungata al 30 aprile, ma già si parla di prolungarla fino a metà maggio. Il presidente Duterte ha minacciato di morte tutti coloro che creano problemi. Voleva imporre la legge marziale, ma è stato dissuaso. Fino ad oggi 20 aprile i contagiati in Manila (su 18 milioni di abitanti) sono 6.599, i deceduti 446. E per il resto del Paese? Speriamo bene.

India

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Il piccolo seme indiano cresce…

11-24 gennaio 2020. La visita alla missione indiana

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all’11 al 24 gennaio scorso, su incarico del Padre generale, ho avuto la gioia di visitare ancora la nostra missione indiana. Ho fatto appena in tempo a tornare, perché poco dopo sarebbe stato impossibile realizzare la visita.

Nel nostro ashram di Vasai ho incontrato i confratelli Vitthal e Robert che continuano la loro opera educativa con più di cinquanta ragazzi, dagli 8 ai 18 anni, assistendoli nella formazione scolastica – gli insegnati che ho incontrato mi hanno assicurato che si vede che i nostri ragazzi sono ben seguiti! - e in tutte le loro necessità. Fratel Robert è costantemente con i ragazzi, da quando rientrano dalla scuola fino a quando vanno a dormire la sera, al momento dei pasti e del gioco, in altre attività come il giardinaggio o le gite. Grazie all’aiuto costante di molti benefattori riusciamo a garantire a questi ragazzi un

ottimo tenore di vita e di educazione.

Ma p. Vitthal non si accontenta del suo lavoro nell’ashram, ed è disponibile per il ministero nella parrocchia di St. Roque in cui si trova la nostra casa, o in quelle vicine. Volentieri l’ho accompagnato a celebrare la Messa per un piccolo gruppo di catecumeni che si radunano ogni settimana per pregare e ricevere istruzione prima del Battesimo.

Non è mancata la visita alle nostre Sorelle Canossiane nella casa Provincializia di Andheri, a Mumbai. Sr. Matilda è sempre la nostra grande collaboratrice per i nostri problemi burocratici; la superiora sr.

Neeta ci accompagna a salutare M. Berta Cotta che sempre ci ha sostenuto nel nostro progetto missionario.

Il 15 gennaio lo dedichiamo ad una visita a Pune, per incontrare le Medical Missionary Sisters. Il 16 gennaio partiamo per

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Goa dove siamo accolti dall’amico Jose turo. Il 22 gennaio abbiamo la gradita visiFranco e accompagnati ad una veloce vi- ta di alcuni responsabili dell’Associazione sita al Vescovo Filipp Neri. La sera stessa, “Fratelli dell’India” di Fidenza, accompada Goa arriviamo di notte nel grande nuo- gnati da M. Maria Scremin. Restano ancovo aeroporto di Kannur dove ci attende ra alcune persone da salutare, tra queste p. Shyam e fr. Joseph per il vescovo FELIX di Vasai che accompagnarci a Malaynon rinuncia a incontrarGrazie Signore ampadi. mi nonostante i suoi molti di questo piccolo seme A Malayampadi in impegni. Ed è già tempo di Kerala, posso vedere il fare la valigia e rimettersi in canossiano in India. grande lavoro fatto da viaggio per tornare a casa.

Ancora sembra dover p. Shyam per adattare la Nessuno pensava che morire e attendere per casa canonica, messa a di lì a meno di un mese gli disposizione dal vescovo aeroporti si sarebbero chiuun più forte e vistoso Alex di Kannur, perché sviluppo. Ma tu Signore si per l’emergenza sanitaria potessimo spostare qui del Covid-19. Grazie Signohai i tuoi tempi e i tuoi la nostra casa di formare di questo piccolo seme piani. Dai tu, Signore, zione. Sono arrivato nel canossiano in India. Già ha momento della festa padato i suoi frutti di bene. incremento alla nostra tronale; i nostri 16 semiAncora sembra dover moumile opera! naristi, aspiranti e filosofi, rire e attendere per un più insieme alle famiglie criforte e vistoso sviluppo. Ma stiane della parrocchia sono in fermento tu Signore hai i tuoi tempi e i tuoi piani. per i preparativi: il programma, le cele- Dai tu, Signore, incremento alla nostra brazioni, la processione fino alla solenne umile opera!

S. Messa del Vescovo, il quale ha voluto prima benedire e inaugurare la casa rinP. A. novata per ospitare la nostra comunità.

La festa non poteva concludersi che con il lauto pranzo preparato da un folto gruppo di uomini e donne collaboratori e offerto domenica a tutta la parrocchia e alla nostra comunità.

Lunedì 20 gennaio lo dedichiamo all’incontro con vescovo Alex che ci accoglie nella sua sede a Kannur e ci illustra le sue proposte. Per il pranzo siamo invece ospiti delle nostre Sorelle Canossiane che operano con l’ospedale a Cherrukunnu. Lì incontro tra le Sorelle anche le care madri italiane M. Augusta e M. Maria, ma anche una Madre che da giovane novizia incontrò il p. Zanisi alla sua prima esperienza missionaria in India. Martedì si rientra a Vasai con un lungo viaggio passando per Hiderabad.

A Vasai mi restano gli ultimi due giorni per tirare le fila della visita canonica, stabilire alcune priorità, definire le necessità della missione e pensare anche al suo fu-

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India

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Visita alla Missione di Asha Ankur – 22 gennaio 2020

Viaggio in India

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el mese di gennaio Franco, Valeria Asha Ankur - Vasai, a nord di Mumbai. e Sara, Beatrice ed io Fernanda, abCon lui abbiamo iniziato una collabiamo intrapreso un borazione nel sostegno a viaggio in India, da dove distanza di bambini della I ragazzi, costretti mancavamo da alcuni anni. zona, per dare loro l'oppora occuparsi dei fratelli tunità di accedere all'istruFacciamo parte dell'Associazione di volontariato o degli anziani, perdono zione, ai pasti quotidiani, “Fratelli dell'India” con sede all’ospitalità in ostello... l'occasione di andare a Fidenza, in provincia di Spesso in queste aree a scuola per costruire Parma. Da 25 anni ci occui ragazzi vivono in famiglie con l’istruzione piamo di sostenere le Mispovere e disagiate, costretsioni Canossiane in India e ti ad occuparsi dei fratelli o una speranza altre iniziative. degli anziani per aiutare i di vita migliore Qualche anno fa Magenitori, sempre alla ricerdre Maria Scremin, suora ca di un lavoro, perdendo Canossiana, ci ha messo in contatto con l'occasione di andare a scuola per costruire Padre Vitthal, Canossiano della Missione di con l’istruzione una speranza di vita mi-

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gliore.

Siamo andati a visitare padre Vitthal e abbiamo incontrato padre Antonio Papa, in quei giorni in visita alla Missione, che ci ha parlato del lavoro e delle difficoltà che quotidianamente padre Vitthal e i suoi collaboratori devono affrontare per mantenere viva l’attività. Incontrare i ragazzi di ritorno dai loro impegni scolastici, un momento conviviale vissuto in allegria ed armonia, hanno rinfrancato il nostro desiderio di aiutare questa Missione, i padri e le suore che lo animano per continuare e condividere, anche se lontani, il loro prezioso lavoro in favore dei più poveri. Al momento dei saluti e delle foto ricordo, non abbiamo potuto fare altro che ringraziare il Signore per le persone che generosamente offrono la loro vita per aiutare questi giovani, per costruire un futuro di condivisione, collaborazione e armonia, seguendoli sempre con tanto amore e dedizione.

Fernanda Associazione Amici dell’India - Fidenza

In ricordo

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Ricordo di p. Edoardo Giuseppe Lanzalaco (Mussomeli, 28/09/1931 - Negrar, 29/04/ 2020)

“Soltanto così potrò condurre a buon termine la mia vita!”

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o scorso 29 aprile, nella Casa Clero dove era ricoverato dalla Pasqua del 2011, P. Edoardo ha ricevuto la sua ultima chiamata e ci ha lasciati all’età di 89 anni, purificato in questi ultimi anni della sua vita da una pesante infermità che però non gli ha mai tolto lo sguardo sereno e tranquillo. Anche se l’emergenza sanitaria non ha permesso a quanti Confratelli, parenti ed amici, di partecipare alle esequie, celebrate in forma privata nella cappella della Casa generalizia di Poiano, molti sono stati i messaggi di partecipazione pervenuti. Il Superiore generale P. Carlo Bittante ne ha tracciato un bel ricordo, anche per la condivisione di anni nella missione in Filippine come suo diretto superiore Delegato.

P. Edoardo è stato sepolto nel cimitero di Poiano accanto ad altri nostri padri. Tutto l’Istituto gli è grato per la sua testimonianza di fedeltà alla vocazione e allo spirito canossiano. Ricordiamolo nella preghiera di suffragio e lui dal Cielo interceda per noi e per le missioni specialmente in Samar.

Breve profilo biografico Padre Edoardo era originario di Mussomeli (Caltanisetta) dove era nato il 24 agosto del 1931. I genitori Antonio e Vincenza Navarra gli avevano dato il nome di Giuseppe. Alla fine di ottobre del 1942, era accolto nel Collegino di Feltre dal Servo di Dio padre Angelo Pasa. Con il passaggio del Collegino a Fonzaso, egli

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completava qui la sua formazione, prima del noviziato a Castelli (1947-48). A Venezia e poi a Monselice completava la sua formazione e a Monselice veniva ordinato sacerdote il 17 marzo 1956. Aveva sospeso lo studio per un'esperienza apostolica, dedicandosi all'assistenza dei giovani nel Convitto Edison di Voghera (1951-52).

Dopo aver trascorso due anni a Pachino (1956-58), la prima parte della vita apostolica di p. Edoardo è segnata dall’ insegnamento nel Seminario di Fonzaso (1958-74) con una pausa nello studentato di Asolo (1968-72); e poi dallo studio all’università di Padova, frequentando a Padova la facoltà di Fisica a indirizzo didattico.

Inaspettata è stata la sua prima chiamata alla missione nel 1974: p. Edoardo si era presentato come volontario, provocato dalle ripetute richieste di p. Saverio Zanisi che da anni chiedeva aiuto alla Congregazione per la sua missione di Jipapad. Così nel 1974 è partito per le Filippine con destinazione Jipapad (Samar).

Nel 1977 dovette rientrare in Italia, e sempre disponibile alla missione andò per un anno in Brasile ad Araras (1979-80).

Dal Brasile aveva scritto agli amici, nel

1979: “Addio Filippine? Ah no... Se avrò da scegliere tra Brasile e le Isole Filippine, sceglierò ancora le Isole Filippine, diciamo meglio la gente povera che vive nella giungla delle Isole Filippine, perché è il primo amore missionario, e perché la povertà totale e radicale di quella gente esercita in me un potere, un fascino invincibile, che non so spiegarmi". Di nuovo in Italia prestò servizio nelle comunità di Caltagirone e di Seminara, finché nel 1983 la Congregazione assumeva la guida della missione di Jipapad lasciata ai Canossiani da p. Saverio che si ritirava a Borongan, p. Edoardo fu inviato a Jipapad con p. Vittorio Cavallaro.

Poco tempo dopo p. Edoardo si spostava a Concepcion, un villaggio sul fiume Oras, pastoralmente abbandonato dove il sacerdote arrivava da Oras una volta all’anno per la fiesta patronale. Concepcion diventò la sua casa, la sua famiglia, la sua missione, lo scopo della sua vita. E Concepcion è stata trasformata dalla presenza di p. Edoardo dal 1983 al 2011; lì ha dato il meglio di sé come sacerdote Canossiano per ben 28 anni, diventando la guida morale e spirituale, il medico e l’ingegnere, il vero sostegno materiale di quel villaggio,

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anche grazie ad una fitta rete di amici e benefattori che seppe coltivare con una fedele corrispondenza.

Nel 2011, manifestandosi già i primi segni della malattia che lo disorientava, i Superiori furono costretti a riportare in Italia p. Edoardo per garantirgli la necessaria assistenza. Dopo 9 lunghi anni di infermità, si spegneva a Negrar il 29 aprile.

Omelia del Padre Generale Ogni Eucaristia è per definizione un ringraziamento e specialmente questa messa di Esequie diventa occasione unica per ringraziare il Signore per il dono della vita e della vocazione Canossiana di p.

Edoardo. Mentre ricordiamo alcuni passaggi significativi della sua vita cogliamo, pur nella fragilità umana, non solo il suo modo di incarnare il carisma ma anche bei insegnamenti e valori Canossiani che p. Eldorado ci lascia. Non ultimo siamo qui per pregare per il nostro confratello perché sappiamo che, come ci dice Paolo nella prima lettura: “quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli” (2Cor. 5, 1).

Ci ha lasciato all’età di 88 anni. Era nato a Mussomeli (CL) il 28 agosto 1931 e i genitori Antonio e Vincenza Navarra gli danno il nome di Giuseppe. Durante la Seconda Guerra ancora ragazzo lascia il paese in Sicilia nell’ottobre 1942, va al Nord ed entra in seminario a Feltre; il12 ottobre 1947 entra in Noviziato a Castelli e prende il nome di Edoardo, era un giovane di 16 anni e scriveva nella sua domanda per il noviziato: “Tre sono i motivi impellenti: 1. Perché ho riconosciuto che tale è la mia vocazione; 2. Perché il tenore di vita Canossiana è in piena coerenza col mio spirito 3.

Perché ho seriamente capito che soltanto così potrò condurre a buon termine la mia vita”. Emette la prima Professione il 13 ottobre 1948. Fa un ‘esperienza apostolica’ come assistente al convitto di Voghera tra 1950-52. Lo studentato si trasferisce da S. Giobbe a Monselice e lì finisce gli

studi. Il 18 ottobre 1953 emette la professione perpetua e il 17 marzo del 1956 è ordinato sacerdote sempre a Monselice.

Sarebbero tante le cose che si possono dire di p. Edoardo ma vorrei raggruppare, in modo sommario e certamente incompleto, la sua vita in tre capitoli.

P. Edoardo insegnante e studente Dopo aver trascorso due anni a Pachino la prima parte della vita apostolica di p. Edoardo è segnata dall’ insegnamento nel nostro collegino di Fonzaso e poi lo studio all’università di Padova. Come insegnante appariva rigido, pignolo ed esigente; incuteva timore come formatore ma nello stesso tempo cercava la relazione umana. Questo bisogno e relazione paterna è continuata anche in missione.

Bella la testimonianza di p. Carmelo, uno dei suoi studenti: “Personalmente gli devo moltissimo. È stato a Fonzaso per 6 anni mio insegnante di varie materie: Greco, Latino, Algebra... Mi ha introdotto al suono della fisarmonica e sono stato molte volte con il gruppo di aspirantini che egli guidava al giovedì nelle grandi passeggiate di un giorno sui monti vicini a Fonzaso. Ricordi bellissimi che mi spingono alla riconoscenza e al ricordo.”

P. Edoardo missionario Inaspettata almeno per noi giovani seminaristi è stata la sua chiamata alla missione e non so se fosse stato p. Modesto a chiederglielo o lui a presentarsi come volontario in sostegno a p. Saverio Zanisi che da anni chiedeva aiuto alla Congregazione per la sua missione di Jipapad nelle Filippine. P. Edoardo parte nel 1974, assieme alla prima comunità delle Canossiane, risalendo in barca il fiume Oras arrivano al villaggio di Jipapad situato nella giungla nel centro dell’Isola di Samar dopo aver fatto alcuni giorni di viaggio da Manila a Tacloban, Borongan e poi Oras. Purtroppo per difficoltà varie le Canossiane decidono tre anni dopo nel 1977 di ritirare la comunità e pure p. Edoardo lascia con rammarico assieme a loro

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la missione e rientra in Italia mentre p.

Vittorio arrivato da pochi mesi preferisce rimanere. Comunque quell’esperienza lo ha segnato e il sogno e nostalgia della missione nelle Filippine rimangono sempre nel suo cuore nonostante si sia reso disponibile a lavorare sia a Caltagirone che a Seminara come pure per un anno è andato missionario in Brasile. Dal Brasile scrive una lettera agli amici, benefattori nel 1979 “Addio Filippine? Ah no.. . alla gente povera che vive nella giungla delle isole Filippine perché lì il primo amore missionario e perché la povertà totale e radicale di quella gente esercita in me un potere, un fascino invincibile che sinceramente non so spiegarmi!”.

Finalmente quando p. Augusto Boscardin nel 1983 decide di assumere come Congregazione la guida della missione di Jipapad da p. Saverio che, ormai stanco, si ritira a Borongan pensa a p. Edoardo come membro della nuova comunità in aiuto a p. Vittorio.

Poco tempo dopo il suo arrivo in missione p. Edoardo si sposta a Concepcion, un Barrio più piccolo di Jipapad sempre sul fiume Oras fatto di poche centinaia di famiglie di poveri contadini; un villaggio

pastoralmente abbandonato dove il sacerdote arrivava da Oras una volta all’anno per la fiesta patronale dopo 4-5 ore di viaggio in barca. Concepcion diventa la sua casa, la sua famiglia, la sua missione, lo scopo della sua vita e Concepcion è stata trasformata dalla presenza di p.

Edoardo dal 1983 al 2011. Ricordo bene l’impressione avuta della povertà del villaggio nel 1987, tutte capanne di legno e paglia! Quando è ripartito per la missione p. Edoardo aveva 52 anni e lì ha dato il meglio di sé come sacerdote Canossiano per ben 28 anni.

Non era parroco con nomina perché dipendeva dalla parrocchia di Jipapad ma è stato la guida spirituale della gente del villaggio e per loro animava la liturgia, messa quotidiana, li seguiva coi sacramenti, organizzava la catechesi. Era uomo di preghiera e ogni sera assieme ai fedelissimi in casa pregava il rosario e i vesperi.

Era un missionario di vecchio stile con un senso ecclesiologico e liturgico non proprio in linea con le direttive del Vaticano II ma certamente non si può dubitare del suo zelo apostolico e del suo amore per la gente, specie per i poveri e ragazzi.

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Si era dato tutto per loro, viveva in pover- più a studiare perché sarebbero dovuti tà e semplicità. Quante volte alla sera si andare al centro di Oras distante ore di mangiava riso e un po’ di tonno e questa barca si decide di istituire la scuola Meera la cena che offriva anche a noi di pas- dia “St. Magdalene of Canossa” facendola saggio! Aveva una sua rigidità morale ma riconoscere dal governo ma pagando lui amava e si è fatto amare dalla gente. Un gli insegnanti, libri e materiale con offergiorno un gruppo armato di ribelli comu- te dall’ Italia. Della scuola era il direttore, nisti (NPAs) nascosti nella giungla si fer- insegnante di religione, bidello. ma a Concepcion e vuole Da vero Canossiano giocare a basket. Edoardo non poteva non fare l’OP. Edoardo si è fatto li lascia giocare solo se ratorio a Concepcion antutto per la sua gente. portano le armi fuori del che se concepito e orgavillaggio. nizzato a modo suo con Si è improvvisato P. Edoardo si è fatto ingegnere; ha costruito orari precisi, disciplina e tutto per la sua gente. Si netta separazione tra mala chiesa e la canonica, schi e femmine; sempre è improvvisato ingegnere; ha costruito la chiesa la scuola media, l’asilo con la sua presenza vigile e la canonica, la scuola per i più piccoli, la clinica, nel momento del gioco in media, l’asilo per i più modo che tutti piccoli e il covered-court e due piccoli, la clinica, il covegrandi potessero giocacampi di basket red-court e due campi re e fossero presenti alla di basket. Ricordo quella preghiera. Ricordo nel scala esterna che portamese di maggio quando, va al secondo piano della scuola Media dopo l’ora di gioco “sporting”, verso il tracosì ripida e pericolosa che ogni verifica monto portava tutti in salone e alternava tecnica di esperti avrebbe fatto chiudere il Rosario con programmi televisivi per rao demolire! Siccome ha visto che la stra- gazzi attento che i ragazzi fossero seduti grande maggioranza dei bambini poveri da una parte e le ragazze dall’altra e nesdopo le elementari non continuavano suno fiatava… forse perché era l’unica TV

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del villaggio!

Era l’unico riferimento per gli ammalati di Concepcion e di altri villaggi vicini e a tempo stabilito si spostava in clinica dove dava le medicine ai poveri o dava un primo soccorso ai feriti.

Era il direttore dei lavori con il suo team di operai guidati dal braccio destro “Gongong”; con loro aveva costruito un villaggio con case in cemento per i poveri, portato la corrente elettrica col generatore, coltivato campi di riso usando macchinari nuovi, ha procurato acqua da bere attraverso i pozzi...

Aveva tutto in ordine e sotto controllo: libri, cartelle, materiale elettrico, macchinari, attrezzi; niente gli sfuggiva e dal suo ufficio in canonica colla tromba, impianto audio e microfono dirigeva e ritmava non solo la vita della scuola ma di tutta la missione. Alla sera alle 8 estate o inverno light off, Gongong spegneva il generatore e tutti a letto. Ma nessuno fiatava! Una vita per gli altri, la carità in concreto. Certo aveva i suoi limiti di carattere e ha commesso errori ma credo siano queste le Parole che il Signore ha detto ad Edoardo quando è arrivato al giudizio: “Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Mt. 25, 41).

P. Edoardo infermo Sebbene il suo sogno fosse di morire a Concepcion, e me lo aveva detto tante volte quando o andavo a fargli visita da Delegato tra il 1997- 2007, purtroppo visto il progresso della malattia di Alzheimer, l’impossibilità di continuare da solo il suo ministero nel villaggio i superiori hanno deciso di portarlo in Italia nel 2011 e all’età di 80 anni lascia le Filippine. Da allora ha vissuto nella casa del Clero Perez di Negrar e come Canossiani siamo realmente grati al personale che lo ha seguito con pazienza, cura e dedizione in tutti questi anni. Difficile descrivere questi ultimi anni di p. Edoardo perché ben poco si riusciva a capire di quello che diceva

nelle visite ma si vedeva, quando qualcuno portava saluti dalle Filippine o parlava in Waray-waray dai suoi occhi lucidi o dalle lacrime timide che ancora aveva nel cuore la sua missione di Concepcion.

Mistero della malattia e del piano divino che lo hanno purificato e preparato come l’oro nel crogiolo per la gloria e ricompensa finale. Credo nella forte fede di Edoardo che certamente pregava col salmista: “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi dànno sicurezza" (Salmo 22).

Quanto avrà pregato nel suo silenzio!

Il 22 gennaio scorso in una visita con p.

Jerry, p. Edoardo era un giorno in cui si vedeva che era più presente e reagiva cogli occhi agli stimoli. Alla fine prima di lasciarci ho proposto di pregare assieme l’Ave Maria e Padre nostro e mi ha sorpreso quando si è messo a pregare con noi a voce alta il Padre Nostro senza fare uno sbaglio! E sappiamo quanto sia difficile per i malati di Alzheimer costruire una semplice frase di saluto… Forse la preghiera era entrata nel subconscio ed era diventata parte profonda della sua vita. È vero quello che dice Paolo: “Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno” (2Cor 4, 16).

Credo che sia stata questa la sua forza e fonte di serenità in questi 9 anni costretto a stare a letto e impossibilitato a comunicare. È il mistero dell’animo, vita umana e del Piano di Dio! Conclusione Cristo è la nostra vita e resurrezione e siamo certi che dirà anche a p. Edoardo come a tanti altri servi fedeli che hanno dato la vita per il Vangelo: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo” (Mt 25, 43). Preghiamo per lui e chiediamo che lui preghi per noi chiamati a continuare la missione da veri Canossiani oggi.

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Il nuovo sito web dei Padri Canossiani

È

online il nuovo sito dei Canossiani - www.canossiani.org -, con un design completamente rinnovato, una navigazione più intuitiva, con una presentazione chiara in cui potrete conoscere tutto sulla missione evangelizzatrice di Santa Maddalena di Canossa e avere informazioni complete sull'attività dell'Istituto Canossiano nel mondo.

Il nuovo sito web è progettato per funzionare su iPhone, iPad, Android, smartphone e tablet, oltre che su tutti gli schermi più grandi. Ogni pagina racconta un pezzo di noi e della nostra storia, quello che facciamo e come. Con tutto l’impegno di portare avanti la missione avviata dalla Fondatrice: “servire Cristo nei poveri e piccoli”. È possibile anche seguirci sui canali social di Instagram e Facebook per restare aggiornati sulle nostre news.

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Preghiera dell’Anno speciale di anniversario della Laudato si’ Dio amorevole, Creatore del cielo, della terra e di tutto ciò che contengono. Apri le nostre menti e tocca i nostri cuori, affinché possiamo essere parte del creato, tuo dono.

Sii presente ai bisognosi in questi tempi difficili, specialmente i più poveri e i più vulnerabili. Aiutaci a mostrare solidarietà creativa nell’affrontare le conseguenze di questa pandemia globale.

Rendici coraggiosi nell’abbracciare i cambiamenti rivolti alla ricerca del bene comune. Ora più che mai, che possiamo sentire di essere tutti interconnessi e interdipendenti.

Fai in modo che riusciamo ad ascoltare e rispondere al grido della terra e al grido dei poveri. Possano le sofferenze attuali essere i dolori del parto di un mondo più fraterno e sostenibile.

Sotto lo sguardo amorevole di Maria Ausiliatrice, ti preghiamo per Cristo Nostro Signore.

Amen.

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