FCRL Magazine n. 17-2020

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rivista della fondazione cassa di risparmio di lucca

MONDO FONDAZIONE – EMERGENZA & RIPARTENZA – LA CULTURA CHE RESISTE – DAL TERRITORIO

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3 Editoriale 4 Speciale San Martino 4 Storie di pietra e d’arte tra fede e radici.

Cattedrale: i 950 anni del San Martino 30 Mondo Fondazione 31 Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca: nel 2021 contributi per 25,1 milioni di euro 36 Emergenza & ripartenza 37 Soccorso, supporto, speranza 39 Lavoro + bene comune.

Protagonisti del proprio futuro 40 Ri-uscire a superare un momento difficile 43 ‘Respiro’. A fianco dell’ospedale San Luca e della sanità territoriale nell’emergenza Covid-19 44 La cultura che resiste 45 Lucca Film Festival e Europa Cinema: il miracolo del cinema ai tempi della pandemia

59 Changes: Lucca Comics & Games cambia e va avanti 65 L’illusione della libertà secondo Galimberti 69 Boccherini da ascoltare, raccontare e conoscere 74 Due mostre in una.

L’avventura dell’arte nuova: anni 60-80 79 Bellezza Appartenenza Identità 84 Dal territorio 85 Piccolo è bello – Metti due passi in alta Versilia 92 E poi – Restauro, bellezza e memoria nel monumento ai caduti di Pietrasanta 98 Novità editoriali 98 Il Grande Milvio 100 La storia dei Comics.

I Comics nella storia 102 Una nuova ‘umanità’ nelle cure

FCRL MAGAZINE 17 | 2020 Iscrizione al registro stampa del Tribunale di Lucca n. 1/20 del 17 gennaio 2020

Maria Teresa Perelli direttore Marcello Petrozziello direttore responsabile Comitato di redazione Maria Teresa Perelli Marcello Petrozziello Andrea Salani

hanno collaborato a questo numero Enrico Alberigi, Paolo Bolpagni, Sirio Del Grande, Barbara Di Cesare, Stefano Giuntini, Patrizia Lazzari, Marco Mangani, Michele Morabito, Andrea Salani, Paola Taddeucci, Donatella Turri consulenza editoriale: Publied – Editore in Lucca progetto grafico e impaginazione: Marco Riccucci

in copertina: Lucca, Cattedrale di San Martino, statua in facciata di San Martino e il povero (foto Andrea Vierucci) a pagina 2: Lucca, Cattedrale di San Martino, labirinto sul primo pilastro da destra del portico (foto Andrea Vierucci)

© 2020, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca

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© foto Andrea Vierucci

La Cattedrale di San Martino celebra 950 anni di vita L’attenzione e l’impegno della Fondazione CRL Una meravigliosa vicenda artistica e architettonica che accompagna la storia della città di Lucca. Un complesso monumentale che in questo 2020 celebra 950 anni dall’inizio della sua costruzione. Un’opera d’arte e di architettura che da secoli, dunque, rappresenta la spiritualità del popolo lucchese. Un monumento che da circa venti anni è al centro dell’impegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.

Alla Chiesa Cattedrale, intitolata a San Martino e famosa nel mondo anche per le preziose opere d’arte che ancora custodisce – tra le quali il celeberrimo monumento funebre di Ilaria del Carretto realizzato da Jacopo della Quercia nel 1408 e il Volto Santo – la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca ha sempre dedicato una particolare attenzione. Dapprima contribuendo alla realizzazione del progetto avviato nel 2002 denominato «Restauri in Cattedrale», che ha permesso di delineare l’attività conservativa di tutti gli apparati decorativi in essa presenti: superfici lapidee, elementi architettonici in pietra, vetrate, affreschi, altari e monumenti funebri, tarsie pavimentali, cantorie e arredi lignei. Successivamente la Fondazione ha destinato al restauro della Cattedrale ulteriori, importanti risorse: negli anni 2015 e 2016, per il consolidamento e il restauro della torre campanaria e per il restauro delle campate occidentali del transetto nord; nel 2017 e 2018, per il restauro della Cappella del Santuario e delle campate orientali del transetto nord; nel triennio 2018-2020, per il recupero della facciata. Complessivamente, dal 2005 a oggi, l’impegno della Fondazione per la Cattedrale, in termini finanziari, ammonta a oltre 9 milioni di euro.

Adesso, per celebrare i 950 anni del Duomo, è stata realizzata un’interessante iniziativa editoriale che in questo numero del «Magazine» ci è concesso di presentare in anteprima: ampi brani di un’opera che descrive la ‘madre’ di tutte le chiese di Lucca e che ci sollecita, nel silenzio della riflessione indotta dalla sua maestosità, a scoprire la Cattedrale oltre che come espressione di una vicenda religiosa, anche come testimonianza della storia, dell’arte e della nostra tradizione.

Insomma: l’espressione della nostra identità.

Maria Teresa Perelli

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Storie di pietra e d’arte tra fede e radici Cattedrale: i 950 anni del San Martino

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CAttEdrALE: I 950 AnnI dEL SAn MArtIno

Il curatore di questo libro è Paolo Bertoncini Sabatini, architetto e docente universitario, il quale già nella dedica del volume, a «Gabriele e Ilaria, al loro viaggio perenne», riesce a manifestare la sua cifra distintiva. Il tratto gentile e mai superficiale che regala al lettore l’emozione di un sentimento sicuramente sconosciuto, inafferrabile, ma ugualmente condiviso. Nella sua dedica, infatti, si avverte, struggente, la reciprocità di un amore che non avrà mai fine. La reciprocità che – come suggerisce il grande scrittore, poeta e accademico argentino Jorge Luis Borges – prova come «dare e ricevere» siano la stessa cosa. E, come tutti gli accadimenti dell’universo, anche la dedica diventa per ciò un gesto magico: «il modo più gradevole e sensibile di pronunciare un nome».

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Veduta dalla piazza antistante di San Martino Scorcio degli ordini di loggette in facciata Scorcio del portico con il portale laterale destro Arcate centrale e meridionale del portico

Paolo Bertoncini Sabatini

Cattedrale: un mosaico di storie e di valori Ecco perché siamo qui, fra le braccia di una fabbrica che oggi finalmente ci accoglie al termine di una lunghissima e fondamentale campagna di restauri protrattasi per quasi venti anni; ecco perché siamo qui, fra queste membra ormai consolidate, liberate da polveri e sedimenti centenari e per questo ancora più parlanti: siamo qui con dentro di noi quel senso di ammirazione e quella misteriosa lealtà che da sempre ha caratterizzato (come dice Jorge Luis Borges delle opere ‘classiche’) l’atteggiamento fiducioso, colmo di devoto rispetto e di emozionata aspettativa di una rivelazione, quale che sarà, con cui gli uomini si sono rivolti alle opere, appunto, alle vicende e ai pensieri grandi del loro passato, di quello che ritengono essere la loro più preziosa essenza: quella che, sola, è capace di rivelare ad essi stessi le loro radici più sacre.

Ci aiutano le voci degli autori chiamati ad accompagnarci in questo viaggio immaginato per toccare alcuni, ovviamente non tutti, punti sensibili dell’edificio, della sua storia e della sua natura. Ci aiutano le immagini, così profondamente intrecciate con la parola, altrettanto capaci di custodire le memorie del tempo. Il tema di questo articolato svolgimento non è quello della completezza, impossibile da raggiungere e mai invocata, ma del mosaico di storie, di valori da cui risalire all’idea di un nucleo confidenziale, un centro dove la visione si coagula.

Il titolo del volume riflette l’ordito di questa raccolta di letture pensata non per realizzare un ambizioso e totalizzante disegno storiografico. La cattedrale lucchese merita assai di più di una serie sufficientemente ampia appunto di saggi: molti restano i nodi critici da affrontare e indagare, le ricerche e le intuizioni da sviluppare; molte ancora le porte socchiuse che attendono di essere spalancate, ma queste pagine vogliono aprirsi a una sorta di vista interiore, di senso interno che dovrebbe essere proprio della storiografia. Le parole e le immagini che tengono vivo il ricordo ci portano con sé dentro storie piene di echi e di memorie. Ecco perché siamo qui: per riscoprire una parte di noi stessi, anche attraverso il tempio che ci apprestiamo a esplorare, faro splendente della nostra civiltà, luogo sacro non soltanto per gli uomini di fede, ma per tutti i nostri simili.

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Negli anni trascorsi come Rettore della Cattedrale di Lucca, don Mauro Lucchesi ha colto e ridestato, con acume e sensibilità, la rilevanza artistica e culturale di un edificio e di un complesso museale che pulsano nel cuore della città. Esperto di Cristianesimo orientale e docente di Ecumenismo all’Istituto Superiore di Scienze Religiose della Toscana, don Mauro si è rivelato protagonista silenzioso, ma instancabile, da una parte, nel portare a conclusione numerosi restauri alla Chiesa Madre della Diocesi Lucchese; dall’altra, nell’ideare con altri, spesso giovani collaboratori, itinerari spirituali, attività convegnistiche e musicali, che hanno richiamato a Lucca personalità di rilievo, studiosi, pellegrini e turisti. Questo percorso ha trovato il suo culmine proprio nel 950° anniversario della Dedicazione della Cattedrale, aperto nel gennaio 2020 con due Lectiones Magistrales. Una del cardinal Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e l'altra del professor Franco Cardini, storico e intellettuale di fama internazionale. A don Mauro, con l’apposito Comitato Scientifico, si deve infine l’avvio degli studi diagnostici sulla Croce simbolo di Lucca e dei Lucchesi: il Volto Santo.

Mauro Lucchesi

Cattedrale, madre di tutte le chiese Incontrare una cattedrale è sempre un’avventura interessante perché essa esprime una realtà assai complessa. Se ogni edificio di culto costituisce un microcosmo questo avviene in modo del tutto particolare per la chiesa cattedrale: unica in una città è madre di tutte le chiese di un territorio e con la sua semplice presenza evoca le radici della fede in quei luoghi, ne rappresenta la storia e nello stesso tempo continua ad essere il segno dell’unità della chiesa locale che si raduna intorno al vescovo che qui ha la sua cattedra, elemento da cui l’edificio prende nome. nel mondo occidentale, probabilmente, le cattedrali sono la sintesi più alta di ciò che la fede cristiana può realizzare a livello artistico e di ciò che può raggiungere l’architettura, la scultura, la pittura l’oreficeria, la vetreria, la lavorazione dei marmi e dei tessuti e la musica quando sono convocate al servizio della liturgia. Ma queste arti, pur collegate con tendenze generali sono segnate e caratterizzate dall’intreccio tra fede, storia, economia e cultura delle generazioni locali che hanno edificato la cattedrale, l’hanno frequentata e modificata nel corso dei secoli facendone un edificio vivo e mai riducibile a un monumento.

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5. Storie di San Martino e ciclo dei mesi a destra del portale principale

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A condurci nella Cattedrale di San Martino è monsignor Timothy Verdon.

Statunitense di nascita (New Jersey, 1946), è uno storico dell’arte formatosi alla Yale University. Vive in Italia da più di cinquanta anni e dal 1994 è sacerdote a Firenze, dove dirige sia l’Ufficio Diocesano dell’Arte Sacra e dei Beni Culturali Ecclesiastici, sia il Museo dell’Opera del Duomo. Verdon è anche direttore del Centro per l’Ecumenismo dell’Arcidiocesi Fiorentina e direttore scientifico del Centro Ecumenico di Arte e Spiritualità ‘Mount Tabor’ a Barga (Lucca). Autore di numerosi libri e articoli in italiano e inglese sul tema dell’arte sacra, è stato Consultore della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e Fellow della Harvard University Center for Italian Renaissance Studies (Villa I Tatti). Tuttora insegna presso la sezione fiorentina della Stanford University. Scrive per la pagina culturale dell’Osservatore Romano e tra il 2010 e il 2015 ha ideato ed organizzato diverse mostre d’arte a Torino, Firenze, Seul, Washington e New York.

Risiede in Italia, a Firenze, dove è Canonico della Cattedrale. Della sua ‘presentazione’, pubblichiamo ampi stralci, dai quali, insieme con l’excursus completo della nascita e della vita del monumento, emerge un quadro d’insieme che ben rappresenta il sentimento – non solo dal punto di vista religioso – del popolo lucchese nei confronti della ‘sua’ Cattedrale.

Timothy Verdon

Nella Cattedrale di San Martino. L’identità del popolo A Lucca, come in ogni città europea di qualche importanza, vi è una cattedrale, segno della presenza – in un arco di secoli più o meno lungo – di una comunità cristiana operosa. tipicamente grandi, queste strutture s’impongono sulla coscienza del cittadino come del forestiero, costituendosi tratti significativi della fisionomia del luogo. depositarie d’innumerevoli cimeli del passato, invitano a cogliere l’identità storica degli abitanti e a collegarla allo slancio creativo ingenerato dalla fede; la bellezza degli edifici e dell’arte che li arricchisce infatti forniscono chiavi di lettura della vita interiore di coloro che li hanno voluti, costruiti e mantenuti, cifre sicure dei valori collettivi che da due millenni plasmano l’esperienza spirituale d’Europa.

CASA DI PREGHIERA E CHIESA DEL VESCOVO

Il primo di questi valori è religioso: quello di un rapporto privilegiato con dio. Le cattedrali sono emblematiche di questo rapporto perché sono chiese, ossia case di preghiera per un popolo che si ritiene convocato da dio. Sono chiese speciali, normalmente più grandi e belle di altre perché – come il biblico tempio di gerusalemme – accolgono la vita non dei soli abitanti del posto ma di tutti coloro che dio chiama; ogni cattedrale infatti simboleggia l’universalità della vocazione cristiana e merita il nome che la Bibbia attribuisce all’antico tempio ebraico: «una casa di preghiera per tutti i popoli». proprio questa frase fu citata da gesù quando, prima della sua passione, egli liberò il tempio di gerusalemme da venditori e cambiavalute, dicendo: «non sta forse scritto: ‘La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti’? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!». ogni cattedrale simboleggia cioè l’universalità di un rapporto con dio purificato da Cristo, e si offre come quel ‘luogo’ di cui egli parlava alla Samaritana, dove «i veri adoratori adoreranno il padre in spirito e verità; perché il padre cerca tali adoratori».

Le cattedrali sono case di preghiera per coloro che, rispondendo a dio, si lasciano trasformare in veri adoratori; sono segni permanenti di un rapporto dinamico, che trasforma l’uomo nei suoi rapporti con altri uomini, anzi con ‘tutti i popoli’.

IL VOLTO SANTO, LA CITTÀ, LA CATTEDRALE

A Lucca il carattere cristico della cattedrale ha avuto particolare forza per la presenza di un’icona di unica importanza: il Volto Santo, un monumentale crocifisso ligneo creduto opera di un testimone oculare

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6. Veduta longitudinale delle navate centrale e laterale sinistra dalle quadrifore della controfacciata 7. Veduta dalla navata laterale destra verso la cappella di San regolo 8. Veduta longitudinale delle navate

della morte del Salvatore, nicodemo. Meta di pellegrinaggio sin dall’ottavo secolo, se non prima, il Volto Santo ha dato a Lucca rinomanza al livello europeo, grazie anche ai mercanti lucchesi che nei vari paesi in cui s’insediavano sempre ne promuovevano il culto. L’enorme immagine – 247x297 cm –, che presenta Cristo incoronato e in abito regale, investe di dignità praticamente biblica l’intera città e soprattutto la chiesa a cui è associata, San Martino. nel primo periodo documentato, la fine del VIII secolo, l’icona segnava l’ingresso all’area della cattedrale. Il vescovo lucchese giovanni teuperto da placule (780-801) fece costruire davanti alla facciata della San Martino del VI secolo, che la tradizione vuole realizzata da San Frediano, una chiesa col titolo domini et Salvatoris per accogliere l’icona, su un altare dedicato a San pietro, principe degli Apostoli.

Significative le tappe del percorso introitale: arrivando, il pellegrino giungeva subito all’icona per vedere la quale era partito da casa, l’immagine veritiera del Signore. La trovava custodita dalla Chiesa universale, rappresentata da San pietro, a cui era dedicata l’edificio contenitore. poi, andando oltre, entrava finalmente nella chiesa locale dedicata al confessore Martino e con la cattedra del vescovo di Lucca. […] nel 805 venne realizzata una seconda chiesa davanti a San Martino, dedicata alla Beata Maria sempre Vergine e (ancora) a Beato pietro principe degli Apostoli, con una casa e una corte che servivano da ospedale per i poveri e per i pellegrini. nei pressi c’era anche l’archivio capitolare e una scuola della cattedrale, per cui si può parlare di una vera enclave ecclesiastica, arricchita di portico esterno. nel loro insieme, questi edifici, che rimarranno fino al x secolo, dovevano essere percepiti come una ‘città dentro la città’ e forse addirittura come immagine della Città di dio all’interno della città degli uomini. In ogni caso, la successiva ristrutturazione anselmiana di San Martino, che ingloberà alcune di queste strutture esteriori, assicurerà al tempio un carattere non solo ‘urbana’ ma ‘urbanistica’: figura, come ogni chiesa, della Urbs beata Ierusalem, la nuova cattedrale si presenterà anche come ‘struttura reliquiaria’ di altri tempi, sintesi e sacramento dell’antica Lucca cristiana.

LA CATTEDRALE ANSELMIANA

Il rinnovamento medievale di San Martino iniziato dal vescovo Anselmo nel 1060, un anno prima della sua elevazione al trono pontificio col nome Alessandro II, rientra nella politica architettonica dei papi riformatori dei secoli xI-xII. due anni dopo l’elezione di Anselmo alla cattedra di Lucca, nel 1059 cioè, gerardo di Borgogna, il vescovo di Firenze eletto papa nel 1058 col nome niccolò II, aveva avviato la ricostruzione del battistero cittadino, come parte di un programma di ristrutturazioni ed ingrandimenti di chiese risalenti ai primi secoli cristiani. niccolò II, come poi Alessandro II, ritenne la carica di vescovo locale anche dopo l’elezione papale, e nell’uno come nell’altro caso

la scelta di rinnovare una chiesa della propria diocesi piuttosto che una chiesa romana era, certo, obbligatoria, visto il dissenso di questi papi col clero e con la nobiltà dell’Urbe, ma anche simbolica: un modo di dire che l’energia e la forza richieste dalla riforma in corso dovevano venire dalla chiesa diffusa nel mondo, non dalle strutture curiali. niccolò II era amico dell’Abate desiderio di Montecassino (poi Vittore III), che fece ricostruire l’antico monastero, e del toscano Ildebrando (poi gregorio VII), la cui sostenitrice Matilda di toscana era – come suo padre Ugo – infaticabile nel costruire monasteri e chiese.

Così la solenne consacrazione della nuova cattedrale lucchese, celebrata nel 1070 da Alessandro II con ben ventidue vescovi e numerosi abati e chierici, voleva parlare all’intera chiesa, non solo alla città e al territorio. E la forma della nuova San Martino, che (secondo fonti posteriori) era a cinque navate col transetto sull’esempio dell’antica basilica vaticana, similmente visualizzava una sorta di traslatio dell’autorità ecclesiale da roma a Lucca.

Lo spostamento del Volto Santo all’interno della cattedrale, come la creazione di cappelle e oratori particolari nell’antica San pietro, rafforzava quest’affermazione di auctoritas. In questa luce diventa leggibile la ricca diversificazione di funzioni intorno a San Martino nel tardo xI e nel xII secolo, con una corte antistante, un ospedale, un’infermeria, chiostri e orti, nonché la strutturazione quasi monastica della vita del Capitolo.

Sia il successore di Alessandro II, il vescovo Anselmo II (1073-1086), che il suo successore, rangerio (1097-1112) erano infatti benedettini, e non sorprende che abbiano dato al complesso di San Martino un’articolazione monastica.

L’OPERA E IL RUOLO DEI LAICI

La chiesa consacrata da Alessandro II nel 1070 non era stata completata e così i lavori continuarono senza interruzioni, ma entro la fine del xII secolo i poteri d’indirizzo e decisione nella conduzione del cantiere, nelle cruciali fasi progettuali e nella scelta degli architetti e delle maestranze erano in mano alla Fraternità della Santa Croce, i cui ‘operai’ si sostituivano ai canonici, realizzando col tempo una netta e radicale divisione patrimoniale, reddituale e di competenze tra l’opera e il Capitolo – una divisione fondamentale per i successivi sviluppi nella storia dell’edificio. probabilmente come articolazione della Fraternita della Santa Croce – quella che oggi verrebbe denominata una ‘commissione’ –, nasceva all’inizio degli anni 1190 una ‘opera del Frontespizio’, e nei due decenni successivi i documenti menzionano a più riprese il maestro guido o ‘guidone’ da Como, qualificato come ‘magister’ di San Martino. nel 1211 guido lavora nel chiostro di Santo Stefano a prato, dove un documento lo identifica come «marmolarius Sancti Martini de Luca». guido è normalmente considerato l’autore della facciata e delle sue magnifiche sculture.

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A guido da Como succede, come caput magister e ‘operaio’, certo pratese del fu gianni, che realizza la pavimentazione interna della cattedrale e il nuovo palazzo vescovile a est di San Martino. poi Lombardo del fu guido, che, gestendo in prima persona le finanze dell’opera, fa lavori sulla sagrestia nuova, sull’infermeria dei canonici, e nel 1144 autorizza l’esecuzione di dipinti parietali in una sala della canonica, di mano del pittore lucchese Bonaventura di Berlinghiero dei Berlinghieri, il maggiore artista toscano dell’epoca. Lo schema decorativo «ad aves… » fa pensare ai più o meno coevi dipinti nei matronei del Battistero fiorentino, che però, imitando le tarsie marmorie bianco-verdi di quell’edificio, mancano dei colori che possiamo immaginare nella canonica di San Martino. […] nel tempo, questo carattere semi-religioso, negli anni che – in toscana come altrove in Italia – vedono gli ordini medicanti, vicini ai laici, costruire grandi chiese, rafforza enormemente l’opera, che diventa interprete della volontà del Comune di realizzare finalmente l’abside di San Martino.

PRESENZE FIORENTINE

nell’anno in cui Castruccio Castracane diventa Capitano generale di Lucca a vita, 1320, viene eletto operaio di San Martino Bonaventura rolenzi, che nel 1334 affiderà la direzione del cantiere a un fiorentino, Lippo pucci, ingaggiando idonei maestri a Firenze oltre che a pisa e nel comasco.

Col tramonto delle fortune castrucciane e la caduta di Lucca in mano pisana, nel 1348 il Comune riorganizza completamente l’opera di San Martino, che diventa subalterna al potere politico cittadino. tale nuovo rapporto diventa poi assoluto con l’affrancatura dal dominio pisano e il recupero dell’indipendenza dovuto a Carlo IV di Boemia – eventi che ingenerano nell’ambito della cattedrale un clima di frenetico rinnovamento.

Viene messa in questione la stabilità dell’edificio cresciuto a singhiozzo, e vengono acquisti i pareri dei migliori maestri da varie parti, i quali consigliano la distruzione delle colonne vicine alle tribune, previo il puntellamento ed imbracamento di tutto l’edificio. gli Anziani del governo lucchese deliberano di procedere, e il 9 luglio del 1372 nominano due co-operai per gli aspetti economici e legali del progetto, uno dei quali è Francesco guinigi.

IL RINASCIMENTO E LA FORMA DEFINITIVA DI SAN MARTINO

L’eleganza dei nuovi pilastri di San Martino, sebbene formalmente gotica, s’ispirava all’antico, e così – a Lucca come a Firenze – l’interno della cattedrale fu pronta ad accogliere lo stile del secolo successivo. I nuovi arredi – la tomba di Ilaria del Carretto di Jacopo della Quercia, sospesa tra gotico fiorito e rinascimento, e poi, dalla metà del Quattrocento i monumenti funebri di pietro da noceto e domenico Bertini e l’altare di San regolo che ripropongono modelli fiorentini, danno alla navata maggiore del duomo di Lucca l’aspetto moderno desiderato dai cittadini. L’autore di questi ed altri capolavori in

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9. Matteo Civitali, tempietto del Volto Santo 10-11. Matteo Civitali, Angeli adoranti sull’altare della cappella del Sacramento

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San Martino, Matteo Civitali, conferma infine la vocazione rinascimentale della cattedrale con un’opera innovativa, libera da citazioni fiorentini: il nuovo tempietto ottagonale del Santo Volto. […] domenico Bertini, il committente del tempietto, era legatissimo alla corte pontificia. nel 1450, sotto niccolò V, era diventato abbreviatore apostolico, e nel 1464 pio II lo mandò come oratore al re d’Ungheria e alla repubblica Veneziana. Su richiesta di Ferdinando I di napoli, intervenne poi con paolo II su questioni di nomine episcopali, e sotto Sisto IV e poi Innocenzo VIII fu segretario papale. perciò non solo poteva conoscere l’affresco del perugino nella Sistina, ma era tra i pochi in grado di comprenderne il senso ecclesiale.

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La sua decisione di mutare la forma del tempietto va compresa, infatti, nel clima di affermazione dell’autorità petrina che avrebbe il suo simbolo massimo nella nuova San pietro avviata dal nipote di Sisto IV vent’anni più tardi, ma che era già nell’aria nei primi anni ottanta.

Così nella cattedrale realizzata da un vescovo di Lucca che era anche papa, Alessandro II – una chiesa che nella primitiva edizione fredianea aveva riservato spazi particolari al culto del principe degli Apostoli –, i lucchesi di fine Quattrocento trovavano la loro vetusta icona, il Volto Santo, intronizzata in una micro-struttura evocante l’autorità pontificia e il sogno di una moderna San pietro. nella chiesa rinnovata avevano – quasi come cuore – l’immagine antica di Colui a cui ogni cattedrale appartiene e che rimane, gesù Cristo, «lo stesso ieri, oggi e in eterno».

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Un capitolo fondamentale dell’opera che Publied ha realizzato per i 950 anni della Cattedrale di Lucca è quello che ci viene consegnato da Annamaria Giusti, storica dell’arte e accademica. Un capitolo che tratta dei benefici ecclesiastici e delle sepolture concesse alle famiglie gentilizie lucchesi nell’ambito della chiesa di San Martino. Lucca, storicamente ‘città di famiglie’, manifestava, anche attraverso la compostezza delle proprie sepolture, quel carattere sobrio e poco incline all’affermazione della propria opulenza, evitando di esibirsi nella committenza e poi nella realizzazione di spettacolari monumenti sepolcrali che altrove, invece, trovavano maggiore fortuna e frequentazione. Annamaria Giusti, con la sua narrazione, ci presenta dunque uno spaccato dei costumi della città, un insieme di elementi peculiari che, in gran parte, esistono e resistono, ancora oggi, come segni distintivi della comunità. Laureata in Storia dell’Arte all’Università di Firenze, dal 1° novembre 1976 Annamaria Giusti è entrata a far parte del MIBAC, a seguito di concorso, prendendo servizio come direttore storico d’arte presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Dal 1978 ha diretto continuativamente il Museo dell’Opificio, riallestito su suo progetto nel 1995, e ha inoltre diretto, in periodi alterni, i settori di restauro del mosaico e pietre dure; dei materiali lapidei; delle terrecotte; dei bronzi e delle armi antiche. È stata responsabile della catalogazione delle opere d’arte delle collezioni dell’Opificio, e dell’Archivio dei Restauri, del quale ha avviato nel 1991 l’informatizzazione. Nel 1978-1980 è stata direttrice della Scuola di restauro dell’Opificio, che ha preso avvio nel 1978. Dal marzo 2008 è distaccata al Polo Museale di Firenze, dove riveste l’incarico di Direttrice della Galleria d’ Arte Moderna ed è membro del CDA del Polo. La sua attività operativa ha dato luogo a ricerche e studi nel campo della conservazione, documentate in numerosi testi, monografie e in atti di convegni nazionali e internazionali. Le sue pubblicazioni scientifiche assommano attualmente a circa 120 titoli.

12. Anonimo del xIV secolo, San Martino e il povero 13. Volte del braccio meridionale del transetto 14. Jacopo della Quercia, sepolcro di Ilaria del Carretto, sacrestia

Annamaria Giusti

Una città e la sua cattedrale Le famiglie lucchesi fra Trecento e Quattrocento nel corso del trecento, in coincidenza con l’ascesa economica di Lucca, le antiche famiglie gentilizie e il nuovo ceto all’epoca emergente finanziarono con speciale frequenza la fondazione di cappelle e altari nelle chiese cittadine. più numerose divennero anche le sepolture ospitate nello spazio interno delle chiese, oltre che nei chiostri e luoghi cimiteriali ad esse attigui, già da tempo a ciò destinati. In prossimità di alcune chiese più importanti i primi camposanti avevano infatti trovato spazio in epoca ancora altomedioevale, e in numero crescente a partire dal xII secolo. Erano affiancate da chiostri, e spesso privilegiate per le sepolture, anche le chiese conventuali, fra le quali primeggiava San Francesco, prescelta nel 1328 per il proprio sepolcro dallo stesso Castruccio Castracani. nel chiostro di San Francesco fu fondata a metà trecento da Francesco di Bartolomeo guinigi la cappella di Santa Lucia, quale sepolcreto familiare destinato a ospitare due tombe collettive terragne, riservate agli esponenti maschili e femminili della famiglia, sigillate ciascuna da una lapide marmorea con lo stemma dei guinigi. Si conoscono altri esempi di queste sepolture distinte per genere, ma più frequenti furono le inumazioni che riunivano più personaggi di una famiglia in uno stesso sepolcro, quasi sempre pavimentale.

Fu questa la tipologia prevalente a Lucca almeno fino alla metà del Quattrocento, a giudicare dal poco che rimane e dalle meno avare notizie testamentarie, nonché da quelle reperibili nei manoscritti degli eruditi del xVII e xVIII secolo, che delle sepolture all’epoca ancora esistenti hanno lasciato descrizioni e disegni. nella maggior parte dei casi le lapidi pavimentali si limitavano a recare lungo i quattro lati l’epigrafe funeraria, corredata dello stemma di famiglia, e meno di frequente della figura del defunto scolpita a bassorilie12

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vo, secondo la formula ancora adottata da Lorenzo trenta nel 1416 per il proprio sepolcro e per quello della consorte in San Frediano.

Colpisce la quasi totale assenza, sia in termini di opere che di testimonianze documentarie, di sepolcri architettonici pensili, che nel corso del trecento ebbero invece vasto e variato sviluppo in altri centri toscani, quali pisa, Firenze e Siena. A Lucca i vescovi stessi, ai quali altrove erano in genere riservate tombe monumentali, ebbero sepolture terragne, per lo più presso l’altare maggiore della cattedrale ma verosimilmente anche nel chiostro attiguo, dal quale proviene una consunta lastra con rilievo di ignoto vescovo, oggi a Villa guinigi.

La preferenza per i sepolcri pavimentali prevalse anche presso le famiglie cittadine, per quanto illustri, ed è da credere che corrispondesse a una condivisa visione religiosa, che riteneva l’inumazione la forma di sepoltura più consona all’effimera creatura umana. Colpisce a questo proposito la volontà testamentaria di un personaggio di spicco co-

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me il padre di Lorenzo trenta, Federico, «artium et medicinae doctor», che nel 1387 proibiva «expresse poni super eius tumulum aliquem lapidem». E già si è detto di come in precedenza lo stesso Castruccio, superbo duca di Lucca, avesse scelto di essere sepolto nella chiesa dei Minoriti, rivestito del saio francescano e sotto una spoglia lapide terragna connotata solo dalla sua insegna.

Quanto sin qui rilevato per gli usi e tipologie sepolcrali in auge a Lucca trova conferma per la chiesa cattedrale, almeno a quanto è dato desumere da una documentazione specialmente lacunosa. In base alla quale sembra tuttavia di arguire che lo spazio interno a San Martino, fra trecento e primo Quattrocento, non si configurò come luogo privilegiato per le sepolture e patronati dell’élite cittadina. Fra le possibili cause si potrebbero individuare i lavori di modifica e ampliamento della cattedrale, che avviati agli inizi del trecento proseguirono per tutto il secolo e per buona parte del Quattrocento, facendo dell’interno di San Martino un cantiere in movimento. E non fu forse senza influenza

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anche la presenza del potente Capitolo dei Canonici, vigile nell’esercitare le proprie prerogative di interlocutore obbligato e spesso impositivo per le iniziative afferenti alla cattedrale.

Fu rivolta al Capitolo, oltre che al vescovo, la richiesta del notaio ser piero del gallo nel testamento del 1348, per ottenere la grazia speciale di essere sepolto nella cappella di San Benedetto, eretta su richiesta di papa Benedetto xII. Questi nel 1340 ne aveva affidato la costruzione al Comune di Lucca, quale espiazione dell’interdetto papale sulla città del 1328.

In prossimità trovò spazio anche la sepoltura di tommaso e giovanni Cagnoli, di altra illustre famiglia lucchese. I due Cagnoli si erano acquistati benemerenze nei confronti della cattedrale, tommasino con un lascito per la realizzazione di un’Annunziata e giovanni con un’erogazione per l’ornamento del Volto Santo, che con il contributo di altri cittadini e del Comune approdò nel 1384 all’esecuzione del fregio in argento dorato tuttora conservato e della perduta corona.

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Come sparirono gli antichi altari della cattedrale, così furono gradualmente rimosse nel tempo le sepolture pavimentali, in parte ancora conservate nel Settecento, e delle quali sussistono oggi solo due esempi. Al centro del pavimento della Cappella della Libertà è il sepolcro di domenico da orbetello «episcopus maranensis», che dal 1428 fu a capo della diocesi di Mariana in Corsica. Una copia coeva e inedita del suo testamento del 1434 lo dice «languens» a Lucca, e registra il lascito di 25 fiorini affinché «super locum ubi fuerit humatus corpus eius apponi faciant unama lapidam [sic] marmoream in qua sculpiri faciant figuram seu imaginem». La volontà del vescovo fu rispettata, facendo realizzare da un ignoto ma notevole artista la lapide figurata. Benché il testamento non desse indicazioni sul luogo della sepoltura, si volle onorare il defunto con una collocazione privilegiata nella cappella della Libertà, all’epoca patronato dell’opera di santa Croce e del Comune di Lucca.

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15. Matteo Civitali, San Sebastiano 16. Matteo Civitali, tempietto del Volto Santo 17. Effige del Volto Santo 18. Matteo Civitali, San Sebastiano

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L’imponente intervento del professor Paolo Bertoncini Sabatini si apre con un incipit che abbiamo voluto utilizzare nel titolo di questo articolo: un florilegio di architetture. È solo un piccolissimo ‘assaggio’, offerto al lettore nell’intento di sollecitarlo ad approfondire gli argomenti qui trattati attraverso una lettura completa del lavoro, anche al fine di comprenderne appieno il valore storico, artistico e letterario.

Paolo Bertoncini Sabatini

L’architettura di San Martino: un florilegio di architetture

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La storia dell’edificio e le sue modifiche nel tempo, compresi i fondamentali restauri, l’analisi del documento d’archivio, la dialettica di cantiere tra progettista e maestranze, il contesto socio-economico della committenza, sono territorio della storiografia architettonica, così come la riflessione teorica ed estetica sullo spazio, sia di progetto che effettuale, ma nel caso di una struttura sacra, più di altre tipologie, non è possibile prescindere dalla perfetta corrispondenza che sussiste tra il linguaggio a grande scala della fabbrica e quello dei suoi arredi interni.

Si pensi ad altari monumentali, ancone o pale, tombe, recinzioni di cori, fonti battesimali, pulpiti, tabernacoli edicole per il sacramento, acquasantiere, ovvero quel patrimonio di tangibili appendici che allestiscono un theatrum per la vita delle forme differente da quello vincolato alla ferrea logica delle vitruviane firmitas, utilitas e venustas della prassi costruttiva. nel campo della grande scultura di ‘arredo’ delle chiese, soprattutto del Quattrocento e del Cinquecento, gli elementi plastici quali statue, rilievi figurati e ornati, sono sempre inquadrati all’interno di grandiosi

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CAttEdrALE: I 950 AnnI dEL SAn MArtIno

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telai architettonici che sarebbe riduttivo considerare alla stregua di semplici cornici. In effetti tali opere riproducono, miniaturizzandole, le forme che la grande architettura (facciate, cortili, campanili, archi di trionfo ecc.) metteva in opera nello stesso momento, talvolta addirittura anticipandole in via sperimentale. Concepite nel segno dell’unità delle arti sottoposte, come affermava giorgio Vasari, al «divino» controllo del «disegno», queste composizioni realizzano un florilegio di possibilità, spunti e allusioni in grado di restituire un punto di vista altro, e quindi utilissimo, rispetto alle scelte operate nella fabbrica stabilmente edificata in pietra e calce; innesti che in tutto il loro relativistico valore di visioni artistiche, anche personali, potrebbero godere della peculiare condizione di pensieri architettonici liberi di fluire senza vincolarsi a una mera logica costruttiva dipendente dalla verità strutturale, o dover patire gli accidenti esterni cui soggiacciono le architetture pensate per l’uomo; al contrario risultano talmente ricchi di sapienza edificatoria da esibire impaginati colmi di suggestioni spaziali fondamentali nella narrazione degli stessi luoghi dove si collocano.

L’importanza attribuita a questi manufatti è testimoniata dall’impiego di materiali durevoli e preziosi, primo fra tutti il marmo, e dall’elevata qualità della produzione, ma quantunque realizzazioni di fantasia, più dei virtuosismi seducenti e preziosi, comunque affascinanti, colpiscono la coerenza di membrature e di proporzioni, l’intelligenza geometrica e prospettica di tali invenzioni, totalmente artificiali, quindi umane. Anzi è proprio l’attenzione e il rispetto della res aedificatoria l’indicatore primario della concezione architettonica di questi veri e propri modelli in scala, fondamentali a ricomporre l’atmosfera non solo estetica del tempio, metafora planovolumetrica di uno spazio dove è possibile aggirarsi come in un paradiso dell’architettura e dell’arte.

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19. trafori della navata centrale

Del ‘saggio’ dedicato alla consistenza pittorica della Cattedrale, abbiamo selezionato la parte che Luigi Ficacci ha riservato all’intelligenza – così la definisce l’autore – di Michele Ridolfi, la cui impronta stilistica si è accompagnata in maniera del tutto consona all’idea architettonica interna di San Martino.

Allievo di Giulio Carlo Argan, Luigi Ficacci si è occupato del settore dei beni culturali a partire dal 1981, presso la Soprintendenza per le Belle Arti e il Paesaggio di Modena e Reggio Emilia. Nel 1984 è diventato Direttore dell’Istituto Nazionale della Grafica di Roma. Dal 2004 è stato soprintendente di Lucca e Massa Carrara e dal 2006 soprintendente di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini. Nell’agosto 2018 ha assunto la carica di direttore dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro.

La sua esperienza nel campo dei beni culturali lo ha visto a lungo impegnato come docente all’Università di Cassino (1992-1995), all’Università di Viterbo (1998-2008) e, nell’ambito della Scienza del Turismo, a Lucca.

Attualmente, collabora con l’Università di Pisa.

Luigi Ficacci

San Martino: il teatro della pittura Anche per quanto riguarda le arti della pittura, la cattedrale di San Martino è un organismo. oggi soprattutto così si presenta: una varietà di epoche esecutive e di tecniche; una ricomposizione attuale tra contesti progettuali originari e sovrapposizioni storiche. ne deriva un complesso, di successioni e sovrapposizioni, su evidenze portanti e lacune irrecuperabili. nonostante ciò, San Martino appare al visitatore come organismo, perciò dotato di una sua connotazione unitaria che assimila tutte le trasformazioni, adattamenti, perdite, senza consentire l’esperienza di alcun testo così completo e originale da esprimere ancora, compiutamente, la volontà di un’epoca specifica. Allora, anche per la pittura, il tempio sarà qui descritto nella sua attuale visualità organica di teatro storico, analogamente a quanto, in questo libro, si fa per l’architettura. E al racconto della sua storia architettonica, in particolare, questo sguardo sulle testimonianze dipinte che oggi la Cattedrale presenta, scorre parallelo, dettagliando, nello specifico delle tecniche, i grandi eventi della sua figura edificatoria.

Chi entri in cattedrale viene subito colto dall’innesto decorativo delle volte, col blu intenso delle vele, caricato fino all’effetto oltremarino, per il contrasto con le stelle dorate che ne tempestano il campo e con i toni delle bordure dipinte, al colmo delle tre altissime navate, con i clipei figurati nella centrale. Si leggono quasi in panoramica unitaria, al girare dello sguardo, traverso la quota ariosa degli archi, eccezionalmente elevati. Il loro canone cromatico si incastona con una sua efficacia di acme conclusivo delle campate, legando visivamente alla propria densità di toni gli inserti policromi degli ornati pavimentali, e magnificando, nel contrasto, il grigio del calcare di san giuliano dell’alzato architettonico, pilastri, archi, matronei, abside.

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Eppure questa perfetta integrazione armonica con l’architettura è, come noto, un rifacimento del secolo xIx, esito di restauri iniziati nel 1858: la navata maggiore da 1860 a circa 1865, per mano di Antonio Marini, un pittore fiorentino specializzato in rifacimenti storici, con una presenza sul cantiere soprattutto dell’allievo pietro pezzati, una seconda fase di lavori quindici anni dopo, dal 1880, per la decorazione delle volte del transetto e delle cappelle di San regolo e della Libertà, ad opera di Michele Marcucci, Enrico ridolfi e pietro de’ Servi. Fatte salve varie complicazioni di percorso, divergenze e qualche polemica, che meriterebbero precisazioni di dettaglio, la concezione del tipo di intervento e la definizione delle sue ragioni risaliva a vari anni prima, nientemeno che al 1834 e alla eccezionale intelligenza storica del pittore Michele ridolfi, il padre di Enrico, che aveva progettato i modi del restauro delle cinque crociere della navata e del coro, lo aveva riproposto nel 1844, assieme a Francesco Bianchi, ampliando alle navate laterali e alle cappelle della Libertà e di San regolo. per varie traversie, soprattutto dovute ai costi, l’esecuzione fu sempre rinviata.

Sono dunque questi della prima proposta, gli anni precoci in cui l’impresa va posta in contesto, per essere correttamente valutata, soprattutto considerando che riguardo gli interventi di questo secolo xIx il nostro sguardo è ancora irrisolto, come si guardassero da troppo lontano o troppo vicino. troppo da lontano, se sul giudizio sull’opera si facesse pesare che un rifacimento di quella fatta sarebbe escluso dalla moderna metodologia del restauro, normata dagli anni trenta del secolo xx, ovvero, per quanto concerne gli stili della pittura, se si considerasse che il 1834 di Michele ridolfi è lo stesso della decorazione della Sala del re al palais Bourbon di delacroix o ancora del San Sinforiano della Cattedrale di Autun di Ingres. troppo da vicino: quando dagli archivi si traesse ogni informazione di dettaglio, tanto da oscurare, per neutra erudizione, ogni visione di contesto. A valutare l’opera dei pittori restauratori e soprattutto le proposte di Michele ridolfi, così come l’opera storiografica e pittorica del figlio Enrico, nel proprio relativo storico, emergerà quanto colga nel segno della giusta percezione il loro intento di garantire, con quel restauro d’invenzione, armonia all’insieme architettonico, restituendo organicità e unitarietà all’interno dell’edificio.

Il percorso è quello della reinvenzione storicistica di un linguaggio pittorico adeguato alle partizioni di spazio della struttura, all’altezza della fabbrica, a quella conclusione classicamente calibrata dell’estesa tenuta verticale delle navate, che oggi definiamo arnolfiana, ai trafori dei finti matronei e finestre interne, che oggi definiamo talentiani, imitando la presumibile decorazione pittorica dell’epoca storica, un tardo trecentismo fiorentino del primo ventennio del secolo successivo.

Il recente restauro della decorazione pittorica restituisce in maniera molto convincente i moventi estetici di Michele ridolfi e le sue convinzioni, che cioè quella scelta stilistica potesse produrre un effetto consono all’idea architettonica interna di San Martino, capace di attuare l’altezza FCRLMAgAzInE 17 | 2020

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20. Catino absidale 21. Fronte orientale

della navata centrale, le spazialità visuali aperte da matronei e trafori, sfruttando la luce, come modulata e filtrata dalle strutture, insomma come lavorata dall’architettura. Se l’effetto è conquistato, indipendentemente dalla natura imitativa della decorazione, è perché la proposta di ridolfi seniore si basava sulla ricerca di adeguamento al concetto architettonico prevalente. Questo implica uno studio rasente l’immedesimazione nelle prassi esecutive, che consente il raggiungimento di una competenza mimetica che è tanto tecnica quanto inscindibile dall’estetica degli stili, ereditata anche dal figlio Enrico.

Ma vi sono anche le implicazioni che Michele palesa nei suoi scritti, sui cui moventi logici merita riflettere un poco. L’assunto di un concetto architettonico dell’edificio da penetrare, prima di procedere al restauro, comporta la coscienza che nell’edificio esista un pensiero architettonico e che questo pensiero evolva nella storia; l’approccio storicistico è dunque, nell’indagine costruttiva quanto documentaria, capace di individuare questa concezione ideale dell’architettura e restituirvi validità; interpretandola.

Così, dal deposito inerte del tempo, si articolano nel discorso della storia le testimonianze della fabbrica e delle sue vicende, quali il tecnico ricava dall’indagine di cantiere costruttivo. Il restauro sceglie, al fine di cogliere il concetto storico architettonico adeguato, quello cioè che, nell’ammassarsi di trasformazioni dell’edificio, detenga, secondo il giudizio attuale, valore prevalente sulla casualità inerte della conservazione incoerente e divenga allora oggetto di conservazione critica. non riuscirà Michele a dipingere le volte, per le difficoltà a trovare le finanze, infine per il sopraggiungere della sua morte, nel 1854. Ma l’esecuzione della decorazione risente indelebilmente della sua impostazione interpretativa. La sua individuazione di stile storico recupera il disegno stesso dell’architettura, inteso ovviamente in senso astratto, interpretandolo perciò in concetto decorativo. Allora sia pure con la differenza di affidamenti e la successione di mani diverse, è questo concetto che la volta restituisce, con i suoi campi corniciati su fondo blu, come preziosi ornati che si incastonano sul fondo di un immenso paramento liturgico che conclude lo slancio delle navate. Un blu di palese derivazione dalle nozioni, dalle interpretazioni, dal gusto, propri della storia dell’arte come quel tempo del secolo xIx la conosceva e narrava: così universale da identificarsi con un cielo dai confini potenzialmente esteso, nel tempo e nelle opere, da giotto al Beato Angelico, e perciò un cielo universale, divino e non certo quello eventuale della natura, come percepito dall’occhio terreno.

il volume

San Martino a Lucca. Storie della cattedrale A cura di paolo Bertoncini Sabatini Fotografie di Andrea Vierucci Introduzione timothy Verdon Saggi di: paolo Bertoncini Sabatini, Luigi Bravi, Aurora Corio, Clario di Fabio, Luigi Ficacci, Annamaria giusti, raffaele Savigni Redazione Annamaria ducci Postproduzione digitale delle immagini Annamaria Eustachi Progetto grafico Fabio Santaniello Buun Traduzione in inglese Mark Adrian roberts Stampa tipografia tommasi guamo (Lucca) publied – Editore in Lucca

Selezione dei testi a cura di Lorenzo Maffei 20

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foto Luca Lupi

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fondazione fondazione Cassa di Risparmio di Lucca: nel 2021 contributi per 25,1 milioni di euro di oltre 25 milioni di euro la somma che la fondazione Cassa di Risparmio di Lucca destinerà nel 2021 per la realizzazione degli interventi istituzionali propri e di soggetti terzi. È quanto prevede il documento programmatico-previsionale 2021, predisposto dal Consiglio di amministrazione, licenziato successivamente dall’assemblea dei Soci – chiamata ad esprimere nel merito un parere consul-

È

Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca: nel 2021 contributi per 25,1 milioni di euro

tivo – e approvato in via definitiva dall’organo di indirizzo dell’ente di San micheletto.

Si tratta di una disponibilità di risorse notevole, che risponde ad una gestione finanziaria positiva, nonostante il peggioramento del quadro socio-economico generale e, in particolare, del territorio: il lockdown, accompagnato da un perdurante periodo di stagnazione economica se non da una vera e propria recessione che ha colpito un po’ tutti i settori dell’economia, con la conseguente crisi dell’occupazione, sono gli effetti della pandemia Covid-19. Una situazione complessa, che ha indotto la fondazione a mettere in campo ulteriori, straordinarie risorse: 5 milioni di euro, di cui circa 3,5 a valere sull’esercizio 2020 e 1,5 sull’esercizio 2021.

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1. San micheletto sede della fondazione Cassa di Risparmio di Lucca

Interventi pluriennali 4.398.787 euro

Interventi diretti 4.330.000 euro Bandi 4.800.000 euro

RISORSE 2021 PER TIPOLOGIA D’INTERVENTO 25.131.924 euro

Progetti strategici 9.569.709 euro

Altro 2.033.428 euro

Una gestione finanziaria improntata ad una serie di capisaldi fondamentali: la solidità del patrimonio, conservato e tutelato a favore delle generazioni future; la sostenibilità degli interventi annuali e di quelli pluriennali, oggi volutamente limitati alla durata dei mandati degli organi deliberanti, quindi non oltre il 2021; la sussidiarietà, intesa come modalità di intervento finalizzata ad affiancare e sostenere le politiche pubbliche senza sostituirsi agli enti competenti. Una finalità, quest’ultima, che ha visto rafforzare, anzi, sistematizzare – anche attraverso appositi incontri promossi nelle varie aree in cui si articola la provincia di Lucca – l’attività di ascolto che la fondazione Crl rivolge alle istanze del territorio. incontri utili a indirizzare le risorse verso la realizzazione di interventi condivisi ed il soddisfacimento di bisogni dichiarati, anche assecondando obiettivi e sinergie finanziarie con fonti europee, statali e regionali. non bisogna dimenticare, inoltre, che la fondazione Cassa di Risparmio di Lucca partecipa al sistema delle fondazioni di origine bancaria e, in quest’ambito, contribuisce ad alcune iniziative a carattere nazionale, come il fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e il fondo Unico nazionale per il volontariato.

EmERgEnza Covid-19

numerose sono le iniziative decise dalla fondazione Crl per far fronte all’emergenza Covid-19: • in ambito sanitario, è stato messo a disposizione dell’azienda USL Toscana nord ovest uno specifico stanziamento per l’acquisto di attrezzature sanitarie; • in ambito sociale, è stato stanziato un significativo contributo per la costituzione del «fondo RiUscire», diretto a sostenere le persone in situazione di grave difficoltà economica mediante l’erogazione di piccoli prestiti, mentre sono stati emanati due specifici Bandi per consentire l’assunzione a tempo determinato di soggetti in condizioni di difficoltà economica da parte di enti pri32

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fondazione CaSSa di RiSpaRmio di LUCCa: neL 2021 ConTRiBUTi peR 25,1 miLioni di eURo

vati senza fini di lucro e per l’attivazione di tirocini extracurricolari per giovani presso gli enti pubblici locali della provincia di Lucca; • per il settore produttivo della provincia si è dato vita ad un accordo con la locale Camera di Commercio per la promozione del territorio e delle sue potenzialità turistiche, nonché per iniziative di sostegno e rilancio del sistema delle imprese locali. Tutte attività in cui si rintracciano i valori fondanti della fondazione.

La persona, in tutte le sue manifestazioni e necessità, la ricchezza della comunità e il suo sviluppo, il benessere sociale e la cultura guidano da sempre la strategia della fondazione. La riduzione delle povertà in tutte le sue forme – economica, sociale, educativa – e un più diffuso accesso alle opportunità di crescita personale e comunitaria sono stati e restano tra i nostri principali obiettivi, cui si collega quello della salute pubblica, la cui vulnerabilità si è manifestata esplicitamente proprio a causa della pandemia. L’istruzione inclusiva di qualità e le opportunità di fare della vita di ciascuno un percorso costante di apprendimento rappresentano un ulteriore obiettivo, tanto più importante quanto più il sapere e i suoi strumenti si trasformano con sempre maggiore rapidità e con altrettanta rapidità trovano applicazione nell’agire quotidiano di ognuno. infine, la parità di genere e la consapevolezza sociale ed individuale del ruolo della donna sono un traguardo a cui la fondazione CRL intende lavorare con sempre maggiore attenzione.

verrà realizzato, l’investimento per l’acquisto e la riqualificazione di un’ampia porzione dell’ex manifattura Tabacchi di Lucca, perseguito mediante la costituzione di un fondo comune di investimento immobiliare riservato, promosso da Coima SgR Spa, che nel mese di giugno 2019 ha presentato al Comune di Lucca

gLi intERvEnti 2021 suddivisi pER sEttoRE settori arte, attività e beni culturali educazione e Ricerca Volontariato, Crescita giovanile, assistenza agli anziani Sviluppo locale e lavori di pubblica utilità Salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa TOTALE

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risorse in milioni di € 5 milioni 10 milioni 5,3 milioni 4,4 milioni 0,4 milioni 25,1 milioni

i bandi ChE saRanno Emanati pER iL 2021 titolo

budget (€)

settori interessati

periodo presunto di apertura novembre-dicembre 2020

Progetti ed attività culturali

800.000

Arte, attività e beni culturali

Sviluppo del territorio

300.000

Realizzazione lavori di pubblica utilità Sviluppo locale ed edilizia popolare dicembre 2020-gennaio 2021 locale

1,5 mln

Assistenza agli anziani Crescita e formazione giovanile Salute pubblica, medicina preventiva dicembre 2020-gennaio 2021 e riabilitativa Volontariato, filantropia e beneficenza

Categorie sociali deboli e salute pubblica

Generico

500.000

mission RELatEd invEstmEnt

insieme con gli altri modelli diffusi all’interno del sistema delle fondazioni di origine bancaria, e cioè l’operating diretto ed indiretto e il granting, la fondazione Crl opera anche secondo il modello mission related investment.

Si tratta di una forma di investimento di quote di patrimonio destinate a soddisfare bisogni territoriali entro livelli di rischio ponderati. a questa modalità d’intervento potrà riferirsi, se

una manifestazione d’interesse. attualmente, i contenuti del progetto proposto sono al centro di un confronto tra l’amministrazione Comunale di Lucca e Coima SgR, i risultati del quale ad oggi non consentono ancora di pervenire ad una scelta prudente circa la fattibilità del progetto.

Eventi ed iniziative rilevanti (a valere sul 2022)

1,6 mln

Crescita e formazione giovanile Educazione, istruzione e formazione gennaio-febbraio 2021 Sviluppo locale ed edilizia popolare marzo-novembre 2021 locale Volontariato, filantropia e beneficenza Arte, attività e beni culturali Sviluppo locale ed edilizia popolare locale

Complessivamente, lo stanziamento disponibile per i bandi ammonta a 4,8 milioni di euro. altri 20,3 milioni sono invece destinati alle quote 2021 di interventi pluriennali (4,4 mi-

settembre-ottobre 2021

lioni), progetti strategici (9,6 milioni), interventi diretti (4,3 milioni), fondi per la povertà educativa e il volontariato e Fondazione con il Sud (2 milioni).

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2. il complesso di fabbricati in via Brunero paoli

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pRogEtti stRatEgiCi

Edilizia scolastica e impianti sportivi a servizio delle scuole Lo stanziamento complessivo per questo progetto, pari a 4.745.000 euro, è stato destinato al cofinanziamento di 20 interventi urgenti non rientranti nel piano Regionale Triennale, o relativi alla progettazione di interventi successivamente presentati, a favore di alcuni Comuni e dell’amministrazione provinciale di Lucca. L’importo deliberato è stato di 4.745.000 euro. Queste risorse sono state destinate ai Comuni della provincia di Lucca prevalentemente per interventi di manutenzione straordinaria, adeguamento sismico ed emergenze (tipologie non finanziate o finanziate solo parzialmente nel piano Regionale Triennale), oppure per l’attività di progettazione relativa ad interventi presenti nella gradua-

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toria del piano stesso, per consentire un loro significativo avanzamento con maggiori possibilità di finanziamento nelle ultime due annualità. delle 57 richieste presentate, ne sono state accolte 30.

Acquisto e ristrutturazione di un immobile di via Brunero Paoli il progetto prevede l’acquisto e la ristrutturazione di un complesso di fabbricati lungo via Brunero paoli in angolo con Via del Bastardo incluso un ampio giardino interposto tra i fabbricati e la recinzione del museo di Villa guinigi e finalizzato all’ampliamento delle residenze di imT alti Studi Lucca per ulteriori quasi 100 posti letto. La consistenza attuale è di 16 appartamenti, 21 locali per magazzino, un ufficio e 2 negozi, per una superficie complessiva di quasi 3.600 metri quadrati, una superficie coperta di circa 1.280 metri quadrati,

con un terreno a cortile e giardino in proprietà esclusiva di 2.300 metri quadrati ed una superficie lorda calpestabile di 2.800 metri quadrati. da un punto di vista di consistenza e di conformazione, il fabbricato si presta ottimamente per essere trasformato in residenza universitaria. L’immobile è stato acquistato dall’ente giuridico provincia Romana dei frati predicatori (domenicani) con sede in Roma, per un importo di 2,255 milioni di euro.

La realizzazione della residenza universitaria permetterà di conseguire un notevole sviluppo dimensionale di imT alti Studi Lucca, mediante una progressiva estensione del numero delle borse di studio offerte ai dottorandi, che dovrebbero raggiungere quota 180 e, conseguentemente, un deciso incremento del corpo docente rispetto ai livelli attuali. Tale sviluppo risulta essere economicamente sostenibile per imT alti Studi Lucca anche ipoFCRLmagazine 17 | 2020

disegno di Federico Bertolucci

fondazione CaSSa di RiSpaRmio di LUCCa: neL 2021 ConTRiBUTi peR 25,1 miLioni di eURo

tizzando, in via prudenziale, l’invariabilità del fondo di finanziamento ordinario stabilito dal miUR, nonché l’assenza delle quote premiali, degli stanziamenti per la programmazione triennale e di ulteriori interventi straordinari previsti dalla normativa vigente.

Impianti sportivi il progetto prevede la messa a norma degli impianti sportivi, in particolare di quelli di proprietà di enti pubblici utilizzati da associazioni sportive dilettantistiche, strutture che rappresentano uno dei bisogni maggiormente sentiti sul territorio. gli impianti, infatti, pur essendo spesso vecchi e fatiscenti, rappresentano un importante punto di riferimento per gli appassionati di sport e per l’intera comunità ed un importante momento di aggregazione giovanile; il loro adeguamento ne consentirà una migliore fruiFCRLmagazine 17 | 2020

zione soprattutto da parte dei giovani, con evidenti ricadute positive, favorendone il benessere psico-fisico, il confronto con gli altri ed in generale una sana crescita.

La fondazione, in questo ambito, ha promosso la stipula di una convenzione con l’istituto per il Credito Sportivo per lo stanziamento di un plafond di mutui agevolati – a tasso zero per gli enti pubblici – destinati al Cofinanziamento degli interventi ammessi a contributo da parte delle fondazioni. È stato quindi pubblicato il Bando 2019-2021 «impianti sportivi». Sono pervenute 53 domande per un valore degli interventi pari a circa 16 milioni di euro ed un importo richiesto di circa 7,9 milioni. i progetti accolti sono stati 38 che hanno esaurito lo stanziamento complessivo di 4 milioni di euro.

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FCRL emergenza & ripartenza

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emergenza &

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ripartenza Soccorso, supporto, speranza Un’intera montagna di ricordi non eguaglierà mai una piccola speranza». parole profonde che non escono da un trattato di filosofia, ma da una striscia del 1972, in cui il grande Charles Schulz metteva in scena i suoi Peanuts. parole importanti che vengono fuori dalla ‘saggia leggerezza’ di Snoopy, che oggi sembrano tagliate intorno alla situazione che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo. il passato non può essere un paradigma, una pietra di paragone attendibile, ma solo una radice solida su cui costruire un futuro basato sull’impegno, la condivisione e, appunto, la fiducia nel domani.

Soccorso, supporto, speranza. Questi i punti fermi che hanno orientato le strategie della Fondazione Cassa di risparmio di Lucca nel far fronte alle problematiche della pandemia.

L’emergenza sanitaria non ha infatti concesso tentennamenti. È stato necessario un immediato intervento a sostegno del sistema sanitario che in quel momento si presentava pieno di volontà, composto da un personale disposto al sacrificio, ma sprovvisto delle risorse adeguate allo tsunami che stava arrivando. immediati sono stati anche i riverberi sociali di questa pandemia. il lockdown ha fermato l’economia globale e le economie individuali di tanti lavoratori e di tante famiglie. La priorità, in quel momento, era quella di dare sostegno economico e possibilità di occupazione a chi ne avesse bisogno e ne ha tutt’ora. Di qui un intervento accurato, suddiviso in più azioni, tutte improntate a ridare speranza, consentendo a tutti i bisognosi di essere protagonisti del proprio rilancio, secondo una logica non meramente assistenziale ma di accompagnamento durante l’ora più buia.

Un fondo solidale, a favore del credito di solidarietà per le famiglie, e bandi per favorire assunzioni a tempo determinato nel terzo settore e tirocini retribuiti negli enti pubblici. Queste le principali misure di una manovra da cinque milioni di euro complessivi che, dopo le immediate donazioni per 500 mila euro a favore dell’azienda sanitaria e i 3,3 milioni di euro per le misure «a favore di famiglie e occupazione», ha destinato 1,2 milioni ad iniziative utili a rilanciare il tessuto economico locale, particolarmente colpito nei settori della cultura, dello spettacolo e dell’accoglienza. tutto questo per guardare al futuro immaginando orizzonti migliori, dando gli strumenti adeguati a coltivare la speranza e quindi superare questo momento difficile.

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Lavoro + bene comune. protagonisti del proprio futuro ttraverso due bandi specifici la Fondazione Cassa di risparmio di Lucca ha voluto intercettare le esigenze di persone e famiglie che in questo frangente così delicato stanno vivendo un momento difficile.

Lo spirito dell’iniziativa è quella di fornire a chi ha bisogno gli strumenti utili a risollevarsi o a superare la situazione di crisi in un frangente – si spera – transitorio. i bandi di «Lavoro + Bene Comune», realizzati con un budget complessivo di 2,3 milioni di euro, nascono esattamente con questo intento. Creare opportunità di occupazione in una congiuntura drammatica e nel contempo dare occasioni ad associazioni del terzo settore ed enti pubblici di inserire forze fresche nel loro organico.

Da sempre la Fondazione CrL è impegnata, infatti, nel monitoraggio di quelle aree del disagio sociale normalmente denominate come ‘zone grigie’, composte cioè da soggetti e famiglie appartenenti a fasce di reddito che hanno col tempo perso sempre più il proprio potere d’acquisto. realtà difficili da intercettare proprio perché borderline: sono le cosiddette nuove povertà, alcune effettivamente emerse con la crisi attuale, altre semplicemente aggravate dalla situazione di questi giorni. i due bandi emanati vanno proprio a incidere su queste criticità, al centro del problema. il bando «nuove assunzioni» consente a circa 180 soggetti di essere assunti a tempo determinato in associazioni del terzo settore andando a svolgere varie attività di pubblica utilità. Le associazioni hanno partecipato al bando della Fondazione e, una volta ottenuta l’assegnazione di un contributo, hanno potuto provvedere all’assunzione di uno o più soggetti (a seconda del progetto presentato nella richiesta di contributo) per periodi di tempo variabili dai tre ai dodici mesi.

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Enrico Alberigi gli ambiti in cui vengono realizzati queste assunzioni sono i più disparati e vanno dal sociale al culturale, dall’assistenza alle piccole manutenzioni, fino a progetti di ammodernamento e digitalizzazione.

2,3 milioni per dar vita a due bandi per sostenere l’occupazione e dare sollievo in un momento di crisi alcuni nuovi assunti sono stati inseriti in progetti di agricoltura sociale, in attività di supporto a favore di misericordie e altri enti assistenziali, in percorsi di alfabetizzazione digitale, in progetti di custodia beni culturali aperti al pubblico o ancora in programmi di animazione socio-culturale per anziani.

Ci sono poi servizi di consegna a domicilio di farmaci e generi alimentari per persone in difficoltà, manutenzione di aree verdi, vigilanza sul rispetto delle norme sul distanziamento sociale e addirittura soggetti assunti al fine di realizzare studi sull’impatto emotivo della pandemia sulla popolazione adulta. tante anche le assunzioni che hanno coinvolto soggetti disabili o svantaggiati, e anche, ma non solo, per questo si parla di «Lavoro + Bene comune»: coniugare l’opportunità di creare occupazione con lo svolgimento di attività che vanno a beneficio di tutta la comunità.

il medesimo indirizzo ha ispirato anche l’emanazione dell’altro bando, con cui sono stati finanziati 120 tirocini retribuiti e non curriculari presso la pubblica amministrazione. anche in questo caso sono stati gli enti a fare domanda e, in seguito, ad attivare questi tirocini che coinvolgono ragazze e ragazzi dai 18 ai 35 anni. Una splendida opportunità, anche formativa, per molti giovani che vanno a ‘rinverdire’ le fila delle istituzioni portando freschezza, competenza e professionalità. infatti, se molti enti hanno scelto, per urgenze contingenti, di potenziare il proprio Urp (Ufficio relazione con il pubblico) e il personale necessario ai controlli anti-Covid, in tanti hanno guardato anche in prospettiva, selezionando neolaureati e professionisti in grado di costruire anche la comunità del domani. numerosi sono infatti i soggetti individuati per la gestione del patrimonio immobiliare degli enti, mentre altri si occuperanno di monitorare le opportunità della programmazione europea per attrarre nuove risorse. e poi ci sono stati ‘potenziamenti’ nell’ambito della comunicazione, del riordino e digitalizzazione di archivi e biblioteche, dell’assistenza socio-sanitaria e ancora progetti di alfabetizzazione digitale della popolazione e di incremento del personale di musei e gallerie per aumentarne la fruizione.

Una costellazione di professionalità fresche e – ci si augura – dotate del giusto entusiasmo per aiutare le comunità a ottenere servizi più rapidi ed efficienti. giovani che trovano così un’occasione di inserimento nel circuito del lavoro o, in altri casi, l’opportunità di avere un po’ di respiro in una situazione difficile sotto il profilo occupazionale.

Un bilancio positivo per la Fondazione, che riesce a creare dunque circa 300 nuove opportunità di lavoro e di crescita, di sollievo e di formazione, aspettando tempi migliori e comunque costruendo le basi per una rinascita tanto individuale quanto della comunità intera.

Ovviamente nel segno della speranza.

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ri-uscire a superare un momento difficile l rapporto di Caritas italiana Gli anticorpi della solidarietà uscito questo ottobre, segnala come nel periodo maggio-settembre del 2020, l’incidenza dei nuovi poveri che si sono presentati ai centri di ascolto Caritas sia passata dal 31% al 45% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il 2019.

Quasi una persona su due che si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani che risultano in maggioranza (52% rispetto al 47,9% dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa. Sono le conseguenze dello shock sociale seguito alla pandemia da Covid-19 e alle conseguenti misure di contenimento e di chiusura. gli stessi dati si riflettono su quanto analizzato a livello della provincia di Lucca. rispondendo a un questionario somministrato nel mese di novembre, la totalità dei centri di ascolto hanno dichiarato di aver ricevuto richieste di aiuto da persone che non conoscevano, per lo più in una percentuale superiore al 20% dei contatti abituali.

Chi sono queste persone. molti di loro sono dipendenti di attività connesse al settore turistico e della ristorazione e a tutti i settori a esso collegati. molti di questi avevano contratti di lavoro precari e alcuni forme di lavoro in gran parte sommerso. persone che si sono ritrovate senza un paracadute sociale e che hanno sperimentato la solitudine nel dover affrontare la stagione fragile e complessa della pandemia. tra loro, anche molti giovani professionisti, partite iva e titolari di piccole aziende a conduzione familiare.

Quello che dal punto di vista di Caritas e delle associazioni che si occupano di disagio sul territorio emerge chiaramente è l’accelerazione di dinamiche di impoverimento, a danno di una fascia molto larga, tendenzialmente giovane, di popolazione, obbligata a chiedere aiuto.

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Donatella Turri È a partire da questo drammatico quadro, che il territorio si è mobilitato per co-costruire un quadro di strumenti e interventi che mettessero a fuoco proprio la fascia grigia del disagio, coloro che rischiavano di scivolare rapidamente in situazioni di deprivazione severe.

L’intuizione è stata quella di partire da uno strumento già attivo da quasi dieci anni presso la nostra provincia, in una collaborazione

Un aiuto concreto alle famiglie grazie a forme di credito agevolate

tra Fondazione Cassa di risparmio di Lucca, Caritas diocesana di Lucca e l’associazione Fondo Vivere e che consisteva in un fondo di garanzia per la concessioni di crediti a persone difficilmente bancabili. il fondo è diventato il primo tassello di un progetto più ampio denominato «ri-uscire – fondo solidale per la ripartenza». gli obiettivi del fondo sono supportare il superamento dei processi di impoverimento dovuti all’emergenza economico-finanziaria, evitando la loro evoluzione in condizioni di povertà stabile; favorire la creazione di microcircuiti di economia di prossimità e di solidarietà di bassa soglia nelle comunità; accompagnare percorsi di ri-attivazione lavorativa.

tutto questo è concretizzato in un insieme di azioni che prevedono innanzitutto strumenti di natura economica finanziaria: il credito di solidarietà, già in essere, che prevede prestiti fino ad un massimo di 10.000 euro con condizioni agevolate; il prestito di solidarietà, col quale si erogano prestiti fino ad un massimo di 2.500 euro senza interessi; e infine l’aiuto di solidarietà, con cui concedono aiuti a fondo perduto fino ad un massimo di 1.000 euro.

Sono previsti poi strumenti di accompagnamento delle famiglie e di creazione di strumenti per lo scambio di beni o l’acquisizione a prezzi calmierati, con il sostegno ai microcircuiti economici (botteghe di quartiere, centri commerciali naturali…) e l’attivazione di percorsi e circuiti di facilitazione per la ripartenza lavorativa. il progetto è divenuto possibile grazie a una alleanza molto vasta e forte sul territorio, che ha visto contribuire alla costituzione del fondo la provincia di Lucca, tutti i comuni della provincia, la Diocesi di Lucca e alcune fondazioni private. in un certo senso si è voluto scommettere sulla risposta del territorio che, va detto, non ha deluso le attese. La Fondazione infatti si è resa disponibile a versare nel fondo risorse pari al doppio della cifra raccolta tra i vari enti e privati che avessero voluto partecipare, con un tetto massimo di erogazione fissato a 1 milione di euro. attualmente il fondo ha una dotazione di 1,7 milioni di euro, grazie alla compartecipazione di Fondazione Cassa di risparmio di Lucca, Diocesi di Lucca, dalla provincia di Lucca, dalla Conferenza dei Sindaci della Versilia, dalla Conferenza dei Sindaci della piana di Lucca, dalle Unioni dei Comuni della mediavalle e della garfagnana, dalla Fondazione Spazio Spadoni.

L’operatività del fondo è affidata al Fondo Vivere per il contesto versiliese e a Caritas diocesana di Lucca per la piana, media Valle e garfagnana, in un’alleanza ampia con le associazioni e i soggetti del terzo Settore.

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ri-USCire a SUperare Un mOmentO DiFFiCiLe

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il fondo è operativo da agosto e sono già stati stanziati oltre 150.000 euro di interventi, grazie alle domande raccolte dalla vasta rete di centri di ascolto associativi e Caritas presenti sui territori e grazie alla collaborazione con i segretariati sociali e i servizi sociali territoriali dei comuni. il fondo ha consentito di raccogliere e affiancare storie complesse, diverse tra loro.

Come quella di a. un lavoratore del settore turistico. Da molti anni fa l’aiuto cuoco e ha lavorato per anni con un contratto a chiamata.

Da marzo 2020 il lavoro si è interrotto, ha avuto una breve ripresa nel periodo estivo, ma da settembre è di nuovo a casa. O come quella di g. un fotografo a partita iva, che si sosteneva soprattutto con servizi per eventi quali matrimoni e cerimonie. O come quella di L., una giovane insegnante che lavora con contratti a chiamata e che per problemi di salute si è trovata a affrontare una dura difficoltà di arretrati e utenze non pagate.

Un progetto ambizioso ma necessario, ben sintetizzato dalle parole pronunciate dall’arcivescovo di Lucca paolo giulietti nel giorno della presentazione dell’iniziativa: «Di fronte all’emergenza sociale conseguente al Covid19 è evidente il bisogno di una nuova visione dell’economia, che renda protagonisti gli uomini e le donne – e sono sempre di più – che si ritrovano ai margini del mondo del lavoro.

Una società che accetta l’esclusione di un numero importante di cittadini non è infatti sana e capace di futuro, anche se i risultati economici complessivi dovessero essere positivi. il progetto ri-Uscire scommette sugli impoveriti, nella convinzione che alcuni strumenti di accompagnamento e di sostegno – economico, ma non solo – possano avviare percorsi di riscatto economico e sociale, generando nel contempo nuova occupazione e nuova solidarietà. in questa scommessa si ritrovano diverse espressione della comunità, ed è un segno importante di come la nuova economia invocata da papa Francesco sia riconosciuta necessaria da un numero crescente di persone e istituzioni».

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‘respiro’. a fianco dell’ospedale San Luca e della sanità territoriale nell’emergenza Covid-19

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Sirio Del Grande

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cografi e videolaringoscopi per il reparto di terapia intensiva, ecomotografi portatili per il reparto malattie infettive e altri strumenti e dispositivi di protezione individuale per tutti gli operatori dell’ospedale San Luca di Lucca, oltre ad apparecchiature destinate alla sanità territoriale. Sono state utilizzate così le risorse messe a disposizione dalla Fondazione Cassa di risparmio di Lucca per l’emergenza Coronavirus.

L’ente di San micheletto, in una situazione complessa ed in certi frangenti davvero drammatica, per far fronte alla pandemia ha infatti stanziato a favore dell’azienda USL toscana nord ovest oltre 500mila euro, in una prima fase operando insieme anche all’altra grande Fondazione cittadina, quella della Banca del monte di Lucca.

«Dobbiamo ringraziare di cuore la Fondazione Cassa di risparmio di Lucca – ha dichiarato il direttore dell’ospedale di Lucca michela maielli – per le sue generose donazioni che permettono agli operatori sanitari, che stanno lavorando con impegno e dedizione, di poter far conto su apparecchiature sempre più moderne ed innovative, in grado di fornire un grande supporto nell’attività quotidiana. per il nostro personale percepire la solidarietà e la vicinanza delle istituzioni e di tutte le componenti della comunità è fondamentale».

«Da mesi – ha confermato il responsabile della terapia intensiva del San Luca Cesare Fabrizio Benanti – stiamo utilizzando a pieno regime in particolare gli ecografi ed i videolaringoscopi donati dalla Fondazione. Si tratta di strumenti di ultima generazione, che hanno rappresentato per il nostro reparto un significativo avanzamento tecnologico. posso confermare che si tratta di macchinari davvero utilissimi, di cui usufruiamo molto in queste ultime settimane, vista anche la ripresa dei contagi e la crescente necessità di esami rapidi».

«Sentire che abbiamo il sostegno della cittadinanza – aggiunge il direttore delle malattie infettive di Lucca Sauro Luchi – è importan-

tissimo. È la conferma della grande sensibilità di una comunità che manifesta sempre la propria vicinanza, ma ancora di più in questa delicata situazione. Quotidianamente al nostro ospedale ed ai nostri operatori arrivano attestati di stima, che ci fanno molto piacere.

Si va da chi ci fa avere piccole cose fino alle ingenti donazioni della Fondazione. Sono tutti segnali importanti e sono la dimostrazione che i cittadini apprezzano l’impegno che quotidianamente tutti insieme mettiamo in campo per il bene della collettività». nei mesi scorsi la Fondazione Cassa di risparmio di Lucca ha donato anche 77 kit per il rilevamento dei parametri medici a distanza alle tre zone distretto della provincia di Lucca, che vengono usati dai medici della medicina generale e dai medici delle Usca (le Unità speciali di continuità assistenziale) per monitorare e trasmettere a distanza, dallo studio o dal domicilio, i parametri medici dei pazienti: pressione, temperatura, battito cardiaco, ossigenazione del sangue. il tutto grazie ad un pulsossimetro, un termometro, un misuratore di pressione ed uno smartphone interconnessi che forniscono in tempo reale tutti i principali parametri per determinare un primo quadro clinico della salute del paziente.

Si tratta quindi di kit portatili, utili in particolare nel caso la visita riguardi persone con patologie croniche che non possono spostarsi da casa ma anche per monitorare pazienti a possibile rischio o anche positivi al Covid-19, che devono restare a casa e tenere costantemente sotto controllo il proprio stato di salute.

Questi dispositivi, con la loro possibilità di trasmettere i parametri rilevati via internet, hanno contribuito a potenziare la medicina territoriale, strategica per continuare a contrastare il contagio da Coronavirus.

Un contributo importante che ha visto ringraziare, per la vicinanza e la sensibilità, la Fondazione Luigi rossi, alessandro Campani e Franco Chierici, direttori delle zone distretto rispettivamente della piana di Lucca, della Versilia e della Valle del Serchio.

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che resiste lucca Film Festival e europa cinema: il miracolo del cinema ai tempi della pandemia Stefano Giuntini Più che un festival, un miracolo». le parole di marcello Bertocchini, presidente della Fondazione cassa di risparmio di lucca e main sponsor, riassumono bene la dimensione dell’impresa compiuta dallo staff del lucca Film Festival e europa cinema, ossia mettere in piedi un programma di spessore internazionale in uno scenario in cui tutti gli altri organizzatori di grandi eventi – o quasi – rinunciavano a causa della pandemia in corso, conservando il suo format originale.

e così, dal 25 settembre al 4 ottobre sono andati in scena nove giorni di grandi ospiti, concorsi di lungometraggi e cortometraggi (il ‘core’ di ogni festival di cinema che si rispetti, ndr), mostre ed eventi diffusi su tutta la città come effetto cinema Notte. tutto questo grazie a un lavoro di squadra che ha visto sul campo decine di persone – dalla dirigenza, ai collaboratori fino agli stagisti –, forti del rinnovato sostegno di sponsor e istituzioni nonché di tutto il tessuto sociale ed economico di una città. un miracolo, dicevamo, che nasce dal coraggio, dalla pianificazione e dalla professionalità di un team capace di trovare la perfetta sintesi fra la dimensione internazionale e il radicamento sul territorio. una storia, quella FCRLmagaziNe 17 | 2020

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1. cristina Puccinelli, stefano giuntini e Nicola Borrelli inaugurano l’edizione 2020 del lucca Film Festival e europa cinema 2. lo staff del Festival, da sinistra: manuel Navati (responsabile sottotitolatura), Nicola D’Olivo (marketing), rachele Pollastrini (direzione concorso cortometraggi), stefano giuntini (direzione artistica eventi), Nicola Borrelli (presidente), martino martinelli (direzione concorso lungometraggi), Francesco giani (direzione marketing), Valentina Vasta (direzione reparto accoglienza), elisa Pollastrini (traduttrice) e irene Passaglia (produzione eventi) 3. matt Dillon 4. thomas Vinterberg 5. lech majewski

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del lucca Film Festival 2020, che vale la pena di raccontare con parole e immagini.

«Un FestivaL FondamentaLe peR La RipaRtenza», matt diLLon a LUCCa Con Un pantheon di GRandi staR itaLiane e inteRnazionaLi

Non esiste festival del cinema senza un red carpet e non può esserci un tappeto rosso senza le grandi star, fa parte della magia. e in quanto a stelle del grande e piccolo schermo c’è da dire che l’edizione 2020 del lucca Film Festival e europa cinema è stata ritenuta come una delle migliori degli ultimi anni. «lucca è una città meravigliosa, il festival fondamentale per la ripartenza», ha dichiarato matt Dillon, punta di diamante di un parterre di ospiti che spaziava dal nazionale all’internazionale, forte di grandi nomi come il fondatore della corrente cinematografica del Dogma 95 (assieme a lars Von trier) thomas Vinterberg, lech majewski, nonché gli italiani elio germano, Vinicio marchioni, sandra milo (testimonial

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elio germano Vinicio marchioni sandra milo un momento della reunion del cast di Boris sul palco del cinema astra

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d’eccezione per il doveroso omaggio a Federico Fellini nel centenario della nascita) e la reunion del cast della serie cult Boris (presenti al talk show gli attori alessandro tiberi, andrea sartoretti, Karin Proia, carlo De ruggeri, antonio catania, Valerio aprea, caterina guzzanti, raffaele Buranelli, luca amorosino e l’autore giacomo ciarrapico) protagonisti sul palco di lucca di un live show in collaborazione con Disney italia e Wildside a dieci anni dalla messa in onda della terza stagione. masterclass, rassegne, premi alla carriera e incontri con la stampa hanno reso questa edizione del lucca Film Festiva e europa cinema una vera perla nel tristemente martoriato mondo delle kermesse cinematografiche, che ha visto ‘salvarsi’ solo poche realtà, mentre altre sono andate in scena in forma ridotta e le rimanenti si sono limitate a trasmettere contenuti in streaming a pagamento. su questo punto va sottolineata la politica adottata dal lFF, che – unico esempio in italia – ha voluto dare un segnale di diffusione della cultura in questo momento difficile promuovendo una formula di accesso completamente gratuito allo streaming di tutto il suo programma, dagli FCRLmagaziNe 17 | 2020

incontri, alle proiezioni, alle premiazioni, fino al grande concerto Omaggio a Federico Fellini nell’auditorum san Francesco dell’Orchestra di musica sinfonia e della tuscan chamber Orchestra di etruriamusica. i ConCoRsi, veRa anima deL FiLm FestivaL

al di là della confezione di lusso data dagli importanti ospiti, c’è da dire che il cuore di qualsiasi festival del cinema sono i concorsi, in particolare il concorso lungometraggi (curato da cristina Puccinelli, stefano giorgi e martino martinelli) e il concorso cortometraggi (diretto da rachele Pollastrini). una giuria d’eccezione (claudio giovannesi, anita Kravos, Daniele ciprì, massimo gaudioso e roberta mastromichele) ha decretato come vincitore del miglior lungometraggio il film Murmur, esordio alla regia della cineasta canadese heater Young, mentre il podio del miglior corto (assegnato dalla giuria composta da alberto tempi, amelia Nanni, arianna lodeserto e Jonas schnyder) è andato a Anche gli uomini hanno fame di Francesco lorusso, gabriele licchelli e andrea settembrini. il Premio mi49

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10. Fabio Belgrano e Federico Pesci sul palco per Lucca48 11. Vincenzo Baccari di sofidel (al centro) consegna il Premio sponsor ‘unrolling the Future’ 11. al cortometraggio Il cane di Ombroni Produzione 12-15. Performance sul palco del cinema astra per effetto cinema live show

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glior lungometraggio della giuria popolare è stato per Boy Meets Gun di Joost van hezik, che si è aggiudicato anche quello della giuria universitaria.

Per quanto riguarda i cortometraggi la giuria studentesca ha premiato Nunca te dejé sola di mireia Noguera. sempre in ambito short movies, le menzioni speciali della giuria sono andate a A Janela di Patrìcia sobreiro e a I heard silence from her di geena Jung. Nel corso della serata di premiazioni – vero gran galà del festival – hanno trovato spazio per la prima volta i partecipanti a lucca48, originale contest cinematografico rivolto a filmmaker esordienti chiamati a girare e montare le loro opere in 48 ore (da qui il titolo della gara, curata da Federico Pesci), che ha visto vincitore il lavoro Ventiseisettembre2020, del collettivo ‘i Beati Poli’. Nell’occasione è stato anche consegnato il Premio sofidel – sponsor di lucca48 all’interno del lucca Film Festival e europa cinema 2020 – al cortometraggio Unrolling the Future – The Sustainabillity Short Film Award, distintosi nel rappresentare i temi legati alla sostenibilità ambientale. sempre sul palco del festival sono stati premiati performers e pubblici esercizi partecipanti a effetto cinema Notte, curato dal reparto eventi, che merita un capitolo a parte in questo reportage. eFFetto Cinema notte, ovveRo Come ReinventaRe GLi eventi daL vivo

alla sua ottava edizione, effetto cinema è il contenitore degli eventi dal vivo del lucca Film Festival e europa cinema, che di solito si occupa di creare una vera e propria atmosfera festivaliera attraverso l’animazione del red carpet, concerti dal vivo e vj set spalmati in tutte le date. in questo contesto, l’appuntamento di punta è effetto cinema Notte, evento di chiusura del festival che trasforma l’interno centro storico della città in un enorme set cinematografico performante, grazie alla collaborazione con i pubblici esercizi e delle compagnie teatrali amatoriali del territorio, che

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richiama ogni anno a lucca un pubblico di decine di migliaia di persone collocandosi come uno dei più importanti grandi eventi diffusi del calendario annuale cittadino. una forza, quella dei numeri, che al tempo del covid si è trasformata in criticità, cosa che ha obbligato la direzione artistica (curata da cristina Puccinelli, assieme al sottoscritto) alla difficile impresa di ripensare il format adattandolo al nuovo scenario, ma conservandone l’anima partecipativa che rappresenta il punto di contatto fra il film festival internazionale e il tessuto sociale, culturale ed economico della storica città che lo ospita.

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la soluzione è stata slegare le performance – solitamente abbinate ai locali – dai pubblici esercizi, svuotando dalle esibizioni dal vivo le strade e le piazze, ma preservandone l’essenza tramite una formula ibrida fra l’on line e il live. le associazioni Fita e acsi, partner storici del festival, hanno così chiesto ai loro iscritti partecipanti (54 gli attori coinvolti) di produrre video performance da diffondere sui social del lFF per essere votati dal pubblico nei giorni di avvicinamento all’evento in una eliminatoria che ha poi visto tre finalisti per ogni categoria sfidarsi sul palco di effetto cinema live show.

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16. Paolo migone 17. Feste a tema per effetto cinema Notte 2020 18. da sinistra: Paolo tacchi di Banca generali, Nicola Borrelli e alessandro Orsucci, curatore della mostra 18. Alberto Sordi, Fellini e i vitelloni: 100 anni insieme all’inaugurazione 19. la mostra Alberto Sordi, Fellini e i vitelloni: 100 anni insieme a Palazzo Pfanner

Quest’ultima serata ha inaugurato il lucca Film Festival e europa cinema come vero contenitore performativo dal vivo, con la partecipazione come mattatore del comico Paolo migone, mentre fuori dal cinema astra – la stessa sera – 33 pubblici esercizi si sfidavano in una gara di costumi. Questi tutti i vincitori: Premio Fita migliore performance a Non ce n’è filmi, della compagnia i Postumi teatro; Premio acsi miglior Performance a Schindler’s List, di tutto Danza; Premio del Pubblico (sponsorizzato da egoWellNess resort) a The Greatest Showman, di VivieDanza; Premio migliori costumi di confcommercio lucca e massa carrara allo staff del lebowski cocktail Bar per Alice in Wonderland di tim Burton.

Le mostRe, da soRdi a FeLLini passando da sidibè e pLessi: qUando iL Cinema inContRa L’aRte

il reparto mostre – diretto da alessandro romanini – rappresenta, assieme al comparto eventi dal vivo, un altro tassello di unicità del format del lucca Film Festival e europa cinema. il connubio fra cinema e arte indaga i punti d’incontro fra linguaggi e forme espressive per rendere l’esperienza festivaliera lucchese ancora più ricca e varia nell’offerta. la mostra Alberto Sordi, Fellini e I Vitelloni: 100 anni insieme, ha celebrato due miti del cinema italiano nella storica cornice di Palazzo Pfanner, set dell’epocale Il marchese del Grillo di mario monicelli (con sordi protagonista) e di diverse altre produzioni. curata da alessandro Orsucci e Federico ghivizzani, l’esposizione riproponeva locandine storiche dei film ed è stata apprezzata anche da un visitatore d’eccezione: giorgio gobbi. l’attore, che nel film di monicelli interpretava il domestico del marchese, ricciotto, ha rimesso piede a Palazzo Pfanner dopo 39 anni dalle riprese del film, cimentadosi in maniera estemporanea nella mitica scena in cui annuncia dalla finestra «s’è svegliato!» per un inaspettato remake dal vivo di un momento che ha fatto la storia del cinema italiano. hanno completato l’offerta di sezione le mo-

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20-21. il concerto Omaggio a Federico Fellini nella chiesa di san Francesco 22. la mostra L’amore durante la fine del mondo alla galleria d’arte ‘Olio su tavola’ 23. la mostra L’avventura dell’arte nuova, anni 60-80 alla Fondazione ragghianti

stre L’Amore durante la fine del mondo, dedicata alle visioni dell’artista antonio sidibè e svoltasi presso la galleria d’arte Olio su tavola, e L’avventura dell’arte nuova, anni 60-80, una collettiva di opere di cioni carpi (curata da angela madesani) e gianni melotti (a cura di Paolo emilio antognoli) presso la Fondazione ragghianti. ‘the dReameRs’ (i soGnatoRi): Lo staFF deL LUCCa FiLm FestivaL e eURopa Cinema

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al di là delle grandi stelle del cinema, che si prendono giustamente la scena, il lucca Film Festival e europa cinema è un mondo fatto di tante persone che lavorano ogni giorno lontano dai riflettori perché tutto funzioni al meglio, una grande famiglia dove ognuno ha un ruolo preciso. sono infatti tanti i reparti interni all’opera nel contenitore dei nove giorni di programma, che si preparano all’impegno riunendosi ogni settimana per tutto il corso dell’anno per arrivare all’inaugurazione senza tralasciare nessun dettaglio organizzativo.

Oltre al presidente Nicola Borrelli e ai già citati direttori di concorsi, eventi e mostre, c’è il reparto accoglienza, guidato da Valentina Vasta (coadiuvata da elisa Pollastrini e camilla chiti), le squadre di fotografi e video operatori (diretti rispettivamente da laura casotti e Daniele trengia di Boguslab), il reparto social coordinato da Fiammetta Baldi, l’ufficio stampa di antonio Pirozzi e martina angeli, il reparto marketing (Francesco giani e Nicola D’Olivo), la Produzione esecutiva eventi (alessandro Di giulio e irene Passaglia), l’amministrazione (rosita Pieroni), la segreteria (lucia Pieroni e alisia Di giulio), la biglietteria (ilaria riccomini e michela randaccio), gli autisti (coordinati da marco Viani), il reparto sottotitolatura (manuel Navati), europa cinema (laura Da Prato e giulio marlia), il reparto talents haudler (cristina casati, Federico Jonathan cousin), la sezione anteprime italiane Fuori concorso (susanna maurandi). e ancora, i reparti acquisizione Diritti e movimentazione copie, il reparto traduzioni, il reparto relazioni Ospiti e sponsor, la

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gestione sito internet, il reparto educational e tutto un esercito di stagisti e volontari che è impossibile elencare per intero. soprannominati ‘the Dreamers’, come i sognatori del celebre film di Bernardo Bertolucci, sono un team affiatato e coordinato capace di far fronte ogni momento alla risoluzione estemporanea di qualsiasi problema in quella gigantesca fabbrica di imprevisti che è un festival internazionale di cinema. È grazie alla loro passione e abnegazione che anche in un anno difficile come il 2020 si è potuto mettere in piedi la macchina organizzativa del lucca Film Festival e europa cinema. sosteneva infatti eva green in The Dreamers che «Non esiste l’amore, esistono soltanto prove d’amore». e ogni edizione del festival – in particolare l’ultima, per i motivi che sappiamo – è da considerarsi prima di tutto una grande prova d’amore di questi ragazzi. ‘i veRi eRoi’: Uno sGUaRdo a sponsoR e sostenitoRi

«‘i veri eroi’ sono gli sponsor, che hanno creduto in noi rinnovandoci la fiducia in un momento in cui sembrava impossibile fare un festival di cinema internazionale», ha dichiarato il presidente del lucca Film Festival e europa cinema Nicola Borrelli in un’intervista, mettendo in chiaro il rapporto di consolidata fiducia fra l’organizzazione e i sostenitori. in prima linea – come anticipato – c’è il main sponsor rappresentato dalla Fondazione cassa di risparmio di lucca, ma merita una menzione d’onore anche Paolo tacchi, Wealth advisor di Banca generali con cui si è creato negli anni un vero e proprio sodalizio nel segno delle politiche culturali. in prima linea nel sostegno al festival segnaliamo anche i comuni di lucca e Viareggio, anime istituzionali di una cordata che include Pictet am, société générale (per le mostre) e the lands Of giacomo Puccini – lucca tuscany. a questi vanno aggiunti la regione toscana, il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, il ministero dell’istruzione, la Fondazione sistema toscana, la Fondazione Banca del monte di lucca,

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24. l’attrice larthia galli giannini sul carpet per la prima del film Anja - Real Love Girl di Pablo Benedetti e 24. Paolo martini 25. Pubblico con visore virtuale in sala al cinema centrale per lo spettacolo Segnale d’allarme 25. La mia battaglia VR di elio germano 26-27. lucca Film Festival e europa cinema al cinema astra

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sofidel s.p.a, martinelli luce, audi center terigi (per le auto), manifatture Digitali cinema, confcommercio, Wella, Fondazione centro studi licia e carlo ludovico ragghianti, Fabio Perini s.p.a, teatro del giglio, guarinucci Napoli (per gli abiti dei presentatori), Palazzo Pfanner, università degli studi di Pisa, luce cinecittà, Puccini museum, Yamaha e tanti altri. il lucca Film Festival e europa cinema – fra investimenti, servizi e promozione – ha una ricaduta sul territorio di un investimento che si aggira sui 400mila euro, ma i numeri non finiscono qua…

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i nUmeRi deLL’edizione 2020

Nonostante le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria, al lucca Film Festival e europa cinema 2020 ha partecipato un pubblico di circa 6500 persone fisiche in totale, che oltre al pubblico nelle sale include i visitatori delle mostre, oltre 500 studenti in presenza e più di 200 online alle masterclass della sezione educational a loro riservate. alla riuscita del festival hanno contribuito – oltre allo staff di direzione – 35 collaboratori e circa 50 fra stagisti e volontari al lavoro nei giorni della manifestazione.

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lucca Film FestiVal e eurOPa ciNema: il miracOlO Del ciNema ai temPi Della PaNDemia

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FaRe CULtURa ai tempi deLLa pandemia (ConCLUsioni)

Non è facile passare all’azione quando tutto il mondo intorno a te sembra andare a pezzi.

Ognuno di noi ricorda con dolore la sera del 23 febbraio, quando ci prendemmo una pausa dalla riunione settimanale per seguire la diretta del discorso del presidente del consiglio giuseppe conte e ascoltare quelle parole per la prima volta: lockdown totale. Organizzare un festival come il nostro richiede un duro lavoro che si spalma durante tutto l’anno, quelle parole per noi non significavano solamente che ci saremmo dovuti rinchiudere in casa per evitare una pandemia, volevano dire che avremmo dovuto buttare via mesi di lavoro senza alcuna certezza per il futuro. il nostro mondo stava crollandoci sotto i piedi alla velocità della luce: il più grande di tutti – il Festival di cannes – venne giù davanti a noi come un enorme castello di carte. in quel momento ci guardammo negli occhi e ci congedammo pieni di paura. ma poi pensammo a Darwin, «Non sono i più grandi e i più forti che sopravvivono, ma quelli che si sanno maggiormente adattare». e così fu.

Buttammo via tutto quello che avevamo fatto e anche la nostra esperienza per ricominciare tutto da zero con una prospettiva nuova, idee e soluzioni inedite, per ritrovarci uniti e motivati come mai era successo prima. Per dimostrare che la cultura resiste, «come un divino anacronismo» (Orson Welles). e questa è la storia di tutti noi – ‘i dreamers’ – che siamo quelli che non si arrendono neanche quando ogni opzione sembra impossibile. È la storia di una città della toscana e del suo festival del cinema: il lucca Film Festival e europa cinema, un piccolo miracolo.

Foto di Laura Casotti 27

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changes: lucca comics & games cambia e va avanti Barbara di Cesare festival si concludono e si danno appuntamento all’anno successivo. le idee si coltivano, progrediscono, Lucca Changes continua. un cantiere aperto, una bottega rinascimentale alla ricerca di intuizioni brillanti, imperfette, manipolabili per immaginare la rassegna del futuro. «Non racconti zuccherosi ma una cassetta degli attrezzi per costruire nuove storie» questo l’insegnamento del maestro di Omegna, che gli

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Un’edizione tutta da vivere on line in memoria di Gianni Rodari

organizzatori di lucca comics & games hanno fatto loro, provando a raccogliere la sfida del millennio. Non realizzare un evento ma avviare una fase di ricerca e sviluppo per abbracciare e accelerare il cambiamento. Ne è uscita così la più innovativa edizione di sempre, quella Lucca Changes che è giunta laddove la tradizionale lucca comics & games non era mai arrivata: i premi in esclusiva sulla tV Nazionale, la grande sfida con il museo degli uffizi per portare i fumetti in una delle istituzioni museali più importanti a livello internazionale, e ancora un e-commerce dedicato al festival nell’ambito dell’ecosistema di una tra le company più influenti al mondo.

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1-5. la mostra dedicata ai 100 anni di gianni rodari alla cavallerizza

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una programmazione online, una sui canali rai e una attraverso la rete dei 115 Campfire sparsi in tutta italia, raggiungendo così un pubblico ancora più vasto ed eterogeneo. tre giorni e mezzo di dibattiti, incontri e anteprime, con 320 eventi digitali seguiti da oltre 250.000 utenti unici, per più di 1 milione di visualizzazioni; oltre 360 ospiti, 7 studi di regia streaming, più di 60 editori per 200 uscite editoriali del fumetto e 110 uscite editoriali del gioco, nonché 75 attività generate dalla community. contenuti culturali anche su raiPlay con 15 programmi originali e 7 documentari, oltre a 3 puntate speciali di Wonderland in seconda serata su rai4 e molto altro. ma Lucca Changes non si è conclusa il 1° novembre.

Più di 200 eventi del programma sono disponibili on demand sul sito e sulla pagina Youtube del festival, mentre raiPlay, fino alla fine di febbraio 2021, ospiterà la sezione dedicata a lucca comics & games.

Diverse le iniziative per celebrare il centenario della nascita di gianni rodari, sostenute grazie al contributo della Fondazione cassa di risparmio di lucca con la collaborazione di due partner editoriali d’eccellenza come electa ed einaudi. un omaggio a uno dei più grandi intellettuali del Novecento italiano, maestro, scrittore, giornalista ma soprattutto colui che prima degli altri ha intuito la necessità e l’urgenza di un’educazione alla fantasia affiancata a una piena fiducia nella creatività infantile.

Per festeggiare il maestro di Omegna è stata allestita una mostra espositiva, disponibile in virtual tour sul sito della manifestazione, di 100 illustrazioni realizzate da 100 artisti contemporanei chiamati a reinterpretare le loro 100 storie e filastrocche rodariane preferite.

Questi tributi artistici sono stati raccolti da einaudi, nel volume Cento Gianni Rodari. Cento storie e filastrocche, a disposizione di educatori, insegnanti, animatori e genitori che vogliono riscoprire e attualizzare i suoi insegnamenti. sempre grazie al contributo della Fondazione cassa di risparmio di lucca, Lucca Changes ha ricordato a tutti anche

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chaNges: lucca cOmics & games camBia e Va aVaNti

6-8. le iniziative di lucca Lucca Changes sul canale Youtube 9. elettra lamborghini 10. max Pezzali e roberto recchioni

l’amore che rodari aveva per il mondo del fumetto, per una visione allargata di cultura che comprendesse linguaggi, mezzi e personaggi innovativi e originali. con interventi di Pino Boero, fra i maggiori studiosi dell’opera rodariana, Vanessa roghi, storica, autrice di una recente biografia e gaia stock della casa editrice einaudi ragazzi, si sono ricordate le eccezionalità di rodari; mentre l’attore ascanio celestini ha messo in scena un reading tratto da la Freccia azzurra; per i più piccoli, dal teatro del giglio di lucca, è stato registrato lo spettacolo L’Albero Azzurro – Dodò e l’avventura spazial a cura di rai ragazzi. Fra gli appuntamenti più seguiti online, anche le lezioni di Fantastica con gli interventi straordinari dell’attore giulio scarpati, del pedagogo Federico Batini, dell’illustratore alessandro sanna e del giovanissimo book blogger Null, nonché la sfida all’ultimo gioco di parole fra andrea angiolino e Beniamino sidoti nel loro a parole son bravi tutti. grande successo anche per le attività di formazione per educatori a cura del Parco della Fantasia di Omegna.

Nei prossimi mesi proseguiranno le celebrazioni con il progetto «rodarica» realizzato insieme a Book on a Tree allo scopo coinvolgere gli insegnanti e i bambini delle scuole primarie di lucca che vorranno cimentarsi con il Kit della Fantasia, ispirato da uno degli ultimi racconti scritti da rodari, Il gioco dei quattro cantoni. i bambini diventeranno muratori, elettricisti, idraulici e impiegati della fantasia e lavoreranno sia da casa propria che in classe grazie alle attivazioni a distanza del team di Book on a Tree. i migliori elaborati, rodariana-mente parlando, cioè quelli che presenteranno uno slancio creativo, un salto audace, uno sberleffo intelligente, saranno sviluppati e presentati in un percorso espositivo originale nella primavera del 2021.

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Foto Archivio fotografico Lucca Crea srl 10

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* Conversazioni rinviate in osservanza delle misure anti Covid-19 64

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l’illusione della libertà secondo galimberti ella serata del 15 ottobre, il filosofo umberto galimberti, chiamato ad aprire l’edizione 2020 delle conversazioni, ha condotto il pubblico di san Francesco, con la sua mirabile capacità di sintesi e di chiarezza, a una riflessione che non si è limitata al concetto storico e contemporaneo della libertà. galimberti affonda la sua analisi nella potenza stessa delle parole, strumenti quasi chirurgici per la dissezione e la definizione del pensiero umano. il suo eloquio veloce e scarno, ma estremamente didattico e ricco di esempi effi-

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All’apertura delle Conversazioni in San Francesco una serata con un grande filosofo e osservatore dei nostri tempi caci, descrive la genealogia del concetto di libertà alla base della cultura occidentale. un concetto tanto ideale quanto travolgente che ha mosso con la sua enorme energia la storia umana, ma che quando si materializza nella vita reale del singolo individuo è affievolito e reso quasi impalpabile dalle condizioni ambientali e dalle convenzioni sociali di un uomo che non sembra padroneggiare più il sistema che ha creato e quindi le sorti del proprio futuro.

Per parlare di libertà galimberti ha invitato tutti a fare un esercizio di pensiero. Pensare non è conoscere, le conoscenze ci sono date dalle scienze, il pensiero è un’altra cosa. È sottoporre a verifica le idee che abbiamo in FCRLmagaziNe 17 | 2020

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futura. congetture per il nuovo millennio testa. attraverso la filosofia è possibile verificare se le nostre opinioni sono il frutto di pregiudizi, di opinioni diffuse, della fede, dell’ideologia a cui si appartiene, oppure se hanno o non hanno fondamento. a tal proposito il filosofo lancia la sua teoria, come una deflagrazione: «bene quando parliamo di libertà diciamo subito la tesi della mia chiacchierata: la libertà non esiste».

Però esiste l’idea di libertà – precisa – e le idee fanno più storia di quanto non facciano i fatti della storia. Nessuno sa se dio esista. Però l’idea di dio ha creato una storia potentissima. Noi confondiamo la libertà dell’uomo con il fatto che gli uomini non abbiano istinti. l’istinto è una risposta rigida a uno stimolo. la cosa più importante è l’aggettivo rigida. «se faccio vedere a una mucca una bistecca – ha esemplificato – non la mangia se le faccio vedere un covone di fieno si mette a mangiare con voracità perché è regolata dall’istinto. Proprio perché sono regolati dagli istinti, gli animali non hanno storia. l’uomo non ha istinto lo ha detto per primo platone nel dialogo protagora in cui racconta come zeus incarica epimeteo (nome che significa colui che pensa dopo, l’improvvido, l’incauto) il quale distribuisce a tutti le loro qualità, cioè gli istinti, e quando arriva all’uomo non aveva niente da dare allora zeus, presa compassione dei viventi, chiama prometeo (che significa colui che pensa in anticipo) e lo invita a dare ai mortali la sua virtù». galimberti ha precisato poi che «innanzitutto bisogna mettere da parte un’altra idea che funziona perfettamente ed è diventata addirittura venerabile: l’uomo è un animale ragionevole. l’uomo non è un animale perché gli manca la prima caratteristica degli animali che sono gli istinti. anche l’istinto sessuale così poco istintivo in presenza di una pulsione di una spinta sessuale, io posso dedicarmi a tutte le perversioni anche le più strane, cosa che sembra non sia concesso agli animali. così come posso in presenza di una pulsione ses66

suale assegnare a questa una meta non sessuale e fare un’opera d’arte o scrivere una poesia, quella che Freud chiamava sublimazione. lo stesso Freud che nei primi scritti utilizzava la parola ‘instinkt’ la abbandona e la sostituisce con il termine ‘trieb’ che traduciamo con pulsione, spinta a una meta indeterminata. alle pulsioni posso assegnare le mete più diverse, ecco perché gli uomini, per contenere i loro comportamenti che non sono regolati dalla rigidità istintuale, fin dall’epoca delle tribù primitive hanno dovuto, attraverso riti molto rigorosi, insegnare agli umani la loro condotta per distinguere il sacro dal profano, il puro dall’impuro, il giusto dall’ingiusto, il vero dal falso. Dopo sono state le religioni con i loro precetti a portare l’umanità da uno stato selvaggio a uno quasi civile, poi sono subentrati gli stati con le istituzioni e le leggi hanno dato le norme di comportamento, senza queste non potremmo coesistere.

Ma la libertà? i greci ad esempio, a detta di galimberti, non avevano nessun concetto di libertà. ritenevano che la vita degli umani fosse regolata dal fato e dal destino e traevano questa indicazione dalla concezione che avevano della natura: uno sfondo immutabile che nessun uomo e nessun dio fece. come diceva eraclito la natura era governata da leggi immutabili, garantite da una categoria potentissima che era quella della necessità ossia ’Auágkh – anánkē. la natura aveva una sorta di crudeltà innocente verso l’uomo. i greci chiamano l’uomo ‘mortale’, introducono la cultura del limite, non c’è un’altra vita dopo la terrena. invece nella cultura giudaica la libertà esiste fino dall’inizio della genesi, perché la natura è una creatura di dio e per cui dio è libero di creare o non creare e questa natura viene poi consegnata all’uomo dopo il peccato originale per il suo sostentamento e l’uomo a quel punto ne esercita l’uso accompagnandolo con la libertà che dio gli ha concesso. grecità e giudaismo sono quindi scenari radicalmente diversi non hanno alcuna parentela fra di

Futura. Nella sua accezione latina il termine indica le «cose future», ciò che ci aspetta. ma futura è anche il nome di una bambina. una bambina che deve nascere, così come ancora deve prendere forma il nostro domani, in continuo divenire. una bambina immaginata sulle note di una commovente canzone di lucio Dalla che proprio in questo singolare 2020 compie quarant’anni. immaginare il futuro in questo momento così critico si configura da un lato come un atto di coraggio, e dall’altro come un’esigenza concreta.

Questo titolo e queste riflessioni hanno preso corpo e sostanza già prima del diffondersi della pandemia, ma in questo frangente suonano ancor più attuali e necessarie. le conversazioni in san Francesco 2020 sono state pensate come «congetture per il nuovo millennio», in un percorso attraverso il pensiero filosofico, l’analisi dei mutamenti sociali, gli scenari dell’economia mondiale e le opportunità di ripensare il nostro modo vivere le città e, più in generale, il mondo in cui viviamo, l’unico pianeta – al momento – a nostra ‘disposizione’.

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l’illusiONe Della liBertà secONDO galimBerti

loro. e la differenza consiste proprio nel concetto di mortalità: nella giudaica l’uomo in qualche maniera ha una promessa che riguarda il futuro; per il greco non c’è alcuna promessa che riguardi il futuro anzi l’età dell’oro è alle spalle, e l’umanità è in una progressiva decadenza. il cristianesimo introduce in modo potente il concetto e l’idea di libertà per la semplice ragione che la libertà garantisce la responsabilità e questa garantisce la punibilità. se sei libero sei responsabile e se sei responsabile sei punibile. Questa strategia, che in ambito religioso determina il comportamento buono o cattivo, corretto o scorretto, consente al cristianesimo di regolare l’ordine sociale, tramite la libertà delle proprie azioni e la punibilità in caso di trasgressione e, ad attendere i cristiani l’ultimo giorno, c’è un giudizio universale.

Questo concetto, sostiene galimberti, è utilissimo dal punto di vista del buon funzionamento della società ma non ha nessun fondamento tant’è che nel cinquecento, quando lutero dice che noi saremo salvati, non grazie alle nostre azioni, ma alla predestinazione imperscrutabile di dio, gli uomini del rinascimento italiano si liberano dal concetto di libertà, responsabilità, punibilità: se le mie azioni non mi fanno guadagnare il paradiso i miei peccati non mi manderanno all’inferno. il percorso di galimberti giunge dunque al seicento, quando hobbes sostiene che a causa della condotta umana difficilmente arginabile, perché indeterminata dato che l’uomo è lupo nei confronti dell’altro uomo, è necessario che gli uomini trasferiscano una parte, se non tutta la loro libertà, allo stato perché solo questo è in grado di garantire l’esercizio della giustizia, a differenza degli umani che nelle relazioni individuali finiscono inevitabilmente per affidarsi alla vendetta non giusta; infatti l’investimento emotivo dell’offeso carica la punizione nei confronti del reo di un eccesso rispetto al torto subito perché l’offeso è scosso emotivamente. con la consegna della libertà allo stato nasce l’assolutismo.

Dall’assolutismo ci libera la rivoluzione franceFCRLmagaziNe 17 | 2020

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seconda conversazione tra america ed economia globale se che afferma i tre grandi concetti: Libertè – Egalitè – Fraternitè. la rivoluzione francese e la filosofia sottesa, l’illuminismo, vengono osteggiati dalla chiesa ma è sufficiente metterli a confronto per comprendere che i principi fondanti della rivoluzione erano gli stessi del cristianesimo perché è stato il cristianesimo a stabilire che gli uomini sono tutti liberi e uguali perché figli di dio e la fraternità non è altro che la carità verso il prossimo. Quindi rivoluzione francese e cristianesimo sono due grandi fraintendimenti.

Poi c’è la questione del denaro il denaro non è una cosa brutta di per sé. aristotele diceva che con il denaro non si può fare ricchezza, ricorda galimberti, perché non è un bene ma il simbolo di un bene e con i simboli non ci si arricchisce. i greci che avevano capito questo chiamavano il denaro nomisma – nommos in greco vuol dire legge – qualcosa che vale perché una legge che stabilisce che valga altrimenti non vale – un simbolo non un bene. marx dice che il denaro regola i rapporti fra gli umani perché il valore delle cose non dipende dal loro valore d’uso, cioè dal soddisfare un bisogno, ma dipende dal valore di scambio cioè di permutarsi in un altro bene. l’acqua ha lo stesso valore d’uso qui da noi e nel deserto. ma non ha lo stesso valore di scambio perché qui la regalano, nel deserto no. in questa maniera i beni cessano di esserlo e diventano merce ossia il bene considerato dalla sua capacità di scambiarsi con altri beni non quello di soddisfare i bisogni e dalle merci si organizza il mercato. man mano che il mercato si autonomizza dalla società e la subordina diventa il soggetto egemone e l’uomo diviene un mero rappresentante di merci. galimberti ha affrontato quindi la tematica del rapporto tra capacità tecnica e tecnologica e libertà. la razionalità tecnica fa in modo che diveniamo funzionali ad apparati tecnici: per vivere io devo andare a lavorare in un apparato tecnico, che lavora con la razionalità della 68

tecnica: il massimo scopo con minimo dei mezzi, efficienza e produttività sono i valori della tecnica. e tu all’interno del tuo apparato devi eseguire alla perfezione i compiti descritti e prescritti dall’apparato. esemplare a tal proposito la testimonianza di molti responsabili, attuatori delle disposizioni naziste nei campi di concentramento che rivendicarono di avere semplicemente fatto funzionare perfettamente il sistema. esempio estremo ma che ha analogie con casi della nostra vita contemporanea. galiberti ha parlato infatti della ‘schizofrenia funzionale’ del mondo contemporaneo: dal lunedì al venerdì siamo negli apparati poi il sabato e la domenica noi stessi. un’oscillazione continua durante la settimana mettiamo la maschera diveniamo persone che applicano i principi della razionalità tecnica. Poi il sabato e domenica ci concediamo fantasie e amori ma questa schizofrenia non è un buon modo di esistere. gli uomini hanno sacrificato una parte della loro felicità per un po’ di sicurezza, solo che dopo Freud, nella seconda metà del Novecento, si è introdotto oltre l’inconscio pulsionale (la specie) oltre all’inconscio sociale (la società), anche un inconscio tecnologico per cui noi pensiamo anche con la razionalità della tecnica (efficienza razionalità, utilità degli scopi e limitazione dei mezzi) fuori dal calcolo non abbiamo un pensiero alternativo e anche la bellezza e l’arte diventano tali se entrano nel mercato altrimenti non lo sono. in conclusione umberto galimberti sintetizza la sua analisi: la libertà è l’indeterminatezza, perché non abbiamo istinti; questa libertà è stata utilizzata perché funzionale alla nostra coesione sociale. ma non bisogna negare che anche le idee sbagliate siano buone, il mondo è vita, il mondo della vita funziona anche su idee sbagliate, perché gli uomini hanno bisogno di regole e, se la regola dell’illusione della libertà garantisce responsabilità e punibilità e questo dà sicurezza sociale, anche se l’idea non ha fondamento.

Prima del forzato ‘stop’ in osservanza delle norme di contrasto alla pandemia si è svolto anche un secondo incontro intitolato L’America al voto e l’economia del futuro, con protagonisti il giornalista alan Friedman e il premio Nobel per l’economia michael spence, che hanno parlato delle prospettive globali alla vigilia delle elezioni americane, e i fotografi renata Busettini e max Ferrero, autori di un incredibile reportage sui contrasti dell’america nel libro L’america di Trump.

L’America fi(r)st, accompagnato dai testi di Friedman.

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Boccherini da ascoltare, raccontare e conoscere Marco Mangani l Centro studi Luigi Boccherini è nato nel 2005 per iniziativa dell’amministrazione comunale di Lucca e dell’allora sindaco Pietro Fazzi, come esito permanente del Comitato per le celebrazioni del bicentenario della morte del compositore.

Fin dalla sua fondazione, il Centro studi ha perseguito due obiettivi: il primo consiste nel portare avanti la ricerca musicologica, con particolare riguardo alla revisione del catalogo

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Le attività del Centro Boccherini.

Ovvero come divulgare l’opera di un grande del Settecento

delle opere di Boccherini realizzato dal musicologo francese Yves gérard (Oxford University Press, 1969). L’altro obiettivo è la promozione della divulgazione e della didattica, intese come comunicazione pubblica non specialistica dei risultati della ricerca, nella convinzione che le conoscenze storico-musicali acquisiscano rilevanza sociale solo in quanto patrimonio condiviso di cittadinanza.

L’ATTIVITÀ SCIENTIFICA

il Centro studi si è dotato di un comitato scientifico internazionale, presieduto dallo stesso gérard fino alla sua dipartita lo scorso 6 ottobre 2020. grazie inoltre a un database realizzato dalla ditta mediaus, sono state fin

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1. Disposizione dell’orchestra nella Sinfonia con chitarra g 523 (Parigi, Bibliothèque nationale) 2. La tomba di Luigi Boccherini nella chiesa di San Francesco

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qui schedate la musica da camera per archi e le sinfonie. Su queste ultime sono stati inoltre realizzati un convegno internazionale, in collaborazione con le Università di Ferrara e Pavia, e il volume Le sinfonie di Luigi Boccherini: contesti fonti analisi, curato da marco mangani, germán Labrador e matteo giuggioli (Olschki, 2019). nel 2008, al lavoro per il catalogo si è affiancata una rivista scientifica, in formato elettronico e open source (www.boccherinionline.it), iSSn 2239-8287, attualmente diretta da matteo giuggioli.

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L’attività scientifica del Centro studi si è inoltre avvalsa della sensibilità di Yves gérard, che ha ceduto i diritti della prima edizione del suo catalogo rendendone così possibile la digitalizzazione e la consultazione online (www.luigiboccherini.it/gerard). Lo stesso gérard ha infine lasciato in eredità il suo fondo boccheriniano al Centro studi, e nell’anno 2016 ne ha anticipato la cessione. a fronte di tale gesto, e in considerazione degli enormi meriti scientifici dello studioso, nello stesso 2016 è stata conferita a gérard la cittadinanza onoraria di Lucca.

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BOCCherini Da aSCOLtare, raCCOntare e COnOSCere

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grazie al sostegno dell’amministrazione comunale, nel maggio 2020 è iniziata la digitalizzazione, a cura dell’archivio Fotografico Lucchese «a. Fazzi», di tutte le fonti boccheriniane, manoscritte e a stampa, conservate in microfilm nel fondo gérard; è stato inoltre realizzato interamente, in collaborazione con l’Università di Pavia, il riversamento digitale dei dischi in vinile appartenenti al medesimo fondo. a tutto ciò si deve aggiungere l’acquisizione di un testimone manoscritto del trattato The art of playing the violin di Francesco geminiani, che costituì una tappa fondamentale nel percorso di redazione del testo definitivo. acquistato nel 2007, il manoscritto è stato attentamente studiato dal Prof. enrico Careri, dell’Università Federico ii di napoli; nel contempo, dopo un accurato restauro, è stato reso disponibile in formato digitale sul sito del Centro studi (www.luigiboccherini.it/geminiani).

Sempre sul versante musicologico, infine, occorre segnalare il ruolo del Centro studi in alcune prestigiose imprese discografiche (http://www.luigiboccherini.it/page.php?page=517&langid=1).

LA DIVULGAZIONE E LA DIDATTICA

il Centro studi Luigi Boccherini è impegnato in una rete di interventi volti ad accostare un pubblico sempre più vasto alla musica di Boccherini e al suo contesto. Oltre alle lezioni-concerto realizzate in proprio, il Centro interviene con conversazioni a carattere divulgativo in alcune delle più importanti manifestazioni musicali cittadine, collaborando strettamente con l’istituto Superiore di Studi musicali «Luigi Boccherini» e con l’associazione musicale Lucchese.

Sul versante didattico, il Centro studi realizza due iniziative: la manifestazione «Boccherini sulle mura» e la mostra-laboratorio «giocando con i testi musicali». La prima, che rientra nel progetto «io e Luigi veri amici», ideato da Carla nolledi e condotto dal Centro studi e dall’associazione musicale Lucchese, coinvolge gli alunni delle scuole secondarie in una produ-

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BOCCherini Da aSCOLtare, raCCOntare e COnOSCere

il settecento musicale a lucca

3. La lapide sulla casa natale di Luigi Boccherini, tra via Buia e via Fillungo 4. Frontespizio della prima stampa boccheriniana dell’editore ignace Pleyel 5. La sede della Fondazione giacomo Puccini sul Baluardo San Colombano, che ospita il Centro studi Luigi Boccherini

a partire dal 2016, le associazioni musicali attive sul territorio lucchese hanno deciso di riunire sotto un’unica sigla tutte le loro attività inerenti il Settecento: ciò è avvenuto grazie al forte impulso e al costante sostegno della Fondazione Cassa di risparmio di Lucca. Le associazioni coinvolte in tale progetto, denominato «il Settecento musicale a Lucca» e dotato di un proprio logo, sono attualmente animando, Flam e Sagra musicale Lucchese, alle quali si aggiungono l’associazione musicale Lucchese e l’istituto Superiore di Studi musicalii «Luigi Boccherini». Per unanime consenso, il coordinamento scientifico del progetto è stato affidato al Centro studi Luigi Boccherini, il quale, nel pieno rispetto dell’autonomia artistica di ciascuna associazione, provvede a coordinarne i programmi e a verificare i contenuti della comunicazione ad essi relativa. nel tempo il progetto è cresciuto, affiancando degli eventi artistici collettivi alle attività specifiche di ciascuna associazione, sempre all’insegna dell’inestimabile patrimonio culturale costituito dalla musica del Settecento lucchese e del suo contesto storicostilistico internazionale.

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zione musicale appositamente studiata. La mostra-laboratorio è invece uno spazio volto ad accostare gli alunni delle scuole secondarie allo studio delle fonti musicali: attraverso dei pannelli illustrativi che forniscono le nozioni di base, i ragazzi sono coinvolti in un gioco che li sfida a riconoscere un autografo e a datare una stampa musicale.

Sempre in ambito divulgativo, si deve inoltre ricordare il progetto «Pop700», che nell’ambito del festival Lucca Comics and games porta all’attenzione di una vasta platea le ricadute

che la musica colta in generale, e la musica del Settecento in particolare, hanno sull’immaginario pop contemporaneo. a partire dal 2016, infine, grazie all’impulso della Fondazione Cassa di risparmio di Lucca, da sempre sostenitrice dell’attività del Centro studi, ha preso vita il festival «il Settecento musicale a Lucca». marco mangani è presidente del Centro studi Luigi Boccherini di Lucca

Foto di Lucio Ghilardi

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Due mostre in una.

L’avventura dell’arte nuova: anni 60-80 Paolo Bolpagni a prima mostra, doppia, che la Fondazione ragghianti presenta dopo lo sconvolgimento provocato dall’epidemia vuole porsi come un segno di speranza, già a partire dal titolo complessivo che ho escogitato per essa, unendo due progetti di cui ravvisai da subito la complementarietà e la coerenza di base: L’avventura dell’arte nuova.

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Alla Fondazione Ragghianti protagonisti Cioni Carpi e Gianni Melotti

È un inno alla vivacità dell’invenzione, dello sperimentare senza posa soluzioni originali. anche in circostanze potenzialmente paralizzanti bisogna saper conservare la capacità di non lasciare che gli eventi infrangano il desiderio di progredire, ricercare, produrre cultura. Carlo Ludovico ragghianti ci ha insegnato molto in questo senso: dopo la catastrofe del secondo conflitto mondiale organizzò la mostra Handicraft as a Fine Art in Italy, inaugurata a new York nel 1947. La sua volontà era di contribuire alla rinascita e alla valorizzazione dell’inimitabile ‘saper fare’ degli italiani, ricollocando il nostro Paese sulla scena mondiale. Due decenni più tardi, trascor74

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DUe mOStre in Una. L’aVVentUra DeLL’arte nUOVa: anni 60-80

1. Cioni Carpi, Ritratto dell’artista come ombra sul muro, 1957-1975, collezione privata, milano, © alberto messina, milano 2. Cioni Carpi, Blu painting 6, 1973, collezione privata, milano, © alberto messina, milano 3. Cioni Carpi, Palinsesto 2, 1963, Panza Collection, mendrisio, © alessandro zambianchi - Simply.it, milano

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sa da pochi mesi la terribile alluvione che devastò il capoluogo toscano, fu sempre lui a ideare e coordinare Gli artisti per Firenze. Museo internazionale d’arte contemporanea e la monumentale Arte moderna in Italia 19151935.

Vette così alte sono quasi irraggiungibili, ma, cercando d’ispirarci all’esempio di ragghianti, abbiamo inteso offrire anche noi, in un momento non facile, un contributo alla ripartenza, scandagliando vicende della seconda metà del novecento meritevoli di attenzione. innovativa è parimenti la formula che abbiamo scelto: questa ‘avventura’ si compone infatti di due mostre distinte, con i rispettivi cataloghi, accomunate però da un fil rouge: la transmedialità, l’audacia creativa, l’esplorazione costante di forme d’espressione inedite.

L’obiettivo è d’indagare un periodo di grande fermento nell’italia soprattutto degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, riscoprendo personaggi poliedrici e inventivi.

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4. gianni melotti, L’iconografia e l’iconoclasta, 1977, collezione dell’artista 5. gianni melotti, Un problema di sensibilità, 1977, collezione dell’artista 6. Cioni Carpi, Sehspass 01 (Sequoia semper virens), 1976, Panza Collection, mendrisio, © alessandro zambianchi - Simply.it, milano 7. gianni melotti, Foto Fluida, 1983, collezione dell’artista 8. gianni melotti, Giallo, 1979, collezione dell’artista

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il milanese Cioni Carpi (1923-2011) fu un uomo complesso e ricco di sfaccettature. Proveniente da una famiglia di artisti (il padre aldo fu a lungo direttore dell’accademia di Brera, i fratelli Fiorenzo e Pinin rispettivamente musicista e illustratore per l’infanzia), cominciò a dedicarsi alla pittura a Parigi. Da qui si trasferì ad haiti, poi a new York e quindi in Canada, da dove tornò infine nella sua milano. negli Stati Uniti aveva conosciuto la regista maya Deren, che lo spinse verso la sperimentazione cinematografica. Dal 1959 al 1980 realizzò molti film d’artista, ora conservati in importanti archivi, tra cui quello del moma. Un altro terreno di lavoro fu per lui il teatro: memorabili le scenografie per il Piccolo e le collaborazioni con compositori come giacomo manzoni e Bruno maderna. Un ulteriore capitolo fu legato alla Narrative Art, della quale Carpi è riconosciuto fra i protagonisti in àmbito internazionale. invitato alla Biennale di Venezia nel 1978 e nel 1980 da Vittorio Fagone (che poi diventerà direttore della Fondazione ragghianti), la sua creatività si esplicò anche nella fotografia, nelle installazioni, nel video, nel disegno, nella scrittura, nel libro d’artista, oltre che nella pittura.

La nostra mostra, curata da angela madesani, centra l’attenzione soprattutto sulla produzione degli anni Sessanta e Settanta, basata spesso sul tema della ‘sparizione’ e dell’autoritratto. nel caso di gianni melotti (fiorentino, nato nel 1953), a essere presentati sono i risultati di una ricerca storica e archivistica di prima mano riguardante gli esordi della sua attività, dal 1974 al 1984, sia nell’autonomo sviluppo artistico ch’egli conobbe, dagli esperimenti cameraless in bianco e nero alle coloratissime opere tridimensionali realizzate con materiali cibachrome su tessuti decorati, sia nei rapporti intrattenuti con personaggi come Lanfranco Baldi, Luciano Bartolini, giuseppe Chiari, mario mariotti e Bill Viola, alcuni dei quali legati all’esperienza all’interno di art/tapes/22, lo studio fiorentino dedito alla produzione di videotapes di cui melotti divenne il fotografo ‘ufficiale’ proprio nel 1974.

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DUe mOStre in Una. L’aVVentUra DeLL’arte nUOVa: anni 60-80

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foto Lucio Ghilardi

9.-10. immagini dell’allestimento alla Fondazione ragghianti

foto Lucio Ghilardi

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ne scaturisce l’affresco sorprendente di un ambiente culturale che, nella toscana degli anni Settanta, grazie a una congiuntura particolarmente favorevole alla sperimentazione, vide transitare grandi nomi dell’avanguardia internazionale, da Vito acconci a Chris Burden, da Daniel Buren a Urs Lüthi, da Joan Jonas a Joseph Kosuth, da Jannis Kounellis a nam June Paik, da giulio Paolini a robert rauschenberg.

La parola-chiave era ‘interazione’: fra architettura e design radicale, editoria e video, musica e i nuovi off-media artistici. melotti fu uno dei protagonisti di quella stagione e seppe maturare un linguaggio concettuale dagli esiti personalissimi, ben documentato nella mostra e nel catalogo, entrambi curati da Paolo emilio antognoli.

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Bellezza appartenenza identità Andrea Salani na collezione raccontata in nove opere. Una panoramica sui ‘pezzi pregiati’ della raccolta della Fondazione Cassa di risparmio di Lucca con un fil rouge che lega i capolavori esposti nel mezzanino della Fondazione ragghianti dal 3 ottobre al 1° novembre 2020.

Una collezione d’arte rappresenta le esigenze, i gusti e le aspirazioni del suo pos-

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Come «Invito a Palazzo 2020» è diventato una mostra con le migliori opere della Fondazione CRL

sessore, di colui che negli anni – nei secoli se si tratta di una famiglia – ha costruito un percorso attraverso dipinti, statue, oggetti, documenti e altro ancora.

La collezione d’arte di un ente singolare come una fondazione bancaria a sua volta può essere l’espressione di molteplici strategie differenti. intesa come una forma di incremento del patrimonio, la raccolta può essere ‘assemblata’ negli anni secondo le più semplici regole del mercato dell’arte: acquistare in una logica di investimento, ‘puntando’ su determinati autori o su specifiche opere, in vista della crescita della loro fortuna critica o di una progressiva rivalutazione. in una parola attendendosi un incremento del loro valore di mercato.

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1-2. L’allestimento nel mezzanino della Fondazione ragghianti 3. Pietro ricchi, Giovane donna con bambino e natura morta 4. giovan Domenico Lombardi, L’indovina

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La Fondazione Cassa di risparmio ha improntato le proprie scelte contemperando questa esigenza ‘patrimoniale’ con la prevalente volontà di costruire un percorso attraverso la produzione artistica lucchese.

Una politica perfettamente rappresentata nella piccola mostra organizzata nell’ambito dell’iniziativa «invito a Palazzo», con cui ogni anno aCri e aBi invitano fondazioni e banche ad aprire, nella prima domenica di ottobre, le proprie sedi e mostrare i tesori custoditi nelle stanze di alcuni dei più bei palazzi d’italia.

Una giornata di apertura che la Fondazione CrL ha trasformato nell’occasione di un’esposizione della durata di un mese, anche per dare un segnale di vitalità e speranza in questo periodo così complesso per il mondo della cultura, dell’arte e di tutti i suoi operatori.

LA MOSTRA

il percorso si apre con la Giovane donna con bambino e natura morta, di Pietro ricchi (Lucca 1606 – Udine 1675), grande tela 2

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dal soggetto decisamente inusuale per l’artista in cui risalta l’aspetto altero della ragazza, un volto che sembra non appartenere al contesto in cui è inserito, gestito dal ricchi con la consueta eleganza.

Si prosegue poi con un altro quadro di genere, L’indovina del poliedrico giovan Domenico Lombardi (Lucca 1682-1751), dominatore del Settecento lucchese, che nell’opera ha saputo far emergere dall’oscurità un ‘silenzioso colloquio’ tra i protagonisti, attraverso un gioco raffinato di gesti e di sguardi. tre poi le rappresentazioni allegoriche presenti. tre modi diversi di intendere il soggetto. antonio Franchi (Villa Basilica 1638 – Firenze 1709), un lucchese ‘di successo’ che a fine Seicento ottenne il ruolo di ritrattista ufficiale alla corte medicea, propone una formosa e conturbante Allegoria della musica in cui l’arte personificata, e raffigurata in un incrocio di sguardi con eros, è intesa come amore, passione. Placida è invece la versione fornita dal girolamo Scaglia (Lucca 1620-1686), una figura se4

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5. Stefano tofanelli, Ritratto di Giovanni Antonio Nocchi 6. Pompeo girolamo Batoni, Ritratto di Sir Charles Watson

renamente addormentata sullo strumento, che presenta la musica come ristoro, donatrice di pace e tranquillità.

Conclude questa mini-serie l’Allegoria della pittura, copia da Pompeo Batoni che dall’originale trasferisce il trattamento delicato dell’epidermide e, in generale, la cifra stilistica espressa nelle fattezze floride, più volte incontrate nel catalogo dell’artista e suo canone di rappresentazione della bellezza femminile. altro piccolo ‘sottoinsieme’ della mostra è quello dei ritratti. Due, realizzati dai maestri del genere: il Giovanni Antonio Nocchi, quasi sorpreso col suo compasso in mano dal penetrante e introspettivo Stefano tofanelli (Lucca, 1752-1812), e il solenne – ci mancherebbe! – Sir Charles Watson di Pompeo Batoni (Lucca 1708 – roma 1787), perfetto esempio delle capacità figurative dell’artista che seppe interpretare da protagonista europeo il ruolo di ritrattista del Grand Tour ottocentesco. indipendente per collocazione cronologica e per tecnica è la quattrocentesca Madonna del latte di matteo Civitali (Lucca 14361501): altarolo in terracotta policroma dalla composizione semplice ma ricca di dettagli preziosi, in cui, ‘tra le righe’, Civitali ci restituisce l’immagine di una donna e di una madre.

Conclusione e vera sorpresa della mostra è la Morte di Virginia di giovan Domenico Lombardi, teatrale messinscena di un mito

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romano che gode di una spazialità ariosa e potente, esaltata da due linee di lettura: il moto ascensionale da sinistra verso destra e la contemporanea centralità dirompente del corpo morente dell’eroina, candido e sensuale epicentro della rappresentazione.

Una miscellanea di generi e soggetti che, escludendo il ‘fuori programma’ di Civitali, consente un ideale viaggio nella pittura lucchese tra Sei e Settecento, ma non solo. a parte i due ritratti tutte le protagoniste delle tele sono donne: l’indovina, la ‘falsa’ popolana del ricchi, l’eroina tragica, le morbide figure allegoriche e la stessa dolce e materna Vergine che allatta il bambino. Figure femminili intrepretate attraverso i secoli, i generi e le tecniche che creano un ulteriore chiave di lettura per un’esposizione che era nata per aprire un palazzo al pubblico, per illustrare una collezione, e che è finita per raccontare tante storie.

Perché la raccolta della Fondazione è sì privata, ma riunita per conservare un corpus di opere in grado di rappresentare attraverso i secoli le vicende artistiche, e non solo, di una comunità e del suo territorio, per poi ‘restituire’ a tutti tanta ricchezza in occasioni come questa.

Forse il primo appuntamento di una serie, nel segno delle parole che hanno caratterizzato questa mostra. Bellezza. appartenenza. identità.

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Foto di Lucio Ghilardi

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notizie dal

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territorio Metti due passi in alta Versilia…

Paola Taddeucci aesi antichi, circondati dal verde dei boschi e dal bianco delle cave. guardiani di montagne che da secoli sono lì, a condividere – come in un matrimonio – la loro buona e cattiva sorte.

Siamo in alta Versilia, terra di marmi e grotte, di faggi e castagni, di mulattiere e alpeggi, di leggende e storie millenarie. le alpi apuane la dominano, davanti c’è il mare a pochi chilometri in linea d’aria: un pae-

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Basati, Terrinca e Levigliani.

Tra antiche chiese, incisioni rupestri e tante ‘storie di marmo’ saggio unico e inconfondibile in mezzo al quale si collocano i numerosi borghi. Un sentiero certificato li unisce: il Sav (Sentiero alta Versilia), percorso ad anello di circa cinquanta chilometri in dodici tappe che collegano, attraverso la rete delle mulattiere storiche, venti paesi dei Comuni di Stazzema, Pietrasanta e Seravezza, punto di partenza e arrivo del tracFCRLMagazine 17 | 2020

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1. Veduta del monte Corchia 2-3. Scorci del paese di Basati 4. immaginetta nel paese di Basati 5. Veduta di terrinca

ciato. Per farlo va bene ogni stagione grazie alla quota non alta, che lo rende praticabile anche d’inverno, e al fatto che si svolge quasi sempre nei boschi con notevole ombreggiamento durante l’estate. tra i paesi coinvolti abbiamo scelto Basati, terrinca e levigliani, quest’ultimo porta d’accesso al celebre antro del Corchia, il complesso sotterraneo più esteso d’italia e tra i maggiori al mondo che si snoda sotto l’omonimo monte.

TRA STORIA E LEGGENDE

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Frazione di Seravezza a circa 400 metri di altitudine, sulle pendici orientali del monte Cavallo di azzano, Basati ha di fronte lo splendido scenario del Corchia e della Pania della Croce, 1859 metri, la vetta massima dell’alta Versilia e la quarta di tutte le apuane.

Varie le ipotesi sull’origine del nome, tuttora incerta. Una lo accosta ai Vasates, tribù celtica che si stabilì a Bazas, cittadina della Francia sud-occidentale, dove anticamente si lavorava il ferro come in tempi remoti nella località versiliese. l’altra lo fa derivare da ‘sbassati’, in riferimento a un abbassamento del terreno da una parte più alta dell’abitato fino all’attuale: una leggenda imputerebbe la colpa a un enorme lumacone, chiamato localmente ‘limacone’, che in una notte di luna piena avrebbe fatto franare il paese. È uno dei tanti racconti fantasiosi che si sono tramandati in queste zone immerse nelle montagne e ai quali appartiene anche la leggenda della grotta o Buca delle Fate. Si tratta di una cavità lungo la ‘via degli omini’, il sentiero per la cava delle Cervatoie situata sotto l’altissimo, il monte dove prese il marmo Michelangelo. in parte franata con l’alluvione del 1996, della grotta si intuisce la grandezza dal tetto ancora attaccato alla montagna. Secondo quanto riporta nel suo sito l’attivissima Pro loco di Seravezza, la leggenda vuole che i genitori, per tenere i bambini e le bambine alla larga da lì, raccontassero di fate cattive pronte a imprigionare dentro chiunque vi si fosse avventurato.

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Metti dUe PaSSi in alta VerSilia…

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Ma la storia di Basati è fatta anche di concretezza, lavoro, fatica. documentato per la prima volta nel 1320, fin dal Quattrocento ebbe sul territorio molte fabbriche per la lavorazione del ferro, alla quale si affiancò quella del rame. inoltre c’erano campi per i pascoli, castagneti ed enormi faggeti per produrre carbone: nei boschi circostanti ancora oggi vi sono tracce delle carbonaie. l’avvento dell’economia del marmo portò un radicale cambiamento, completato dall’apertura delle grandi cave dell’altissimo dove si concentrò la forza lavoro non solo di Basati, ma anche dei paesi e delle città vicine.

C’è poi una curiosità linguistica: la parlata che si distingue da tutte le altre dell’alta Versilia.

Stretta e tronca, per alcuni studiosi deriverebbe da un’antica origine bresciana o tirolese degli abitanti, che altri però contestano perché nei cognomi non ci sono tracce di tali trascorsi nordici.

Cosa vedere a Basati, oltre a quanto già detto? la chiesa di Sant’ansano, in paese, e quella di Santa Maria Maddalena, a Campagrina, nata come oratorio d’alpeggio per i pastori durante la transumanza. gli amanti del trekking, invece, si possono sbizzarrire con le escursioni, tra le tante, al monte Castellaccio, all’alpe di Basati, sull’intero sentiero ‘via degli omini’, quello del Calvario e la tappa del Sav fino a terrinca, poco più di sei chilometri adatti per lo più a tutti.

I MASSI INCISI E LE MARGINETTE

lungo il sentiero Sav verso terrinca, poco dopo Basati, si trovano i ‘massi del cammino’ una delle numerose incisioni rupestri di cui è ricca l’alta Versilia. Vi sono raffigurate croci e altre figure di devozione: rappresentano una forma di pellegrinaggio spirituale, un percorso che si è conservato fino ai giorni nostri e che portava verso i valichi apuani, gli alpeggi estivi e le vette sacre delle montagne. Spiritualità che ritorna nella Marginetta alla Vincentella, tra le oltre cinquanta piccole architetture religiose sparse nel territorio di terrinca: in questo caso, oltre a un bassorilievo dedicato a San 5

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6. Veduta di terrinca 7. immaginetta nel paese di terrinca 8. Veduta di terrinca

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leonardo, c’è un affresco – raramente presente nelle Marginette – di una dama misteriosa. da qui vale la pena deviare dal sentiero per salire al Masso di terrinca, la più celebre e importante delle incisioni sulle apuane. trovata nel 1998, è una roccia di sei metri quadrati incisa con scene di caccia e alcune croci: elementi naturalistici, magici e simbolici ancora di difficile interpretazione. arriviamo a terrinca, frazione del Comune di Stazzema a 500 metri di altitudine, ai piedi del monte Corchia. È il paese più antico della Versilia, di cui si fa risalire la fondazione all’epoca romana, per mano dei coloni lunensi; 88

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nel suo territorio, comunque, sono state rinvenute tombe e arredi funerari ancora più remoti. la prima testimonianza scritta è tuttavia del 760 in un testamento longobardo. ed è dal nord che, secondo alcune teorie, deriverebbe il nome terrinca, cioè dai nomi germanici turo, turingo, turino, tura, terrina e – annotano gli esperti della Pro loco di Seravezza – da turinca, alterato per etimologia volgare da terra. Un’altra ipotesi è la derivazione da turingia, regione tedesca da cui sarebbe giunto il gruppo di gente armata che poi lì si stabilì. alcune teorie più ardite assegnerebbero addirittura agli abitanti del paese FCRLMagazine 17 | 2020

caratteristiche somatiche originali, diverse da quelle dei borghi vicini. teorie ritenute ‘audaci’, appunto, anche perché dal 1376 la storia di terrinca andò di pari passo per due secoli con quella di levigliani, distante circa due chilometri e mezzo e paese più alto della Versilia a 650 metri di quota: i due borghi, infatti, formarono un unico comune fino al 1572, quando la rivalità portò alla divisione. i confini sono tuttora rintracciabili a Serra d’oro in un incisione rupestre che raffigura 19 croci: è il cosiddetto ‘masso delle 19 croci’ e s’incontra lungo la tappa del Sav da terrinca 89

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la fondazione in alta versilia

9-10. la chiesa di San Clemente e Colombano a terrinca

numerose le iniziative sostenute dalla Fondazione Crl nei territori dell’alta Versilia.

Costante negli anni il supporto alle attività della Pubblica assistenza di Basati, fondamentale per offrire un servizio a favore della popolazione della zona montana del Comune di Seravezza, con rilevazioni diagnostiche, esami a domicilio, incontri con assistenti sociali e altro ancora.

Montagna del Comune di Seravezza che ha recentemente conosciuto un importante progetto di riqualificazione dei borghi grazie al quale si è provveduto alla pavimentazione stradale di alcune frazioni e alla generale ristrutturazione, con interventi eseguiti e terminati nel 2017 a Pozzi, giustagnana, Minazzana e riomagno. Con l’approvazione del progetto definitivo «echi Michelangioleschi in Versilia» si è poi dato inizio ad una seconda fase dei lavori che, tra l’altro, hanno consentito l’ampliamento di via Belvedere proprio a Basati, dove – ancora con il contributo della Fondazione – è partito anche il cantiere di adeguamento sismico per le scuole primarie ‘r. Salvatori’. a levignani, dove la Fondazione ha sostenuto le attività della Società Filarmonica Santa Cecilia, si è provveduto a effettuare lavori di restauro e risanamento conservativo della canonica della Parrocchia di Maria Santissima, con interventi necessari per una migliore conservazione del fabbricato e per una più agevole distribuzione funzionale, utile a garantire la piena fruibilità della struttura anche da parte dei disabili.

Particolarmente interessante l’iniziativa del Circolo arCi ‘le tanacce’ di Stazzema con il progetto «l’antico borgo rivive – terrinca medievale» mirato proprio alla valorizzazione del borgo più antico della Versilia, con una rivisitazione del paese in epoca longobardo-Medioevale, attraverso il lavoro delle antiche botteghe, degli antichi mestieri, l’abbellimento a tema delle vie, dei vicoli e delle piazze e la presenza di gruppi folkloristici.

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a levigliani. Ma prima di incamminarsi verso il Corchia, a terrinca merita visitare la chiesa di San Clemente e Colombano, una delle più antiche in Versilia.

IL GIGANTE SOTTERRANEO

incastonato tra gli spettacolari scenari apuani, il Corchia – la montagna vuota – porta con sé i segreti di cinque milioni di anni di storia geologica. al suo interno si snoda l’antro, il gigante sotterraneo: un complesso di gallerie, pozzi e saloni scavato dall’acqua dentro il cuore di marmo del monte. ad oggi sono stati esplorati e mappati circa settanta chilometri di grotte e venti accessi diversi, da ogni lato della montagna, ma le esplorazioni proseguono e gli speleologi continuano a scoprire nuove sale e nuove bellezze nascoste nel marmo. dal 2001 nel Corchia Park a levigliani – www.corchiapark.it – un percorso attrezzato e illuminato di circa due chilometri consente di addentrarsi nelle meraviglie di questo mondo nascosto tra il fascino della ‘galleria delle stalattiti’, le magiche forme della ‘Foresta pietrificata’ e le limpide acque dei laghi sotterranei. nel Park ci sono altre attrazioni, come le miniere di argento vivo, ossia di mercurio, costruite duemila anni fa e rimaste in funzione fino alla prima metà del XX secolo. e il Museo della Pietra, testimone della storia della lavorazione della pietra che da secoli caratterizza il territorio delle apuane e il paese di levigliani nello specifico: all’interno si trovano manufatti di arte sacra e di uso pratico, dai più moderni a quelli di epoca preromana. di notevole interesse, infine, le visite guidate alle cave di marmo e alle trincee della linea gotica.

Foto di Lucio Ghilardi 10

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restauro, bellezza e memoria nel monumento ai caduti di Pietrasanta Michele Morabito e c’è un evento storico che ha davvero coinvolto tutte le comunità, dalle città ai minuscoli borghi di montagna, questo è la Prima guerra mondiale. ogni borgo, frazione, ogni minuscola comunità, ha il suo monumento a ricordare quei giovani partiti per combattere sul fronte l’ultima guerra patriottica, ammantata di parole roboanti a giustificare una guerra di trincea fatta di lento logoramento e di assalti per la

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Uno dei tanti interventi con cui la Fondazione CRL ha recuperato i monumenti della provincia

conquista di poche porzioni di roccia lontani da casa. oggi la storiografia ha rivisto la retorica con cui si è raccontata ed insegnata per anni questa pagina della nostra storia quella che papa Benedetto XV definì «inutile strage», che divenne, nel racconto, la Quarta guerra di indipendenza funzionale all’annessione di trento e trieste. ne nacque un nuovo sentimento irredentista che gettò le basi per il periodo più buio della storia unitaria: il 4 novembre, giorno della Vittoria, è stato per anni festa nazionale. oggi, ingiustamente, è quasi dimenticato.

Fino a pochi anni fa c’erano i nonni che raccontavano, oggi assieme ad una nuova stoFCRLMagazine 17 | 2020

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riografia su quell’evento, vi è anche un oblio inaccettabile: quei nomi ci devono ancora parlare per dirci quanto sia crudele la guerra e quanto pagarono tutti i nostri paesi a cui non tornarono quei giovani che da tutta italia, dalle più remote valli, dai borghi, dai campi e dalla città lasciarono le famiglie e sacrificarono la loro gioventù per la Patria, lasciando nel marmo i loro nomi perché fossero sempre ricordati. la Fondazione Cassa di risparmio di lucca ha fatto uno sforzo eccezionale per recuperare lapidi e monumenti in occasione del centenario della grande guerra: solo a lucca sono stati recuperati il monumento equestre in piazza risorgimento, il faro della rimembranza in piazzale Verdi e il monumento ai Caduti di San Vito, ma sono stati decine gli interventi su tutto il territorio della provincia.

Una bella storia di recupero è quella del monumento ai caduti di Pietrasanta, che campeggia in Piazza dello Statuto, dove si svolgono tutte le manifestazioni in ricordo dei caduti della guerra, di tutte le guerre. Venti anni dopo la fine della Prima guerra mondiale ci fu la Seconda ancora più atroce perché i territori furono devastati casa per casa: una pace ingiusta, forse vendicativa, gettò le basi per il superamento degli imperi centrali con la nascita di tanti Stati che alimentarono nazionalismi e nuove frazioni. il monumento di Piazza Statuto a Pietrasanta venne danneggiato proprio durante il periodo di occupazione nazifascista da una granata e l’arto che stringeva la fiaccola della libertà si ruppe ed andò perduto. l’amministrazione Comunale di Pietrasanta, grazie ad un finanziamento della Fondazione Cassa di risparmio di lucca di ottomila euro (duecentocinquantamila l’impegno complessivo dell’ente di San Micheletto per i monumenti di tutta la provincia) promosse il progetto di restauro della figura a cavallo che domina la piazza. il monumento di piazza Statuto, inaugurato il 14 giugno del 1925 nel cuore della città, è 94

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reStaUro, Bellezza e MeMoria nel MonUMento ai CadUti di PietraSanta

opera di abele Jacopi, versiliese di ripa di Seravezza. nato nel 1882, pittore, scultore e ceramista, diplomato in scultura presso la Scuola d’arte di Pietrasanta, lavorò nelle botteghe artigiane locali, facendosi apprezzare per l’abilità nel modellare statue e bassorilievi in creta, che venivano poi realizzati in gesso e in marmo. richiamato alle armi nel 19151918, sospese la propria attività, che riprese a ritmo serrato nel dopoguerra. realizzò in quel periodo, vari monumenti ai caduti prima di quello in piazza Statuto a Pietrasanta, per il quale aveva vinto un concorso tenuto nel 1922. il monumento marmoreo, voluto all’epoca dalle locali associazioni combattentistiche e d’arma, si trova al centro di piazza dello Statuto, anche se inizialmente c’era stato l’intendimento di collocarlo in piazza del duomo, al posto del monumento a leopoldo ii granduca di toscana, eseguito da Vincenzo Santini ed inaugurato nel 1848. negli atti della giunta municipale di Pietrasanta, delibera n. 570 del 12 agosto 1924, si legge: «Poiché il Ministero della Pubblica istruzione non ha acconsentito al tramutamento della statua di leopoldo di fronte al Municipio, che allora di trovava a Palazzo Moroni, in piazza duomo per collocarvi il Monumento ai caduti secondo la delibera del Consiglio Comunale del dieci dicembre 1922, ma anzi ha diffidato a non rimuoverla la giunta essendo prossima l’ultimazione del Monumento ai caduti stabilisce in modo definitivo che questo venga collocato nella Piazza dello Statuto». da sempre piazza Statuto è per tutti i Pietrasantesi il ‘Prado’, perché lì un tempo sorgeva il campo da calcio della squadra cittadina prima della costruzione nel ventennio dello stadio, oggi XX settembre, data della liberazione. nel 1925 quando fu collocata la statua, il Prado aveva già la sua finalità di luogo di passeggio, subito al di fuori delle mura, e di mercato: la collocazione del gruppo scultoreo ne fece per sempre lo spazio delle celebrazioni pubbliche istituzionali, il luogo degli inni e delle bandiere a festa.

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reStaUro, Bellezza e MeMoria nel MonUMento ai CadUti di PietraSanta

abele Jacopi era risultato vincitore del concorso tra le dodici proposte che erano giunte, tra cui quella di lelio de ranieri, figlio di una dinastia di scultori versiliesi, il cui padre realizzerà, qualche anno più tardi, il monumento alle vittime della grande guerra alle Mulina di Stazzema. lelio ed il padre firmeranno tutto il complesso monumentale dedicato alle vittime della guerra nel cimitero di Viareggio, di gusto liberty secondo la moda del momento. tra le altre proposte non selezionate quella di Pietro Bibolotti, pietrasantino doc, fratello dell’inventore di particolari apparecchiature per la trasformazione del marmo, realizzate proprio in piazza Carducci in uno studio adiacente. la giuria, racconta un bel libro di ludovico gierut, era composta da edoardo rubino, to-

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rinese, senatore a vita, artista liberty, con numerose sculture in diverse parti d’italia, autore dopo il 1945 del monumento alla linea gotica di ripa; e poi da gino Coppedè, giuseppe Baccelli ed ottorino Checchi, tutti apprezzati artisti locali. l’inaugurazione vide la partecipazione di tante persone e gli interventi di Carlo Scorza, parlamentare del Partito nazionale fascista eletto nella provincia di lucca che farà carriera nel ventennio, ex ardito durante la grande guerra e Petrone (fonte g. Salvagnini). il monumento riporta le seguenti scritte: «PietraSanta ai SUoi glorioSi CadUti di tUtte le gUerre e o PoPoli italia QUi giUnSe VendiCando il SUo noMe ed il SUo diritto». alto circa sei metri, è costituito da una statua equestre con nella mano la ‘vittorietta’. alla base l’autore ha raffigurato due soldati, armati, la madre, la lupa capitolina. C’è pure il «Bol-

lettino della Vittoria». Per il restauro, finanziato dalla Fondazione Cassa di risparmio di lucca e terminato nel 2018, il modello dell’arto è stato riprodotto dal restauratore Massimo Moretti, che ha seguito direttamente il riposizionamento, e realizzato in marmo Carrara da Massimo galleni, artigiano di Pietrasanta che si è subito reso disponibile a partecipare al progetto di restauro e ripristino. Per uniformare esteticamente l’arto al monumento è stata utilizzata anche una speciale patina oltre a tutti gli accorgimenti per salvarla dalle intemperie. gli scavi avevano anche portato alla luce due colonne che sono state riutilizzate per ricostruire una panchina artistica in marmo che è stata collocata in Piazza Statuto, a pochi metri di distanza da dove sono stati rinvenuti, vicino alla scalinata sulla via Capriglia. la statua è stata anche ripulita e oggi appare nella sua originaria bellezza a ricordare tutte le vittime di quel male assoluto che è la guerra.

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FCRL Sullo Scaffale. novitĂ editoriali

SULLO SCAFFALE

a cura di Patrizia Lazzari

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il grande milvio Proporre in una rassegna dedicata alle novità editoriali, un libro del 1991, rieditato, nel 2013 dalla maria Pacini fazzi editore, potrebbe sembrare se non proprio inadeguato, perlomeno stravagante. ma Il Grande Milvio di giorgio marchetti, ovvero le «cronache dal ‘machiavelli’. il Secondo liceo classico d’italia», richiede oggi questo spazio e non solo per un doveroso, postumo, omaggio al suo autore, scomparso nel 2014. oggi che nell’emergenza covid la scuola italiana ritrova e riafferma in pieno suo ruolo sociale e non solo didattico, oggi che «tutto si può chiudere fuorché la scuola», appare opportuno e riproporre questo libro che racconta l’anima di questa istituzione dal punto di vista di uno studente. l’autore sottolinea nel prologo che le vicende del libro «assomigliano a tutte le vicende vissute da chi ha frequentato, a vario titolo ed in una certa epoca, un qualsiasi liceo classico» e, verrebbe da aggiungere, anche un qualsiasi altro istituto superiore. con lo stile ironico e talvolta beffardo che ha sempre contraddistinto la scrittura di marchetti (lo ricordiamo con lo pseudonimo di ettore Borzacchini, come firma di punta de «il vernacoliere» e collaboratore abituale de «il tirreno»), si ridisegnano vicende in cui ogni ex-studente, ex- adolescente, ex-compagno di classe, si può ritrovare e personaggi tipici di ogni scuola: il compagno ‘secchione’, la bella della classe, il bidello canaglia, l’odiato preside e i vari professori, esseri umani anch’essi, con le loro evidenti problematiche personali.

Su tutti questi personaggi, e storie, comuni ad ogni ambito liceale, spicca l’unicità di lui, il grande milvio, l’insegnante d’italiano e latino della Sezione B del liceo machiavelli, tanto singolare e specifico da conquistarsi il titolo del libro. merita citare, almeno parte della descrizione del personaggio: «il viso butterato da dinastie di foruncoli era addolcito per gli occhi languidi e luccicanti su cui sbattevano enormi ciglia da soubrette e la bocca minuta sembrava sempre atteggiata a porgere un verso dello stilnovo, una ballatella, un distico elegiaco; pochi capelli rossicci si adunavano sulla nuca in riccioletti unti e ripugnanti ad impregnare di lerca arcaiche camicie dal solino alto e duro; ma soprattutto si distingueva l’andatura di quel suo corpo mal pingue ed ingrato, pigra e dondolona, da papero saccente, sui poveri piedi martoriati da duroni geologici che gli procuravano tormenti inenarrabili nella deambulazione e mistiche estasi di sollievo nel riposo, quando, al riparo della cattedra, si poteva liberare della morsa delle scarpe». giorgio marchetti, Il Grande Milvio.

Cronache dal ‘Machiavelli’. Il Secondo Liceo Classico d’Italia maria pacini fazzi editore, 2013 (seconda edizione)

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la storia dei comics. i comics nella storia dopo un’accurata selezione di scatti scelti tra quasi trentamila fotografie di eventi, mostre, personaggi, disegnatori, fumettisti e cosplayer, christian Hill – scrittore di libri per ragazzi, ingegnere e curatore dell’ultima edizione italiana del Gioco di ruolo del Signore degli Anelli – ha realizzato questo interessante libro fotografico, edito da rizzoli. nelle note di apertura, emanuele vietina, direttore di lucca comics & games, paragona Hill, nello spirito oltre che nell’aspetto, al noto doc Brown di Ritorno al futuro: un visionario che a bordo della delorean compie un viaggio nel tempo attraversando a volo spiegato gli ultimi venti anni di lucca comics, quelli della svolta transmediale. licia troisi, scrittrice italiana, autrice di romanzi fantasy di successo (tra cui Cronache del mondo emerso), firma la prefazione del volume, dedicata a lucca, sia come città, sia come evento comics. la sua storia di autrice si intreccia con lucca comics fin dal 2004 quando la rassegna di svolgeva ancora fuori città, due anni prima che a qualcuno dell’amministrazione comunale venisse in mente la pazza – ma vincente – idea di trasferire la fiera del fumetto dentro le mura. licia troisi racconta alcuni dei tanti episodi che la legano alla città da lei definita «il luogo in cui mi sento a casa». oltre alle innumerevoli foto, il libro raccoglie brevi schede su alcuni dei tanti personaggi che negli anni sono stati ospiti di lucca comics & games, tra questi: terry Brooks, neal adams, John Howe, giPi. È di Pierdomenico Baccalario (scrittore e sceneggiatore italiano, noto anche con lo pseudonimo di ulysses moore) la postfazione del volume, dedicata al racconto dei suoi vari viaggi a lucca, fin dalla sua primissima volta, quando aveva quattordici anni. le note di chiusura del libro sono di christian Hill. annotazione importante: con le royalties di questo volume, lucca comics & games e lucca crea, supportano il fondo per le famiglie degli operatori sanitari che hanno perso la vita nella lotta al coronavirus.

LUCCA COMICS & GAMES. Storie e immagini del festival della cultura pop, a cura di christian Hill, rizzoli, 2020

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una nuova ‘umanità’ nelle cure il libro, realizzato dalla fondazione mario tobino e curato editorialmente da maria Pacini fazzi editore, nasce dall’intento di ripercorre la storia dell’ospedale psichiatrico di maggiano attraverso la testimonianza di chi, in quel luogo, ha a lungo lavorato e vissuto: medici, infermieri, pazienti. la pubblicazione si apre con lo scritto La riscoperta di Maggiano di isabella tobino. la Presidente della fondazione ‘mario tobino’, racconta l’iter della composizione del volume e quante sensazioni, dati e ricordi, siano scaturiti dagli incontri-interviste realizzati nel corso di quasi un decennio. due importanti storici, giovanni contini, esperto di Storia orale, e marco natalizi, che è anche stato direttore della fondazione tobino dal 2006 al 2017, sono i curatori del volume che è corredato da un dvd. nell’introduzione giovanni contini precisa che la ricerca esposta nel libro è un work in progress, e che continuerà, oltre il 1968, fino a studiare gli ultimi, fondamentali, anni prima della chiusura del manicomio che avvenne in via definitiva nel 1999. l’ospedale Psichiatrico di maggiano è uno dei più antichi d’italia: fu istituito nel 1773 dalla repubblica di lucca, con la denominazione ‘Spedale per i Pazzi di fregionaia’, località nelle vicinanze della odierna frazione di maggiano.

Per molti anni la funzione dell’ospedale – come di tutti gli istituti psichiatrici in genere – è stata principalmente quella della custodia dei pazienti (maggiano è arrivata o ospitarne oltre 1200), qui internati e chiusi al mondo reale, in nome di una sorta di una necessaria, reciproca salvaguardia. anche in tempi moderni l’isolamento e la contenzione sono stati i principali mezzi utilizzati per trattare i ricoverati, soprattutto quelli con gravi disturbi psichici, causa di atti di autolesionismo e violenza. le cure applicate per trattare la follia erano principalmente basate «sull’induzione di uno shock cui sottoporre il paziente per interrompere la sequenza che genera il disturbo mentale». lo psichiatra e psicoterapeuta enrico marchi che per molti anni è stato direttore dei Servizi psichiatrici della aSl 2 di lucca, ha esercitato a maggiano, ed è attualmente membro del comitato Scientifico della fondazione tobino, ha contribuito al volume con lo scritto: Maggiano, il chiaroscuro di un manicomio, evidenziando sia le «difficili e buie vicende dell’antico maniero della follia» sia il periodo d’oro vissuto dalla struttura, divenuta nel tempo, una delle sedi nazionali più avanzate nel settore della sperimentazione riabilitativa psichiatrica. già mario tobino che lavorò e visse a maggiano per circa quaranta anni, aveva sottolineato attraverso il suo lavoro e le sue opere letterarie, la necessità di offrire ai pazienti un’assistenza degna di umanità e calore. obiettivo che a maggiano fu pienamente raggiunto dal direttore domenico ghirarducci, il quale dal 1958 al 1984, segnò una nuova stagione dell’ospedale, rivoluzionandone l’organizzazione, innovando le terapie, aprendolo al mondo circostante. in questo progetto di modernizzazione e umanizzazione dell’ospedale si colloca anche l’utilizzo della musico-terapia che, tra l’altro, portò nel 1964 alla realizzazione della prima di ben cinque edizioni del festival della canzone di maggiano: una rassegna di brani inediti, composti ed eseguiti dai pazienti interni, come pure di altri ospedali psichiatrici toscani. il successo della manifestazione fu straordinario, l’area arrivò a contenere circa tremila persone e fu oggetto di interesse e studio nazionale.

MAGGIANO. Gli anni del cambiamento, 1958-1968, a cura di giovanni contini e marco natalizi, maria pacini fazzi editore, 2020

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Periodico della fondazione cassa di risparmio di lucca

finito di stampare nel mese di dicembre 2020 da tipografia tommasi referenze fotografiche: archivio fotografico fondazione cassa di risparmio di lucca; archivio fotografico fondazione ragghianti, lucca; archivio fotografico lucca crea srl; archivio fotografico lucca film festival; archivio fotografico Publied editore; laura casotti; lucio ghilardi; luca lupi; stock.adobe.com (Jean luc flemal, Halfpoint, robert Kneschke, Kzenon, dusan Petkovic, mikhail Spaskov, James Steidl, rick theis); andrea vierucci La Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, scusandosi anticipatamente per l’involontaria omissione di referenze fotografiche, è disponibile ad assolvere eventuali diritti.

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rivista della fondazione cassa di risparmio di lucca

MONDO FONDAZIONE – EMERGENZA & RIPARTENZA – LA CULTURA CHE RESISTE – DAL TERRITORIO

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