36 Venti di cultura. Vent’anni di LuBeC – Lucca Beni Culturali
44 Giungla Fest 2024 quando restare diventa un atto radicale IerI oggi DOMANI
52 75 anni di istantanee per raccontare la storia recente di Lucca
Mondo FONDAZIONE
60 La cura del bello, la tutela della memoria
64 … E non finisce qui. Oltre 6 milioni di euro per le opere pubbliche socIal NETWORK
68 Un’altra partita. Sport e inclusione nella giornata delle Fondazioni
75 La mia casa è una Mandorla
un noMe un volto UNA STORIA
82 Da Villetta all’Europa tra scienza e musica pIccolo è BELLO
88 Nel bosco dei noccioli, profonda Versilia segnaLIBRO
100 Rubrica di novità editoriali
In questo numero di fine anno del Magazine abbiamo deciso di inondare le pagine con arte, cultura e bellezza. Certamente per dare spazio e giusto riconoscimento alle molte iniziative sostenute dalla Fondazione e a quelle prodotte e realizzate in proprio, ma anche per affermare con efficacia un’idea di cultura fatta di approfondimento e divulgazione, sempre inclusiva e mai esclusiva.
Una scelta editoriale, infatti, dettata anche dalle sensazioni provate all’apertura della mostra «Arte tra due secoli» in cui il meglio della donazione Giustiniani, ricevuta dalla Fondazione, ha trovato una degna cornice dopo il restauro. Un sentiero di colore, luce ed emozioni, in cui riconoscere il tratto dei ‘giganti’ della Macchia e la pennellata inconfondibile di Giovanni Boldini.
Opere preziose, gioiellini anche nelle dimensioni, che riconciliano con l’idea stessa di arte e di fruizione artistica.
Una mostra importante per coronare un 2024 altrettanto significativo, in cui la Fondazione ha ottenuto risultati economici tali da preventivare un importo ‘record’ di 30 milioni di euro per le erogazioni del 2025.
È il 2024 che ha visto nascere la Commissione giovani, adesso pienamente operativa in seno alle dinamiche dell’Ente, il 2024 che ha potuto contare su stanziamenti monstre per il recupero di beni culturali e la realizzazione di opere pubbliche.
È l’anno in cui prende vita Casa Mandorla, e con essa un ruolo sempre più cruciale per la Fondazione per la Coesione Sociale, strumento ormai imprescindibile per l’elaborazione di progetti nell’ambito del Welfare, che ha collaborato anche ai festeggiamenti della Giornata delle Fondazioni con una grande rete di eventi dedicati allo sport inclusivo.
Tante sono poi le attività che non possono ‘fisicamente’ trovare spazio tra le pagine di questa rivista, che ogni sei mesi ci obbliga ad una selezione, sempre nella speranza non tanto di fare una mera esposizione del ‘meglio’ delle iniziative, quanto di individuare le storie in grado di far trasparire lo spirito e la mission con cui si prendono decisioni, si programma e si fanno precise scelte.
Maria Teresa Perelli
La Collezione Giustiniani
Andrea Salani
TUTELA E DIVULGAZIONE
L’atto di fiducia della baronessa Diamantina Scola-Camerini che ha donato la collezione d’arte della sua famiglia alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
«Questa mostra nasce da una storia di fiducia. La fiducia che Diamantina Scola-Camerini ha riposto nella Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca quando ha deciso di donarle la grande collezione del nonno, il conte Vincenzo Giustiniani, individuando nell’ente l’interlocutore ideale per garantire la tutela delle opere e una prospettiva di una loro divulgazione e valorizzazione. Un lascito che ricopre un valore simbolico unico e contemporaneamente rappresenta una responsabilità notevole di fronte alla volontà della donatrice e alla comunità tutta». Così il presidente Marcello Bertocchini ha presentato l’idea di realizzare una mostra in cui svelare al grande pubblico il meglio della Collezione Giustiniani, che nel 2024 è divenuta proprietà della Fondazione per volontà dell’erede di Vincenzo Giustiniani Diamantina Scola-Camerini.
Nel complesso stiamo parlando di una donazione di oltre centottanta opere di dimensioni varie e autori diversi che vanno a formare un corpus eterogeneo costruito dal gusto del primo proprietario con una discreta coerenza, tanto che appare evidente come di fatto è stato possibile selezionare opere che hanno messo i curatori in grado di proporre una brillante narrazione delle vicende dell’arte italiana a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Non solo coloratissime testimonianze dell’epopea macchiaiola, così radicata al racconto della Toscana artistica di quegli anni, ma anche altri autori che non rientrano negli schemi (etichette sempre pericolose e talvolta poco funzionali) della Macchia, tra cui la singolare unicità di un Giovanni Boldini.
Non è questa la sede per determinare il valore delle singole opere, o della collezione nel suo insieme, nella narrazione di un cinquantennio dorato per la pittura toscana; le pagine dedicate all’argomento da Paolo Bolpagni sono più che esaustive a proposi-
1. Alberto Pisa (1864-1930), Ritratto di Vincenzo Giustiniani, olio su tela
2. Alberto Pisa (1864-1930), Ritratto di Luisa Giustiniani, nata Braghini Nagliati, pastello su carta
to e mettono in evidenza anche la poliedricità della figura del Giustiniani, in veste di pittore lui stesso e di moderno mecenate. Riprendendo i concetti già espressi dal presidente Bertocchini, è decisamente rilevante, da non rubricare nell’ambito delle ‘cose normali’, l’evento stesso della donazione. Non è certo la prima volta che un privato decide di donare liberamente all’ente beni, mobili o immobili, vincolandoli talvolta a specifiche finalità di pubblica utilità.
Ma nella donazione Scola Camerini incontriamo qualcosa di speciale.
La Fondazione non è individuata solo come realtà in grado di proteggere e tutelare questo fragile patrimonio, costituito da opere anche molto piccole e dipinte su supporti decisamente instabili. La Fondazione, nelle intenzioni della baronessa Diamantina, ha rappresentato soprattutto l’ente capace di dare una futura vita e divulgazione per questa collezione rimasta per decenni trincerata nella splendida Villa di Forci, residenza storica dei Giustiniani.
La mostra realizzata a partire dal novembre 2024 è stata la dimostrazione più immediata e concreta di come queste aspettative non siano rimaste deluse. Le opere sono state oggetto di una meticolosa campagna di restauro, nel corso nella quale sono emersi anche elementi interessanti riguardanti il retro dei dipinti e che meritano approfondimenti da sviluppare più avanti. Ma soprattutto piccoli e grandi capolavori sono stati finalmente esposti, dando vita ad un percorso espositivo assolutamente inedito, curato da Lucia Maffei in modo da valorizzare la natura variegata dei dipinti e dei supporti, molti dei quali di dimensioni veramente ridotte, ma non per questo meno ricchi di spunti e anzi spesso letteralmente ‘deliziosi’ nella loro minutezza, nella quale si può realmente cogliere la resa immediata, in poche pennellate, di un’idea pittorica complessa.
Paolo Bolpagni
I gioielli della collezione
Dalla Villa di Forci una selezione degli oltre duecento ‘pezzi’ donati alla Fondazione, in cui riconoscere gusto, inclinazioni e anche il talento pittorico di Vincenzo Giustiniani
La tenuta di Forci, sulle colline a nord-ovest di Lucca, affonda le proprie radici probabilmente nel XIV secolo, legata al nome dei Buonvisi. Nel Cinquecento la villa raggiunse il suo massimo splendore. È una vicenda che, con alterne fortune, dura sino all’Ottocento, con l’estinzione della famiglia e l’inizio di un periodo di decadenza: la caduta in stato di abbandono e vari passaggi di proprietà segnano negativamente le sorti del sito. Nel 1917 l’arrivo da Ferrara di Vincenzo Giustiniani (1864-1946), che acquista l’intera tenuta, marca finalmente una svolta. Il conte viene ad abitarvi e dedica a Forci gli ultimi trent’anni della propria vita, con eccellenti risultati. È una persona cólta e appassionata, che si occupa sia delle colture e dei terreni, sia delle case dei contadini, sia dell’antica villa. Inoltre è un pittore dilettante, nonché un collezionista e un sostenitore di artisti, in particolare di coloro che erano stati protagonisti della corrente dei Macchiaioli.
Il suo impegno per tenere viva la tenuta di Forci è stato poi portato avanti, con lo stesso amore, dalla figlia Carla, dal di lei marito, l’ambasciatore Zanetto Scola-Camerini, e infine della loro figlia Diamantina. La quale, con un atto di generosità e lungimiranza, nel 2024 ha deciso di donare la Collezione Vincenzo Giustiniani alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca (anche nella prospettiva della futura destinazione al grande centro espositivo che sorgerà in piazzale Verdi), e di destinare i libri d’arte appartenuti al nonno alla biblioteca della Fondazione Ragghianti.
La raccolta di oltre centottanta dipinti (cui si aggiungono alcune ceramiche della Manifattura Fontebuoni1 e lastre fotografiche d’epoca) che costituiscono il corpus della donazione di Luisa Diamantina Scola-Camerini annovera opere di Filippo Palizzi, Luigi Bechi, William Heath Wilson, Luigi Bertelli, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Odoardo Borrani, Ludovico Tommasi, Eugenio Cecconi, Giuseppe Abbati, Raffaello Sernesi, Cesare Ciani, Plinio Nomellini, Galileo Chini, Giovanni Boldini, Oscar Ghiglia, Alberto Pisa e molti altri, e dello stesso Vincenzo Giustiniani. Il quale seppe intuire il pregio e la particolarità degli esponenti della ‘macchia’, assemblando una collezione in cui valorizzare sia i protagonisti già celebrati, sia personaggi meno conosciuti, ma tutti notevoli interpreti di una fase ‘eroica’ della pittura toscana e internazionale.
Questa mostra, che è stata l’occasione anche per un’importante campagna di restauro, costituisce un primo atto di ‘restituzione’ al pubblico godimento e di riscoperta, oltre che un gesto di riconoscenza nei confronti di Luisa Diamantina Scola-Camerini. Dei più di duecento pezzi della raccolta ne sono stati selezionati circa sessanta: lavori ragguardevoli che consentono d’individuare una linea e di tracciare le direttrici portanti di una collezione nata dalla passione, variegata ma coerente, caratterizzata da un gusto definito, che va da Filippo Palizzi (scuola napoletana dell’Ottocento) alla Toscana dei Macchiaioli, per arrivare al linguaggio internazionale di Giovanni Boldini e agli approdi novecenteschi di Plinio Nomellini, Galileo Chini e Oscar Ghiglia. Peraltro lo stesso Giustiniani – bibliofilo, mecenate, collezionista, cultore di agricoltura e artigianato – era, come anticipato, un pittore dilettante, ed è doverosamente documentato in tale veste. Soprattutto, però, egli seppe fare di Forci un cenacolo d’arte, mèta privilegiata di molti visitatori illustri.
Nel percorso della mostra è di grande impatto la tela del livornese Giovanni Fattori raffigurante Barche da pesca alla fonda, nella sua scala di grigi e di azzurri, tra cielo e mare; preziose sono poi le ‘perle’ del ferrarese-parigino Giovanni Boldini, come Leopolda Banti alla spinetta e La vagliatura del grano, che, nel formato minuto, valorizzano ancora di più il tocco cristallino dell’autore. Suggestiva è la Barca sull’Arno del
fiorentino Telemaco Signorini, e inoltre vanno segnalati i piccoli paesaggi di Plinio Nomellini (di cui Giustiniani, nel 1919, acquistò all’asta un intero lotto, messo all’incanto dal mercante Mario Galli) e le scene intime e vibranti del romagnolo Silvestro Lega. Ma questa non è che una primissima perlustrazione compendiaria all’interno di una ricca raccolta, che sarà studiata a fondo, in previsione dell’edizione di un volume apposito del catalogo generale delle opere della collezione d’arte di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.
1 Si tratta di una serie di vasi prodotti dalla fiorentina «Arte della Ceramica Fontebuoni», fondata da Galileo Chini e attiva tra il 1896 e il 1910. La manifattura «Arte della Ceramica» nel 1902 vide l’ingresso nella ditta, in qualità di socio finanziatore, di Vincenzo Giustiniani, che all’epoca viveva a Ferrara (sarebbe approdato a Forci quindici anni dopo). Ad allora risale l’integrazione della denominazione dell’impresa, che divenne appunto «Arte della Ceramica Fontebuoni». Furono anni importanti, che videro l’affermazione in Italia della nuova estetica Art Nouveau e del gusto modernista. Giustiniani contribuì a far conoscere i prodotti della manifattura fiorentina nella propria città natale: si possono ammirare ancora oggi, a Ferrara, sulla facciata liberty di Villa Amalia in viale Cavour, le ceramiche da esterno con motivi floreali – nelle tonalità del verde, dell’azzurro e del giallo – disegnate da Galileo Chini e prodotte dalla ditta di cui Giustiniani faceva parte.
Giovanni Boldini (1842-1931)
Leopolda Banti alla spinetta olio su tavola applicata su cartone 9,9 × 7,8 cm
La minuta ma preziosa opera è un ritratto della moglie del pittore pisano Cristiano Banti (Santa Croce sull’Arno, 1824 – Montemurlo, 1904) còlta nell’impeto di un’esecuzione musicale alla spinetta, piccolo antico strumento a tastiera ‘da camera’. L’abbandono della donna ricorda quello che si riscontra nel celebre dipinto La melodia di Tranquillo Cremona, esponente della Scapigliatura lombarda, ma con una tecnica e uno stile assai diversi: la pennellata di Boldini è pastosa e materica, rapida e travolgente.
Giovanni Fattori (1825-1908)
Il tiro al campo – Manovre di bersaglieri olio su tavola
7,5 × 25,5 cm
Cavalleggero ferito
olio su tavola
35 × 23 cm
Ci troviamo qui di fronte a temi fra i più peculiari di Giovanni Fattori: soldati a piedi e a cavallo, raffigurati senza alcun accento retorico, ma anzi privilegiando una sorta di microstoria legata alla quotidianità. Peraltro il soggetto del Cavalleggero ferito ha un precedente illustre nel Cuirassier blessé quittant le feu di Théodore Géricault, del 1814. Nella piccola tavola dedicata alle manovre dei bersaglieri vediamo invece la tipica scelta del formato fortemente sviluppato in senso orizzontale, con una giustapposizione di campiture cromatiche che costituisce l’autentica essenza della tecnica macchiaiola.
Vincenzo Giustiniani (1864-1946)
Contadina che rimesta l’uva nel tino olio su carta
24 × 15,6 cm
Nella copiosa produzione pittorica di Giustiniani, che fu dilettante di non esiguo talento, spiccano alcune figure legate al mondo contadino, che rimandano in maniera diretta alla sua esperienza di proprietario e gestore della tenuta di Forci. La semplicità di questa scena ispirata al periodo della vendemmia colpisce per l’efficacia e l’affettuosa immediatezza, e per l’abile resa del soggetto.
Plinio Nomellini (1866-1943)
I due amici sull’argine olio su tavola
15,3 × 13,7 cm
Plinio Nomellini, livornese, partì da una pittura d’impronta macchiaiola, per approdare poi al Divisionismo. L’artista Ferruccio Pagni, amico di Giacomo Puccini, alla fine degli anni Novanta del XIX secolo lo invitò come suo ospite a Torre del Lago, dove poi egli risiedette dal 1902 al 1907. Sulle sponde del padule di Massaciuccoli trovò cieli vasti e aperti, nuvole erranti, e una naturalità un po’ selvaggia che lo affascinò. Nella pregevole tavoletta che ritrae due amici su un argine si ravvisa la capacità di rendere con rapide pennellate il soggetto, immergendo le figure in una luce suggestiva.
Giovanni Boldini (1842-1931)
Testa di mora olio su cartone in cornice sagomata di legno argentato con incisioni del XIX secolo 25 × 15 cm
Boldini, ferrarese, si trasferì nel 1871, quasi trentenne, a Parigi, dove divenne un nome di punta del mercante d’arte Jean-Baptiste Adolphe Goupil, conseguendo uno straordinario successo internazionale. Prima, però, aveva intrattenuto un importante rapporto con i Macchiaioli, stabilendosi nel 1862 a Firenze: qui frequentò il Caffè Michelangelo e si legò in maniera particolare a Giovanni Fattori, a Telemaco Signorini e a Cristiano Banti. Orientatosi al genere del ritratto, fu da subito un innovatore. Lo si nota anche in questa intensa Testa di mora, di tecnica virtuosistica e di eccezionale capacità di penetrazione psicologica.
16 novembre 2024 – 6 gennaio 2025
Sala dell’affresco – Complesso di San Micheletto
Notecartadi
Artigianalità e tecnologia per il restauro conservativo dei documenti dell’Archivio Puccini Museum
Nell’anno delle celebrazioni pucciniane, la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e la Fondazione Giacomo Puccini, a cui è stata affidata la tutela del Puccini Museum – Casa Natale, hanno ritenuto prioritario il restauro di alcuni dei più significativi documenti della collezione del Museo, per garantirne la conservazione ma anche la fruizione al pubblico. Dovendo fare una cernita, la prima scelta è caduta su due preziosi autografi musicali di Giacomo Puccini, la partitura della Messa a 4 voci per orchestra, appartenente al nucleo originario dei beni donati da Rita Dell’Anna Puccini al momento della creazione del museo, ora di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, e due pagine dello Scherzo per orchestra, acquistati dalla Fondazione Giacomo Puccini nel 2014. A questi si sono aggiunti una partitura manoscritta del secondo atto, con annotazioni del compositore, e altri fogli sciolti dell’opera Edgar, uno spartito a stampa della stessa opera e uno di Tosca, con dedica autografa di Puccini a Pietro Mascagni, documenti – entrati a far parte della Collezione della Fondazione Giacomo Puccini nel 2021 – che necessitavano di restauro per poter essere esposti.
Ultimo documento estratto dal caveau, la Copia di lavoro del libretto di Tosca, appartenente alla Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, che, per la sua peculiarità di ‘documento di lavoro’, risultava particolarmente deteriorato.
Infine un ventaglio con decorazioni a tema orientale, che non può propriamente essere definito documento, ma che in qualche modo lo è perché sull’ala sono presenti un verso manoscritto dell’opera Gianni Schicchi e le firme di Giovacchino Forzano e Giacomo Puccini.
Gli interventi di restauro sono stati affidati alla dott.ssa Stella Sanguineti, che si è occupata del ventaglio e di tutti i documenti tranne il libretto di Tosca, affidato alla dott.ssa Claudia Giostrella, che per la sua particolarità, ha richiesto un lungo e scrupoloso lavoro di restauro supportato anche da sofisticate tecnologie messe a disposizione dal Centro Nazionale Ricerche di Pisa.
Interlocutore imprescindibile è stata la Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana, nella persona della dott.ssa Anna Nicolò, che ha sovrinteso a tutte le operazioni di restauro, in continuo dialogo con le restauratrici e la direzione del museo.
Il lavoro di restauro è stato presentato al pubblico lo scorso 12 ottobre 2024, presso la Casermetta San Colombano, sede della Fondazione Giacomo Puccini, nell’ambito della IV edizione della manifestazione Archivi.doc – Carte in Dimora.
Simonetta Bigongiari
Direttrice
del Puccini Museum
Restauro e ricerca al servizio della tutela e della valorizzazione
La presentazione, tenuta il 12 ottobre, è stata l’occasione per raccontare gli esiti di un complesso progetto di restauro e di ricerca che ha interessato alcuni tra i più preziosi documenti conservati presso l’Archivio del Puccini Museum, ripercorrendone le tappe e condividendo le tante riflessioni che hanno accompagnato il lavoro.
Il restauro ha visto coinvolti diversi attori: oltre alle Fondazioni Cassa di Risparmio di Lucca e Giacomo Puccini, e alle due restauratrici, la Soprintendenza archivistica e bibliografica della Toscana, come Istituto preposto alla tutela degli archivi privati sul territorio regionale, che ha seguito il lavoro in tutte le delicatissime fasi della predisposizione e della valutazione dei progetti, della verifica in corso d’opera e del collaudo finale, garantendone così la corretta progettazione ed esecuzione; infine, il team guidato dal prof. Vincenzo Palleschi dell’Istituto di Chimica dei Composti Organo Metallici del CNR di Pisa e la prof.ssa Ilaria Degano del Dipartimento di Chimica Industriale dell’Università di Pisa, che hanno curato le indagini diagnostiche propedeutiche alle scelte conservative e per la caratterizzazione dei materiali costitutivi del Libretto di lavoro di Tosca: carta, adesivi e i diversi tipi di inchiostri e media grafici presenti. Si è trattato, dunque, di un lavoro corale: la responsabilità della conservazione ha visto coinvolti, a vario titolo, diversi soggetti istituzionali e professionali. Il trattamento conservativo di documenti autografi o a stampa che recano tracce di possesso o di uso presen-
Anna Nicolò
ta complessità specifiche: in primis, la necessità di contemperare il recupero di ogni componente originale con il ripristino della funzionalità di un oggetto che nel tempo si è deteriorato. La sfida del restauratore nel progettare un intervento di recupero consiste nell’individuare quelle soluzioni tecniche che possano restituire solidità e funzionalità all’oggetto, senza modificarlo nella sua struttura fisica originale, e, soprattutto senza perdere le informazioni di cui questo è portatore: quelle relative agli aspetti materiali e quelle che testimoniano il modus operandi dell’autore – annotazioni, correzioni, integrazioni manoscritte, cartigli, applicazioni, etc.
Il restauro è stato estremamente conservativo e rispettoso, sia nella scelta dei prodotti utilizzati, sia riguardo alle soluzioni tecniche strutturali adottate, mantenendo un approccio improntato al minimo intervento e senza trascurare, dove necessario, il corretto condizionamento dei documenti in forme adeguate alla conservazione ma anche ad eventuali momenti espositivi.
Progetti come quello realizzato sui documenti conservati presso l’Archivio del Puccini Museum, affiancando tradizione e innovazione, offrono l’occasione di riflettere sul fatto che il restauro può non esaurirsi nel solo recupero del documento ma, al contrario, può essere il motore di studi scientifici le cui risultanze vengono messe a disposizione della comunità dei professionisti e allo stesso tempo evidenziano la centralità della collaborazione istituzionale e professionale nella realizzazione di interventi di tutela necessari per garantire la conservazione del patrimonio documentario.
Biblioteca nazionale centrale di Firenze, già Soprintendenza archivistica e bibliografica della Toscana
1. Giacomo Puccini, Messa a quattro voci con orchestra (SC 6) Partitura autografa dopo il restauro, Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
2-3. Ventaglio in legno e carta in stile orientale Sull’ala notazioni autografe di Giacomo Puccini e Giovacchino Forzano, Collezione Fondazione Giacomo Puccini
4. Giacomo Puccini, Edgar (SC 62) Partitura manoscritta del secondo atto di Edgar dopo il restauro, Collezione Fondazione Giacomo Puccini
Musiche pucciniane: carte manoscritte, volumi a stampa e il ventaglio con le Geishe
Il progetto di restauro affidatomi comprendeva carte di musica manoscritta, volumi con musica a stampa e un ventaglio.
Le carte manoscritte erano degradate e fragili per cause esterne, quali la frequente manipolazione e condizioni ambientali non idonee, e per cause interne, ad esempio il supporto cartaceo di quel’epoca costituito da materie prime non durevoli che degradano la carta. Le carte si presentavano sporche, sgualcite, con strappi e piccole mancanze, la legatura della Messa a 4 voci per orchestra aveva la cucitura allentata e la coperta con ampie lacerazioni chiusa malamente da nastro adesivo.
Gli spartiti a stampa con belle legature d’epoca erano anch’essi degradati da un uso frequente e danneggiate dall’applicazione di nastri adesivi.
Il ventaglio in carta con stecche in legno aveva ampie lacerazioni, piccole lacune, rotture del legno.
Nel caso della Messa a 4 voci per orchestra, la con legatura in cartoncino aveva una cucitura malferma passante sul dorso ricoperto da carta marmorizzata. Il restauro ha quindi riguardato tutte le carte ma anche la coperta che è stata pulita, consolidata e collegata ai fascicoli con una nuova cucitura più stabile e conservativa. L’intervento sulle carte manoscritte ha avuto la priorità di pulire e consolidare il supporto preservando al massimo il pentagramma e la scrittura musicale, comprese le note a margine; si è quindi operato mediante gel di PVA/Borace per eliminare i depositi superficiali e lo sporco penetrato sulle parti non scritte. Per quanto riguarda le due carte dello Scherzo il supporto cartaceo era diffusamente imbrunito e indebolito, presentava molti depositi superficiali, lacerazioni e lacune. In particolare la carta n. 2 aveva ampie lacune sul bordo inferiore.
Il restauro in questo caso è stato particolarmente delicato per la fragilità del supporto, dopo i test di misurazione del pH e solubilità degli inchiostri si è scelto di effettuare una pulitura leggera sui bordi, e rinsaldo delle parti con velo di carta giapponese. La partitura di Edgar è composta da 154 carte sfascicolate con margine interno tagliato in modo irregolare in epoca imprecisata. Anche qui è stata necessaria una pulitura con Gel PVA/Borace, l’eliminazione di vecchi rattoppi in carta non idonea, chiusura degli strappi e lacune sui bordi.
Stella Sanguinetti
In dialogo con la Soprintendenza competente si è deciso di non procedere con una nuova legatura delle carte per facilitare la consultazione dei fogli, inoltre il margine interno delle carte non è stato modificato per mantenere memoria dell’intervento di resezione storicizzato.
Le altre carte manoscritte, sempre relative all’Edgar, hanno ricevuto lo stesso trattamento.
Lo spartito a stampa di Tosca presentava gravi danni alla coperta, malamente ‘riparati’ con l’applicazione di tela cerata adesiva rossa sul dorso e alla piega delle prime carte. Sui bei piatti illustrati erano stati incollati pezzi di nastro adesivo che hanno alterato i colori e macchiato di colla la superficie. Una volta staccata la tela rossa dal dorso, è stato necessario rimuovere un particolare tipo di ‘cucitura’ creata con serie regolari di graffette metalliche che univano i fascicoli sostituendole con una nuova cucitura. I piatti originali sono stati puliti dal nastro adesivo e dai residui di colla, gli angoli e i bordi ammaccati e abrasi sono stati consolidati e le lacune sono state integrate cromaticamente con acquerello. Il dorso è stato ricostruito con tela grigia.
Lo spartito di Edgar era in uno stato di conservazione molto precario: le carte fragili per costituzione erano state ulteriormente danneggiate da un vecchio attacco di muffe. Della coperta restava il piatto posteriore in cartoncino illustrato con decorazioni floreali in stile orientale, il dorso era frammentato e lacunoso. Il restauro ha comportato lo smontaggio delle carte, il lavaggio e trattamento di disinfezione, il rinsaldo e velatura parziale delle aree più danneggiate; è stata fatta una nuova cucitura e una nuova coperta in cartoncino di colore grigio con recupero del dorsetto e del piatto posteriore originale.
Mi è stato affidato anche il restauro di un ventaglio in stile orientale, con stecche in legno ed ala in carta, dipinta ad acquerello, dove sono presenti annotazioni a penna. La carta era fragile e lacerata lungo le pieghe, i bordi sgualciti e frastagliati; in particolare, una lacerazione completa chiusa da nastro adesivi apriva in due l’ala. L’intervento ha comportato la pulitura, la rimozione dei nastri adesivi, la chiusura delle lacerazioni e lacune con velo e carta giapponese KAMI e l’integrazione cromatica ad acquerello delle lacune.
Restauratrice di Beni Archivistici e Bibliografici e Manufatti cartacei, laboratorio di restauro Novare Servando
Il libretto di ‘Tosca’ intreccio di mani, carte e inchiostri
La copia di lavoro del libretto di Tosca contiene il testo del libretto, corredato da aggiunte, correzioni, chiose, frammenti di bozze di stampa applicati sulle pagine, schizzi vari, tra cui alcuni musicali. Vi si possono riconoscere, oltre a una scrittura calligrafica del copista, le mani di Giacomo Puccini, Luigi Illica, Giuseppe Giacosa e Giulio Ricordi e inserimenti di parti stampate. La carta patinata è stampata con righe orizzontali tipiche dei quaderni scolastici; sono presenti altri tipi di carte, quelle dei vari cartigli incollati, di vario spessore e colore, alcune filigranate; la coperta è in cartoncino azzurro-blu/carta da zucchero, con la classica etichetta dei quaderni di quell’epoca.
La copia di lavoro era utilizzata da tutti gli autori che si stavano occupando dell’opera: i vari fascicoli, staccati e separati venivano passati di mano in mano per poter apportare le modifiche e correzioni necessarie. Successivamente sono stati ricuciti insieme ed è stata incollata la carta decorata sul dorso. Sono presenti, inoltre, numerosi fogli e cartigli attaccati con colla e fogli sciolti e lettere. Il quaderno è composto da tre gruppi di carte composti di vari fascicoli legati insieme in modo disordinato, che corrispondono ai tre atti dell’opera. Il testo del libretto è solo sul recto dei fogli in modo da lasciare il verso del foglio opposto vuoto per annotazioni, correzioni e commenti.
Il libretto era in mediocre stato di conservazione. La legatura aveva perso la sua funzionalità: la cucitura non riusciva a tenere insieme i fogli che, durante l’apertura delle pagine, si sono staccati, la carta di rivestimento blu del dorso era lacunosa. In corrispondenza delle
Claudia Giostrella Restauratrice di Beni Archivistici e Bibliografici e Manufatti cartacei
cerniere a causa dell’uscita del filo di cucitura forse troppo spesso rispetto allo spessore delle carte, si erano create numerose lacune e strappi che rendevano rischiosa l’operazione di apertura del libretto.
Le carte presentavano macchie di varia natura e adesivi a rilievo essiccati. Numerose lacune anche di buona parte delle pagine tagliate e incollate in altri bifoli e numerosi strappi e deformazioni come piegature e abrasioni.
L’intervento di restauro è stato eseguito presso il Puccini Museum, nello Studio, dove è stato allestito un laboratorio temporaneo. Le delicate fasi di restauro, dopo una serie di indagini diagnostiche, hanno previsto operazioni di pulitura a secco e a umido localizzate tramite l’uso di gel rigido termoreversibile Gellano, il risarcimento delle lacune e degli strappi, con la carta giapponese washi le cui caratteristiche di resistenza, durabilità, flessibilità la rendono particolarmente adatta al restauro dei materiali cartacei. Si è quindi proceduto con il restauro della legatura e una nuova cucitura per ripristinare la funzionalità meccanica del libretto.
Grazie alla collaborazione con il CNR di Pisa e l’Università di Pisa il restauro del libretto di Tosca è diventato un’importante occasione di conoscenza dei manufatti tramite l’uso di metodologie diagnostiche non invasive, come l’imaging multispettrale per la lettura di parti nascoste del testo e di stati degrado biologico in atto, senza intervenire con lo smontaggio e il distacco dei cartigli.
5-6. Giacomo Puccini, Tosca (SC 69)
Spartito canto e pianoforte con dedica «A Pietro Mascagni perché si ricordi dell’antico amico –Roma 14 ’900». Copertina prima e dopo il restauro, Collezione Fondazione Giacomo Puccini
7. Copia di lavoro del libretto di Tosca
Particolare dello stato dei fascicoli prima del restauro e dettaglio del nuovo ‘assemblaggio’ con inserimento della carta Tosa Washi, Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
8-9. Copia di lavoro del libretto di Tosca
Particolare di uno dei cartigli prima e dopo il restauro, Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
La carta Tosa washi
Grazie alla collaborazione con l’artista giapponese, Meiko Yokoyama esperta di carta washi, promotrice del progetto Ponte di carta, con la Prefettura di Kochi, il Museo della carta di Ino e il Centro tecnico dell’industria cartiera della Prefettura di Kochi. Il mastro cartaio Hiroshi Tamuraha ha appositamente prodotto la carta utilizzata per il restauro del Libretto di Tosca. La Tosa washi realizzata nella Prefettura di Kochi è una delle tre tipologie di carte washi più importanti del Giappone, prodotta tra le montagne e i fiumi di acqua limpida che ne determinano l’altissima qualità delle materie prime. Le fibre della pianta di kōzo sono lunghe e si legano facilmente tra di loro e l’antica procedura di lavorazione a mano, rendono possibile la produzione di una carta molto sottile ma resistente.
Foglio di carta giapponese
Fascicolo 1
Bifolio esterno che contiene due quinternoni
Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3
Gruppo 4
COPERTA
Massimo Marsili
«Versi quasi dispersi». Giacomo Puccini poeta
Il volume Puccini poeta viene pubblicato dalla casa editrice PubliEd nell’anno che segna il centenario della morte di Giacomo Puccini, avvenuta a Bruxelles il 29 novembre del 1924. I centenari, sia quelli istituzionalizzati con atti amministrativi e risorse pubbliche, sia quelli che si nutrono del solo ricordo della ricorrenza, hanno il merito e il dovere di imporre un’approfondita riflessione sul lascito culturale del celebrato. Nel caso di Giacomo Puccini questo compito ha motivazioni ancora più profonde e nodi ancora avviluppati da sciogliere. Il profilo storicamente consolidatosi dopo la sua morte è oggi pervasivo e l’infaticabile lavoro di studiosi e ricercatori non ha ancora del tutto scalfito la superficialità di giudizi diffusi e persistenti.
Nel 2018 la Fondazione Licia e Carlo Lodovico Ragghianti ha realizzato l’esposizione «Per sogni e per chimere». Giacomo Puccini e le arti visive. Le relazioni amicali e professionali tra Giacomo Puccini e i pittori sono state da tempo presentate e indagate. Il nucleo originario dei bohémien del lago e la sua successiva estensione a nuove partecipazioni occasionali o durature è stato oggetto di esposizioni, studi e documenti. Lo stesso coinvolgimento di alcuni di questi pittori nelle scelte artistiche degli allestimenti e nelle immaginazioni decorative delle abitazioni del Maestro è stato altrettanto investigato. I lavori di restauro del Villino Giacomo Puccini di Viareggio è probabile che accrescano di nuovi particolari questa inclinazione. La mostra del 2018 ha avuto l’originale merito di approfondire il rapporto tra Giacomo Puccini e le arti visive da una prospettiva criticamente nuova. La puntuale restituzione delle relazioni con galleristi e collezionisti, il documentato impegno personale per patrocinare i suoi apprezzati artisti, nonché le considerazioni critiche rivolte al loro lavoro, riferiscono la costante attenzione e l’espressione di un “gusto” e di un personale approccio estetico alle arti figurative, che trascende la cronaca delle amicizie e degli intrecci biografici.
Nel corso del 2024 la stessa Fondazione Ragghianti ha organizzato la mostra «Qual occhio al mondo». Puccini fotografo. Il percorso espositivo era composto da novanta fotografie “scattate” dal Maestro e conservate presso l’Archivio Puccini della Fondazione Simonetta Puccini per Giacomo Puccini a Torre del Lago e in altri fondi. I soggetti fotografati rappresentano i luoghi abitati e vissuti da Giacomo Puccini – Abetone, Ansedonia, Chiatri e Torre del Lago – alternando scorci di paesaggi e momenti di vita familiare. Altri “scatti” accompagnano i viaggi in Egitto, a Parigi, a New York, come la passione per la fotografia segue il Maestro per un trentennio a partire dal 1894. Anche questa attività esprime un’attitudine che va oltre la tensione
verso la modernità e la fascinazione suscitata dalla prodigiosa macchina, che sicuramente lo incuriosiva, e mostra la progressiva perizia nel suo uso e il perfezionamento della tecnica. La serie dei temi lascia quasi presagire in alcuni casi l’intento sequenziale del reportage e la coscienza del valore espressivo ed estetico del mezzo, che diventerà anche utile strumento di una suggestione e di un’indicazione scenografica.
Il rapporto tra Giacomo Puccini e la parola è altrettanto intenso. «Scrivere musica per il teatro» – per citare l’imperativo creativo del Maestro – significa intrecciare la devozione che si deve a Euterpe con la venerazione di Calliope, Melpomene e di Polimnia e con la riverenza verso la ridente maschera di Talia. La combinazione tra musica, canto e poesia si manifesta nella ricercata corrispondenza tra la sillabazione e il ritmo contenuto nella frase con la composizione musicale e, ovviamente, viceversa. Da questo ordito scaturisce la poesia dagli aedi “omerici” ai trovatori medievali. Se, come si nota opportunamente nell’Introduzione, l’educazione ai classici latini, le filastrocche intonate con la sorella Ramelde e il ricordo natalizio di Carlo Paladini sono manifestazione di una precoce indole poetica, non si può disconoscere che l’imperativo artistico conduce il Maestro a un costante confronto creativo con i poeti. Se si fa – forse – eccezione per Giovacchino Forzano e Giuseppe Adami, tutti i suoi librettisti erano stati poeti o lo erano. Le loro raccolte o le apparizioni occasionali in riviste e gazzette non sono riscontrabili nel pantheon delle antologie poetiche. Il loro impegno nella versificazione fu, comunque, costante e denso di registri personali e originali. Lo erano l’irregolare Luigi Illica, il giovane crepuscolare Guelfo Civinini, il professore Carlo Zangarini e l’umorista dagli accenti popolareschi Renato Simoni. La profonda amicizia tra il commediografo Giuseppe Giacosa e Giovanni Pascoli è attestata da una corposa corrispondenza densa di riferimenti poetici, che consolidarono a tal punto la loro relazione da ispirare al cantore di Castelvecchio una poesia dedicata alla morte del grande librettista di Giacomo Puccini:
Così! Così! la tua Parella la casa tua, la tua Maria… Così la morte è bella: non è partire, è non andar più via.
Cantò tutta la notte un coro di trilli arguti e note gravi; e il plenilunio d’oro splendé sul letto dove riposavi.
All’alba si diffuse un grande odor nel portico: il tuo chiostro fu pieno di ghirlande: una diceva: al caro Pin, ch’è nostro.
Un dono era gentil, di villa. Ognuno volle dar qualcosa. Cambiarono una stilla del lor sudore in un bocciol di rosa.
Al Capo le massaie, leste scendendo al suo passar le scale, porsero il soldo agreste, il candido ovo che si dà pel sale.
E tu con tutti loro a schiera scendesti tra le verdi siepi alla tua chiesa; e c’era un odor di sepolcri o di presepi,
e il suono del dolore in pace, che vuole diventar più tanto, che s’ama, che si piace, c’era il singhiozzo che ritrova il pianto.
E tutti in pianto e tutti al pianto soave delle tue campane, mossero: andava accanto ai contadini il loro vecchio cane.
E tu giungesti alle tue genti già presso al dolce mezzogiorno. Sotto rosai pendenti entrasti. I verdi faggi erano intorno.
La falce aperto avea di primo mattin tra l’alte erbe guazzate la via. La menta e il timo rendean per tutto buon odor d’estate.
E tu restasti. Non si muore così. Così, mio buon fratello, si resta. Al tuo gran cuore, Fermati! forse tu dicesti: È bello!…
«Noi maestri compositori – scriveva Puccini al critico e compositore Carlo Cordara – siamo come le api, si sugge il miele
1. G. Magrini, Giacomo Puccini intento alla lettura nella casa di Viareggio, Torre del Lago, Archivio Puccini
2. Lettera in versi di Giacomo Puccini a Carlo Vimercati, 28 novembre 1907 (I 4 90), Torre del Lago, Archivio Puccini
dove si trova il dolce e il buono». La difficoltà di delibare «il dolce e il buono» dalla poesia laureata è nota. I confronti con Giovanni Verga e Gabriele d’Annunzio non sortirono le opere attese. La lupa, Parisina, La rosa di Cipro e La crociata degli innocenti furono altrettanti progetti sui quali si consumò l’aspirazione a collaborazioni che alternavano disponibilità e disappunto, attesa e rifiuto, entusiasmi e delusioni. L’impossibilità di concludere i lavori avviati con Gabriele d’Annunzio tocca registri sentiti e profondi e segna la comprensione di una drastica distinzione, per cui il Vate risultò sempre lontano dall’ideale estetico e musicale pucciniano radicato in quei valori di “verità” e “popolarità”, che di tanti fraintendimenti hanno poi caricato l’interpretazione della sua opera. Quando il Maestro si porrà il problema di “tradurre” in romanesco popolare i versi scritti per il canto del pastorello dell’atto conclusivo di Tosca, si rivolgerà, assente Cesare Pascarella, a Luigi Zanazzo, che stese con rapidità un dolcissimo stornello. Eugenio Montale e Cesare Garboli hanno dedicato pagine importanti al sottile rapporto tra Giacomo Puccini e Guido Gozzano. Il poeta piemontese in una lettera a Vico Fiaschi chiede in virtù del legame di amicizia con l’avvocato e sindacalista socialista aiuto per «un libretto d’opera che vagheggerei di far capitare nelle mani di Puccini. È il vero genere adatto a lui». Questa lettera sconosciuta fino al 1983 prova la concretezza dell’intuizione di Montale e di Garboli, che trovano nella poetica del Maestro e dei suoi librettisti temi affini a quelli di Gozzano: i piccoli e semplici sentimenti, le ambientazioni pittoriche, la simpatia per gli umili e i vinti, il sacrificio causato dall’adesione sincera ai sentimenti, il volto trucido del potere, il tratto psicologico dei personaggi. Per entrambi la “popolarità” dei temi e del linguaggio dei due artisti introducono il tema del passaggio dal verismo all’estetica decadente, dall’Ottocento al Novecento: la Signorina Felicita non è Paolo e Virginia, la Bohème non è Turandot. Non sappiamo se il libretto del poeta dei piccoli salotti della buona borghesia piemontese stipati di “giapponiserie” e densi di effluvi amorosi, di avventurose conquiste e di viaggi solo immaginati, sia arrivato nelle mani del Maestro, né se il soggetto ideato, ispirato probabilmente alla rivolta dei Sepoys del 1857 nell’India coloniale, avrebbe potuto ribaltare il difficile rapporto tra Puccini e i poeti “laureati” e pungolato la fantasia esotica di Puccini. Dopo il Paese del Sol Levante, l’America e prima della Cina, perché non cimentarsi con l’India?
Giacomo Puccini descriveva i suoi componimenti poetici come “versi dispersi” o come passatempo notturno per superare le ore d’insonnia. Non attribuiva loro particolare valore artistico.
La raccolta di componimenti, sapientemente organizzata e curata, testimonia tuttavia di un’incessante attività, che quasi con modalità “cronachistica” interpreta la biografia di Puccini. Puccini rima dai piroscafi dei suoi viaggi e dalle camere di albergo. Verseggia dalle sue abitazioni e dalle Ville degli amici. Lo fa scrivendo su ciò che capita: una carta da lettera intestata, una cartolina postale, un’illustrazione fotografica. Si tratta di volta in volta di componimenti inseriti nel corpo di lettere, talvolta in esergo, talvolta ad esse appuntate. In altri casi assumono più seriosamente la forma della dedica che accompagna gli spartiti donati. Capita che “sporchino” il libro di un autore o che restino in un fascicolo del Maestro. Occorre ricordare che la preponderante formazione “umanistica” comportava la conoscenza della metrica, la lettura musicale dei poeti latini, l’accurata conoscenza delle forme della retorica. La lingua per un Paese in formazione era il fondamento della nascita di una cultura nazionale e padroneggiarne l’espressione requisito fondamentale che, travalicando i confini delle competenze dei “letterati” di professione, era coltivato da chiunque svolgesse un’attività intellettuale o una libera professione. A maggior ragione tra i musicisti e in particolare tra i compositori d’opera, che con la comprensione e l’espressione del rapporto tra musica e parola avevano necessaria consuetudine. Non a caso a Eugenio Checchi che lo interroga sulla sua disposizione poetica, Puccini risponde ricordando la lettura giovanile dei musicali versi di Virgilio. Si tratta comunque di un’attività costante che tocca i registri della burla, dello scherno, della satira, dello sfogo e dell’amarezza. Possiedono del genere “goliardico” e “popolaresco” alcuni tratti fondamentali. La partecipazione spesso collettiva alle declamazioni, che si manifestano precedentemente o successivamente alla composizione poetica. Sappiamo che tra gli amici della Bohème e anche tra quelli, più maturi, del Gianni Schicchi era praticata l’arte dello sberleffo e del motteggio. Altro carattere della poesia goliardica è il tratto caricaturale, che intreccia il profilo psicologico e il corpo del personaggio, cui Puccini ricorre con penetrante arguzia. Lo spostamento dall’“alto” al “basso” – e viceversa – del contenuto poetico, ne
è un’altra declinazione: riferimenti classici e mitologici, citazioni dantesche, allusioni a versi d’opera opportunamente modificati e indirizzati alla descrizione di personaggi e situazioni e, al contrario, figure e frangenti paradossalmente elevati dall’accostamento colto, talvolta dal soprannome. I riferimenti al cibo con dovizia di particolari sul gusto, sulla qualità o sugli effetti ne richiamano il genere. I calembour e doppi sensi, questi spesso correlati alla sfera del sesso vissuto, immaginato o consigliato popolano le rime. Della poesia goliardica e dei suoi intrecci con quella popolaresca si raccoglie anche il tema della vanitas con cenni tanto alla decadenza corporea, quanto alla transitorietà del successo. Le invettive esplicite o alluse contro il potere, contro i giudizi dei critici francesi e contro la noia dei salotti e dei ricevimenti segnano una sezione della raccolta, ma traspaiono quale tono e contenuto anche di altri componimenti. La famiglia, la rete delle amiche e degli amici, i luoghi, le prime e le repliche, gli amori, i viaggi, le sue opere e quelle di altri compositori e persino la gestione del denaro e delle commissioni di casa entrano nella ricchezza del registro linguistico del Maestro, che su una matrice diffusamente goliardica, canzonatoria, irriverente, oscena e sarcastica, si espresse in componimenti che più che d’occasione, diventano parti di un canzoniere condiviso e personale, restituito ad una sua cognizione d’insieme, che se pur non voluta dall’autore, dell’autore rivela molto.
Questo libro ci consegna un altro capitolo della sensibilità artistica di Giacomo Puccini. Come il Maestro fu più di un semplice cultore delle arti figurative e di un utilizzatore della macchina fotografica, così fu a modo suo poeta. Avverto che esiste una simmetria tra i titoli delle prime mostre citate e il titolo di questo rabdomantico contributo. Le parole del Maestro introducono allo specifico dei suoi interessi artistici e culturali: «Per sogni e per chimere». Giacomo Puccini e le arti figurative e poi «Qual occhio al mondo». Puccini fotografo. Si potrebbe in fondo alludere all’esigenza di comprendere la complessità non del solo compositore, ma dell’intellettuale nella sua interezza. «Versi dispersi» Puccini poeta mi suona bene.
Il testo qui pubblicato è tratto dal volume: Giacomo Puccini Poeta, a cura di Virgilio Bernardoni, Gabriella Biagi Ravenni, Fiammetta Papi, Manuel Rossi, prefazione di Massimo Marsili, Publied editore, Lucca 2024
3. Montabone, Ritratto di Giacomo Puccini, con dedica in versi alla sorella Ramelde (I 1 3), Celle dei Puccini (Pescaglia), Museo Puccini
Francesca Velani
2005
2011
LuBeC – Lucca Beni Culturali è l’incontro annuale organizzato da Promo PA Fondazione per promuovere lo sviluppo culturale per la crescita e la competitività del Paese e dei suoi territori. Diventato un punto di riferimento nel dibattito nazionale sul tema della cultura, riunisce a Lucca, anno dopo anno, i protagonisti del settore per confrontarsi su politiche, strategie e progettualità. LuBeC si è sviluppato grazie al determinante sostegno che dalla sua prima edizione è stato confermato da Comune di Lucca, Provincia di Lucca, Regione Toscana, Ministero della Cultura, Camera di Commercio Toscana Nord-Ovest, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e Fondazione Banca del Monte di Lucca.
Al centro di LuBeC il tema dell’innovazione: di processo, di prodotto, tecnologica e sociale; una innovazione portatrice di cambiamenti che investono il capitale umano e il capitale culturale e devono essere gestiti e promossi attraverso politiche territoriali integrate che pongono al centro «il ruolo trasformativo della cultura nello sviluppo sostenibile» come leva per «affrontare le pressioni e i bisogni economici, sociali ed ecologici» (Dichiarazione di Roma, 2020).
Fil rouge dell’iniziativa è da sempre il rapporto pubblico-privato, sul quale negli anni sono state promosse riflessioni e progettualità incentrate su temi di carattere socioculturale, economico e di indirizzo strategico.
A partire dall’edizione 2021, dentro LuBeC è nato ISIE – International Summit Of Immersive Experience, Summit sull’Immersività, con cui Promo PA Fondazione, in collaborazione con Immersiva Livorno srl e Bright Festival, ha deciso di porre il tema dell’immersività e dei suoi artigiani al centro di un percorso esperienziale e formativo.
Destinatari degli incontri, dei laboratori e dei dibattiti di LuBeC è una grande e crescente community formata da tutti coloro
che si sentono impegnati e coinvolti a vario titolo nel processo di sviluppo socio-culturale del Paese.
I vent’anni di LuBeC
Per la sua XX edizione LuBeC è stato Venti di cultura, un titolo che ha inteso evocare il ruolo della cultura come motore di cambiamento e innovazione, dove i ‘venti’ sono le correnti che spingono verso il futuro e simboleggiano il dinamismo e la capacità della cultura di influenzare positivamente la società, l’economia e l’innovazione verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per la sostenibilità. E ‘venti’ richiama anche gli anni di esperienza di LuBeC, e ancor più l’età della maturità giovanile, di chi si affaccia al mondo del lavoro, portando nuove istanze ed energie che nella cultura presente e passata possono trovare quell’humus necessario per rispondere alle grandi sfide in cui siamo immersi. In questo quadro, la manifestazione ha inteso esplorare come la cultura, con la sua natura osmotica, si integri con le nuove tecnologie e i modelli economici innovativi, proponendosi come laboratorio di idee e progetti per esplorare soluzioni volte al raggiungimento della sostenibilità ‘integrale’. Articolata su cantieri tematici che integrano confronti e interventi sulle policies, presentazioni di ricerche e buone pratiche, a veri e propri laboratori di co-progettazione, LuBeC ha approfondito temi come intelligenza artificiale, welfare culturale, design thinking, sostenibilità economica, sostenibilità sociale e transizione verde, attivando format in cui la collaborazione con i molti partner di LuBeC ha assunto ancor più centralità.
La centralità della cultura rispetto al ben-essere di comunità e territori Come già accennato nel corso degli anni, LuBeC è diventato un appuntamento chiave per la comunità culturale italiana, con un’attenzione costante alle sfide contempo-
ranee. Dal debutto della manifestazione nel 2005, la partecipazione è cresciuta significativamente, passando da trecento presenze iniziali a circa duemila, dato che resta invariato negli anni; una crescita promossa e supportata costantemente dal lavoro di un team sempre più ampio e specializzato. Anche durante la pandemia, nel 2020 e nel 2021, LuBeC si è svolto, dimostrando grande resilienza e adattandosi al contesto con due edizioni ibride – sia in presenza, sia on line – che hanno coinvolto centinaia di partecipanti. Una partecipazione che dimostra la maturità di un sistema che intende la cultura come determinante per la salute e il ben-essere di comunità e cittadini e che,
proprio nel 2024, alla sua XX edizione, ha presentato il Manifesto condiviso per lo sviluppo del welfare culturale, con proposte di sistema nate dal confronto di oltre quattrocento soggetti pubblici e privati.
Temi in evoluzione e cantieri tematici Tecnologia e digitale, sostenibilità sociale, ambientale ed economica, città e territori – turismo e rigenerazione, politiche e pianificazione culturale, partenariato pubblico-privato: sono questi i temi della manifestazione, profondamente interconnessi tra loro e che, attraverso un approccio trasversale ed integrato, riflettono la natura della cultura, vedi grafico a pagina 45.
Premiazioni, riconoscimenti e paesi ospiti
LuBeC, sin dalla sua V edizione, ha avuto un paese ospite con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo delle connessioni globali nel settore dei beni culturali e del turismo tra i Paesi. Andando a ritroso negli anni, sono stati presenti Olanda, Emirati Arabi Uniti, Thailandia, Bulgaria, Repubblica Moldava, Tunisia, Giappone, Georgia, Romania, Francia, Finlandia e Cina. Un altro aspetto rilevante riguarda gli eventi collaterali organizzati sin dagli esordi, tra cui concerti, presentazioni, interviste, premiazioni e visite guidate, che hanno contribuito a rendere l’evento una manifestazione culturale a 360 gradi.
Infine, nel corso della storia di LuBeC, il Riconoscimento LuBeC è stato conferito a personalità e istituzioni che si sono distinte nella valorizzazione culturale. Nel 2024, il premio è andato alla famiglia Gori della Villa di Celle, scelta «per aver raccolto il testimone di Giuliano, curando con passione l’eccezionale collezione di capolavori dell’arte contemporanea e creando la Fondazione Gori di Villa Celle per favorirne la fruizione e farne un polo di attività culturali» (Gaetano Scognamiglio, Presidente Promo PA Fondazione).
Negli anni si ricordano alcuni importanti riconoscimenti consegnati a Christian Greco, Direttore del Museo Egizio nel 2023; a Giovanni Battista Bazoli, Presidente Emerito Gruppo Intesa San Paolo nel 2022; ad Antonia Pasqua Recchia, architetto, già Segretario generale del Ministero della cultura nel 2017; a don Antonio Loffredo, parroco di Santa Maria della Sanità a Napoli nel 2012.
Questi sono solo alcuni dei nomi premiati; l’elenco completo è disponibile su una pagina dedicata del sito www.lubec.it.
Chi partecipa a LuBeC?
In linea con l’obiettivo di confronto e condivisione pubblico-privato, i partecipanti a LuBeC sono policy makers ed operatori provenienti dalla PA locale e centrale, dal mondo delle imprese e in particolare ICC –Imprese Culturali e Creative –, dal Terzo Settore. Più in generale la partecipazione è caratterizzata da figure di settore, sostanzialmente operatori con profilo decisionale e operativo, ma anche da figure in fase formazione.
Elisa Nello
Giungla Fest 2024 quando restare diventa un atto radicale
Giunto alla sua quinta edizione, il festival Giungla ci ha invitato nuovamente ad una riflessione sulla complessità del rapporto tra uomo, natura e tecnologia attraverso la ricerca e le pratiche artistiche del presente e del passato. Quest’anno la parola chiave attorno alla quale è stata organizzata la programmazione è Radice, su cui artiste e artisti, ricercatrici e ricercatori di varie discipline sono stati invitati a riflettere, esplorando le sue derive di senso. In un periodo storico caratterizzato dalla facilità di spostamento, il fenomeno migratorio si fa più complesso e frequente fino ad arrivare a parlare di nomadismo digitale, di expat, e all’esistenza di una moltitudine di programmi di mobilità internazionale; in questo contesto Radicale è chi fugge o chi resta? Radicato è chi si ritrova ovunque o chi non muove un passo? La radicalità è la purezza d’intenti di chi vuole un profondo cambiamento o la mancata adesione a schemi prefissati che porta al rifiuto sistematico di qualsiasi forma di normatività?
1. Giuditta Vendrame
2. Dalisi, Struttura d’animazione al Rione Traiano, 1972
3. canakkalebiennial giungla_iremtok
La curatrice, Irene Panzani, ha sempre coinvolto artisti internazionali nella produzione di opere site-specific che possano contribuire a promuovere e valorizzare il territorio e l’eredità culturale lucchese. Già nel 2022 questa scelta portò all’esportazione del progetto di Giungla alla Biennale di Çanakkale – sulla sponda asiatica dello stretto dei Dardanelli – a seguito della curatela da parte della stessa, della mostra Com’è bella stasera la mia giungla di vetro allestita nell’Orto Botanico, nel contesto di Giungla Domestica. Un altro esem-
pio calzante delle conseguenze della scelta della curatrice è l’installazione La rêveuse rêvant d’une rêveuse rêvant creata da Tiphaine Calmettes, che durante la sua residenza lucchese apprese come lavorare il bambù secondo le tecniche artigianali locali, per trasformarlo in oggetti d’arredo che mescolano cultura e funzionalità. L’installazione fu ideata per entrare in connessione con il bosco della società agricola di Colle di Bordocheo, uno dei luoghi scelti per l’edizione di Giungla Bucolica, nel 2023.
Quest’anno le molteplici sfaccettature dell’etimologia di Radice, radicato e radicale hanno portato a suddividere la rassegna in due momenti distinti, proseguendo al contempo l’espansione spaziale già avviata con Giungla Bucolica, che aveva visto il festival uscire dal suo luogo d’origine: l’Orto Botanico di Lucca. La prima parte dell’edizione 2024 ha preso vita all’interno del Mercato del Carmine, dal 3 al 5 maggio con la mostra Ora et labora, che ha ospitato le opere di artisti provenienti dalla Francia, Turchia e Italia. L’intento dell’esposizione era quello di reinterpretare le radici del-
l’identità passata di questo spazio, prima luogo d’ascesi e preghiera, poi di commercio di radici e prodotti della terra e, infine, convertito a spazio dedicato all’arte. La seconda parte della rassegna, che si è tenuta dal 14 al 17 novembre, ha dato maggior spazio alla parte divulgativa e laboratoriale. Ad aprire questa edizione è stato l’incontro di presentazione del libro Il corpo delle pagine. Scrittura e vita in Carla Lonzi, curato da Linda Bertelli, professoressa di estetica dell’IMT di Lucca e Marta Equi Pierazzini, ricercatrice e docente presso l’Università Bocconi e l’Accademia di Belle
4. LANDESCAPE giungla 2022
5. Luca Conte giungla 2023
Arti di Brera. Grazie alla moderazione della filosofa e divulgatrice Elena Magalotti, le autrici hanno raccontato la scrittura come pratica radicale portata avanti dal femminismo italiano ed il suo significato per Carla Lonzi, figura tuttora preziosa per il movimento. Sulla stessa linea ideologica si è finiti a parlare di cancellazione culturale della donna insieme a Davide Dal Sasso, ricercatore di estetica presso l’IMT di Lucca e Lucia Veronesi, con la presentazione del progetto La desinenza estinta
Per il terzo anno consecutivo è stato presente Guido Segni, artista visivo e docente
presso l’Accademia delle belle arti di Carrara, che per questa edizione ha creato il laboratorio Fonti sintetiche, nel quale sfida il rapporto tra l’intelligenza artificiale e le fonti storiche. Come per Ora et labora anche in questo caso viene applicata una reinterpretazione delle radici, ma sotto forma di manipolazione, attraverso la IA, di antiche foto di Giacomo Puccini che la Biblioteca Statale di Lucca ha gentilmente messo a disposizione. Il laboratorio mirava ad offrire una visione nuova sull’artista in occasione del centenario già saturo di interventi. Il risultato è stato la composizione
6. L. Veronesi, La desinenza estinta
della storia di Doria Manfredi, domestica e presunta amante del compositore, che si dice abbia avuto una forte influenza sulle innovazioni musicali di quest’ultimo.
Come spesso ripetuto da Panzani, più che uno dei tanti festival nella fitta agenda di eventi lucchesi, Giungla si trasforma in un metodo di lavoro e indagine della realtà esperienziale, che, oltre alle scienze dure e alla filosofia, comprende anche l’arte come disciplina di ricerca. Alla base di questo spazio multidisciplinare c’è un bisogno di convivialità, una rete di legami in divenire tra le persone e una riflessione sul futuro che mira a comprendere l’urgenza dell’azione presente, a metà tra una pratica di mindfulness e un circolo filosofico.
All’interno di Giungla Domestica e di Giungla Bucolica è stato affrontato il tema dell’ecologia: nel primo caso, concentrandosi sull’impatto della pandemia sulle relazioni interpersonali e sugli spazi abitativi; nel secondo, valorizzando gli spazi verdi campestri e periurbani. In Giungla sulla Luna, l’astrofisica ed educatrice francese Fatoumata Kébé ha trattato il tema dell’inquinamento spaziale, mentre il collettivo di performer Manifesti Brutal celebrava la notte di San Giovanni con la performance La notte è anche un sole. Infine, Giungla Radicale, ha immaginato il destino dei borghi rurali insieme all’architetto Edoardo Cresci, ed ha ballato sulla lana, accompagnato dalla musica e dai visuals dei live coders Gabriele Favazza e Gabriele Paolini, così che gli artisti Marius Escande e Sarah Illouz potessero trasformarla in un tappeto collettivo. Chi ha partecipato alle edizioni passate può notare come l’attuale Giungla Radicale possa essere interpretata come sintesi dei concetti indagati nelle ‘giungle’ precedenti. Anno dopo anno, il festival è uscito dal cuore dell’Orto Botanico di Lucca, per diffondersi verso altri spazi e lidi di pensiero. Per realizzare l’edizione 2024 è stato coinvolto anche un gruppo di giovani under 35 che hanno formato il TEAM Mowgli. L’iniziativa è nata grazie al bando «Siete Presente. Con i giovani per ripartire», promosso dal CESVOT e finanziato da Giovanisì, in accordo con la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e della Fondazione Banca del Monte di Lucca.
È forse Giungla a sentire il bisogno di oltrepassare i confini, continuando al contempo a coltivare le proprie radici? Quest’anno Emanuela Anechoum ci ha offerto una preziosa lezione, sottolineando come le radici non siano tanto legate ai luoghi, quanto piuttosto alla responsabilità e alla cura dei legami che creiamo.
5. Lucca, suore a passeggio in via dei Fossi, 1964
Più di mezzo secolo di storia di una realtà imprenditoriale lucchese che si incrocia con la storia stessa della città e del suo territorio. Una storia racchiusa in migliaia di fotografie che a breve diventeranno patrimonio dell’intera comunità.
L’Archivio storico di Foto Alcide, recentemente protagonista della mostra «Lucca e le istituzioni. 75 anni di storia per immagini» che ha registrato oltre 20mila visitatori, entra interamente a far parte dell’Archivio Fotografico Lucchese.
La decisione è stata presa dall’amministrazione comunale, su input del Sindaco Mario Pardini, che in questo modo entra in possesso del prezioso materiale che documenta 75 anni di storia della città, dal 1949 ai giorni nostri, insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. I due Enti, Comune di Lucca e Fondazione Crl, acquisiscono di fatto ciascuno la metà dell’Archivio Storico di Foto Alcide, che a sua volta confluirà nel più vasto Archivio Fotografico Lucchese, di proprietà del Comune, che già raccoglie i due fondi principali dei fotografi Cortopassi e Ghilardi e che nel corso degli anni è stato arricchito da altro materiale, fino ad arrivare a 650.000 immagini della città e del territorio di Lucca, e non soltanto.
Si tratta di un passaggio culturale di notevole interesse per la città di Lucca, che finalmente riunisce in un unico, grande archivio a disposizione di tutti, il lavoro di documentazione realizzato dai tre principali studi fotografici storici cittadini. L’acquisizione fa tra l’altro parte a sua volta di un più grande progetto che mira a rendere Palazzo Guinigi, recentemente riaperto al pubblico, il fulcro della storia di Lucca per immagini.
Con l’operazione di acquisizione dell’Archivio Storico di Foto Alcide tutto questo patrimonio diventa pubblico e potrà essere conservato e fruito al pari degli altri fondi che compongono l’Archivio Fotografico Lucchese, divenendo, di fatto, patrimonio condiviso della comunità.
ieri oggi DOMANI
6. Lucca, piazza Grande, 1956
7. Lucca, costruzione della clinica Barbantini, 1963
8. Lucca, demolizioni in piazza Cittadella, 1964
L’Archivio storico di Foto Alcide
L’archivio analogico di Foto Alcide è composto da vecchie pellicole piane, da negativi in formato 6x6, 6x7 e altri nel formato 24x36, tutti custoditi in appositi contenitori. Con l’avvento del digitale a fine anni Novanta, le immagini sono state archiviate su CD e DVD, mentre oggi i file vengono trasferiti e catalogati su hard disk. Si tratta in tutto di 27.000 servizi archiviati dal 1949 al 2007 e di oltre 21.000 GB di materiale digitale. Ricche le sezioni delle fotografie con immagini della vita quotidiana di Lucca, dagli avvenimenti culturali e politici della città, allo sport cittadino, fino ad arrivare ai personaggi che sono stati ospiti della città: politici, rappresentanti delle istituzioni, governanti, musicisti, attori, cantanti, campioni dello sport. La passione per la fotografia, nata fin da quando Alcide Tosi era piccolo, e la sua particolare disposizione a vivere a contatto con la gente con piacevole disinvoltura, lo ha reso di fatto il primo fotografo di reportage a Lucca, opera, questa, che è stata portata avanti dai figli Claudio e Alessandro ‘Mimmo’ Tosi.
9. Lucca, Maggiano, Mario Tobino nel suo studio, 1956
10. Lucca, Aldo Moro sotto le mura, 1967
11. Lucca, Jacqueline Kennedy, 1967
Enrico Alberigi
La cura del bello, la tutela della memoria
Cifra record di oltre 5 milioni di euro per il bando
«Interventi su beni culturali 2024-2026»
Erano stati stanziati due milioni di euro, alla fine sono diventati ben cinque. Per la precisione 5.280.000: è questo l’ammontare dello stanziamento definitivo che la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca ha dedicato al bando triennale «Interventi su beni culturali».
La quantità e l’entità delle richieste pervenute infatti ha reso necessario uno sforzo ulteriore per intervenire in situazioni di emergenza, favorire il recupero di molti beni simbolici nel territorio e garantire la riqualificazione di strutture storiche che potranno a breve avere un nuovo utilizzo. Perché non esiste un restauro che possa dirsi compiuto se non viene ‘completato’ con una destinazione d’uso precisa e in grado di determinare in maniera efficace il benessere e la qualità della vita di una comunità.
Sono infatti ben 66 i progetti accolti a favore di altrettante strutture disseminate in ogni angolo della Provincia di Lucca. Di particolare rilievo, tra gli altri, il contributo grazie al quale il Comune di Porcari potrà procedere all’acquisto di villa Grassini, come quelli che consentiranno il restauro della chiesa di San Giusto a Chiatri, il recupero del campanile della chiesa dei Santi Quirico e Giulitta a Capannori, dell’antica chiesa romanica di San Leonardo ad Aquilea e della parrocchiale di San Cassiano a Vico.
Per quanto riguarda la Valle del Serchio arrivano risorse per il proseguimento delle operazioni di riqualificazione della Pieve di Santa Maria Assunta a Loppia, grazie alle quali si procederà al rifacimento del manto di copertura in modo di completare un restauro molto atteso. Ma contributi di diversa entità arrivano, tra i molti, anche per la
chiesa di Santa Maria Assunta a Vitoio (Camporgiano), per la chiesa di San Jacopo a Gallicano, per il Romitorio di San Bartolomeo in Cune (Borgo a Mozzano), per la chiesa dei Santi Quirico e Giulitta a Vergemoli e per molte altre ancora. Interventi di rilievo saranno sostenuti anche in Versilia, dove il Comune di Viareggio ha ottenuto ingenti risorse per il ripristino e consolidamento della copertura di Palazzo delle Muse. Ma anche qui una pioggia di contributi interesseranno l’immobile denominato ‘ex Camp’ nel Comune di Pietrasanta, la chiesa dei Santi Iacopo e Andrea a Massarosa, la chiesa di Sant’Antonio a Viareggio, la Pieve di San Martino alla Cappella a Seravezza e molte altre ancora, senza dimenticare il fondamentale contributo all’Amministrazione provinciale destinato al restauro, miglioramento sismico e adeguamento alla normativa antincendio dell’Istituto Professionale Turistico Alberghiero «G. Marconi» di Viareggio. Da segnalare anche le risorse riservate a interventi puntuali di restauro su opere d’arte, come quello sulla cosiddetta Tavola Puccinelli conservata in Santa Maria Bianca a Lucca, o quello che interesserà le pitture murali della Badia di Cantignano (le pitture sono solo una piccola parte dell’intervento che infatti vale 1/milione, il resto è un ulteriore lotto eseguito sulle strutture); e poi ancora le iniziative di valorizzazione, come il proseguimento dell’allestimento del Museo del Carnevale a Viareggio e i nuovi allestimenti nella Rocca ariostesca di Castelnuovo dedicati alla figura di Lodovico Ariosto.
Tanti progetti, dunque, uniti dal comune denominatore che vede intrecciare la tutela della memoria, la necessità della conservazione e la volontà di dare un futuro di cultura, aggregazione e vita a questi luoghi e a queste evidenze artistiche.
1. La Pieve di Santa Maria Assunta a Loppia (Barga)
2. La chiesa di Santa Maria Assunta a Vitoio (Camporgiano)
… E non finisce qui
Oltre 6 milioni di euro per le opere pubbliche
Il 2024 è stato un anno in cui la Fondazione ha dedicato particolare attenzione agli interventi di restauro e in generale alle opere pubbliche. In primavera, infatti era stata deliberata la cifra ‘record’ di 6,5 milioni per il completamento o la realizzazione di 23 opere pubbliche nella provincia di Lucca. Contributi che, integrando i finanziamenti già ottenuti dagli enti, rendono possibili interventi per un valore complessivo di oltre 55 milioni.
Anche in questo caso la Fondazione è andata a intercettare un bisogno concreto espresso dalle comunità locali e in particolare dalle amministrazioni: destinare risorse per portare a compimento o realizzare dal principio lavori pubblici non più rimandabili e assolutamente necessari ai capoluoghi e alle frazioni di tutto il territorio.”
Un risultato ottenuto mediante il bando «Opere pubbliche 2024-2026», che in maniera efficace ha fornito una mappatura delle esigenze più urgenti e nevralgiche per il benessere delle comunità. Quindi ecco i fondi per progetti decisamente importanti, come la demolizione e la ricostruzione con ampliamento dell’edificio principale del Liceo scientifico «A. Vallisne-
ri» a Lucca, la realizzazione di una nuova palestra presso il plesso scolastico di Gallicano e di una Residenza Artistica per la Piana a Capannori.
Scorrendo la lista incontriamo anche ‘cantieri’ di grande interesse e fascino, come quello destinato al restauro e rifunzionalizzazione di una parte dello stabilimento termale «Jean Varraud» a Bagni di Lucca, la rigenerazione e riqualificazione urbana del centro storico di Castelnuovo di Garfagnana, oppure gli interventi di valorizzazione della Casa Museo Maraini alla Pasquìgliora (Molazzana), senza dimenticare gli importanti progetti sulla Versilia, come quello di recupero e riqualificazione dell’ex «Arlecchino» a Lido di Camaiore, il completamen-
1. Liceo scientifico «A. Vallisneri», Lucca
2. Progetto per la nuova palestra dell plesso scolastico di Gallicano
to dell’area-laboratori del nuovo polo scolastico di Marina di Pietrasanta o la realizzazione di un sottopasso ciclo-pedonale in via San Francesco a Viareggio.
Progetti che rispondono perfettamente e in maniera concreta all’idea, talvolta astratta, di ‘pubblica utilità’, grazie ai quali si arriva ad apportare benefici concreti alla qualità della vita di cittadini, studenti, turisti e non solo.
L’entità delle risorse messe a disposizione dalla Fondazione è stata infatti così rilevante proprio in ragione di una necessità fortemente avvertita e quindi di un’occasione concreta di intervenire in favore del benessere delle comunità.
Un’altra partita.
Valeria Nanni
Dieci giorni di eventi con lo sport inclusivo al centro. Così la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e la Fondazione per la Coesione Sociale, il suo ente di scopo che opera nel campo del welfare, hanno celebrato dal 21 settembre al 1° ottobre la Giornata europea delle Fondazioni, aderendo alla campagna nazionale «#unaltrapartita. Comunità in campo» proposta da Acri, l’associazione nazionale delle fondazioni di origine bancaria, e Assifero, l’associazione italiana fondazioni ed enti filantropici. Un ricco calendario di iniziative che ha visto protagoniste le associazioni e le realtà sportive che promuovono lo sport inclusivo sul territorio. Ad ogni appuntamento hanno preso parte i rappresentanti dei consigli di amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e della Fondazione per la Coesione Sociale, oltre allo staff delle due realtà per sostenere gli aspetti organizzativi e di promozione, raccontando gli eventi e i programmi quotidianamente sulle piattaforme social.
L’iniziativa è stata inoltre l’occasione per celebrare il primo anno dello sport in Costituzione. Lo scorso settembre, infatti, la pratica sportiva è stata inserita nella Carta costituzionale, con il ricono-
Sport e inclusione nella giornata delle Fondazioni
scimento del suo valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico. A trasformare questo principio in diritto garantito sono le oltre 120mila organizzazioni di promozione sportiva che ogni giorno lavorano sul territorio nazionale per rendere lo sport una pratica accessibile per tutti.
La Fondazione lucchese, come del resto la stragrande maggioranza delle Fondazioni italiane, è al fianco delle organizzazioni del Terzo Settore che promuovono lo sport sociale e inclusivo, condividendo la visione dello sport come strumento di inclusione, partecipazione e benessere. Contribuire a garantire l’accesso alla pratica sportiva è di fatti una delle strade per contrastare le disuguaglianze, favorire la partecipazione e far crescere la coesione sociale delle comunità, valorizzando il protagonismo delle organizzazioni che si prendono cura del bene comune e, della nostra più grande risorsa: le persone.
E sono state proprio le persone che hanno animato questa settimana densa di iniziative e relazioni.
Il primo appuntamento è stato quello che si è tenuto alla piscina di Camaiore il 21 settembre con le attività di nuoto nel pomeriggio, promosse dall’associazione Fiore di Loto e la partecipazione del DDSporting Camaiore.
Domenica 22 al Palatagliate di Lucca si è svolto un partitone di baskin con Galaxy Porcari e Cefa Castelnuovo organizzato da Warriors Lucca. La settimana di #unaltrapartita è andata avanti lunedì 23 con il tiro con l’arco e il campo di tiro a Capezzano Pianore promossi sempre da Fiore di Loto e con Associazione Arcieri Kentron Dard e Cooperativa Mille Fiori.
Martedì 24 è stato protagonista il bowling nell’impianto di Lucca a San Vito con una gara realizzata dall’Allegra Brigata e la presenza di Panathlon Lucca, Libertas Lucca, Virtus Lucca, Associaizione Progetto Scipione, Fondazione Villaggio del Fanciullo, Fondazione Promo P.A., Caritas Diocesana Lucca.
Giovedì 26 il lago di Massaciuccoli ha ospitato un’uscita in canoa kayak a bordo del ‘dragon boat’ con Fiore di Loto e organizzata dalle fondazioni che hanno proposto la campagna e la presenza di Fondazione T.I.A.M.O e Canoa Kayak Versilia. Sabato 28 si è tenuto l’appuntamento di scherma ai campi di El Niño alla Santissima Annunziata con un torneo a squadre per vedenti e non vedenti nel pomeriggio e attività dimostrative di atleti con autismo e la possibilità di provare a tirare da parte di tutti, tutto curato dal Club Scherma Lucca T.B.B. Alla fine del torneo si è tenuta anche la premiazione.
Il 30 settembre l’Allegra Brigata ha organizzato una partita di calcio inclusivo ai Campi El Niño con l’associazione «Il Niño col sorriso». Oltre all’adesione delle associazioni coinvolte, anche l’Atletica Virtus Lucca ha collaborato all’iniziativa.
1-2. Attvità di nuoto alla piscina di Camaiore, 21 settembre 2024
4-5. Partita di baskin al Palatagliate di Lucca, 22 settembre 2024
6-7. Tiro con l’arco a Capezzano Pianore, 23 settembre 2024
8-9. Il bowling nell’impianto di Lucca a San Vito, 24 settembre 2024
10-11. In canoa kayak sul lago di Massaciuccoli, 26 settembre 2024
3. Lucia Puliti e Marcello Bertocchini
12-13. Appuntamento con la scherma alla Santissima Annunziata, 28 settembre 2024
14. La partita di calcio inclusivo ai Campi El Niño alla Santissima Annunziata, 30 settembre 2024
Giulio Sensi
La mia casa è una Mandorla
Un lavoro di squadra, a tempo di record, ha portato alla nascita della Casa del dopo di Noi in via Elisa: un percorso in cui la Fondazione CRL e la Fondazione per la Coesione Sociale hanno messo in campo le rispettive competenze per un risultato senza precedenti per il territorio della provincia di Lucca
La storia del Monastero di Santissima Trinità affonda le sue radici nei secoli nel centro storico di Lucca. Le sue sorti si legano alla vita e alle opere della Beata Domenica Brun Barbantini, figura di grande rilievo per la città, la sua religiosità e la cultura della solidarietà. Siamo dentro all’isolato compreso tra via Elisa, via del Fosso, via del Calcio e via San Micheletto. Nel susseguirsi di eventi e ammodernamenti che hanno portato oggi il complesso noto come «Le Barbantine» ad essere un punto di riferimento per la città si è concretizzato nel 2024 un nuovo grande capitolo: è quello di «Casa Mandorla», una Comunità Alloggio Protetta con due appartamenti da otto posti per la residenza di persone adulte con disabilità di media complessità e un terzo appartamento con quattro posti letto per percorsi verso la vita indipendente.
Il nome è nato da una suggestione simbolica, accostando un nuovo modo di vivere e abitare una casa alla mandorla, un frutto ricco di valore, proprietà nutrizionali e simbologia positiva.
La storia di Casa Mandorla
Il progetto è stato organizzato e realizzato con i lavori finanziati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca che hanno restituito alla città un immobile di grande valore architettonico. Lo ha messo a disposizione la Congregazione delle Suore Ministre degli Infermi di San Camillo (Barbantine). A gestirla sarà la Fondazione per la Coesione Sociale, ente di scopo della Fondazione CRL che opera nel campo del welfare, attraverso una propria Impresa sociale, in collaborazione con Anffas – partner del progetto fin dal suo nascere – e con il contributo delle cooperative sociali Essequ per i servizi di lavanderia e pulizia e La Salute per il supporto alla gestione della cucina. Al percorso di progettazione e confronto ha preso parte l’Azienda Usl Toscana nord ovest con i distretti sociosanitari del territorio per definire e selezionare i residenti della struttura. La riorganizzazione è stata finalizzata ad ospitare una Comunità Alloggio Protetta ed è frutto di un percorso di ascolto e dialogo con il tessuto cittadino dei bisogni prioritari del territorio, per permettere alle persone con disabilità di costruire una prospettiva differente di futuro e di vita indipendente.
La funzionalità di Casa Mandorla L’intervento di ristrutturazione e l’organizzazione degli spazi e degli arredi è stato condotto grazie all’Ufficio Tecnico della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca secondo le normative regionali. Trovarsi nel centro della città permette all’immobile di facilitare l’inserimento dei suoi abitanti nel tessuto cittadino, con un nuovo percorso di residenzialità orientato ad una vita più autonoma possibile. Nella fase realizzativa degli spazi interni ha dato il suo contributo di idee e soluzioni Cerpa, Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità, per sviluppare delle strutture e degli arredamenti interni rendendoli più adeguati possibile alla residenzialità prevista per migliorare la qualità della vita, l’accessibilità, la fruibilità e l’usabilità degli ambienti, secondo i principi del design universale. La struttura, da cui si accede da via Elisa, si sviluppa su tre piani con tre appartamenti, due autonomi e un terzo per quattro persone che ospiterà una cosiddetta ‘palestra di autonomia’. Nella ‘palestra’ le persone con disabilità che ancora abitano in contesti familiari potranno sviluppare e consolidare capacità e competenze per emanciparsi dalla famiglia nel futuro e inserirsi in un contesto di comunità. Il piano terra è stato allestito con spazi polifunzionali aperti all’utilizzo delle associazioni del territorio. Alla base della progettazione di Casa Mandorla c’è infatti anche la sua apertura al tessuto cittadino, con la partecipazione delle realtà attive e l’organizzazione di iniziative ed eventi finalizzate ad accrescere la cultura dell’accessibilità e dell’inclusione. Una casa con tutti i requisiti della residenzialità che comunica con uno spazio aperto.
Una speranza per il Dopo di Noi
Casa Mandorla è una forma di abitare supportato previsto dal catalogo delle strutture socio assistenziali della Regione Toscana. È dedicato a persone adulte con disabilità
che hanno bisogno di un’assistenza per incrementare le capacità di autonomia e autogestione, relazionali, sociali e di inserimento pieno nella vita della comunità. Si inserisce nel quadro della Legge del Dopo di Noi per fare in modo che le persone con disabilità gravi abbiano una maggiore possibilità di vita autonoma e indipendente per proseguire l’esperienza di vita quando i propri genitori non potranno più dedicarsi a loro.
L’organizzazione dei servizi risponde alle indicazioni contenute nella Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità e dei più recenti documenti rilevanti a livello internazionale e sovranazionale, come la Strategia sui diritti delle persone con disabilità 2021-2030, adottata dall’Unione europea, e il rapporto ONU A/HRC/52/32, intitolato Transformation of services for persons with disabilities, pubblicato nel 2023. Lo scopo comune degli atti citati è garantire il rispetto per la dignità intrinseca e l’autonomia individuale delle persone con disabilità, assicurandone la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società. Ad assicurare la coerenza con le più innovative indicazioni e raccomandazioni internazionali, nazionali e regionali è stato il supporto del Centro di Ricerca Maria Eletta Martini – costituito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dalla Fondazione per la Coesione Sociale.
Dopo la fine dei lavori e la presentazione del progetto Casa Mandorla sta prendendo forma per diventare non solo una risorsa per le persone con disabilità: rappresenta un’esperienza nascente che può sostenere una nuova cultura nell’approcciare e affrontare tutte le questioni legate alla disabilità e contribuire a costruire una nuova relazionalità piena di opportunità per vivere una vita degna.
Silvio Fioravanti
Da Villetta all’Europa tra scienza e musica
Parlare di Bartolomeo Grassi Landi oggi, a 120 anni dalla sua morte, significa parlare di una di quelle personalità che interpretarono sogni intellettuali, sensibilità e costume di un’Italia che da poco si era scoperta nazione e che allo scadere dell’Ottocento si sforzava di entrare in sintonia con altre più aggiornate culture, di divenire in qualche modo più europea.
1. Tavola rappresentante la Tastiera cromatica di Grassi Landi
2. La villa Grassi Landi a Villetta San Romano in Garfagnana
3. Il diploma d’onore ricevuto all’Esposizione internazionale di Bruxelles del 1897
4. Tastiere cromatiche possedute da Grassi Landi e recentemente restaurate
5. Ritratto a stampa di Bartolomeo Grassi Landi
Bartolomeo parte dal campestre paese di Villetta, piccola frazione del Comune di San Romano in Garfagnana e conquista i maggiori centri della cultura musicale europea della seconda metà dell’Ottocento e del primo Novecento, inserendosi in quell’importante movimento culturale di diretta matrice positivistica che della ‘scienza’ fece il metro di valutazione di ogni fenomeno analizzabile.
In questo contesto Bartolomeo Grassi Landi giunge a indagare nuove vie di tecnica e di notazione musicale che lo portano con i suoi studi e le sue pubblicazioni alla elaborazione e alla presentazione di una Nuova
Tastiera Cromatica, di un nuovo sistema di scrittura musicale, delle sue teorie sul diapason.
Costringe l’ambiente musicale europeo a misurarsi con i risultati dei suoi studi e persino gli ambienti politici lo citano nei dibattiti parlamentari in occasione della discussione dell’approvazione della legge sul diapason.
Il riconoscimento del suo impegno scientifico e delle sue teorie è generale, basti considerare che a Roma fu membro dell’Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei, in Francia fu insignito della Legion d’Onore, in Belgio dell’Ordine di Leopoldo e ottenne
importanti riconoscimenti al Congresso di Milano del 1881 e all’Esposizione di Anversa del 1885.
Dal piccolo paese di Villetta all’Europa: quanta strada percorsa e quanta gloria conseguita!
Bartolomeo Grassi Landi, raffinato innovatore, conoscitore della musica nella forma e nella pratica, si impegnò nel realizzare la propria utopia: modificare la tastiera e la scrittura musicale come le conosciamo oggi. Grassi Landi ha di fatto tentato l’impresa titanica di ripensare il pianoforte, offrendo un meraviglioso esempio di ricerca e sperimentazione.
E, giustamente, la Pro Loco di Castelnuovo di Garfagnana, sempre attenta alla conoscenza delle espressioni del territorio, alla salvaguardia della memoria e alla divulgazione degli aspetti storici e culturali, da alcuni anni si è fatta promotrice di una serie di iniziative per riportare attenzione e rendere merito all’illustre uomo di cultura e di scienza nonché al recupero funzionale delle sue tastiere cromatiche, conservate oggi nella sede dell’Associazione.
Così, grazie alla sinergia e al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, le due tastiere sono state affidate al
qualificato Laboratorio di Restauro del Fortepiano di Firenze, riconosciuto a livello internazionale come una delle migliori aziende specializzate nel restauro di strumenti antichi a tastiera, che, con grande competenza, hanno compiuto un eccellente lavoro restituendo le tastiere funzionanti nei loro delicati meccanismi ed è stato organizzato un convegno di studi dal titolo Bartolomeo Grassi Landi: innovatore e musicologo garfagnino che ha trovato il suo epilogo con la pubblicazione degli atti in un volume dedicato alla memoria di Romano Silva.
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La vita
Bartolomeo Grassi Landi nacque nella frazione di Villetta in comune di San Romano Garfagnana il 5 maggio 1846 dall’avv. Giovanni Battista e da Margherita Bertoli, distinta ed agiata famiglia.
Ebbe i primi insegnamenti nel Seminario Vescovile di Castelnuovo Garfagnana e nel 1860 passò al Collegio di San Martino di Lucca dove completò gli studi letterari e filosofici. Appena ventenne, concluse il corso di teologia morale e dogmatica nel Seminario di Massa Carrara. Studiò successivamente a Roma dove conseguì la laurea in diritto civile e canonico seguendo poi un corso di pratica nella Congregazione del Concilio. Ebbe distinta reputazione nell’Ordine Ecclesiastico da divenirne, per parecchi anni, segretario del Cardinale Oreglia. Stimato dal pontefice Leone XIII lo volle assunto in Prelatura, e gli conferì la nomina di Canonico della basilica di Santa Maria ad Martyres, e quindi fu prescelto ablegato
apostolico quale portatore della berretta cardinalizia all’arcivescovo di Rennes nel giugno 1886.
Fu inventore della Nuova Tastiera Cromatica che da lui ebbe il nome di cui depositò il brevetto di privativa in varie nazioni e di un nuovo sistema di scrittura musicale. Molte le pubblicazioni che portano il suo nome, tanti i convegni in cui era richiesto il suo contributo.
Nel convegno musicale di Milano del 1881, espose il frutto di profondi studi personali sul diapason di 864 vibrazioni che venne accettato e adottato da tutte le istituzioni ed ancora oggi è il metodo di misura in vigore.
Scomparve prematuramente il 21 ottobre 1904, appena cinquantottenne, nel crollo della volta della chiesa di Villetta San Romano che egli stesso stava facendo costruire a sue spese.
foto di Irene Taddei
Michele Morabito
Nel bosco dei noccioli,
profonda Versilia
Arrampicato sulle montagne, circondato dalle vette delle Alpi Apuane e con una vista mozzafiato sulla vallata c’è il paese di Farnocchia, una delle 17 frazioni abitate del Comune di Stazzema
Degli oltre mille abitanti di 150 anni fa, oggi ne restano meno di un centinaio di persone che risiedono tutto l’anno. Ciò non ha fatto venir meno il fascino del paese che in estate torna ad animarsi di tanti paesani che salgono nel borgo natio per godere della frescura e della sua bellezza, degli scorci che riconciliano con l’esistenza. Forse per il silenzio che lo circonda con la rete cellulare che fa fatica a collegarsi, creando un silenzio che in alcuni mesi dell’anno genera anche un po’ di ansia, ma che in estate riappacifica con l’esistenza con un vociare che sa di tuffo nel passato con gli anziani che si ritrovano nell’ultima attività economica, il Bar Ristorante da Franca o nella piazza che nel tardo pomeriggio prende vita, con le persone che lasciano le case aperte e spuntano dai vicoli per ritrovarsi a chiacchierare.
Una cosa che non manca tutto l’anno è la musica grazie alla sua secolare Filarmonica Santa Cecilia che nel 2025 compirà i 175 anni di attività e che continua a formare nuovi musicisti che poi si propagano in tutta la Versilia. La Filarmonica fu fondata nel 1850, per volontà di due uomini dal talento eccezionale: Giuseppe Razzuoli, organista nella chiesa dei Frati a Pietrasanta, maestro nel lavorare l’oro e l’argento arrivò a Farnocchia per portare la musica. Qua gli fu allievo il farnocchino Roberto Cipriani, che imparò da lui nozioni della musica e del cesello. Dopo il diploma al conservatorio tornò al suo paese e fu il primo maestro, trascinatore della Filarmonica, dirigendola per oltre 50 anni. Gli eredi di oggi sono il presidente il paesano Giacomo Salsini e il direttore della banda Igor Bazzichi, che tengono alta questa grande tradizione. Etimologicamente parlando, Farnocchia probabilmente deve il suo nome a ‘Farnucola’, cioè piccola farnia oppure, come riporta lo storico Santini, da ‘Far’ (bosco) più ‘nucula’ (nocciola), ovvero bosco di nocciòli. Il luogo è stato certamente abitato in tempi antichissimi, ma per trovare una te-
stimonianza scritta occorre arrivare all’anno 798, quando il paese viene citato in un documento dell’Archivio Arcivescovile di Lucca che ne attesta l’esistenza. Nel 1018 viene citata la chiesa intitolata a San Michele. A partire dal XII secolo, il paese fu oggetto di varie contese tra i Signori di Lucca e i Signori di Corvaia e di Vallecchia, fedeli a Pisa. All’inizio del XV secolo, nel 1405, fu fatta erigere la Torre dei Guinigi, probabilmente dallo stesso Paolo Guinigi, marito di Ilaria dal Carretto. Attorno al paese fu costruita anche una cerchia di mura oggi scomparsa. La Torre fu danneggiata da un fulmine come riporta un documento del 1666 e quindi demolita. I blocchi di pietra furono utilizzati per iniziare la costruzione del campanile. Farnocchia passò definitivamente sotto Firenze nel 1513 con il Lodo di Papa Leone X dapprima come ‘comunello’ del Capitanato di Pietrasanta, quindi come ‘comunello indipendente’ della Comunità di Stazzema fino al 1860.
Il paese fu incendiato dalle truppe tedesche l’8 agosto 1944, dopo aver fatto sgombrare la popolazione. Il parroco don Innocenzo Lazzeri, che alla fine del 1943 aveva ospitato, nascondendola, una famiglia di ebrei, e che sarà riconosciuto Giusto tra le Nazioni nel 2016, si trasferì a Sant’Anna di Stazzema seguendo la tragica vicenda del paese e cercando di barattare la propria vita con quella dei paesani. Morirà per primo nella piazza della chiesa. Gli verrà attribuita la medaglia d’oro a valor civile. L’incendio non risparmiò gli strumenti della Filarmonica: si salvò solamente la bandiera con l’effige della Patrona Santa Cecilia, per merito di un paesano che nascose la preziosa reliquia. Come riporta una lapide, in località ‘La Porta’ Gino Lombardi e Piero Consani costituirono il primo nucleo della Resistenza della Versilia, i Cacciatori delle Apuane.
Alla fine della guerra iniziò la ricostruzione del paese, resa disagevole dalla man-
canza di un collegamento stradale con il fondovalle che arriverà solo negli anni Sessanta. Andò ancora avanti la scuola elementare che in estate si trasformava in colonia.
Gli edifici testimoniano della storia gloriosa del Paese: la chiesa di San Michele Arcangelo è senz’altro tra le più belle della Versilia con il suo affaccio sui monti. Secondo gli studi fatti dal professor Bruno Antonucci, paesano, professore, studioso, astrofilo, archeologo, partigiano combattente, primo sindaco di Stazzema dopo la Liberazione, farnocchino di nascita, la chiesa risalirebbe a prima del Mille. La struttura originaria era a una sola navata, rispetto alle tre attuali. Nell’interno della chiesa troviamo ben cinque altari, ricchi di marmi policromi lavorati a tarsia. Sopra l’ingresso si trova il monumentale organo del 1748 a 21 canne acquistato nel 1833 dal duomo di Pietrasanta. Poco distante dalla piazza della chiesa si trova l’Oratorio del Carmine risalente al XIII-XIV secolo. In estate si svolge la Processione triennale della Madonna del Carmine con il Trono ‘a tempio’, che viene portato a spalla da 15 uomini, accompagnato dal Cristo e dagli otto ‘Lampioni’, in un percorso ad anello dentro il paese. Di pregio la fontana del XVII secolo che si trova di fronte a San Michele con arco in pietra, scendendo, ci si trova di fronte ad una colonna sovrastata dalla scultura di una testa che pare facessero parte della scomparsa Torre dei Guinigi.
Dal paese di Farnocchia si dipanano numerosi sentieri che portano alle montagne circostanti e al retrostante paese di Sant’Anna di Stazzema che nasce come alpeggio del paese e a cui si giunge da due direttrici dalla Foce di Compito e dalla Foce di Farnocchia dopo pochi chilometri. I due paesi non sono mai stati collegati da una strada: un progetto di collegamento è stato finanziato dalla Regione Toscana per congiungere Sant’Anna al territorio del Comune di Stazzema a cui le vicende storiche lo legano.
Appuntamento imperdibile è la Sagra del Tordello che a Farnocchia diventa ‘Magnifico’ nel nome della sagra che si svolge in estate sulla piazza della chiesa con la partecipazione nelle cucine di tutto il paese e di migliaia e migliaia di avventori. Dal 2019 nel mese di giugno si svolge la manifestazione ‘Melodiesentieri’, il primo trekking musicale che unisce i paesi di Farnocchia e Sant’Anna, piccole frazioni del comune di Stazzema. Lungo i sentieri, immersi nella natura incontaminata, postazioni musicali formate da piccoli ensemble di musicisti, che con le loro melodie allietano il cammino dei partecipanti creando una vera colonna sonora dell’evento.
Il ricordo di un amico, l’inizio di una storia
Trent’anni fa, il 27 luglio 1994, se ne andava l’avvocato Piero Del Frate, primo presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e storico presidente della Fondazione Ragghianti. Un uomo colto ed elegante, discreto e misurato, che incarnava nel suo fare le qualità del lucchese ‘doc’. Da presidente della Fondazione Ragghianti, l’istituzione a cui forse fu più legato, promosse fortemente l’organizzazione della mostra Fra il Tirreno e le Apuane, che si svolse nel 1990 riscuotendo un grande successo e divenendo modello per altre rassegne allestite nel nostro Paese.
È proprio da questo evento, che risvegliò l’interesse di studiosi e cultori delle arti figurative nei confronti della nostra città, che prende le mosse il volume Alla ricerca dell’Eden. Arte e cultura nelle terre di Lucchesia fra Otto e Novecento del professor Umberto Sereni, che di Del Frate fu collaboratore e amico.
Il volume, dedicato proprio alla memoria di Piero Del Frate, raccoglie una serie di studi sviluppatisi nel corso di almeno trent’anni e dedicati alle esperienze artistiche e culturali maturate tra Versilia e Garfagnana tra gli ultimi quindici anni del XIX secolo e gli inizi del Novecento. Una ricca serie di saggi che continua il discorso iniziato ormai trentacinque anni fa con la mostra Fra il Tirreno e le Apuane, alla cui realizzazione proprio Sereni collaborò attivamente.
A partire da quell’evento, Sereni ha continuato a precisare, definire e affinare quelle prime intuizioni, quegli spunti interpretativi che sono andati maturando fino a raggrupparsi nel nodo culturale della «ricerca dell’Eden», la comune condizione esistenziale-spirituale che aveva condotto negli stessi anni di fine Ottocento Puccini, D’Annunzio e Pascoli all’approdo a quella che un’altra mostra curata dallo studioso barghigiano definirà la «terra incantata»: Torre del Lago, «gaudio supremo empireo paradiso» per Puccini; la Versilia «Nuova Ellade» per D’Annunzio; la «Valle del Bello e del Buono» che Pascoli aveva trovato ai piedi dell’Appennino lucchese.
I saggi di Sereni tracciano quindi una trama di fili rossi che collegano esperienze diverse, ma simili, che, miracolosamente, fiorirono nell’ultimo lembo nord occidentale della Toscana nello stesso torno di anni: Puccini, D’Annunzio e Pascoli, certo, ma anche artisti come Viani, Chini, Nomellini, Paltrinieri, Pea, Magri, in un gioco di richiami e influenze ricco e affascinante.
Umberto Sereni, Alla ricerca dell’Eden. Arte e cultura nelle terre di Lucchesia fra Otto e Novecento. Studi in memoria di Piero Del Frate, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2024
I monumenti civili per raccontare una città
Un’accuratissima ricognizione dei monumenti pubblici lucchesi che ha l’obiettivo di indagare come, a Lucca, la memoria abbia preso ‘corpo’ nello spazio fisico.
Questo, in estrema sintesi, il senso dell’interessante volume curato da Elisa Bernard, ricercatrice presso l’IMT di Lucca.
Nel 2018, a partire dall’acceso dibattito statunitense sui confederate monuments, Bernard e i suoi colleghi hanno colto l’invito del professor Carl Brandon Strehlke, conservatore emerito del Philadelphia Museum of Art e docente di Storia dell’Arte Moderna presso l’IMT, a «girare per la città», interrogandosi sul contesto storico e sociale in cui ciascun monumento è nato e su come abbia trasformato la topografia e la percepita fisionomia urbana, dal momento che, in quanto incarnazioni di ideologie politiche e riflessi di forze e valori sociali e culturali, i monumenti pubblici potevano essere un prisma attraverso cui guardare alla storia multiforme della città.
Il risultato è una raccolta di oltre quaranta schede che analizzano altrettanti monumenti, tra statue e sculture, busti, targhe, lapidi e installazioni monumentali permanenti. La ricerca ha preso in considerazione monumenti eretti all’interno delle mura urbane, escludendo i monumenti di natura religiosa, così da concentrare l’analisi su monumenti pubblici ‘civili’ tesi a celebrare personaggi illustri – più o meno legati alla città – o eventi particolari.
Per condurre la ricerca, le studiose e gli studiosi che hanno lavorato con Bernard hanno condotto una meticolosa analisi della documentazione d’archivio, dei giornali storici lucchesi e dei reperti iconografici. Oltre alla preziosa documentazione conservata negli archivi lucchesi, particolarmente utili si sono rivelati i giornali d’epoca che, agendo come casse di risonanza mediatica, hanno mostrato come la comunità cittadina reagì al nuovo monumento e alla trasformazione dello spazio urbano da esso innescata, nonché le liturgie laiche di cui alcuni monumenti divennero la scenografia o il fulcro rituale.
Dall’intersezione delle varie fonti emerge un’immagine complessiva della ‘monumentomania’ lucchese tra XVII e XXI secolo nella quale si riconoscono i profili di committenti e artisti, gli aneliti e le idiosincrasie sottesi a ogni monumento e le reazioni ora appassionate, ora tiepide, ora ostili della comunità civica. Un’immagine che non è una mera storia dei monumenti pubblici lucchesi, ma una storia della città tutta: una storia di cultura, arte, politica, società, urbanistica; una storia delle idee e ideologie che nei monumenti si sono incarnate (o con essi si è rischiato di obliare, o tentato di cancellare), e che proprio attraverso quei monumenti possiamo oggi tornare a raccontare.
Elisa Bernard, a cura di, Memoria e spazio civico. I monumenti di Lucca, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2024
Puccini, icona pop già tra i contemporanei
In tempo per le celebrazioni del centenario della morte del Maestro, esce per le Edizioni Medicea Firenze, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, il volumetto di Maurizio Sessa Puccini cent’anni. Viaggio sentimentale da Lucca al mondo. Sessa, giornalista, melomane e appassionatissimo pucciniano sin dall’adolescenza, ci propone, con taglio gradevolmente divulgativo, una lunga e dettagliata carrellata alla ricerca di aspetti meno noti dell’avvincente avventura artistica e umana di un genio musicale troppo a lungo osteggiato, per molteplici motivi, dagli addetti ai lavori. Il libro di Sessa tematizza sin dall’inizio la doppia identità di Puccini –provinciale cosmopolita – la cui ricezione, decisamente, non è stata univoca: compositore «stroncato» dagli addetti ai lavori, spesso e volentieri per partito preso, ma osannato senza condizioni e distinzioni di ceto, ieri come oggi, dalle platee di tutto il mondo. Una incomprensione che forse deriva dal ruolo di rilievo che Puccini ricopriva nel nascente sistema dell’industria culturale e dalla incapacità, per l’élite culturale dell’epoca, di accettare che valore artistico e fortuna commerciale potessero coniugarsi felicemente, come se ‘popolare’ dovesse necessariamente sempre significare ‘dozzinale’. Il libro di Sessa sottolinea proprio questa peculiarità di Puccini, quella di essere un compositore geniale e complesso e, al contempo, straordinariamente ‘internazional-popolare’.
A conferma di questa grandissima fortuna popolare, l’apparato iconografico – ricco, ricercato, spesso inedito – che l’autore pone a corredo del testo; esso mostra in maniera estremamente efficace quanto e con quale incidenza le opere di Puccini siano riuscite da subito a penetrare nell’immaginario collettivo, nella quotidianità della gente, persino dei bambini: dalle cartoline per l’infanzia dedicate alla Bohème, ai piatti prodotti dalla Richard Ginori, ai calendarietti profumati raffiguranti scene di opere pucciniane che i barbieri regalavano ai clienti. In appendice al volume trova poi posto un interessante rinvenimento musicologico: una commemorazione inedita del compositore da parte del musicista Rito Selvaggi, sodale del poeta-soldato Gabriele D’Annunzio nell’Impresa di Fiume, fino a oggi relegata nel dimenticatoio. Si tratta di una conferenza con accompagnamento musicale tenuta da Selvaggi in Svizzera nel maggio 1926, a un mese di distanza dall’esordio dell’incompiuta Turandot alla Scala di Milano con la bacchetta di Arturo Toscanini.
Maurizio Sessa, Puccini cent’anni. Viaggio sentimentale da Lucca al mondo, Edizioni Medicea Firenze, Firenze 2024
artigianato e arte: racconto per istantanee
Un viaggio fascinoso, suggestivo e a tratti commovente quello offerto da Dantès, al secolo Dante Luci, nel suo volume fotografico Vissi d’arte. Il fotografo laziale – che da anni però vive a Lucca – documenta attraverso le pagine di questo reportage un viaggio durato quasi tre anni alla scoperta di artisti e artigiani attivi sul territorio della nostra provincia, raccontandoci donne e uomini che, con cura, attenzione, ispirazione, usano il loro ingegno e le loro mani per creare la bellezza. Sono settantanove gli artisti e gli artigiani fotografati da Dantès che, silenziosamente, si è introdotto in teatri, botteghe, laboratori cogliendo espressioni, movenze e gesti di chi del prodotto del proprio lavoro è in grado di fare una vera e propria opera d’arte.
Sfogliando le pagine, scorrono davanti ai nostri occhi le immagini dell’Arte della Musica, con, tra gli altri, il liutaio Fabio Piagentini, che, nella sua bottega del centro storico, realizza violini, viole e violoncelli, e l’accordatore Mario Mazzei, restauratore di un pianino melodico ad aghi – Racca appartenuto a Giovanni Pascoli; si passa poi all’Arte della Sartoria, con Vittoriano Bertozzi, sarto dal 1955, e a quella del Tempo, con le immagini della brulicante bottega dell’orologiaio Francesco Marsili, conosciuto da tutti a Lucca come ‘Lancetta’. Francesco ha appreso il mestiere a soli dodici anni, frequentando le botteghe dei maestri orologiai lucchesi, e adesso ha una clientela che varca i confini regionali. Attraverso l’occhio pieno di meraviglia di Dantès entriamo nelle botteghe e nelle officine di figurinai, tipografi, maniscalchi, cicloriparatori, tessitrici, impagliatori e corbellai, passando per le sigaraie della Manifattura Tabacchi, addette alla produzione e al confezionamento dei sigari toscani di fascia più alta, come il Toscano Original Selected e il Moro, e le immagini dedicate a Walter Pacchini, giardiniere e custode del Cammelietum di Pieve di Compito.
Non mancano nella raccolta anche agricoltori, allevatori, pescatori, che della coltivazione della terra, della pastorizia e della pesca hanno fatto un’arte.
Uno straordinario viaggio di immagini in bianco e nero, essenziali e autentiche, che immortalano uno scorcio di XXI secolo che affonda le proprie radici in un passato fatto di memoria e tradizioni.
Le illustrazioni alle pagine 2, 68, 88, 100 sono state realizzate da Diletta Impresario
La Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, scusandosi anticipatamente per l’involontaria omissione di referenze fotografiche, è disponibile ad assolvere eventuali diritti.
Finito di stampare nel mese di dicembre 2024 da Tipografia Tommasi