Albino comunità viva - giugno 2022

Page 1

GIORNALE DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE DI SAN GIULIANO - GIUGNO 2022


INFO UTILI RECAPITI Casa parrocchiale Tel. e fax: 035 751 039 albino@diocesibg.it Oratorio Giovanni XXIII Tel. 035 751 288 oratorioalbino@gmail.com Santuario del Pianto 035 751 613 - www.piantoalbino.it Convento dei Frati Cappuccini Tel. 035 751 119 Scuola dell’infanzia Centro per la famiglia “San Giovanni Battista” Tel. 035 751 482 - 035 02 919 01

da coltivare Gratitudine virtù in questo anno pastorale

ORARI delle SANTE MESSE FESTIVE

FERIALI

In Prepositurale

ore 18.00 al sabato (prefestiva) ore 8.00 - 10.30 - 18.00

Al santuario del Pianto ore 7.30 - 17.00

In Prepositurale

ore 8.30 - 17.00* (* dal 20 giugno al 26 agosto alle 20.30 nelle sussidiarie) Quando si celebra un funerale (in Prepositurale): se è al mattino, è sospesa la S. Messa delle 8.30; se è al pomeriggio, è sospesa la S. Messa delle 17.00.

Padri Dehoniani Tel. 035 758 711

Al santuario della Guadalupe ore 9.00

Alla chiesa dei Frati ore 6.45

Suore delle Poverelle alla Guadalupe Tel. 035 751 253

Al santuario della Concezione

Al santuario del Pianto ore 7.30

Caritas Parrocchiale Centro di Primo Ascolto aperto il 1° e il 3° sabato del mese dalle ore 9.30 alle 11.30 PER COPPIE E GENITORI IN DIFFICOLTÀ Consultorio familiare via Conventino 8 - Bergamo Tel. 035 45 983 50

ore 10.00 (sospesa a luglio e agosto)

Alla chiesa dei Frati Cappuccini ore 7.00 - 9.00 - 11.00 - 21.00

Ad agosto sono sospese - sino a dopo la festa di san Francesco - le Adorazioni delle 18.30 del sabato e della Domenica. Sempre ad agosto, le confessioni in chiesa saranno solo al mattino.

Alla Guadalupe ore 8.00 Sulla frequenza 94,7 Mhz in FM è possibile ascoltare celebrazioni liturgiche e catechesi in programma nella nostra chiesa Prepositurale

Amarcord

Centro di Aiuto alla Vita Via Abruzzi, 9 - Alzano Lombardo Tel. 035 45 984 91 - 035 515 532 (martedì, mercoledì e giovedì 15-17) A.C.A.T. (metodo Hudolin) Ass.ne dei Club Alcologici Territoriali Tel. 331 81 735 75 PER CONIUGI IN CRISI Gruppo “La casa” (don Eugenio Zanetti) presso Ufficio famiglia della Curia diocesana Tel. 035 278 111 - 035 278 224 GIORNALE PARROCCHIALE info@vivalavita.eu Numero chiuso in redazione il 26.01.2022

www.oratorioalbino.it

Giochi sportivi in un oratorio d’altri tempi

In copertina: 29 maggio e 5 giugno, i giorni della Confermazione.


1 “Aspetterò con ansia … e continuare il cammino” … così mi scrivevi quel 7 maggio dentro quella foresta di fogli, vergati dalle calligrafie più incredibili, tanto che un foglio dovrò farlo decifrare: non riesco a leggerlo. Le vostre lettere, allora di cresimandi, che suscitano tanti stati d’animo, tant’è che una l’ho letta anche ai ragazzi di Colzate quando ci siamo incontrati prima della loro Cresima. Quando un ragazzo, una ragazza, ha uno spazio da gestire come, per esempio, una lettera, sa sempre meravigliare. Ti chiedi dove vada a prendere quanto sta scrivendo; a quali profondità sta attingendo questo ragazzo che non gli daresti cinque euro. E riesci a capire quando a uno scritto ci sta dietro un adulto o quando, invece, è farina del suo sacco. L’attesa un po’ ansiosa, un po’ paziente, un po’ laboriosa, ha caratterizzato le vostre lettere. La consapevolezza di far parte di un pezzetto di storia, di un cammino che è quello della tua Comunità, ma che è anche il tuo e dei tuoi amici, torna quasi ogni volta. Riusciresti a spiegarmi come mai noi adulti, che ti viviamo accanto ogni giorno, facciamo così fatica a intravedere quel piccolo tesoro che vi portate dentro? E come mai tu e i tuoi amici rischiate, a volte, di lasciar venire a galla quasi l’aspetto più discutibile quasi come se fosse questa la vostra realtà? Io credo che, se i tuoi genitori o i tuoi catechisti o i tuoi nonni leggessero qualcosa di quanto hai scritto e che non hai voluto assolutamente far leggere a loro (l’hai consegnato in busta rigorosamente chiusa), qualcuno potrebbe svenire. Scusa se sembra un po’ esagerato, però non si può non pensare che alcune cose sono state pensate e ripensate; fosse anche solo perché alcune lettere sono arrivate tardi, magari perché all’inizio non si sapeva bene cosa dire, ma magari perché si è fatto un po’ fatica a riordinare alcune idee e alcuni sentimenti. Ne so qualcosa anch’io quando devo scrivere questa lettera! Quello che più mi stupisce è quello che dite di aver scoperto, grazie alla tua o al tuo catechista. Mi verrebbe da dire che forse neanche noi sacerdoti saremmo riusciti a farti scoprire e vivere certe cose su questo amore grande di Dio e di Gesù per noi. Capisci che, quando leggo: - “Desidero la Cresima con tutto il mio cuore e con tutto l’amore di questo mondo”, e lo scrive dopo aver detto: “Amo Dio perché mi fa gioire ogni giorno. Amo Dio perché mi tranquillizza. Ringrazio Dio per tutta la felicità che mi ha dato” non posso non chiedermi come faccia un ragazzo o una ragazza di quattordici anni a dire questo. Così, sfogliando, è bellissimo vedere come un ragazzo parli di suo fratello come parla di Dio: - “Dio per me è come un fratello, ci parlo ogni momento, e mi aiuta in ogni occasione. … Ho deciso di scegliere mio fratello come padrino perché è la persona che amo di più e che mi ama di più e mi proteggerà sempre”. Un ragazzo determinato, che porta in cuore un grande sogno, s’accorge che la vita non è facile, come non è facile credere, ma - “Molti anni fa, ho deciso di iniziare ad avere fede e a credere in Dio, e da quel giorno non ho più smesso”. Cosa avviene nel cuore di un ragazzo per arrivare a prendere una decisione così? I misteri della vita che a noi non è dato vedere, se non quando ti aprono una fessura e puoi solo intravederli. Un altro tuo compagno ci riflette molto su “Ricevere lo Spirito” e capisce il modo di rappresentarlo come fuoco: - “Un fuoco caldo perché, quando riceviamo lo Spirito, siamo protetti da Gesù come un piccolino in braccio alla sua mamma al caldo. Ho capito che sto crescendo e non sono più quel bambino in braccio alla sua mamma, ma adesso sono affidato a Gesù. Mi sento pronto ad accoglierlo con le braccia aperte”. Altri tuoi compagni riprendono il tema del viaggio e del cammino; e si sentono accompagnati da persone che vogliono bene, ma soprattutto da Dio: - “Di lui mi fido molto e ogni sera mentre sono a letto parlo con Lui della nostra giornata”. Hai capito? Non parla con Dio della sua giornata, ma della “nostra giornata”; questa giornata che viene vissuta insieme a Dio. Grazie catechiste per quello che nella vostra semplicità siete riuscite a far scoprire ai nostri ragazzi e che non avreste mai immaginato. Riusciranno i nostri eroi a continuare un cammino così? E adesso nelle vacanze non dimenticare le cose belle scoperte e vissute, e che hanno suscitato desideri di continuazione. Vivi bene con la tua famiglia questo tempo estivo e torna con il desiderio di tornare. Buone vacanze vs dongiuseppe

Giugno 2022


2

VITA DELLA CHIESA

Il Vangelo viene da Nazaret

L’esistenza nascosta e silenziosa che Gesù passò a Nazaret per trent’anni ha un senso radicale: Nazaret è il lavoro, la prossimità domestica, la condivisione della vita ordinaria da parte del Figlio di Dio. Così Gesù manifesta la comunione del Padre con l’umanità dell’uomo, annullando ogni distanza: nessuno, neppure il più lontano, è escluso dall’ospitalità di Dio. E se la nuova evangelizzazione dell’Occidente dovesse partire proprio da qui, dallo ‘stile’ che san Charles de Foucauld esemplarmente incarna, a imitazione del Signore e della sua vita a Nazaret? San Charles de Foucauld, figura primaria della spiritualità cristiana recente, un uomo che – ha detto Papa Francesco – «forse come pochi altri, ha intuito la portata della spiritualità che emana da Nazaret»; un uomo il cui carisma – ha osservato il teologo Pierangelo Sequeri – «fu donato e destinato, in anticipo, per questo tempo della Chiesa». De Foucauld, resosi conto che «nessuna congregazione della Chiesa dà oggi la possibilità di condurre con Lui questa vita ch’Egli ha condotto in questo mondo», si domandò se «non è il caso di cercare alcune anime con le quali […] formare un inizio di piccola Congregazione di questo genere: lo scopo sarebbe condurre quanto più esattamente possibile la stessa vita di Nostro Signore, vivendo unicamente del lavoro delle mani, senz’accettare nessun dono spontaneo né alcuna questua, e seguendo alla lettera tutti i suoi consigli, non possedendo niente, privandosi del più possibile, anzitutto per essere più conforme a Nostro Signore e poi per darGli il più possibile nella persona dei poveri. Aggiungere a questo lavoro molte preghiere».

Nazaret è la vita di Gesù, non semplicemente la sua prefazione

Emerge qui qualcosa di consapevolmente inedito nella geografia religiosa, osserva Sequeri che, nel libro «Charles de Foucauld. Il Vangelo viene da Nazaret» (Edizioni Vita e Pensiero), scrive: «La novità dell’intuizione è data, in prima battuta, dalla nettezza del riferimento cristologico della imitazione/sequela di Nostro Signore Gesù: “la stessa vita di Nostro Signore” Gesù, e cioè “l’esistenza umile e oscura di Dio, operario di Nazaret”». In altri termini, «Nazaret non è il ‘prologo’ della vita pubblica, il semplice momento ‘preparatorio’ della missione, la forma di una ‘pre-evangelizzazione’ che realizza una condivisione generica e una testimonianza anonima. […] Nazaret è la vita di Gesù, non semplicemente la sua prefazione. È la missione redentrice in atto, non la sua mera condizione storica. Nazaret è il lavoro, la contiguità, la prossimità domestica del Figlio che si nutre per lunghissimi anni di ciò che sta a cuore all’abba-Dio (“Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”, Lc 2,49). […] Da dove potrebbe mai ripartire una nuova evangelizzazione, se non lungamente sostando – per tutto il tempo necessario – nel fondamento in cui Dio l’ha posta per il Figlio medesimo?». «De Foucauld desidera vivere a imitazione di Gesù, “operaio di Nazaret”: per fare questo sceglie di affidarsi ai Vangeli, che legge

quotidianamente e medita per iscritto», racconta Antonella Fraccaro, religiosa delle Discepole del Vangelo (Istituto religioso che fa parte della Association Famille Spirituelle Charles de Foucauld) e autrice del volume «Charles de Foucauld e i Vangeli» (Edizioni Glossa). «Le sue meditazioni – alcune migliaia di pagine – non hanno un taglio intimistico e autoreferenziale; esse mettono in luce soprattutto il legame intenso e affettuoso che de Foucauld vive con il Signore. Al centro delle meditazioni non c’è il loro autore, ma la persona di Gesù e il Suo stile, da assimilare giorno dopo giorno con la Sua grazia. I motivi che ispirano la lettura dei Vangeli sono espressi in un breve testo, molto significativo, scritto su un piccolo foglio utilizzato come segnalibro e promemoria. Annotava fratel Charles rivolgendosi a Gesù: “Leggo: 1°) per darvi una prova d’amore, per imitarvi, per obbedirvi; 2°) per imparare ad amarvi meglio, per imparare a imitarvi meglio, per imparare a obbedirvi meglio; 3°) per poter farvi amare dagli altri, per poter farvi imitare dagli


VITA DELLA VITA CHIESA DELLA CHIESA3 altri, per poter farvi obbedire dagli altri”». Non nella Trappa ma nel deserto è quella Nazaret che fratel Charles agognava. Commenta al riguardo Sequeri: «Il punto non è tanto quello della ‘durezza’ dell’ascesi, quanto piuttosto quello di una imitazione ‘reale’ di Nazaret: che deve trovare le condizioni del proprio rigore nella normalità del contesto in cui quelle condizioni sono già date come umane e non artificiosamente cercate e ricostruite come religiose. In quelle condizioni infatti il “piccolo fratello universale” si insedia come il suo “beneamato fratello Gesù” perché uomini e donne vi sono già insediati; perché esse sono la loro vita quotidiana, l’orizzonte del loro sguardo sul mondo». Charles de Foucauld muore il 1° dicembre 1916, a Tamanrasset, colpito da un colpo di fucile durante una scaramuccia provocata da truppe ribelli del Sahara. Lui, che dal 1893 sino alla fine della sua vita si applicò alla redazione di «Regole» per quelle aggregazioni che tanto aveva desiderato, morì solo. Nei decenni successivi sono nate molte famiglie di religiosi, religiose, sacerdoti e laici che a lui si ispirano: attualmente sono venti, presenti in tutto il mondo. Riunite nella Association Famille Spirituelle Charles de Foucauld, comprendono circa 13mila persone. «Nella loro diversità – conclude Fraccaro – queste famiglie hanno tratti comuni: l’insediamento nei contesti dell’esistenza ordinaria, la vita in piccole comunità legate da spirito fraterno, la meditazione della Parola di Dio, la dedizione alle anime più sofferenti e abbandonate. (da La Stampa – Vatican-insider)

Charles de Foucauld

Papa Francesco ai membri dell’associazione Famiglia Spirituale

Cari fratelli e sorelle, benvenuti! Sono contento di incontrarvi e di condividere con voi la gioia per la canonizzazione di Fratel Carlo. In lui possiamo vedere un profeta del nostro tempo, che ha saputo portare alla luce l’essenzialità e l’universalità della fede. L’essenzialità, condensando il senso del credere in due semplici parole, in cui c’è tutto: “Iesus – Caritas”; e soprattutto ritornando allo spirito delle origini, allo spirito di Nazaret. Auguro anche a voi, come Fratel Carlo, di continuare a immaginare Gesù che cammina in mezzo alla gente, che porta avanti con pazienza un lavoro faticoso, che vive nella quotidianità di una famiglia e di una città. Quant’è contento il Signore di vedere che lo si imita nella via della piccolezza, dell’umiltà, della condivisione con i poveri! Charles de Foucauld, nel silenzio della vita eremitica, nell’adorazione e nel servizio ai fratelli, scrisse che, mentre «noi siamo portati a mettere al primo posto le opere, i cui effetti sono visibili e tangibili, Dio dà il primo posto all’amore e poi al sacrificio ispirato dall’amore e all’obbedienza derivante dall’amore» (Lettera a Maria de Bondy, 20 maggio 1915). Come Chiesa abbiamo bisogno di tornare all’essenziale, di non smarrirci in tante cose secondarie, con il rischio di perdere di vista la purezza semplice del Vangelo. E poi l’universalità. Il nuovo Santo ha vissuto il suo essere cristiano come fratello di tutti, a partire dai più piccoli. Non aveva l’obiettivo di convertire gli altri, ma di vivere l’amore gratuito di Dio, attuando “l’apostolato della bontà”. Così scriveva: «Io voglio abituare tutti gli abitanti cristiani, musulmani, ebrei e idolatri a considerarmi come loro fratello, il fratello universale» (Lettera a Maria de Bondy, 7 gennaio 1902). E per farlo aprì le porte della sua casa, perché fosse “un porto” per tutti, “il tetto del buon Pastore”. Vi ringrazio perché portate avanti questa testimonianza, che fa tanto bene, specialmente in un tempo in cui si rischia di chiudersi nei particolarismi, di accrescere le distanze, di perdere di vista il fratello. Lo vediamo purtroppo nella cronaca di ogni giorno. Fratel Carlo, nelle fatiche e nella povertà del deserto, raccontava: «La mia anima è sempre nella gioia» (Lettera a don Huvelin, 1° febbraio 1898). Care sorelle e fratelli, la Madonna vi conceda di custodire e alimentare la medesima gioia, perché la gioia è la testimonianza più limpida che possiamo dare a Gesù in ogni luogo e in ogni tempo. E inoltre vorrei ringraziare San Charles de Foucauld, perché la sua spiritualità mi ha fatto tanto bene quando studiavo la teologia, un tempo di maturazione e anche di crisi. Mi è arrivata tramite padre Paoli e tramite i libri di Voillaume, che io leggevo continuamente. Mi ha aiutato tanto a superare le crisi e a trovare una strada di vita cristiana più semplice, meno pelagiana, più vicina al Signore. Ringrazio il Santo e do testimonianza di questo, perché mi ha fatto tanto bene. (18 maggio 2022)

Un video

Era il 1964 quando la Rai di Ettore Bernabei direttore generale, affidò alla giovane regista Liliana Cavani la realizzazione di un documentario che fece epoca Gesù mio fratello. Fu il primo filmato, tutto in bianco e nero, pensato per il grande pubblico per raccontare la storia di Charles de Foucauld e dei discepoli del suo carisma e stile di vita i “Piccoli Fratelli di Gesù”. E a colpire ancora oggi del filmato della Cavani – oltre ad accennare alla vita di de Foucauld – è mettere in primo piano l’esistenza quotidiana dei suoi figli: i piccoli Fratelli di Gesù (tra loro il camionista, il pescatore o gli operai di Marsiglia). Filo rosso narrativo – il vero messaggio chiave del documentario è mettere al centro la vita di Gesù come “semplice” carpentiere a Nazareth. (da Avvenire, 17 maggio 2022)

Marzo 2022


4

VITA DELLA CHIESA

Padre Angelo Pansa Lunedì 9 maggio è deceduto padre Angelo Pansa saveriano. Aveva 90 anni compiuti essendo nato il 21.11. 1931 a Bergamo. Entra in Istituto il 17.08.1943 viene ordinato presbitero a Piacenza il 17.03.1956. Nel 1958 viene destinato alla missione del Congo Belga. Vi rimane fino al 1967 partecipando attivamente, fra l’altro, alla liberazione di ostaggi (sacerdoti e suore) in mano ai ribelli. Per questa sua azione riceve un riconoscimento dal governo italiano. Nel 1967, per ragioni di sicurezza, viene richiamato in Italia. Nello stesso anno viene destinato alla missione dell’Amazzonia dove, tra l’altro, ricopre il ruolo di superiore regionale (1972-1977). Nel X° Capitolo Generale viene eletto Consigliere Generale, incaricato dell’Economia e dell’Animazione Missionaria (1977-1983). Nel 1983, p. Angelo ritorna in Amazzonia, impegnato principalmente come responsabile della pastorale dei fiumi, pastorale dell’area industriale nella Prelazia dello Xingu, nella Diocesi di Abaetetuba e nell’Arcidiocesi di Belém. In questo periodo è anche testimone del Tribunale Permanente dei Popoli in difesa della vita degli Indios.

Trascorre un periodo (2000-2005) impegnato nella pastorale indigena nella Prelazia di Paranatinga (Mato Grosso). Nel 2005 ritorna nella comunità saveriana di Tucumã e successivamente a Belém. Dopo un periodo di cura e riposo (2008-2009) viene destinato all’Italia. Dal 2019 risiedeva nella comunità di Alzano Lombardo (BG).

Padre Pansa nell’ottobre 1990 accompagnò ad Albino il capo indio Tukano, Manuel Moura, per un incontro con gli albinesi, fra cui le famiglie dell’Operazione Terzo Mondo, che ne sostenevano l’attività. Incontrò pure la Giunta comunale del sindaco Elio Capelli e gli studenti dell’Itc Romero. Manuel Moura era di ritorno direttamente dalla sessione del Tribunale Permanente dei Popoli sull’Amazzonia, convocata a Parigi per denunciare il genocidio delle nazioni indigene dell’Amazzonia brasiliana. “A Parigi si erano recati ad assistere, con un contributo dell’amministrazione comunale di Albino, anche quattro studenti dell’Itc Romero, Fabiano e Visciglio di IV e Gotti e Luiselli di V, accompagnati dalla professoressa Granziera” (dal mensile “Albino”, novembre 1990). (v. ebook Lorenzo Moroni una storia non solo albinese). Il cuore di Manuel Moura, “silenciou” il 3 agosto 2014 a Manaus.


DUEANNIVERSARIO LIBRI 17

Don Mario Riboldi

Dal Testamento spirituale manoscritto “Signore Gesù, ieri hai pregato il Padre: “perdona loro perché non sanno quello che fanno”. In quel “loro” ci siamo tutti, e ci sono anch’io. Il tuo Spirito è già presso il Padre e domattina la tua salma lo raggiungerà. Io sento in questo momento di stare terminando il lungo percorso della mia vita. Quante volte, nei pericoli, ti ho sentito vicino, mi hai incoraggiato e dato forza per non lasciar cadere le braccia. Ti ringrazio per le volte che stavo deviando dal retto cammino e Tu mi hai cercato come una pecorella smarrita e mi hai ricollocato nell’ovile. Sono tanti i motivi per ringraziarti. Spero che giungendo alla tua presenza mi accoglierai come il Padre è andato incontro al figlio prodigo…Per concludere, ti vorrei raccomandare in modo particolare i Popoli Indigeni e la Foresta Amazzonica. Tu sai che – a modo loro – riconoscono il dono della Vita che non è altro che il Soffio del Tuo Spirito… Grazie Gesù per avermi creato, fatto cristiano e sacerdote missionario, e dato la forza di seguire il retto cammino…” Sabato Santo, 16 aprile 2022

L’8 giugno 2021 moriva don Mario Riboldi, che visse oltre 50 anni la vita dei cosiddetti zingari, “una figura centrale nel cammino post conciliare della pastorale dei rom e dei sinti”, come scrisse il vescovo mons. Perego. “Giovane prete aveva espresso di vivere in Vangelo in carovana, in cammino con le famiglie rom e sinte: desiderio accolto dal cardinale di Milano Giovanni Colombo. Da allora la sua fede ha camminato con queste comunità, che spesso vivono, anche l’esperienza della fede, ai margini delle città. Per la sua esperienza e passione pastorale è stato, con don Bruno Nicolini, il protagonista dello storico incontro di papa Paolo VI con i rom e i sinti, a Pomezia , nel 1965. Le parole di papa Montini “i rom sono nel cuore della Chiesa” sono state per lui il programma di una vita”; “una vita spesa con e per loro, nella condivisione della loro quotidianità: primo sacerdote che viveva in una roulotte”, scrisse il cardinale Turkson, prefetto del Dicastero vaticano per lo sviluppo umano integrale. Ricordò ancora mons. Luigi Stucchi, vescovo ausiliare emerito di Milano, al funerale nella sua omelia: “Don Mario non è stato solo mandato per i Nomadi, ma ha scelto di vivere come i Nomadi, “come loro” per dirlo con il titolo di un libro (di R. Voillaume, fondatore dei Piccoli fratelli di Gesù di Charles de Foucauld, n.d.r.) che ha accompagnato il cammino di tanti di noi nella stagione del Concilio. È questo “come loro” e “con loro” il segreto del suo ministero della forma della sua donazione di vita. Per comunicare il Vangelo è necessario diventare Vangelo vissuto, comprensibile, imitabile, vicino”. Ora che don Mario è “in buona compagnia del Beato Zefirino e della beata Emilia”, beati zingari, don Marco Frediani è il suo successore nella diocesi di Milano, anche se non è a tempo pieno con loro e i rom e i sinti non sono più solo nomadi. Altri due sacerdoti sono impegnati nella pastorale con i rom e i sinti lombardi, don Massimo Nostioli e l’anziano padre Luigi Maria Peraboni, 87 anni suonati, 50 fra i nomadi, 48 con don Mario. “Alabado sea el Senor” scrive da Monza. E “Devlésa mekautumen”, “con Dio vi lascio”.

Giugno 2022


6

VITA DELLA CET Le cinque “Terre esistenziali della Cet 3 - Bassa valle Seriana”, organismi con cui le comunità ecclesiali locali, innanzitutto le parrocchie, si mettono in relazione e al servizio del territorio.

d’infanzia del territorio. Il nuovo tema riguarda i giovani ed il prossimo impegno del gruppo è di incontrare coppie giovani con età da 18/30 anni che vivono una relazione stabile, affinché si individuino percorsi di formazione per giovani e anche adolescenti. L’obiettivo è contribuire ad attuare un nuovo umanesimo per una società dell’amore, soprattutto attraverso buone relazioni, risposta alla propria domanda di felicità e di senso.

Seconda parte - Continuiamo la conoscenza delle Terre Esistenziali, ambiti di vita nella nostra Comunità Ecclesiale Territoriale (Cet 3) TERRA ESISTENZIALE: Relazioni COSA TRATTA? . Tratta di tutto l’ambito dei rapporti familiari e delle reti che le famiglie costruiscono nella società. COORDINATORE del gruppo . Roberta Azzola, di Pradalunga, insegnante all’istituto Romero di Albino, catechista, animatrice per diversi anni nei percorsi di preparazione al matrimonio. INIZIATIVE . Il lavoro iniziale è stato centrato sulla formazione e, nello specifico, sul ruolo dei laici. In concomitanza delle elezioni amministrative, il gruppo Terra esistenziale - Relazioni ha collaborato alla stesura di un documento consegnato ai candidati sindaci e alle parrocchie della CET, sui bisogni del nostro territorio ai quali porre più attenzione perché ciascuno possa contribuire alla costruzione del bene comune. Nell’autunno 2019, ad Albino, il gruppo Relazioni ha incontrato l’organismo diocesano “La casa”, che si occupa di accompagnare spiritualmente separati, divorziati e risposati. La serata ricca di testimonianze, ha messo in luce la complessità delle relazioni di coppia ma anche la speranza ed il valore del vissuto. Questo incontro ha arricchito il gruppo e permesso di mettere a fuoco alcune problematiche dalle quali partire con una progettazione. Dopo aver conosciuto il progetto Young della Diocesi, il gruppo si è rivolto ai coordinatori dei percorsi di preparazione al matrimonio, organizzando con loro uno spazio di confronto dove sono emersi punti di forza e fragilità. Nell’incontro il gruppo ha raccolto dati sul nostro territorio e conosciuto laici che con la loro sensibilità di vita, relazione e fede, accompagnano ogni anno coppie al sacramento del matrimonio. Travolto dalla pandemia, il gruppo ha continuato da remoto, sostenuto dal Vicario Territoriale e, sollecitato dal vescovo Francesco, ha accolto la proposta di porre al centro la soggettività della famiglia, il ruolo chiave della famiglia come protagonista, in tanti ruoli anche nuovi: preziose la cura all’altro, le relazioni di vicinato, le reti familiari. Il gruppo ha scelto di porre attenzione alle giovani famiglie con bambini di età prescolare, incontrando le direttrici delle scuole

TERRA ESISTENZIALE: Cittadinanza “La politica è la più alta forma di carità” (San Paolo VI) COSA TRATTA? . Tratta del rapporto da costruire tra la Chiesa e la società civile, in particolare i livelli amministrativi comunali e sovra-comunali. Si interessa anche di identificare e conoscere le varie iniziative che nel territorio agiscono quali esempi di “cittadinanza attiva e responsabile” in vista del bene comune. COORDINATORE . Il gruppo è formato da 11 componenti facenti parte di diverse comunità parrocchiali e civili; attualmente è coordinato da Francesco Cornolti sposato con Silvia, due figli e due nipoti, attuale vicesindaco di Villa di Serio con delega ai servizi sociali-bilancio; è vicepresidente della Comunità Montana con un passato di amministratore comunale e provinciale. INIZIATIVE . La prima iniziativa è coincisa con le elezioni amministrative del maggio 2019; questa occasione ha permesso di stendere ed inviare una lettera a tutti candidati con l’obiettivo di esprimere apprezzamento per la disponibilità a mettersi in gioco per il bene comune, oltre che per formulare i migliori auguri di buon lavoro. La lettera ha anche offerto qualche spunto di riflessione e la disponibilità ad un costruttivo confronto. Nel mese di ottobre 2021, insieme con i gruppi delle altre Terre Esistenziali, il gruppo Cittadinanza ha promosso un incontro tra sindaci e parroci dal titolo “Famiglie come soggetto: comuni e parrocchie in dialogo”. Poiché il Consiglio Pastorale ha scelto, per il presente anno, di affrontare il tema dei giovani sotto varie dimensioni ed aspetti, in aprile/maggio è stato programmato un incontro/ascolto con i giovani amministratori anche al fine di mettersi a disposizione per eventuali esigenze e bisogni, non ultimo un possibile coordinamento dei giovani amministratori del territorio. Rubrica a cura di Marco Carrara


ESPERIENZE EDUCATIVE

7

La Buona Azione: provare per credere Credo che ognuno di noi, pensando alla Buona Azione degli Scout, abbia, almeno per una volta, pensato al classico ragazzotto che aiuta l’anziana nonnetta di paese ad attraversare la strada con il sacchetto della spesa. Ebbene, seppur anche questa sia una Buona Azione, il significato dell’impegno giornaliero che gli Scout fin da bambini cercano “di imporsi” è un nobile strumento che aiuta nella formazione del carattere, verso un modo naturale e istintivo di comportarsi, in un bisogno. Baden Powell, fondatore del movimento Scout, più volte lo ha ripetuto: il segreto per essere felici è fare felici gli altri… e in questo credeva così fermamente, che nel testo della Promessa, impegno che ogni Scout si prende nel momento in cui

diviene Scout, ha inserito una parte che cita “prometto di fare del mio meglio per aiutare il prossimo in ogni circostanza”. Ma, se ci pensate bene, Baden Powell non ha inventato proprio nulla a riguardo: Gesù, con il comandamento dell’amore ci ha insegnato la via dell’amore che è felicità: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutta la tua mente”. Questo è il primo e il gran comandamento. E il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Matteo 22,37-40 La Buona Azione quotidiana è uno degli strumenti che lo scoutismo utilizza per permettere fin da bambini di prendere confidenza col farsi prossimo, col rendersi utili agli altri in modo gratuito e paziente. Ogni giorno ognuno di noi ha la possibilità di rendersi utile agli altri. Decine di buone azioni ci passano davanti agli occhi… ma poche sono quelle che percepiamo e ancor meno quelle che, rimboccandoci le maniche, siamo disposti a fare. Lo scorso mese, durante la Quaresima e la Pasqua, il Gruppo Scout non ha perso l’occasione di aiutare le numerose persone giunte dall’Ucraina che stanno

affrontando l’esperienza della guerra. Così i Lupetti e le Coccinelle del Gruppo, durante la Quaresima hanno raccolto delle piccole offerte, con cui sono state poi acquistate le uova di cioccolato per i bambini ucraini, mentre domenica 24 aprile, i più grandi, hanno animato la mattinata con giochi, canti e bans. L’evento, avvenuto nel giorno della celebrazione della Pasqua ortodossa, promosso dalla Comunità Ecclesiale Territoriale 3 con la collaborazione di diverse associazioni territoriali, ha visto la partecipazione attiva ed entusiasta di molti bambini provenienti dall’Ucraina. Il Gruppo Scout ha messo a disposizione la propria competenza in materia di animazione ed è rimasto stupito da come, pur non conoscendosi tra loro e non parlando italiano, nessun bambino si sia tirato indietro: al contrario tutti si sono messi in gioco con il sorriso sulle labbra. A fine mattinata i bambini ricchi di felicità sono andati a pranzo, ma ancor più felici erano i ragazzi scout che avevano dedicato un po’ del loro tempo a chi più ne aveva bisogno… B.P. aveva proprio ragione: far felici gli altri per essere felici se stessi… provare per credere! Orso Laborioso

Giugno 2022


8

VITA DELLA CET

Don Chino Pezzoli

PREVENZIONE PER COMBATTERE ALCOOL E DROGHE

Mamma lasciami vivere Rubrica a cura del Centro di Ascolto e Auto-Aiuto “Promozione Umana” di don Chino Pezzoli.

Ho rinvenuto sul web questi interessanti consigli, scritti da un adulto che esprime alcuni modi di comportamento che dovrebbero facilitare la crescita del bambino. Chi li ha scritti si rivolge alla mamma che, nella famiglia, è a diretto contatto con i bambini. «Mamma, lasciami crescere come cresce un bambino; se non imparo dalle esperienze non saprò affrontare al meglio la vita. Mamma, lasciami correre e poi sbucciare un ginocchio; dopo avere pianto imparerò che cadere vuol dire farsi male, imparerò a stare attento e che nel pericolo dovrò essere prudente. Mamma, lasciami imbrattare di colore la scrivania, lascia che le mie mani si sporchino di tempera, di colla e adesivo, imparerò coi colori a dipingere il mondo. Mammina, lasciami sporcare la faccia di sugo, lascia che con le mani io scopra il cibo, lascia che io scopra i sapori, lasciami provare, non mi imboccare! Se tu insisti io mi arrendo e cercherò te ogni volta che non avrò voglia di mangiare da solo. Mamma, lasciami piangere ogni tanto, non correre da me appena accenno un lamento, prova ad aspettare; io devo imparare a cavarmela da solo! Cosa farò quando dovrò affrontare le difficoltà e tu non sarai al mio fianco? Mamma mia, lascia da parte le tue faccende ogni tanto, sporcati la faccia di marmellata con me, imbratta le tue mani di tempera, costruiamo insieme grandi castelli, enormi vascelli, piramidi di Lego, se ti siedi accanto a me io ti sento più vicina. Mamma, non fare quella faccia quando ho la febbre, io mi devo ammalare, i batteri e i virus mi devono fortificare; smettila di andare nel panico, vivrò nella paura se tu ne hai sempre troppa per me. Mamma, se mi lasci dalla nonna non è la fine del mondo, anche loro hanno bisogno di me ed io ho bisogno di loro! Vai pure fuori e mangiati una pizza, non morirò di fame e non impazzirò per la solitudine; imparerò dalla lontananza a non dipendere sempre da te. Mamma, se vado piano tu non correre, non sono

una macchina e ho bisogno di tempo per imparare. A te sembra facile ciò che per me è incomprensibile. Ricordi quando eri bambina? E’ successo anche a te di non capire le cose semplici. Mamma, fidati di me, io sono piccolo, ma sto imparando a vivere! La sciami la mano qualche volta, fammi correre, fammi nascondere, fammi giocare; se mi imbottisci con quel maglione io quasi non posso respirare! Vivi, mamma, e lascia che io viva, rispetta i miei tempi, i miei spazi, i miei sogni! Mamma, non so se diventerò ingegnere e non so se sarò uno chef: dammi la libertà di scegliere, di sbagliare, di capire a modo mio ciò che voglio diventare. Mamma, non devi crescere un figlio speciale, ma felice. Smettila quindi di considerare lo studio l’impegno più importante, lasciami coltivare le mie emozioni con gli amici nel camminare nel bosco o tuffarmi nel mare. Permettimi, per favore, di abbracciarti di cantare e ascoltare musica con te. Mamma, fammi capire con il tuo buon esempio che questa vita, iniziata nel tuo grembo e che continua a vivere accanto a te nell’infanzia soprattutto, è difficile, ma bella. Una vita che, come l’aquilone, sale sempre più in alto verso Dio, quel Dio che mi ha voluto, mi ama e mi aspetta. Grazie, mamma».

CENTRO DI ASCOLTO E AUTO-AIUTO “PROMOZIONE UMANA” di don Chino Pezzoli Via Donatori di Sangue 13 Fiorano al Serio - Tel. 035 712913 Cell. 3388658461 (Michele) centrodiascoltofiorano@virgilio.it Facebook @centrodiascoltofiorano INCONTRI GENITORI mercoledì dalle 20.30 alle 22.30


VITA DELLA CHIESA

7

UNGARETTI “GRANDE VECCHIO” E LA GIOVINEZZA DEL POETA Pare che Giuseppe Ungaretti a ottant’anni suonati dicesse di averne quattro volte venti. Non si sentiva un ottuagenario, imbrogliando l’anagrafe, ma -come si dice in questi casi- “giovane da più tempo” e del ventenne, anche se quadruplicato, manteneva lo spirito, l’entusiasmo, l’ingenuità, la passione, il gusto per la vita e le sue continue sorprese. Sicuramente avrà avuto i suoi acciacchi, come tutti del resto, ma li sopportava con pazienza senza lamentarsene in continuazione, come di solito capita agli anziani. Davvero un “grande vecchio” Ungaretti. Ed io, che ho compiuto solo tre volte i vent’anni, cosa dovrei dire? Spesso, la mattina, prima di alzarmi passo in rassegna i miei di acciacchi… In realtà si tratta, per ora, di qualche dolorino sopportabile che va e viene con sempre maggiore frequenza e che, una volta venuti, rimangono volentieri. Non compromettono alcuna operazione necessaria e non rappresentano un vincolo alla mobilità e all’autonomia personale, per ora. Grazie a Dio. Mi ricordano semplicemente che i vent’anni li ho già compiuti tre volte e con una piccola aggiunta. Del ventenne però devo riconoscere che non sempre riesco a mantenere lo stesso entusiasmo, la stessa ingenua baldanza; ma la stessa voglia di vivere e la stessa capacità di lasciarmi sorprendere dalla vita quelle sì, e questo mi aiuta ad essere abbastanza sereno e disponibile ad affrontare lo scorrere dei giorni. Sono molte, moltissime, le cose che non riesco ancora a capire e alle quali non mi rassegno, come ad

esempio la sofferenza, la cattiveria, l’odio, la violenza… E altrettante le esperienze che vorrei ancora fare nel tempo che mi rimane prima di compiere i vent’anni per la quarta volta, se Dio vuole. Spesso si dice che una volta in pensione potremo fare tutto quello che non abbiamo potuto fare quando c’erano gli impegni del lavoro, le responsabilità familiari, i figli da educare, il mutuo da pagare, eccetera. Ma, pur riconoscendo che in pensione effettivamente il tempo a disposizione sarà maggiore quantitativamente, mi piacerebbe immaginare di poter gustare e vivere intensamente la qualità di questo tempo -quello che Ungaretti chiama “il vivo tendersi”- dedicandolo a qualcosa o a qualcuno che non solo mi faccia sentire ancora utile ma soprattutto che mi renda migliore, più saggio. Se riuscissi a mantenere questa apertura, questa disponibilità al cambiamento, a lasciarmi raggiungere e stupire dalla vita chissà, potrei anch’io, come Ungaretti, prepararmi serenamente al prossimo compleanno dei vent’anni, il quarto. Canta Ungaretti, in Monologhetto (1951): Ma perché fanciullezza È subito ricordo? Non c’è, altro non c’è su questa terra E il nulla della polvere, Anche se, matto incorreggibile, incontro al lampo dei miraggi Nell’intimo e nei gesti, il vivo Tendersi sembra sempre. Enzo Noris

Giugno 2022


10

ORATORIO

DOMENICA 22 MAGGIO . LA PRIMA CONFESSIONE

“Primi passi con…”

4 catechisti, 36 bambini di seconda elementare e un cammino all’insegna delle parabole della misericordia raccontate da Gesù. Per tutto l’anno catechistico abbiamo cercato di costruire un percorso che potesse far sperimentare concretamente, ai bambini, non solo gli insegnamenti, ma anche i momenti salienti della vita di Gesù. Siamo partiti dalla realizzazione della Creazione, dove abbiamo posto Gesù al centro del nostro mondo fatto di terra, aria, acqua, amicizie e legami, giungendo al momento della sua nascita. Abbiamo vissuto intensamente i momenti della sua vita da adulto e qui i bambini hanno compreso con l’aiuto di una mappa gli ultimi momenti della Passione di Gesù. L’anno si è concluso con la preparazione al Sacramento della Prima Confessione, ed è stato per i bambini l’arrivo di un percorso che ha reso pronto il loro cuore per accogliere Gesù. Quest’anno è stato solo l’inizio di un lungo percorso di crescita con loro, in cui speriamo di accompagnarli e guidarli durante la loro infanzia nell’incontro con Dio.


VITA PARROCCHIALE

11

I nomi dei 34 bambini che Domenica 22 maggio si sono accostati per la prima volta al sacramento del perdono... Alice Bonacorsi Filippo Carrara Anna Chiodini Francesco Consoli Cheyenne Domingo Giulia Francica Tommaso Lussana Thomas Mantovanelli Sara Marzullo Camilla Moioli Riccardo Mosconi Giosuele Pellegata Leonardo Pezzoli Lucrezia Pezzotta

Sabrina Poloni Gloria Tacchini Sofia Vedovati Mattia Rappoccio Lisa Mismetti Anna Algeri Greta Azzola Roberta Barcella Achille Beltrami Matilda Carrara Federico Finardi Virginia Imberti Elias Manara Elisa Marzullo

Lisa Mismetti Beatrice Morrone Diego Palazzi Leonardo Persico Ginevra Piccardo Thomas Tengattini Melanie Brignoli Aurora Cassera Matilde Moretti Nel gruppo dei bambini che si sono preparati alla prima Confessione anche Mattia Rappoccio che riceverà il sacramento più avanti.

Giugno 2022


CRESIME - DOMENICA 29 MAGGIO

Foto Breda - Albino

12

“Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito.” Antoine de Saint-Exupéry

Si salpa!

Ad ottobre 2021 è iniziato il viaggio dei ragazzi di seconda media verso il sacramento della Cresima. Siamo partiti a bordo della nostra nave dotati di cannocchiale, ancora, bussola, timone, carta nautica, equipaggio e vele; 7 simboli per rappresentare i 7 doni dello Spirito Santo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio. Ed ora, dopo l’Eccomi pronunciato davanti al Signore secondo l’esempio di Maria, auguriamo ai nostri ragazzi un buon viaggio nel mare della vita dove possano veleggiare sospinti sempre dal soffio dello Spirito Santo! I catechisti Chiara, Laura, Marta, Monia e Roberto


CRESIME - DOMENICA 5 GIUGNO

13

Domenica 29 maggio e domenica 5 giugno, nella Prepositurale di San Giuliano, monsignor Patrizio Rota Scalabrini ha amministrato la Cresima a questi nostri 53 ragazzi... Domenica 29 maggio Viola Aitelli Pietro Ambrosini Nicolò Assolari Giulia Azzola Martina Azzola Alice Birolini Elisa Blu Birolini Filippo Birolini Giulia Birolini Nicolò Birolini Matteo Bonalda Asia Bonazzi Ginevra Bosio Michela Brignoli Aryan Lucas Bustillos Galvez Alberto Carrara Andrea Carrara Giordano Carrara

Cristian De Martino Ramya Facci Alessandro Falconi Alice Fassi Davide Foresti Irene Groppini Andrea Dante Vismara Emma Rossi Cristian Marino Anna Carlessi

Domenica 5 giugno Carlotta Lodigiani Gaia Lussana Viola Marchesi Alessandro Anthony Marchi Andrea Marrocu Michele Martinelli Michela Marzullo

Gaia Moioli Lorenzo Mologni Alex Monachino Gabriele Pedruzzi Maria Letizia Pellegata Soren Perani Nassiri Tayebi Francesco Persico Alessandro Pugni Mirko Rappoccio Rebecca Ratti Alessio Reginato Elisa Ricuperati Matteo Signori Andrea Suagher Arianna Tacchini Anna Tiraboschi Luna Gotti Sofia Cavalli

Giugno 2022


14

ALTRI MONDI Pandemia e autoritarismo

Chiesa aperta ai “moradores da rua”

Da metà maggio un’ondata di freddo intensissimo ha colpito la regione di San Paolo in Brasile. Persone che vivono in strada nelle città brasiliane sono morte assiderate. Il cardinale Odilio Scherer ha invitato le comunità cristiane a fare tutto il possibile per aiutare i “moradores da rua” e ha aperto anche la cattedrale per ospitarli. Già a San Paolo operano il Vicariato Episcopal para a Pastora do Povo da Rua, di cui è a capo p. Julio Lancellotti, la Casa de Oração do Povo da Rua, la Missão Belém, l’Aliança de Misericórdia, l’Arsenal da Esperança, la Fraternidade O Caminho. “La nostra città deve mostrare un cuore solidale” ha detto il cardinale.

Le maggiori vittime del covid in Brasile sono i poveri e gli indios dell’Amazzonia. Lo ha denunciato la 50° sessione del Tribunale permanente dei popoli nei giorni 24 e 25 maggio. Ad aggravare la situazione, degli indigeni amazonici in particolare, è stata la cultura del governo brasiliano che lo ha portato a trascurarli e proporre rimedi inefficaci: “Il governo fu più letale che la pandemia” ha affermato l’avvocato Maurizio Terena a nome dei popoli amazonici. Lo stesso governo che permette lo sfruttamento e gli incendi nelle zone riservate a loro. La sentenza motivata del Tribunale sarà emessa dopo un mese o due, ma i due giorni della sessione “hanno già permesso di ascoltare la voce dei rappresentanti di coloro che sono stati vittime di tutto quanto è stato denunciato” ha detto il segretario del Tribunale, il dott. Gianni Tognoni. Tribunal permanente dos povos 50ª Sessão Pandemia e Autoritarismo (Transmissão português 24/05/22) su Youtube

Diventiamo prossimo Continua l’iniziativa del fondo di solidarietà “Diventiamo prossimo” per sostenere e accompagnare le famiglie in difficoltà economica MODALITÀ PER CONTRIBUIRE

 Autotassazione mensile: si stabilisce una cifra che viene versata

mensilmente per il periodo indicato  Presso il Centro di Primo Ascolto alla Casa della Carità

in piazza San Giuliano 5 al mercoledì dalle 20.45 alle 22  Con bonifico bancario tramite

IBAN: IT20 L0538 75248 00000 4260 6856 c/c intestato Parrocchia San Giuliano, Conto Caritas indicando la causale: FONDO DI SOLIDARIETÀ DIVENTIAMO PROSSIMO


FEDE E CULTURA

Sabato 21 maggio è stato presentato a Bergamo presso la Casa del Giovane il progetto “Settimana della Cultura - Nella Città di Tutti” voluto dalla Diocesi di Bergamo, nella cornice di Bergamo/Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023. Si tratta della settimana che andrà dal 15 al 23 aprile 2023 in cui le diverse e numerose realtà religiose e culturali presenti sul territorio potranno proporre le loro iniziative. La nostra Parrocchia, aderendo all’iniziativa, ha presentato un progetto, ancora in fase di studio e sviluppo: apriremo le porte della Casa Parrocchiale per ammirare l’Archivio con l’esposizione di registri parrocchiali, antiche pergamene e antichi documenti, e la Biblioteca del Clero con l’esposizione di parte del suo grande patrimonio librario fatto di libri

e manoscritti antichi. Il progetto è allargato anche a parte del nostro patrimonio artistico con visite guidate alla Cappellina in Prepositurale appena restaurata e alla Chiesa di Sant’Anna con i suoi chiostri e il suo splendido coro. In questa settimana ci saranno poi altre iniziative ancora in fase di elaborazione. Chi volesse aiutare nell’esecuzione del progetto della Parrocchia o volesse partecipare con iniziative proprie può chiamare in Casa Parrocchiale allo 035/751039 il lunedì e il mercoledì pomeriggio dalle ore 15 alle ore 18. Il video di presentazione del progetto è visibile sul seguente link https://youtu.be/kDYGNS-cmIM oppure su facebook nella pagina parrocchiale. Lilia

Con la bella stagione è ripresa la celebrazione delle S. Messe serali nelle chiese sussidiarie

Da lunedì 20 giugno e fino al 26 agosto, torna la celebrazione serale alle ore 20.30 della S. Messa feriale nelle chiese sussidiarie di Albino: - Lunedì al santuario della Guadalupe - Martedì nella cappella del Cimitero - Mercoledì nella chiesa di San Rocco - Giovedì nella chiesa di Sant’Anna - Venerdì nella chiesa della Concezione

15

N.B.: il martedì alle 8.30 S. Messa nella cappella del Cimitero.

Giugno 2022


16

ALTRI MONDI

Mons. Eugenio Coter Approfittiamo dell’incontro con mons. Coter, in occasione della celebrazione in ricordo di don Francesco Spinelli, per proporre una sua intervista, rilasciata all’Agenzia “Missio” della Conferenza Episcopale Italiana, che ben evidenzia una realtà a noi tanto lontana ma ricca di umanità, amore e rispetto per il Creato. Monsignor Eugenio Coter, vescovo di Pando in Bolivia, è un missionario inculturato e parla dell’Amazzonia come della sua terra. Nativo di Vertova (11,07.1957) nel bergamasco, nel 1991 parte come fidei donum per la Bolivia, dove per molti anni è parroco a Cochabamba; poi nel febbraio 2013 viene nominato vescovo di Tibiuca e vicario apostolico di Pando, la diocesi di cui è vescovo dall’aprile 2013. Nel novembre 2015 è nominato presidente di Caritas Bolivia e nel marzo 2018 è chiamato da Papa Francesco a far parte del Consiglio presinodale. Da oltre 30 anni è in America Latina e l’Amazzonia è certamente una parte importante della sua vita. «Sono in Amazzonia nella zona più profonda in territorio boliviano, al confine col Perù. L’Amazzonia ti entra nel sangue perché incontri gente che vive a contatto con la natura con grande semplicità e dove le relazioni umane sono molto più essenziali. Ci sono circa 400 comunità sparse sul territorio che è grande quanto un terzo della nostra penisola italiana dove vivono 70mila persone. Mi muovo per visitarle, in genere due volte all’anno vado lungo i fiumi con la barca: mi accompagnano un catechista che pilota e la suora che segue costantemente le comunità. Una piccola équipe in una barca di 15 metri, fatta come un camper galleggiante, carico di viveri, generi di prima necessità e soprattutto acqua». Le comunità aspettano con ansia l’arrivo del loro vescovo, una festa e un momento di incontro importante. «Si arriva al mattino presto e poi alla sera ci fermiamo presso un’altra comunità. Si ascoltano i problemi della gente, si confessa, incontriamo il catechista, l’educatore; la suora intanto visita le famiglie e alla sera, quando i contadini rientrano dai loro appezzamenti al villaggio, celebriamo la messa e condividiamo la cena. E poi, a seconda delle condizioni del tempo, torniamo in barca e ripartiamo navigando. A volte si naviga di notte e ci si ferma in rada, legati ad un albero sulla riva. Una volta la suora, che è veramente una grande figura, ha legato la fune ad un albero, senza accorgersi che proprio accanto alla nostra barca c’era un coccodrillo di tre metri addormentato». Immagini di una missione in frontiera dove la gente dice al vescovo: «Venite a pregare insieme a noi. Siamo contenti di vedere che a qualcuno interessiamo. Se non venite voi qui non arrivano nemmeno i politici a chiedere voti prima delle elezioni, perché siamo troppo pochi e lontani». Alcuni gruppi etnici sono più lontani degli altri. Sono i circa 150 Popoli indigeni in isolamento volontario (Piiv) che hanno scelto di non entrare in contatto con lo stile di vita moderno, di cui la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) protegge i diritti contenuti nella “Dichiarazione in difesa dei Popoli indigeni in isolamento volontario”. Monsignor Coter non è direttamente in contatto con questi gruppi, anche se nella sua zona esiste l’etnia dei Taramona, che si è isolata oltre 50 anni fa. Ricorda di avere incontrato dei familiari rimasti al villaggio: «Li ho incontrati circa cinque anni fa e mi hanno invitato a raggiungere la comunità da cui erano partiti originariamente. Erano indigeni dell’Amazzonia, e quando sulle loro terre sono arrivati i Kecia e gli Aymara, le due più grandi etnie boliviane, gli indigeni inizialmente li hanno accolti, lasciando che costruissero le loro capanne. Quando i nuovi arrivati hanno cominciato a buttare giù ettari di bosco, a incendiare i terreni, a seminare riso, gli indigeni che gestivano i territori in un’altra maniera, hanno capito che sarebbero morti se fossero rimasti in quelle condizioni e quindi in una notte sono partiti. Hanno risalito un fiume per una settimana con le canoe e si sono fermati nella foresta più fitta». Cosa fa la Chiesa in queste circostanze? «Secondo le leggi internazionali che li proteggono – spiega il presule – non possiamo entrare in contatto con loro, ma le incursioni dei cercatori d’oro, dei costruttori di strade, dei trafficanti di legnami continuano. Proprio in questa zona il governo ha voluto attraversare il loro territorio con una strada, e agli operai che lavoravano sulle ruspe gli sono fischiate le frecce vicino alle orecchie, fino

a quando non hanno abbandonato il campo. Non si sa quanti siano, e ci sono molti problemi sul piano sanitario per entrare in contatto con loro, perché possiamo essere portatori di malattie nei confronti delle quali loro non hanno difese». Ma la Chiesa cosa fa rispetto all’evangelizzazione? «Non è semplice nei confronti dei popoli in isolamento volontario, dal punto di vista legale e da quello teologico. Qualcuno dei familiari può tentare di inoltrarsi a riprendere un contatto ed eventualmente aprire una porta per andare ad incontrarli. Ma sempre facendo attenzione anche a non aprire, seppur involontariamente, la strada a chi vuole entrare per sfruttare le loro terre».

Rivoluzione Amazzonia

«Missione, ecologia integrale, difesa dei popoli indigeni, ruolo della donna e nuovi ministeri, soprattutto in zone in cui è difficile l’accesso all’eucaristia: questi i temi al centro del Documento finale del Sinodo per la regione Panamazzonica. Il testo che sintetizza il lavoro dei Padri sinodali è suddiviso in cinque capitoli che hanno come “filo rosso” l’impegno ad una conversione integrale sul piano ecologico, culturale e pastorale. Il primo dei cinque punti in cui è articolato il testo sottolinea come solo una radicale conversione porterà la Chiesa ad essere “in uscita” e vicina ai popoli della regione. L’attenzione all’uomo e al Creato è espressione di un’unica missione che concretamente si impegna in una pastorale transfrontaliera contro le speculazioni economiche, la tratta di esseri umani, lo spostamento forzato di intere famiglie verso le città. Il secondo capitolo entra nello specifico della conversione pastorale, sottolineando che “la missione non è qualcosa di facoltativo, perché l’azione missionaria è il paradigma di tutta l’opera della Chiesa”. Ricordando l’esempio dei martiri che hanno testimoniato con la vita l’amore per il Vangelo, viene ribadita l’importanza di


ALTRI VITA MONDI PARROCCHIALE19 una pastorale indigena capace di dare nuovo impulso alle vocazioni autoctone, perché “l’Amazzonia deve essere evangelizzata anche dagli amazzonici”. Nella terza parte viene approfondita la necessità dell’inculturazione e dell’interculturalità che devono portare il cristiano ad andare verso l’altro e ad imparare da lui. I valori dei popoli autoctoni sono infatti una grande risorsa a cui l’uomo moderno deve attingere: solidarietà, senso della comunità e reciprocità sono la legge che da millenni è rimasta intatta tra persone oggi minacciate da interessi e speculazioni economiche. “La difesa della terra non ha altro scopo che la difesa della vita” ed è arrivato il momento storico in cui gli Stati, anziché essere una minaccia, tutelino i diritti e l’inviolabilità dei territori delle popolazioni locali. La Chiesa deve evitare le tentazioni di una “teologia colonialista” e, nell’ottica di valorizzare le culture locali, il documento propone che sia portatrice di un progetto culturale complessivo e favorisca l’apertura di centri di studio delle tradizioni dei popoli indigeni. Il penultimo capitolo spiega perché è arrivata l’ora della “conversione ecologica” e come la profonda interconnessione di tutto il Creato debba diventare il cammino possibile per uno sviluppo giusto e solidale. L’ecologia integrale deve essere intesa come l’unico cammino possibile per salvare la regione dall’estrattivismo predatorio, dallo spargimento di sangue innocente e dalla criminalizzazione dei difensori dell’Amazzonia. L’ultimo capitolo è dedicato alla conversione sinodale ed è quello più denso di indicazioni in cui si guarda al superamento del clericalismo e alla fondazione di una nuova cultura del dialogo, con un ruolo attivo dei laici – in virtù del loro battesimo – nella ministerialità. Con “audacia evangelica”, la partecipazione del laicato, sia nella consultazione che nella presa di decisioni nella vita e missione della Chiesa, «va rafforzata a e ampliata a partire dalla promozione e dal conferimento di ministeri a uomini e donne in modo equo», in condizioni in cui «il vescovo può affidare, con un mandato a tempo determinato, in assenza di sacerdoti, l’esercizio della cura pastorale delle comunità ad una persona non investita del carattere sacerdotale, che sia membro della comunità stessa». In questi nuovi orizzonti, il ruolo delle donne cambia e viene ribadita la necessità del diaconato permanente femminile. Il diaconato permanente di uomini e donne adeguatamente formati è infatti il modo per garantire la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica»,

Messa in ricordo di don Francesco Spinelli Lunedì 23 maggio, al mattino nella Prepositurale di san Giuliano, presieduta dal Vescovo mons. Eugenio Coter, è stata celebrata una santa messa in ricordo del carissimo sacerdote albinese don Francesco Spinelli morto, dopo un lungo periodo di malattia e a soli 64 anni di età, nel mese di luglio dello scorso anno. A volerlo ricordare nella preghiera sono stati i suoi confratelli di messa concelebranti con il vescovo Coter, lui stesso confratello di don Francesco. Mons. Coter, nel ringraziare i partecipanti religiosi e laici presenti alla funzione religiosa, ha chiesto per tutti l’aiuto spirituale del defunto sacerdote richiamandone anche il suo carattere definito “sincero e schietto”. Al termine della Messa non poteva mancare la “foto di gruppo” del vescovo con gli altri sacerdoti concelebranti, tutti parroci in paesi della Diocesi, oltre al nostro caro prevosto don Giuseppe con don Severo Fornoni a fianco. Nella foto sotto, il Vescovo Coter è nella fila superiore, il secondo da sinistra a destra.

Giugno 2022


18

SOCIETÀ

Solo far finire la guerra è normale e non basta il mercato a fare pace Note di un cristiano ingenuo in margine al conflitto riacceso dall’invasione russa dell’Ucraina Ci volevano tremila anni di Bibbia e duemila di Cristianesimo per rispondere a un’invasione militare con il mestiere delle armi? Il fallimento è figlio della selezione delle nuove classi dirigenti. «L’effetto naturale del commercio è il portare la pace». Così scriveva nel suo Lo Spirito delle Leggi Montesquieu, rilanciando una idea che girava nel Settecento dei Lumi. Qualche anno dopo, alla fine della sua carriera, l’economista e filosofo napoletano Antonio Genovesi commentava con altro tono quella frase di Montesquieu: «Il gran fonte delle guerre è il commercio». E aggiungeva: «Il commercio è geloso, e la gelosia arma gli uomini». Un secolo più tardi, il grande economista inglese Francis Edgeworth definiva l’economia come la scienza che studia gli «scambi pacifici» (1881), perché si occupa dei contratti liberi e non dei rapporti violenti. Più recentemente (nel 1977), un altro economista, Albert Hirschman, aveva ripreso quella antica tesi di Montesquieu e l’aveva declinata in una delle chiavi di lettura più influenti delle scienze sociali contemporanee. Le società di mercato, diceva, sono fondate sugli interessi, quelle antiche e feudali sulle passioni. Il capitalismo avrebbe allora dovuto rendere il mondo più pacifico proprio perché gli interessi economici, razionali e prevedibili, avrebbero sostituito le passioni irrazionali alla base delle guerre (orgoglio, onore, vendetta, patria, nazionalismo ...). Questa guerra ci sta dicendo che aveva ragione il triste realismo di Antonio Genovesi, che pur amava il mercato e l’economia quando sono civili e civilizzanti. La società di mercato non ha eliminato né ridotto le virtù belliche, non ha diminuito la produzione delle armi, non ha soppiantato lo spirito militare di conquista. I Paesi più decisi e convinti a rispondere prima di tutto con le armi all’invasione russa dell’Ucraina sono proprio quelli che hanno inventato il capitalismo: Stati Uniti, Gran Bretagna, Olanda. Montesquieu, Edgeworth e Hirschman sono tra le vittime di questa guerra. Con la sconfitta delle loro idee si compie uno dei fallimenti più profondi dell’umanesimo illuminista e occidentale. I nostri capi di governo continuano a utilizzare la guerra come mezzo di risoluzione delle controverse internazionali (art. 11), e poi gioiscono con intima soddisfazione perché le sanzioni commerciali iniziano finalmente a portare i loro frutti di miseria, di dolore e di morte – per i popoli e per i poveri non certo per i capi, che invece ne sono rafforzati nel consenso. È l’avveramento dell’anti-promessa dell’economia di mercato. ​Forse dovremmo tutti cercare qualche spiegazione diversa di questo enorme fallimento. Una riguarda la selezione delle nuove classi dirigenti. La maggior parte dei manager sono ormai formati dalle grandi agenzie globali di consulenza manageriale (McKinsey, Lloyd, Accenture ...). Né Montesquieu, né Edgeworth e forse neanche Hirschaman potevano sapere che negli ultimi cinquant’anni il capitalismo avrebbe subìto una trasformazione etica radicale. È avvenuta quando la formazione dei manager e dei leader delle imprese e della finanza – che prima si svolgeva nelle fabbriche, nelle scuole tecniche e nelle facoltà di economia e commercio – è stata affidata e poi appaltata alle business school e alle società internazionali di consulenza, i cui linguaggi e mentalità sono sempre più schiacciati sul mondo militare e sempre più lontani dal ‘dolce commercio’ illuminista. È sufficiente partecipare a un loro corso di strategia d’impresa, vedere gli esperti che si alternano in aula, dare uno

sguardo ai giochi di ruolo che propinano nei loro programmi di team building, o tentare un’analisi delle parole-chiave che usano tutte costruite sul registro maschile e sulla competizione intesa come lotta per vincere ( loser, perdente: è il nuovo insulto in questo mondo), per accorgersi immediatamente di essere lontani anni luce dalla tradizione della ‹civil concorrenza’ e sempre più vicini a una accademia militare. La leadership – to lead: guidare, comandare – è diventata un nuovo dogma del capitalismo, dalla dubbia convivenza con la democrazia. Così si legge in uno dei tanti corsi introduttivi di strategia d’impresa: «La strategia è molto più antica di quello che si può pensare. Sun Tzu nel suo libro L’arte della guerra è il primo che è stato in grado di distinguere tra tattica e strategia: le tattiche riguardano le operazioni necessarie per vincere le battaglie, la strategia si preoccupa di vincere la guerra». Da queste scuole multinazionali non sono uscite soltanto le élite economiche e bancarie, sono emersi anche molti dei nostri politici e dei funzionari della politica. Mezzo secolo di regressione civile ed etica che ha prodotto una classe internazionale di manager tutti simili, che parlano tutti inglese, tutti formati alle stesse virtù performative, strategiche, muscolari, belliche. In molti lo sapevano, in alcuni lo abbiamo anche detto e scritto da tempo; ma ci voleva questa guerra dentro casa per farci vedere con chiarez-


GUERRA E PACE

za che il nostro mercato era stato da tempo occupato dalla logica bellica e militare – è impressionante ascoltare in questi mesi gli esperti di strategia bellica, che nei talk show hanno preso il posto dei virologi (facendoceli rimpiangere), che invece di dire ‘soldati’ parlano di ‘risorse’: la tecnica ha sempre cercato di prendere il posto dell’anima, gli strumenti quello della responsabilità, e ci stanno finalmente riuscendo. Non deve stupirci allora che tra gli accademici più entusiasti della linea bellica della Nato ci siano molti miei colleghi economisti, che in genere da giovani erano stati cattolici e/o di sinistra, grazie anche al peso culturale che ha ormai la Teoria dei giochi, sviluppata e cresciuta nell’ambiente della Nasa durante la guerra fredda. Ma c’è di più, e, per me, di ancora più triste. Questa guerra è anche il fallimento dell’umanesimo cristiano. Dopo duemila anni siamo costretti a prendere atto che il Regno dei cieli è quasi disabitato. Le guerre mondiali del XX secolo avevano generato una stagione di speranza in un tempo nuovo, finalmente cristiano e umano. Sono stati gli anni del pacifismo, del Concilio Vaticano II, dei grandi movimenti cattolici di massa, del dialogo tra le religioni per la pace, l’era dei diritti umani e dei diritti di tutte le specie viventi e della Terra. In tanti abbiamo sperato che il grande dolore delle guerre fratricide, i campi di sterminio e Hiroshima, avessero segnato un punto di

19

non ritorno per la pace. E invece, ascoltando certe voci e certi silenzi e constatando quanto poco ascoltata sia la voce di papa Francesco che continua a invocare invano pace e giustizia, il Regno dei Cieli si sta desertificando, la città del popolo delle beatitudini appare sempre più vuota. I n questi mesi, mi capita di leggere la Bibbia e i Vangeli più spesso del solito, e non solo per lavoro. E troppo forte è l’effetto sulla mia anima (e pancia) di alcune frasi, che forse non avevo mai capito: ‹Beati i miti, erediteranno la terra’, ‘Beati i costruttori di pace, saranno chiamati figli di Dio’, ‘Vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri’, ‘Porgi l’altra guancia’, ‘Ama il tuo nemico’... Ho riletto la non-violenza estrema della passione e morte di Gesù: ‘Padre perdonali’. E da lì sono tornato al comandamento più grande: ‘Non uccidere’, e a ‘Nessuno tocchi Caino’. E infine mi è tornato in mente anche il Corano, dove Abele intuisce che suo fratello lo sta per colpire e gli dice: «Anche se userai la tua mano per uccidermi, io non userò la mia mano per uccidere te» (Sura 5,28). Ci volevano tremila anni di Bibbia e duemila anni di Cristianesimo per rispondere ad una invasione militare con il mestiere delle armi?! Quale creatività politica ci hanno insegnato Abele, Abigail, Cristo, Francesco, i martiri, i santi, le madri? Ai carri armati abbiamo solo saputo rispondere con altri carri armati, alle bombe con altre bombe, alle mine con altre mine più moderne, al sangue umano con altrettanto sangue umano che non smette di odorare nel suolo della nostra terra. E noi lo consideriamo normale, necessario, magari addirittura giusto. Noi, noi cristiani, che frequentiamo i sacramenti, che facciamo gli incontri sulla Parola di vita, le adorazioni del Santissimo, che mandiamo aiuti umanitari, che accogliamo dentro casa anche i profughi... Non è normale, niente è normale in questa guerra e in ogni guerra: solo cercare la pace è normale, solo far cessare ora la guerra è normale. Questa guerra, e tutte le guerre. Il resto è solo disumanesimo, è anti-cristianesimo, terra al di fuori del Regno dei cieli. La sola guerra giusta è quella che riusciamo a non fare. Un’altra Europa, che duemila anni di cristianesimo e tre secoli di illuminismo non hanno saputo creare, il 24 febbraio avrebbe generato dalla sua anima centinaia di migliaia, milioni di cittadini pacifici e disarmati che avrebbero messo i loro corpi lungo le strade dei carrarmati. E li avrebbero fermati, come e più di un milione di bombe di morte. E, nello stesso giorno, tutti i capi di Stato e di governo sarebbero dovuti correre insieme davanti alla porta del Cremlino, lì iniziare tutti uno sciopero della fame per chiedere a Putin di tornarsene a casa. Sogni, favole, utopie... E invece sarebbe molto realistico, concreto e serio cercare la pace con telefonate interurbane, che ormai sono pure gratis. E noi incollati alla tv, bombardati da una produzione di massa di metafore sbagliate e molto pericolose, ad assistere passivi anche alla manipolazione di Gandhi e di Bonhoeffer trasformati in sostenitori muti della nostra risposta bellica fratricida e della ‘legge del taglione’, per non parlare delle infinite parole vuote e morte sulla ‘guerra giusta’ tratte fuori contesto e fuori tempo da sant’Agostino e san Tommaso. Ridicolizzato Francesco, banalizzato il Vangelo. Quando il «tempo in cui i re sono soliti andare in guerra» (2 Sam 11,1) finirà per sempre? Profezia dei cristiani: dove sei? Dove sei stata sepolta? Alzati: vieni fuori! «Qui si tratta che si sta montando una guerra di egemonia tra due blocchi, dalla quale noi non abbiamo nulla da sperare e con la quale non abbiamo nulla da spartire. Vinca la Russia o vinca l’America se noi ci lasciamo coinvolgere passivamente avremo che l’Europa diverrà il centro del carnaio e della distruzione». Queste parole diverse e profetiche sono di Igino Giordani (del 1951), un anti-fascista e Padre costituente, mio maestro immenso, che si auto-definiva «un cristiano ingenuo». Probabilmente anche questo articolo, come altri pubblicati da questo giornale che non per nulla si chiama ‘Avvenire’, verrà immediatamente collocato tra i pensieri ingenui e quindi dannosi degli idealisti. Ne ero ben cosciente prima di scriverlo: ma non sono riuscito a convincere né la penna né l’anima. Luigino Bruni Avvenire - giovedì 26 maggio 2022

Giugno 2022


20

SOCIETÀ

“Casa della comunità”, parole ambigue e retoriche? «Un’osservazione merita il riferimento ai termini evocativi, suggestivi, ma giuridicamente ambigui, di «comunità» e di «casa». Non si può “spremere” troppo dalle mere qualificazioni e si può anzi avanzare qualche dubbio sull’utilizzo di parole simili, che colpiscono più per la loro forza suggestiva, che per il nitore di idee associate. Nasce legittimo il sospetto che siano usate proprio per il loro rilievo evocativo, che sembra alimentare una nostalgia di luoghi caldi e accoglienti, di fronte all’anomia della vita sociale, e dunque attrarre consenso. Esse suggeriscono anche l’idea di una sottrazione dall’area del mercato. Questa qualificazione è funzionale a un obiettivo dichiarato del progetto, quello cioè di fare della struttura un punto di riferimento, facilmente riconoscibile dalla cittadinanza e a questa quasi famigliare, come una “casa” appunto. Il termine «casa» forma con quello «comunità» un connubio di parole calde, che suggerisce l’immagine di un luogo fisico, riconoscibile, oltre la mera integrazione funzionale. Conosce una rinnovata fortuna, anche nel lessico giuridico-istituzionale, il lemma, originariamente sociologico o urbanistico, di «comunità». Si pensi – solo per portare alcuni esempi - alle cooperative di comunità o alle fondazioni di comunità. Il Codice del terzo settore definisce il volontario come «una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune» (art. 17). Anche per il web ci si riferisce a communities . Più prossimo al tema qui trattato, vi è l’Ospedale di comunità, strettamente imparentato con le istituende Case di Comunità. Più complessivamente, si parla da molto tempo di welfare community . Merita osservare che all’attuazione di un welfare comunitario è esplicitamente orientata la riforma del PNRR comprendente le Case di Comunità. La stessa città è associata talora all’idea di comunità: nel Testo Unico degli Enti Locali, all’art. 3, si legge che «le comunità locali, ordinate in comuni e province, sono autonome. Il comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo». La comunità è il sostrato personale di cui l’ente locale è esponenziale. La rinnovata accentuazione della dimensione comunitaria rimanda a un altro insegnamento della pandemia e cioè alla necessità del networking attorno alla tutela della salute. E i sindaci sono un organo ben posizionato per questo compito di tessitura di rete nelle - e tra le - comunità locali.

E tuttavia,

già nel PNRR e nel decreto-rilancio, la previsione di queste strutture di prossimità (e di comunità) è accostata a un forte investimento nella componente di digitalizzazione dei servizi. Tanto che si potrebbe concludere – non a torto – che la Casa della Comunità sia un’articolazione della smart city, con il rischio però, a quel punto, dell’evanescenza dell’elemento fisico. La Casa della Comunità è

espressione di un Patient-Centered Care approach, che declina l’obiettivo di personalizzazione della cura alla luce anche della digitalizzazione delle prestazioni sanitarie. La digitalizzazione – insieme alla territorializzazione – dei servizi è funzione della domiciliarizzazione e del decongestionamento degli ospedali. Tale correlazione vanta buone ragioni a suo sostegno, sia legate all’emergenza pandemica, sia più strutturali, se si considerano la transizione demografica e il conseguente aumento delle cronicità, fattori che rendono «necessario rivedere i modelli organizzativi del Sistema Sanitario Nazionale in una direzione che (…) non potrà prescindere dall’innovazione tecnologica e digitale». La personalizzazione è dunque individualizzazione della cura, secondo la concezione pluralistica costituzionalmente orientata, ma anche nella direzione dell’informatizzazione del servizio. Questo non significa che digitalizzazione e territorializzazione debbano essere contrapposti, posto che le Case della Comunità nascono dall’idea di combinare le due tendenze. Personalizzazione ed empowerment digitale dovrebbero poter procedere di pari passo.

Sembra però

di poter dire che il pregio costituzionale di questa innovazione istituzionale debba tradursi in soluzioni


SALUTE che vadano oltre l’integrazione funzionale e la digitalizzazione. Tale pregio si sminuirebbe se, a valle del processo, ci si ritrovasse in presenza di ambulatori a forte integrazione tecnologica. Una possibilità, forse la più realistica, è infatti che le Case della Comunità siano depotenziate al livello di «un servizio assimilabile ad un concetto evoluto di ambulatorio specialistico polifunzionale in cui i principi di innovazione terapeutica e digitale possano disegnare nuovi percorsi di prevenzione, diagnosi e cura, con un miglioramento organizzativo nei territori e perseguendo contemporaneamente la sostenibilità del sistema sanitario pubblico». Proprio per scongiurare questa declinazione rinunciataria, nel dibattito pubblico è stato posto il tema cruciale del rapporto tra Casa della Comunità e medici di medicina generale. Questo rapporto è indubbiamente un nervo scoperto del progetto, così come lo è stato in precedenza per le Case della Salute.

Ecco perché

si è ammonito che «la casa della Comunità non è (non dovrebbe essere) un poliambulatorio cioè una casa della Sanità ma una casa della Salute - intesa come benessere individuale e collettivo - dove la comunità è protagonista, insieme alle Istituzioni (Enti Locali, Scuola, Lavoro, Ambiente, Asl), al terzo settore no profit e al volontariato), in un comune disegno condiviso che denominiamo “Progetto di Salute” per quel territorio e per quella comunità. Quindi un luogo dove le persone e le comunità non sono ospiti o, peggio ancora, clienti». In uno spirito orientato in senso personalistico e costituzionale, si sottolinea l’obiettivo di una Casa della comunità, non già per la comunità: ciò significa valorizzare la prossimità, più della mera domiciliarità. Il conseguimento di questo risultato

21

non sembra ottenibile se, contestualmente, non si prende in carico il versante dell’integrazione tra territorio ed ospedale. Il trait-d’union potrebbe essere nuovamente offerto dalla telemedicina che è la precondizione tecnologica per la costituzione di quelle che il d.m. 70 del 201563 (punto n. 8 dell’allegato 1) definisce reti per patologia, che, nel contesto dell’assistenza ospedaliera, integrano prestazioni rese per acuti e post acuti con ’attività dei servizi territoriali. Tali reti, che dovrebbero essere aperte alle associazioni dei pazienti e al terzo settore, sono rese possibili dall’infrastruttura digitale e mirano alla definizione di percorsi di cura. Anche su questo piano, la città avrebbe una funzione importante da svolgere, volta a contribuire a togliere l’ospedale dall’isolamento assistenziale in cui spesso si trova. Un ruolo centrale, importante e costitutivo nella tessitura delle reti è svolto dal distretto, centro focale dell’integrazione socio-sanitaria. L’introduzione delle Case di Comunità deve pertanto accompagnarsi – per produrre le trasformazioni sperate - a una più complessiva riforma organizzativa della sanità che dia centralità a questa strategica articolazione. A questa centralità si aggancia infatti un valorizzato ruolo degli enti locali che non ha finora trovato nelle Conferenze dei Sindaci una sede soddisfacente. Anche attraverso le Case di Comunità, l’obiettivo – ancorché lontano – che dovrebbe muovere gli sforzi e orientare le risorse attivate è quello di fare della cura della salute uno dei luoghi della democrazia, e cioè un presidio auto-riflessivo e partecipato della comunità che, con l’alleanza tra società e istituzioni, a partire da quelle più prossime al cittadino, mette al centro della sua sollecitudine il paziente e le sue fragilità». Filippo Pizzolato Dirittifondamentali.it - Fascicolo 1/2022 - 14 marzo 2022 “Le Case della Comunità e il rapporto tra città e salute” - Parte conclusiva (Le sottolineature in grassetto sono redazionali) – L’intero studio è disponibile in www.dirittifondamentali.it Cfr. F. Pizzolato, I sentieri costituzionali della democrazia, Carocci 2019

La pandemia ha evidenziato un sistema territoriale impreparato per supportare i bisogni sempre più articolati delle persone. Grazie alla responsabilità di alcuni sindaci e cittadini nasce nel maggio 2020 Comunità della Salute (CdS), un progetto pionieristico di primary health care per supportare la salute delle persone di quattro comuni della provincia bergamasca: Ciserano, Levate, Osio Sopra, Verdellino. A luglio 2021 il testo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) presentato in sede UE introduce formalmente l’istituzione della Casa della Comunità nell’ambito del potenziamento dei servizi territoriali e di prossimità. “Dobbiamo cogliere, ora o mai più, la grande opportunità offerta dal PNRR evitando il rischio che la Casa della Comunità sia intesa esclusivamente come un poliambulatorio, con un centro amministrativo decentrato, risultato della sola riorganizzazione toponomastica dei servizi sanitari territoriali…” tratto dal Manifesto Casa della Comunità. CdS Bergamo

Giugno 2022


22

SOCIETÀ

Case di comunità nate dal basso per vera medicina del territorio Il Covid-19 ha messo in grande risalto ciò che già si sapeva, una forte tendenza ospedalocentrica del nostro pur invidiabile Servizio sanitario nazionale (Ssn). Si sta sviluppando perciò una grande attenzione alla medicina del territorio perché è chiaro che i medici di medicina generale (Mmg) non possono singolarmente operare, nell’ambito di una medicina che diventa sempre più complessa, senza strutture di un certo livello e con un impegno temporale inadeguato. Esistono molti pareri, e anche molti interessi, nel definire le funzioni e i ruoli di queste strutture del territorio, che non dovrebbero ignorare quanto di buono è stato già fatto in modo sperimentale in alcune Regioni. Può essere tuttavia utile stabilire alcune premesse. Anzitutto queste strutture, comunque si vogliano chiamare, devono essere pubbliche o realizzate da gruppi non-profit. Bisogna evitare l’avvento del ‘privato’ perché il profitto determina un mercato che dovendosi sempre ingrandire non è favorevole alla salute privata e pubblica. Un secondo aspetto riguarda la necessità di evitare formule uniche eguali per tutto il Paese. Vanno stabilite delle attività, ma come realizzarle dipende dal contesto, urbano o di montagna, cioè in zone con alta o bassa densità di popolazione. Un terzo punto riguarda un atteggiamento che non ritenga di sapere già in partenza come fare. Occorre, invece, pensare che le Case di comunità vanno costruite dal basso correggendo gli errori, ascoltando le richieste dei cittadini, integrando aspetti sanitari e sociali. Sarebbe un errore pensare che tutto si possa realizzare in tempi rapidi. Se vogliamo che siano efficienti ci vorranno alcuni anni. Infine, non va dimenticato che nel prossimo futuro avremo una carenza di medici, di infermieri e di operatori sanitari. Per questo sarà necessario aumentare le strutture formative, avere tutto il personale a tempo pieno e dipendente dal Ssn, nonché aumentare gli stipendi che sono fra i più bassi d’Europa. Per realizzare le aspettative delle Case di comunità è necessario concentrarvi tutte le attività esistenti nel territorio: dalle sanitarie alle sociali, dalle comunali a quelle del Terzo settore (leggi: volontariato e cooperazione sociale).

Le funzioni, non certo facili perché molteplici e da integrare, possono essere così riassunte:

1.

La prevenzione, un’attività fondamentale ed essenziale per la sostenibilità del Ssn. Molte malattie croniche (cardiovascolari, polmonari, renali, diabete di tipo 2 e la maggioranza dei tumori) sono evitabili attraverso le buone abitudini di vita. Le Case di comunità devono essere il veicolo principale a sostegno delle auspicate campagne di prevenzione nazionali e regionali. Ridurre fumo, alcol, droghe, utilizzare una alimentazione varia ma moderata. Non aumentare di peso, esercitare attività fisica e intellettuale, almeno 7 ore di sonno e quant’altro. Tutti sappiamo cosa fare, ma non lo facciamo perché manca una convincente informazione, manca una educazione scolastica e prevale invece il mercato della medicina che, utilizzando in modo ambiguo la pubblicità, vuole medicalizzare la nostra società.

2.

Un filtro. Un’efficiente medicina del territorio può rappresentare un significativo filtro per i pronto-soccorso che oggi sono invasi da pazienti con problemi minori a svantaggio di chi ne ha veramente bisogno. Deve essere anche un filtro verso i ricoveri ospedalieri attraverso la realizzazione di rapporti fra territorio e ospedale, oggi quasi inesistenti, per la mancanza di fiducia fra i rispettivi operatori.

3.

Il socio-sanitario. Vuol dire creare un rapporto più stretto fra Case della comunità e interventi domiciliari. Le malattie croniche che possono essere gestite a domicilio hanno bisogno di una integrazione fra operatori sanitari e sociali, pubblici e del Terzo settore. Molti interventi si possono realizzare a domicilio con particolare riferimento alla necessità di assicurare aiuto ai malati mentali oggi abbandonati nelle famiglie. Per realizzare queste finalità c’è bisogno di personale che abbia un’adeguata formazione. Occorrono più Mmg che si integrino con più specialisti, presenti nei poliambulatori, e con i pediatri di famiglia, in modo da assicurare, gradualmente, ambulatori aperti 7 giorni alla settimana e 24 ore al giorno. Accanto ai medici devono operare ostetriche, infermieri, psicoterapeuti e assistenti sociali in numero proporzionale ai medici presenti e alle caratteristiche del territorio. Occorre una efficiente segreteria con un buon sistema informatico collegato a quello regionale per avere a disposizione i dati di tutti i cittadini stratificati per stato di salute. Inoltre dovrebbero prenotare esami diagnostici e


DATA SALUTE SIGNIFICATIVA23

Le iniziative per i 70 anni dell’Avis di Albino

Nelle foto sopra, il profesdor Silvio Garattini e la futura sede della “Casa della Comunità” in sant’Anna

Nel Consiglio comunale del 10 giugno è stato detto che la Casa della comunita di Albino sarà hub rispetto a quelle di Gazzaniga e Alzano e quindi avrà più servizi sociosanitari; non sono ancora previste forme di partecipazione della cittadinanza nella gestione e iniziative per la prevenzione oltre che la cura. ricoveri. Le Case di comunità dovrebbero avere apparecchiature per le analisi di routine e inoltre un sistema di telemedicina che risponda a varie esigenze: eseguire esami in remoto, comunicare con gli ammalati e i loro familiari, interagire con gli specialisti ospedalieri. Se questi sono sintetici appunti riguardanti il ruolo che dovrebbero avere nel tempo le Case di comunità, è chiara la necessità di una programmazione a cui segua una organizzazione che necessita a livello delle Regioni di manager orientati prevalentemente ai risultati anziché al rispetto delle procedure. Il cammino è lungo, ma va iniziato con il piede giusto invitando medici, operatori sanitari a partecipare insieme alla costruzione delle Case di comunità. Non si otterrà nulla di buono senza una partecipazione collettiva. Silvio Garattini Fondatore e presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs (Avvenire, 20 aprile 2022)

Anno speciale il 2022 per la sezione albinese dell’Avis che festeggia il settantesimo di fondazione. «L’Avis comunale di Albino – ci spiega la presidente Maria Cristina Gherardi - è nata nel febbraio del 1952. Oggi conta 455 donatori attivi con 823 donazioni nell’anno 2021, in aumento rispetto all’anno precedente. La nostra sede è a Palazzo Benvenuti (ex municipio) in via Mazzini 61». Come è strutturata l’organizzazione? «Il consiglio direttivo è composto da 14 membri con una maggioranza di uomini e con un’età media abbastanza alta anche se, dallo scorso anno, ci sono due nuovi consiglieri giovani che porteranno all’associazione una ventata di novità, voglia di fare e ‘proselitismo’ fra i loro coetanei». Quali iniziative avete messo in campo in questo anno significativo? «Abbiamo pensato ad alcuni modi per farci conoscere e per sensibilizzare sull’importanza del dono. Cito le tovagliette di carta regalate agli oratori di Albino, Comenduno e Desenzano ideali per essere utilizzate alle feste, ai pranzi o alle pizzate condivise con i ragazzi e le loro famiglie. I loghi che compaiono sono quelli di Avis, Aido e Admo, accompagnati da una frase che celebra il dono come immenso atto d’amore. Ma anche le bustine di zucchero con il logo dell’Avis che abbiamo regalato ai bar della zona». Come coinvolgete i giovani? «Partecipando alle loro attività, ad esempio con la ‘sponsorizzazione’ di una squadra che sta partecipando al torneo notturno di calcio in oratorio, sulle cui magliette spiccherà il logo della nostra associazione; stessa cosa per le duecento magliette per il torneo di Green Volley di luglio, sempre all’oratorio, che vedrà la partecipazione di 32 squadre di quattro componenti ognuna». E veniamo alla festa per il vostro settantesimo di fondazione. «È stata sabato 11 giugno. Due i momenti: il primo spirituale con la messa nella Prepositurale di san Giuliano alle 18 - presieduta dal prevosto di Albino don Giuseppe Locatelli - cui è seguita la benedizione della Stele; il secondo conviviale e d’intrattenimento con un apericena in oratorio e il concerto del Complesso bandistico di Albino». E il giorno seguente c’è stata la “camminata del donatore”… «Sì, domenica 12 giugno, essendo quella la giornata mondiale del donatore. La proposta è stata organizzata dalla “Zona 3”, che comprende le sezioni della media Val Seriana. Noi dell’Avis di Albino eravamo attivi con il punto di ristoro per tutti i partecipanti». Due parole sull’iniziativa nelle scuole che avete proposto nei primi mesi di quest’anno? «Davvero una bellissima esperienza. L’Avis è entrata nelle scuole elementari e medie del plesso di Albino per presentare l’associazione e spiegare ai ragazzi l’importanza del donare sangue. Alle classi quinte è stato chiesto di disegnare quello che li ha colpiti maggiormente dell’Avis e 13 disegni sono stati scelti per comporre un calendario da tavolo per l’anno 2023 che verrà regalato innanzitutto ai ragazzi, ma anche agli avisini». «Ma il legante all’impegno sono le buone relazioni e il piacere stare insieme – conclude Gherardi -. Ad esempio a settembre organizzeremo una gita culturale in Città Alta con pranzo e guida al seguito. Infine, approfitto per ringraziare pubblicamente le volontarie che si occupano dell’aiuola che rende ancora più belle le Stele di Avis e Aido».

Giugno 2022


LAVANDERIA LAVASECCO Fassi Fulvia di Esther

ALBINO - via Mazzini 46 - tel. 035 753687

Per essere informato sulle attività proposte dalla nostra comunità parrocchiale, iscriviti alla NEWSLETTER sul sito

www.oratorioalbino.it

Il tuo aiuto è importante ... per le opere parrocchiali

Dopo aver ultimato tutti gli interventi già noti sui vari immobili parrocchiali, in attesa dell’autorizzazione della Soprintendenza (che ci auguriamo imminente), siamo pronti per iniziare la tinteggiatura della facciata della Prepositurale, approfittando anche delle attuali agevolazioni governative. Siamo in difficoltà riguardo alle nostre risorse disponibili. Per questo ti ringraziamo per quanto riuscirai a fare. È possibile anche detrarre fiscalmente nella dichiarazione dei redditi - in misura del 19% - quanto devoluto a sostegno dei lavori autorizzati. Per le aziende è possibile la totale detrazione.

PER DONAZIONI

Bonifico bancario tramite Credito Bergamasco di Albino, Parrocchia di San Giuliano: IBAN IT91 R050 3452 480000000000340 Per la ricevuta ai fini fiscali, rivolgersi in casa parrocchiale.


SPORT

25

Il gradito ritorno del Notturno di calcio Dopo due anni di sosta forzata, l’Oratorio Albino Calcio è lieto di annunciare che il torneo notturno di calcio è tornato. Giunto alla 38A edizione, la manifestazione è ripartita da dove era stata interrotta. Due anni difficili vissuti con le problematiche che ben conosciamo. Due anni in cui s’è avvertita l’assenza di una manifestazione sportiva da sempre nel cuore degli sportivi albinesi. Solo alcune note per ricordare che dal 1983 al 2019 non era mai venuta meno. Ci eravamo lasciati il 3 luglio di due anni fa, con la splendida vittoria della squadra Numero Primo I Riparo (nella foto) sul Bar Gio Italser. Una gara avvincente conclusa solo dopo la lotteria dei calci di rigore (4 a 2). Nella cosiddetta finalina di consolazione, l’Ator Vailant aveva avuto la meglio sui campioni uscenti dell’Unione 666 (5 a 3). Sedici squadre avevano preso parte all’ultimo Torneo. Da sedici si è ripartiti. In anni lontani si registrò la pazzesca partecipazione di ben 32 squadre. Si disputavano tre partite per sera. Il campetto era in sabbia e il folto pubblico si assiepava ai bordi creando una specie di “bombonera”. Poi, dal 2013 è arrivata l’erba sintetica. Dopo quasi un decennio, il fondo mostra inevitabilmente le proprie rughe. Recentemente è stato effettuato un intervento di manutenzione straordinaria per ripristinare al meglio il terreno di gioco. La manifestazione è intitolata alla memoria di Fernanda Criserà, moglie di un nostro Dirigente. Potremo avvalerci ancora del

sostegno economico della ditta Persico Spa di Nembro. L’azienda fondata dal buon Pierino ci accompagna nell’impresa da circa una trentina d’anni... Come in passato, nessun premio in denaro. È la filosofia che ci ha sempre accompagnati e così continua ad essere. Tanti bei trofei e coppe a sottolineare lo spirito sportivo e nulla più. Ci avvalliamo come sempre della collaborazione tecnica del Csi di Bergamo e continua il servizio ristoro per il pubblico, durante tutta la durata del Torneo. Mino Piazzini

Giugno 2022


26

ASSOCIAZIONISMO

ACLI ALBINESI

ATTUALITÀ

Un nuovo rapporto dell’Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia), che riporta dati raccolti in oltre 40 Paesi, descrive in dettaglio le molte facce della violenza verso i minori. Tra queste la realtà dello sfruttamento sessuale. Sarebbero almeno 15 milioni i minorenni nel mondo costretti ad abusi sessuali, la maggior parte dentro casa. Ad aggravare la situazione è il dato che forse solo l’uno per cento dei casi di violenza vengono denunciati. L’Asia si impone per l’estensione degli abusi. Un grosso contributo alla violenza sessuale arriva anche dal flusso di viaggiatori occidentali che incentiva forme deleterie di turismo e di presenza straniera. Un secondo elemento è l’uso delle tecnologie di acquisizione e distribuzione di materiale pornografico, oltre a quelle che incentivano incontri e situazioni a rischio, soprattutto per i più giovani. Non c’è che da sperare nell’opera concreta dei vari governi, perchè il rapporto è sconfortante.

DALLE ACLI NAZIONALI

Festival Sabir. Rilanciare uno spazio di iniziativa del Mediterraneo: le proposte dei promotori Spazio civico, rispetto dei diritti umani, mobilità, politiche di accoglienza e di lavoro dignitoso, crisi umanitarie e le risposte che (non) sono arrivate dall’Europa sono alcuni dei temi affrontati in questa ottava edizione del Festival Sabir. La guerra in Ucraina, i tanti conflitti in tutto il mondo, ci spingono ancora a promuovere legami tra le società civili del Mediterraneo per mettere in campo un’alternativa alla logica dei muri, dell’esternalizzazione delle frontiere, della violenza e della morte. Molti paesi della sponda sud del Mediterraneo sono ormai luoghi dove i diritti umani, la vita stessa delle persone, sono calpestati da interessi privati e logiche egoistiche. L’UE, i governi, compreso quello italiano, devono promuovere vie legali e sicure che consentano l’accesso regolare in Europa anche e soprattutto ai migranti che cercano un lavoro. Serve introdurre vie d’accesso legali e sicure alle nostre frontiere, come è stato fatto per i profughi dell’Ucraina, senza distinzione di ori-

Rubrica a cura del Circolo “Giorgio La Pira” gini e nazionalità. Non possiamo e non vogliamo più assistere a ciò che accade al confine tra Polonia e Bielorussia, sulla rotta balcanica e nel Mediterraneo. I promotori del Festival Sabir lanciano l’idea di una campagna comune per l’abolizione dell’art.12 del Testo unico sull’immigrazione sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un articolo di legge applicato quasi esclusivamente per criminalizzare organizzazioni che si occupano di solidarietà e diritti dei migranti e non per perseguire i trafficanti. Giornata Internazionale Famiglia, Acli: investiamo sulle famiglie, vere artigiane della pace La Responsabile Famiglia delle Acli nazionali, Lidia Borzì, in una nota in occasione della Giornata Internazionale della Famiglia: “Le famiglie sono la premessa indispensabile di ogni processo di pace, di ogni educazione alla pace, delle persone e della società”. Cellula primaria della società, riconosciuta dal dettato costituzionale, la famiglia è chiamata oggi, in modo particolare a educare alla passione dell’impegno e alla prossimità; allargare le solidarietà primarie al contesto sociale e civile più ampio.

PROGETTI

La Chiesa italiana in prima linea per i Paesi in via di sviluppo con un sostegno di oltre 8 milioni di euro. Lo scorso mese il Comitato per gli interventi caritativi della Cei (Conferenza Episcopale italiana) a favore del Terzo Mondo, ha approvato 41 nuovi progetti: 19 in Africa, 10 in Asia, 9 in America Latina, 1 in Oceania. 1 in Medio Oriente e 1 nell’Europa dell’Est. Sono interventi in particolare a favore di scuole e ospedali, assai carenti specialmente in Africa. L’impegno della Chiesa dimostra che van bene le belle parole, ma quel che veramente conta è il mettere in atto concretamente il messaggio evangelico.

ACCOGLIENZA

Ci sembra doveroso rimarcare l’iniziativa solidale in atto a Rota Imagna. Da due mesi il paese di 900 abitanti ospita 94 bambini ucraini e sette accompagnatori. “L’ospitalità è nella storia del paese” ricorda il sindaco Giovanni Locatelli: qui c’erano dodici colonie , alberghi, seconde case, dei tempi in cui le famiglie vi trascorrevano estati intere. Quelle vacanze non ci sono più, ma gli spazi per l’accoglienza sono rimasti”. Un sabato sera è arrivata la telefonata: arrivano due pullman con gli ospiti di un orfanotrofio. Da quel momento si è messa in moto la macchina del volontariato bergamasco. Riaperto l’albergo Posta, gli alpini hanno montato i letti, le donne hanno fatto le pulizie. Sono arrivate auto da tutta la provincia, ma anche da Lecco e Como, con merce donata, talmente tanta da riempire cinque magazzini.


ASSOCIAZIONISMO

27

ECCEZIONALE

Non ha riscosso le indennità da sindaco accumulate dal 2008 ad oggi. E con i soldi fatti risparmiare al Comune sarà realizzata una piazzola per l’elicottero, di cui il versante orientale dell’isola d’Elba è sprovvisto. La lodevole iniziativa è del primo cittadino del comune di Rio Marina, Mario Corsi.

DISUMANITÀ

Una donna settantenne trovata in casa su una sedia: era morta da due anni. Non aveva parenti, ma è comunque frutto della solitudine invisibile. Dice la cronaca che Marinella (questo il suo nome) è stata trovata per caso. Il tempo secco aveva portato con se bufere che rendevano pericolosi i rami penzolanti. Qualcuno ha chiamato la polizia. I rilievi hanno compreso anche l’appartamentino di Marinella. E lì, finalmente, la si è trovata.

DUE ESEMPI

Sono centinaia le iniziative solidali nate in questi anni di pandemia. Ne vogliamo citare due perché ci sembrano significative. La sartoria l’anno aperta in quello che chiamano il quartiere multiculturale di Reggio Emilia, nella zona della stazione, e infatti hanno preso il nome da lì battezzandola semplicemente “Zona Stazione” Con dentro sarti e sarte di professione, italiani e stranieri, accanto a persone che il mestiere lo devono imparare. Nel cuore della città è nata invece “La Polveriera”, un luogo di incontro e aggregazione sviluppatosi grazie alla collaborazione di enti, imprese, associazioni, e sviluppatosi sempre più come laboratorio di iniziative culturali. Hanno creato legami sociali per rifondare un senso più ampio di comunità e solidarietà.

VERGOGNOSO

Divieto di entrare in uno stadio per otto anni e arresti domiciliari per l’uomo di 34 anni che ha aggredito un arbitro durante una partita di calcio tra giovanissimi. L’arbitro, anche lui giovanissimo (19 anni), aveva ammonito il figlio del trentaquattrenne. Il padre prima ha protestato dalla tribuna e poi, al termine dell’incontro, lo ha colpito con un pugno al volto. Ad evitare il peggio è stato dapprima l’intervento di un agente della squadra mobile presente che è riuscito a trattenerlo. È stato processato per direttissima. Benedetto Croce

DENATALITÀ

Che il crollo della natalità in Italia costituisca una vera e propria emergenza nazionale ormai nessuno lo nega. Le cause di questo fenomeno assai negativo sono molte. I mass-media le indicano in tanti modi. Forse però non citano sufficientemente come concausa una certa dose d’egoismo. I figli impegnano, preoccupano, richiedono sacrifici, lasciano poco spazio per divertirsi. Forse noi siamo un po’ pessimisti, ma pensiamo che in ciò ci sia del vero.

PRENDERSI CURA

A prendersi cura del prossimo ci pensano gli oltre centomila volontari e volontarie dell’ANPAS, (Associazione Nazionale Pubblica Assistenza) presenti in tutta Italia in 936 Pubbliche Assistenze, che contano oltre mezzo milione di soci. Soci che ogni giorno dedicano parte del loro tempo libero al bene comune, svolgendo molteplici attività. E “prendersi cura” per i volontari significa essere attuatori del principio solidaristico previsto dall’articolo 3 della Costituzione.

RICONOSCIMENTO

“Il cristianesimo – ha detto Benedetto Croce – è stata la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuto”. Non ne abbiamo mai dubitato, ma se lo ha detto un filosofo tanto autorevole come Croce, che proprio credente non lo è mai stato, c’è da credergli. Fa veramente piacere l’aver letto fra i suoi scritti un giudizio tanto chiaro, deciso e condivisibile. Per le Acli albinesi Gi.Bi.

Giugno 2022


CASA FUNERARIA di ALBINO CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO srl, società di servizi funebri che opera con varie sedi attive sul territorio da più di 60 anni, nata dalla fusione di imprese storiche per offrire un servizio più attento alle crescenti esigenze dei dolenti, ha realizzato ad Albino la nuova casa funeraria. La casa funeraria nasce per accogliere una crescente richiesta da parte dei famigliari che nel delicato momento della perdita di una persona cara si trovano ad affrontare una situazione di disagio oltre che di dolore nell’attesa del funerale. Il disagio potrebbe derivare dalla necessità di garantire al defunto un luogo consono, sia dal punto di vista funzionale che sanitario e permettere alle persone a lui vicine di poter manifestare il loro cordoglio con tranquillità e discrezione.

Spesso si manifesta la necessità di trasferire salme in strutture diverse dall’abitazione per ragioni di spazio, climatiche igienico sanitarie. Ad oggi le strutture ricettive per i defunti sono poche ed il più delle volte improvvisate, come ad esempio le chiesine di paese, che sono state realizzate per tutt’altro scopo e certamente non garantiscono il rispetto delle leggi sanitarie in materia. Dal punto di vista tecnico la casa funeraria è stata costruita nel rispetto delle più attuali norme igienico-sanitarie ed è dotata di un sistema di condizionamento e di riciclo dell’aria specifico per creare e mantenere le migliori condizioni di conservazione della salma. La struttura è ubicata nel centro storico della città di Albino, in un edificio d’epoca in stile liberty che unisce funzionalità e bellezza estetica. Gli arredi interni sono stati curati nei minimi dettagli; grazie alla combinazione di elementi come il vetro e il legno, abbiamo ottenuto un ambiente luminoso e moderno, elegante ma sobrio.

Lo spazio è suddiviso in 4 ampi appartamenti, ognuno dei quali presenta un’anticamera separata dalla sala nella quale viene esposta la salma, soluzione che garantisce di portare un saluto al defunto rispettando la sensibilità del visitatore. Ogni famiglia ha a disposizione uno spazio esclusivo contando sulla totale disponibilità di un personale altamente qualificato in grado di soddisfare ogni esigenza.

FUNERALE SOLIDALE Il gruppo CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO, presente sul territorio con onestà e competenza, mette a disposizione per chi lo necessita un servizio funebre completo ad un prezzo equo e solidale che comprende: - Cofano in legno (abete) per cremazione e/o inumazione; - Casa del commiato comprensiva di vestizione e composizione della salma, carro funebre con personale necroforo; - Disbrigo pratiche comunali.

Antonio Mascher  335 7080048 ALBINO - Via Roma 9 - Tel. 035 774140 - 035 511054 info@centrofunerariobergamasco.it


ANAGRAFE PARROCCHIALE

29

Da aprile a giugno

Il ricordo di Mimmo Tambone nel 10° anniversario in cielo

... sono rinati nel Battesimo

- Tommaso Cassera - Alice Bassani - Lorenzo Persico - Santiago Bellini - Linda Carrara - Jacopo Carrara - Camilla Moioli - Samuele Marangoni - Aurora Riboli - Nicolò Zilioli - Aurora Carmela Basso - Nevin Ferrari - Emma Rota - Fabio Foini - Luna Dall’Angelo

Il 17 maggio 2012, all’età di 64 anni, ci lasciava Domenico Tambone, “il poliziotto buono”. Per ricordare il suo decimo anniversario, nel pomeriggio di sabato 14 maggio è stata celebrata nella chiesina della Madonna della Neve una Messa presieduta da padre Damiano Ferrario, frate cappuccino guardiano del convento di Como. Tambone ha prestato servizio per parecchi anni presso la Questura di Bergamo alla sezione Digos. In città era conosciuto, non solo per motivi legati alla sua professione, ma in particolare per il suo impegno nello sport a favore di opere di beneficienza e nel servizio di volontariato. Diceva sempre: “Indossiamo la divisa, ma il nostro primo obiettivo è quello di stare in mezzo alla gente”. L’aiuto da lui profuso a chi stava nella necessità, mai ha atteso un “grazie”, mani forti a cui aggrapparsi, mani grandi per accarezzare smisurati dolori e colmare i vuoti in vite spaurite intrecciate alla sua. La bontà di Mimmo era tutta condensata in queste frasi vere. Negli ultimi anni, il suo sguardo e il suo cuore erano rivolti ai bambini orfani del “Villaggio della gioia”, gestito da padre Fulgenzio Cortesi in Tanzania. Ora, che anche Padre Fulgenzio ha lasciato questa Terra, in Cielo stringerà Mimmo in un abbraccio di pace e carità che non avranno fine. Giovanni Bonaita

... sono tornati alla casa del Padre - Angela Kranaviter - Valeria Persico - Modesto Signori - Gianluigi Moroni - Luisa Gamba - Battistina Berzi Cuni - Claudia Patelli - Armanda Ripamonti - Teresa Carrara - Antonio Amato - Stefano Belotti

... si sono uniti in matrimonio - Marcello Aitelli e Luigina Scandella

www.acusticalatini.it

PROVA GRATIS

per 30 giorni la soluzione personalizzata per il tuo udito ierangelo La�ni ng. tefano La�ni ALBINO: tutti i mesi su appuntamento presso udioprotesista Do�. in udioprotesi lbino (B ) lbino (B ) FARMACIA CENTRALE - Viale Libertà 5 - Tel. 035 751201

u appuntamento consulenza gratuita anche a D M

F B

N

LL D M N

N M

-

L

N L ZZ

Z

N

NZ

N

L- N L D 950

ia B.go .ta aterina 44/ - el. 035-5295140 • 3284938846 • 3392476472

Marzo 2022


Guardate: l’acqua si cambia in vino, il vino diventa sangue, il pane è moltiplicato: la gente non ha più fame! Se aveste soltanto un filo di fede, vedresti gli alberi piantarsi nel mare: i deserti fioriti, le messi d’inverno, i granai straripanti! Didier Rimaud

da “Gli alberi nel mare”


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.