Albino comunità viva - maggio 2022

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IL GIORNALE DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE DI SAN GIULIANO - MAGGIO 2022


INFO UTILI RECAPITI Casa parrocchiale Tel. e fax: 035 751 039 albino@diocesibg.it Oratorio Giovanni XXIII Tel. 035 751 288 oratorioalbino@gmail.com Santuario del Pianto 035 751 613 - www.piantoalbino.it Convento dei Frati Cappuccini Tel. 035 751 119

da coltivare Gratitudine virtù in questo anno pastorale

ORARI delle SANTE MESSE FESTIVE

FERIALI

In Prepositurale

In Prepositurale

Scuola dell’infanzia Centro per la famiglia “San Giovanni Battista” Tel. 035 751 482 - 035 02 919 01

ore 18.00 al sabato (prefestiva) ore 8.00 - 10.30 - 18.00

Padri Dehoniani Tel. 035 758 711

ore 7.30 - 17.00

Suore delle Poverelle alla Guadalupe Tel. 035 751 253 Caritas Parrocchiale Centro di Primo Ascolto aperto il 1° e il 3° sabato del mese dalle ore 9.30 alle 11.30 PER COPPIE E GENITORI IN DIFFICOLTÀ Consultorio familiare via Conventino 8 - Bergamo Tel. 035 45 983 50

Al santuario del Pianto Al santuario della Guadalupe ore 9.00

Al santuario della Concezione ore 10.00

Alla chiesa dei Frati Cappuccini ore 7.00 - 9.00 - 11.00 - 21.00

ore 8.30 - 17.00 Quando si celebra un funerale se è al mattino, è sospesa la S. Messa delle 8.30; se è al pomeriggio, è sospesa la S. Messa delle 17.

Alla chiesa dei Frati ore 6.45 Al santuario del Pianto ore 7.30 Alla Guadalupe ore 8.00 Sulla frequenza 94,7 Mhz in FM è possibile ascoltare celebrazioni liturgiche e catechesi in programma nella nostra chiesa Prepositurale

Amarcord

Centro di Aiuto alla Vita Via Abruzzi, 9 - Alzano Lombardo Tel. 035 45 984 91 - 035 515 532 (martedì, mercoledì e giovedì 15-17) A.C.A.T. (metodo Hudolin) Ass.ne dei Club Alcologici Territoriali Tel. 331 81 735 75 PER CONIUGI IN CRISI Gruppo “La casa” (don Eugenio Zanetti) presso Ufficio famiglia della Curia diocesana Tel. 035 278 111 - 035 278 224 GIORNALE PARROCCHIALE info@vivalavita.eu Numero chiuso in redazione il 26.01.2022

www.oratorioalbino.it

Processione dal santurario della Madonna del Pianto

In copertina: 24 aprile e 1 maggio, i grandi giorni delle Prime Comunioni.


1 “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre”. (Matteo 2,11)

Dove vai, Maria, cercando casa? Quando eri diventata madre c’erano caravanserragli pieni; non potevano accogliere più nessuno. E attorno, poveri tuguri dove vivevano persone e animali assieme. Avevi trovato un posto lì. Ma oggi, non andare cercando casa. Troveresti forse abitazioni belle, ma inospitali per paura o per diffidenza. Troveresti, in tanti luoghi, abitazioni che erano belle, ma che ora sono macerie. In tanti luoghi non riusciresti nemmeno ad avvicinarti, troppo è l’odore di decomposizione. Tanti corrispondenti ci stanno dicendo che questo sarà il ricordo più forte che si porteranno a casa; sempre che riescano a tornare. Maria, anche oggi per noi “Madonna del Pianto”. Anche oggi, come allora “quante volte anche tu, di nascosto, piangevi madre”. È vero, non trovi più casa, né la tua né quella dei tuoi vicini; ma non è quello il vero motivo. È che i tuoi figli si distruggono tra loro e con loro le loro case; tutta la loro vita, la loro storia, il futuro dei loro figli. Madonna del Pianto, quanti figli ti trovi anche oggi a tenere in grembo, morti. Quante lacrime ti trovi a raccogliere perché nessuna cada in terra e vada perduta inutilmente. Quante madri, dovunque nel mondo, ricorrono ancora a te perché i loro figli possano tornare a casa dalle loro madri, dalle loro spose, dai loro figli. Le abbiamo viste anche qui da noi, la Domenica che hanno celebrato la loro Pasqua; quanti canti, quante mani aperte, quante lacrime. Hanno cantato la gioia della Risurrezione; hanno sperato una risurrezione per il loro paese; hanno sperato una vita che continua per i loro figli in qualche parte del loro paese; hanno pregato per la conversione del cuore di quanti sono la causa di tanta sofferenza e dolore. Coltivano nel cuore la determinazione a tornare alla loro terra, alle loro case; non importa come siano ridotte. Ci stanno mostrando che in alcuni loro paesi stanno già cominciando a ricostruire; stanno mettendo di nuovo le finestre, le porte, liberando dalle macerie dentro e fuori casa. Loro sanno che tu sei stata la prima casa per tuo figlio, come ogni madre; loro sanno che solo in te può riposare il loro cuore ferito. Forse una casa l’avevi trovata quando Giovanni ti aveva portata con sé sulla collina degli usignoli ad Efeso. Anche lì, ancora oggi, tante donne musulmane vengono a pregarti, ad accendere un lume; il lume della speranza: che una Madre possa ascoltare le confidenze del cuore di tante altre madri. È una consolazione quando trovi chi ti sa ascoltare; magari non può fare altro, ma questo basta. E chissà quanto è stata preziosa anche per te tua madre i primi tempi, quando la tua vita è stata ribaltata da un momento all’altro e proiettata in un futuro incerto. Nel suo cuore hai riversato il tumulto del tuo, trovando consolazione in un abbraccio silenzioso. Veglia sulle nostre case, Madre; visita le nostre case. Ci sono ancora tante fatiche; c’è ancora tanta solitudine; sono aumentate le seduzioni subdole. Però, credo, troverai aumentate anche le preghiere. Sai, il tempo della grande prova che abbiamo vissuto ci ha fatto toccare con mano la nostra pochezza; ed è diventato conforto lo starti vicino con quella preghiera semplice, che aveva sostenuto da sempre la fede delle nostre nonne. E mi ha fatto gioire il cuore scoprire le famiglie dove anche i piccoli si uniscono nella preghiera del Rosario. Visita le nostre case, Madre, visto che i sacerdoti fanno fatica a trovare il tempo per questa vicinanza. Troverai i piccoli che sanno ancora entusiasmarsi alle cose di Dio. L’abbiamo visto nei bambini che in questi giorni hanno incontrato tuo Figlio per la prima volta nella Comunione. Tieni vicini i più grandi, come hai fatto con i discepoli dopo che Gesù era tornato al Padre e loro si erano sentiti soli. Anche ai nostri ragazzi scalda il cuore in attesa dello Spirito. Ci sono i più piccoli, agitati per la riconciliazione con il Padre misericordioso; incoraggiali. E poi i genitori, a volte così timorosi di non essere all’altezza della situazione, ma altre volte così sicuri di sé, da ritenere che tutti gli altri sbagliano. Tu sai mettere la parola giusta al momento giusto. E se qualche volta fai fatica anche tu a seguire un po’ tutto e tutti, sai che Domenica 15 Papa Francesco ha proclamato 10 nuovi santi; coinvolgili, aiutali a fare un buon rodaggio. È importante che imparino presto ad essere dei preziosi mediatori presso tuo Figlio. Adesso ci prepariamo a concludere bene il mese di maggio a te dedicato. E veglia sui preparativi del CRE dei nostri ragazzi, sempre così prezioso; sia come servizio ai piccoli sia come esperienza per gli adolescenti, che dedicano a loro un mese del loro tempo libero. Ormai il caldo è arrivato: che il tempo estivo sia per tutti un momento distensivo, ma anche un tempo di legami rinnovati vs. dongiuseppe

Maggio 2022


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VITA DELLA CHIESA 15 MAGGIO 2022

Luigi Maria Palazzolo proclamato Santo

Dall’omelia di Papa Giovanni XXIII nel giorno della beatificazione, 19 marzo 1963. L’esercizio del ministero e del magistero pontificale comporta sollecitudini molteplici, non scevre di qualche preoccupazione, ma pur sovente vivificate da consolazioni, che si direbbero, come sono, più di cielo che di terra. Una di queste è data dal promuovere e procedere del Papa alla glorificazione dei Beati e Santi del Signore, che è tutto insieme lode a Dio Padre onnipotente, omaggio ai prodigi della grazia sua, scuola di santificazione universale, nella successione dei secoli. Ciò che consola quanti furono chiamati alla vita cristiana è il pensiero di non essersi lanciati in un›avventura senza mèta; è la certezza di ricongiungersi, in una ideale continuità di pensieri e di opere, alle generazioni degli eletti del passato; è la confortante coscienza di lasciare un forte incoraggiamento alle generazioni nuove, che proseguiranno il buon cammino. Parla al Papa il nuovo Beato, suo conterraneo Questa sera, un’altra figura si aggiunge alla corona dei beati e dei santi, che unisce Cielo e terra in vincolo di carità. Potete immaginare il tumulto di ricordi e di sentimenti, che ha fatto ressa al cuor Nostro; non lo ha sopraffatto, ma lo ha intenerito. É Luigi Maria Palazzolo, prete bergamasco, vissuto dal 1827 al 1886. Dalla gloria della beatificazione egli parla al Papa, suo conterraneo, che all›età di cinque anni ne udì il nome venerato per la prima volta; e poi sempre, sempre, dagli anni del seminario, e fatto sacerdote e vescovo, auspicò questo giorno, che la Provvidenza gli ha concesso di vivere come Vescovo di Roma. Parla dunque il Beato Luigi Maria ai suoi confratelli bergamaschi; parla particolarmente alle religiose, che da lui ricevettero nome e spirito: diciamo le Suore delle Poverelle. I. Il novello Beato è dunque un sacerdote del clero secolare. Egli appartiene allo stuolo delle anime interamente consacrate al Signore che si offrono alla diocesi propria con assoluta dedizione, nelle mani del vescovo, a servizio del popolo cristiano. E durante questo servizio, che si prolunga quasi sempre per decenni e decenni in una piccola parrocchia o in una modesta istituzione, niente altro cercano se non la pratica della virtù —e si propongono di salire quel monte santo, il cui nome si riassume nelle virtù teologali: fede, speranza e carità; e nelle virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Fede in Dio, limpida, inalterata, gelosamente custodita; speranza che è pregustamento di cielo, fino alla rinuncia di ogni terreno desiderio; carità senza confine, come quella che portò Francesco d’Assisi ad abbracciare il lebbroso. Carità che non si assume il compito di giudicare i tempi e gli uomini, le leggi e le tradizioni: ma che in tutto depone il fermento della novità evangelica, e precede ogni progresso civile e sociale, di cui pure ci si allieta. Prudenza, giustizia, fortezza, temperanza! Prodigiosa attività della Chiesa nel secolo XIX II. É naturale che questa sera lo scrigno d’oro di questo santo sacerdote riveli come non mai il segreto della sopravvivenza dell’opera sua. Nel secolo scorso la cristianità fu come presa da un fremito di rinnovamento pastorale nell’esercizio della carità evangelica, lo stesso che imprime ora il suo carattere al Concilio Ecumenico Vaticano II.

SUORE DEL PALAZZOLO Nella foto, suor Margherita Gamba di Albino o meglio di Vall’alta con due consorelle a Casa Samaria, appunto in via Palazzolo a Bergamo, che accoglie quelle donne che possono scontare il fine pena con soluzioni alternative al carcere. L’attività principale in casa è sartoriale; la maggior parte delle “ragazze” hanno poi trovato un lavoro. Il nome della Casa si rifa’ al Samaritano del Vangelo. Periodicamente suor Margherita visita le decine di donne del carcere di via Gleno: ritiene che si debbano offrire, a tutte, alternative al carcere, dove, nel reparto femminile, vivono altre sorelle delle Poverelle.

Assai copioso nell’ottocento il numero dei sacerdoti che, mediante l’istituzione di scuole, l’educazione della gioventù, le missioni al popolo, le opere di assistenza, vollero ancora una volta svelare al mondo il volto luminoso della Chiesa, Mater et Magistra, lumen gentium. Il beato Luigi fu uno dei tanti; uno che per i tratti singolari della sua spirituale fisionomia, e per il bene immenso che continua a fare con l’Istituto da lui fondato, merita bene l’odierna esaltazione. Il beato Palazzolo fu fecondissimo ideatore di opere. Alcune avviò; di altre pose la semente. Questa avrebbe dato più tardi, nell’ambito della Congregazione delle Poverelle, magnifica fioritura. Come la offrì di fatto, prodigiosa, prima nella diocesi di Bergamo, poi, a poco a poco, con la sicu-


VITA DELLA CHIESAPREGARE3

Cos’è oggi per me pregare

rezza del germe che si sviluppa in albero frondoso, in Italia, in Francia, Lussemburgo, Belgio, Svizzera, fino all’ampio orizzonte missionario dell’Africa, dove, ormai da undici anni, è in esercizio di tutte le opere di misericordia spirituale e corporale. La Congregazione delle Suore delle Poverelle segna il suo atto di nascita il 22 maggio 1869, quando il Beato contava 42 anni. Il programma conciso, semplice, evangelico, fu dettato dal fondatore con parole spoglie di ogni enfasi, che commuovono sino alle lacrime: «Io cerco — diceva — e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, perchè dove altri provvede, lo fa assai meglio di quello che io potrei fare; ma dove altri non può giungere, cerco di fare qualcosa io, così come posso». Ecco, Venerabili Fratelli e diletti figli, quanto il Nostro cuore ha voluto effondere in questo momento di grande letizia per la Chiesa intera, e intorno al suo Capo visibile. Passa sulle nostre teste una grande ora di grazia, che soavemente ci conferma come la semina di santità dell’antichissima tradizione cristiana, rinnovata da San Carlo Borromeo, da San Gregorio Barbarigo, e da zelanti e ardenti presuli e sacerdoti, continua a dare in letizia frutti copiosi. O beato Luigi Maria, che splendi di luce immortale, irradia sulla tua diocesi nativa, che è anche la Nostra, e su tutta la Chiesa, i tuoi esempi di carità, di zelo sollecito, di umile servizio. Amen.

«Gesù salì sul monte, dice il Vangelo, «a pregare». Ecco, pregare. E «mentre pregava – prosegue il testo –, il suo volto cambiò d’aspetto». La trasfigurazione nasce dalla preghiera. Chiediamoci, magari dopo tanti anni di ministero, che cos’è oggi per noi, che cos’è oggi per me, pregare. Forse la forza dell’abitudine e una certa ritualità ci hanno portati a credere che la preghiera non trasformi l’uomo e la storia. Invece pregare è trasformare la realtà. È una missione attiva, un’intercessione continua. Non è distanza dal mondo, ma cambiamento del mondo. Pregare è portare il palpito della cronaca a Dio perché il suo sguardo si spalanchi sulla storia. Cos’è per noi pregare? E ci farà bene oggi domandarci se la preghiera ci immerge in questa trasformazione; se getta una luce nuova sulle persone e trasfigura le situazioni. Perché se la preghiera è viva, “scardina dentro”, ravviva il fuoco della missione, riaccende la gioia, provoca continuamente a lasciarci inquietare dal grido sofferente del mondo. Chiediamoci: come stiamo portando nella preghiera la guerra in corso? E pensiamo alla preghiera di San Filippo Neri, che gli dilatava il cuore e gli faceva aprire le porte ai ragazzi di strada. O a Sant’Isidoro, che pregava nei campi e portava il lavoro agricolo nella preghiera». Papa Francesco Omelia 12-3-2022

Lasciarsi chiedere qualcosa da Lui «Pregare, spesso è dire qualcosa al Signore e il più delle volte è chiedergli qualcosa; ma sempre è lasciarsi chiedere qualcosa da Lui. La preghiera cristiana è quella che da qui, dal potente silenzio della preghiera, ascolta il bisbiglio di Dio Padre che plasma ciascuno capace di vedere le cose come le vede Lui, di fare i gesti che fa Lui, di ragionare secondo logiche che sono sue e non del mondo. La preghiera è un atto di ricezione e di trasformazione: a volte cambia il mondo, sempre cambia il cuore e le mani di chi la pratica, perché, come diceva Bonhoeffer, Dio a volte accoglie le nostre richieste, ma sempre esaudisce le sue promesse. E ci ha promesso che esporci a Lui non è innocuo. Abramo impara a fidarsi di Dio. La preghiera è una scuola di fede. Può capitare di pensare che per pregare occorra avere fede, ed è sicuramente vero. Abramo insegna però che per avere fede è necessario pregare. Perché senza la preghiera Dio non è soltanto invisibile, ma diventa inconsistente nel nostro tempo e nelle nostre giornate. E infine, la preghiera è una lotta. È squisita l’immagine di Abramo che lotta contro il sonno, per tenere la propria preghiera, il proprio sacrificio, al riparo dagli uccelli rapaci che vogliono gustarsi il banchetto. E Abramo sperimenta una lotta che arriva fino all’oscurità fitta: la preghiera non è un’assicurazione sulla vita che preserva magicamente dal male, non è un amuleto: è un’esperienza di incontro che non viene sempre spontanea e naturale, per cui occorre lottare». Don Mattia Magoni

L’Eco di Bergamo 12-3-2022

Marzo 2022


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VITA DELLA CHIESA 15 MAGGIO 2022: CHARLES DE FOUCAULD PROCLAMATO SANTO

Testimonianze di Piccoli Fratelli di Gesù: come Charles de Foucauld mi parla oggi?

Nelle foto: Auguste e un govane vicino, Pyeong Ch’eol al lavoro e Domenico (a destra) durante una visita in Egitto.

Auguste, 68 anni, francese di origine, vive in India e ha ottenuto la nazionalità del paese. Lavora con bambini portatori di handicap e cerca legami con dei Dalit, i cosiddetti “fuori casta”: «Dopo 45 anni di vita nella fraternità al seguito di frate Carlo, assieme ai fratelli e alle sorelle che l’hanno seguito, ciò che ho scoperto di frate Carlo e che mi ha fatto vibrare tutta la vita, è l’incontro di un uomo appassionato che, dopo la sua conversione, ha voluto donare a Dio tutta la vita. Sapeva che non avrebbe potuto vivere senza donarsi completamente al suo amato Gesù di Nazaret che lo affascinava tanto. Perché Dio ha scelto di incarnarsi a Nazaret? Perché ha trascorso 30 anni della sua vita, sconosciuto, in un povero villaggio lontano da Gerusalemme, vivendo all’ombra dei genitori Giuseppe e Maria? Il tempo che Gesù ha trascorso a Nazaret fa parte del piano salvifico di Dio, ha valore tanto quanto la sua vita pubblica, la sua morte e la sua resurrezione. Ecco perché Carlo ha voluto imitare Gesù a Nazaret e Gesù di Nazaret. Perché a Nazaret c’è un tesoro nascosto che deve essere cercato e trovato, e fratel Carlo ha lasciato tutto per andare alla ricerca di quel tesoro nascosto. Ha voluto imitare Gesù. Per lui Gesù aveva preso l’ultimo posto, e il nostro Carlo voleva imitarlo in una totale povertà. La spiritualità di Nazaret può essere vissuta ovunque nel mondo, in qualsiasi ambiente umano. Lui voleva portare Gesù là dove non era ancora conosciuto. Voleva grifare il vangelo con la vita, e questa profonda intuizione l’ha coltivata fino alla morte. Sì, è morto assassinato in un piccolo villaggio tuareg, si era dato interamente a quella comunità. Ecco è proprio quella passione a seguire Gesù che mi affascina e mi stimola nella mia vita di Piccolo fratello».

Pyeong Ch’eol, 58 anni, coreano, vive in fraternità nel suo paese d’origine: «Grazie a Carlo del Foucauld ho imparato la povertà di Gesù. “Nessuno può strapparLo dal Suo ultimo posto”. È nato in una stalla. Ha vissuto lavorando come figlio di un falegname. È morto sulla croce. Lui è Dio. Noi vediamo la povertà come una situazione di privazione e vogliamo uscirne. È un ostacolo da superare. Lui, invece, l’ha scelta in pieno. Dio è amore. Se amiamo qualcuno, dobbiamo diventare poveri come Lui. Lui ha amato soprattutto i poveri. Si è persino identificato con i poveri, dicendo: “Quello che avete fatto al più piccolo di questi, l’avete fatto a me”. La povertà non è più una situazione negativa da evitare. È un mezzo di incontro, un cammino che Lui stesso ha intrapreso: il Regno benedetto. “Ci ha arricchito con la sua povertà”».


TESTIMONI DELLAVITA FEDEDELLA CET5 Domenico, 83 anni, ha vissuto soprattutto in Medio Oriente, ora vive in Italia: «Carlo ha fatto di Gesù e del Vangelo il suo amore e la sua unica regola di vita e ha scelto di seguire “il suo beneamato fratello e Signore Gesù” nella sua vita di Nazaret: amando come lui i piccoli e i poveri che non contano niente agli occhi del mondo, vivendo negli ultimi dieci anni della sua vita “come” e “con” i più abbandonati e i più lontani: i Tuaregg dell’Ahaggar. Sono loro il suo Nazaret. Vivere una vita evangelica e condividere la vita di coloro che ci sono estranei e diversi, vivere con loro un dialogo di vita, mi sembra essere il messaggio che fratel Carlo ha lasciato al mondo e alla Chiesa di oggi. La crisi che il mondo di oggi sta attraversando è fondamentalmente una crisi del pensiero che non ha più punti di riferimento fissi: le relazioni come la solidarietà tra la gente ne sono minate. Le migrazioni attuali, con il risorgere dei nazionalismi, il rifiuto delle differenze più o meno espresso e lo scontro delle culture, a volte ancora velato ma spesso anche visto come ineluttabile, rendono questa crisi ancor più acuta. Se il nostro mondo ha un’urgenza, essa è quella del dialogo e dell’incontro con l’altro diverso da noi. Questo è quello che fratel Carlo ha vissuto donando la sua vita ai Tuareg del Sud Algerino. Anche la Chiesa oggi ha bisogno di rinnovarsi. Il ritorno a una vita evangelica vissuta e a una vita ecclesiale diversa sono più che urgenti. Nella Chiesa di oggi al primo posto dovrebbero esserci la solidarietà e la misericordia. Questo dovrebbe condurre la Chiesa a praticare non il proselitismo ma l’evangelizzazione per attrattiva». Bollettino semestrale de I Piccoli Fratelli di Gesù

Giornata di festa per la Pasqua Ortodossa Ad Albino è stata davvero una giornata di festa quella di domenica 24 aprile per celebrare la Pasqua Ortodossa. L’iniziativa è stata segno concreto di fratellanza come era nelle intenzione dalla Cet 3 (Comunità Ecclesiale Territoriale bassa Valle Seriana), promotrice della giornata in collaborazione con altre realtà locali, civili e istituzionali. Ma nessuno si aspettava tanta partecipazione, soprattutto alla funzione mattutina nella chiesa di sant’Anna, messa a disposizione dalla nostra parrocchia, dove si sono dati appuntamento oltre trecento persone, soprattutto ucraini di tutte le età, molti dei quali, a seguito del notevole afflusso, hanno potuto seguire la messa solo dall’esterno della chiesa. La funzione Pasquale in rito ortodoso e lingua ucraina è stata celebrata da padre Vasyl Marchuk, guida spirituale della comunità ucraina a Bergamo, coadiuvato da don Sergio Gamberoni, direttore dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti della Diocesi di Bergamo che ha anche portato il saluto del vescovo di Bergamo Francesco Beschi. «Le prime parole di Gesù dopo la resurrezione sono state “Pace a voi”, pace che oggi ci manca tantissimo – ha detto Padre Vasyl -. La Pasqua quest’anno ci unisce per chiedere questo grande dono della pace». Ha aggiunto don Sergio: «Stiamo condividendo la fede, ci troviamo cristiani di tradizioni diverse per un momento tragico della storia a vivere un momento di speranza chiedendo al Signore di essere capaci di rispondere al male con il bene. In un gesto di fraternità celebriamo la Pasqua in una data in differita in questa tradizione di comunione, che abbiamo a Bergamo da più di 20 anni, con la Chiesa greco cattolica di rito bizantino ucraina che è in Bergamo». La giornata, proseguita all’oratorio Giovanni XXIII di Albino con momenti di convivialità e festa, è stata occasione anche per dimostrare vicinanza alle numerose persone giunte dall’Ucraina, tra cui non mancano vicende cariche di dolore e sofferenza. Significativo il momento della posa di un giovane ulivo, simbolo di pace tra e con i popoli e addobbato con messaggi di speranza, posto in piazza Pio La Torre ai piedi della torre campanaria di san Giuliano.

supplemento al n. 47 Via Giaime 9 - 12020 Brossasco (Cn)

Maggio 2022


VITA DELLA CET

Le cinque “Terre esistenziali” Il senso e il mandato

TERRA ESISTENZIALE: Tradizione Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro (Mt 18,15-20)

Nel giornale parrocchiale di aprile abbiamo visto come la CET (Comunità Ecclesiale Territriale) è strutturata e articolata. Da questo mese, vogliamo dedicarci a conoscere meglio le Terre Esistenziali (TE). Nell’introdurre l’argomento, ci facciamo aiutare dalle parole del nostro Vescovo Francesco: “Il territorio delle Comunità Ecclesiali non è solo una dimensione geografica o solo una dimensione istituzionale: è il territorio della vita. Ci siamo accorti, ad un certo punto, che parlare di “terre esistenziali” rischiava di definirle come quando si vedono su un atlante geografico le diverse nazioni: c’è la mappa politica e c’è la mappa fisica Le terre esistenziali sono la morfologia della vita. Non ci sono terre a fianco una dall’altra relazioni, lavoro e festa, tradizione, fragilità, cittadinanza - collegate da ponti. Immagino piuttosto un plastico che disegna un territorio: ci sono le montagne, le valli, il lago, la città, il paese, le strade, le case: nella vita tutto si mescola. Le terre esistenziali non sono una accanto all’altra, ma sono la forma della vita.” All’interno di ognuna delle 13 CET della nostra Diocesi sono state istituite cinque Terre esistenziali attorno ad altrettanti ambiti di vita che disegnano il volto di una comunità. Per ognuna di queste Terre Esistenziali è stato costituito un piccolo gruppo di lavoro di soli laici con alcune competenze in rapporto alla propria TE. Ognuna delle cinque Terre Esistenziali ha l’obiettivo e il compito di leggere il proprio territorio rispetto all’ ambito di vita assegnato, di avviare processi di incontri e di confronto con soggetti e istituzioni, di costruire collaborazioni. Le TE servono dunque a legare la comunità ecclesiale con il proprio territorio in cui si esprime la missione e la corresponsabilità dei laici. Questo è dunque il mandato che viene affidato particolare ai laici nell’ambito della costituzione della CET. Le Terre esistenziali sono suddivise in cinque ambiti: Tradizione, Relazioni, Cittadinanza, Fragilità, Lavoro e festa.

DI COSA TRATTA? . La terra esistenziale della Tradizione nasce nell’etimologia della parola che qui possiamo sintetizzare nella trasmissione, meglio ancora nella consegna. L’umanità che abita questa porzione di terra nei decenni ha consegnato l’esperienza della vita alle nuove generazioni. La scuola, la catechesi, lo sport, le associazioni sono state lo strumento principale, insieme a quanto le famiglie con cura hanno coltivato e consegnato, per educare i propri figli nel diventare uomini e donne responsabili. COORDINATORE . Silvio Tomasini di Gandino, coordinatore delle attività e della Rete dei Musei Fondazione Adriano Bernareggi di Bergamo. INIZIATIVE . In questi anni, con lo sguardo largo hanno iniziato dal cuore che le comunità cristiane custodiscono per “tradurre” il tesoro del Vangelo: l’oratorio. E il “cammino itinerante” tra le parrocchie li ha portati a conoscere chi si dedica ad accompagnare bambini, ragazzi, adolescenti, giovani e famiglie dei nostri paesi. La ricchezza è grande. Anche laddove non esiste esperienza di oratorio consolidata. L’impressione è che potrebbe implementarsi la costruzione di un disegno pastorale condiviso, che, mettendo in campo elementi di fondo nei percorsi di crescita, potrebbe innervare di esperienze solide seppur flessibili, le storie delle nostre comunità, a supporto dell’intenso lavoro che ogni famiglia fa nel crescere i propri figli. Un dialogo con le istituzioni scolastiche e con gli enti locali, le forze dell’ordine, le realtà del privato-sociale sarà d’aiuto nel comprendere la complementarità dei percorsi esistenti e di quelli futuri. Tenendo come focus l’indirizzo dato dal Consiglio Pastorale Territoriale “GIOVANI 18-35 anni”, hanno invitato vari gruppi giovanili del nostro territorio per poter insieme pensare ad un segno di pace in questo tempo di guerra. Un segno di prossimità umana, dove insieme riuscire fare qualcosa con chi in Val Seriana ha trovato una seconda casa. Ecco allora l’idea, in occasione della Pasqua Ortodossa del 24.04.2022, di fare festa con loro pensando a vari momenti organizzati durante tutta la giornata. Continua sul prossimo numero

Rubrica a cura di Marco Carrara

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VITA DELLA CHIESA

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Gesù riscrive il linguaggio del sacrificio L’Ultima Cena è la porta di ingresso nel Triduo Pasquale. Si passa obbligatoriamente da qui per risorgere. Basti pensare che Giovanni nel suo vangelo impiega solo 16 capitoli a raccontare vita, morte e miracoli di Gesù di Nazareth – 33 anni in tutto, si dice – ma ne dedica ben 5, quasi un quarto del suo intero racconto, a questa manciata di ore passate a tavola. Uno sbilanciamento e una sproporzione che dicono che qui prende forma qualcosa di una densità diversa rispetto a tutto il resto. Alla tavola dell’Ultima Cena scocca “l’ora” di Gesù, il tempo in cui quanto fatto prima si raccoglie in unità e si fissa per sempre. “Fate questo in memoria di me” dice di un passaggio che non passa: per sempre fate e rifate questo nelle vostre vite. Ma cosa è il “questo” che bisogna fare e rifare per conservare la memoria viva di Cristo? Se si trattasse solo di spezzare del pane e bere del vino, Giovanni non avrebbe rallentato così tanto. La Chiesa nei secoli non si sarebbe persa dietro a oratori, ospedali, discussioni sulla morale, cura dei profughi della guerra, predicazioni, poveri e quant’altro. Si sarebbe “limitata” a celebrare la Messa. Avrebbe rifatto l’Ultima Cena, l’avrebbe “rimessa in scena” alla perfezione. Che cosa è il “questo” da fare in memoria di Lui, il “questo” che inquieta la vita delle nostre comunità e accende il cuore dei credenti, il “questo” che ha acceso conversioni, suscitato vocazioni e messo in subbuglio la voglia di assicurare la presenza di Dio dentro a delle ritualità rese innocue? Cosa accade durante l’Ultima Cena? Potremmo dire così: Gesù riscrive il linguaggio del sacrificio antico attraverso l’alfabeto più familiare e casalingo di una tavola apparecchiata. Per il popolo di Israele, i sacrifici animali e vegetali servivano per esprimere il rapporto con Dio. Ve ne erano di diversi tipi, ordinati secondo un preciso cerimoniale che distribuiva parti diverse dell’offerta a Dio e ai fratelli. Durante l’Ultima Cena Gesù ribalta la freccia che dise-

gna la direzione dei sacrifici antichi: non sei tu che offri a Dio e agli altri, ma è Lui che si offre per te, totalmente. L’Ultima Cena è un aperitivo della Croce. Ecco cosa è il “questo”. Innanzitutto, dunque, il Giovedì Santo ricorda che quello che hai e che sei viene da altrove, non solo dalle tue mani e dalla tua bravura: viene da Dio che si dona per te, per la tua vita. Nell’Ultima Cena Gesù fa riabilitazione posturale alla condizione umana: puoi vivere come colui che riceve tutto da Dio e con gratitudine lo rimette in circolo. Perché il rischio è di rimanere imprigionati nella logica sacrificale antica: ciò che faccio, sento che mi impoverisce a vantaggio di altri; tristemente, il mio tempo, le mie energie e tutto quello che sono si trova sacrificato sull’altare del quotidiano. Come la lavanda dei piedi insegna al recalcitrante Pietro, che vorrebbe opporsi al gesto sconsiderato e umiliante del Maestro, si tratta di imparare a ricevere da Dio. Alla scuola dell’Ultima Cena si impara la lezione della gratitudine e del dono integrale.

In secondo luogo, l’Ultima Cena è un pasto, un incontro. La frontiera del sacro, che preservava alla religione alcuni tempi, luoghi e persone, viene dissolta. Meglio, lo steccato viene spostato all’infinito, fino a includere il mondo intero. È sacra una cena. Sono sacri i piedi dei bisognosi, le parole degli uomini, le cicatrici sul cuore, le vite del popolo Ucraino come quelle del popolo Russo. Già, tutto. Diventano sacri, cioè luogo in cui è possibile fare esperienza autentica di Dio, anche le relazioni con Pietro e con Giuda, esposte al dramma del tradimento, le paure e le angosce, i perdoni difficili e i bocconi amari. Dio si rende esperienza possibile nel domestico e nel quotidiano. Infine, il “questo” di cui fare memoria è anticipo, aperitivo della Croce. Oggi i credenti contemplano da vicino come la Messa che celebrano ha un alto profilo di rischio e di ingaggio. Ha a che fare con il ricevere e con il donare la vita. Don Mattia Magoni

(L’Eco di Bergamo, 14-4-2022)

Maggio 2022


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ESPERIENZE EDUCATIVE

L’ENEIDE: MODERNITÀ DI UN CLASSICO Ogni volta che si legge l’Eneide ci si chiede quali possano essere le ragioni del suo successo e della sua modernità. Sicuramente in primo luogo c’è il messaggio che il poema virgiliano vuole lasciare ai lettori: l’interesse collettivo (noi diremmo il bene comune) deve avere la priorità su quello del singolo, per quanto costui vanti illustri natali (Enea è figlio della dea Venere e del mortale Anchise). Questo messaggio sintetizza quella che potremmo definire la caratteristica della romanità, la sua cifra, quella cioè che dava alla Roma augustea la piena legittimazione della sua vocazione dominatrice; è per volere del Fato e degli Dei che Roma è destinata ad avere il comando sui popoli ed è di questa volontà che l’eroe si fa esecutore e strumento. L’eroe è tale proprio per questa sua docilità ad un piano divino superiore. Per questo motivo ad Enea è chiesto in primo luogo l’esercizio della “pietas” che si concretizza in maniera emblematica nella rinuncia all’amore che Didone, la regina di Cartagine, dopo averlo accolto gli ha sinceramente manifestato, offrendogli nel contempo di regnare accanto a lei sulla città di recente fondazione. L’eroe (e in questa circostanza la sua condotta appare un po’ ambigua) abbandona Didone -che, disperata, si toglierà la vita- per proseguire il suo viaggio fino alle coste del Lazio dove i suoi discendenti daranno vita, e non senza contrasti con gli autoctoni, alla Città eterna. Un altro motivo della modernità dell’Eneide è pro-

prio da ricercare nella personalità stessa del protagonista eponimo: Enea, eroe “per caso”, che pure sembra cedere alla passione amorosa e ricambiare l’affetto della regina Didone ma al contempo è lacerato, combattuto tra dovere e piacere, o meglio tra l’ubbidienza ai Fati e al loro progetto e quella alla voce del cuore che gli nasce prepotentemente dal di dentro ed è difficile da soffocare. La modernità dell’Eneide consiste in sostanza nella scelta di Virgilio di raccontare, sullo sfondo di un poema epico “nazionale”, le vicende di tante vittime innocenti che il destino schiaccia nel suo procedere. Una delle vittime incolpevoli delle contraddizioni della storia è senza dubbio Didone, dapprima giocata come pedina da Venere e Giunone per realizzare i loro rispettivi piani e poi “scaricata” quando questi piani sono falliti o hanno preso una strada diversa. Ma l’altra vittima è lo stesso Enea, o meglio l’uomo che Enea avrebbe potuto essere se non fosse stato costretto a diventare un eroe. È proprio questo modo di raccontare e di partecipare al dramma dei suoi protagonisti che preserva Virgilio dal farsi semplicemente eco della propaganda augustea al servizio dell’ideologia nazionalistica romana e lo trasforma in una voce capace di profonda umana empatia. Enzo Noris Per approfondire: Mario Lentano, Enea. L’ultimo dei Troiani il primo dei Romani, Salerno, 2020.


ESPERIENZE EDUCATIVE

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Volando sui sentieri della Coccinella Per crescere ciascuno deve fare il proprio cammino, percorrere una strada faticosa che permetta di raggiungere i propri obiettivi e le vette più alte. Per concretizzare questa progressione il metodo delle coccinelle usa i sentieri di prato, bosco e montagna che propongono difficoltà e sforzi graduali in base all’età e all’esperienza delle bambine. Proprio come durante un’escursione tra i nostri cari monti ci troviamo inizialmente a camminare in un sentiero pianeggiante e circondato da prati ricchi di fiori e piccoli insetti tutti da conoscere. In questo primo sentiero la “cocci” si trova a scoprire una nuova realtà con tante “sorelline” coccinelle pronte a starle vicina e ad accoglierla. È in questo clima di “Famiglia Felice” che inizia a scoprire cosa è la Gioia e a vederla come frutto dell’armonia e, poiché non c’è armonia senza ordine, la cocci deve inizialmente imparare ad essere ubbidiente e ordinata. Al termine di questo sentiero la cocci è pronta a pronunciare la Promessa entrando ufficialmente a far parte della grande famiglia degli scout. Le sono infatti spuntate le ali che ora le permettono di iniziare il suo vero e proprio volo da “coccinella”. Proseguendo nella nostra passeggiata iniziamo ad accorgerci

che gli alberi si stanno infittendo: stiamo entrando nel bosco, un luogo pieno di cose da osservare e scoprire, guardando con occhio attento tra la vegetazione. In questa parte del percorso la coccinella può ormai iniziare a lavorare sul suo carattere, scoprendo tutte le sue qualità e migliorando negli ambiti in cui fa più fatica. Vivendo quindi a pieno e in serenità la vita di cerchio fa proprio il concetto di Gioia che aveva conosciuto lungo il prato e scopre che Gesù è la fonte a cui attingere per gustare la Gioia vera. Così piano piano la coccinella si impegna a vivere la gioia giorno per giorno che significa scoprire Dio nella quotidianità lasciandosi trasformare dal suo Amore e dai suoi insegnamenti.

sicuramente più faticosa dei sentieri precedenti. Tuttavia sappiamo bene che sarà proprio questo il tratto che ci darà più soddisfazione perché ci permetterà di arrivare alla vetta. E la vista sarà certamente stupenda da lassù. A questo punto la coccinella si trova a volare sulla montagna; qui il percorso si fa ancora più personalizzato e acquisisce nuove conoscenze e capacità con le quali può portare un contributo più attivo nel cerchio. Ma la cosa più importante che scoprirà sarà la bellezza del donare la Gioia agli altri: guidando le sorelline più piccole lungo il percorso imparerà infatti ad aiutare e accogliere il prossimo nelle difficoltà e ad avere un occhio attento per i bisogni di chi la circonda.

Il nostro cammino ci conduce dunque a una strada ancor più in salita, che può spaventarci ed è

Giungendo al termine dei sentieri di prato, bosco e montagna il cammino di quelle che ormai non si fanno più chiamare bambine non è finito, anzi è appena cominciato e questa è soltanto la prima delle molte vette che raggiungeranno. Però finalmente la coccinella ha capito qual è la strada da seguire per contemplare un panorama così bello: “Il vero modo di essere felici è quello di procurare felicità agli altri” (Baden Powell). Castoro Instancabile

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Fotoracconto di Maurizio Pulcini

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DALLA DOMENICA DELLE PALME A PASQUA


VITA PARROCCHIALE

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PRIME COMUNIONI - DOMENICA 24 APRILE

Foto Breda - Albino

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IL PRIMO INCONTRO CON GESÙ! È festa! Finalmente è arrivato l’atteso giorno tanto sognato e aspettato dai nostri piccoli. Quest’anno gli incontri sono stati fortunatamente poco segnati dal covid e quindi siamo riusciti a conoscere meglio questi bimbi spensierati, curiosi, vivaci e con gli occhi ricchi di meraviglia davanti ai racconti sulla vita di Gesù. Accompagnarli in questo percorso è stato gioioso, divertente, in quanto la loro spensieratezza e le loro domande provenienti dal cuore ci hanno reso persone per loro importanti a cui affidarsi, confidarsi e chiedere consiglio. Tutti diversi questi bimbi ma tutti accomunati dalla voglia di ricevere

Gesù nel loro cuore per capire cosa realmente potrebbe cambiare. Camminare insieme alle loro famiglie, collaborare nella fede cristiana che ci accomuna, ha reso possibile un percorso di preparazione molto intenso. Siamo partiti con il racconto dei primi cristiani, come se si volesse iniziare dalle nostre origini religiose e poter crescere sempre più nell’amore di Gesù risorto. E ora veniamo al giorno... ci sembra di vederli ancora arrivare in Piazza San Giuliano saltellanti, vestiti di bianco, entusiasti con i loro genitori. La cosa che sempre ci sorprende in queste occasioni è proprio osservare che i bambini seduti, silenziosi e assorti intorno alla tavola del Signore, sono gli stessi che il giorno prima correvano all’impazzata sul piazzale. Incredibile ma vero! Questo è il primo miracolo di

Gesù! La celebrazione si è svolta nella semplicità delle cose vere e importanti che non hanno bisogno di tanti fronzoli per essere belle. Don Giuseppe e don Andrea hanno saputo accogliere i bambini e le loro famiglie facendo sentire loro l’abbraccio della comunità. La partecipazione è stata intensa da parte di tutti, soprattutto nei momenti in cui i bambini hanno animato la celebrazione con canti gioiosi e allo stesso tempo commuoventi, facendo comparire sul viso dei genitori qualche lacrimuccia di gioia. Nella certezza che questo entusiasmo continui a crescere, auguriamo loro di essere sempre uniti a Gesù e a tutti i fratelli come i petali della margherita del Re del giardino, o come i tralci alla vite per portare buoni frutti. Le catechiste


PRIME COMUNIONI - DOMENICA 1 MAGGIO

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I NOMI DEI 50 BAMBINI DI TERZA ELEMENTARE, DIVISI IN DUE GRUPPI, CHE DOMENICA 24 APRILE E DOMENICA 1 MAGGIO HANNO RICEVUTO LA PRIMA COMUNIONE. Domenica 24 aprile Carolina Aitelli Giulia Armanni Riccardo Attori Francesco Azzola Luca Birolini Gemma Bonadei Emma Bonanomi Sofia Bonomi Davide Carrara Lorenzo Carrara Luca Carrara Pietro Carrara Victoria Carrara Gaia Castro Carrara Alice Castro Carrara Elena Celeri

Sofia Celeri Matilde Cocchi Tommaso Cortesi Leonardo Duci Dante Fiammarelli Emanuele Filippone Tommaso Giacomelli Sofia Puglisi Davide Pezzoli

Domenica 1 maggio Sofia Lazzarini Elena Macrì Davide Maffei Greta Marcassoli Mattia Milesi Caterina Nodari Cristian Palazzi

Arianna Pellegata Yann Piantoni Lucia Piazzalunga Francesco Piazzini Benedetta Plebani Carolina Rancati Lucia Rocca Mattia Schena Rebecca Maria Spampanato Nick Alexis Tadia Federico Vedovati Nicolò Vedovati Lorenzo Verzeroli Marlene Villa Gabriele Zenoni Marco Believe Zenoni Eva Ghilardi Emma Cometti

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18-20 aprile 2022 . Pellegrinaggio cresimandi

Sulle orme di san Francesco Preghiera al Crocifisso (“Alto e Glorioso Dio”) È stata bella perché è stato un susseguirsi di cose nuove e la chiesa che mi è piaciuta di più è stato a Santa Maria degli angeli. Soren

“Cominciate col fare… l’impossibile”

Questa esperienza è stata molto bella perché Assisi è una città ricca di storia. Di San Francesco mi ha impressionato la chiesa di Santa Maria degli angeli che conteneva la porziuncola. Alice P. e Giulia A.


Da questo pellegrinaggio ho portato ha casa diverse esperienze: per esempio quando l’ultimo pomeriggio siamo andati alla Verna ho provato grazie alla sua storia ad entrare definitivamente nella sua vita, un altra è quando nella veglia di martedì sera ci hanno consegnato il Tau di questo santo. Filippo B. Un’ esperienza da rifare sicuramente, mi ha avvicinato di più alla bellissima città di Assisi, che non avevo mai visto fin ora. Mi ha aiutato ad avvicinarmi a Gesù e ovviamente a S. Francesco. Viola A. Da questo pellegrinaggio ho portato a casa nuove esperienze di San Francesco che non mi ha mai detto nessuno come che ha vissuto in montagna, e anche tutta la vita di Santa Chiara. Inoltre ho saputo di come vivono i frati e le suore nonostante ho una parente che fa la suora. Alberto C.

Di questo pellegrinaggio mi sono piaciute molto le conoscenze che ho fatto, soprattutto suor Mara di San Damiano che era molto simpatica. Alessandro Mi é piaciuto molto visitare le chiese ma mi ha stupito una in particolare,quella di Santa Maria, è bellissima e molto grande. Poi mi è piaciuto camminare anche se un giorno non sono stato molto bene e quindi sono andato al monte Eremo delle carceri . Un’esperienza unica e da vivere Alberto N. Da questo pellegrinaggio porto a casa le nuove scoperte, come la vita di San Francesco e di Santa Chiara. Porto a casa, anche i momenti vissuti insieme agli altri e le nuove esperienze, che sono state faticose, ma ne valeva la pena perché alla fine quello che ci aspettava era molto bello e interessante. Anna T.


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ORATORIO CRE 2022

“Batticuore” Ci siamo! L’estate che ci attende è ormai al centro dei pensieri: c’è già aria di CRE! Coordinatori e animatori sono già al lavoro da tempo per prepararsi e preparare tutto quanto è necessario! Il CRE inizierà il 27 giugno e durerà fino al 22 luglio. Quattro settimane sempre entusiasmanti! Ci attendono grandi accoglienze, laboratori, giochi, animazione sotto la tettoia, tornei, storia, gite, piscina e preghiera. Come sempre a colorare tutto ci sarà un tema e quest’anno sarà la volta delle emozioni, quelle che ci fanno venire il “Batticuore”! Sul sito pubblicheremo, come sempre, tutte le informazioni necessarie per le iscrizioni, gli appuntamenti e i vari avvisi. L’oratorio continuerà a essere

casa per i più piccoli della nostra comunità così come lo è sempre stato! E come sempre sarà un turbine di emozioni che ci travolgerà anche con la musica

e le urla! Attendiamo allora questo appuntamento insieme anche con tutto quanto porta l’estate. Noi vi aspettiamo! Non mancate!

Campi 2022: proposte per l’estate


DUE LIBRI

Aprire percorsi. Per un impegno dei giovani credenti in politica Promosso dalla Fondazione “Giuseppe Lazzati”, a cura di W. Magnoni, M. Picozzi, A. Ratti Ed. In Dialogo Uno dei riflessi della crisi della partecipazione politica negli ultimi anni è, nel mondo cattolico, la caduta d’interesse per la formazione socio-politica dei credenti, dei giovani in particolare. Negli anni ‘80 un ruolo importante era ancora svolto dalle scuole diocesane di formazione politica: esse svolgevano soprattutto un compito di trasmissione dei principi della Dottrina sociale della Chiesa. Questo modello appare oggi esaurito e lascia il campo a iniziative di carattere esperienziale: si fa strada oggi una parte di Chiesa che, in attuazione del Concilio, scommette ancora sulla formazione di un laicato in grado di assumere responsabilità politiche e amministrative. Il merito del libro è quello di fare il punto della situazione, riconnettendo i fili di esperienze diffuse sul territorio nazionale. Ci porta a scoprire la comunità “Connessioni”, che dal 2009 raduna, presso la Civiltà Cattolica a Roma, soprattutto i quadri dirigenti delle organizzazioni giovanili cattoliche (AGESCI, FUCI, AC); il Laboratorio bene comune della diocesi di Como e tante altre. Ora ciò che compete alla comunità ecclesiale non è proporre improbabili ricette per i problemi della società, ma aprire possibilità di formazione e di impegno; formare i giovani alla politica non significa controllare il presente, ma investire sul futuro della società.

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Sulla Costituzione, articolo 3, oggi. Tutti i modi per dire Uguaglianza Uguaglianza. Uno degli esempi più alti di quanto le parole siano importanti. Quando le parole sono così piene hanno una forza creatrice, tanto più se sono stampate a caratteri indelebili nella Costituzione. È questa la parola di cui si occupa Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle entrate, nel suo libro, Uguali per Costituzione, storia di un’utopia incompiuta dal 1948 ad oggi. Il libro è anche possessore di una rarità: una prefazione di Sergio Mattarella, nata nell’intervallo tra la fine del suo primo mandato, quando era certo di aver concluso la sua fatica, e prima che i Grandi elettori gli chiedessero di rappresentare l’unità d’Italia per ancora sette anni. L’intero testo ruota intorno all’articolo 3 della Costituzione. Concetti semplici, intellegibili a tutti, se si accetta che la semplicità è il punto di arrivo più puro della complessità di pensiero. Il risultato è un libro accessibile a tutti, senza cadute professorali, pur proponendo un esame attento delle fonti. In quali e quanti modi si declina l’Uguaglianza? C’è quella davanti alla legge e quella delle opinioni, nell’informazione, nella religione e tra i sessi, quella nella famiglia, tra i figli, tra gli studenti, i malati, i lavoratori, gli stranieri, i detenuti. E poi ancora l’uguaglianza del voto, quella tra i partiti e quella tra i contribuenti. Ogni singolo capitolo si divide in due parti: la prima analizza la visione dei Costituenti, la seconda aiuta a capire che cosa è accaduto e cosa può succedere nell’Italia di oggi. Perché la Costituzione tutta, ma soprattutto l’articolo 3, sono motore di un divenire incessante. Il libro segue due capisaldi. Il primo: lo spirito fortemente unitario dell’Assemblea costituente è ragione di una Carta capace di vedere lontano. L’altro: la convinzione e la tenacia dei singoli sono fondamentali nell’aprire gli occhi di tutti e consentire scatti in avanti, sia politici che culturali. Nel libro di Ruffini troverete non solo un quadro esaustivo della costituente e delle leggi successive, delle polemiche che le hanno accompagnate, ma anche una lettura degli sviluppi nei decenni dell’articolo 3 assolutamente attenta al sentimento, a volte mutevole, del Paese. Ne esce un testo anche pronto all’uso, soprattutto per gli studenti universitari, completo e non dispersivo, attento all’architettura generale e a ogni storia minima. Roberto Gressi Corriere della sera, 15-2-2022

Il libro è disponibile in biblioteca civica

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ALTRI MONDI

Famiglie aiutano le famiglie La testimonianza di una mamma

Paela la mamma di una delle famiglie che aderiscono al programma Famiglie aiutano le famiglie della Ciudad de los Niños di Cochabamba in Bolivia: il programma che permette di accogliere in un contesto familiare bambini da 0 a 5 anni che hanno perso le cure genitoriali o sono stati vittime di violenza o maltrattamenti. Il programma si è inaugurato il 10 settembre del 2019 (con don Gian Luca Mascheroni ora a Melga, n.d.r.) e da quella data ad oggi sono stati accolti 92 bambini all’interno delle 10 famiglie che hanno aderito al programma. Le famiglie vengono attentamente valutate e infine accreditate dalla equipe educativa e poi dai servizi sociali di Cochabamba. Ed entrano in un programma di formazione continuo.

«Mi chiamo Martha e mio marito è Limbert, abbiamo un figlio Lucas di 9 anni, mia madre Marcelina vive con noi, io sono la sua figlia adottiva, mi ha cresciuto da quando avevo 7 anni, mia madre biologica non era in grado di prendersi cura di me, grazie a mia madre Marcelina, sono stata educata con valori sani e vivendo come una vera famiglia. Siamo una famiglia sostituta con tanti bambini, che proteggiamo e curiamo. Arrivano da situazioni di abbandono, abuso, ammalati e tristi, per noi l’arrivo di ogni bambino o bambina è una grande gioia e averli è una sfida per cambiare le loro vite e le condizioni in cui si sono trovati. Facciamo parte del programma dal 2019, la prima bambina che abbiamo accolto è stata Eliana, averla con noi ha cambiato le nostre dinamiche domestiche. Quando se ne vanno è triste per noi, anche se sappiamo che tornano dalla loro famiglia e che il team di professionisti ha lavorato con loro per renderli padri e madri migliori; questo ci fa stare tranquilli, ma alla loro partenza sappiamo che avremo per sempre un grande vuoto dentro di noi. Nel 2019 mi ha chiamato la signora Graciela, un’altra mamma del programma, e mi ha detto che la Ciudad de los Niños cercava famiglie per l’affidamento dei bambini. Commossa dall’iniziativa, ne ho subito parlato con mio marito, mio ​​figlio e mia mamma, a tutti è piaciuta l’idea di prendersi cura dei bambini e che sarebbero

Diventiamo prossimo Continua l’iniziativa del fondo di solidarietà “Diventiamo prossimo” per sostenere e accompagnare le famiglie in difficoltà economica MODALITÀ PER CONTRIBUIRE

 Autotassazione mensile: si stabilisce una cifra che viene versata

mensilmente per il periodo indicato  Presso il Centro di Primo Ascolto alla Casa della Carità

in piazza San Giuliano 5 al mercoledì dalle 20.45 alle 22  Con bonifico bancario tramite

IBAN: IT20 L0538 75248 00000 4260 6856 c/c intestato Parrocchia San Giuliano, Conto Caritas indicando la causale: FONDO DI SOLIDARIETÀ DIVENTIAMO PROSSIMO


ALTRI MONDI

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Da don Gian Luca

venuti a vivere a casa con noi. Tutta la mia famiglia ha la vocazione di prendersi cura dei bambini, sin da quando ero molto giovane, ancora single, ho aperto un centro per l’infanzia qui a casa mia (un asilo nido), occupandomi dei bambini del quartiere mentre le loro madri lavoravano, ecco dove è nata la mia vocazione alla cura dei bambini. Ora come famiglia sostitutiva, i bambini arrivano a casa nostra in cattive condizioni di salute, sappiamo che i loro genitori non possono averli o non hanno interesse in loro, li riceviamo con tanto amore. Solo vedendoli si guadagnano il nostro amore, dopo un po’ si vede che anche loro sono desiderosi di ricevere affetto, cure e attenzioni Diamo loro le attenzioni di cui hanno bi-

Ricevendo la notizia di una somma per lui, raccolta in un gruppo di amici, don Gian Luca, dalla Bolivia, ha voluto far sapere come la utilizzerà: per un’attenzione ai più poveri di Melga: «A fine aprile inizieremo un progetto di accompagnamento per i diversamente abili; sono 6 o 7 ragazzi che vivono nelle nostre comunità contadine. Qui purtroppo molte volte la persona disabile è discriminata, è considerata un poco il “matto del villaggio”; il papà e la mamma hanno paura a esporla, a volte la vedono come un segno, una maledizione del cielo. E noi stiamo cercando di fare cose semplici, di aiutare a tirarli fuori da questo ambiente, di proporre alcune attività in parrocchia per loro, con una persona apposita. Questi gesti come il vostro aiutano». «Continuiamo a impegnarci della costruzione del Regno di Dio percorrendo con rispetto e giustizia i cammini dei poveri». sogno, ci sono momenti in cui non dormiamo vegliando sul loro sonno, quando si ammalano soffriamo insieme a loro, gli diamo amore e giochiamo con loro, e vedere come iniziano a riprendersi ci incoraggia e ci rende felici. Abbiamo visto l’importanza di avere con noi bambini e bambine, anche se non erano figli nostri. Finora abbiamo accolto 19 bambini, per lo più neonati, ma anche fratellini dai 3 ai 5 anni di età». I risultati del progetto, avviato grazie alla collaborazione con Unicef, sono straordinari: il 70% dei bambini che accogliamo sono reintegrati nella propria famiglia di origine o quella allargata. Se non offrissimo questo servizio molti di questi bambini sarebbero costretti a vivere per molti anni in un centro di accoglienza, e non avrebbero una crescita adeguata. Patronato San Vincenzo - Bergamo

La statua di Santo Espedito al santuario della Guadalupe Lo scorso 19 aprile si è svolta, presso le Suore delle Poverelle, una celebrazione in ricordo di Santo Espedito. Pochi sanno che all’interno del Santuario dedicato Nostra Signora di Guadalupe, è presente sul lato destro della navata, la statua di questo Santo venerato principalmente in America latina. Per motivi famigliari e di lavoro sono spesso in Brasile e Santo Espedito è presente in moltissime chiese locali. È paragonato a Santa Rita da Cascia e a San Giuda Taddeo (cugino di Gesù) essendo anche loro invocati nelle cause urgenti, spirituali e materiali, impossibili da risolvere umanamente parlando. Con mio stupore e immenso piacere, ho ritrovato ad Albino l’unica statua presente sul territorio di Bergamo e Brescia. Inoltre, all’entrata del cimitero di Desenzano-Comenduno, c’è la tomba di un defunto che porta lo stesso nome del Santo. Nome molto particolare che penso farà piacere ai congiunti, sapere che questo Santo si trova presso il Santuario. Spero che possa essere conosciuto, venerato dalla vostra comunità che ha la fortuna di averlo con se. Paolo Rota

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VITA PARROCCHIALE

Quella storia oltre il muro

Se ultimamente parecchi muri del nostro paese (anche in parrocchia e oratorio) sono stati utilizzati come lavagne per scritte vandaliche, raccontiamo l’esempio virtuoso di un allestimento inusuale. Nel centro storico di Albino, in quella che era via Nova, oggi via sant’Anna, con l’edificazione della chiesa settecentesca, venne occluso il portale d’accesso alla chiesa cinquecentesca. Dell’ingresso alla chiesa Carmelitana, il cui uso passava da esterna (o del popolo) a claustrale (riservata alle monache), restò visibile sulla pubblica via il solo contorno in marmo nero; l’accesso infatti venne murato e intonacato con la realizzazione alla sua base di una zoccolatura crespata in calce alta circa un metro e mezzo. Negli anni il portale storico venne quasi dimenticato, un po’ per incuria ma soprattutto perché posto in luogo poco visibile vista la larghezza esigua della via su cui tuttora si affaccia. Negli anni Novanta del secolo scorso, con la riqualificazione della chiesa di sant’Anna, grazie all’impegno degli “Amici di sant’Anna”, al portale venne data più attenzione e ripulito dalle superfetazioni del tempo. «Dal portale si accedeva alla chiesa “esterna”, aperta ai fedeli Spiega lo storico Giampiero Tiraboschi -, mentre alle monache era riservata la chiesa “interna” separata da grate che assicuravano la clausura». A distanza di quasi trent’anni da quel primo intervento di riqualificazione, in occasione dei lavori ormai ultimati del rifacimento di sottoservizi e pavimentazione della via, su idea degli “Amici di sant’Anna”, avallata da don Giuseppe, un novello Banksy ha lasciato traccia del suo passaggio dipingendo in acrilico un’immaginaria scena storica sul portale murato dell’antica chiesa. Martedì 15 marzo l’ultimo tocco di pennello all’opera che raffigura uno storico portone d’accesso alla chiesa con alla base una porticina aperta da cui s’affaccia sulla via una suora carmelitana, santa Teresa di Lisieux (1873-1897), carmelitana francese beatificata il 29 aprile 1923 da papa Pio XI e proclamata santa dallo stesso Papa il 17 maggio 1925. A completa-

re l’opera la frase “Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Chi ha Dio non manca di nulla.” - posta poco sopra la porta e tratta dal canto “Nada te turbe” - di un’altra religiosa carmelitana, santa Teresa d’Avila (1515-1582), autrice di diversi testi nei quali presenta la sua dottrina mistico-spirituale e i fondamenti e le origini del suo ideale di Riforma dell’Ordine carmelitano. Un messaggio di speranza in tempi bui, segnati da crisi sanitaria ed economica nonché da conflitti che rischiano d’espandersi. Si ricordano così tutte le monache carmelitane che hanno abitato questi luoghi dal 1528 alla soppressione napoleonica del 1798; ma anche le “Figlie del sacro Cuore”, ad Albino note come “Suore di sant’Anna”, presenti negli stessi spazi dal 1855 al 2000.


I dialoghi delle Carmelitane

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Santa Teresa d’Avila

«Viviamo, come Teresa dottore della Chiesa, tempi difficili, tempi per nulla facili, che hanno bisogno di amici fedeli di Dio, amici forti. La grande tentazione è cedere alla delusione, alla rassegnazione, al funesto e infondato presagio che tutto andrà male. Questo pessimismo infecondo, questo pessimismo di persone incapaci di dare vita. Alcune persone, impaurite da questi pensieri, tendono a chiudersi, a rifugiarsi in piccole cose. Ricordo l’esempio di un convento, dove tutte le sue monache si erano rifugiate in piccole cose. Il convento si chiamava di santa... non dirò di chi, e stava in una città, ma lo chiamavano il «convento cosina, cosina, cosina» perché tutte erano rinchiuse in piccole cose, come rifugio, in progetti egoistici che non edificano la comunità, piuttosto la distruggono. Invece, la preghiera ci apre, ci permette di assaporare che Dio è grande, che sta al di là dell’orizzonte, che Dio è buono, che ci ama e che la storia non gli è sfuggita di mano. Può essere che stiamo camminando in una valle oscura (cfr. Sal 23, 4), non abbiate paura se il Signore sta con voi. Ma lui non smette di camminare al nostro fianco e di condurci alla vera meta a cui tutti aneliamo: la vita eterna. Possiamo avere il coraggio di fare cose grandi, perché sappiamo che siamo favoriti da Dio. E insieme a Lui, siamo capaci di affrontare qualsiasi sfida, perché in realtà solo la sua compagnia è ciò che il nostro cuore desidera e ciò che ci concede la pienezza e la gioia da cui siamo stati creati. Questo la Santa lo ha riassunto in una nota preghiera che vi incito a recitare con frequenza: Nulla ti turbi, Nulla ti spaventi. Tutto passa, Solo Dio non cambia». Papa Francesco Nella sera di giovedì 24 marzo, in occasione della “Giornata dei missionari martiri”, il portale della chiesa è stato benedetto da don Andrea, forse non tutti sanno che santa Teresa di Lisieux è la patrona dei missionari. Il novello Banksy è l’albinese Damiano Nembrini, infermiere di professione e artista per passione che coltiva da autodidatta fin dall’infanzia e che, con egregi risultati, lo accompagna tutt’ora in un percorso che non tralascia la sperimentazione. Hanno collaborato con l’autore Gianluca Locatelli e Angelo Vedovati. Ora che i lavori hanno restituito via sant’Anna al libero passaggio, le belle sorprese non mancano e accompagnano i passi del viandante invitandoli a pensieri d’infinito.

12 aprile 2021

Santa Teresa di Lisieux

«Molti cristiani non trovano alcuna difficoltà nel considerare Dio come un padre amorevole, di conseguenza si rivolgono a Lui con fede e con fiducia nella sua bontà convinti che Egli si prenderà cura di loro con tenerezza paterna. Santa Teresina di Lisieux era una di queste persone. Ella credeva senza dubbio che Dio vegliasse su di lei costantemente e gli affidava ogni minimo dettagli della sua vita. Uno dei motivi della capacità di Teresa di accettare così facilmente la paternità di Dio fu il bellissimo rapporto che aveva col suo padre, Louis Martin. Per sua stessa ammissione il padre era molto affettuoso con lei e la sostenne sempre; in tal modo essa fu abituata fin dall’infanzia a fidarsi e ad appoggiarsi al suo padre terreno. Questo atteggiamento fu poi trasferito al Padre celeste e produsse quei frutti di semplicità fiducia, abbandono in Dio che noi tutti ammiriamo in lei». Che le cose della terra non possano mai turbare la mia anima, che niente turbi la mia pace. Le Bon Dieu est plus tendre qu’une mère. Don Franco Una parola al giorno

Marzo 2022


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SOCIETÀ

«Fratelli tutti è il nostro futuro!»

Intervento del cardinale di Bologna al Congresso nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia - Anpi Oggi è un giorno davvero speciale. Roma ricorda l’eccidio della Fosse Ardeatine, i martiri caduti per la libertà della Patria. “Credo in Dio e nell’Italia / credo nella risurrezione / dei martiri e degli eroi / credo nella rinascita / della patria e nella / libertà del popolo”, sono le parole incise sulla parete di una cella di tortura, in Via Tasso, a Roma, durante l’occupazione nazista. Papa Benedetto in visita al sacrario disse: «Chi ha scritto quelle parole l’ha fatto solo per intima convinzione, come estrema testimonianza alla verità creduta, che rende regale l’animo umano anche nell’estremo abbassamento». Oggi poi è l’anniversario dell’assassinio di mons. Romero, Vescovo di El Salvador, che aveva detto: «Soldati, vi supplico, vi prego, vi ordino: non uccidete i vostri fratelli!». Il giorno dopo venne ucciso mentre celebrava la Messa. Turoldo scrisse di lui: «Ucciso infinite volte dal loro piombo e dal nostro silenzio. Ucciso per tutti gli uccisi, ucciso perché fatto popolo, ucciso perché facevi cascare le braccia ai poveri armati, più poveri degli stessi uccisi». Ringrazio del vostro invito. È occasione per confrontarci, per comprendere cosa le radici ideali del nostro Paese consigliano in momenti che impongono scelte decisive come quelle che abbiamo di fronte. Il Pnrr e la pace, perché le pandemie possano essere sconfitte e trasformate in opportunità per migliorare l’unica casa comune del mondo. L’orizzonte, infatti, è il mondo: siamo costretti a confrontarci con il mondo, a capire quello che siamo aprendoci e non chiudendoci! La vostra associazione intende custodire i valori che animarono la lotta che portò alla liberazione dalla pandemia della guerra, che si abbatté sul mondo, in particolare in Europa, che l’aveva causata. Quest’anno sono 75 anni dall’approvazione della Costituzione, il 22 dicembre 1947. C’è un filo che unisce il 25 aprile, il 2 giugno e la Costituzione, filo da non indebolire, tanto più in un momento di grande incertezza, sia con appropriazioni esclusive sia con distinguo che ne mettono in discussione le basi e l’unità di tutti. In un momento di scelte alte, che richiedono concordia, capacità di visione e di ideali, un confronto appassionato ma condiviso per riparare le tante fragilità rivelate dalle pandemie, penso che ripartire da questi ideali sia indispensabile. Occorre superare il rischio di confondere il confronto ideale con l’ideologia, che lascia poco spazio al cambiamento e alla costruzione, che tende ad escludere l’altro, a nutrire sospetti e incapacità di collaborazione, che fa sentire dalla parte giusta ma in realtà condanna all’autoreferenzialità. La grandezza della Costituzione era proprio la scelta di un Paese dove le idee di ciascuno erano garantite dalla libertà di tutti e dove, però, anche i diritti individuali avevano sempre un corrispettivo collettivo, perché non si affermasse mai l’individualismo, pericolosa stortura che rende la persona una monade senza il riferimento che lo unisce al prossimo. Le pandemie del virus e della guerra (della quale ci accorgiamo drammaticamente perché investe direttamente il nostro continente e con delle proporzioni inedite e contorni imprevedibili e minacciosi, ma che non deve cancellare tutti gli altri conflitti) ci impongono rigore e unità. Nelle pandemie quello che sembrava impossibile è accaduto, rivelando le debolezze, i rimandi, le deleghe, i personalismi, le chiusure che indeboliscono l’organismo e rappresentano il terreno di cultura per il germe della violenza, nutrito dall’enfasi nazionalista. Il nazionalismo, infatti, significa odio e violenza, pregiudizio e contrapposizione, tanto che i carnefici passano per vittime, gli invasori liberatori, gli aggressori

aggrediti (cercano il nemico da combattere e con cui non parlare), così diverso dall’amore per il proprio Paese e da un genuino sentimento patriottico, del quale il nazionalismo è la deformazione, la caricatura, spesso la strumentalizzazione. Il nazionalismo significa che non abbiamo imparato dalle severe lezioni degli ultimi conflitti. Perché non amiamo la nazione Europa? È anche vero che le pandemie rivelano ciò che è saldo, le radici profonde, i valori del nostro Paese e dell’Europa. Sono questi i valori di quanti hanno combattuto contro il fascismo e il nazismo, credendo alla libertà, ad un futuro migliore, al ripudio della guerra. Morendo hanno gridato: mai più la guerra! Non dimentichiamo certo le terribili atrocità commesse nei mesi successivi alla liberazione, non in nome di quei valori, anzi, tradendo questi. Credo sia un dovere della nostra generazione – che è quella che conserva ancora gli ultimi testimoni e ne ha ascoltato la memoria diretta – di trasmettere la storia, la drammaticità, le sfumature, la complessità ma anche una vera riconciliazione, la presa di distanza senza se e senza ma da ogni violenza. Ogni violenza arrivi a capirla ma non puoi mai giustificarla. Dobbiamo liberare dal seme della violenza: ecco la responsabilità che viene da tanto dolore. Facciamo risaltare ancora di più la grandezza di quei valori cercando, se possibile, una coraggiosa riconciliazione, liberandosi da pesi che possono sempre causare infezioni e odi, ingiusti per vittime sulle quali spesso si è gettato il sospetto, doppio tradimento della verità. Desidero ricordare l’unico drammatico episodio che ha avuto un coraggioso e commovente incontro – tutt’altro che buonismo o embrassons nous ma giustizia


SOCIETÀ

davvero riparativa – quello dei parenti del giovane seminarista Rivi e di quanti hanno contribuito al suo assassinio. C’è più coraggio in questo che nel pensare di stare dalla parte giusta! «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». Il rischio è che la logica della guerra – perché è una logica nutrita dagli interessi sporchi del mercato delle armi – prevalga e faccia dimenticare le radici della Costituzione. La guerra si ripudia: non è solo “rinunzia” ma “ripudio” cioè un rifiuto intimo, interiore, dettato da convinzioni profonde e convinte. Non dobbiamo organizzare la pace, così come altri organizzano la guerra? Mazzolari chiedeva di guardare non alle ideologie, ma al dolore della gente e parlava della Resistenza come il compimento del Risorgimento. «Fra tante tristezze e disgrazie, l’adozione della Patria da parte del popolo è l’avvenimento consolante della nostra storia. Ora che gli umili sono saliti verso un’idea di Patria, che può essere amata da tutti perché è un bene di tutti e non sta contro nessuno neanche con quei di fuori, il Risorgimento è compiuto», scrisse. Possiamo perdere sovranità per ridare forza a ciò che unisce, l’Europa, l’Onu, una architettura internazionale capace di risolvere i conflitti e prevenirli. «Chi non vede il bisogno di giungere così, progressivamente, a instaurare un’autorità mondiale, capace di agire con efficacia sul piano giuridico e

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politico?» si domandava Paolo VI testimone di quella generazione. «Non gli uni contro gli altri, non più, non mai! L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità. Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità!», disse. Voglio ricordare con riconoscenza David Maria Sassoli, che volle recarsi nel luglio scorso a Fossoli, con la Presidente della Commissione Europea, tedesca, e lì affermò che «la nostra Europa nasce dal punto più basso di dolore della nostra storia contemporanea, dal grido delle madri che in tutti i nostri paesi, a qualunque fronte appartenessero, ogni qualvolta hanno ricevuto la notizia di un figlio morto hanno urlato “mai più la guerra”. Quello che è accaduto è il risultato di società consapevoli dei diritti, ma incapaci di farli prevalere contro i pregiudizi e gli odi. Società che si credevano migliori del proprio vicino, esasperando un antagonismo che ha trasformato l’amore per la propria terra in nazionalismo fanatico e criminale». Aggiunse che «non possiamo permetterci di sottovalutare le manifestazioni di odio, violenza, discriminazioni che si manifestano nello spazio europeo. In fondo, c’è qualcosa che unisce il passaggio di testimone di allora, tra i resistenti, liberatori e le vittime innocenti, con quello di oggi: aprire ai giovani la porta di un domani migliore. Tutto questo ci richiama alla nostra funzione di sentinelle del domani dei nostri ragazzi. Solo così onoreremo le donne, gli uomini, sulle cui spalle siamo potuti salire per godere di un destino diverso». Ha detto Papa Francesco ai movimenti popolari – e l’Anpi mi sembra possa farne parte a pieno titolo – che sono «un esercito che non ha altre armi se non la solidarietà, la speranza e il senso di comunità, che rifioriscono in questi giorni in cui nessuno si salva da solo. Voglio che pensiamo al progetto di sviluppo umano integrale a cui aneliamo, che si fonda sul protagonismo dei popoli in tutta la loro diversità e sull’accesso universale a quelle tre T per cui lottate: tierra, techo e trabajo. La nostra civiltà, così competitiva e individualista, con i suoi frenetici ritmi di produzione e di consumo, i suoi lussi eccessivi e gli smisurati profitti per pochi, ha bisogno di un cambiamento, di un ripensamento, di una rigenerazione». Ecco la prospettiva. Vorrei terminare con Padre David Maria Turoldo: “Il fascismo è uno stato d’animo”. La Resistenza per Turoldo non si è mai conclusa: per lui è «l’avvio di un percorso di vita che non avrà mai fine sia perché la libertà non è definitiva e deve essere difesa e ricostruita giorno per giorno, sia perché coinvolge l’esistenza umana in tutte le sue espressioni». Chiediamo di lottare contro la violenza, ma senza diventare né violenti né indifferenti. Chiediamo di essere dalla parte dei poveri, ma capaci di parlare con tutti. Chiediamo di scegliere un impegno radicale e senza compromessi ma libero dalle scorciatoie del massimalismo. Chiediamo un impegno attento alla persona, ma anche ai diritti della comunità e del mondo tutto. Chiediamo di comprendere la complessità, ma senza perdere la chiarezza della scelta. Chiediamo di difendere i valori della libertà e del valore di ogni vita e di ogni persona, dall’inizio alla fine, pagando con l’onestà, la serietà, lottando contro la disuguaglianza che produce violenza, contro l’ingiustizia, senza mai abituarsi a questa, vincendo l’ipocrisia dei diritti dichiarati e non garantiti, aprendosi a tutti i popoli della terra per riconoscere il bene e la bellezza che sono nascosti in ognuno di essi, per stringere legami di unità, di progetti comuni, di speranza comune. Chiediamo Fratelli tutti, perché solo questo è il nostro futuro! E questo era il testamento dei nostri padri! Cardinale Matteo Maria Zuppi 23 marzo 2022

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LAVANDERIA LAVASECCO Fassi Fulvia di Esther

ALBINO - via Mazzini 46 - tel. 035 753687

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Dopo aver ultimato tutti gli interventi già noti sui vari immobili parrocchiali, in attesa dell’autorizzazione della Soprintendenza (che ci auguriamo imminente), siamo pronti per iniziare la tinteggiatura della facciata della Prepositurale, approfittando anche delle attuali agevolazioni governative. Siamo in difficoltà riguardo alle nostre risorse disponibili. Per questo ti ringraziamo per quanto riuscirai a fare. È possibile anche detrarre fiscalmente nella dichiarazione dei redditi - in misura del 19% - quanto devoluto a sostegno dei lavori autorizzati. Per le aziende è possibile la totale detrazione.

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ASSOCIAZIONISMO

ACLI ALBINESI RICORDO DI CARLA TOSETTI

Un altro membro “storico” del Consiglio Acli di Albino ci ha lasciato, Carla Tosetti. Dopo una lunga malattia, è deceduta lo scorso 25 marzo. Per molti anni Carla ha rappresentato un punto di riferimento delle Acli albinesi. Si era assunta il compito di proporre e guidare una serie di iniziative culturali rivolte agli aclisti albinesi e non solo. Con un modo molto spigliato e diretto riusciva a coinvolgere le persone invitandole ad aderire a svariate iniziative culturali. Parliamo delle rassegne teatrali al Donizetti di Bergamo, delle Opere Liriche all’Arena di Verona, della conosciutissima Octoberfest di Monaco di Baviera. Assieme agli altri membri e amici delle Acli si impegnava anche nel promuovere e gestire le camminate e le iniziative sociali che il Circolo albinese proponeva in particolari periodi dell’anno. Ora Carla ci ha lasciato e il suo grande impegno è stato ricordato, con grande commozione, durante la messa funebre in chiesa parrocchiale dall’amico e collaboratore aclista Luigi Rivellini.

COSTUME E SOCIETÀ

L’Istat ha annunciato l’ennesimo calo della natalità. Con un tasso di fertilità di 1,17 figli per donna l’Italia ha chiuso lo scorso anno con meno di 400.000 nati. Il bilancio di sette morti ogni quattro nati, con un saldo negativo di 342 mila unità. Siamo al secondo posto nel mondo. dopo il Giappone. E’ un risultato a dir poco preoccupante. Secondo la Statistica, entro la data nella quale la popolazione globale dovrebbe toccare il suo picco, il nostro Paese avrà perso quasi dieci milioni di residenti. I problemi che ciò comporterà saranno imponenti e toccheranno moltissimi settori dell’economia : dalla meccanica all’edilizia, dalla farmaceutica alla moda. Le imprese saranno messe in difficoltà dal calo della domanda interna e dovranno affrontare una carenza di manodopera specializzata. La natalità è l’unico motore per fare ripartire il Paese. Servono decisioni politiche immediate e serie. E questo è compito del Parlamento e del Governo. Se ciò non avverrà sarà difficile immaginare una crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo) a fronte di una contrazione della popolazione. Di conseguenza un numero sempre minore di persone dovrà farsi carico del fardello dell’enorme debito pubblico (siamo sui 2500 miliardi di euro!). Come ciò potrà avvenire non ci è dato sapere. Solo sui giovani si potrà contare. Ma

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Rubrica a cura del Circolo “Giorgio La Pira” anche qui c’è il grosso problema di lauree e specializzazioni. Chi non trova lavoro in Italia va all’estero. È molto probabile che a questo punto dovremo andare a cercare mano d’opera nei Paesi di cui oggi ne respingiamo le persone.

ACCOGLIENZA

C’è tanta Italia ai confini dell’Europa. Là dove la guerra distrugge vite e calpesta sogni, ogni giorno un seme di speranza viene piantato. A Kielce, città polacca a 300 chilometri da Leopoli, un imprenditore italiano, che non vuole essere citato, ha trasformato la propria azienda, che opera nel campo siderurgico, in una struttura umanitaria di prima accoglienza. Insieme alla direttrice dello stabilimento, l’imprenditore organizza viaggi alla frontiera, accoglie profughi, li porta nell’albergo cittadino, li cura occupandosi delle esigenze quotidiane e li aiuta a trasferirsi in Italia o altrove. Sono iniziative, fa le tante, che riteniamo utili siano conosciute.

RACCOLTA FONDI PER I PROFUGHI DELLA GUERRA IN UCRAINA

Luigi Rivellini, instancabile come sempre, ha colto “al volo” l’occasione per promuovere, a nome delle Acli, una raccolta di fondi destinati ai profughi della guerra in Ucraina. Sotto il porticato della chiesa parrocchiale e durante il mercoledì del mercato, utilizzando un bancone delle Acli su cui aveva posto la bandiera della Pace, ha sollecitato i passanti a devolvere un piccolo contributo per i profughi offrendo quindi un ulteriore momento di riflessione e di solidarietà per chi è nel bisogno.

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ASSOCIAZIONISMO

PERCORSI

La Lombardia è la regione con il più alto numero di femminicidi in Italia, ma anche quella con il maggior numero di denunce per maltrattamenti tra le mura domestiche: angherie fisiche, psicologiche, sessuali, economiche. Perciò Milano ha deciso di affinare le sue iniziative di contrasto alla violenza di genere: sia che offrano sostegno alle vittime , sia che prendano in carico i carnefici. Ora l’Agenzia di tutela della salute della città metropolitana ha creato una squadra antiviolenza di criminologi, psicoterapeuti ed educatori affinchè valutino i singoli casi. A monitorare l’efficacia dei trattamenti è un centro di ricerca dell’Università di Milano Bicocca. È un progetto che intende prevenire le recidive formando tutti coloro che possono venire a contatto con questo dramma: il personale dei consultori, del Pronto Soccorso, delle Forze dell’ordine, ma anche gli avvocati, i medici di base, i pediatri. Gli esperti spiegano che l’uomo violento non è un “malato”, ma il frutto di una sottocultura che discrimina le donne. Quindi non va “curato”, ma rieducato: deve capire che maltrattare le donne è inaccettabile.

SENZA CONFINI

Mohamed è uno dei 70 bambini gravemente cardiopatici e senza speranza di cure nel proprio Paese che dal 2016 ad oggi, grazie al progetto “Cuori in emergenza” dell’Associazione Bambini Cardiopatici nel Mondo, sono stati operati in Italia, presso il policlinico San Donato (Milano). Mohamed ora è tornato in Egitto, operato e guarito. Un’iniziativa e un’organizzazione preziosa, impegnata dal 1993 a curare i piccoli nati nelle aree più difficili del pianeta, che non bada a nessun tipo di appartenenza, ma tiene in conto solo il benessere dei piccoli.

GLI ALPINI

In un cappello valori e sacrifici. Ci volevano gli alpini per sbrogliare la matassa. Se la campagna vaccinale sta funzionando , salvando vite umane e svuotando le terapie intensive, in gran parte lo dobbiamo a loro. Quando il Paese era in preda al caos

sono arrivati gli alpini a mettere ordine, con metodo e disciplina. Un servizio impeccabile, di cuore e di sostanza il loro. Grazie alle migliaia di volontari che preferiscono servire il proprio popolo, con la mascherina e a 35-40 gradi, piuttosto che restare comodi a casa con l’aria condizionata o in villeggiatura. Quando ci sono calamità, alluvioni, terremoti, sono loro i primi ad intervenire. Quante volte lo abbiamo visto. E allora dobbiamo toglierci il nostro di cappello di fronte a questi uomini meravigliosi, mostrando riconoscenza e gratitudine. Ricordandoci che è questa la vera solidarietà.

BENE COMUNE

Anche il profitto può essere un aiuto per il bene della società. Lo dimostrano i protagonisti di un gruppo esperto di mercati finanziari e imprenditori di Torino la cui idea è quella di avviare processi per fare economia mettendo al centro il Vangelo. Giandonato Salvia, 31 anni, esperto di mercati finanziari e imprenditore , insieme con alcuni colleghi e amici ha formato un gruppo che tende a realizzare concretamente tale scopo. È sufficiente leggere questa sua dichiarazione per comprendere pienamente il valore del progetto. Egli scrive :”Non bisogna dividere la nostra interiorità dalla nostra professionalità. Se sei una persona con un cuore attento ai bisogni degli altri, lo sei anche nel campo in cui lavori. E noi siamo economisti e imprenditori. Ma il futuro per noi è l’economia sociale, che non rinnega il denaro e il profitto, ma non dimentica l’altro. Se l’oggetto sociale di un’impresa è fare soldi, tutti i progetti andranno in quella direzione, ma se l’oggetto sociale è fare del bene, allora parte del guadagno sarà investito nella redistribuzione e nella gratuità. Noi crediamo in questo modello”.

GENERAZIONE PERDUTA

Tra le tante emergenze italiane ce ne è una che sta assumendo dimensioni mai viste prima. Parliamo dei “Net”, vale a dire giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi formativi, che hanno raggiunto il record tra i 27 Paesi dell’Unione Europea : nella fascia d’età 15-34 anni hanno superato quota 3


ASSOCIAZIONISMO milioni, praticamente 1 su 4, vale a dire il 25%. Un vero esercito che, invece di ridursi, si è di anno in anno, implementato. Puntando la lente d’ingrandimento tra gli oltre 3 milioni di loro, i disoccupati, ovvero chi non ha un impiego ma lo sta cercando, sono circa 1 milione, mentre gli inattivi, cioè chi non ha un lavoro, sono i restanti 2 milioni. Essi hanno generalmente un basso titolo di studio. Ci sarebbe bisogno di manodopera specializzata, come muratori, carpentieri, meccanici, elettricisti, idraulici e via dicendo, che le aziende non trovano. Ma evidentemente questi lavori, ritenuti umilianti, interessano a pochi. Quale è la risposta del Governo a questo grave problema ? Ha promosso un piano specifico rivolto ai giovani “Neet” con l’obiettivo di “mettere a sistema misure e strategie per far emergere il fenomeno , ingaggiare e coinvolgere i giovani inattivi”. Perno di questa strategia è il rafforzamento del programma già in atto “Garanzia Giovani”.

RICERCA

Dotarsi di una strumentazione scientifica, necessaria per le attività di ricerca che si svolgono presso l’Istituto di Ricerca Pedriatica Città della Speranza di Padova, è l’obiettivo della raccolta fondi promossa dall’Istituto stesso. Sono ancora molte le patologie pediatriche di cui non si conoscono le cause o per le quali non esistono terapie risolutive, ed è per questo che Fondazione Città della Speranza supporta i progetti di ricerca dove lavorano 30 gruppi di ricercatori in vari ambiti (ematologia, oncologia, terapia genica, malattie genetiche, medicina rigenerativa, neonatologia, cardiologia e immunologia). Biologi, medici, fisici e ingegneri lavorano insieme per individuare soluzioni innovative per la cura delle malattie pediatriche. Il bene dei bambini è fondamentale per la società. E noi desideriamo vengano conosciuti e divulgati il più possibile.

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RESISTENZA DELLE ONG

Se si fossero fermate, se l’avessero fatto, sarebbero state perdute. Ma non l’hanno fatto e, grazie a Dio, il temuto tracollo delle Organizzazioni non governative (ONG) italiane con la pandemia non c’è stato. La capacità di reagire, ha potuto continuare a sostenere le comunità dei Paesi più poveri e aiutare anche l’Italia a resistere al Covid. I numeri dell’indagine di Open Cooperazione, la piattaforma che aggrega i dati di trasparenza delle organizzazioni attive nella cooperazione internazionale, parlano di un universo di realtà resistenti. Il bilancio della loro attività ha superato nel 2020 (anno tragico) ancora una volta il miliardo di euro, con una lieve crescita dell’1 per cento rispetto al 2019. Elias Genovesi, curatore di Open Cooperazione, individua in tre fattori i motivi di tale resistenza. E dice :”Il primo è l’attivazione e il grande impegno sul fronte della pandemia. Il secondo è stato il poter contare su un discreto sostegno che il sistema ha dato grazie all’intervento della cassa integrazione. Il terzo la capacità di tener vive le relazioni con i donatori e con i Paesi beneficiari nonostante la limitata mobilità internazionale.” E poi, continua Genovesi, “i donatori di contributi sono rimasti tutti al nostro fianco e anche le aziende, seppure molte in difficoltà, hanno proseguito nel sostegno dato ai nostri progetti”. Ancora una volta il “Terzo settore”, cui le Acli appartengono a pieno titolo, ha dimostrato l’importanza delle sue attività solidaristiche.

DISAGIO SOCIALE

In Italia il suicidio è, dopo gli incidenti stradali, la seconda causa di morte nella fascia d’età 10-24 anni. Si tolgono la vita quattro giovani alla settimana! Se negli ultimi anni generalmente i suicidi sono diminuiti, tra i giovanissimi sono però enormemente aumentati i comportamenti suicidi: autolesionismo, ritiro sociale e tentativi di togliersi la vita. All’ospedale Bambin Gesù di Roma le richieste di pronto soccorso per tentato suicidio negli ultimi anni sono aumentate di venti volte. Analoga la situazione all’Ospedale civile di Padova. È mai possibile? Sì, purtroppo, perché succede. Un recente studio internazionale del Jornal Psychologi rileva che in Europa il 28% degli adolescenti attua questi comportamenti assai negativi. Che cosa possiamo fare ? Difficile dirlo. La perdita dei valori di cui una volta era permeata la società (religione in testa), rende difficoltoso nei giovani la ragione di vita. C’è solo da sperare e operare perché quei valori vengano, anche se lentamente, recuperati. A nostro parere solo così sarà possibile invertire la rotta negativa che attualmente vive la nostra società.

IGNAVIA

La nostra generazione dovrà avere rimorso non soltanto delle parole e degli atti dei figli delle tenebre, ma altresì dell’ignavia e dei timori dei figli della luce”. È uno dei bei pensieri di Martin Luter King. Solitamente le persone “perbene” sono portate a pensare che solo i cattivi debbano pentirsi di aver fatto del male. E in parte ciò è vero. Ma forse anche chi si ritiene “uomo giusto” dovrebbe chiedersi se si è sempre comportato nel migliore dei modi, o se invece, magari per paura, indolenza o viltà, ha rinunciato a prendere scomode posizioni. Perché, in questo caso, anch’egli dovrebbe sentire rimorso e, quindi, pentirsi. Per le Acli albinesi Gi.Bi.

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CASA FUNERARIA di ALBINO CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO srl, società di servizi funebri che opera con varie sedi attive sul territorio da più di 60 anni, nata dalla fusione di imprese storiche per offrire un servizio più attento alle crescenti esigenze dei dolenti, ha realizzato ad Albino la nuova casa funeraria. La casa funeraria nasce per accogliere una crescente richiesta da parte dei famigliari che nel delicato momento della perdita di una persona cara si trovano ad affrontare una situazione di disagio oltre che di dolore nell’attesa del funerale. Il disagio potrebbe derivare dalla necessità di garantire al defunto un luogo consono, sia dal punto di vista funzionale che sanitario e permettere alle persone a lui vicine di poter manifestare il loro cordoglio con tranquillità e discrezione.

Spesso si manifesta la necessità di trasferire salme in strutture diverse dall’abitazione per ragioni di spazio, climatiche igienico sanitarie. Ad oggi le strutture ricettive per i defunti sono poche ed il più delle volte improvvisate, come ad esempio le chiesine di paese, che sono state realizzate per tutt’altro scopo e certamente non garantiscono il rispetto delle leggi sanitarie in materia. Dal punto di vista tecnico la casa funeraria è stata costruita nel rispetto delle più attuali norme igienico-sanitarie ed è dotata di un sistema di condizionamento e di riciclo dell’aria specifico per creare e mantenere le migliori condizioni di conservazione della salma. La struttura è ubicata nel centro storico della città di Albino, in un edificio d’epoca in stile liberty che unisce funzionalità e bellezza estetica. Gli arredi interni sono stati curati nei minimi dettagli; grazie alla combinazione di elementi come il vetro e il legno, abbiamo ottenuto un ambiente luminoso e moderno, elegante ma sobrio.

Lo spazio è suddiviso in 4 ampi appartamenti, ognuno dei quali presenta un’anticamera separata dalla sala nella quale viene esposta la salma, soluzione che garantisce di portare un saluto al defunto rispettando la sensibilità del visitatore. Ogni famiglia ha a disposizione uno spazio esclusivo contando sulla totale disponibilità di un personale altamente qualificato in grado di soddisfare ogni esigenza.

FUNERALE SOLIDALE Il gruppo CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO, presente sul territorio con onestà e competenza, mette a disposizione per chi lo necessita un servizio funebre completo ad un prezzo equo e solidale che comprende: - Cofano in legno (abete) per cremazione e/o inumazione; - Casa del commiato comprensiva di vestizione e composizione della salma, carro funebre con personale necroforo; - Disbrigo pratiche comunali.

Antonio Mascher  335 7080048 ALBINO - Via Roma 9 - Tel. 035 774140 - 035 511054 info@centrofunerariobergamasco.it


MEMORIA

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Anniversari

Giuseppa Carrara (Maria)

Rosina Bonomi

in Birolini 2° anniversario

in Carrara 1° anniversario

n. 08.03.1937 - m. 28.05.2020

n. 05.06.1946 - m. 29.04.2021

Sei sempre con noi

Sei sempre nei nostri cuori

Per la pubblicazione in questa pagina delle fotografie dei propri cari defunti, rivolgersi alla portineria dell’oratorio.

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Pentecoste Ora rialzatevi! Prendete lo Spirito come la vela prende il vento; non tenetelo chiuso in voi stessi: si gonfi di lui il vostro grido – che sia d’impazienza o di gioia! – poiché ben sapete per quale battesimo viventi soffi voi rinascete! A vele spiegate, prendete lo Spirito come la vela prende il vento: nel prenderlo, siatene preda! Didier Rimaud


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