Albino comunità viva - Marzo 2019

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IL GIORNALE DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE DI SAN GIULIANO - N. 3 / MARZO 2019


CALENDARIO APPUNTAMENTI

Marzo Scrutinio Prima Comunione #1 20.30 - Itinerario fidanzati #10 21.00 - “Meditazione musicale Quaresimale” con il S. Rebecca P. Coro Legictimae Suspicionis [S. Bartolomeo] MEMORIA DI SANT’OSCAR ROMERO 09.00 - Catechesi delle famiglie 11.00 - Santa Messa e Scrutinio Cresimandi #1 A 3 di Quaresima Giornate FAI: visite guidate al Pianto (e sab 23) 20.30 - Tutte le sere PREGHIERA DELLE FAMIGLIE ALLA RADIO [94.7 FM] 16.15 - Laboratorio di Quaresima Annunciazione per elementari e 1a media [oratorio] 20.30 - Gruppi di ascolto del Vangelo nelle case 21.00 - Film di qualità [CineTeatro]

S. Emanuele 15.00 - Catechesi degli adulti [oratorio]

S. Secondo m.

17.00 - Via Crucis 20.30 - CateTerzaMedia | 20.45 - CateAdo 20.30 - Via Crucis nei quartieri

S. Amedeo

Scrutinio Prima Comunione #2 18.00 - Catechesi 1a e 2a media 21.00 - Concerto inaugurale Albino Classica Scrutinio Cresimandi #2

S. Maria di Cleofa 20.30 - Gruppi di ascolto del Vangelo nelle case BUONGIORNO GESÙ 7.20 Elementari [Prep.] | 7.30 Medie [orat.] 15.00 - Catechesi degli adulti [oratorio] S. Maddalena di Canossa 20.45 - Preghiera di comunità [S. Bartolomeo] BUONGIORNO GESÙ 7.20 Elementari [Prep.] | 7.30 Medie [orat.]

BUONGIORNO GESÙ 7.20 Elem. | 7.30 Medie 17.00 - Via Crucis 20.30 - CateTerzaMedia | 20.45 - CateAdo S. Giuseppe Moscati 20.30 - Via Crucis al Cimitero 20.30 - Ultima sera di PREGHIERA DELLE FAMIGLIE ALLA RADIO [94.7 FM]

INIZIA LA SETTIMANA SANTA 09.00 - Colazione in Oratorio per i Cresimandi DELLE PALME 10.00 - Processione delle Palme [da S. Anna]

Santo

Santo

4A di Quaresima

Aprile

20.30 - Tutte le sere PREGHIERA DELLE FAMIGLIE ALLA RADIO [94.7 FM] 16.15 - Laboratorio di Quaresima per elementari e 1a media [oratorio] 21.00 - Film di qualità [CineTeatro]

S. Francesco di Paola 15.00 - Catechesi degli adulti [oratorio] 20.30 - Riunione Caritas [Casa della Carità]

S. Sisto I Papa 20.30 - Messa per bimbi non nati [Guadalupe]

S. Isidoro v. dott. 17.00 - Via Crucis 20.30 - CateTerzaMedia | 20.45 - CateAdo S. Vincenzo Ferrer 20.30 - Via Crucis nei quartieri

S. Irene vr.

BUONGIORNO GESÙ 7.20 Elementari [Prep.] | 7.30 Medie [orat.]

S. Ermenegildo

S. Sisto III

S. Ugo

BUONGIORNO GESÙ 7.20 Elementari [Prep.] | 7.30 Medie [orat.] 16.15 - Laboratorio di Quaresima S. Alberto Dionigi per elementari e 1a media [oratorio]

S. Gemma

S. Ruperto v.

1 Lun 2 Mar 3 Mer 4 Gio 5 Ven 6 Sab

5A di Quaresima

9.30 e 14.15 - Catechesi elementari 18.00 - Catechesi 1a e 2a media 20.30 - Itinerario fidanzati #8

Santo

SACRO TRIDUO PASQUALE

23 Sab 24 Dom 25 Lun 26 Mar 27 Mer 28 Gio 29 Ven 30 Sab 31 Dom

7 Dom 8 Lun 9 Mar 10 Mer 11 Gio 12 Ven 13 Sab 14 Dom 15 Lun 16 Mar 17 Mer 18 Gio 19 Ven 20 Sab 21 Dom 22 Lun 23 Mar

SANTO

SANTO

SANTO

BUONGIORNO GESÙ 7.20 Elementari [Prep.] | 7.30 Medie [orat.] GIORNATA PENITENZIALE 9.00 - 15.00 -20.30 - Confessioni degli adulti BUONGIORNO GESÙ 7.20 Elementari [Prep.] | 7.30 Medie [orat.] 20.30 - Via Crucis verso Selvino animata dal gruppo Scout BUONGIORNO GESÙ 7.20 Elem. | 7.30 Medie CONFESSIONI 14.30 Elementari | 16.00 Medie 20.30 - Riunione Caritas [Casa della Carità] 20.30 - Riti prebattesimali L’EUCARISTIA 16.00 - S. Messa alla Casa Albergo (Comunicandi) 20.30 - S. Messa della Cena del Signore Adorazione eucaristica notturna in di S. Anna LA CROCE giorno di astinenza e digiuno Dalla notte Adorazione [S. Anna] 15.00 - Azione liturgica della Passione 20.30 - Cammino orante con il Cristo morto IL GRANDE SILENZIO 11.00 - Benedizione delle uova pasquali 21.00 - Solenne Veglia pasquale con celebrazione dei Battesimi

di Pasqua

CRISTO È RISORTO! ALLELUJA!

dell’Angelo

10.00 - S. Messa di apertura del santuario dell’Ascensione e di San Rocco Dal 22 al 24 aprile Pellegrinaggio dei Cresimandi ad Assisi 20.30 - Gruppi di ascolto del Vangelo nelle case

S. Giorgio m.

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1 Magdala, cittadina da cui proveniva Maria Maddalena, da poco è venuta alla luce dai recenti scavi archeologici in riva al lago di Tiberiade in Terra Santa. In un’aula tutta in pietra, compreso il pavimento in ciottoli, sotto il presbiterio di una chiesa nuova, è stato collocato questo dipinto. È l’immagine che ci ha accompagnato per tutta la settimana degli Esercizi Spirituali di Comunità. In questa inquadratura “all’americana”, dove si vede da metà gamba in giù, regna il silenzio. Nemmeno la polvere che si solleva dal calpestìo; nemmeno il vociferare di una folla che si accalca attorno a Gesù. Lui, al centro, lo si intuisce da quel lembo di tunica bianca verso la quale si tende la mano di una donna; da quel drappo a bande chiare e scure che richiama il tallit della preghiera, e da quel bastone piantato in terra, che dice una forza, una solidità, una potenza. A questa donna è bastato toccare l’orlo della tunica per essere guarita da quell’emorragia che la perseguitava da dodici anni. E un miracolo avviene nel silenzio. Sarà poi Gesù che lo farà venire a galla e lo renderà manifesto, lodando la fede di questa donna. «Mi sono pentito spesso di aver par­lato — diceva l’abate Arsenio —, ma mai di aver ta­ciuto». Un giorno, l’arcivescovo Teofilo si recò nel deserto a visitare l’abate Pambone. Ma l’abate Pambone non gli rivolse la parola. Quando i fratelli alla fine dissero a Pambone: «Padre, di’ qualcosa all’arcive­scovo, così che egli possa essere edificato», egli rispose: «Se non è edificato dal mio si­lenzio, tanto meno sarà edificato dalle mie parole». Il silenzio, però, non è un bene assoluto; anche questo può essere ambiguo. Ci sono anche silenzi negativi: il silenzio cattivo, pieno dì collera. Uno scrittore diceva: “Alcuni raggiungono la loro massima cattiveria nel silenzio”, quando si traduce in giudizio negativo sull’altro, in disprezzo; quando non lo si saluta, non gli si indirizza più la parola; quando lo si impone con minacce a una vittima Ma anche quando non ci si vuol compromettere per sfuggire a ogni critica. Elie Wiesel (scrittore rumeno di origini ebraiche, diventato statunitense) ha scritto: “Nessun maestro mi aveva detto che il silenzio poteva diventa­re una prigione ... Io non sapevo che si potesse morire di si­lenzio come si muore di dolore, di fatica, di fame, di stan­chezza, di malattia o d’amore”. Così pure l’abate Poemen, un monaco del deserto del IV secolo, disse: «C’è un uomo che sembra che taccia, ma il suo cuore giudica gli altri: costui parla sempre. Ce n’è poi un altro che parla dalla mattina alla sera, ma mantiene il silenzio perché non dice nien­te che sia al di fuori del bene spirituale». Il silenzio è soprattutto una qualità del cuore che genera una carità sempre crescente. L’abate Isaia disse ancora: «Non deve essere la tua lingua a parlare, ma le tue opere, e le tue parole siano più umili delle tue opere». Non solo è la virtù che ci siamo dati quest’anno e che ci sta accompagnando nei vari momenti della vita di Comunità, ma è anche la caratteristica di questo tempo quaresimale: meno suoni, meno canti; Dio volesse un po’ meno immagini, meno rumori, meno musica … Questo per prepararci ad entrare nel grande silenzio del Venerdì Santo e preparare il cuore all’esultanza della Risurrezione. Ammirevoli sono stati quei circa quaranta bambini che lo scorso anno hanno vissuto in Sant’Anna le “Sette Parole di Gesù in croce” il Venerdì Santo, da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, continuando poi in Prepositurale la liturgia dell’adorazione della Croce. Solo a pane e acqua, in preghiera! Grazie, Signore, per questi nostri piccoli così di esempio a noi grandi. Coraggiosi come i pastorelli di Fatima. E questo tempo di purificazione ci insegni, in alcuni momenti a tacere (quando facciamo più fatica), e in altri ci insegni a parlare, così che la parole acquistino un maggior peso e un maggior valore. Allora, carissimi, buona continuazione del cammino con un’esperienza di gioia crescente vs. dongiuseppe

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VITA DELLA CHIESA

Le ferite e la fede Le ferite dell’umanità sono quelle di Cristo

Coloro che sono inviati a proclamare il nocciolo della nostra fede cristiana, cioè la morte e risurrezione di Cristo, potranno farlo con autenticità soltanto se saranno costantemente in contatto con le ferite dell’umanità: «Cristo va da lui, da Tommaso, e gli mostra le sue ferite. Questo significa che la risurrezione non è l’annullamento o la svalutazione della Croce. Le ferite sempre rimangono ferite» (mons. Tomas Halik). Le ferite di Cristo rimangono le ferite del nostro mondo. «Il nostro mondo è pieno di ferite. È mia convinzione che quelli che chiudono gli occhi di fronte alle ferite del nostro mondo non hanno il diritto di dire “mio Signore e mio Dio”». Per lui, vedere e toccare le ferite di Cristo nelle ferite dell’umanità è una condizione per vivere una fede autentica. «Io non posso credere finché non tocco le ferite, la sofferenza del mondo, perché tutte le ferite doloranti, tutte le miserie del mondo e dell’umanità sono le ferite di Cristo! Non ho il diritto di confessare Dio se non prendo sul serio la sofferenza del mio prossimo. Quella fede che vorrebbe chiudere gli occhi davanti alla sofferenza della gente, è soltanto un’illusione». La fede nasce e ri-nasce soltanto dalle ferite di Cristo crocifisso e risorto, visto e toccato nelle ferite dell’umanità. Solo una fede ferita è credibile. La presenza delle ferite della crocifissione sul Signore risorto rappresenta, una sfida alla logica umana. Se si potesse fare una coreografia della risurrezione, Gesù si sarebbe presentato a casa di Erode o nel portico di Pilato, e avrebbe pronunciato il più grande “Ve l’avevo detto” della storia. Gesù avrebbe avuto il suo trionfo finale eliminando ogni segno di sofferenza, ingiustizia e sconfitta. Avrebbe fatto in modo che tutto questo rimanesse sepolto nel buio del passato e mai tornasse alla luce. Ma non è questo il modo di Gesù Cristo. La risurrezione non è una vittoria illusoria. Mostrando le sue ferite ai discepoli, Gesù ristabilisce la loro memoria. «Le ferite sul corpo glorificato di Cristo rappresentano la memoria incarnata delle relazioni che hanno definito la sua vita e la sua morte» (Roberto Goizueta). Le ferite di Gesù sono la conseguenza del suo rapporto amorevole e compassionevole con i poveri, i malati, gli esattori delle tasse, le donne di dubbia reputazione, le persone malate di lebbra, i bambini rumorosi, gli estranei e gli stranieri. Le ferite di Gesù sono la conseguenza del fatto che Egli abbia permesso a se stesso di essere ferito quando ha toccato le ferite degli altri. E’ stato crocifisso perché amava queste persone concrete che a loro volta erano state ferite dalla società e dalla religione. Le ferite del Signore risorto ricordano ai discepoli quell’amore che è pronto a essere ferito per compassione nei riguardi del genere umano. Le ferite del Signore risorto ricordarono ai discepoli il tradimento, il loro proprio tradimento e l’abbandono di Gesù quando, per paura, vollero mettere in salvo la propria vita. Scapparono ai primi segnali di

pericolo, terrorizzati dal prezzo da pagare per essere suoi discepoli e, nel caso di Pietro, negando addirittura di conoscere il Signore. Le ferite di Gesù ricordano a loro e anche a noi che le ferite spesso sono inflitte dalla cecità che viene dall’ambizione e dal legalismo e dall’uso improprio del potere che hanno condannato una persona innocente a morire da criminale. Le ferite del Cristo risorto portano la memoria della sofferenza innocente, ma anche della nostra debolezza e della nostra immoralità. Se vogliamo essere operatori della guarigione, dobbiamo rigettare qualsiasi tendenza che appartenga a un pensiero mondano che rifiuta di vedere e toccare le ferite degli altri, quelle ferite che sono le ferite di Cristo nella gente ferita. Le persone ferite dall’abuso e dallo scandalo hanno bisogno che noi siamo, adesso, saldi nella fede. Il mondo ha bisogno di testimonianze autentiche della risurrezione di Cristo che ci avvicinino alle sue ferite come primo atto di fede. Voglio sottolinearlo: è un atto di fede. Roberto Goizueta sostiene che la negazione delle ferite e della morte porta alla morte degli altri e di noi


GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

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INCREDULITÀ DI SAN TOMMASO Dipinto olio su tela di 107×146 cm realizzato tra il 1600 ed il 1601 dal Caravaggio. È conservato nella Bildergalerie di Potsdam (Germania)

stessi. Oggi nel cuore della gente, ma anche nel nostro stesso cuore, c’è una grande paura che induce l’umanità dei nostri giorni a evitare di toccare le ferite del nostro mondo, semplicemente perché ha paura di guardare in faccia le nostre proprie ferite, la propria mortalità, debolezza, immoralità e vulnerabilità. Ernest Becker osserva che tendiamo a evitare il dolore e la sofferenza perché ci ricordano dolorosamente che siamo vulnerabili. Siamo stati ingannati a credere che avere tanto denaro, la giusta polizza assicurativa, la più assoluta sicurezza, le telecamere a circuito chiuso, l’ultimo modello di automobile e gadget e l’appartenenza a club che procurano il ringiovanimento e la salute possano renderci immortali. Purtroppo con questo eliminiamo anche le persone ferite tra di noi, eliminandole dalle strade quando ci sono visite di personalità importanti o nascondendo le loro baracche dietro a pannelli dipinti. In termini pungenti Goizueta afferma: “Se noi rinneghiamo la morte, la infliggiamo ad altri. Se rinneghiamo la morte, noi infliggiamo la morte. Ma la infliggiamo anche a noi stessi.

La paura del dolore e della vulnerabilità che ci porta a evitare rapporti umani veri, a evitare quel vero amore che sempre implica la resa e la vulnerabilità di fronte all’altro, in definitiva uccide la nostra – la nostra! – vita interiore, la nostra capacità di sentire qualsiasi cosa – né dolore né gioia, né amore”. La nostra capacità di amare potrebbe morire. Il terrore delle ferite ci isola e ci rende indifferenti alle necessità degli altri. La paura induce le persone ad assumere atteggiamenti violenti e irrazionali. La paura induce le persone a difendersi anche quando non c’è nessun pericolo. Coloro che seminano il terrore negli altri e nella società in realtà hanno paura di se stessi. In Gesù risorto sappiamo che guardando e toccando le ferite di coloro che soffrono, noi in realtà tocchiamo le nostre stesse ferite e tocchiamo Gesù. Diventiamo fratelli e sorelle gli uni delle altre. Riconosciamo la nostra colpa comune nell’infliggere ferite al genere umano e alla creazione. Sentiamo la chiamata alla riconciliazione. Osserviamo la presenza paziente del Signore risorto nel nostro mondo spaccato. Imparando dal Signore risorto e dai suoi discepoli, guardiamo e tocchiamo le ferite delle vittime, delle famiglie, dei chierici colpevoli e innocenti, della Chiesa e della società. Osservando Gesù ferito dal tradimento e dall’abuso di potere, riconosciamo le piaghe delle persone ferite da coloro che avrebbero dovute proteggerle. In Gesù sperimentiamo la misericordia che tutela la giustizia e celebra il grande dono del perdono. Speriamo che la Chiesa diventi una comunità di giustizia che viene dalla comunione e dalla compassione, una Chiesa capace di procedere in una missione di riconciliazione con il mondo ferito, nello Spirito Santo. Una volta ancora, il Signore crocifisso e risorto è in mezzo a noi, in questo momento, ci mostra le sue ferite e proclama: “La pace sia con voi!”. Preghiamo di crescere nella nostra fede in questo grande mistero. Cardinale Luis Tagle (estratti della relazione all’Incontro su “La Protezione dei Minori nella Chiesa”, 21 febbraio 2019)

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VITA DELLA CHIESA LOCALE

Cosa sono le CET? I nuovi ambiti territoriali della Diocesi di Bergamo

La nostra comunità parrocchiale appartiene alla C.E.T. 3, COMUNITÀ ECCLESIALE TERRITORIALE 3 BASSA VALLE SERIANA. Ne fanno parte 39 Parrocchie, dalla Valgandino a Torre Boldone. Vicario Territoriale è don Michelangelo Finazzi, Parroco di Fiobbio. La segretaria è Nora Comi (cet3@diocesibg.it).

MA LE CET COSA SONO?

Le 13 CET, Comunità Ecclesiali Territoriali della diocesi di Bergamo, sono una risposta di Chiesa, al fatto che oggi la comunità cristiana non corrisponde più al territorio, ma è al suo interno come uno dei tanti soggetti presenti. E sempre più in minoranza. Alla Chiesa minoritaria è chiesto di uscire dalle sagrestie e di dialogare con il territorio. Le CET soprattutto chiedono ai cristiani delle parrocchie di impegnarsi perché il Vangelo sia fermento di una vita umanamente degna per tutti. Questa è la sfida della CET, un cambiamento pastorale prima che strutturale, presentato dal vescovo mons. Beschi, in un’assemblea diocesana, sabato 10 marzo. Per tutte le parrocchie, le strade del quotidiano devono portare ai territori esistenziali, agli ambiti o “terre” esistenziali, già poste all’attenzione della Chiesa italiana dal convegno di Verona dell’ottobre 2006. Le TERRE ESISTENZIALI sono gli incroci della vita: le relazioni, il lavoro e la festa, la tradizione, la fragilità, la cittadinanza. Con due attenzioni: che le terre esistenziali non vanno pensate settori separati e affiancati l’uno all’altro, ma dimensioni della stessa vita, fatta di relazioni, di trasmissione di valori o no, di lavoro e festa, di fragilità umane e di esercizio di cittadinanza; e che non si vuole costruire un’alternativa, un altro mondo, contrapposto a quello non cristiano, con nuove opere ed iniziative impropriamente ‘cattoliche’, ma camminare con tutti.

«A partire dal Concilio Vaticano II la pastorale

ha assunto sempre più i connotati di un impegno in rapporto al ‘territorio’, inteso come l’insieme dei mondi di vita della persona (le relazioni, la trasmissione della fede, la cittadinanza, il tempo del lavoro e della festa, le fragilità). Per questo ‘i mondi vitali’ diventano ‘luogo ecclesiale’ in cui prioritariamente si esprime la vocazione, la missione e la loro corresponsabilità dei laici credenti. La Chiesa infatti: - è ‘per il territorio’, per il Regno di Dio. Cioè la Chiesa è per l’uomo. Essa si pone ed è al servizio della donna e dell’uomo di ogni tempo, perché sia annunciata, celebrata e donata la buona vita del vangelo. - è ‘nel territorio’, è dentro il Regno di Dio, è dentro l’umanità, nel cuore dell’umanità. Questa modalità di presenza della Chiesa è il contrario di ogni forma di estraneità, di lontananza, di distanza, di giudizio, di indifferenza, di separatezza nei confronti di ogni espressione di vita, secondo la splendida immagine della Gaudium et Spes:

“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 1). - è ‘con il territorio’, con il Regno di Dio. Cioè, la Chiesa è con l’uomo. “L’uomo vivente è la gloria di Dio” dice Sant’Ireneo. Una Chiesa ‘con il territorio’, dice e racconta di una Chiesa che sta dalla parte della donna e dell’uomo del nostro tempo, del povero, del fallito, dell’indifeso e del non tutelato, come ‘misura’ di una prossimità vera ed autentica. - è ‘del territorio’, del Regno di Dio. Cioè, è la Chiesa dell’uomo. Ecco allora l’importanza del prendere in considerazione in modo ordinario le cinque ‘terre esistenziali’ delineate dalla riforma diocesana: le relazioni d’amore, il rapporto tra il lavoro e la festa, le forme della tra-


LA CET 3

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per creare mentalità, ‘Mediazione culturale’ , come scelta pastorale. Il riflettere e confrontarci con tutti per capire quale idea di uomo, società, politica, città, in una parola di bene comune siamo portatori e costruttori. (Dall’intervento di mons. Nozza all’assemblea diocesana per le C. E. T. il 9 marzo scorso) Si può sottolineare, dunque, che alle CET, nel territorio, in rapporto con persone e istituzioni, spetta proporre una mediazione culturale, non politica. Questa indicazione di metodo viene dal passato: è importante distinguere un’azione cattolica da un’azione politica, azioni, secondo la lezione di Giuseppe Lazzati, da tenere distinte, anche se non separate: la prima, di spettanza delle CET, è esercitata in quanto cristiani, la seconda da cristiani, autonomamente da laici singoli o organizzati, sotto la propria responsabilità, entrambe per la costruzione del Regno di Dio o, laicamente, del bene comune.

Alcune possibili esplorazioni delle 5 TERRE ESISTENZIALI da effettuarsi nei singoli specifici territori tenendo conto delle diversità di vita presenti in essi: RELAZIONI - L’associazionismo familiare che supera la privatizzazione della famiglia - I rapporti intergenerazionali - L’educazione affettiva che ne supera l’analfabetismo - La prevenzione della violenza in famiglia smissione della fede, le esperienze personali e sociali della fragilità umana, i mondi della cittadinanza». (da un’INTERVISTA a MONS. VITTORIO NOZZA Vicario Episcopale per i laici e per la pastorale della diocesi di Bergamo)

Il metodo e le dinamiche di lavoro nelle Comunità Ecclesiali Territoriali

COME LAVORARE, con i laici veri protagonisti? I CRITERI delle dinamiche di lavoro nella Comunità Ecclesiale Territoriale: Ricominciare dalla vita; Esplorare la vita presente nelle sue varie espressioni; Discernere insieme per riconoscere la presenza del Regno; Assecondare le dinamiche del Regno; Avviare nuovi progetti, percorsi e processi; Curare, nel tempo, le dinamiche attivate. Queste modalità di lavoro devono facilitare e favorire lo sviluppo di: Consapevolezza e responsabilità, Sinergia, Costruzione del bene comune, Mentalizzazione: lavorare

LAVORO E FESTA - Prospettive di sviluppo che superano la criticità economico-sociale - La cura dell’ambiente in rapporto a lavoro e sviluppo - L’attenzione alle condizioni del lavoro e dei lavoratori TRADIZIONE - La cultura, la mentalità che si genera - Il contributo della catechesi alla mentalità comune - I processi di comunicazione e l’uso, non l’abuso, dei ‘social’ - Le alleanze fra educatori FRAGILITÀ - Il welfare, lo star bene della comunità - Le sinergie solidali e i cambiamenti culturali - La sostenibilità dell’invecchiamento CITTADINANZA - La partecipazione e i processi democratici - I processi di interazione della pluralità e delle diversità - L’integrazione dei migranti e dei loro figli nati in Italia e non - Il protagonismo giovanile e il futuro

Coordinatori di gruppi di laici per esplorare le “Terre esistenziali” della CET 3 e costruire, insieme con altri, proposte nel territorio: Relazioni: Roberta Azzola, di Pradalunga. Traditio (educazione/cultura): Silvio Tomasini, di Gandino. Fragilità: Benvenuto Gamba, di Ranica. Lavoro/festa: Carol Angelini, di Ranica. Cittadinanza: Franco Cornolti, di Villa di Serio.

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EDUCAZIONE PREVENZIONE PER COMBATTERE ALCOOL E DROGHE

Si racconta un ex tossicodipendente Rubrica a cura del Centro di Ascolto e Auto-Aiuto “Promozione Umana” di don Chino Pezzoli. Avevo 13 anni, quando per la prima volta provai una “canna” con gli amici... sapete, era una cosa che ti faceva sentire grande, che ti faceva “figo” con le ragazzine, e tutto ciò mi piaceva tanto, tantissimo, da morire... Di lì a poco, cominciai con le prime birrette, col barista che ti guardava storto, ed un po’ ridendo cercavi di spacciarti per un sedicenne o addirittura diciottenne... Erano i tempi in cui si girava in bicicletta, più avanti in motorino, le prime serate in discoteca, dove ai cocktail e al “fumo” ci aggiungevi anche un po’ di “cale” (pastiglie di ecstasy), creavi quel mix forte, che ti faceva sballare per tutta la sera. Poi arrivò la fine della scuola, il diploma, preso con buoni voti, e l’opportunità, colta al volo, di un buon posto di lavoro. Proprio in quell’anno, arrivò l’incontro con Lei...con la cocaina... Le prime volte, come sempre succede, la provi per curiosità, la provi perché vedi altri provarla, perché te ne parlano e tu, alla ricerca costante di quel qualcosa che ti sballi sempre di più, decidi di provarla... e così, pian piano, inizi ad usarla una/due volte al mese, poi una volta a settimana, poi in tutti gli weekend e, senza accorgertene, sei già all’interno del tunnel... Quando la assumi, niente ti fa sentire meglio, niente e nessuno può darti quello che lei ti dà quando sei sotto il suo effetto...cominci a pensare che, ogni volta che avrai un pensiero, un problema, una delusione, lei sarà sempre lì, la tua compagna di viaggio... Però... c’è sempre un però. Da quel preciso momento, cominci inconsapevolmente a rinunciare a tutto il resto; dal

momento in cui decidi di “scegliere” la cocaina, tutto il resto passa in secondo piano... E così, nel corso dei miei 8 anni di dipendenza dalla “polvere”, ho mandato all’aria relazioni affettive importanti, amicizie che duravano da anni, opportunità lavorative, ho sperperato una montagna di soldi, ho contaminato la mia salute fisica e mentale ma, soprattutto, ho rinunciato alla mia libertà... Si, perché la dipendenza ti porta ad essere imprigionato in una vita il cui unico scopo diventa procurarti la tua “pallina” giornaliera. La coca è come il Lupo travestito da Cappuccetto Rosso, pian piano ti mangia tutto quello che hai, ti mangia dentro, toglie qualunque colore alla tua vita, ti fa soffrire e, soprattutto, fa soffrire dannatamente le persone che ami. Finché trovi una madre come la mia, che andando contro se stessa, mi buttò fuori di casa: era un sabato pomeriggio, non potrò mai dimenticarlo! Quel giorno, mia madre fece il più grande gesto d’amore per un figlio: mi ha messo con le spalle al muro per cercare di salvarmi. E fu da quel preciso istante che mi accorsi che intorno a me avevo fatto terra bruciata. Così si decise insieme alla mia famiglia, che nonostante tutto era pronta a sostenermi, di intraprendere un percorso di comunità nella struttura terapeutica “Promozione Umana” di don Chino Pezzoli. Sono stati 3 anni intensissimi, duri e complicati, che mi hanno permesso di riprendere in mano la vita. Ora sono tornato a casa ed al mio lavoro, vedo finalmente la mia vita di nuovo colorata, cerco di affrontarla ogni giorno

a testa alta, pur consapevole che il pericolo è sempre in agguato. A tutti i ragazzi, giovani e meno giovani, dico solo che non importa quanto sia dura la vostra vita, quante difficoltà dovrete superare, date il giusto valore a ciò che avete, probabilmente vale molto di più di quanto pensiate; riempite la vostra vita di passioni, di interessi, di amicizie sane e mature. E se per caso avete commesso l’errore di entrare in questo tunnel, non aspettate! Chiedete aiuto, chiedete una mano, e troverete sempre qualcuno pronto ad aiutarvi. La vita è una sola, viviamola appieno ogni giorno!!

CENTRO DI ASCOLTO E AUTO-AIUTO “PROMOZIONE UMANA” di don Chino Pezzoli Via Donatori di Sangue, 13 Fiorano al Serio - Tel. 035 712913 Cell. 3388658461 (Michele) centrodiascoltofiorano@virgilio.it Facebook @centrodiascoltofiorano INCONTRI GENITORI mercoledì dalle 20.30 alle 22.30


EDUCAZIONE

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Il maestro assiduo e quello “interiore” Quintiliano (35-100 d.C.), elencando le ragioni della sua contrarietà alle percosse come metodo educativo, afferma che anzitutto sono lesive della dignità dello studente e ingiuriose; usate con i soggetti più refrattari, ottengono addirittura l’effetto contrario; infine conclude che, se il maestro sarà assiduo e presente, non avrà neppure bisogno di ricorrere ad alcuna punizione. Nel testo originale latino si legge: l’aggettivo “adsiduus”, vale a dire: “assiduo”, “attento”, riferito al maestro; il verbo “adstiterit”, cioè “sarà presente”. Interessante l’insistenza che si coglie in queste due ultime parole latine che hanno in comune la preposizione “ad” indicante la presenza, la vicinanza. In effetti, è proprio la presenza del maestro, la qualità del suo “esserci”, dello “stare con” gli studenti la migliore prevenzione: senza scomodare lo slogan pubblicitario di un noto dentifricio, il professor Quintiliano, vissuto nel primo secolo dopo Cristo, con questa sua felice intuizione non era molto lontano da Don Bosco e dal suo metodo preventivo. Abbiamo riflettuto, con gli studenti di quinta, su questa qualità della presenza, su come i docenti stiano “in mezzo”, siano capaci di “stare con” i loro studenti, non solo a lezione ma anche in tutti i momenti informali che caratterizzano la vita scolastica. Come insegnante mi sono sentito interpellato ed ho cercato di fare mentalmente un mio “esame di coscienza”; ripensando alla mia esperienza mi sono convinto che il bravo insegnante è proprio quello che sa stare con i suoi allievi, non per dovere, o per forza, o per ripiego, o per lo stipendio, ma perché lo ha scelto e crede che l’educazione avvenga per contagio e per testimonianza (credenti credibili per essere creduti). Poi, visto che siamo a scuola, recuperiamo in classe alcuni collegamenti utili a ripassare il programma... Anzitutto il buon Seneca che, in una delle sue lettere al giovane allievo Lucilio, scrive: «Comportati in tutto, come se Epicuro ti vedesse». Certamente è utile essersi

assegnato ed avere un custode, al quale tu tenga rivolti gli occhi, che tu giudichi testimonio dei tuoi pensieri. Ma è di gran lunga più bello vivere come se fossi di continuo sotto lo sguardo di un uomo virtuoso; io, però, mi accontento che tu compia ogni azione, come se qualcuno ti vedesse: la solitudine ci induce a tutti gli atti più disonesti. Quando avrai già fatto così grandi progressi da avere soggezione persino di te stesso, potrai congedare il precettore».1 E che dire, tornando in “casa cristiana”, del “De magistro” di Sant’Agostino, in cui si parla del “maestro interiore”... «Agostino intende definire come e da chi l’uomo possa apprendere la verità che dà la felicità: dagli altri uomini attraverso i loro discorsi, le parole? Dalla esperienza sensibile? La risposta a queste ipotesi è negativa. Il maestro vero è soltanto quello interiore (Gesù Cristo), la verità non può essere appresa dal mondo esterno, fatto di parole e di segni che rimandano sempre ad altre parole e ad altri segni, ma deve essere appresa dal mondo interiore. Il maestro interiore - se siamo preparati a intendere l’illuminazione che esso consente - ci permette infatti la comprensione di noi stessi, ma questa via si dimostra in realtà una via verso Dio, perché in lui è la nostra verità: una via quindi che ci trascende. Centrale in quest’opera la questione del “maestro interiore” e quindi dell’accordo tra fede e ragione che ci permette di superare la sfera della sensibilità e di compiere il salto verso una verità che è sì in noi, ma soltanto come apertura ad una re-

altà trascendente (secondo la celebre tesi: “nell’interiorità dell’uomo abita la verità”)».2 Si racconta3, per concludere, che nel passo del vangelo di Giovanni in cui Pilato interroga Gesù ponendogli la domanda «Quid est veritas?», Gesù rimanga in silenzio perché la risposta era già contenuta, in anagramma, nella stessa domanda: «Vir qui adest», ovvero: «La verità è l’uomo che ti sta davanti». Pilato aveva davanti a sé la verità in persona ma non seppe, o non volle, riconoscerla. Ancora una volta torna il tema dello “stare davanti”, dell’“essere presenti”; anche a noi - e non solo in qualità di insegnanti ma in quanto adulti - è chiesto il coraggio di essere presenti, di stare davanti: è questa la verità di noi stessi se vogliamo essere autentici testimoni della Verità. Enzo Noris 1. Seneca, Lettere a Lucilio 25, 5 s.; traduzione di Umberto Boella, UTET 1969 2. Sintesi del “De Magistro” a cura di Mario Trombino in: http://www.filosofico.net/aggo563476stynode3mag12.htm 3. Don Anacleto Bendazzi, sacerdote ed enigmista, riporta una curiosità: la domanda di Pilato non richiedeva risposta da parte di Gesù, perché che essa era implicita nella domanda. Infatti, facendo l’anagramma di Quid est veritas? risulta: Est vir qui adest (è l’uomo qui davanti a te). Tuttavia, lo scioglimento dell’anagramma è di solito attribuito ad Agostino d’Ippona. Cfr. https:// it.wikipedia.org/wiki/Anacleto_Bendazzi

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ESPERIENZE EDUCATIVE - SCOUT

COS - Campo di orientamento al Servizio Sabato 2 e domenica 3 marzo si è svolto a Montorfano di Verbania il Campo di Orientamento al Servizio del distretto NordOvest, ovvero rivolto a tutti i gruppi scout di Lombardia, Piemonte e Liguria. Il Campo di Orientamento al Servizio, come dice la parola stessa, è un campo il cui obiettivo è iniziare a dare una direzione e a chiarire alcuni concetti relativi al servizio. Per questo motivo è rivolto ai ragazzi/ragazze di 18 anni che sono al primo anno di Fuoco o di Clan, dopo aver finito l’anno di Noviziato. Ragazzi e ragazze a cui inizia ad essere chiesto un servizio attivo ed impegnato. Più nello specifico, l’obiettivo di questo piccolo campo è quello di mettere un piccolo seme nel cuore di ogni ragazzo e ogni ragazza verso quello che deve essere l’atteggiamento, o meglio ancora, lo stile di vita del Cristia-

no (e quindi di ogni Scout) che fa del servizio il modello principe con cui imitare e seguire ciò che Gesù ci ha mostrato, vale a dire il dono di sé agli altri. Servizio che deve arrivare ad essere una scelta di vita ben cosciente e volontaria, non un obbligo imposto per sentirsi apposto con la coscienza, un ulteriore compito da svolgere durante la giornata, ma una necessità vera che scaturisce da dentro. “Siamo fatti per amare ed essere amati perché siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio che è Amore, che è Comunione. Che questo è vero ce ne accorgiamo dal fatto che siamo più contenti quando amiamo e siamo amati. Noi facciamo servizio per soddisfare questa esigenza che abbiamo di aprirci agli altri e di condividere con loro la nostra vita e per imparare a vivere come Cristo”. “Gesù infatti ci dice: sei vuoi essere felice già ora (non appena

dopo nell’aldilà), vivi come io ti dico di vivere (tutte le parole del Vangelo sono state scritte per noi, possibile da vivere, altrimenti Gesù non ce le avrebbe dette), vivi come io ti mostro di vivere (Gesù oltre ad essere Vero Dio e anche Vero Uomo, è modello della nostra umanità), vivi come io ti auto a vivere (nei sacramenti della Chiesa è Gesù stesso che mi raggiunge e mi tocca)”. Con i ragazzi abbiamo quindi fatto un percorso della durata di due giorni rivolto al servizio, i cui momenti culmine sono stati la veglia del sabato sera e la messa della domenica… Siamo sicuri che il seme sia caduto sulla terra buona… ora aspettiamo che lo Spirito Santo compia quell’azione miracolosa cui è tanto abile: il far germogliare lo spirito di Cristo nel cuore dei ragazzi. Al prossimo campo! Orso Laborioso e don Andrea Aversa


VITA PARROCCHIALE

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Relazione 2018 del nostro Centro di Primo Ascolto e Coinvolgimento

Solo il lavoro riesce a liberare le persone dal bisogno Alla fine del 2018, come ogni anno, si fa il bilancio degli incontri, delle richieste espresse (e inespresse) e delle risposte date, ma soprattutto ci si interroga su quali povertà permangano nel nostro territorio, cui non si è riusciti a porre alcun rimedio, e su quali siano le nuove emergenze. Cerchiamo di partire dai dati certi, che confermano l’impressione maturata in questi ultimi mesi: un calo delle richieste e soprattutto delle persone/famiglie che hanno contattato il Centro di Primo Ascolto e coinvolgimento (CPAC). Se i numeri potrebbero indurci ad affermare, semplificando, che la povertà si è ridotta, la considerazione della maggior parte delle richieste rivolteci rende manifeste situazioni che paiono non avere alcuna possibilità di superamento di quella “grave povertà cronicizzata”, associata per di più alla mancanza di energie e di stimoli per trovare una via d’uscita. Purtroppo, in queste situazioni, la povertà economica induce anche quella filosofia della vita per cui si pensa esclusivamente ad uscire in un modo qualsiasi dalla difficoltà dell’oggi e non si riesce a progettare un benché minimo percorso per affrontare in modo risolutivo anche una sola delle proprie difficoltà. Il tentativo di elaborare un progetto che coinvolga le persone richiedenti aiuto resta lettera morta. Superata la dif-

ficoltà dell’oggi, dopo qualche giorno o settimana, si ripiomba nella stessa identica situazione, con più sofferenza, che inclina anche verso forme di rassegnazione (ineluttabilità – depressione?) o di rabbia. L’altro aspetto della situazione che ci fa riflettere è la “scomparsa” dai nostri incontri settimanali di diverse persone che avevano richiesto l’intervento della Caritas negli anni passati, nei quali – in particolare nel 2016 e 2017 - si era già manifestato un certo, ma più limitato, avvicendamento. Tra i non Italiani vi sono stati anche: - qualche rarissimo rientro nella propria terra; - alcune partenze (gli uomini per primi), verso altri stati europei per cercar lavoro; - rare occupazioni temporanee e precarie nel territorio (“lavoro nero” “lavoretti a chiamata”?). Le notizie che abbiamo sono sempre molto vaghe ed imprecise. Chi parte non ci dice niente così come chi trova un lavoro, forsanche perché non è riuscito a risolvere il suo problema e si trova tuttora in situazione di difficoltà. Sono invece aumentati, almeno fino al 2017, gli Italiani in difficoltà, che richiedono l’aiuto della Caritas: nel giro di una dozzina d’anni sono passati dal 7% dei richiedenti (nel 2007) al 14% (2008),

Diventiamo prossimo La Caritas Parrocchiale ripropone l’iniziativa del fondo di solidarietà “Diventiamo prossimo” per sostenere e accompagnare le famiglie in difficoltà economica. MODALITÀ PER CONTRIBUIRE

 Autotassazione mensile: si stabilisce una cifra che viene versata mensilmente per il periodo indicato  Presso il Centro di Primo Ascolto alla Casa della Carità in piazza San Giuliano 5 al mercoledì dalle 20,45 alle 22  Con bonifico bancario tramite il Credito Bergamasco Agenzia di Albino Iban: IT 79 Z 05034 52480 000000010735 c/c intestato Parrocchia San Giuliano, Conto Caritas indicando la causale: FONDO DI SOLIDARIETÀ DIVENTIAMO PROSSIMO  Con libere offerte anche utilizzando la cassetta all’entrata della chiesa parrocchiale

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VITA PARROCCHIALE - BILANCIO CPAC 25% (2010), 29% (2011), 32% (2017) per ridursi (?) al 23% nel 2018. Per gli Italiani è necessario approfondire la riflessione, anche perché il bisogno è originato attualmente da cause diverse (esodati, separati, anziani), mentre i bisogni dei non Italiani sono dovuti prevalentemente alla mancanza del lavoro, all’alto costo degli affitti, agli sfratti. E troppo spesso gli Italiani vivono la propria condizione di bisogno come conseguenza del fatto che le risorse, di cui si ritengono primi destinatari, siano ingiustamente fruite da “altri” (“guerra tra poveri”). Ma tra coloro che non hanno più richiesto il nostro aiuto ci sono certamente anche quelli che hanno ottenuto il Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA) e/o il Reddito di Inclusione (REI), di cui potranno forse usufruire ancora per qualche mese, ma poi, se non avranno trovato un lavoro stabile, saranno nuovamente nella situazione di bisogno. Ed è vero che per i prossimi mesi (da aprile 2019) molti attendono il Reddito di cittadinanza (Rdc) che, come le due precedenti forme di contrasto alla povertà, prevede un percorso/«progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa», ma attendiamo di vederne i risultati, auspicando che riesca veramente a realizzare quello che il progetto prevede, cioè l’attivazione sociale e lavorativa, e non si riduca ad un’altra forma assistenziale. Al di là delle statistiche e delle diversità dei tentativi di contrastarla, la povertà permane assumendo nuove forme: oggi, nella nostra società del “benessere” (?) dove è sempre più ampio il divario (la “forbice”) tra ricchi e poveri, risulta più grave che in passato, e soprattutto si pone come un problema di «giustizia» e non di elemosina. Un segnale significativo viene anche da altri dati, che si devono considerare con più attenzione. Negli anni della crisi (dal 2009 fino al 2013-14) prevalevano le ricerche di lavoro ed in quegli anni c’erano molte badanti che lo ricercavano, non appena terminavano un servizio e c’erano anche alcune offerte di lavoro che potevano soddisfare tali ricerche (per queste la Caritas indirizzava le persone ad altre associazioni più specifiche). Poi le badanti sono gradualmente scomparse ed ora sono assai meno le non italiane che svolgono tale lavoro nel nostro territorio. La crisi del tessile ha lasciato molte donne italiane senza lavoro e qualcuna, in questa situazione, si è occupata nell’assistenza, specialmente di famigliari anziani. Anche questa considerazione fa emergere il problema centrale del lavoro . Alla grande richiesta di un’occupazione qualsiasi, come CPAC avevamo potuto rispondere, assai limitatamente, con temporanei lavori di pulizie o piccole manutenzioni utilizzando i voucher, che proprio quando sembrava avessero servito ad avviare

qualcuno verso un approccio al lavoro, sono stati resi inutilizzabili per quei lavori che riuscivamo ad attivare. Nella situazione attuale restano irrisolti i due bisogni prevalenti: il lavoro e la casa. Se non si risolvono questi ogni forma di intervento finisce per ridursi a mero rimedio temporaneo, che a lungo andare può indurre anche ad una scelta di sussistenza per coloro che finiscono per sopravvivere solo grazie all’assistenza della Caritas e di altre associazione di volontariato o delle Istituzioni (Servizi Sociali, Sia, Rei, Rdc). Ci sono sempre state e ci saranno ancora situazioni in cui non si possono attivare altro che forme di assistenza, ma la principale causa dell’indigenza, la mancanza del lavoro, che ne induce anche molte altre, va rimossa e non per ridurre le spese dell’assistenza, ma innanzitutto per ragioni di giustizia e di attuazione della Costituzione, perché “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”. È un impegno che deve essere assunto contestualmente da tutti i cittadini e dalla Istituzioni: - creare opportunità di lavoro; - impegnare energie e risorse nello sviluppo occupazionale e produttivo, a cominciare dalle forme più semplici; - regolarizzare il lavoro anche quello occasionale; sostenere i percorsi di formazione-lavoro e di apprendistato. Il lavoro è un diritto, ma anche un dovere. Chi lavora onestamente ritrova la propria dignità di persona, può provvedere alle proprie necessità e a quelle della famiglia, ma anche contribuire all’economia e alla sicurezza della nazione.


FOTO DI ATTUALITÀ BILANCIO CPAC 11 SINTESI del BILANCIO USCITE In sintesi nel 2018 il CPAC di Albino ha assistito 36 nuclei famigliari, in particolare: - 2 donne (una con la figlia minore, l’altra sola e disabile) sono state ospitate nella Casa della Carità (con un contributo del Comune) - 34 persone (8 Italiani e 26 non Italiani) sono state ascoltate nei ricorrenti incontri del sabato e si sono cercate poi le soluzioni più adeguate per aiutarle a superare le difficoltà. Purtroppo non siamo riusciti a trovare soluzioni definitive, ma le abbiamo aiutate nel pagamento di: - bollette e affitti

€ 6.085

In azione la gru che dà inizio ai lavori alle case di San Bartolomeo, abbattute e ricostruite, con ambienti al servizio della storica chiesa, a spese di Acerbis Italia.

- sostegno della frequenza scolastica e dei corsi di formazione professionale € 1.507 - pagamento di ticket/farmaci, acquisto di occhiali, cure dentarie € 1.305 - contributi per spese di rinnovo documenti

986

- altri interventi

988

- piccoli prestiti (di cui sono stati rimborsati €. 630) € 3.630 A queste si sono aggiunte le spese: - di gestione Casa della Carità e CPAC (manutenzioni, gas, luce, …) € 3.882 - di contributo al Coordinamento Caritas

420

- bancarie

186

TOTALE USCITE

€ 18.989

Le ENTRATE che ci hanno permesso di coprire le spese sono state:

L’ultimo sbuffo di fumo che esala il camino dell’ex-Italcementi, abbattuto dalla ditta Bergamelli Costruzioni Strade Ecologia. A fianco resta a svettare solo il campanile della chiesa dell’Ascensione e di San Rocco, per altro inaccessibile a piedi dalla stradina pericolante e chiusa da anni. Ci sono state, inoltre, alcune partite di giro (Entrate=Uscite):

- Fondo “Diventiamo prossimo” e offerte

€ 8.515

- contributo del Bilancio Parrocchiale

€ 3.590

- da Comune per anticipi anno 2017 € 8.866

- offerte da cassetta nella chiesa parrocchiale

€ 2.170

Per un TOTALE

- contributo del Comune per l’ospitalità nella Casa della Carità € 4.900 - rimborsi di prestiti

630

TOTALE ENTRATE

€ 19.805

Quindi, nell’anno 2018, si rileva uno sbilancio (accantonato per il 2019) € 816

- da Comune a Legami di pane

€ 10.000

- da Comune per anticipi anno 2018 €

50

€ 18.916

Alla fine di questo bilancio, quasi in pareggio, dobbiamo ringraziare la Parrocchia e coloro che ci hanno fatto pervenire le loro offerte. Al CPAC resta la coscienza di aver posto in atto solo piccoli interventi assistenziali e quindi l’impegno di cercare soluzioni più adeguate per un processo di liberazione della persona dal bisogno.

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ORATORIO

Essere animatori: bella storia!!! CRE 2019: la formazione degli animatori del CRE

Carnevale 2019

Il caldo che non ci abbandona continua a farci vivere una primavera piena fin da febbraio e così capita di intravedere già ragazzi in maniche di maglietta in oratorio. Ma l’estate non è poi così vicina quanto sembra… la Pasqua, il mese di maggio con i sacramenti, la fine della scuola sono tutti appuntamenti ancora a calendario. Per gli adolescenti inizia però il tempo della preparazione all’estate e così siamo di nuovo a raggiungerli con una proposta che ha tanti sapori: il servizio, il divertimento, la cura, la condivisione, la responsabilità, il gioco. Questi i primi appuntamenti che li aspettano: - #1 tutti | lunedì 25/3 # 18.00-20.00 presentazione dell’estate: cre, campi estivi - #2 tutti | dal 25 al 29 marzo: iscrizione animatori (conferma percorso di formazione e ritiro del modulo d’iscrizione) - #3, #4, #5 = Formazione divisi tra animatori “nuovi” (N) e “vecchi” (V) - #3 Nuovi _ mercoledì 3/4 _ 20.45-22.30 #3 Vecchi _ giovedì 4/4 _ 20.45-22.30 - #4 Nuovi _ lunedì 8/4 _ 18.00-20.00 #4 Vecchi _ martedì 9/4 _ 18.00-20.00 - #5 tutti | venerdì 26/4 _ 18.00-21.00 - #5b Esperienze di servizio: OMG, Patronato, Casa Albergo, Legami di pane

- #6 27 aprile 2019 _ Presentazione diocesana CRE 2019 ANIMATORI # 20.45 @ Seminario - a maggio altri 3 appuntamenti in cui programmare le attività per il CRE Dentro questo percorso, che in realtà prevede anche altri appuntamenti che presenteremo man mano agli adolescenti e che sappiamo essere impegnativo, ci saranno ad accompagnarli innanzitutto i giovani che saranno i coordinatori insieme agli educatori che li hanno seguiti durante gli incontri del venerdì sera in oratorio. Per cui non ci resta che metterci all’opera per prepararci al meglio per un’altra estate alla grande!

Ralph e i magnifici 4 oratori Nuova edizione del Carnevale dei quattro oratori di Albino, Comenduno, Desenzano e Bondo e ulteriore conferma di una proposta che è così bella perché frutto di un impegno corale. Se il tempo poco invernale ha aiutato a incentivare la presenza dei più piccoli, non possiamo non riconoscere una partecipazione che va crescendo ogni anno. Gli ingredienti sicuramente sono quelli di sempre: i carri, le maschere, le frittelle, i balli, la musica, i coriandoli, la piazza, lo zucchero filato, le salamelle, i colori, il sole. A tutto questo va aggiunto il grande entusiasmo che ha permesso anche quest’anno ai bambini di vivere una splendida festa! Il grazie va ai molti volontari che hanno contribuito con tantissime ore di lavoro e impegno alla riuscita di uno dei momenti dell’anno che ci vede più coinvolti tutti e quattro gli oratori insieme. Ci portiamo tutti il ricordo del grande rogo di virus e doppia faccia inaugurato dal richiamo “fuoco, fuoco” che chiude la grande sfilata e che vede poi la piazza svuotarsi rimanendo coperta di tantissimi coriandoli. In attesa del prossimo carnevale l’invito è quello a lasciarsi coinvolgere dall’entusiasmo di chi continua da anni a preparare questa grande festa perché possa diventare sempre più una festa corale! Grazie ancora! dA


ORATORIO

Vita comune in oratorio Cosa spinge un gruppo di adolescenti, dalla 2a alla 5a superiore, nel 2019, a vivere una settimana in oratorio lontano da famiglia, comfort e dalla solita routine? I ragazzi che durante l’anno hanno partecipato ai gruppi ADO del venerdì sera hanno deciso di mettersi in gioco accettando la sfida lanciatagli dagli educatori. Una sfida sicuramente impegnativa, che obbliga a mettersi in gioco stando fianco a fianco e, talvolta, scendendo a compromessi. La vita comune risponde ad una proposta educativa rivolta, in particolare, ai giovani. Lo scopo è quello di promuovere un luogo di aggregazione come l’oratorio, all’interno del quale poter creare un clima gioioso e comunitario condividendo valori autentici tra i giovani e gli adulti che lo abitano. Levata(ccia) alle 6.45 con le lodi mattutine, colazione e, dopo aver ingranato la marcia, tutti pronti ad iniziare la giornata: ragazzi a scuola ed educatori al lavoro. Per il pranzo si cucinava in condivisione, tra le prodezze culinarie del don e degli educatori, con tempi scaglionati in base agli orari di rientro da scuola e dal lavoro. Nel pomeriggio erano sempre previsti un momento di pulizie e di studio nella biblioteca dell’oratorio o nelle aule: dopo il dovere i ragazzi avevano a disposizione un po’ di tempo libero e verso le 18.30 iniziavano i preparativi per la cena. Dopo cena un momento di attività e riflessione sempre concluso con la preghiera di compieta in chiesina. Durante le attività i ragazzi sono stati divisi in base all’età e ad ognuno di loro è stato chiesto di affrontare e discutere di un tema, in particolare i ragazzi di seconda e terza hanno trattato il tema dell’ambiente, mentre i più grandi hanno conosciuto la vita di tre testimoni che nel mondo hanno voluto fare la differenza a costo di perdere la vita in nome di un bene più grande. E così ecco l’incontro con figure come Annalena Tonelli, Malala e padre Pino Puglisi. Lo abbiamo chiesto ai diretti interessati e la risposta più frequente è stata: «L’esperienza della vita comune l’avevamo vissuta anche gli anni passati, ci siamo sempre trovati bene, abbiamo legato e collaborato con tutti ed inoltre abbiamo instaurato un profondo rapporto con gli educatori perché vederli una volta alla settimana è ben diverso dal viverli H24». Anche il punto di vista degli educatori riporta la stessa immagine: «É stato bello vedere come le diverse età siano riuscite ad integrarsi condividendo momenti di divertimento, complicità, preghiera, riflessione, aiuto reciproco nei compiti e nelle faccende domestiche».

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TESTIMONIANZE

Mario Cuminetti

Un intellettuale che seppe interpretare il respiro dei tempi di Giulio Brotti su L’Eco di Bergamo del 21 febbraio 2019 Nel suo volume «Il dissenso cattolico in Italia», Mario Cuminetti (1934 -1995) scriveva che «senza una continua e rinnovata progettazione la fede non può vivere. È infatti incarnata nella storia e dalla storia è chiamata costantemente a sfruttare nuove possibilità, a percorrere sentieri ancora ignoti. Ogni strada dev’essere aperta tra incertezze, oscurità e rischi. Nessuna certezza se non la fede nel Dio che non abbandona mai e che non lascia, nonostante le apparenze, nulla al caso. Il resto deve essere conquista in cui l’errore, o l’unilateralità, è sempre in agguato e, in fondo, mai evitato». Avrà come tema «Mario Cuminetti: la sua vicenda esistenziale e la sua teologia» l’incontro che si terrà domani alle 17 a Bergamo presso la Comunità Missionaria del Paradiso, in via Cattaneo 7; l’iniziativa ha il patrocinio della Città di Albino, nella quale Cuminetti nacque e che ha intitolato a lui e al fratello Benvenuto (1931- 2000) l’auditorium comunale. Entrato in seminario a 12 anni, nel 1954 Mario Cuminetti era divenuto appunto membro della Comunità del Paradiso; ordinato prete nel 1957, nel 1963 aveva conseguito il dottorato in Teologia a Roma, all’Università Gregoriana. Un successivo incarico come assistente spirituale presso l’Università Cattolica di Milano fu interrotto dall’autorità ecclesiastica nel 1967, per l’atteggiamento di dialogo che Cuminetti aveva assunto con la prima esperienza di contestazione studentesca in Italia; privato di incarichi pastorali ufficiali, egli divenne l’animatore dello storico centro culturale della Corsia dei Servi, fondato da padre Camillo De Piaz e padre David Maria Turoldo presso il convento di San Carlo al Corso; la presa di posizione della Corsia a favore della legge sul divorzio, durante la campagna del 1974 per il referendum abrogativo, provocò anche in questo caso l’allontanamento di Cuminetti, che l’anno precedente - chiesta e ottenuta la riduzione allo stato laicale - aveva sposato Valeria Morini. La Corsia rinacque peraltro come «Nuova Corsia» presso la Libreria popolare di via Tadino, aperta di fronte alla sede milanese della Cisl e diretta dallo stesso Cuminetti. A partire dalla metà degli Anni Ottanta, egli guidò inoltre un gruppo di docenti e operatori che, applicando per la prima volta nel nostro Paese l’articolo 17 della legge del 1975 sull’ordinamento penitenziario, avevano avviato un’attività culturale e di reinserimento sociale a favore dei detenuti (il «Gruppo carcere Mario Cuminetti» opera tuttora nelle case circondariali milanesi). Sotto l’episcopato di Carlo Maria Martini, il centro culturale della Corsia dei Servi fu infine riaperto e Cuminetti ne divenne il direttore. Le relazioni del convegno di domani saranno tenute da monsignor Battista Pansa, che fu compagno di Cuminetti negli Anni Sessanta a Roma («La figura, la formazione, l’impegno di Mario Cuminetti»), dalla professoressa Maria Teresa Parolini, già membro del direttivo della Nuova Corsia («Quale Chiesa: la riflessione di Mario Cuminetti

su Chiesa e mondo»), e dal professor Carlo Sala, curatore del fondo delle carte di Cuminetti («L’impegno di Mario Cuminetti dalla Corsia dei Servi al servizio al carcere»). Riferendosi alla sua esperienza di frequentatore della Libreria di via Tadino, Sala racconta che «Mario era il ministro di ogni colloquio personale e di ogni dialogo di gruppo. [ ] Mario era giovane, è sempre stato giovane. Non aveva l’autorevolezza della canizie, ma quella della presenza nelle situazioni, della speranza degli ultimi, del respiro dei tempi. Un uomo semplice, un intelletto fino, una persona attenta alla persona e, in libreria, al lettore in ricerca; capace di indicare i fondamentali, ma anche di prospettare le frontiere del dibattito».


ORATORIO

Incontro di Diaforà del ciclo “La politica fra timori e speranze”con Igor Salomone

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“Educare al futuro anteriore” è il tema della conferenza che Igor Salomone terrà martedì 2 aprile alle 20.45 presso l’ex Convento della Ripa a Desenzano in via Ripa 12. L’ospite di quest’ultimo appuntamento di “Pensare dalla Ripa 2019” insegna Pedagogia sociale e Pedagogia generale presso l’Università Bicocca di Milano e ha fondato e diretto dal 1985 al 2012 lo studio di formazione pedagogica internazionale Dedalo di Milano, diventato poi DedaliIdee & reti di prassi pedagogiche. È educatore di arti marziali.

La memoria di Mario Cuminetti alla COMUNITÀ “PARADISO” La Comunità Missionaria Paradiso di Bergamo tenta di sottrarre all’oblio del tempo alcuni membri più significativi della sua storia. Il 1° è MARIO CUMINETTI: ci fece compagnia come presbitero per un buon tratto della sua vita, poi fece altre scelte amando il mondo / la Chiesa, e il suo Paradiso. Teologo brillante, molto stimato dal nostro Prof. Alberto Bellini, forse poco conosciuto dai preti perché ormai chiuse la sua vita terrena nel lontano 1995, il giorno dei Santi. Una persona che ha amato la Chiesa, ha amato la storia del mondo. Mons. Gino Rossoni Superiore Comunità Missionaria Paradiso

«Esistono ancora modelli educativi ai quali ispirarsi? Da un lato sembrerebbe di no perché quelli trasmessi dalle generazioni passate sono ormai fuori corso, dall’altro gli scaffali delle librerie, i discorsi da talk show, nei blog o sui socialnetwork, sono pieni di consigli pedagogici prêt-à-porter che veicolano moltissimi modelli differenti tra i quali è difficilissimo districarsi alla ricerca di quello buono. […] Può un modello sufficientemente buono fungere da anticorpo nei confronti delle cattive influenze? La preoccupazione principale, in effetti, sembra essere che i modelli siano anche sin troppi, ma tutti negativi: la tv ieri, Internet oggi, i cattivi educatori e le cattive compagnie da sempre. Quindi il modello educativo risultante è tenersi lontani dai modelli negativi. Ma è possibile tenersi lontani dai modelli negativi senza conoscerli? […] L’educazione non riesce mai a trasmettere un mondo predeterminato. Vedere l’educazione così com’è, ovvero come si produce e come funziona, al di là della nostra volontà e dei nostri bei progetti, è la strada maestra per starci in mezzo orientando ciò che è possibile orientare». (dal Progetto “Generare educazione” di Igor Salomone)

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INTERVISTA

La protesta dei richiedenti asilo

Parla di una preoccupazione ancora più ampia Fabrizio Persico, presidente della cooperativa La Fenice. da Bergamo Post del 22 febbraio 2019 Non è finito l’inverno ma faceva caldo la mattina di lunedì 18 febbraio davanti alla sede della cooperativa La Fenice in via M.O. Briolini angolo via Duca d’Aosta ad Albino. Un gruppo di giovani richiedenti asilo si sono dati appuntamento proprio lì, verso le 11, cercando il presidente e il responsabile del progetto “Richiedenti asilo” per chiedere notizie su quel che sta succedendo rispetto alla loro accoglienza. Lamentano il ritardo con cui si sta pagando il loro pocket money, l’obolo quotidiano che lo stato italiano concede ad ogni richiedente asilo per le piccole spese personali. Ci parla di una preoccupazione ancora più ampia Fabrizio Persico, presidente della cooperativa La Fenice. «Da tempo la preoccupazione è alta e la situazione è tesa, ma è andata progressivamente peggiorando in queste ultime settimane per alcune ragioni che i nostri giovani mal tollerano». La situazione che si è creata ha a che fare con il Decreto Salvini? «Da quando il Decreto Salvini è stato approvato le cose stanno andando male perché le Commissioni addette all’esame della “richiesta di asilo” non rilasciano più permessi e quindi risultano vanificati tutti gli sforzi che negli anni i ragazzi hanno profuso per imparare l’italiano, trovare un lavoro, rendersi disponibili per attività di volontariato e costruire così la propria integrazione. Un disastro. E anche chi, la Caritas, le cooperative sociali, tante parrocchie, tanti Comuni, gli oratori, tutti quelli che in questi anni hanno lavorato per costruire progetti per aiutare l’integrazione oggi appaiono demoralizzati». Come vivono i ragazzi questa situazione? «I ragazzi se ne stanno andando senza nemmeno attendere la notifica del diniego ma questo andarsene non è affatto un buon segnale. Qualcuno se ne va addirittura in anticipo rispetto ai tempi programmati dell’accoglienza e rinuncia a qualche mese, in qualche caso anche a un anno, di ospitalità perché ritiene che non valga più la pena aspettare senza alcuna speranza. Non è un buon segnale perché quelli che si eclissano non si sa bene dove vadano a finire: in qualche caso vanno al Sud perché hanno sentito dire che laggiù è più facile trovare lavoro, quasi certamente in nero, nel mondo dell’agricoltura. Non che qui si lavori sempre con un contratto regolare ma gli enti che fanno accoglienza (la Caritas e le cooperative sociali) hanno sempre cercato di sorvegliare anche questo aspetto oltre a curare la frequenza della scuola di italiano, oltre a provvedere all’abbigliamento, all’assistenza sanitaria e legale, al vitto e all’alloggio e a costruire progetti che facilitino l’integrazione». Dove vanno? «Si diceva sopra che “in qualche caso vanno al Sud” ma questa strada non pare più essere così garantita nei suoi esiti positivi. Stiamo assistendo alla sparizione giorno dopo giorno delle persone con le quali si era sperato fino al giorno prima, esaminando insieme le storie personali, riguardandole da vicino, facendo l’esercizio utile della narrazione. Se ne vanno e la fuga è quotidiana: uno, due, a volte anche quattro persone al giorno, decidono di cercare fortuna altrove. Spariscono e finiscono per

diventare degli irregolari, quelli che vengono chiamati “clandestini”. Se c’è una cosa sicura che il Decreto Salvini farà aumentare saranno proprio gli irregolari, cioè i clandestini. E tutti sanno che la clandestinità è una sacca pericolosa perché lì, in vista della sopravvivenza, si finisce necessariamente in mano alla malavita organizzata. Aumenteranno i furti, gli scippi, aumenterà il rischio dei vari crimini. E così si sta riducendo la nostra sicurezza, quella che ci sta a cuore in maniera sacrosanta. Stiamo andando incontro ad una minore sicurezza: le nostre piazze, i nostri quartieri stanno diventando meno sicuri e attraversare le strade alla sera è qualcosa che non si fa più volentieri se si è da soli. A quelli che se ne vanno perché sono disperati per la loro sorte futura si aggiungono quelli che il Decreto Salvini estromette dall’accoglienza nonostante abbiamo già ricevuto dalla Commissione il permesso di restare in Italia per un anno o due o cinque (a seconda delle decisioni della Commissione). In questo caso la disperazione è doppia perché c’è la beffa dello Stato di concedere il permesso e poi di ritrovarsi fuori dall’accoglienza senza aver costruito le condizioni minime (l’alloggio e un lavoro, anche precario) per sopravvivere». Le tensioni da dove nascono? «La preoccupazione sta emergendo in maniera forte e le tensioni diventano incontenibili. Se poi si aggiunge il ritardo nella riscossione dei 2,50 euro al giorno stante il ritardo con cui la Prefettura di Bergamo procede al pagamento del dovuto, la protesta diventa difficilmente contenibile. E così


ORATORIO

Dal Cara di Castelnuovo di Porto alla squadra sportiva del Vaticano

è successo lunedì mattina ad Albino presso la Ca’ Gromasa dove ha sede la coop. La Fenice. Una ventina di giovani provenienti dagli appartamenti gestiti dalla coop. ha espresso il proprio malcontento chiedendo di poter ricevere i soldi subito. Il coordinatore li ha riuniti e ha promesso che in questa settimana, a fronte del recentissimo pagamento della Prefettura, le cose si sarebbero sistemate. Una ventina di minuti nel corso dei quali è intervenuta anche la Polizia Locale di Albino, chiamata dai vicini a causa del vociare dei giovani. La presenza della Polizia Locale è stata pronta anche se non ha dovuto intervenire, aiutando soltanto a contenere gli animi surriscaldati dei giovani. Alla fine l’assembramento si è sciolto e le cose si sono risolte per il momento». Quali le prospettive? «Il futuro resta buio per i ragazzi che il nostro stato vuole restituire all’Africa ma che non è capace di farlo in maniera intelligente, costruendo accordi con gli Stati di provenienza, e che non lo sta facendo dopo aver promesso da un anno che avrebbe rimpatriato chissà quanti “extracomunitari”. Ci sono gesti eclatanti come il caso delle navi rifiutate e poi silenziosamente non si può che accogliere le centinaia di persone che continuano ad approdare senza far notizia. Niente di diverso rispetto ai nostri ragazzi che anch’essi fanno clamore per sollevare il problema ma poi trovano una soluzione più modesta e personale, fuggendo dalla Valle nella speranza che altrove possano crescere nuove speranze».

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Nel Giovedì Santo del 2016, Papa Francesco aveva scelto di celebrare la messa dell’ultima cena di Gesù nel Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo) di Castelnuovo di Porto. In quell’occasione Bergoglio aveva lavato i piedi a 12 profughi accolti in quella struttura: un indù, tre musulmani, tre donne copte e cinque cattolici, di cui quattro uomini e una donna. Persone provenienti dal Mali, dalla Siria, dal Pakistan, dalla Libia, dall’India, dall’Eritrea e dalla Nigeria. Un segnale più eloquente dei pur tantissimi appelli all’accoglienza dei migranti. Sempre in quel Cara era ospitato Ansur Cissè, attaccante della Castelnuovese e uno dei due “membri onorari” di Athletica Vaticana, un team di volontari formato da 60 dipendenti della Santa Sede, laici e religiosi. Anche Cissè, come tanti altri suoi compagni di avventura, ha dovuto lasciare il Centro Accoglienza Richiedenti Asilo per una scelta di “razionalizzazione” del ministero dell’Interno. Dei 540 migranti ospiti, infatti, in 19 non avranno più diritto alla protezione umanitaria. Due immagini differenti. Da un lato il Papa che si china a lavare e baciare i piedi a 12 profughi e che ne accoglie due nella sua squadra. Dall’altro il trasferimento impietoso e improvviso di centinaia di essi, già profondamente segnati dalla paura e dalla sofferenza, le cui esistenze ancora una volta vengono seriamente minate, mentre vengono distrutti i legami che erano stati costruiti in questi mesi durante la permanenza al Cara di Castelnuovo di Porto. La storia di Cissè in questa a dir poco triste vicenda è emblematica. Quello che viene nuovamente interrotto con questi trasferimenti per lui e per gli altri profughi è il cammino di integrazione intrapreso. Non a caso Athletica Vaticana ha accolto nel suo team Cissè e altri suoi compagni per dare un messaggio concreto di fratellanza, testimoniato in particolare nel mondo del calcio e dello sport in genere. Ed è indicativo che questi atleti facciano parte di una squadra cristiana pur essendo tutti musulmani. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura che ha voluto fortemente la nascita di Athletica Vaticana, ha consegnato le magliette della squadra anche a Jallow Buba e Musa Barry. Il primo, 20 anni, è scampato all’inferno del Gambia ed è sbarcato in Italia dopo essere sfuggito per tre volte a bande di criminali. Il secondo, 19 anni, gambiano pure lui, ha ugualmente attraversato mezza Africa tra soprusi vari. Ora entrambi sono ospiti della cooperativa Auxilium e Athletica li ha accolti e adottati, pronti a farli correre con i colori della bandiera bianca e gialla del Vaticano. Un ulteriore segno eloquente della volontà di testimoniare concretamente, attraverso questa squadra, l’invito all’accoglienza dei migranti. Francesco Antonio Grana Il Fatto Quotidiano

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DATA SIGNIDICATIVA

Trentennale del Museo Etnografico di Comenduno di Giampiero Tiraboschi Il Museo Etnografico della Torre di Comenduno compie quest’anno 30 anni e sono allo studio iniziative ed eventi per attirare l’attenzione su questo importante servizio culturale che i soci volontari hanno condotto in questo lungo periodo con competenza e dedizione. Abbiamo chiesto ad Enrico Belotti, fondatore del Museo e presidente in tutti questi anni come sia nata l’idea di istituire un museo: “Nel lontano 1989 ero presidente dell’Associazione Nazionale San Paolo Italia (ANSPI) di Comenduno, una realtà culturale e formativa legata all’Oratorio. Mi era sempre piaciuto valorizzare il mio paese e renderlo vivo. Io ero di origine contadina ed avevo ricuperato dalla mia cascina, che doveva essere demolita per far spazio al polo industriale di Comenduno, tutti gli attrezzi agricoli e gli oggetti antichi. Anche l’amico Aldo Noris ne aveva. Per mezzo del parroco Don Scolari chiedemmo al sindaco di Albino di poter usufruire del locale inutilizzato sovrastante l’ambulatorio nella palazzina attigua alla torre di Villa Regina Pacis per collocarvi gli attrezzi e costituire un piccolo museo. La finalità era quella di far conoscere ai ragazzi delle scuole aspetti concreti della civiltà contadina e della storia locale”. Ottenuta la concessione iniziarono i lavori di ristrutturazione portati a termine con un lodevole impegno dai volontari e a dicembre il locale fu inaugurato con una mostra del giovane pittore comendunese Giorgio Noris. Il Gruppo amici del Museo proseguì l’opera di allestimento e la gente del circondario consegnò loro una quantità di reperti che giacevano dimenticati in cantine e soffitte, 300 dei quali messi in esposizione: erano vecchi attrezzi di lavoro o arredi superati dal tempo, ma testimoni di una civiltà contadina vissuta dalle famiglie del luogo tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento. L’anno 1994 rivestì particolare importanza perché i soci fondatori (Belotti Enrico, Noris Aldo, Suagher Giacomo, Cortinovis Carmelo, Signori Luigi, Suagher Paolo, Signori Arnaldo, Falconi Mariano e Calvi Giacomo) stesero l’atto costitutivo e lo statuto della “Associazione per il Museo Etnografico della Torre”. I beni museali inventariati ammontavano allora a 849 pezzi. A dicembre di quell’anno Franco Innocenti, attuale direttore del Museo, pubblicò per le Edizioni Villadiseriane il libro “Vita di una Valle” che, illustrando gli oggetti esposti nel museo, traccia una quadro complessivo della vita contadina del nostro territorio. Il libro rappresenta un supporto didattico alla comprensione della vita e del lavoro contadino e artigiano nella media-bassa Valseriana nella prima metà del secolo scorso, prima che l’accelerazione del dopoguerra con la forte industrializzazione e lo sviluppo urbano mutasse la fisionomia stessa del territorio. Conduce alla scoperta dell’assetto strutturale della cascina, dei lavori agricoli nel corso delle varie stagioni e delle attività artigianali esclusivamente rivolte a servire una committenza locale. Di questa bella pubblicazione, dotata di una estesa documentazione fotografica dei reperti del Museo e di foto storiche del territorio agricolo, arricchita dai termini dialettali propri di ciascun oggetto citato, rimangono ora solo poche copie presso il Museo. Nel 2003 fu concessa al Museo la cantina della Villa Regina Pacis, che venne sistemata e attrezzata di tutto quanto attiene alla vinificazione. Trasferito l’ambulatorio medico, tutta la palazzina rimase a disposizione del museo e iniziarono importanti

lavori di adeguamento della struttura per il nuovo allestimento, con la collocazione a piano terra degli attrezzi per la lavorazione dei campi e la sequenza delle coltivazioni di granoturco e frumento; al primo piano vennero allestiti gli spazi della cascina con i relativi arredi ed attrezzi utilizzati in ambito domestico. L’attività del museo si fece intensa e si stabilì una forte collaborazione con la Scuola elementare di Comenduno, promuovendo efficaci attività didattiche e laboratori riguardanti il cibo, la trebbiatura del frumento, la sgranatura e la macinatura del granoturco, l’allevamento dei bachi da seta, il trattamento delle castagne, documentate da elaborati scolastici di particolare godibilità. Dal 2003 entrò in funzione un orto didattico concesso dal Comune in via 4 Novembre e da allora gli scolari del secondo ciclo, con l’assistenza dei volontari del Museo, sono avviati alla conoscenza di alcune pratiche agricole: le classi terze si esercitano nella coltivazione degli ortaggi; le classi quarte seguono la crescita del granoturco fino alla sua trasformazione in farina; la classe quinta si prende cura di un filare di vite fino alla vendemmia, alla vinificazione e all’imbottigliamento, ottenendo ogni anno il vino “Quintello”, vino DOC di Comenduno immortalato da una etichetta disegnata annualmente in forme diverse dai ragazzi stessi.


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I soci dell’Associazione hanno prodotto tre filmati con riprese originali e musiche del maestro Maurizio Suagher per illustrare il ciclo di coltivazione dei campi, la fienagione, e la lavorazione dei latticini, in cui si evidenziano i risvolti del lavoro contadino e si vedono all’opera alcuni attrezzi esposti nel Museo. Nel corso di questi anni in autunno, in coincidenza con le Giornate Europee del Patrimonio, sono state allestite diverse mostre, con esposizione di oggetti e pannelli illustrativi per approfondire aspetti specifici di vita delle generazioni che ci hanno preceduto. Ogni mostra è stata corredata dalla edizione di un fascicolo a stampa di agevole lettura, che sviluppa la conoscenza della vita locale relegata dal rapido evolvere dei tempi nell’ambito della storia; fra gli argomenti pubblicati si annovera la fienagione, il maniscalco, il picaprede, gli attrezzi contadini, il falegname, gli emigranti, il maglio, il centenario della parrocchia. Particolare successo ha avuto nel 2014 il libro del socio Carmelo Gherardi intitolato “Il mio piccolo mondo contadino” che traccia una serie di ricordi toccanti della sua crescita di ragazzo negli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Nel 2016 ai fini di una mostra sul maglio Calvi di Comenduno, una delle attività artigianali storiche locali che produceva attrezzi per il mondo agricolo, è stata ripulita e riordinata l’antica fucina situata a 300 metri

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dalla sede museale, un ambiente suggestivo da allora collegato al Museo e visitabile: con un adeguato restauro delle ruote idrauliche e delle parti lignee potrebbe essere messo in condizioni di funzionare dato che è provvisto di tutti gli attrezzi. Importanza particolare ha assunto la recente mostra allestita nella Villa Regina Pacis di Comenduno “Un tesoro sotto i nostri piedi” (805 visitatori) frutto di una approfondita ricerca di Franco Innocenti sulle cave della Media e Bassa Valle Seriana nel corso di 10 secoli, sui materiali ricavati e sui manufatti artistici con essi fabbricati. Grazie alla collaborazione con l’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo la mostra sarà integrata a breve dalla pubblicazione di un libro. Data la sua importanza scientifica questa mostra sarà prossimamente trasferita all’istituto Quarenghi di Bergamo e sarà visitabile il 9, 16, 23, 30 marzo, e il 6 e 13 aprile, dalle ore 14.30 alle ore 17.30. Nell’assemblea dei soci dell’Associazione del 18 gennaio scorso c’è stato un cambio alla guida del Museo: ad Enrico Belotti, nominato presidente onorario, è succeduto come presidente effettivo Valerio Calvi che, dopo un lungo servizio di segretario, intende ora rilanciare il Museo perché possa aggregare maggiori risorse umane e svolgere un’attività culturale più estesa. Ce lo conferma lui stesso: “Il cambio di presidenza, deciso in concomitanza del trentennale di fondazione, è voluto perché durante tutto l’arco di un anno si possa raccontare e mettere in evidenza la storia di questo Museo, il significato, il valore, il merito e la lungimiranza, che va attribuita a chi ebbe l’idea del Museo 30 anni fa, i nostri soci fondatori. Sono allo studio una serie di iniziative e di eventi che verranno opportunamente pubblicizzati per richiamare l’attenzione su quanto il Museo ha fatto in questi anni e suscitare nuove collaborazioni che permettano anche un ricambio generazionale dei soci che finora hanno svolto un prezioso servizio con competenza e dedizione”. Anna Birolini referente per l’attività didattica ci informa sulla offerta formativa del Museo: “La nostra proposta di servizio didattico può risultare utilissimo strumento per i docenti ma si rivolge anche ad un’utenza di tipo familiare. I percorsi formativi si possono differenziare in base all’età (dalla scuola dell’infanzia alla secondaria) ed avere temi diversi: il lavoro del contadino (in particolare il ciclo di produzione dei cereali); la quotidianità (gli spazi della cascina, le abitudini, i giochi, l’angolo dello scolaro); le georisorse del sottosuolo e lo sviluppo economico-sociale correlato. La visita didattica condotta con modalità interattive comporta un momento multimediale con la proiezione di video che presentano il ciclo completo della cerealicoltura, un momento di osservazione guidata dei documenti materici esposti, un momento laboratoriale. Per le scuole elementari vicine alla sede museale continuano le attività connesse all’orto didattico. Da quest’anno si propone l’itinerario tra le cave dell’Abbazia per la scoperta delle georisorse della media Val Seriana e, per chi volesse approfondire, un giro in paese per l’individuazione di manufatti artistici realizzati con le pietre ornamentali locali”. La visita guidata al Museo per le scolaresche richiede due o tre ore, ma può comprendere l’intera giornata con la sosta-pranzo nel vicino oratorio di Comenduno che mette a disposizione una sala con bar e un grande campo sportivo con requisiti di sicurezza. “La consistenza attuale del patrimonio è di alcune migliaia di reperti solo in parte in esposizione e attualmente in fase di catalogazione; – dice Franco Innocenti - altri sono situati nell’ex asilo di Villa Regina Pacis dove in occasione del venticinquesimo del Museo è stata allestita una sala riservata agli orologi da torre, e altri spazi per la custodia degli attrezzi del settore artigianale. È all’esame la riorganizzazione di questo settore per creare spazi espositivi monotematici e valorizzare meglio il patrimonio, una parte del quale attualmente è parcheggiato in magazzino. Un sito internet in fase di elaborazione permetterà a breve di diffondere notizie riguardanti il Museo e la documentazione relativa al patrimonio espositivo”. Per chi non conoscesse ancora il Museo Etnografico si segnala che è situato a Comenduno in via Santa Maria 10 ed è aperto ogni domenica dalle ore 15.30 alle 18.30, con ingresso gratuito.

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ALTRI MONDI I LIBRI DEL VESCOVO DELLE FAVELAS

Nuovi studi sulla biografia di Hélder Câmara «Al di là della dimensione strettamente religiosa, Hélder Câmara fu un intellettuale». La certificazione arriva da chi ne sa. Lucy Pina Neta è la perita storica della causa di beatificazione dell’arcivescovo di Olinda-Recife, figura indimenticata e indimenticabile di «pastore con l’odore delle pecore» per il suo impegno a fianco degli ultimi e in difesa dei poveri nel Brasile del secondo Novecento. Ed è proprio Lucy Pina Neta a tratteggiare, in un libro da poco uscito in Brasile, il profilo culturale del vescovo delle favelas rintracciando nella sua biblioteca gli scritti più consultati e più amati dal presule brasiliano. «Nascemmo dentro una scuola»: così si presentava Câmara, undicesimo figlio di João Eduardo Torres Câmara Filho, contabile e critico teatrale, e di Adelaide Pessoa, insegnante di scuola primaria. Già durante gli studi scolastici Hélder manifestava una spiccata sensibilità per la letteratura, in particolare quella brasiliana, portoghese e francese. A quell’epoca si devono le letture di autori come Léon Bloy, Charles Péguy e Miguel de Unamuno, come evidenzia Lucy Pina Neta in O dom da leitura. Hélder Câmara e suas bibliotecas (Editoras Paulinas, Rio de Janeiro 2018). Un’attitudine verso la cultura che Câmara mantenne anche quando - la notizia la apprese dalla Radio vaticana mentre era a Roma per il concilio Vaticano II - venne nominato il 14 marzo 1964 alla guida dell’arcidiocesi di Olinda e Recife. Uno dei primi impegni pastorali di dom Hélder fu l’insegnamento della didattica generale, dell’amministrazione scolastica e di psicologia, cui si dedicò a partire dal 1941 nella facoltà di lettere della Pontificia università cattolica di Rio de Janeiro. Fondamentale per lui la lettura di Psychometric Methods di Joy Paul Guilford, psicologo americano e noto per i suoi studi sulla psicometria dell’intelligenza umana. Câmara lesse ben presto (nel 1939) quel testo, uscito solo 3 anni prima. A Sigmund Freud dedicò la lettura di Introduzione alla psicoanalisi nel 1941. Mentre a molti anni prima (1932) si deve il suo incontro con Friedrich Nietzsche e del suo Così parlò Zarathustra. Nella città carioca, dove era stato nominato vescovo ausiliare il 3 marzo 1952, tramite l’amica Cecy Cruz iniziò anche a frequentare intellettuali noti come il celebre scrittore Jorge Amado, l’autore di Messe di sangue. La frequentazione di persone dedite alla cultura lo accompagnò tutta la sua vita: «Era solito riunire in episcopio intellettuali, teologi, artisti per scambiare opinioni e trovare possibili soluzioni», scrive Lucy Pina Neta, smentendo l’aura di personaggio solo dedito al sociale che una certa caricatura nemica appiccicava addosso a dom Hélder, come amava essere chiamato. E se all’amicizia tra Câmara e Paolo VI il teologo brasiliano Ivanir Antônio Rampon aveva già dedicato un libro dal titolo Paulo VI e Dom Hélder Câmara. Exemplo de uma amizade espiritual (Paulinas),

Lucy Pina Neta ha la possibilità, scandagliando le carte e la raccolta libraria di Câmara, di ricostruire l’eredità feconda che il concilio Vaticano secondo ha lasciato nel pensiero e nell’azione del Bispinho. Durante il periodo del Vaticano secondo dom Câmara si avvicinò ad alcuni dei teologi che stavano segnando l’assise conciliare, come il domenicano Yves Congar e il gesuita Henri de Lubac. Durante l’ultima sessione del concilio inoltre dialoga con Jacques Maritain e Jean Guitton, il cui libro con Montini sarà una delle letture più frequentate dal “vescovo rosso”. Sono di quegli anni la lettura di alcuni testi significativi: Manifeste pour une civilisation solidaire del domenicano Joseph Lebret, L’unité, espérance de vie del fondatore della comunità di Taizé, frère Roger, il saggio di Congar Jalons pour une théologie du laïcat e il Jésus del già citato Guitton. Di quest’ultimo sarà avido lettore per i Dialoghi con Paolo VI, che Câmara leggerà (e annoterà con intensità nel 1969). Hélder Câmara attingeva anche all’Italia, con le riflessioni di Gior-


SOCIETÀ

gio La Pira, Lazzaro alla tua porta, e quelle di Romano Guardini (letto in francese, L’univers religieux de Dostoïevski). Non disdegnava la teologia americana, come testimonia la lettura di Cristo e cultura di Richard Niebuhr e di Harvey Cox (A festa dos folioes e On not leaving it to the Snake). Naturalmente gli autori di casa non venivano tralasciati: frequenti i testi di Leonardo Boff e di Ruben Alves. La svolta internazionale nella notorietà del presule brasiliano avviene nel 1970 quando un discorso pubblico a Parigi consacra il vescovo delle favelas come una delle voci profetiche della Chiesa sudamericana, impegnata nella lotta per i diritti umani nel difficile contesto politico del tempo, segnato dalle dittature militari. Quella notorietà spesso divenne una sorta di croce suppletiva per dom Câmara, bollato talvolta come “vescovo rosso” per le sue forti prese di posizione sulle ingiustizie (su queste accuse, ha documentato il saggio di Rampon, erano frequenti scherzare Paolo VI e lo stesso dom Hélder). Per smentire questa posizione Lucy

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Pina Neta riporta una lettera di Câmara, la lettera circolare numero 33 del 1966: «Nei minuti liberi leggo O Marxismo di padre Conego Juvenal Arduini. Ho iniziato dall’ultimo capitolo: la conclusione parla del superamento positivo del marxismo. Molte persone che si pronunciano contro il comunismo marxista senza aver mai letto nulla su Marx ricaverebbero molto dalla lettura, ad esempio, dei capitoli sull’alienazione e le sue origini, su il valore aggiunto o sulla dialettica reale o l’umanesimo ateo. Padre Arduini ha il dono di esporre in modo obiettivo e onesto, rendendo comprensibili le nozioni difficili». Anche sul fronte dell’impegno per la pace Câmara attinse da maestri qualificati: intense le letture in questo caso di Gandhi e di Thomas Merton; frequenti le visite di Hildegard Goss-Mayr, moglie dell’attivista Jean Goss. Emblematiche le parole di ammirazione per La force d’aimer di Martin Luther King: «Ho già un’esatta misura della parola di quest’uomo! Che anima candida! Confermo già l’intenzione di invitarlo qui!». Lorenzo Fazzini da L’Osservatore Romano del 26-27 febbraio 2019 e portale web sismografo.blogspot.com Nelle immagini

Sopra, dom Helder Camara nell’aula magna dell’oratorio Giovanni XXIII di Albino il 25 novembre 1977 – foto dell’ebook Lorenzo Moroni. Una storia non solo albinese, in www.sagrato.it/pubblicazioni Nel riquadro, la Commissione diocesana di Recife, fra cui, al centro, la storica Lucy Pina Neta, che ha preparato i documenti per il processo di beatificazione, in atto, di dom Helder Camara.

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AMBIENTE “Laudato si’ sulla cura della casa comune

Sono tornate le rondini quest’anno? Le rondini tornano sempre meno: lo scorso anno ad Albino centro, a far “mille giri” intorno ai campanili di S. Giuliano e di S. Anna, erano solamente una ventina; addio poesia di Pascoli o di Leopardi, ma non solo. Le cause sono diverse, equamente distribuite a Nord e a Sud del Mediterraneo. La vita delle rondini è messa in pericolo dal consumo di suolo, che toglie loro l’habitat naturale, e dai cambiamenti climatici che ne sconvolgono i ritmi stagionali, specie in Africa; in Europa, dall’uso dei pesticidi ancora usati in agricoltura (le rondini mangiano insetti), dall’inquinamento atmosferico e dalla modernizzazione degli allevamenti di bestiame che sta facendo scomparire il luogo di nidificazione perfetto per una rondine: il sottotetto di una stalla tradizionale. Sono tutte cause dovute all’uomo, che dovrebbe domandarsi se un mondo senza rondini, farfalle e lucciole (e api!) non sarà presto un mondo invivibile anche per i suoi figli: i pesticidi, con i tumori che causano attraverso gli alimenti, uccidono anche gli uomini.

E che cosa succede ai merli? Un altro fenomeno ornitologico osservabile in Albino centro, quest’anno, è la diminuzione del numero dei merli. La causa, in questo caso, non sembra dovuta all’uomo: non possiamo addebitarle al decreto sicurezza del governo che vuol far scomparire, come per magia, tutti i neri. Una spiegazione più scientifica deriva dall’osservazione: dalla primavera scorsa, per la prima volta, si sono potute vedere, sui tetti di Albino, gazze, bianche e nere, ferme o a passeggio lento, anche loro in osservazione. Mai si era visto ad Albino questo corvide; la “gazza ladra” attirava l’attenzione nei viaggi, nella pianura del milanese e del pavese. Le gazze, quest’estate, non si sono limitate a passeggiare sui tetti: improvvisamente si sono lanciate nei cespugli dov’erano i nidi dei merli; si sono viste uscire con un implume di merlo in bocca, malgrado i tentativi di difesa dei merli stessi. Si può concludere che le gazze hanno diradato le famiglie dei merli, che hanno cercato zone più salubri. Della novità hanno tratto un piccolo vantaggio i passeri, un tempo abbondanti. Oggi i loro piccoli stormi, non più perseguitati dai merli dominanti, sembrano leggermente aumentati di numero. Noi umani potremmo stare tranquilli, ma può venire il dubbio che sia stata la legge del più forte ad affermarsi. Come quelli che usano i pesticidi. c.

«A me non pare che l’enciclica di papa Francesco Laudato sì sia così conosciuta e sia diventata un elemento forte di riflessione; e anche il mondo laico sbaglia quando la ritiene un “documento ecologista”, una specie di enciclica verde. È di più un documento culturale, spirituale decisivo. Il punto chiave è il concetto di ecologia integrale. Nel momento in cui si crea sofferenza alla Terra madre, automaticamente chi viene a soffrire è l’umanità, e in particolare quella più povera. Tutto nel mondo è collegato». Carlo Petrini all’incontro finale dei 140 Circoli di R-esistenza delle Acli bergamasche, il 21 febbraio


L’URLO DEI GIOVANI I ragazzi in piazza contro i cambiamenti climatici: “Non sei mai troppo piccolo per fare la differenza” di Irene Argentiero sul settimanale diocesano www.santalessandro.org

«Siamo sull’orlo di una crisi climatica globale». Presidente Sergio Mattarella a Belluno il 12 marzo 2019

“Ho imparato che non sei mai troppo piccolo per fare la differenza”. Sembra uno scricciolo mentre, il 14 dicembre scorso, dalla tribuna della Cop24 di Katowice, parla ai grandi della terra. Uno scricciolo dallo sguardo sicuro, incorniciato da due lunghe trecce e abbracciato dalle bandiere delle Nazioni Unite e della Polonia che campeggiano alle sue spalle. “Non mi importa di essere impopolare, mi importa della giustizia climatica e della vita del pianeta”. Greta Thunberg viene dalla Svezia e lo scorso 3 gennaio ha compiuto 16 anni. […] La sua protesta è diventata presto virale non solo su Twitter, dove utilizza gli hashtags #Klimatstrejka, #ClimateStrike e #FridaysforFuture, ma anche per le strade e nelle piazze di tutta Europa. Anche in Italia. Questa forma di disobbedienza civile ha oltrepassato il valico del Brennero. Oltre duemila ragazzi e studenti di tutto l’Alto Adige hanno attraversato le vie del capoluogo altoatesino e si sono ritrovati davanti al palazzo della Provincia per lo “Schulstreik fürs Klima”. Il #ClimateStrike è arrivato anche a Roma. Sul profilo Instagram di Greta, una serie di stories raccontano come, in poche settimane, i #FridaysforFuture stiano portando in strada decine di migliaia di giovani in ogni parte d’Europa. Un fiume in piena, un pacifico gesto d’amore per il pianeta. “Voi parlate solo di una crescita senza fine in riferimento alla green economy, perché avete paura di diventare impopolari – ha detto Greta ai capi di Stato riuniti a Katowice per la Cop24 -. Parlate solo di andare avanti con le stesse idee sbagliate che ci hanno messo in questo caos. Anche quando l’unica cosa sensata da fare sarebbe tirare il freno d’emergenza. Non siete abbastanza maturi per dire le cose come stanno. Voi dite di amare i vostri figli sopra ogni cosa, ma state rubando loro il futuro davanti ai loro occhi. Non possiamo risolvere una crisi senza trattarla come tale. Non siamo venuti qui per pregare i leader a occuparsene. Tanto ci avete ignorato in passato e continuerete a ignorarci. Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no”.

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ASSOCIAZIONISMO

ACLI ALBINESI

Rubrica a cura del Circolo “Giorgio La Pira”

ATTUALITÀ

Da tempo nel nostro Paese l’edilizia è praticamente ferma. Non si costruiscono più scuole, ospedali, ponti e ferrovie. L’Italia è come bloccata se si pensa che in tre anni abbiamo perso 10 miliardi di investimenti nelle opere pubbliche rispetto agli annuncia fatti dalla politica. È Gabriele Borra, presidente dell’Ance, a chiedere al Governo uno “sblocca cantieri” immediato. “Ci sono 600 opere ferme, 40 miliardi di investimenti bloccati “. L’occasione è il rapporto annuale che l’Osservatorio dell’associazione costruttori edili (appunto l’Ance) dedica ad analizzare la situazione del mercato dell’edilizia. Negli ultimi undici anni l’Italia ha perso 69 miliardi di investimenti in costruzioni. Nessun altro Paese dell’Unione Europea ha fatto peggio. Questo ha determinato la perdita di 620mila posti di lavoro, un’emorragia che non si riesce ad arrestare. E sappiamo tutti che se si ferma l’edilizia anche tutto il resto ne viene pesantemente condizionato. Ora sembra che il Governo Conte sia intenzionato a far ripartire il settore tramite un progetto battezzato “Proteggi Italia”. L’enfasi è quella delle grandi occasioni in cui le promesse non mancano. Il problema è poi la loro reale attuazione . Sarà la volta buona? Noi lo speriamo per il bene dell’Italia e quindi degli italiani.

IN BREVE DALLE ACLI NAZIONALI Animare l’Europa Acli in campo per le Europee 2019

Uno degli argomenti che viene spesso usato dai detrattori dell’UE è che il voto, a livello europeo, non conti nulla. Non è così. Il nostro voto conta, sempre. È anche per questo motivo che le ACLI scendono in campo con una campagna di informazione e sensibilizzazione in vista dell’appuntamento elettorale del 26 maggio prossimo per il rinnovo del Parlamento europeo. Il primo dossier è un approfondimento sulle modalità di voto e sulle funzioni del Parlamento europeo, con una piccola appendice sul lavoro svolto nell’ultima legislatura.

Salario minimo legale, ma non così.

“Il tema del Salario minimo legale è molto importante e crediamo vada affrontato in modo più articolato, non si può rischiare di mettere in discussione un sistema di contrattazione e di relazioni aziendali che coprono più dell’85% dei lavoratori italiani”. Così dichiara il Presidente nazionale delle ACLI, Roberto Rossini, che è intervenuto in Commissione Lavoro al Senato delle Repubblica per presentare delle modifiche alla proposta di legge della maggioranza sull’istituzione di un Salario minimo legale.

Acli4Africa: nasce Enaip Mozambico.

“Voi state facendo una cosa molto importante, perché vi preparate a diventare dei lavoratori, e questo sarà importante per il vostro paese e per la vostra famiglia”. Le parole del Presidente nazionale delle ACLI, Roberto Rossini, agli studenti dell’Istituto Tecnico Industriale “Estrela do mar” di Inhassoro fondato dall’Ente Nazionale delle ACLI per l’Istruzione Professionale (Enaip) nel 2004, chiudono la missione Acli4Africa in Mozambico. Il momento centrale della missione è stato sicuramente la firma dell’atto notarile per la costituzione dell’Enaip Mozambico, un ente di forma-

zione di diritto mozambicano (di cui è stato nominato presidente Lugi Bobba) che potrà muoversi più agilmente nel paese africano, permettendo alla scuola di formazione di Inhassoro di compiere un ulteriore passo in avanti. L’istituto infatti, cresciuto negli ultimi anni grazie anche al supporto, oltre che delle ACLI, del Patronato, dell’Enaip, di Ipsia e del CTA, rappresenta oggi una delle migliori scuole professionali di tutto il Mozambico e consente ai suoi studenti di avere un livello di preparazione paragonabile a quello degli altri istituti tecnici occidentali, un know-out fondamentale per intercettare la domanda di tecnici specializzati di cui l’Africa ha sempre più bisogno. La delegazione Acli, con il Presidente nazionale Roberto Rossini , ha visitato la scuola di Inhassoro, toccando con mano una realtà d’eccellenza che ha cambiato la vita di tanti cittadini africani. “Le ACLI sono qui per tutti voi – ha concluso Rossini – per aiutarvi a realizzare quello che desiderate diventare”.

RECLUSI

In Italia, 128mila ragazzi tra i 15 e i 25 anni vivono reclusi nelle loro stanze davanti al computer senza andare a scuola, senza vedere gli amici, rifiutando ogni contatto con l’ambiente esterno. Li chiamano “Hikikomori”, un termine che arriva dal Giappone dove questo fenomeno è presente dagli anni 80 del secolo scorso e significa “stare in disparte”. A soffrire di questa di questa vera e propria malattia sono per il 90% i maschi. Sono ragazzi fragili, spesso non ce la fanno e finiscono per rifiutare il rapporto stesso con la famiglia e la comunità, chiudendosi sempre più in se stessi. La causa principale è la preferenza per attività solitarie, come le chat sui social e i videogiochi. Questi ragazzi prendono il giorno per la notte , vivono quando è buio, sempre collegati al computer. Amano la notte, perché il mondo in quelle ore, dorme ed è inattivo. E a loro fa un po’ meno paura.


ASSOCIAZIONISMO IL PROBLEMA

Nei campetti di periferia molti ragazzi giocano a calcio inseguendo il sogno di diventare un campione, magari come il loro idolo. In ognuno di loro cosa c’è di innato e cosa invece di acquisito? Come reagisce il ragazzo che sente dentro di sè una predisposizione sportiva ? La fa sua oppure la respinge come una cosa faticosa e troppo impegnativa ? Lo abbiamo chiesto ad un istruttore che, di fronte a queste curiosità, ha dato una risposta tanto inaspettata da sembrare perfino assurda. “Il vero problema - dice - non sono i ragazzi, ma i genitori. Vogliono solo che il loro giovane rampollo sia il più bravo, il migliore. I falli li fanno gli altri. Si sbracciano, gridano come ossessi, il furore agonistico e la voglia di primeggiare del figlio li rende ansiosi Sono loro che vivono con la paura della sconfitta, che sia lui quello che commette l’errore (che però loro non ammettono mai). E questa ansia viene trasmessa ai figli che non sempre sono in grado di gestirla. Come possono farlo se sono i loro cari a provocarla ?!”. E l’istruttore fa un mezzo sorriso, che purtroppo suona come una mezza sconfitta. Perfino nelle gare amatoriali si possono ricavare elementi che fanno riflettere. È mai possibile che gente adulta si comporti in maniera bambinesca? Non si rendono conto di fare del male al proprio figlio ? Anziché fargli capire che non sempre si vince, che anche la sconfitta serve a far maturare, che nella vita certe volte le cose non vanno come si vorrebbe, certi genitori dimostrano una mentalità egoistica e perfino meschina. Il mezzo sorriso dell’istruttore ci insegna che la voglia di primeggiare, innescata dai genitori nei propri figli, non è certo la cosa migliore per loro. La lealtà è il valore assoluto nello sport. Ed è questo principio che dobbiamo proporre ai ragazzi che fanno i primi passi nel mondo sportivo.

FARE SQUADRA

Un’intera squadra di rugby, la Benetton di Treviso, ha i crani rasati a zero. Non solo la squadra intesa come giocatori, ma anche come allenatore, dirigenti, magazzinieri. Sono tutti malati di tumore e sotto chemioterapia? No, uno solo. La decisione l’hanno

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presa subito, appena il compagno si è ammalato. Erano tutti capelluti quando lui stava bene, ed ora sono tutti “pelati”. Si voleva che l’amico sfortunato sentisse l’affetto dell’intera squadra, nessuno escluso. Non sono andati dal barbiere, ma è il barbiere che andato da loro. La rasatura è avvenuta negli spogliatoi, perché quello è lo spazio di saldatura fra i giocatori. Si usa spesso l’espressione “fare squadra”, il che significa non soltanto giocare come gruppo, ma vivere come gruppo. Se spartire il bene unisce, spartire la sofferenza unisce ancora di più. E non c’è dubbio che la Benetton, che per una disgrazia del genere poteva anche scomporsi e sfaldarsi, si trova adesso più compatta di prima. E il compagno malato non si sentirà causa di una crisi della squadra, ma del suo rafforzamento. Venire a conoscenza di un gesto simile fa un gran bene. Ci dimostra che non tutto è negativo nella nostra società, ma che esiste ancora tanta umana solidarietà.

ANTISEMITISMO

Il vice presidente della Commissione Europea l’ha definita “la sola malattia incurabile del Ventesimo secolo”. Di che malattia si tratta? Dell’antisemitismo, di un’avversione ingiustificata nei confronti degli ebrei, che in Europa è in costante crescita, come emerge da uno studio condotto dall’Agenzia europea per i diritti umani fondamentali. Quasi il 90% degli ebrei europei ritiene che negli ultimi cinque anni il fenomeno sia aumentato. Quasi un terzo degli oltre 16mila intervistati ha subito insulti o molestie nell’ultimo anno. Per paura di subire un’aggressione il 34% del campione della ricerca evita di partecipare a eventi o frequentare luoghi ebraici. È mai possibile che, nonostante i 6 milioni di ebrei sterminati dal nazismo nella seconda guerra mondiale, questo popolo abbia ancora da subire simili umiliazioni? Purtroppo succede ancora. Ed è una cosa vergognosa.

LASCITO

Charles de Foucauld, fondatore della comunità dei “Piccoli fratelli” (1858-1916), ucciso a Tamanrasset nel 1916 dai ribelli ostili alla presenza francese in Algeria, beatificato nel 2005, diceva spesso “Una cosa sola è necessaria : amare Gesù”. E’ un lascito che interpella ogni cristiano sul modo di fare proprio un simile insegnamento. Qualche ora prima di morire scrisse queste parole ad una sua cugina: “Non si ama mai abbastanza. Ma il buon Dio, che sa di quale fango ci ha impastati e che ci ama più di quanto una madre possa amare un figlio, ci ha detto, Lui che non mente, che non avrebbe respinto nessuno di chi fosse andato a lui”. Per le Acli Albinesi Gi.Bi.

Marzo 2019


CASA FUNERARIA di ALBINO GENERALI ONORANZE FUNEBRI pcp srl, società di servizi funebri che opera con varie sedi attive sul territorio da più di 60 anni, nata dalla fusione di imprese storiche per offrire un servizio più attento alle crescenti esigenze dei dolenti, ha realizzato ad Albino la nuova casa funeraria. La casa funeraria nasce per accogliere una crescente richiesta da parte dei famigliari che nel delicato momento della perdita di una persona cara si trovano ad affrontare una situazione di disagio oltre che di dolore nell’attesa del funerale. Il disagio potrebbe derivare dalla necessità di garantire al defunto un luogo consono, sia dal punto di vista funzionale che sanitario e permettere alle persone a lui vicine di poter manifestare il loro cordoglio con tranquillità e discrezione. Spesso si manifesta la necessità di trasferire salme in strutture diverse dall’abitazione per ragioni di spa-

zio, climatiche igienico sanitarie. Ad oggi le strutture ricettive per i defunti sono poche ed il più delle volte improvvisate, come ad esempio le chiesine di paese, che sono state realizzate per tutt’altro scopo e certamente non garantiscono il rispetto delle leggi sanitarie in materia. Dal punto di vista tecnico la casa funeraria è stata costruita nel rispetto delle più attuali norme igienico-sanitarie ed è dotata di un sistema di condizionamento e di riciclo dell’aria specifico per creare e mantenere le migliori condizioni di conservazione della salma. La struttura è ubicata nel centro storico della città di Albino, in un edificio d’epoca in stile liberty che unisce funzionalità e bellezza estetica. Gli arredi interni sono stati curati nei minimi dettagli; grazie alla combinazione di elementi come il vetro e il legno, abbiamo ottenuto un ambiente luminoso e moderno, elegante ma sobrio. Lo spazio è suddiviso in 4 ampi appartamenti, ognu-

no dei quali presenta un’anticamera separata dalla sala nella quale viene esposta la salma, soluzione che garantisce di portare un saluto al defunto rispettando la sensibilità del visitatore. Ogni famiglia ha a disposizione uno spazio esclusivo contando sulla totale disponibilità di un personale altamente qualificato in grado di soddisfare ogni esigenza.

FUNERALE SOLIDALE Il gruppo GENERALI ONORANZE FUNEBRI, presente sul territorio con onestà e competenza, mette a disposizione per chi lo necessita un servizio funebre completo ad un prezzo equo e solidale che comprende: - Cofano in legno (abete) per cremazione e/o inumazione; - Casa del commiato comprensiva di vestizione e composizione della salma, carro funebre con personale necroforo; - Disbrigo pratiche comunali.

Antonio Mascher  335 7080048 ALBINO - Via Roma 9 - Tel. 035 774140 - 035 511054 - info@centrofunerariobergamasco.it


DALL’ANAGRAFE PARROCCHIALE Anniversari

Defunta

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Da gennaio a marzo... ... sono rinati nel Battesimo

- Ludovica e Lucia Algarotti

- Leone Fassi

... sono tornati alla casa del Padre

Oliva Remondi

Camilla Belotti

2° anniversario

Anni 96 “Deponi nel Signore il tuo affanno ed egli ti sosterrà”

in Birolini

vedova Spinelli

(Salmo 55,23)

Lotario Vito Persico 11° anniversario

- Giacomo Vedovati - Dionisio Verzeroli - Gabriella Pinetti - Luigi Coria - Paolo Vitale - Dorina Airoldi - Mario Scandella - Eugenio Vedovati - Giorgio Alliaud - Irene Chiodelli - Pierantonio Piazzalunga - Vincenza Gatti - Giacomo Palazzi

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Sergio Baraldi Vincenzo Ratti Vittorio Carrara Carmelina Aristolao Matteo Coria Stefano Vedovati Camilla Belotti Beatrice Petrogalli Ettore Caronia Giansevero Carrara Giacomo Birolini Pietro Azzola

Un abbraccio a Pierino Azzola (secondo da destra in piedi) dai tuoi amici della squadra delle Rondinelle. Pietro Azzola ci ha lasciato, a 72 anni, lo scorso 9 marzo.

Mario Birolini

19° anniversario

Per la pubblicazione in questa pagina delle fotografie dei propri cari defunti, rivolgersi alla portineria dell’oratorio.

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Febbraio 2018


Per essere informato sulle attivitĂ proposte dalla nostra comunitĂ parrocchiale, iscriviti alla NEWSLETTER sul sito

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INFO UTILI

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RECAPITI UTILI Casa parrocchiale Tel. e fax: 035 75.10.39 albino@diocesibg.it Oratorio Giovanni XXIII Tel. 035 75.12.88 oratorioalbino@gmail.com Santuario del Pianto 035 75.16.13 - www.piantoalbino.it Convento dei Frati Cappuccini Tel. 035 75.11.19 Scuola dell’infanzia Centro per la famiglia “San Giovanni Battista” Tel. 035 75.14.82 - 035 02.919.01 Padri Dehoniani Tel. 035 75.87.11 Suore delle Poverelle alla Guadalupe Tel. 035 75.12.53 Caritas Parrocchiale Centro di Primo Ascolto Tel. 035 75.52.33 aperto al mercoledì (ogni 15 giorni) dalle ore 20.30 alle 22.00 e al sabato dalle ore 9.30 alle 11.30

ORARI delle SANTE MESSE FESTIVE

FERIALI

In Prepositurale

In Prepositurale

ore 18.00 al sabato (prefestiva) ore 8.00 - 10.30 - 18.00 Per i battesimi come da calendario alle ore 10.30 o alle 15.00

Al santuario del Pianto

ore 8.30 - 17.00

Quando si celebra un funerale (in Prepositurale): se è al mattino, è sospesa la S. Messa delle 8.30; se è al pomeriggio, è sospesa la S. Messa delle 17.00.

ore 7.30 - 17.00

Alla chiesa dei Frati ore 6.45

Al santuario della Guadalupe

Al santuario del Pianto ore 7.15

ore 9.00

Al santuario della Concezione

ore 10.00 (sospesa nei mesi di luglio e agosto)

Alla chiesa dei Frati Cappuccini

ore 7.00 - 9.00 - 11.00 - 21.00 (ad agosto è sospesa quella delle 21)

Alla Guadalupe ore 8.00 Sulla frequenza 94,7 Mhz in FM è possibile ascoltare celebrazioni liturgiche e catechesi in programma nella nostra chiesa Prepositurale

PER COPPIE E GENITORI IN DIFFICOLTÀ Consultorio familiare via Conventino 8 - Bergamo Tel. 035 4598350 Centro di Aiuto alla Vita Via Abruzzi, 9 - Alzano Lombardo Tel. 035 4598491 - 035 515532 (martedì, mercoledì e giovedì 15-17) A.C.A.T. (metodo Hudolin) Ass.ne dei Club Alcologici Territoriali Tel. 331 8173575 PER CONIUGI IN CRISI Gruppo “La casa” (don Eugenio Zanetti) presso Ufficio famiglia della Curia diocesana Tel. 035 278111 - 035 278224 GIORNALE PARROCCHIALE info@vivalavita.eu

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Opere parrocchiali ... il tuo aiuto è importante

È possibile fare offerte - anche deducibili fiscalmente nella dichiarazione dei redditi in misura del 19% - a sostegno dei lavori autorizzati dalla Soprintendenza per i beni Architettonici. In particolare segnaliamo il debito che rimane dei lavori effettuati alla chiesa del Pianto (70.500 €); al campanile, agli affreschi nella sacristia della Prepositurale, alla chiesa della Concezione e ai tetti dell’Oratorio fin’ora sistemati (250.400 €); per l’adeguamento del CineTeatro (71.100 €). Per le aziende è possibile detrarre totalmente la cifra devoluta. Grazie per quello che riuscirai a fare. PER DONAZIONI - Bonifico bancario tramite Credito Bergamasco di Albino, Parrocchia di San Giuliano: IBAN IT91 R050 3452 480000000000340 Per la ricevuta ai fini fiscali, rivolgersi in casa parrocchiale.

Il Silenzio... virtù da coltivare in questo anno pastorale

Stampato in abbinamento editoriale con il n. 3/2019 di LAIF - In copertina: “Preghiera in Sant’Anna nella mattina del Venerdì Santo 2018”.

Marzo 2019


Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, gente che sa fare il pane, che ama gli alberi e riconosce il vento. Più che l’anno della crescita, ci vorrebbe l’anno dell’attenzione. Attenzione a chi cade, al sole che nasce e che muore, ai ragazzi che crescono, attenzione anche a un semplice lampione, a un muro scrostato. Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere, rallentare più che accelerare, significa dare valore al silenzio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza. La prima volta non fu quando ci spogliammo ma qualche giorno prima, mentre parlavi sotto un albero. Sentivo zone lontane del mio corpo che tornavano a casa.

Franco Arminio


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