Albino comunità viva - Marzo 2021

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IL GIORNALE DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE DI SAN GIULIANO - MARZO 2021


INFO UTILI RECAPITI Casa parrocchiale Tel. e fax: 035 75.10.39 albino@diocesibg.it Oratorio Giovanni XXIII Tel. 035 75.12.88 oratorioalbino@gmail.com Santuario del Pianto 035 75.16.13 - www.piantoalbino.it

ORARI delle SANTE MESSE FESTIVE

FERIALI

In Prepositurale

In Prepositurale

Convento dei Frati Cappuccini Tel. 035 75.11.19

ore 18.00 al sabato (prefestiva) ore 8.00 - 10.30 - 18.00

Scuola dell’infanzia Centro per la famiglia “San Giovanni Battista” Tel. 035 75.14.82 - 035 02.919.01

Per i battesimi come da calendario alle ore 10.30 o alle 15.00

Padri Dehoniani Tel. 035 75.87.11

ore 7.30 - 17.00

Suore delle Poverelle alla Guadalupe Tel. 035 75.12.53 Caritas Parrocchiale Centro di Primo Ascolto aperto il 1° e il 3° sabato del mese dalle ore 9.30 alle 11.30 PER COPPIE E GENITORI IN DIFFICOLTÀ Consultorio familiare via Conventino 8 - Bergamo Tel. 035 4598350

Al santuario del Pianto Al santuario della Guadalupe ore 9.00

Al santuario della Concezione ore 10.00

Alla chiesa dei Frati Cappuccini ore 7.00 - 9.00 - 11.00 - 21.00

ore 8.30 - 17.00

Quando si celebra un funerale (in Prepositurale): se è al mattino, è sospesa la S. Messa delle 8.30; se è al pomeriggio, è sospesa la S. Messa delle 17.00.

Alla chiesa dei Frati ore 6.45 Al santuario del Pianto ore 7.30 Alla Guadalupe ore 8.00 Sulla frequenza 94,7 Mhz in FM è possibile ascoltare celebrazioni liturgiche e catechesi in programma nella nostra chiesa Prepositurale

Amarcord fotografico

Centro di Aiuto alla Vita Via Abruzzi, 9 - Alzano Lombardo Tel. 035 4598491 - 035 515532 (martedì, mercoledì e giovedì 15-17) A.C.A.T. (metodo Hudolin) Ass.ne dei Club Alcologici Territoriali Tel. 331 8173575 PER CONIUGI IN CRISI Gruppo “La casa” (don Eugenio Zanetti) presso Ufficio famiglia della Curia diocesana Tel. 035 278111 - 035 278224 GIORNALE PARROCCHIALE info@vivalavita.eu

www.oratorioalbino.it

9 ottobre 1951, il vescovo di Bergamo mons. Bernareggi posa la prima pietra della Scuola dell’Infanzia San Giovanni Battista.

Stampato in abbinamento editoriale con il n. 2/2021 di LAIF - In copertina: “Crocefisso con i Santi Bernardino e Antonio da Padova” del Moroni


1 “Io sono la porta: chi entra attraverso di me sarà salvo” (Gv 10,9)

In questo tempo sto pensando ai giorni santi che ci attendono; chissà come saranno! È così che mi viene a galla un ricordo di quando ero chierichetto; forse qualcuno si ricorderà, anche se ritengo sia un po’ difficile; il perché lo capirai adesso. Siamo alla Domenica delle Palme prima del Concilio. Il celebrante con i chierichetti usciva dalla chiesa e arrivava dall’esterno al portale, che era chiuso. Prendeva la croce che il chierichetto portava e con questa batteva a questa grande porta, dicendo a voce forte (ovviamente in latino; è una citazione del Salmo 23): Alzatevi, porte eterne entri il re della gloria! E dall’interno della chiesa un sacerdote rispondeva: - Chi è questo re della gloria? E il celebrante dall’esterno: Il Signore, forte e potente, il Signore, forte in battaglia. E così per tre volte, fin quando il portale si apriva ed entrava il celebrante con un grande ramo d’ulivo. Veniva così ricordato l’ingresso di Gesù in Gerusalemme. Un Padre della Chiesa, al riguardo, commentando questo salmo, scriveva: … che si sollevino le porte chiuse del nostro cuore. Si spacchino le catene che tenevano blindata la nostra anima nella paura. Si incurvino i chiavistelli delle porte deteriorate nel tempo dell’indifferenza. Si aprano le porte antiche di una mentalità allo sbando … … ed entri il Re della gloria. Entri con tutto il suo splendore: con il manto della tenerezza. Avanzi con la sua corona: la comunione col Padre. Ci conduca nella stanza regale, dallo Spirito di amore. Questo Padre della Chiesa ci sta dicendo quello che il vangelo di domenica scorsa ci diceva: noi siamo quel Tempio che ha bisogno di essere liberato da tanti animali. E mentre le porte della nostra casa ci aprono a una maggior familiarità tra noi; e la porta d’ingresso ci apre all’incontro con i fratelli e con il mondo; Lui, Gesù, è la Porta che ci apre sull’infinito di Dio, che mette in contatto il cielo e la terra, che ci mette in comunione con il Padre nello Spirito Santo, che crea comunione tra quanti cercano di vivere con Lui. Lui è un po’ come quella siepe di Leopardi, che sembra nascondere, ma che in verità apre da quel colle solitario sull’infinito. E da questa Porta escono tutte le zavorre del cuore. Perché Lui conosce quello che c’è nel cuore di ogni persona; perché Lui ha bussato alla porta del cuore e lo si è lasciato entrare. Il suo farsi presente è rispettoso e paziente, senza invasioni di campo. Lo stare di Gesù alla porta della nostra vita è segno del suo affetto tenace, del suo amore per sempre. Il suo stare alla porta e bussare ci dice che è sempre sua l’iniziativa. Ogni nostra preghiera e ogni nostro stare con lui nascono dal suo stare con noi. Credere e pregare è stare nel legame di amicizia di cui il Signore ha sempre l’iniziativa. È lui che innanzitutto viene incontro a noi, che ci attende, ci chiama all’incontro. In fondo, Gesù è la porta della nostra vita, di una vita piena! E questa pienezza di vita trabocca dal fianco squarciato di Gesù sulla croce. In questi giorni, sto ricevendo dai cresimandi una lettera, dove ognuno dice perché chiede di ricevere il sacramento dello Spirito Santo. Sono lettere nate da momenti di silenzio e di lettura del profondo; altrimenti non ti spiegheresti la profondità di alcune di queste. Devo riconoscere di esserne rimasto ammirato! Una di queste: “Io vorrei ricevere la Cresima perché in questo bellissimo cammino di catechesi ho scoperto tante cose di Lui e vorrei, ormai grande, poter scegliere di camminare con Lui al mio fianco e condividere la mia vita con Lui. Voglio che mi aiuti nelle delusioni più difficili e che mi aiuti a fare le scelte giuste. Ho sempre seguito tutti gli incontri e ogni volta mi ha meravigliato il commento dei miei catechisti e del don. Mi ha appassionato il modo in cui si è sacrificato per noi […] Mi impegno ad aiutare gli altri nei momenti di difficoltà come Gesù ha fatto per me”. Non è l’unica; tutte sono di un livello alto. Grazie genitori che, magari a fatica, state riuscendo a stare accanto a questi figli che crescono anche loro con le loro fatiche, ma anche con i loro entusiasmi di cui noi non siamo più capaci. Grazie catechisti che, magari nel silenzio di sentimenti non espressi, state riuscendo a lasciare il segno e una traccia. A tutti, buona preparazione del cuore alla Pasqua di Risurrezione, nonostante le difficoltà vs. dongiuseppe

Marzo 2021


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VITA DELLA CHIESA VESCOVO FRANCESCO

Dalla Lettera di apertura del Pellegrinaggio Pastorale nelle parrocchie della diocesi Care Sorelle e Fratelli, si avvicina il tempo in cui il mio “pellegrinaggio pastorale” mi porterà ad incontrare le vostre comunità. Questo pellegrinaggio avviene nel momento in cui siamo giunti a delineare tre “corsie” di un unico percorso contrassegnato dall’esigenza pastorale coniugare fede e vita, vangelo e cultura, chiesa e mondo. Le “tre corsie” sono: le Comunità Ecclesiali Territoriali, le Fraternità Presbiterali e la Parrocchia fraterna, ospitale e prossima. Come ogni pellegrinaggio, la meta non è un luogo, ma un incontro, lì dove si manifestano e si possono riconoscere i segni del Regno di Dio e la presenza del Crocifisso Risorto che ci precede. In questi anni, abbiamo condiviso in maniera sempre più diffusa l’idea e l’immagine della parrocchia come comunità fraterna riconoscibile, a partire dalla “cura delle relazioni” perseguita non solo dal Parroco nei confronti dei fedeli, ma da parte di tutti coloro che formano la Comunità. D’altra parte, siamo altrettanto consapevoli che la Parrocchia non si riduce alla Comunità di coloro che la costituiscono, non è una “fraternità esclusiva”, ma per caratterizzazione evangelica, è aperta, accogliente, ospitale: è il luogo ordinario dell’‘inclusione’ nei confronti di chi si affaccia in tempi brevi o in determinate circostanze nella comunità per poi scomparire. Le diverse forme di aggregazione che la parrocchia propone vanno in questa direzione, ma non possono essere lasciate solo alla logica aggregativa, che si misura con i numeri, gli incassi, le risposte a bisogni sociali, il successo dell’iniziativa. Sono le convinzioni che appartengono alla Comunità fraterna a connotarne anche l’esercizio dell’ospitalità. Certamente tra le dimensioni che più rappresentano l’ospitalità della Comunità parrocchiale vi sono: l’accompagnamento dei passaggi significativi della vita, l’impegno educativo, l’ascolto e l’accompagnamento spirituale, il volontariato solidale e l’accoglienza dei poveri. La terza dimensione è rappresentata dalla prossimità. La Comunità parrocchiale non attende soltanto chi bussa, per esercitare l’ospitalità, ma esce dalle esperienze che la caratterizzano per cercare, incontrare, aiutare e servire, facendosi prossima a chi è lontano, solo, abbandonato, fragile, povero, piccolo, insignificante, invisibile e indifferente. Un esercizio che è auspicabile possa essere condiviso anche con altre realtà e persone, che non si riconoscono nella comunità cristiana, sia in termini personali come in quelli istituzionali e associativi.

Alla luce di queste intenzioni, vi consegno una semplice scheda, sulla base della quale predisporre la relazione che presenterete al Vescovo, in occasione dell’incontro con gli Organismi pastorali. È assai opportuno che nell’individuazione delle risposte, si abbia presente il Libro del 37° Sinodo diocesano e le Lettere pastorali di questi anni. Le caratteristiche che la parrocchia missionaria rappresenta sono: la fraternità, l’ospitalità, la prossimità. - Quali sono i criteri e le pratiche che attuano queste caratteristiche: quali le difficoltà e quali le possibilità. - Quali sono le priorità e le caratteristiche del servizio del presbitero per una parrocchia con queste caratteristiche. - Quali collaborazioni con altre parrocchie della Fraternità riteniamo utili in questa prospettiva.


2021: ANNO FORMAZIONE DEDICATO BIBLICA A SAN GIUSEPPE3

PATRIS CORDE #2 1. Padre amato La grandezza di San Giuseppe consiste nel fatto che egli fu lo sposo di Maria e il padre di Gesù. In quanto tale, «si pose al servizio dell’intero disegno salvifico», come afferma San Giovanni Crisostomo. San Paolo VI osserva che la sua paternità si è espressa concretamente «nell’aver fatto della sua vita un servizio, un sacrificio, al mistero dell’incarnazione e alla missione redentrice che vi è congiunta; nell’aver usato dell’autorità legale, che a lui spettava sulla sacra Famiglia, per farle totale dono di sé, della sua vita, del suo lavoro; nell’aver convertito la sua umana vocazione all’amore domestico nella sovrumana oblazione di sé, del suo cuore e di ogni capacità, nell’amore posto a servizio del Messia germinato nella sua casa». Per questo suo ruolo nella storia della salvezza, San Giuseppe è un padre che è stato sempre amato dal popolo cristiano, come dimostra il fatto che in tutto il mondo gli sono state dedicate numerose chiese; che molti Istituti religiosi, Confraternite e gruppi ecclesiali sono ispirati alla sua spiritualità e ne portano il nome; e che in suo onore si svolgono da secoli varie rappresentazioni sacre. Tanti Santi e Sante furono suoi appassionati devoti, tra i quali Teresa d’Avila, che lo adottò come avvocato e intercessore, raccomandandosi molto a lui e ricevendo tutte le grazie che gli chiedeva; incoraggiata dalla propria esperienza, la Santa persuadeva gli altri ad essergli devoti. In ogni manuale di preghiere si trova qualche orazione a San Giuseppe. Particolari invocazioni gli vengono rivolte tutti i mercoledì e specialmente durante l’intero mese di marzo, tradizionalmente a lui dedicato. - Quali collaborazioni con la Comunità Ecclesiale Territoriale, le istituzioni e le associazioni e in quali ambiti. - Quali collaborazioni e ministeri sono necessari per perseguire queste caratteristiche Per fare sintesi: - Quali i punti di forza della parrocchia - Quale i punti deboli - Quale specifico della nostra parrocchia - Quali priorità del ministero del prete

La fiducia del popolo in San Giuseppe è riassunta nell’espressione “Ite ad Ioseph”, che fa riferimento al tempo di carestia in Egitto quando la gente chiedeva il pane al faraone ed egli rispondeva: «Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà» (Gen 41,55). Si trattava di Giuseppe figlio di Giacobbe, che fu venduto per invidia dai fratelli (cfr Gen 37,11-28) e che – stando alla narrazione biblica – successivamente divenne vice-re dell’Egitto (cfr Gen 41,41-44). Come discendente di Davide (cfr Mt 1,16.20), dalla cui radice doveva germogliare Gesù secondo la promessa fatta a Davide dal profeta Natan (cfr 2 Sam 7), e come sposo di Maria di Nazaret, San Giuseppe è la cerniera che unisce l’Antico e il Nuovo Testamento.

Care sorelle e fratelli, attendo con desiderio il giorno dell’incontro con la vostra comunità, che si articolerà in quattro momenti: l’incontro personale con i presbiteri, l’incontro con gli organismi parrocchiali, l’incontro con un’iniziativa caritativa segno della parrocchia, la celebrazione comunitaria dell’Eucaristia. Nell’attesa vi abbraccio e benedico. +Francesco, vescovo

Marzo 2021


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VITA DELLA CHIESA

L’Enciclica “Fratelli tutti” ... letta dai Saveriani

Il giorno in cui il Papa ha pubblicato l’Enciclica “Fratelli tutti” sulla fratellanza e l’amicizia sociale, m’è subito venuto in mente un altro “quasi santo” e grande patriarca della chiesa latino-americana: Dom Hélder Câmara, arcivescovo di Recife, personalità di spicco, infaticabile difensore dei diritti umani durante la dittatura militare in Brasile. Testimone di una chiesa semplice, povera, non-violenta, principale mentore di quelle che sono state le cruciali conferenze episcopali di Medellín e di Puebla. Senza dimenticare la sua intensa collaborazione nel Concilio in favore di una “chiesa dei poveri” e l’amicizia che lo legava a Paolo VI, con il quale ha collaborato nella stesura dell’enciclica Populorum Progressio. L’aneddoto, tratto dalla stessa testimonianza di Dom Hélder nel documentario di Érica Bauer “Dom Helder, o Santo Rebelde” (2004), è di una lucidità sconvolgente e riassume tutta l’enciclica di papa Francesco oltre che il Vangelo. Si racconta che un giorno Dom Hélder ha accolto un padre di famiglia che cercava lavoro. Immediatamente ha chiamato al telefono un amico commerciante dicendogli: “Ho qui mio fratello in cerca di lavoro, ce l’avresti un posto per lui?”. “Per il fratello dell’arcivescovo, ci mancherebbe, è ovvio che il posto lo troviamo”. Passati alcuni giorni, però, scoperto l’imbroglio, l’amico richiama Dom Hélder lamentandosi che la persona in questione non era affatto suo fratello. Allorché Dom Hélder gli risponde: “Fratello solo da parte di Padre, non è fratello?”. “Sì - risponde l’amico - ho capito quello che intende dire … ma pensavo fosse fratello di sangue!”. “Ed è proprio così - replica Dom Hélder - perché il sangue che Cristo ha versato per me, lo ha versato anche per lui. Siamo fratelli di sangue!”. Questo era Dom Hélder e questo è tutto, in sintesi, il Vangelo. Francesco lo riprende nella sua enciclica: il tema della fratellanza non è una questione di buoni sentimenti, ma di fede. Credere insom-

ma che Dio è Padre, come Gesù ci ha insegnato a chiamarlo, e perciò siamo suoi figli, quindi fratelli tra di noi… di sangue! La fede, prima di costituirsi a fondamento di un’etica, o di esprimersi essenzialmente nella carità, è una questione di ottica, vedere le cose da una prospettiva, da una specifica visione del mondo, dell’umanità

Un interessante parallelo tra le parole di Francesco e san Guido Conforti. Anche nella politica c’è spazio per amare con tenerezza. “Cos’è la tenerezza? È l’amore che si fa vicino e concreto. È un movimento che parte dal cuore e arriva agli occhi, alle orecchie, alle mani. […] La tenerezza è la strada che hanno percorso gli uomini e le donne più coraggiosi e forti”. In mezzo all’attività politica, “i più piccoli, i più deboli, i più poveri debbono intenerirci: hanno diritto di prenderci l’anima e il cuore. Sì, essi sono nostri fratelli e come tali dobbiamo amarli e trattarli” (papa Francesco, FT 194). “Voi, ricchi e possidenti, capitalisti che considero ugualmente come i miei figli carissimi in Gesù Cristo, non dimenticate mai, alla vostra volta, che gli operai delle vostre officine, i lavoratori dei vostri campi sono i vostri fratelli, perché figli di uno stesso Padre, redenti ad uno stesso prezzo, destinati ad una stessa gloria e quindi come tali dovete considerarli e trattarli” (Guido Conforti, 25 marzo 1908, Parma - Discorso in Duomo per il suo ingresso, in FCT 15, p. 357). Missionari Saveriani, febbraio 2021


FORMAZIONE BIBLICA GIORNATA PER LA VITA 20213

Grazie!

Domenica 7 febbraio, con la quarantatreesima Giornata nazionale per la Vita, si è conclusa un’importante settimana di sensibilizzazione, sostegno e preghiera per la vita. Ripercorriamo le iniziative promosse e condivise dall’intera comunità parrocchiale di Albino. LA PREGHIERA - Pregare è il nostro mezzo principale per vedere Dio operare nella nostra vita e in quella degli altri. Per questo nel rosario quotidiano che precedeva la S. Messa delle 8 al santuario della Guadalupe, abbiamo pregato per la vita, ogni giorno con una particolare intenzione: per la vita nascente, per gli anziani, per i giovani, per gli operatori sociali, per i sofferenti, per i fidanzati e per le famiglie. Una preghiera semplice e di cui abbiamo bisogno affinché i nostri cuori si aprano alla grazia.

“Com’è importante sognare insieme! Da soli si rischia di avere dei miraggi; i sogni si costruiscono insieme” (Papa Francesco, Fratelli Tutti, n. 8)

“Se uno sogna da solo, il suo rimane un sogno; se il sogno è fatto insieme ad altri, esso è già l’inizio della realtà” (Dom Helder Camara) e della creazione: siamo tutti fratelli! Per il cristiano siamo tutti fratelli e sorelle di sangue, perché figli e figlie dello stesso Padre. Il resto è solo conseguenza. Padre Stefano Raschietti

A SOSTEGNO DELLA VITA - E siamo a Domenica. Guidati dall’invito Libertà e Vita, la comunità parrocchiale di Albino con tutte le comunità religiose in essa operanti ha promosso una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi a sostegno di progetti in favore della vita offrendo primule in cambio di una libera offerta. Attuata sabato 6 e Domenica 7 febbraio 2021 in concomitanza delle Messe celebrate nelle chiese della Parrocchia (Prepositurale di San Giuliano, Frati Cappuccini, Madonna del Pianto, Madonna della Concezione e Madonna di Guadalupe) e nel porticato della chiesa di Sant’Anna. L’iniziativa ha coinvolto alcuni volontari, il gruppo Scout di Albino, i bambini di quarta elementare - che con le loro famiglie hanno raccolto generi alimentari, pannolini e abbigliamento per la prima infanzia da donare al Centro Aiuto alla Vita di Alzano - e i ragazzi di seconda e terza media con i loro catechisti, tutti uniti all’attenzione e promozione della Vita. Durante le Messe si è pregato e riflettuto sul valore della vita e fuori dalle chiese sono state offerte le piantine di primule, il primo fiore che sfida l’inverno. Sabato 6 febbraio, sono state donate le piantine alle coppie di fidanzati che si stanno preparando al matrimonio; nel pomeriggio dello stesso giorno, i Cresimandi hanno portato agli ospiti di Casa Honegger i fiori simbolo di questa giornata; non potendo entrare nella struttura, dal cortile hanno salutato i nonni con la loro allegria e il loro canto, e lanciato nel cielo tanti palloncini colorati; ma non solo, con l’aiuto dei loro catechisti e di don Andrea, hanno realizzato un video di saluto che i residenti hanno potuto vedere grazie al circuito televisivo interno alla struttura. Da questo impegno è sbocciato un “utile” di 2.643 euro così impiegato: 1.600 euro per il finanziamento di parte di un Progetto Gemma per l’adozione prenatale a distanza di una mamma in difficoltà, salvando il suo bambino; 600 euro a sostegno di progetti del Centro Aiuto alla Vita di Alzano Lombardo; 443 euro alla locale Associazione Difendere la Vita con Maria che si occupa di dare una dignitosa sepoltura ai bambini non nati. Un grande grazie a tutta la comunità di Albino.


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ESPERIENZE EDUCATIVE

“E SE NON PIANGI, DI CHE PIANGER SUOLI?” Inferno XXXIII, 42

In questi giorni stiamo dedicando alcune lezioni alla letteratura per l’infanzia nell’Italia post-unitaria. Leggo il capitolo XXXVI, quello conclusivo, delle avventure di Pinocchio scritto di Carlo Lorenzini, alias Collodi. È quello in cui il burattino di legno, dopo tante disubbidienze, errori, trasgressioni, mette giudizio e lavora sodo per aiutare il buon babbo Geppetto, ormai vecchio e malato. Lavora senza risparmiarsi a servizio del contadino Giangio, svolgendo i lavori più faticosi ed umili, come girare il bindolo. Inoltre si porta a casa altro lavoro: intreccia canestri con i giunchi. E, come se non bastasse, la sera prima di dormire si esercita a leggere e a scrivere, da autodidatta: proprio come uno studente-lavoratore. Come si spiega una tale laboriosità? Non è ambizione personale né desiderio di guadagno. Pinocchio lavora per mantenere suo padre e per non fargli mancare il latte, ora che è debole e malato. Vuole restituire quando ha ricevuto da suo padre che, all’inizio della storia, aveva venduto la giacca per acquistare al burattino l’abbecedario e così mandarlo a scuola come gli altri bambini veri. È riconoscenza, è gratitudine che nasce da una nuova consapevolezza di sé e dei suoi doveri filiali. Ma c’è dell’altro. Un giorno Pinocchio incontra la lumaca, assistente della Fata dai capelli turchini; da lei viene a sapere che la buona Fata giace in un letto d’ospedale. Pinocchio consegna alla lumaca, senza esitare, quaranta monete che aveva guadagnato e risparmiato per comprarsi un vestito nuovo. Tornato a casa, per rispondere ad una curiosità del babbo sul perché non si era comprato il vestito a cui teneva così tanto, Pinocchio inventa una bugia ma stavolta il suo naso non si allunga: Non c’era la mia taglia! Lo comprerò un’altra volta. In sostanza Pinocchio dà prova di sapersi sacrificare per gli altri, dimostra di saper anteporre con generosità i bisogni altrui ai propri, rimanda le gratificazioni immediate: è generativo e quindi maturo, è diventato un uomo anche se ha ancora l’aspetto del burattino.

Ma la mattina seguente, al risveglio, il sogno si rivela premonitore di una nuova, definitiva metamorfosi: Pinocchio è diventato un bambino vero ed osserva, divertito, il burattino di legno seduto ciondoloni su una seggiola: Come ero buffo! E come sono felice ora. Perfino suo padre è ringiovanito ed in salute e al posto della capanna i due si ritrovano ad abitare una casa di muratura. Tutto si è trasformato perché Pinocchio si è trasformato, nel profondo: è diventato un uomo. Preso dalla lettura e dal commento, senza accorgermi, sento nascere dal di dentro una commozione tale che non so contenere; ho gli occhi lucidi. Perché? Che cosa mi ha turbato così profondamente? Che sia anche la mia storia...Quella della mia progressiva metamorfosi da adolescente a uomo e da uomo a quasi anziano (e come tale più facile all’intenerimento)? Mi sono rivisto in Pinocchio che accudiva suo padre Geppetto; mentre anch’io accudivo il mio, gli facevo la barba, lo accompagnavo a passeggio, gli offrivo la crema al caffè che gli piaceva così tanto… Oggi ho temuto per un istante di essere giudicato debole, un po’ imbolsito, prossimo alla pensione. Forse perché gli uomini, quelli veri, non devono piangere? Ma chi l’ha detto che gli uomini veri non piangano? Ecco il “padre Dante” venirmi in aiuto con un passo del Purgatorio (XXI, 105 ss.): Ma non può tutto la virtù che vuole; ché riso e pianto son tanto seguaci a la passion di che ciascun si spicca, che men seguon voler ne’ più veraci. Sono proprio gli uomini più veraci, cioè quelli sinceri ed autentici, che non temono il giudizio altrui e non nascondono i loro sentimenti; anzi, sono gli stessi sentimenti a non seguire gli ordini della volontà. E questo vale per il riso e per il pianto, anche per il mio. Enzo Noris


Una riflessione sull’educazione Scout “Un giorno un uomo andò da un saggio eremita e gli chiese cosa potesse coltivare per essere utile al mondo. Il saggio guardò l’uomo e gli disse: Dipende da quanto tempo hai o vuoi dedicare a questa nobile azione. Se hai pochi mesi, semina frumento nutrirai un villaggio intero. Se hai un anno, pianta e coltiva dei noci, nutriranno generazioni intere. Se hai una vita coltiva uomini, Dio e il mondo te ne saranno grati.”

Ecco la nostra vocazione come capi scout, ovvero educatori è tutta qui. Educare uomini! Quando ci prendiamo cura dei lupetti o delle coccinelle, non stiamo solo intrattenendo dei bambini, ma stiamo educando oggi gli uomini di domani. Come insegna il piccolo racconto, educare è un po’ come coltivare: servono tempo e cura. Fondamentale però è ricordarsi che non siamo noi a mettere il seme, il nostro compito è soltanto aiutarlo e sostenerlo nella crescita. In fondo è la stessa etimologia di educare, da e-ducere, a indicarci l’azione del guidare fuori. Un capo o una guida o in generale un educatore deve essere convinto che, in ogni bambino o ragazzo che incontra, Qualcuno ha già piantato il seme della Bellezza, della Verità, dell’Amore. Per continuare la metafora agricola, possiamo chiederci: qual è la differenza

tra un giardino e una selva? La risposta non può che essere: il giardiniere! Per quanto le piante possano crescere spontaneamente, non saranno mai variegate e ordinate al tempo stesso senza una mano sapiente che le bagni, le protegga, le poti dove necessario... Il tocco del giardiniere è precisamente ciò che distingue la sua professione da un uomo qualsiasi che si limita a tagliare l’erba in un prato. Il tagliatore d’erba è anonimo, il giardiniere lascia un’impronta che dura tutta la vita; lascia qualche cosa di sé. Nello scoutismo è sostanziale l’attenzione al singolo, la cura per ogni ragazzo... Non si educa con il tagliaerba, ma con le forbici. Il buon capo scout pensa e programma le attività avendo in mente non “il riparto” o “il branco”, ma Luca, Giovanni, Marco oppure Anna, Chiara, Lisa. Certo considerare (e a volte conciliare) le esigenze di tanti ragazzi non è semplice e sicuramente è una grossa responsabilità, ma il metodo scout alla lunga ha conquistato spesso grandi traguardi. A proposito di educazione, varrà lo sforzo riflettere su un’altra domanda, la cui risposta deve incidere nel modo di impostare ogni attività. A chi spetta educare? Noi scout sappiamo che la responsabilità generale dell’educazione di un bambino è della famiglia. Poiché la famiglia è la prima realtà che un uomo incontra, essa diviene il primo

luogo di educazione. È il primo a livello cronologico: quando il bambino nasce ha attorno a sé almeno la mamma e generalmente il papà; se poi è fortunato ha fratelli… e poi arrivano i nonni, gli zii… La famiglia è il luogo di apprendimento e maturazione delle relazioni; è una scuola di condivisione, quindi d’amore e di servizio. In famiglia s’impara a vincere l’egoismo (o almeno ci si prova!). Spesso sentiamo domandare: qual è il ruolo della famiglia nella società? Invece la domanda, per essere corretta, dovrebbe essere ribaltata: qual è il ruolo della società verso la famiglia? Ricordiamoci che la società esiste in quanto esistono le famiglie, dove un uomo e una donna generano i figli. Tutti gli altri ambiti nascono come servizi e aiuti successivi, perché il diritto a educare spetta alla famiglia, la realtà in cui l’uomo sin dalla nascita è immerso. Con questa consapevolezza, lo scoutismo diviene uno strumento educativo prezioso nella misura in cui affianca le famiglie nell’arduo compito di curare la crescita degli uomini di domani. Noi capi scout ci mettiamo in gioco per offrire un servizio utile, ma, quando i genitori ci ringraziano, il ringraziamento va a loro che ci affidano i figli. La cura per ogni ragazzo deve nascere dal considerare quanto egli è prezioso agli occhi dei suoi genitori! Tasso riflessivo


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VITA PARROCCHIALE LEGAMI DI PANE

Un anno di emergenza e di solidarietà Un anno difficile per tutti: esposti alla fragilità, abbiamo trovato il coraggio di non fermarci, continuando ad essere al fianco delle famiglie e delle persone più fragili. COSA ABBIAMO FATTO IN QUESTO ANNO

I numeri sono la realtà che diventa valore: - nell’anno 2020 sono stati preparati 1.750 pacchi alimentari contro gli ordinari 1.000 che si distribuivano; - hanno usufruito del servizio 105 nuclei familiari, corrispondenti a 305 persone, di queste il 57 % è composto da famiglie italiane; - il peso di ogni singolo pacco si aggira attorno ai 18-20 kg con un massimo anche di 25 kg per un totale distribuito di 330 quintali di prodotti; - ulteriori 290 pacchi alimentari sono stati distribuiti, sempre nella stessa nostra sede/magazzino, a famiglie dell’Associazione Mamme del Mondo, per un totale di circa 120 quintali di prodotti.

MA DA DOVE ARRIVANO TUTTE QUESTE ECCEDENZE ALIMENTARI?

Con i 12.000 € annui di contributo del Comune di Albino vengono acquistati generi di prima necessità a lunga conservazione e altri prodotti di cui necessitiamo l’acquisto perché ci vengono donati raramente (detersivi, prodotti per igiene personale, tonno, caffè, latte, olio, ecc.). Come primo sostenitore troviamo il supermercato IL GIGANTE di Albino, che per 3 volte alla settimana ci dona prodotti freschi vicino alla scadenza ma raccoglie anche, tramite la spesa sospesa, prodotti a lunga scadenza come pasta, riso, biscotti ecc., che ogni acquirente può donare spontaneamente, mettendo ciò che vuole in un carrello apposito. Ogni 40 giorni ritiriamo dal Banco Alimentare Lombardia che ha

sede a Muggiò (Milano), generi alimentari. Durante l’Avvento tutte le Parrocchie di Albino, hanno attivato una raccolta di generi alimentari e la risposta dei cittadini del Comune di Albino è stata superiore alle aspettative; abbiamo ricevuto tanto, tanto cibo! Una volta alla settimana ci rechiamo presso la Dispensa Sociale della Cooperativa Namastè di Bergamo. Alcune ditte del nostro territorio ci hanno donato diverse derrate alimentari di loro produzione. Inoltre, sia l’Associazione Alpini di Albino sia la Coldiretti Bergamo ci hanno offerto circa 50 pacchi alimentari ciascuno, da distribuire a Natale. Per ultima, ma non per importanza e significato, c’è stata la donazione da parte di singoli cittadini, sia in forma alimentare sia di denaro da utilizzare per l’acquisto di generi alimentari.

RACCOLTA INDUMENTI

In piazza S. Giuliano si effettua la raccolta di indumenti, biancheria per la casa e coperte, usati, puliti e in buono stato. Questi vengono visionati da due volontarie della parrocchia, Ercolina e Alberta Carrara e inviati a diverse realtà: - a persone segnalate dai Servizi Sociali del Comune di Albino; - a orfanotrofio in Bosnia (referente Tino); - alla comunità “Don Milani” di Sorisole (centro d’accoglienza maschile); - alla comunità “Il mantello” di Torre Boldone (centro d’accoglienza femminile); - al Patronato San Vincenzo di Bergamo; - ai missionari Monfortani di Redona; - all’associazione “In strada” di Bergamo (coperte per i senzatetto); - alla cooperativa “Il Triciclo” di Bergamo.

GIORNI E ORARI DI RACCOLTA: LUNEDÌ-MERCOLEDÌ-VENERDÌ DALLE 9.00 ALLE 10.30


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LE PERSONE E GLI ENTI CHE COLLABORANO ATTIVAMENTE AL PROGETTO Al progetto “Legami di pane” partecipano in modo continuativo 34 volontari, che con passione e spirito di servizio, anche durante i mesi più difficili della pandemia, sono riusciti a garantire un servizio di distribuzione. Nei mesi più difficili del primo lockdown è stata importante la collaborazione e l’aiuto della Protezione Civile di Albino che ci ha supportato nella distribuzione. Oltre a tutte gli Enti, le Associazioni, le Cooperative e i gruppi già nominati, è importante per noi segnalare la presenza - del Centro di Primo Ascolto della parrocchia, perché rileva bisogni e invia le persone al Servizio sociale del Comune, perché possano usufruire dell’aiuto alimentare, - del Centro Servizi Volontariato che si impegna per sostenere le organizzazioni di volontari, attraverso consulenza, formazione, accompagnamento… (e si affianca alla Cooperativa Il cantiere) - dell’Assistente sociale Comunale, che su mandato dell’Amministrazione, periodicamente raccoglie e verifica il bisogno delle persone che usufruiscono dell’aiuto e lavora per mantenere aggiornata la documentazione necessaria. I volontari di Legami di Pane

Una pasticceria alternativa La Pasticceria “Giotto” del Carcere di Padova, in un laboratorio che è insieme scuola di mestiere e di vita, opera all’interno della Casa di Reclusione Due Palazzi dal 2005. Da allora ad oggi, tanti incontri, visite ed eventi ci hanno fatto sentire l’affetto delle istituzioni, del pubblico e della critica di settore, e la quotidianità di un lavoro vero ci dà la possibilità di cambiare, ogni giorno, insieme.

Anche ad Albino la pasticceria “Giotto” ha un punto vendita di dolci, colombe, uova paquali, all’Enoteca Wimpy in via Mazzini (+39 35753234 - enotecawimpy@gmail.com)

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ORATORIO

Certi giorni non passano 23-24 febbraio 2020

Certi giorni non passano. Definiscono un prima e un dopo. Uno spartiacque. Che però, in questo caso, ti riguarda. Ci riguarda. Certi giorni non passano ma restano. Incancellabili. Sarà una lenta liturgia il ripercorrere quell’attraversare ciò che nessuno avrebbe mai immaginato di doversi attendere. E poi le parole, il silenzio, le domande, il dolore, l’attesa, la rabbia, i legami, le sirene, le case... la vita e la morte... Certi giorni restano incancellabili. Certi giorni ci hanno cambiato. Per sempre. Ed è tempo questo di memoria. Di ripetere quello sfogliare i numeri di quei giorni incancellabili. Con una timida e tenace voglia di riprendere (e riprenderci) fatta di piccole ripartenze, di speranze, di attese. “Saremo qui, più attenti credo. Più delicata la nostra mano starà dentro il fare della vita” Così scriveva Mariangela Gualtieri il 9 marzo dello scorso anno. Più attenti. Più delicati. Dentro il fare della vita. Che siano giorni di consapevolezza e di delicatezza. Di memoria condivisa e di rinnovata aderenza alla vita. Ci stringeremo a distanza. Anche in preghiera. Attorno a nomi che sono volti e storie e case. Per non disperdere memorie e per rinnovare quell’alleanza con la vita. La Quaresima ci porta nel deserto. Lì dove ogni cosa si sente in modo distinto e più forte. Desiderosi di parole di salvezza e di resurrezione. Che sia così. Partendo dall’unico luogo possibile che è il presente: dove la vita è. Insieme. Nessuno si salva da solo. Continuiamo a camminare insieme. Ne va di noi. dA


SOLIDARIETÀ

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Solidarietà senza confini Anche nei momenti difficili, il buon cuore delle persone di buona volontà non si ferma mai. Ho la fortuna di far parte di 2 associazioni: “A braccia aperte con Maria- Onlus”, che si occupa di aiutare la fornitura di cibo per le mense dei poveri, ammalati, anziani e disabili e l’associazione “Fabio vita nel mondo - Onlus” che dà aiuti ai bambini ammalati, sia in Bosnia che portando i più gravi all’ospedale Gaslini di Genova. Ci sono delle famiglie che vivono nella povertà più estrema, che sull’orlo della disperazione, mandano i propri figli negli orfanotrofi, in modo tale di avere la certezza che i loro bambini abbiano di che sfamarsi. Noi cerchiamo di aiutare queste famiglie, perché siamo sicuri che la cosa più bella ed importante per questi bambini, sia quella di avere vicino i propri genitori. L’amore dei propri famigliari è impagabile. Fortunatamente siamo riusciti a riprendere i viaggi di carità e

grazie alla generosità di molte persone, abbiamo riempito un container. Abbiamo portato aiuti a profughi che vivono al confine, dispersi nei boschi, in situazioni veramente disperate, nella “ricca Europa”. Mi ritengo fortunato, lo dico veramente con il cuore: non è merito mio se sono nato in un pa-

ese ricco e democratico…ma se fossi nato in un paese povero, distrutto dalla guerra, dove non c’è libertà… COSA FAREI? Lo so che è un periodo difficile per tutti, ma se potete darmi un piccolo aiuto per la Santa Pasqua, è ben accetto. Grazie di cuore per tutto ciò che avete fatto e che farete. Tino

Diventiamo prossimo Continua l’iniziativa del fondo di solidarietà “Diventiamo prossimo” per sostenere e accompagnare le famiglie in difficoltà economica MODALITÀ PER CONTRIBUIRE

 Autotassazione mensile: si stabilisce una cifra che viene versata

mensilmente per il periodo indicato

 Presso il Centro di Primo Ascolto alla Casa della Carità

in piazza San Giuliano 5 al mercoledì dalle 20.45 alle 22  Con bonifico bancario tramite il nuovo IBAN attivo dal 22 febbraio 2021

IBAN: IT20 L0538 75248 00000 4260 6856 c/c intestato Parrocchia San Giuliano, Conto Caritas indicando la causale: FONDO DI SOLIDARIETÀ DIVENTIAMO PROSSIMO

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PENSIERO GIOVANE IL PENSIERO DEI GIOVANI

Quali sono i diversi ruoli di amministratori eletti e di tecnici comunali nel servizio al bene comune dei cittadini? Alla domanda, che riguarda un aspetto particolare dell’amministrazione di un comune, può rispondere una recente tesi di laurea alla facoltà di giurisprudenza dell’Università degli studi di Milano. Nel Capitolo I la tesi va «a ripercorrere lo sviluppo storico della Pubblica Amministrazione in Italia, per poi soffermarsi sull’organizzazione tipica dell’Ente Comunale, in cui gli organi politico-amministrativi lavorano sinergicamente con gli organi di amministrazione e di gestione. I primi esercitano le funzioni di indirizzo politico, definendo gli obiettivi e i programmi da attuare e verificando la rispondenza dei risultati agli indirizzi impartiti; i secondi adottano i provvedimenti amministrativi, impegnano l’amministrazione verso l’esterno e si occupano della gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, sulla base delle direttive ricevute. La linea di separazione tra queste due categorie apicali dà vita a notevoli riflessi sul piano delle responsabilità». Nel Capitolo II vengono appunto «affrontate tutte le tipologie di responsabilità in cui un amministratore comunale può incorrere, declinandole in responsabilità civile, amministrativo-contabile e dirigenziale». Infine, nel Capitolo III vengono «esaminate le principali problematiche che la Pubblica Amministrazione italiana deve affrontare quotidianamente, rendendola una tra le più arretrate nel panorama europeo. A livello comunale il principio di separazione continua ad essere incerto e sfumato». ECCO ALCUNI ESTRATTI DELLE 150 PAGINE DELLA TESI In Italia, «L’attuazione del principio di separazione tra politica e amministrazione ha richiesto una radicale riorganizzazione delle strutture amministrative degli enti, tanto da portare a un drastico mutamento di mentalità e di modus operandi da parte degli amministratori e da parte della burocrazia locale. Tra le innovazioni più significative vi è l’ulteriore riduzione dell’ambito di competenza dei Consigli comunali agli atti fondamentali, il cui ruolo si circoscrive con maggiore chiarezza alle funzioni di indirizzo e di controllo politico, spogliandoli di ogni ingerenza nella gestione burocratica dell’ente. In questo modo si iniziò ad avere piena attuazione del principio di separazione fra politica ed amministrazione, in forza del quale Consiglio, Giunta e Sindaco stabiliscono gli obiettivi da raggiungere e stanziano le risorse necessarie, assegnando gli uni e le altre ai singoli dirigenti, secondo le materie di loro competenza. I dirigenti pertanto si trovano ad avere una maggiore autonomia dagli organi politici, una riduzione di garanzie ed un incremento di responsabilità manageriali: molte competenze

operative che fino agli anni ’90 erano state attribuite al Sindaco o alla Giunta spettano ora ai dirigenti» «La totale separazione tra politica e amministrazione appare oggi impraticabile, se non addirittura utopistica. Ciò a causa del necessario contemperamento di esigenze diverse: da una parte i principi di imparzialità e buon andamento della burocrazia, la quale deve fare anche da garante rispetto agli interessi rimasti esclusi a livello politico, dall’altra i principi di democrazia e sovranità popolare che devono permettere la realizzazione dei programmi di governo. L’insieme di tutte queste esigenze ha inesorabilmente inciso sulle dinamiche di tale rapporto, confinando per anni la burocrazia a mero servizio della politica, per poi tornare ad acquisire un certo grado di indipendenza, tuttavia senza divenire mai del tutto autonoma». «Il rapporto tra le figure apicali degli Enti Locali, ossia tra la componente politica e quella amministrativa, continua a mantenere


SOCIETÀ una fisionomia ibrida. Il principio di separazione è stato sancito per la prima volta con l’art. 51 della legge n. 142/1990 e, attraverso il T. U. sugli enti locali, gli si è data attuazione individuando gli atti di competenza dei dirigenti e riservando agli organi politici solo gli atti politici e gli atti di indirizzo politico-amministrativo. In questo modo l’apparato burocratico, prima dotato di compiti di mero supporto, è divenuto titolare di funzioni e di responsabilità gestionali con rilevanza esterna. Invero, il meccanismo di reclutamento della dirigenza denominato merit system, basato su un concorso pubblico o un corso-concorso, talvolta lascia spazio a un sistema fiduciario, denominato spoils system. In questo caso i dirigenti apicali vengono scelti discrezionalmente dagli organi politici, sacrificando l’imparzialità in favore della garanzia di autonomia dell’organo politico. I rischi connessi sono molteplici, le figure politiche rischiano di scegliere dirigenti a loro fedeli ma non dotati delle competenze richieste. Tuttavia la finalità dello spoils system è proprio questa, assicurare una perfetta coincidenza tra le responsabilità effettive dell’insuccesso dell’indirizzo politico e le responsabilità di chi è il titolare dell’esercizio dei poteri. Il secondo rischio, sempre collegato al primo, è che con l’applicazione di tale modello le amministrazioni tendano a perseguire interessi di parte, piuttosto che occuparsi dei bisogni della collettività nel suo insieme». «Da tempo viene evidenziata la c.d. “paura di firma” da parte dei pubblici funzionari, che temono di incorrere in ipotesi di responsabilità erariale e di reato d’abuso d’ufficio. Si tratta di un timore che ha dato luogo al fenomeno della burocrazia difensiva, con rallentamenti nell’attività amministrativa e con conseguente lesione del principio costituzionale di buon andamento». «È l’atteggiamento di molti dirigenti che frenano l’iter dei procedimenti facendo una serie di richieste spes-

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so ingiustificate. Si tratta, ad esempio, dei casi in cui la pubblica amministrazione richiede ai cittadini documenti che la stessa dovrebbe già possedere, oppure i casi in cui vengono chiesti inutilmente sia i materiali cartacei che quelli digitali. O ancora, ai casi in cui, per evitare di assumersi delle responsabilità, i dirigenti rimangono in attesa, contribuendo a creare un costoso disservizio per tutti. Questo fenomeno è generato da una moltitudine di fattori, ma il ruolo centrale è costituito dai rischi sanzionatori, non tanto quelli di carattere disciplinare o dirigenziale ma soprattutto quelli di carattere amministrativo-contabile. Dietro alla burocrazia difensiva, dunque, non vi sono “ingovernabili angosce e blocchi emotivi” ma c’è un calcolo di costi e benefici, per cui il dirigente cercherà sempre la soluzione più sicura». «Non va sempre confusa la c.d. “paura della firma” con il rispetto del principio di legalità amministrativa, disciplinato sia dall’art. 97, co. 2 della Costituzione sia dall’art. 1 della Legge n. 241 del 1990. Se i dirigenti rispettano vincoli e svolgono correttamente le procedure non lo fanno per bloccare la macchina amministrativa, ma per perseguire in maniera pienamente legittima l’interesse pubblico definito dagli organi politici». Ciò che però si è potuto constatare è che la paura della firma non sempre deriva dal timore di una maggiore responsabilità; spesso i dirigenti sono sottoposti alle pressioni degli organi politici, finendo per lavorare superficialmente solo in funzione della necessità di procedere urgentemente. Ciò che occorre sono criteri certi per applicare la responsabilità amministrativocontabile, ma la semplificazione delle norme non per forza deve passare dall’eliminazione delle responsabilità. Alla luce di tali considerazioni la Pubblica Amministrazione continua a rimanere un cantiere aperto, rappresentando un tema centrale e quanto più urgente nell’agenda della politica nazionale. Inoltre, la tesi evidenzia, tra i consiglieri eletti o gli assessori cooptati nell’amministrazione di Albino, chi può essere esperto di giurisprudenza amministrativa: Giorgia Gandossi (nella foto in alto). Angelo Calvi N.B.: le parole evidenziate sono opera redazionale

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CURA

Un nuovo modello di cura e di assistenza degli anziani A livello culturale e di coscienza civile e cristiana, è quanto mai opportuno un profondo ripensamento dei modelli assistenziali per gli anziani. Vi è senz’altro il dovere di creare le condizioni migliori affinché gli anziani possano vivere questa particolare fase della vita, per quanto possibile, nell’ambiente a loro familiare, con le amicizie abituali. La famiglia, la casa, il proprio ambiente rappresentano la scelta più naturale per chiunque. La persona, dunque, deve essere il cuore di questo nuovo paradigma di assistenza e cura degli anziani più fragili. Per individuare nuove prospettive abitative ed assistenziali è necessario partire da un’attenta considerazione della persona, della sua storia e delle sue esigenze. L’implementazione di tale principio implica un articolato intervento a diversi livelli, che realizzi un continuum assistenziale tra la propria casa e alcuni servizi esterni, senza cesure traumatiche, non adatte alla fragilità dell’invecchiamento. L’assistenza domiciliare deve essere integrata, con la possibilità di cure mediche a domicilio e un’adeguata distribuzione di servizi sul territorio. In altre parole, è necessario e urgente attivare una “presa in carico” dell’anziano laddove si svolge la sua vita. Tutto ciò richiede un processo di conversione sociale, civile, culturale e morale Vanno incrementate le figure dei care-giver, professioni già da anni presenti nelle società occidentali. Ma ci sono anche altre professionalità che vanno inquadrate all’interno di cornici normative, tali da valorizzare i talenti e sostenere le famiglie. Un’alleanza attenta e creativa tra famiglie, sistema socio-sanitario, volontariato e tutti gli attori in campo, può evitare ad una persona anziana di dover lasciare la propria abitazione. Non si tratterebbe, dunque, solo di aprire strutture con pochi posti letto, o di fornire un giardino o un animatore per il tempo libero. In tale orizzonte vanno promosse con creatività e intelligenza l’independent living, l’assisted living, il co-housing e tutte quelle esperienze che si ispirano al concetto-valore dell’assistenza reciproca, pur consentendo alla persona di mantenere una propria vita autonoma. Tali esperienze, infatti, consentono di vivere in un alloggio privato, godendo dei vantaggi della vita comunitaria, in un edificio attrezzato, con un sistema di gestione del quotidiano totalmente condiviso e alcuni servizi garantiti, come l’infermiere di quartiere. Diverse sono le definizioni e le tipologie di residenza oggi possibili: intergenerazionali, che prevedono la compresenza di nuclei con fasce d’età differenti, ma predefinite; quelle che ospitano solo anziani, ma con particolari caratteristiche, o quelle per sole donne; quelle che accomunano famiglie giovani con figli e single; o che prevedono l’integrazione di operatori esterni per alcuni servizi di cura, e molte altre ancora. Sono formule abitative ed assistenziali che richiedono un profondo cambiamento di mentalità e di approccio all’idea della persona an-

ziana fragile, ma ancora capace di dare e di condividere: un’alleanza tra generazioni che può farsi forza nel tempo della debolezza. Riqualificare la casa di riposo in un “continuum” socio-sanitario Alla luce di queste premesse, le case di riposo dovrebbero riqualificarsi in un continuum sociosanitario, ossia offrire alcuni loro servizi direttamente nei domicili degli anziani: ospedalizzazione a domicilio, presa in carico della singola persona con risposte assistenziali modulate sui bisogni personali a bassa o ad alta intensità, dove l’assistenza sociosanitaria integrata e la domiciliarità rimangano il perno di un nuovo e moderno paradigma. Tutto questo rende ancora più evidente la necessità di supportare le famiglie che, soprattutto se costituite da pochi figli e nipoti, non possono sostenere da sole, presso un’abitazione, la responsabilità a volte logorante di prendersi cura di una malattia esigente, costosa in termini di energie e di denaro. Va reinventata una rete di solidarietà più ampia, non necessariamente ed esclusivamente fondata su vincoli di sangue, ma articolata secondo le appartenenze, le amicizie, il comu-


SOCIETÀ

ne sentire, la reciproca generosità nel rispondere ai bisogni degli altri. Il declino delle relazioni sociali, infatti, colpisce in modo particolare gli anziani. In diversi Paesi, le case di riposo sono state, negli ultimi decenni, la risposta ad una domanda crescente, proveniente da un mondo in trasformazione, sebbene molte persone anziane continuino a vivere nelle loro case e domandino di essere sostenute e appoggiate in questa scelta fondamentale. In molte città esistevano, anni fa, “luoghi” e strutture ben note all’immaginario collettivo, dove gli anziani erano destinati a trasferirsi gli ultimi anni della loro vita, per scelta o perché costretti dalle proprie condizioni personali. Col passare degli anni le case di riposo si sono moltiplicate, sia come numero che come tipologia e capacità residenziale. Anche la Chiesa Cattolica, attraverso le Diocesi e alcuni istituti religiosi, ha offerto e tuttora offre il proprio contributo nella gestione di molte case che ospitano e assistono persone anziane. Esistono esempi molto belli, che di fatto mostrano come sia possibile umanizzare l’assistenza alle persone anziane più fragili: esempi di carità cristiana, opere pie e istituzioni

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di antica data, che non lesinano energie e sforzi, anche se in mezzo a difficili e quasi ingestibili situazioni economiche. Le famiglie, dal canto loro, ricorrono spesso alla soluzione del ricovero in strutture pubbliche e private per necessità, nella speranza di offrire ai propri cari un’assistenza di qualità. Ed è innegabile che se un tempo le famiglie numerose riuscivano ad organizzarsi nella cura dei familiari più anziani all’interno della propria casa, oggi la modificata struttura dei nuclei familiari - “più stretti”, con un ridotto numero medio di componenti, e “più lunghi”, con tre o più generazioni al loro interno - e le complesse esigenze lavorative che tengono gli adulti lontani da casa, trasformano in una sfida del tutto nuova prendersi cura dei propri anziani. E se alcuni anziani scelgono in autonomia di trasferirsi nelle case di riposo per trovare compagnia, una volta rimasti soli, altri lo fanno perché la cultura dominante li spinge a sentirsi un peso e un fastidio per i propri figli o famigliari. Nella gran parte di queste strutture, la dignità e il rispetto per l’anziano sono sempre stati i cardini dell’opera assistenziale. In tal senso, i sistemi sociosanitari e assistenziali sia pubblici che privati hanno investito ingenti risorse economiche per la cura della terza e della quarta età, integrando al proprio interno le case di risposo. Col passare degli anni, tuttavia, le normative hanno imposto di ridurre le dimensioni delle grandi strutture residenziali, sostituendole con moduli più piccoli e più funzionali alle necessità degli ospiti. È pur vero che l’ambiente delle case di riposo appare strutturato più come un ospedale che come un’abitazione, senza che tuttavia vi sussista l’elemento più specifico: ossia il fatto che in ospedale si entra con la speranza di uscirne, una volta che si è stati curati. Un fattore che sta facendo ormai emergere un disagio diffuso nella coscienza collettiva, sia a livello medico che culturale. Per questo è importante preservare un tessuto umano e un ambiente assistenziale e accogliente dove tutti possano accudire, servire e incontrare. Dal Documento della Pontificia Accademia per la Vita: “La vecchiaia: il nostro futuro. La condizione degli anziani dopo la pandemia”, 09.02.2021

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ARTE

Giovan Battista Moroni cristiano della Misericordia

Ricostruzione arbitraria dell’affresco di Giovan Battista Moroni nella Casa della Misericordia. L’affresco, ora scomparso, lo vide ancora alla fine dell’800 A. Tiraboschi nella parete di fondo della sala superiore (GP. Tiraboschi, cit., p. 62, n. 164).

Del Moroni è importante ricordare non solo il suo essere pittore, ma innanzitutto l’uomo, come segnala Giampiero Tiraboschi intitolando la sua biografia Giovan Battista Moroni l’uomo e l’artista. E in questo suo essere uomo è importante il suo essere cristiano, non tanto perché autore di quadri religiosi, ma perché impegnato personalmente in una congregazione di carità, detta “Misericordia”, “organizzazione assistenziale retta da un Presidente e da Ministri laici” (Storia delle terre di Albino, vol. I, p. 116). Di questa Misericordia Giovan Battista Moroni nel 1569 è nominato presidente. “È questo per Giovan Battista il primo ruolo di protagonista nel contesto sociale albinese” nota Giampiero Tiraboschi a p. 62 della sua biografia. A testimonianza dello spirito con cui Giovan Battista è presidente, Giampiero rileva che, ultimato l’edificio della casa della Misericordia così come appare ancora oggi in piazza S. Giuliano con due grandi sale a volta sovrapposte e il ripido scalone di collegamento, Giovan Battista Moroni nel 1570 vi “colorì a fresco la Beata Vergine con il Bambino fra le braccia, con vari poveri intorno e con bellissima architettura” con in alto l’iscrizione Beati Misericordes (Beati i misericordiosi) e ai lati da una parte Quod uni ex minimis meis fecistis (Quello che avete fatto ad uno dei miei più piccoli) e dall’altra mihi fecistis MDLXX (lo avete fatto a me 1570), citazione del vangelo, ove Matteo descrive il giudizio finale, nel capitolo 25. La casa della Misericordia si trova oggi, significativamente, accanto alla Casa della Carità che la parrocchia di Albino si è data vent’anni fa, sede del Centro di Primo Ascolto e Coinvolgimento Caritas.


ASSOCIAZIONISMO

ACLI ALBINESI

ACLI - È EMILIANO MANFREDONIA IL NUOVO PRESIDENTE NAZIONALE

Emiliano Manfredonia è il nuovo presidente nazionale delle Associazioni cristiane lavoratori italiani. I 400 delegati del 26esimo Congresso nazionale (dal titolo Viviamo il presente, costruiamo il domani) lo hanno votato a larga maggioranza durante la seconda sessione dell’assise che si è svolta a distanza. Il neopresidente succede a Roberto Rossini. Nato a Pisa nel 1975, Manfredonia è cooperatore sociale e vanta un lungo percorso nelle Acli che l’ha portato a essere presidente delle Acli di Pisa dal 2006 al 2012, anno in cui è invitato in presidenza nazionale con l’incarico in Economia Civile e cooperazione sociale. Dal 2016 è stato vicepresidente vicario delle Acli e presidente del Patronato Acli. «Potere è prima di tutto un verbo: poter servire, poter fare, poter fare bene, cerchiamo di farlo tutti insieme per le nostre Acli e farle diventare Acli in movimento, in cammino, soprattutto verso le periferie esistenziali – ha detto Manfredonia durante il suo primo saluto -. Acli che corrono per ricucire fratture presenti nella società».

“IL PATRONATO ACLI AI TEMPI DEL COVID-19”: I RISULTATI DELLA RICERCA

Presentati i risultati della ricerca “Il Patronato Acli ai tempi del Covid-19”, realizzata in collaborazione con IREF e Acli Servizio Civile. I volontari del Servizio Civile nell’ambito del Patronato Acli hanno rappresentato una importante risorsa in questi mesi complessi, affiancando all’attività più tecnica degli operatori, un’azione di “ascolto” delle storie delle persone che hanno chiesto supporto per problematiche ed esigenze differenti, a

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Rubrica a cura del Circolo “Giorgio La Pira”

cui abbiamo cercato di dare sempre una risposta. “Ricordiamo che il Patronato Acli è tra le poche strutture che non hanno mai smesso di lavorare durante la pandemia – ha affermato Nicola Preti, Direttore generale del Patronato Acli -, l’attività è cresciuta in maniera esponenziale con l’aumentare delle richieste e bisogni delle persone che si sono affidate a noi. L’indagine ha evidenziato “un bisogno estremo di spazi e tempi di relazioni, sia per avere aiuto per l’inoltro di una domanda ma anche per avere un momento di bilancio della propria vita e di orientamento - ha aggiunto Marco Calvetto, responsabile Area Nuovi Servizi di Tutela del Patronato Acli -. Le storie di chi si è rivolto a noi ci fanno comprendere cosa sta accadendo, ci fanno sentire parte di una medesima cittadinanza. Ci aiutano a comprendere invece che giudicare”.

IL “MIRACOLO” DI LIPA (BOSNIA) PER CHI VIENE RESPINTO: IL REFETTORIO DI ACLI E CARITAS

Il miracolo di Lipa è una tenda con i tavoli e posti a sedere. Un refettorio dove i mille respinti del “game”, la traversata verso l’Unione Europea, potranno finalmente ricevere pasti caldi. Dopo settimane di negoziati l’organizzazione italiana Ipsia, che dispone sul campo i progetti di Acli e Caritas, ha ottenuto l’ok dal sindaco di Bihac e sta ora ultimando i lavori. Le ostilità contro i migranti sui confini hanno però avuto l’effetto di attirare i samaritani degli ultimi. Come gli operatori del Jesuit Refugee Service. Musulmani, cattolici e ortodossi, insieme per dare voce «a chi non ce l’ha – ha detto a Radio Vaticana padre Stanko Perica – per spezzare il blocco del populismo. E questa collaborazione interreligiosa ci dà coraggio». Poco

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ASSOCIAZIONISMO distante, a Velika Kladusa, città e insieme posto di confine tra Bosnia e Croazia, l’Organizzazione mondiale delle migrazioni ha censito diverse famiglie bosniache che non solo assistono i migranti in transito, ma in diverse circostanze ne prendono perfino in ca- sa qualcuno. Perciò l’agenzia Onu ha attivato un piano di sostegno rivolto proprio a chi si offre di non lasciare abbandonati nei boschi i richiedenti asilo. «È sempre uno choc vedere questi uomini camminare in pantofole nella neve che arriva fin quasi alle ginocchia», ha raccontato il padre Stanko Perica, il croato direttore del Jesuit Refugee Service (Jrs) per il sud-est dell’Europa. «È necessario far cessare le prassi di respingimenti violenti sulla frontiera bosniaco–croata e ridiscutere le procedure e le politiche migratorie del paese e della regione, per sviluppare un sistema che tuteli maggiormente la vita e i diritti delle persone in transito o dei richiedenti asilo», è l’appello rinnovato dalla Caritas. Che chiede donazioni e non aiuti materiali. A causa delle norme per lo sdoganamento delle merci e della difficoltà nella logistica interna, le organizzazioni umanitarie preferiscono coinvolgere l’economia locale. Chiunque volesse sostenere gli interventi della Caritas per le popolazioni migranti in Bosnia Erzegovina e lungo la Rotta balcanica può donare online oppure, specificando nella causale “Europa/ Rotta Balcanica” può utilizzare i seguenti conti intestati a Caritas Italiana: • Conto corrente postale n. 347013 • Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma Iban: IT24 C050 1803 2000 0001 3331 111 • Banca Intesa Sanpaolo, Fil. Accentrata Ter S, Roma Iban: IT66 W030 6909 6061 0000 0012 474 • Banco Posta, viale Europa 175, Roma Iban: IT91 P076 0103 2000 0000 0347 013 • UniCredit, via Taranto 49, Roma Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119

DESIDERARE DI MENO

Il gesuita indiano Anthony De Mello, morto nel 1987, ci offre un concetto dal chiaro significato morale. Dice: ”Un uomo d’affari chiese al maestro: In che modo la spiritualità può aiutare un uomo di mondo come me?”. “Ti può aiutare ad avere di più” rispose il maestro. “Ma come” domandò l’altro. “Insegnandoti a desiderare di meno” ribattè il maestro. L’insegnamento è chiaro. Non serve affannarsi tanto nel desiderio di possedere, accumulare, arricchirsi perché alla fine rimane solo “l’amaro in bocca”, con tanta insoddisfazione insofferenza. Lo stesso De Mello ci fornisce ancora un secondo insegnamento, anch’esso dalla morale molto chiara e con un po’ di ottimismo in più: Un uomo sull’autobus si trovò seduto accanto ad un ragazzo povero con una sola scarpa. “Hai perso una scarpa?” gli chiese. “No, ne ho trovata una” rispose il giovane. Per le Acli Albinesi Gi.Bi.

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È possibile dare il proprio contributo - anche deducibile fiscalmente nella dichiarazione dei redditi in misura del 19% - a sostegno dei lavori autorizzati dalla Soprintendenza per i beni Architettonici. Per le aziende è possibile detrarre totalmente la cifra devoluta. Abbiamo concluso il rifacimento del tetto del CineTeatro e della Casa della Carità con qualche sorpresa per quanto riguarda legname e travi marcite. Abbiamo ultimato: - la sistemazione e riqualificazione del porticato che si affaccia sul sagrato; - il tetto dell’ex Ragioneria, che ci auguriamo sia l’ultimo; - il passaggio tra il sagrato e l’oratorio per le infiltrazioni di umidità; - il muro interno della sala giochi nel bar dell’oratorio, anche questo per l’umidità. Impegni questi che stanno dando fondo alle nostre risorse. Grazie per quello che riuscirai a fare.

PER DONAZIONI - Bonifico bancario tramite Credito Bergamasco di Albino, Parrocchia di San Giuliano: IBAN IT91 R050 3452 480000000000340 Per la ricevuta ai fini fiscali, rivolgersi in casa parrocchiale.

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CASA FUNERARIA di ALBINO CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO srl, società di servizi funebri che opera con varie sedi attive sul territorio da più di 60 anni, nata dalla fusione di imprese storiche per offrire un servizio più attento alle crescenti esigenze dei dolenti, ha realizzato ad Albino la nuova casa funeraria. La casa funeraria nasce per accogliere una crescente richiesta da parte dei famigliari che nel delicato momento della perdita di una persona cara si trovano ad affrontare una situazione di disagio oltre che di dolore nell’attesa del funerale. Il disagio potrebbe derivare dalla necessità di garantire al defunto un luogo consono, sia dal punto di vista funzionale che sanitario e permettere alle persone a lui vicine di poter manifestare il loro cordoglio con tranquillità e discrezione.

Spesso si manifesta la necessità di trasferire salme in strutture diverse dall’abitazione per ragioni di spazio, climatiche igienico sanitarie. Ad oggi le strutture ricettive per i defunti sono poche ed il più delle volte improvvisate, come ad esempio le chiesine di paese, che sono state realizzate per tutt’altro scopo e certamente non garantiscono il rispetto delle leggi sanitarie in materia. Dal punto di vista tecnico la casa funeraria è stata costruita nel rispetto delle più attuali norme igienico-sanitarie ed è dotata di un sistema di condizionamento e di riciclo dell’aria specifico per creare e mantenere le migliori condizioni di conservazione della salma. La struttura è ubicata nel centro storico della città di Albino, in un edificio d’epoca in stile liberty che unisce funzionalità e bellezza estetica. Gli arredi interni sono stati curati nei minimi dettagli; grazie alla combinazione di elementi come il vetro e il legno, abbiamo ottenuto un ambiente luminoso e moderno, elegante ma sobrio.

Lo spazio è suddiviso in 4 ampi appartamenti, ognuno dei quali presenta un’anticamera separata dalla sala nella quale viene esposta la salma, soluzione che garantisce di portare un saluto al defunto rispettando la sensibilità del visitatore. Ogni famiglia ha a disposizione uno spazio esclusivo contando sulla totale disponibilità di un personale altamente qualificato in grado di soddisfare ogni esigenza.

FUNERALE SOLIDALE Il gruppo CENTRO FUNERARIO BERGAMASCO, presente sul territorio con onestà e competenza, mette a disposizione per chi lo necessita un servizio funebre completo ad un prezzo equo e solidale che comprende: - Cofano in legno (abete) per cremazione e/o inumazione; - Casa del commiato comprensiva di vestizione e composizione della salma, carro funebre con personale necroforo; - Disbrigo pratiche comunali.

Antonio Mascher  335 7080048 ALBINO - Via Roma 9 - Tel. 035 774140 - 035 511054 info@centrofunerariobergamasco.it


ANAGRAFE PARROCCHIALE

Anniversari

21

Da dicembre 2020 a febbraio 2021... ... sono rinati nel Battesimo - Iris Cortinovis - Mattia Stibiel

... sono tornati alla casa del Padre - Paolo Basletta

Luigi Bergamo

Angelo Signori

1° anniversario

- Riccardo Poletti

1° anniversario

09.02.1941 - 13.03.2020

05.11.1940 - 12.03.2020

“Nussuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi lo ha amato”

Resterai sempre nei nostri cuori

- Fernando Antonio Piffari - Giuseppina Carrara - Elisabetta Rinascenti - Maria Grazia Facci - Anna Maria Signori - Mauro Birolini

Per la pubblicazione in questa pagina

Lotario Vito Persico

delle fotografie dei propri cari defunti,

m. 04.03.2008 13° anniversario

rivolgersi alla portineria dell’oratorio.

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Marzo 2021


Dal sepolcro la vita è deflagrata. La morte ha perduto il duro agone. Comincia un’era nuova: l’uomo riconciliato nella nuova alleanza sancita dal tuo sangue ha dinanzi a sé la via. Difficile tenersi in quel cammino. La porta del tuo regno è stretta. Ora sì, o Redentore, che abbiamo bisogno del tuo aiuto, ora sì che invochiamo il tuo soccorso, tu, guida e presidio, non ce lo negare. L’offesa del mondo è stata immane. Infinitamente più grande è stato il tuo amore. Noi con amore ti chiediamo amore. Amen. Mario Luzi

vi ricordiamo nella preghiera


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