Predicato nella ricerca tipologica: la proposta di Maria Montessori per una scuola realmente pubblic

POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni Corso di Laurea di Primo Livello in Progettazione dell’Architettura

Predicato nella ricerca tipologica: la proposta di Maria Montessori per una scuola realmente pubblica di

Fabio Colombo 826206 Relatore: Prof. Riccardo Canella Sessione di Laurea: Settembre 2018 A. A. 2017/2018

2

Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà che venire dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo.

-Maria Montessori

3

Indice

4

Preambolo

7

Introduzione

9

Analisi dei caratteri e dei principi fondamentali del Metodo, attraverso gli scritti di Maria Montessori 1. La vita di Maria Montessori 2. I principi fondamentali del Metodo 3. L’educazione come aiuto alla vita 4. Il bambino creatore dell’uomo 5. Il maestro interiore 6. L’ambiente, stimolo per lo sviluppo del bambino 7. Il ruolo dell’educatore 8. Un esempio di genitore montessoriano 9. Il diritto di genitorialità e la rivoluzione sociale 10. Visione fantastica e lavoro pratico contro una concezione vivisezionistica del bambino 11. L’indipendenza come condizione fondamentale di sviluppo

10

Il ruolo dell’ambiente preparato, in relazione alle fasi di crescita del bambino 1. Asilo nido: dai 18 ai 36 mesi 2. Casa del bambino: dai 3 ai 6 anni 3. Scuola primaria: dai 6 ai 12 anni 4. Scuola secondaria di primo grado: dai 12 ai 16 anni

22

La tipologia scolastica in relazione all’evoluzione del sistema educativo occidentale 1. Il retaggio greco e l’istruzione generalizzata 2. La Biblioteca Medicea Laurenziana

28

10 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21

23 23 24 25

29 31

3. Il Settecento: democratizzazione del sapere 4. La scuola di massa 5. Camillo Boito e le Scuole Elementari alla Reggia Carrarese 6. Le nuove idee per il rinnovamento dell’educazione 7. Giuseppina Pizzigoni e la Scuola Rinnovata 8. La scuola nell’età Contemporanea: rivisitazione ed innovazione 9. Rivisitazione: la tipologia a blocco 10. Rivisitazione: la scuola all’aperto 11. Innovazione: l’Open plan 12. Innovazione: la scuola-strada 13. Guido Canella e l’Istituto G. B. Bodoni di Parma

31 32 34

Le dinamiche nella “città metropolitana” di Milano. Analisi del contesto di progetto: il quartiere Gratosoglio 1. Introduzione alla condizione attuale della città di Milano 2. Il quartiere Gratosoglio: caratteristiche fondamentali 3. Il quartiere Gratosoglio: la storia

46

Proposta per una scuola montessoriana: un progetto sviluppato a partire dall’analisi tipologica, dallo studio del Metodo e del sito e dalle necessità della comunità 1. Presentazione e analisi del sito di progetto 2. L’avvio del progetto: le preesistenze ed il rapporto con il quartiere 3. Il tema fondamentale: il rapporto tra classe, spazi comuni ed esterno 4. L’elemento di unione: il teatro

52

Tavole di progetto

58

Bibliografia

66

Sitografia

67

Fonti delle figure

68

35 37 38 39 40 41 42 43

46 47 48

52 54 55 56

5

Ringraziamenti

Un ringraziamento alla mia famiglia, che, nonostante tutto, non ha mai smesso di darmi il sostegno di cui avevo bisogno.

Un ringraziamento a chi mi ha aspettato, a chi mi ha saputo ascoltare, a chi mi ha sopportato e supportato.

Un ringraziamento a chi mi ha accompagnato nelle impegnative ed emozionanti esperienze vissute in questa universitĂ .

Un ringraziamento ai Professori ed agli Assistenti del Laboratorio di Progettazione Architettonica Finale, tra cui, in particolare, il Professor Riccardo Canella, senza il quale questo lavoro non sarebbe stato possibile.

6

Preambolo

Durante gli anni trascorsi al Politecnico di Milano, iscritto al corso di Progettazione dell’Architettura, ho avuto modo di approfondire diversi temi legati a questo ambito. I professori dei vari corsi, che fossero assegnati o scelti dal piano degli studi, mi hanno diretto in un percorso che è evoluto tanto più mi sono addentrato nella materia. Quello che mi ha colpito di più è il significato che acquista l’Architettura: come opera, cosa implica, a cosa porta, a cosa punta.

Materia sostanzialmente senza limiti, copre ogni ambito della vita dell’uomo, che in essa viene plasmata e definita. A partire dalla scala urbana, fino al dettaglio, l’architetto ricopre un ruolo fondamentale. Egli coordina azioni, forme e relazioni, per creare uno spazio che soddisfi funzioni e necessità: di appartenenza a qualcosa di più grande, di condivisione.

Proprio questa capacità di generare comunità, appartenenza, è un aspetto che mi ha colpito particolarmente. Un’architettura, di qualsiasi genere essa sia, permette di ottenere risultati “positivi” quando diventa parte attiva nel raggiungimento di un determinato obiettivo.

Per questo ho trovato molto stimolante, nei Laboratori di Progettazione Architettonica, ad esempio, lavorare su opere che integrassero e rinnovassero il contesto e le dinamiche in cui si sarebbero inserite.

Questi ragionamenti sono stati la base su cui si è fondato il tema del Laboratorio di Progettazione Finale. In questa sede ho avuto modo di approfondire il tema del Metodo Montessori. Esso riguarda le modalità di formazione e insegnamento dei bambini, dalla più tenera età fino alla definizione dell’adulto. L’obiettivo di questo metodo è generare una società nuova, a partire proprio dal bambino. In esso viene vista una speranza per il futuro, per questo si parte dal rigenerare il modo in cui lo vediamo, per valutarne le vere capacità e potenzialità.

Negli scritti della sua fondatrice, Maria Montessori, si sente parlare molto raramente di “architettura”, di costruito. Qui scrive di relazioni, di nuovi modi di vivere gli spazi. Al più descrive i mezzi attraverso i quali i bambini possano svilupparsi in autonomia: arredi, giocattoli, materiali. In aggiunta a ciò, risulta strano che una personalità così forte, a livello mondiale, come la Montessori, non sia riuscita a portare i suoi insegnamenti proprio nella sua terra madre. Pregiudizi, attaccamento alla tradizione, influenze di altre istituzioni forti. Diversi fattori hanno minato lo sviluppo della Scuola Montessoriana in Italia.

Con questa ricerca cercherò di approfondire questo tema, analizzando la storia del Metodo, confrontandolo con il metodo scolastico tradizionale e altri metodi alternativi, considerando alcuni esempi di architetture che hanno cercato di interpretare le necessità spaziali e architettoniche di questo ambito, così legato ad aspetti filosofici e psicologici.

7

8

Introduzione

Lo scopo di questo elaborato è l’analisi, per soglie storiche, degli aspetti tipologici dell’architettura scolastica, per la corretta progettazione di una scuola che applichi il Metodo Montessori. Esso si prefigura come metodo di insegnamento alternativo a quello tradizionale: parte da un nuovo modo di concepire il ruolo del bambino, il suo ruolo nella società e le sue potenzialità di sviluppo. La sua educazione, prima fra tutte alla vita sociale, diventa un punto essenziale non solo per crescere un uomo nuovo, ma per rinnovare la società dalle fondamenta. Pedagogia, religione, filosofia e sociologia partecipano attivamente nel cercare di dare un nuovo senso ad un paese, l’Italia tra le grandi guerre, che chiede nuovi valori da cui ripartire.

Le vicende di questo metodo nella sua terra natia, però, tradiscono le aspettative della sua ideatrice. Maria Montessori si trova, infatti, a viaggiare in tutto il mondo, tra studi e conferenze, per diffondere il suo pensiero. Dai paesi nordici fino al continente americano e in oriente, la Scuola Montessoriana ha visto un forte sviluppo negli ultimi decenni.

Mi sembra interessante, quindi, analizzare la storia di questa scuola di pensiero e della sua creatrice, le influenze che ha esercitato sul metodo scolastico tradizionale, e, infine, come potrebbe prendere “forma” una scuola montessoriana in un contesto come quello milanese. A Milano sono già presenti alcune scuole pubbliche Montessori, per lo più materne ed elementari, ancora fortemente vincolate dalle normative vigenti. Esse regolano ed uniformano il sistema scolastico nazionale, secondo principi che risalgono alla tradizione scolastica nata molti secoli addietro.

Nella maggior parte dei casi, si tratta di poche sezioni, affiancate ad una maggioranza tradizionale. I problemi che ne risultano, sono principalmente legati all’inadeguatezza degli spazi: edilizia scolastica preesistente, che poco si presta alle dinamiche che si sviluppano nella scuola Montessori. Per questo, un altro aspetto fondamentale è l’approfondimento delle necessità e della concezione degli spazi scolastici, in modo da poter risalire ad un tipo architettonico adeguato.

Per fare ciò, provvederò ad analizzare la storia della Montessori, analizzerò i punti fondamentali di questo pensiero, prenderò ad esempio alcune architetture da cui poter trarre lezioni importanti ed inserirò il progetto in un contesto dalle potenzialità e criticità specifiche.

9

Analisi dei caratteri e dei principi fondamentali del Metodo, attraverso gli scritti di Maria Montessori

1. La vita di Maria Montessori Per introdurre il tema della scuola montessoriana, mi sembra doveroso riportare alcune vicende storiche riguardanti la sua fondatrice. Questo primo paragrafo permette di contestualizzare meglio il clima in cui si è sviluppato il Metodo, inoltre motiva, almeno in parte, come e dove esso si sia maggiormente diffuso.

Maria Montessori nasce a Chiaravalle, comune nei pressi di Ancona, il 31 agosto 1870. Già nei primi anni di vita, si trasferisce a Roma, dove cresce e comincia i suoi studi. Frequenta un istituto maschile, ad orientamento prevalentemente scientifico e ingegneristico. Raggiunti i requisiti minimi per accedere all’università, e andando contro la volontà del padre, riesce ad intraprendere gli studi per diventare dottore. Inizialmente frequenta un corso di laurea il cui indirizzo andava dalla matematica, alla fisica, fino alle scienze naturali. In questi anni riesce a sostenere i vari esami, nonostante le ostilità delle autorità universitarie, che non vedevano di buon occhio una donna intenta ad intraprendere tale percorso di studi. Con non poche difficoltà, viene autorizzata la sua partecipazione alla sezione clinica del corso di laurea di medicina, mentre ancora non potrà partecipare alle sessioni di dissezioni con i compagni maschi.

Superato questo periodo, nel 1894, consegue la specializzazione in pediatria, ottenendo un pre10

Fig. 1 - Maria Montessori a 43 anni.

mio dal reparto di patologia. Negli anni successivi riesce ad avviare la sua carriera di dottore, presso diversi ospedali di Roma. Tra questi vi furono l’ospedale per donne S. Salvatore al Laterano e l’ospedale per uomini Santo Spirito in Sassio, oltre che nell’ambulatorio dell’ospedale infantile.

Diventa quindi la prima donna a conseguire una laurea in medicina.

Nel 1897 si interessa all’educazione infantile di bambini con disabilità dell’apprendimento ed educazione tradizionale. Di qui a poco, comincerà a visitare manicomi, in cui selezionerà bambini da sottoporre a cure nella sua clinica. Questo passaggio costituisce un elemento chiave nel modo in cui è stato accolto il metodo dalla società del tempo. Infatti, i genitori, nonostante venissero mostrati gli evidenti effetti positivi su bambini sia con problemi di apprendimento, sia normodotati, non potevano vedere i propri figli trattati al pari di bambini “a-normali”. Questo portò alla nascita di pregiudizi, che contribuirono a minare la diffusione del Metodo.

Con i primi studi effettuati su questi bambini, cominciò a raccogliere materiale indispensabile, che costituì la base per tutto il lavoro successivo.

Comincia quindi a formulare opere, che sfoceranno nella “postulazione” del suo metodo. Inoltre, in questi anni, approfondì gli studi di pedagogia, andati dimenticati, di Jean-Marc Itard ed il suo pupillo Edouard Séguin.

A partire dagli ultimi anni dell’Ottocento, comincia a tenere conferenze in cui promuove la sua opera e non solo: partecipa attivamente alla ricerca per favorire la libertà del bambino, uno dei punti cardine su cui si basa la nuova concezione del bambino all’interno della società dell’adulto; diventa forte sostenitrice dei diritti delle donne, costituendo, infatti, un grande esempio per sue contemporanee e per tutte le generazioni future.

A partire dal 1913, anno del Primo Corso Internazionale per la formazione di insegnanti riformati Montessori, svoltosi a Roma, cominciò a visitare 11

Stati Uniti, Spagna, Olanda e tanti altri paesi, fino ad approdare in India. Ciò spiega come il metodo abbia avuto modo di avviare un processo di diffusione mondiale, in corso ancora oggi.

2. I principi fondamentali del Metodo In questo capitolo provvederò ad approfondire i concetti su cui la Montessori si è concentrata maggiormente, quelli più ricorrenti, quelli che ancora oggi costituiscono caratteri imprescindibili per un insegnante che applichi questo metodo.

Il metodo montessoriano si caratterizza per alcuni principi fondamentali, sviluppati a partire dai suoi studi nel campo della pediatria e nella medicina, nonché dalle sue stesse ricerche. Leggendo i suoi scritti, è evidente come la sua visione della scuola tradizionale, le problematiche della società, la visione della vita del bambino nel mondo degli adulti, siano ancora argomenti attuali. Pare di partecipare in prima persona ad una delle sue conferenze, di poter ragionare, discutere, condividere esperienze. L’impegno che vi investe traspare in modo evidente dal tono che mantiene in tutti i testi, tanto quanto vi si può leggere l’amore per la materia e per i bambini di cui si occupa.

I principi che dovrebbero guidare il percorso di crescita di un bambino, secondo Maria Montessori, sarebbero sostanzialmente riassumibili in: considerare l’educazione come sostegno alla vita; riconoscere la naturalezza dello sviluppo del bambino, mossa da una forza interiore, in cui il maestro è il bambino stesso, mentre l’insegnante ha il compito di aiutare quest’opera; il ruolo dell’educatore è quello di fornire al bambino quello di cui ha bisogno in un determinato momento del suo sviluppo, evitando premi, castighi, 12

Fig. 2 - Maria Montessori con una bambina.

i “no” ingiustificati; formare l’educatore, per far sì che abbandoni ira e orgoglio; favorire la fantasia, evitando la separazione di bambino pratico e bambino fantasioso, abbandonando l’insegnamento prettamente mnemonico; favorire l’indipendenza, fin dalle prime fasi dell’esistenza.

3. L’educazione come aiuto alla vita

M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 34. Testi tratti da: M. Montessori, La mente del bambino, 1948.

1

M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 29. Testi tratti da: M. Montessori, La mente del bambino, 1948.

2

In primo luogo, si dovrebbe partire da riconsiderare il ruolo dell’educazione. Essa non dovrebbe essere considerata come un evento, una fase temporanea nella vita di un bambino, o un semplice esercizio mentale. L’educazione, a partire dal ruolo dei genitori nei primi anni di vita, fino a quello degli insegnanti nelle scuole, dovrebbe preparare il <<bambino costruttore dell’uomo>>1 ad inserirsi nella società, a formarlo, per renderlo individuo parte di una pluralità. <<La scuola oggi è ricca di metodi, di scopi e finalità sociali, ma non di meno si può dire che essa non prende in considerazione la vita in sé stessa>>. Nel trattato La mente del bambino, Maria Montessori delinea il suo punto di vista rispetto ai sistemi scolastici adottati dai paesi del tempo.

Essi tendono ad isolare lo studente dalla società, da ciò che accade nel mondo. Ne risulta la creazione di un individuo impreparato alla vita ed al lavoro. <<Il concetto fondamentale per l’educazione è di non divenire un ostacolo per la formazione del bambino. Fondamentale e difficile non è il sapere che cosa dobbiamo fare, ma il comprendere di quale presunzione, di quali stolti pregiudizi dobbiamo spogliarci per renderci atti all’educazione del bambino>>. L’educazione dell’infante dovrebbe cominciare dall’educazione dell’adulto.

13

4. Il bambino creatore dell’uomo La Montessori riconosce al bambino un ruolo di primaria importanza nella “creazione dell’uomo”: se si può dire che sia la madre a dare vita al bambino, si può affermare, con altrettanta certezza, che sia il bambino a dare vita all’uomo. In alcuni passaggi dei suoi testi, effettua un paragone tra il lavoro dell’adulto e quello del bambino3. Innanzitutto, descrive il primo come un lavoro produttivo, sociale, collettivo ed organizzato per natura.

Inoltre, esso si caratterizzerebbe per alcune leggi: la legge di divisione del lavoro, per cui ciò che l’individuo produce determinerebbe il suo ruolo all’interno della società; e la legge del minimo sforzo, secondo la quale l’uomo lavorerebbe per ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. A ciò aggiunge alcune accezioni riguardo le <<deviazioni dell’individuo, generatrici di conflitti>>4, come la brama di possesso. Il lavoro del bambino, invece, rimane estraneo all’attività sociale dell’adulto, infatti la sua attività non si può considerare produzione sociale. Il lavoro infantile, invece, sarebbe <<incosciente, realizzato da un’energia spirituale che si sta sviluppando, un lavoro creatore che ricorda la simbolica descrizione della Bibbia, dove, parlando dell’uomo, la scrittura dice che “fu creato”>>5.

La legge su cui si fonda questo lavoro è opposta a quella del minimo sforzo. Infatti, il bambino impiegherà tutte le sue energie nelle azioni che compierà: attività ai nostri occhi inutili, reiterate ininterrottamente, senza avere un risultato immediato, avranno, in realtà un effetto di grande impatto sulla formazione della psiche e del carattere del bambino. Egli imparerà a conoscere sé stesso ed il mondo che lo circonda. Da questo ragionamento nasce una delle frasi più significative, più tramandate tra quelle di Maria Montessori: <<Aiutami a fare da solo>>6. L’adulto deve aiutare il bambino a compiere il suo lavoro nel mondo.

14

M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, cap. Le caratteristiche delle due specie di lavoro: il lavoro del bambino, p. 63. Testi tratti da: M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, 1950.

3

M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 60. Testi tratti da: M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, 1950.

4

5 M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 63. Testi tratti da: M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, 1950.

M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 69. Testi tratti da: M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, 1950.

6

5. Il maestro interiore

Fig. 3 - attività libere sotto la supervisione dell’educatrice.

M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 25. Testi tratti da: M. Montessori, La mente del bambino, 1948.

7

Il bambino è dotato di una “forza costruttrice”, che gli permette di essere fautore della sua stessa crescita. Quella che viene definita una <<forza psichica>>7, agisce sia dalla venuta al mondo del bambino: in un periodo in cui nessuno possa fargli da maestro, in cui la conoscenza umana non può ancora avere alcuna influenza, il bambino sfrutta, al massimo delle sue possibilità, i sensi ancora acerbi. Acquisisce informazioni su di un mondo completamente nuovo, le elabora, e, da ciò, svilupperà la sua persona: acquisirà una cultura, un modo di comunicare, formerà il suo carattere.

Tutto ciò risulta essere un processo naturale, scandito da fasi ben definite e riconoscibili. <<L’educazione non è ciò che il maestro dà, ma è un processo naturale che si svolge spontaneamente nell’individuo umano; che essa non si acquisisce ascoltando delle parole, ma per virtù di esperienze effettuate nell’ambiente>>. È <<il maestro interiore>>, secondo la Montessori, che prepara la strada per la “costruzione dell’uomo”. Tuttavia, nessuno sviluppo si avrebbe senza un elemento in grado di far scaturire e di assorbire tutta questa energia.

6. L’ambiente, stimolo per lo sviluppo del bambino

M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, cap. Sviluppo sociale: l’ambiente, p. 38. Testi tratti da: M. Montessori, La mente del bambino, 1948.

8

L’ambiente, soprattutto nei primi anni di vita, assume un ruolo fondamentale. Esso infatti contiene tutti gli stimoli necessari a stimolare il “maestro interiore”. A riguardo8, Maria Montessori lavora a stretto contatto con artisti ed architetti, per definire quali linee guida seguire per la realizzazione 15

di spazi che meglio si adattino alle esigenze del bambino. L’architettura moderna, fin dagli inizi del ‘900, ha visto lo sviluppo di principi funzionalisti, che hanno portato una generale attenzione alle condizioni vivibilità degli spazi interni.

Illuminazione ed areazione controllate, rapporto con l’esterno, innovazioni tecnologiche nei campi strutturali e dei materiali impiegati: questa serie di innovazioni portano ad uno stravolgimento nella concezione stessa della pratica progettuale architettonica.

Tuttavia, per la Montessori, questi non costituiscono condizioni sufficienti a rendere uno spazio adatto allo sviluppo dell’infante. Le classi, così come qualsiasi ambiente in cui vive il bambino, andrebbero concepite a sua misura: sedie, banchi, mobili, scaffali, dovrebbero essere studiati per rispettare le sue fasi di sviluppo. Questo permetterebbe al bambino di fondare la sua crescita su azioni derivate dalla vita quotidiana. Tuttavia, sembrerebbe riduttivo limitare un ragionamento così complesso ad una semplice questione di design del prodotto d’arredo. È accertato che, a prescindere dal luogo, dalla cultura, dagli spazi in cui il Metodo venga applicato, questo riesca ad ottenere ottimi risultati nella “normalizzazione” dei bambini. Questo fatto costituisce indubbiamente un punto di forza, tuttavia motiva la difficoltà di coniugare in chiave tipologica le necessità del Metodo.

7. Il ruolo dell’educatore Il ragionamento sul maestro interiore riporta al ruolo che dovrebbe avere l’educatore. Questi dovrebbe costituire un osservatore esterno, preparatore dell’”ambiente di lavoro”. L’indipenden16

Fig. 4 - l’educatrice supervisiona lo svolgimento dell’attività.

za è un aspetto del carattere del bambino che si manifesta nei primi anni di vita. Spesso, tuttavia, questa necessità viene mal interpretata. Spesso, il bambino compie azioni che non rispettano il ruolo per cui l’oggetto utilizzato sarebbe stato pensato. Un esempio riportato nei testi montessoriani è quello di un infante, che lascia cadere un oggetto e pretende di riaverlo per farlo cadere nuovamente.

Ciò potrebbe apparire, ai nostri occhi, un’azione inutile, controproducente. Questo costituisce uno dei pregiudizi dell’adulto: il fatto che il bambino, con pochi mesi o anni di vita, dimostri interesse per un oggetto, lo tenga tra le mani, ne senta il peso, ne veda il colore, ci dovrebbe suggerire la macchinazione del maestro interiore. L’educatore agisce a partire da questo spirito di osservazione, risponde alle necessità del bambino, gli fornisce il materiale adeguato nel momento migliore, in modo discreto.

8. Un esempio di genitore montessoriano

Fig. 5 - Maria Montessori con suo figlio Mario.

M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, cap. L’educazione nuova, p. 91. Testi tratti da: M. Montessori, Il bambino in famiglia, 1956.

9

Una peculiarità degli scritti della Montessori è il costante appello ad esempi materiali, chiari e semplici, di vita quotidiana, per dare maggiore forza alle proprie tesi9. Un caso in cui ricorre a questi esempi, viene utilizzato per ragionare sul fatto che, come l’educatore, anche il genitore dovrebbe acquisire uno spirito di osservazione che gli permetta di agire secondo modalità che rispondano alle necessità del bambino. Uno di questi esempi riguarda un padre giapponese, cultura che Maria Montessori elogia per il rispetto e la profonda comprensione rivolte verso i figli. Egli portava a passeggio un bambino di due anni, e, quando questi si metteva a sedere sul marciapiede, veniva aspettato pazientemente dal 17

padre. Egli non ordinava al bambino di alzarsi, non lo costringeva a finirla con i suoi “capricci”.

La Montessori scrive proprio: <<Anche questo è un esercizio di un educatore, perché questo padre sottometteva la sua personalità, rispettandone l’attività. […] Ammirai molto questa sapienza di educatore che molti popoli hanno già acquistato o forse hanno saputo mantenere per tradizione: noi invece siamo preoccupati soltanto di ciò che sarà dell’adulto nella vita sociale>>10. La pazienza diventa un sostegno fondamentale. Il bambino avrà sempre bisogno del genitore, in lui vi ritroverà sempre una figura quasi divina, imprescindibile, e perciò avrà modo ed occasione di ringraziare questa libertà che gli è stata concessa.

10 M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 92. Testi tratti da: M. Montessori, Il bambino in famiglia, 1956.

9. Il diritto di genitorialità e la rivoluzione sociale Secondo la società occidentale del tempo, il diritto genitoriale era acquisito alla nascita del figlio, veniva visto come un diritto da esercitare illimitatamente, in modo da abituarlo ad un buon costume inventato da un mondo che non gli appartiene.

Il genitore decide per il bambino cosa sia meglio non per lui, ma per sé stesso. Vorrebbe un bambino immobile, che non disturbi la sua attività.

Questa richiesta di adattarsi ad una società adulta diventa un’arma capace di smorzare o, addirittura, bloccare la capacità di crescere in autonomia.

Quando la Montessori tratta questi temi, non si propone più solo come pedagogista: <<Anche noi, quando parliamo di educazione, predichiamo una rivoluzione, in quanto grazie a essa ogni cosa che noi oggi conosciamo verrà trasformata>>11.

La rivoluzione, predicata nel saggio La mente del bambino, pubblicato nel 1952, parte da un 18

M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 36. Testi tratti da: M. Montessori, La mente del bambino, 1948.

11

12 M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 36. Testi tratti da: M. Montessori, La mente del bambino, 1948.

principio di assoluta non violenza. Essa diventa la peggiore piaga in grado di condizionare quella che definisce la <<costruzione psichica del bambino>>12. È interessante notare quanto la sua visione della pedagogia non si limiti semplicemente allo studio del bambino. La sua fondatrice ha pienamente compreso la portata di questo ambito di studio, in quanto proprio da qui partirebbe lo sviluppo dell’uomo e, di conseguenza, del mondo che ci circonda.

10. Visione fantastica e lavoro pratico contro una concezione vivisezionistica del bambino

Fig. 6 - Maria Montessori e due studentesse.

Un’altra delle questioni per cui la Montessori si batte in prima persona, è contro l’atteggiamento vivisezionistico, adoperato nel concepire l’educazione del bambino, tra il lavoro manuale ed il lavoro di immaginazione. Il lavoro pratico eseguito nelle sue scuole ha acquisito, nel tempo, grande seguito, anche in altri metodi. L’insegnamento parte proprio da queste attività pratiche, in cui vengono sviluppate abilità di motricità fine, percezione dell’ambiente, finezza nei sensi. A partire dai sei anni, l’attività pratica si arricchisce di un nuovo ruolo. Tramite appositi strumenti didattici, vengono proposte attività che permettono di mettere a sistema ciò che è stato appreso, esperienzialmente, negli anni precedenti. Tuttavia, l’attività manuale non può limitare l’attività della mente. Questi sussidi meccanici, che la Montessori mette a disposizione per l’apprendimento di questi temi, fungono da tramite, attraverso i quali sviluppare l’interesse per le materie astratte. Anche da ciò, si può dedurre l’obiettivo dell’educazione montessoriana: proporre un apprendimento 19

che nasca dalla passione e dall’interesse personale. Per questo motivo, non possono aver senso lezioni frontali, tenute da un insegnante che propone una conoscenza nozionistica, enciclopedica. In questo caso, si può considerare semplice comprensione, che ben si discosta dalla <<visione fantastica>>13. È l’interesse del bambino che lo porta ad esplorare ambiti a lui ancora sconosciuti. La presenza di bambini di diverse età, come accade in una tipica classe montessoriana, determina una reciproca influenza tra gli studenti. I più piccoli vedono i più grandi fare cose mai viste. I bambini più grandi troveranno soddisfazione nell’aiutare i bambini più piccoli. L’interazione sociale, già a questa età, genera un circolo virtuoso. Al “maestro interiore”, che spinge il bambino allo sviluppo della propria personalità, si aggiunge un ulteriore supporto e stimolo.

13 M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 134. Testi tratti da: M. Montessori, Come educare il potenziale umano, 1948.

11. L’indipendenza come condizione fondamentale di sviluppo Il maestro interiore, torna innumerevoli volte negli scritti della Montessori, a giustificare le dinamiche dello sviluppo infantile. Tuttavia, fa notare in un passaggio de Il bambino in famiglia, che questa tendenza a svolgere attività utili allo sviluppo di manualità e di capacità cognitive, richiede, come requisito fondamentale, che il bambino non venga interrotto. L’indipendenza permette di dar campo libero alla volontà del bambino. <<Lo sforzo di volontà di cui il bambino è capace si dimostra in una quantità di esercizi ragionevoli che egli compie continuamente. […] Il vero aiuto non dev’essere prestato per cose inutili o arbitrarie; deve corrispondere agli sforzi dell’animo infan20

Fig. 7 - bambini svolgono le proprie attività autonomamente.

14 M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 112. Testi tratti da: M. Montessori, Il bambino in famiglia, 1956.

tile. Il presupposto dev’essere la comprensione della natura infantile e il rispetto per tutte le forme della sua attività istintiva>>14.

Questa necessità di indipendenza viene accolta, negli spazi montessoriani, e tradotta in libertà di azione. I bambini sono liberi di passare da un’aula all’altra, di decidere il tipo di attività e le modalità con cui svolgerle, con il supporto del maestro.

Uno degli aspetti che dovrebbe caratterizzare, quindi, la scuola montessoriana, sarebbe l’attenzione da rivolgere nei confronti di un programma funzionale, nelle relazioni tra i vari ambienti, che tenga conto di questa potenziale libertà di movimento e di fruizione. Diventa fondamentale considerare la potenzialità degli spazi di collegamento, quali corridoi e atrii, che, in molti casi, costituiscono punti di contatto e di scambio tra studenti. Qui vi possono essere svolte attività comuni, o che necessitano semplicemente di più spazio, disponendo il materiale di studio a disposizione sul pavimento, o muovendo e disponendo i tavoli dell’aula di appartenenza. Viene riconosciuto, in questi spazi, un ruolo molto più rilevante della stessa aula. Essa, in molti casi, risulta un semplice spazio di ritrovo, o il luogo in cui lavorare ad attività più individuali, che richiedono concentrazione.

21

Il ruolo dell’ambiente preparato, in relazione alle fasi di crescita del bambino

Gli spazi dedicati ai bambini si caratterizzano, in modo diverso, a seconda delle fasce d’età che accolgono. Questi spazi sono studiati in base ai principi fondamentali identificati dal Metodo Montessori: individualità, libertà del lavoro secondo i ritmi e gli interessi propri del bambino, democrazia e apertura verso il mondo esterno, autocorrezione dell’errore, autodisciplina, riunire il lavoro manuale all’attività immaginifica.

Per rendere possibile l’attuazione di questi principi, l’educatore deve, prima di tutto, predisporre l’ambiente ad accogliere gli studenti. Questo risulta essere un passaggio fondamentale. L’educatore costituisce, nell’ambiente scolastico montessoriano, una figura di osservatore, che può intervenire direttamente nelle attività solo se necessario, per garantire una convivenza pacifica e ottimale. Per questo motivo, prima che i bambini abbiano accesso all’aula, egli deve ordinare i materiali d’apprendimento, in modo da condizionare lo studente senza che egli ne sia consapevole.

Le fasce d’età che sono state affrontate con maggiore riguardo sono: dai 18 ai 36 mesi, dai 3 ai 6 anni, dai 6 anni ai 12 anni, dai 12 anni ai 16.

Queste fasi rispecchiano lo sviluppo naturale del bambino e determinano una particolare gestione dello spazio-aula.

22

Fig. 8 - Maria Montessori osserva l’attività libera di alcuni bambini.

1. Asilo nido: dai 18 ai 36 mesi

Fig. 9 - esempi di elementi d’arredo a misura di bambino.

A seconda del contesto familiare in cui nasce il bambino, le prime fasi di sviluppo possono essere affidate direttamente al genitore o ad un asilo nido. Questo, infatti, sarebbe pensato fondamentalmente per genitori lavoratori o in cerca di lavoro. Viene effettuata una suddivisione dei bambini in due sezioni. Dai 18 ai 24 mesi, l’obiettivo è quello di favorire l’esplorazione sensoriale e i lavori con le mani, con alcune attrezzature apposite ed arredi morbidi. Dai 24 ai 36 mesi, invece, si cerca di far sviluppare motricità fine e grossa, con alcune attività di vita pratica e di sviluppo del linguaggio, per l’arricchimento del lessico.

Le aule, in questi casi, sarebbero organizzate per aree tematiche, in cui si possono trovare diverse tipologie di strumenti d’apprendimento. Molto importante è il rapporto con l’esterno: spesso questo tipo di ambienti sono illuminati naturalmente, e si sviluppano al piano terra, direttamente su giardini privati. In questo modo viene favorita l’attività all’aria aperta.

2. Casa del bambino: dai 3 ai 6 anni

Fig. 10 - apertura della prima casa per bambino a roma, il 6 gennaio 1907.

Lo studio della Montessori si concentra in gran parte in questa fascia d’età. La scuola d’infanzia prende il nome di “Casa del bambino”. Essi ricoprono il ruolo di padroni di casa: possono scegliere l’attività e per quanto tempo svolgerla, senza che vengano disturbati da adulti o compagni. Vengono promossi atteggiamenti di concentrazione, rilassata attenzione, cura di sé, rispetto per gli altri. Tutto ciò si inquadra nel processo di “normalizzazione”, termine con cui si identifica il 23

percorso di sviluppo secondo il Metodo Montessori, con cui sorge il carattere dell’essere umano.

Questo si concretizza attraverso un trattamento benevolo e a contatto con lettere, numeri, natura, rapporti fisici tra cose del mondo, animali ed altri esseri umani. Le attività, che generalmente hanno una durata di circa due o tre ore, puntano allo sviluppo di abilità e conoscenze precise: sensoriali (sviluppo e affinamento delle sensazioni e impressioni in relazione a lunghezza, peso, colore, ecc.); vita pratica (sviluppo della logica, perseguimento dei propri obiettivi, cura di sé e dello spazio di vita e sviluppo di una mente ordinata e che si focalizzi sul processo a cui attende); matematica (apprendimento di numerazione, calcolo, proprietà dei numeri forme geometriche, simboli e concetti matematici di base); linguaggio (lettere smerigliate, alfabeto mobile, giochi linguistici, compilazione, scrittura, lettura); scienze umane e naturali (incastri dei regni animali, cassetti della botanica, mappe a incastro di geografia lezioni all’aria aperta).

Ciò si basa sulla sperimentazione effettuata dalla Montessori, da cui ha ricavato che tutti i bambini, indistintamente, sono caratterizzati dalla capacità di assorbire la cultura della società in cui nascono. Per questo, l’educatore non deve far altro che <<mettere in grado il bambino di “assorbire” altri elementi di cultura>>15.

3. Scuola primaria: dai 6 ai 12 anni A partire dai 6 anni avverrebbe una grande apertura intellettuale, relazionale e spirituale, che risulterebbe in un interesse verso il mondo esterno.

Il bambino comincia un difficile processo di inserimento nella società: si mette in discussione e si 24

15 M. Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016, p. 27. Testi tratti da: M. Montessori, La mente del bambino, 1948.

Fig. 11 - esempio di materiale didattico, utilizzato dal metodo montessoriano, per l’apprendimento della matematica.

pone problemi morali, prova attrazione verso la conoscenza e desidera capire le regole del vivere sociale. Impara a leggere e scrivere. Le materie di studio spaziano da quelle classiche a quelle scientifiche. Comincia, inoltre, ad instaurare relazioni di gruppo.

Le modalità e gli strumenti che vengono adoperati sono: la costituzione di gruppi di età eterogenea, per cui si punta ad ottenere un arricchimento reciproco, tramite confronto sul piano intellettuale, sociale ed emotivo; la libera gestione delle attività alternata ad attività di gruppo guidate dall’insegnante; l’utilizzo di materiale montessoriano appositamente studiato; la gestione autonoma di compiti ed approfondimenti, da svolgere al di fuori dell’orario scolastico; l’assegnazione di voti, non nella loro accezione tradizionale, ma come metodo per sviluppare una capacità di autocritica e per favorire lo studio di strategie di miglioramento.

Si delinea, così, il concetto di “educazione cosmica”, cioè la possibilità, data ai bambini, di accesso al sapere, per far esperienza del mondo in modo chiaro, completo ed approfondito.

4. Scuola secondaria di primo grado: dai 12 ai 16 anni In Italia, queste scuole risultano una realtà molto poco diffusa, ma in fase di progressiva affermazione. In realtà, questa fascia d’età viene affrontata di rado dalla Montessori. Spesso, i bambini provenienti da questo percorso formativo, devono proseguire gli studi in scuole secondarie tradizionali, generando dubbi sull’integrazione di questi in un nuovo contesto. In realtà, gli obiettivi su cui 25

punta il Metodo, acquisizione di passione per il sapere, competenze e metodologia operative ed organizzative nella gestione dello studio, individuazione autonoma di strategie correttive, predispongono il bambino a reagire positivamente anche al cambiamento. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Science16, le differenze nelle capacità cognitive e accademiche, tra bambini educati con metodo tradizionale e con metodo Montessori, sono minime. Le caratteristiche sociali e comportamentali vedono i bambini della Montessori più positivamente assertivi.

Questa fascia d’età, necessita di figure di riferimento autorevoli, accoglienti e comprensive. Per questo motivo, l’insegnante dovrebbe creare situazioni con cui favorire il rapporto con coetanei e con adulti, con l’obiettivo di comprendere i limiti e le regole di una vita sociale organizzata. È indispensabile poi ottenere la consapevolezza dei propri spazi d’azione, da conciliare con le esigenze del resto della comunità. Contemporaneamente, l’insegnante sollecita il rispetto per l’ambiente di vita quotidiano, attraverso la cura degli spazi e l’organizzazione dei contesti finalizzati alla didattica.

26

Angeline Lillard, Nicole Else-Quest, Evaluating Montessori Education, Science, 29 settembre 2006: n. 313.

16

27

La tipologia scolastica in relazione all’evoluzione del sistema educativo occidentale

La scuola, negli obiettivi che si pone, costituisce un’istituzione di fondamentale importanza, all’interno di una società. Nell’educazione, essa può ritrovare occasioni di continuità e sviluppo.

L’educazione può essere intesa, all’interno delle dinamiche che caratterizzano la vita della società, come strumento di addestramento dell’individuo e di trasmissione della propria identità collettiva. Fin dall’antichità, infatti, l’insegnamento diretto, da istruttore a studente, ha costituito la condizione prima per la trasmissione del sapere.

L’educazione e l’apprendimento diventano, fin dagli albori della civiltà, un modo per controllare e mantenere la coesione del gruppo, creando un senso di appartenenza, una cultura collettiva in cui l’individuo possa sentirsi incluso.

La nascita del sistema scolastico, inteso come istituzione articolata e complessa, coincide con la nascita delle grandi città, basate sullo sviluppo delle tecniche agricole e di gestione degli agenti ambientali. Una grande quantità di manodopera costituisce una condizione fondamentale per esercitare questo controllo sulla natura. Per rendere ciò possibile, queste grandi masse dovevano essere sottoposte a processi di irreggimentazione, di addestramento, tramite strumenti immutabili, quali i fondamenti della cultura in cui sono inseriti. Si sviluppa, per raggiungere questo scopo, un rigido sistema delle classi sociali, con una divisione tra lavoratori e detentori del sapere, sottoposti al potere del sovrano.

La formazione della città ha poi portato a neces28

sità di immagazzinamento e trasmissione di dati, da cui deriva la nascita di sistemi di scrittura e numerazione. Ciò ha consentito, alle prime civiltà agricole, di superare il limite generazionale della trasmissione orale del sapere, rendendolo atemporale e svincolandolo dalla soggettività della memoria.

Questo processo di sviluppo ha determinato la crescita di questi centri di aggregazione, oltre le possibilità delle singole comunità, che, appunto, basavano la vita del proprio fulcro sulla trasmissione orale del sapere. La nascita della scuola, può, quindi, essere ricondotta a questo contesto di gestione del potere, da parte delle caste più elevate sulla massa popolare. Ciò viene confermato dalla vicinanza con cui venivano edificate istituzioni collettive, come l’arena del palazzo, il tempio, il tribunale, la scuola stessa, al palazzo del sovrano. La cultura si lega al centro del potere temporale e religioso.

Questo sistema di concentrazione del sapere si prolungherà fino al Rinascimento, quando lo sviluppo di un’economia complessa richiederà, soprattutto per mercanti ed addetti del settore, una migliore conoscenza di questioni umanistiche e scientifiche. In questi ambiti, e per la prima volta, nascono corporazioni di insegnanti, la trasmissione di conoscenza acquista sempre maggior corpo, fino a necessitare di uno spazio proprio in cui insediarsi. Nascono così le prime università, e con esse si affermano le prime tipologie scolastiche autonome.

1. Il retaggio greco e l’istruzione generalizzata È anche, e soprattutto, retaggio della cultura greca, con la differenziazione tra lavoro nobile, 29

intellettuale, e lavoro non nobile, manuale, che nasce la disparità di sapere tra la classe nobile, generalmente acculturata, e classe lavoratrice, in gran parte costituita da schiavi, completamente ignorante. La scuola, rimane per molto tempo, un’attività intrinseca alla formazione del clero o di famiglie nobili. È nel Medioevo, con la diffusione dei monasteri benedettini, che il popolo riceve la possibilità di ottenere una cultura di base, quantomeno saper leggere e scrivere. Esistevano sostanzialmente tre tipi di scuole gestite dalla Chiesa: la scuola parrocchiale, che, appunto, forniva un’alfabetizzazione di base, le scuole vescovili e le scuole cenobiali dell’ordine benedettino.

Queste ultime, erano finalizzate principalmente per la formazione del clero. La sede dell’istruzione era il monastero. Attorno al chiostro venivano organizzati gli spazi preposti a questo compito.

Sala capitolare, refettorio, biblioteca, infermeria, ospizio e altri spazi che rendessero questo ambito indipendente dall’esterno. Questa tipologia viene ideata, e diffusa quasi invariata, dai monaci Cistercensi, a partire dalla fondazione dell’ordine nel 1098.

A partire dal XII secolo iniziano a scomparire le scuole parrocchiali, sostituite da scuole laiche private e comunali, oltre a nuove scuole religiose fondate da Benedettini e Domenicani. Dal XIII secolo nascono le prime scuole laiche di istruzione secondaria: le scuole d’abaco, per lo studio della matematica, e le scuole di grammatica, per lo studio della lingua latina e della letteratura. In questo secolo, inoltre vengono fondate le prime università.

Questa condizione rimane sostanzialmente invariata fino al Cinquecento ed al Seicento, quando nascono le prime scuole comunali gratuite e delle scuole umanistiche di livello superiore. Molto importanti sono poi le scuole gesuite, ordine che si basava proprio su di una profonda formazione dei suoi adepti. In questo ambito, permane la tipologia edilizia chiusa, claustrale.

Fig. 12 - esempi di monasteri di clausura, organizzati attorno ad una corte interna chiusa.

Fig. 13 - l’università di Padova.

30

2. La Biblioteca Medicea Laurenziana

Fig. 14 - interno della sala di lettura della Biblioteca Laurenziana, Firenze.

Dalla prima metà del Cinquecento risale la Biblioteca Medicea Laurenziana, che, in particolare nell’organizzazione della sala di lettura, costituisce una chiave nterpretativa fondamentale, nonché un archetipo indiscusso, di spazio dedicato all’istruzione. Michelangelo affronta problemi strutturali, ponendo contrafforti all’esterno delle pareti perimetrali, per evitare di compartimentare lo spazio interno e per aprire grandi finestrature, che favoriscono un’illuminazione ottimale in relazione all’attività che vi si svolge. Essa si rifà alla Biblioteca di San Marco di Michelozzo, da cui ricava la doppia finestratura, tralasciando, però, la scansione in navate, ottenendo appunto un unico grande spazio. In questo caso, egli progetta ogni elemento, dal banco, con scaffalature su cui riporre i libri in orizzontale, fino al soffitto in legno di tiglio. Il risultato è, appunto, uno spazio unitario, simbolo di unione di tutti i saperi, che, in modo funzionale, risponde a necessità specifiche.

3. Il Settecento: democratizzazione del sapere La Rivoluzione Francese costituisce, nell’ambito dello sviluppo del sistema educativo, un punto di svolta fondamentale. La tendenza del periodo diventa quella di sostituire lo Stato alla Chiesa, in base al principio secondo il quale l’istruzione dovesse essere pubblica e disponibile per tutti i cittadini. Questo assunto, si basa sulla volontà di trasformare l’individuo da suddito a cittadino libero, in un sistema di uguaglianza reciproca. A questo clima rinnovato si aggiungerà, con la Ri31

voluzione Industriale, la necessità di creare una classe operaia dotata di una cultura di base solida, per adeguarsi all’avanzamento delle tecniche produttive. La nascita della scuola pubblica, e le necessità sopra citate, determinano la diffusione di una classe borghese fornita di una cultura sia tecnica e scientifica, sia umanistica.

Lo spazio scolastico, con la diffusione della scuola pubblica e la nascita di licei ed istituti tecnici, vede prodotti nuovi tipi edilizi e impostazioni spaziali, nonché la riconferma di alcuni schemi collaudati. Permane l’organizzazione attorno a corti interne chiuse e la rigida scansione degli spazi, cui vengono aggiunti accorgimenti tecnologici per favorire le condizioni di vivibilità ed igiene.

4. La scuola di massa Il processo di democratizzazione raggiunge una fase critica tra XVIII e XIX secolo. La necessità di fornire quantomeno un’istruzione primaria a tutta la popolazione porta all’ideazione, da parte di Joseph Lancaster ed Andrew Bell, del “monitorial system”. Con questo metodo, pochi acculturati, in un sistema di insegnanti e monitori, potevano gestire classi fino a trecento studenti.

L’architetto francese Jean-Jacques Lequeux illustra, nella rivista francese “Revue général de l’Architecture et des Travaux Publics”, un modello di scuola di massa. La singola classe sarebbe uno spazio di 11x19 metri, alto 6 metri, in cui sono collocate sedici file di banchi, per una capienza di trecento alunni. Su delle pedane in testata sono posti il maestro ed un totale di dodici monitori, tra assistenti, sorveglianti e supplenti. Per ogni fila di 32

Fig. 15 - scuola del Lazzaretto, in Via Casati, Milano: reinterpretazione della tipologia a corte chiusa.

Fig. 16 - raffigurazione di un’aula per il mutuo insegnamento, e relativa pianta.

tavoli, siede il monitore di “tabolo”. Nonostante i grandi numeri che raggiunge questo spazio, il rapporto tra insegnanti e studenti non supera il valore di a uno a dieci, un dato molto basso per la tradizione scolastica fino ad allora. L’ambiente, spesso ricavato da fabbriche convertite, era appositamente studiato per favorire l’insegnamento, oltre a considerare le condizioni minime per garantire la salubrità degli spazi. In particolare, le finestrature erano posizionate in alto rispetto al piano di calpestio, per permettere di utilizzare le pareti per le attività didattiche. Questi fattori costituiscono elementi di fondamentale importanza nella concezione dell’edificio scolastico, infatti risulta uno dei primi casi in cui è le necessità stessa dell’insegnamento a determinare come lo spazio debba adattarsi.

Tipologie simili vengono realizzate anche in Italia, a Milano ed in Toscana, e prendono il nome di “scuole di mutuo insegnamento”.

Parallelamente a queste scuole-fabbriche, nell’Ottocento, si diffonde, con una certa timidezza, una tipologia di insegnamento specializzato, che si affianca a quello normale, svolto nell’aula tradizionale. La tipologia scolastica associata a questo tipo di insegnamento non risente di grandi modificazioni. Il modello ormai affermato è quello del blocco costituito da aula-corridoio, che affacciano su corte o cortile interno e su strada. L’area su cui si sviluppava, generalmente, era quella di un normale lotto residenziale, ed il corpo prendeva la conformazione di una “C”, che si orientava per ricevere la migliore esposizione solare possibile.

Nel lato libero, solitamente si inseriva la palestra.

I corpi erano spesso concepiti in adesione a principi di decoro urbano, non presentavano, quindi, grandi discontinuità volumetriche, e le facciate venivano composte secondo il principio di “pura visibilità” e di decoro. La scuola doveva acquisire, per la società, il ruolo di culla della vita intellettuale della nazione. Questa tipologia porta, tuttavia, ad una serie di complicazioni, nel momento in cui tendono ad assumere dimensioni sempre 33

maggiori, raggiungendo una densità insostenibile e generando situazioni di forte insalubrità e di difficile accessibilità.

5. Camillo Boito e le Scuole Elementari alla Reggia Carrarese Il complesso in cui si inserisce l’edificio delle Scuole Elementari alla Reggia Carrarese, progettate da Camillo Boito, è situato tra Via Accademia e Piazza dei Signori, a ridosso della piazza del Duomo di Padova. Esso nasce da un progetto di riqualificazione della Reggia, che, inizialmente prevedeva lo smantellamento di alcune case, in grave stato di degrado, ed alcuni interventi di restauro, tra cui quello della Loggia Carrarese e dell’ala sud del Palazzo del Capitanato. Questi sarebbero stati adibiti, il primo, a deposito di granaglie e, al piano superiore, scuola di musica e, il secondo, a nuova sede di uffici della Borsa, della Camera di Commercio, della Banca del Popolo e Cassa di Risparmio. Questa prima proposta, tuttavia, venne accolta solo in parte, con la demolizione degli stabili diroccati. Venne così chiesto direttamente a Camillo Boito, che in quel periodo stava già dirigendo il cantiere del Museo della città, completando i lavori al Palazzo delle Debite, con la dipintura del portico e l’installazione dell’illuminazione a gas, ed il restauro della sala Verde al Palazzo Municipale, di realizzare il progetto per una nuova scuola.

Dopo cinque mesi dalla richiesta, nel 1877, Boito presentò i disegni finali. Quello che risalta, dalla lunga relazione tecnica1, è l’attenzione che rivolge verso le necessità funzionali della pedagogia e della didattica, sopra ai principi di composizione architettonica. Le scelte legate alla distribuzione 34

Fig. 17 - disegni tecnici della scuola alla Reggia Carrarese, Padova.

Camillo Boito, Relazione al progetto per le scuole elementari nella città di Padova, Barghe di Val Sabbia, 29 agosto 1877.

1

generale, come orientamento e organizzazione degli spazi funzionali, così come l’attenzione ai dettagli (sistemi di apertura ed oscuramento delle finestre, i banchi per gli alunni, i vasi dei servizi igienici), sono giustificati da dati statistici e studi di esperti nel settore della pedagogia. Le questioni architettoniche e compositive sono risolte secondo principi di rapporto tra funzione ed economia.

In un contesto storico di elevatissimo rilievo culturale, Boito tralascia questioni conservative e compositive, arrivando a demolire una piccola parte della Loggia, in pessimo stato di conservazione, per lo scavo delle fondazioni. Egli si concentra, quindi, sullo studio dell’orientamento degli spazi, rispetto alla luce solare, e della generale distribuzione della pianta. Rinuncia alla corte chiusa tradizionale, sfruttando il cortile della Reggia. Valorizza gli angoli su strada, creando due accessi opposti, per sezioni maschili e femminili, divise al centro dalla Direzione. Questo progetto riceve una fortunata promozione presso diversi Comuni italiani, come modello di scuola elementare.

6. Le nuove idee per il rinnovamento dell’educazione Con la seconda metà del XIX secolo, cominciano ad diffondersi nuove ideologie riguardo il metodo di insegnamento. L’opera pedagogica di Pestalozzi genera un forte impatto in questo senso.

Secondo la sua filosofia, l’uomo sarebbe buono per natura, e costituito da una natura animale, una sociale ed una morale. Se sviluppate liberamente ed in armonia, dal fanciullo si svilupperà il germe dell’uomo adulto preparato per inserirsi nella società. Con questa ideologia, Pestalozzi getterà le 35

basi per la diffusione della scuola primaria aperta a tutti.

Questa modalità di pensiero costituisce un esempio della serie di correnti che si sviluppano nel contesto del movimento dell’Attivismo, in paesi in cui lo sviluppo industriale aveva influito maggiormente nella modificazione della società.

Il problema della “new school” si diffonde soprattutto in Inghilterra, Francia, Svezia, Belgio e Stati Uniti. L’evoluzione dell’individuo sarebbe un processo basato sull’esperienza personale, attraverso attività incentrate sul fare e, in generale, su esperienze manuali. Vengono quindi tralasciati aspetti come la disciplina e l’insegnamento formale, per valorizzare il lavoro pratico. Si diffonde, in questo modo, una nuova concezione della personalità dell’individuo, non più come sentimento, ma come un fatto ed una tendenza. L’iniziativa non parte più solo dal maestro, ma dalla sua osservazione delle attitudini dello studente, in seguito allo studio attento della realtà ambientale.

Viene assunto, come condizione normale, l’equilibrio di una conoscenza teorica nata dalla pratica e la sua azione naturale e spontanea. L’attitudine viene poi concepita come una prontezza mentale nel reagire a situazioni note, non tanto ad una caratteristica innata o una predisposizione naturale. Il ruolo del lavoro consiste in un mezzo volto ad indurre gli individui a costituirsi in gruppi, portando all’esperienza diretta della vita sociale.

Questo senso di comunità determinerebbe, infine, un sistema di controllo passivo sulle attività nate dall’interesse personale, che sostituirebbe quindi il senso di “auctoritas” derivato da una cultura ormai superata.

36

7. Giuseppina Pizzigoni e la Scuola Rinnovata In Italia, la corrente attivista viene interpretata dall’opera di Giuseppina Pizzigoni. Nasce nel 1870 e, diplomatasi maestra, comincia ad insegnare nelle scuole elementari del Comune di Milano. Nel 1924, nel quartiere milanese della Ghisolfa, fonda una scuola cosiddetta “rinnovata”, secondo il progetto di Erminio Valverti e con il sostegno di un gruppo di benefattori e studiosi.

Lei stessa redige un testo, in cui riporta le linee guida per la corretta progettazione di questa scuola:

Fig. 18 - attacco al suolo del complesso dell’istituto della Rinnovata Pizzigoni, Milano.

2 Pizzigoni, Giuseppina, Linee fondamentali e Programmi della Scuola Elementare Rinnovata secondo il Metodo Sperimentale, G.B. Paravia, Milano, 1922.

<<Io intendo innanzitutto un caseggiato semplice, che di per sé, nelle linee sue architettoniche, e nel suo arredamento valga a dare dello studio un concetto severo e sereno, valga a facilitare ogni dovere scolastico e a educare il senso estetico. Il caseggiato deve essere provvisto di spogliatoi, di palestra bene arredata, di porticato aperto con pavimento battuto per le marce, di aule capaci, allietate da ampie finestre-porte dalle quali la luce entri a torrenti e i ragazzi possano uscire con frequenza e con sveltezza; di cucina ben arredata, di refettorio, di lavatoi, di docce e di servizi sanitari decenti. Non manchi la sala per le proiezioni, quella per la musica, per il lavoro, per il museo […]. Il fabbricato sia posto in mezzo a un terreno che offra il campo da gioco, il giardino e l’orto quali palestra di educazione fisica e di istruzione per tutte quelle conoscenze che ai fanciulli devono venire dallo studio della natura, e quali palestra di lavoro in quella parte che sarà coltivata dagli scolari. Il giardino abbia il pollaio, la conigliera, la vasca con i pesci, l’apiario, la gabbia con gli uccelli>>2.

Si denota quindi, in modo molto chiaro, il ruolo che avrebbero attività fisica, pratica e manuale, e l’osservazione della natura, nonché la libertà con 37

cui si possano adoperare queste possibilità.

Il complesso si estende, con le sue 29 aule per l’insegnamento normale, su di un’area di 20000 metri quadrati, quattro volte superiore rispetto alla superficie sufficiente secondo la normativa italiana. Le aule sono orientate verso sud-est e sud-ovest, e sarebbero fruite da non più di 30 alunni ciascuna. Ad eccezione del corpo d’ingresso, tutto il complesso si organizza al piano terra, per garantire libertà di accesso e fruizione degli spazi esterni. A nord sono disposti la palestra-teatro ed i laboratori più rumorosi, quelli per fabbri, incisori, tipografi, meccanici, calzolai, falegnami.

Nell’ala opposta sono posizionati i laboratori per il disegno. Al primo piano vi sono spazi adibiti a museo della scuola, aule per il lavoro maschile e femminile, e laboratori di musica e dattilografia.

Questi aspetti tipologici e compositivi, che portano alla realizzazione di un prototipo di organicità e funzionalismo nell’atteggiamento progettuale, attento alle necessità ed alle caratteristiche del mondo per cui viene concepita l’architettura, costituiscono un elemento fondamentale sia nella diffusione di un nuovo modello di scuola, sia, nello specifico, un esempio che si addice bene alle stesse dinamiche del metodo montessoriano, con cui la Pizzigoni condivide, sicuramente, diversi concetti che ne costituiscono la base ideologica.

8. La scuola nell’età Contemporanea: rivisitazione ed innovazione Gli effetti della corrente attivistica si riscontrano, fondamentalmente, nella progressiva dotazione, nelle scuole tradizionali, di materiali e arredi derivati da questi teorici dell’educazione. Un altro aspetto che, in modo più lento e graduale, 38

va a modificare il metodo di insegnamento nella scuola tradizionale è la filosofia educativa che predicano. In particolar modo, questo processo ha comportato la necessità di riconsiderare l’organizzazione e le funzioni dei singoli spazi all’interno del complesso scolastico.

Si può considerare l’evoluzione delle scuole materne di derivazione diretta dalla produzione di Montessori e Pizzigoni, che, di fatto, dedicano grande attenzione alla centralità dell’individuo nel sistema educativo, e grande riguardo per libertà ed equilibrio. Le scuole elementari e medie, dal canto loro, risentono maggiormente dei concetti della new school, basati sul lavoro in gruppo e la sperimentazione diretta sopra la sola attività di memorizzazione e studio.

In generale, queste influenze hanno dato il via ad un grande processo di sperimentazione, con l’ideazione di nuovi tipi architettonici, nonché con la rielaborazione di tipi già esistenti e consolidati. Ciò che, però, caratterizza la maggior parte di questa produzione è la tendenza alla rottura dell’uniformità spaziale, in modo da rendere l’architettura più partecipe nel processo educativo.

9. Rivisitazione: la tipologia a blocco In questa ondata di innovazioni, si possono, prima di tutto, identificare due tipologie emblematiche, nate dalla rielaborazione di quella a blocco ottocentesca. Da una parte si tende ad accorparla e a chiuderla su sé stessa, risultando nel tipo ben esemplificato dalla “three decker school” di Liverpool: scuola a tre piani con aule distribuite da un ballatoio che affaccia su una corte interna. A partire da questo modello nasce, però, una 39

tendenza a rivalutare il ruolo del vuoto centrale, che viene coperto, a diventare un grande spazio, adibito a funzioni collegiali, come aula magna o per conferenze. Questa evoluzione si può chiaramente notare accostando l’impostazione in pianta della three decker school e della scuola di Celle, realizzata da Otto Heassler. Ciò determina una maggiore densità rispetto alla stessa tipologia originaria, ed uno sviluppo della vita all’interno della scuola più isolata rispetto all’esterno. Col tempo, il vuoto centrale tende ad acquisire sempre maggiore importanza, qualificandosi ed articolandosi spazialmente, diventando il principale punto di riferimento visuale della scuola.

10. Rivisitazione: la scuola all’aperto Una tendenza completamente opposta riguarda quella che vede lo sviluppo di una suola estensiva. In quest’ottica di estensione in orizzontale, si possono identificare diverse correnti di pensiero.

Una di derivazione razionalista, in cui il complesso si sviluppa per corpi generalmente autonomi e liberi, basati su schemi tradizionali nel rapporto aula-corridoio, concentrati nella ricerca delle condizioni ottimali di illuminazione naturale.

Un’altra condizione progettuale è, invece, quella che si concentra sull’attenzione alla percezione ambientale ed sull’organizzazione derivata dalla didattica. Inoltre, concetti come la possibilità di ampliamento nel tempo, il riconoscimento di alcuni elementi spaziali e funzionali, ampliano di molto il campo di sperimentazione. In generale, si può considerare fondamentale il rapporto con l’esterno, che diventa elemento progettuale.

Gli schemi più ricorrenti, tra quelli razionalisti di scuola aperta, sono quello a croce e quello a petti40

Fig. 19 - esempi di rivisitazione della tipologia a blocco: scuola a Celle (A), Germania, e scuola a Liverpool (B), Inghilterra.

ne, in cui ogni elemento, a sé stante, viene messo in relazione con un apposito spazio di connessione. Questo genere di tipologia scolastica, nelle sue evoluzioni post-razionaliste, tende ad abbandonare proprio i concetti su cui il movimento di appartenenza si fondava: superato il dogma della macchina-funzionale, basata su una natura igienico-scientifica, l’architettura comincia a concentrarsi sulla di concezione di forme capaci di dare una maggiore caratterizzazione a livello psicologico e di percezione interiore. Viene approfondito quindi il rapporto tra funzione e percezione degli spazi. Un esempio di questa tendenza è la scuola progettata da Hans Schauron a Darmstadt nel 1951.

Fig. 20 - pianta del progetto per la scuola di Darmstadt.

11. Innovazione: l’Open plan

Fig. 21 - un esempio di impianto libero: l’asilo Sant’Elia di Terragli, Como.

Tipologia che comincia a diffondersi soprattutto dai paesi anglosassoni, quella dell’Open plan nasce da necessità fondamentalmente economiche.

La poca disponibilità di spazi, e di fondi, per la realizzazione di nuove scuole porta al tentativo di unire l’economicità della tipologia a blocco e le potenzialità della scuola aperta. Il concetto di fondo sarebbe quello di eliminare ogni spazio connettivo, generando spazi multifunzione tramite pareti mobili ed arredi speciali. Questi spazi richiedono un mutamento nel funzionamento della scuola e nel rapporto tra allievo ed insegnante. È da questo periodo che si diffondono concetti come polifunzionalità e flessibilità d’uso. La perdita dell’unicità della funzione determina la libertà nelle relazioni spaziali, ma anche difficoltà nella loro gestione e aggregazione, che finisce per diventare caotica e controproducente. Questa tipologia scolastica ha determinato la diffusione 41

del concetto di scuola come corpo non rigido, capace di adattarsi alle condizioni date dal tempo, dal luogo e dalle attività che si svolgono al suo interno.

12. Innovazione: la scuola-strada Tra gli anni Sessanta e Settanta, comincia a manifestarsi la tendenza ad unire, in un’unica tipologia, un programma funzionale preciso, pensato per parti, ed un impianto morfologico e organizzativo forte, unitario. Queste intenzioni si manifestano, soprattutto, nelle scuole e negli istituti superiori, per la complessità che genera il tentativo di organizzare i diversi spazi che le caratterizzano. Queste condizioni, portarono i progettisti ad adottare soluzioni di sintesi unitaria per complesso scolastico. Le scuole diventano un riflesso della concezione della città, intesa come intricata serie di rapporti tra singole componenti e il loro insieme. Inoltre, la scuola acquisisce la potenzialità di determinare relazioni complementari con il tessuto in cui si inserisce, rendendola prosecuzione o riassunto della città stessa.

La tipologia a blocco, in questo contesto, viene ulteriormente reinterpretata: nella Comprehensive School, realizzata da Bennet e Bancroft a Pimlico, Londra, l’operazione di scavo genera, nel corpo delle aule, un vuoto centrale, che, innervato dai sistemi di collegamento verticali, diventa una vera e propria strada interna, centro dell’intera composizione. Le relazioni che si intessono tra le singole componenti tramite questa soluzione tentano di reinterpretare quei rapporti che nella città si sono stabiliti tra i vari edifici, che ormai si sono perduti a causa dell’intensificazione del traffico urbano.

42

Fig. 22 - piante della Comprehensive School di Bennet e Bancroft, a Pimlico, Londra.

Tra gli anni Settanta e Ottanta, cominciano a circolare idee che vedono la necessità di non limitare la scuola ad un corpo localizzato, ma estenderla ed amalgamarla a tutto il tessuto cittadino.

In questo modo, la scuola riporterebbe alla città ciò che, col tempo, ha perduto. Oggi, invece, ci si domanda se la risposta per una nuova tipologia scolastica, in città, risieda nella completa chiusura rispetto all’esterno, prendendo a modello alcuni esempi statunitensi, in cui gli spazi pubblici vengono chiusi e protetti dall’inquinamento della città. Allo stesso modo, si potrebbe, appunto, valorizzare il ruolo della scuola, per fare in modo da ricreare quelle situazioni urbane ormai complesse o impossibili.

13. Guido Canella e l’Istituto G. B. Bodoni di Parma

Imm. 23 - Istituto G. B. Bodoni, fronte sud.

L’istituto sorge all’interno dell’area dell’ex fiera di Parma, di fronte al palazzo Ducale ed al giardino, dove il patrimonio architettonico storico costituisce un elemento di grande rilievo. Per questo motivo, il linguaggio della scuola entra in relazione proprio con il contesto. Il palazzo, così come il giardino, nella loro netta definizione di forme ed estensione, instaurano un dialogo con l’architettura costruita.

L’edificio è quindi caratterizzato da un asse di simmetria, su cui si sviluppa un corpo centrale annunciato dalla metafora di un pronao, a richiamare un linguaggio classico atemporale, e due ali, ritmate da un sistema strutturale esterno al corpo.

I principi compositivi sembrano richiamare la definizione che caratterizza il contesto. All’interno, il volume centrale, corrisponde agli spazi delle palestre, dell’aula magna e della biblioteca. I due 43

corpi laterali sono caratterizzati da un sistema di rampe che servono le aule ed i laboratori, su più livelli. L’assialità della composizione permette di avere uno spazio visivamente continuo, secondo principi antitetici rispetto alle tipologie tipicamente a “piastra”, razionaliste, basate esclusivamente sul programma funzionale, o a imitazione dello spazio domestico. In questo caso, viene favorito il senso di partecipazione alla comunità scolastica attraverso l’identificazione degli spazi associativi, che rivestono un ruolo fondamentale anche a livello pedagogico.

44

Fig. 24 - sistema di rampe interne dell’Istituto Bodoni.

45

Le dinamiche nella “città metropolitana” di Milano.

Analisi del contesto di progetto: il quartiere Gratosoglio

1. Introduzione alla condizione attuale della città di Milano La città di Milano si prefigura come uno dei centri di maggiore importanza sul piano economico italiano. Nel corso degli ultimi decenni, si è prefissata l’obiettivo di rendersi competitiva in campo internazionale, ambasciatrice della cultura e della produzione italiana in Europa e nel mondo.

A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la città di Milano affronta le problematiche della ricostruzione. Negli anni immediatamente successivi, comincia un grande processo di espansione. La città costituisce una grande attrattiva per il resto della popolazione, per le possibilità di lavoro che offre. Di conseguenza, negli anni Sessanta, si assiste ad un grande processo di migrazione, che genera un impatto molto forte sulla morfologia della città, con la formazione, nelle periferie, di interi quartieri di edilizia residenziale popolare. Questo processo di migrazione, ha riguardato soprattutto la popolazione proveniente dal Sud Italia, oltre che quella rurale del Nord, generando una serie di problematiche a livello sociale. Milano si vede, in questo contesto, profondamente modificata. A questa condizione, si sono aggiunti, in tempi più recenti, gli effetti del processo di inserimento di nuove comunità, provenienti dall’Asia, dal Sud America e dal Nord Africa.

Il risultato che si può osservare oggi è quello di 46

una città caotica, causa di diversi problemi nella vita della sua popolazione. Ad aggravare questa situazione è la posizione presa dalle forze politiche, degli ultimi anni, riguardo alle scelte urbanistiche. Esse, infatti, hanno inteso il piano urbanistico come un modo per migliorare l’abitabilità del territorio seguendo logiche di mercato, a discapito di una possibile riorganizzazione dell’ambito produttivo. Il concetto di “città diffusa” viene inteso come processo dagli effetti positivi per l’economia locale, mentre finirebbe per influire negativamente sulla già grave situazione di concentrazione insediativa attuale.

Un’ulteriore posizione riguardo la città diffusa, verte sulla delocalizzazione degli ambiti produttivi dal centro al suo hinterland. I centri lavorativi si organizzerebbero attorno ai principali nodi di trasporto, per cui la città si vedrebbe per buona parte decongestionata. Questi fattori risulterebbero sufficienti per determinare una riqualificazione dell’ambito metropolitano. Tuttavia, si può contestare a tale metodo una eccessiva astrazione, nel non considerare le reali logiche strutturali del contesto in cui si inserirebbero questi elementi di novità. Esso nasce come processo pianificatorio, che non tiene conto delle questioni che la struttura produttiva necessita. Infatti, Milano rimarrebbe un centro attrattivo, il cui carico verrebbe solamente spostato dal centro alla periferia, aggravandone la già precaria situazione.

2.Il quartiere Gratosoglio: caratteristiche fondamentali Gratosoglio costituisce, oggi, un quartiere particolare nel quadro complessivo delle periferie della città di Milano. Esso è situato a sud di Piazza 47

Abbiategrasso, importante punto di accesso alla città per tutto il sud del milanese. Da qui, infatti, inizia Via dei Missaglia, che raggiunge, a sud, la Tangenziale ovest. Assieme al fiume Lambro Meridionale, questo asse viario costituisce uno dei limiti fisici principali che chiudono il quartiere ad est e ad ovest. A nord, tra la zona di Chiesa Rossa e il quartiere storico, vi è un grande parco, percorso da alcune piste pedonali e ciclabili, mentre a sud, alcuni campi agricoli lo dividono da Quinto de’ Stampi, frazione del comune di Rozzano.

Questa condizione di isolamento nasce dalla sua stessa storia evolutiva, determinata dallo sviluppo del processo insediativo attorno a cascine storiche ed edifici di culto.

3. Il quartiere Gratosoglio: la storia Le caratteristiche attuali del quartiere possono essere attribuite a fasi precise nella storia del Comune di Milano, che, con e senza di esso, ha preso sempre più corpo. Nella porzione più a nord si può identificare il borgo originario, “Gratosoglio vecchio”, dipendente dalla pieve di Cesano Boscone, fino al XV secolo, con l’annessione ai Corpi Santi di Porta Ticinese. L’origine del nome si intreccia con la storia della Chiesa milanese. Una leggenda narra che, nel 51 d.C., San Barnaba, ritenuto da alcuni il fondatore della Chiesa di Milano, passò da quello che era un piccolo insediamento rurale alle porte della città, e pronunziò la frase: <<Ti saluto, grata soglia!>>. Da questo passaggio deriva motivo d’orgoglio per la comunità, che vede realizzare una chiesa ed un monastero a lui dedicati. Il monastero di San Barnaba acquista grande importanza nella zona: diventa comparabile, per estensione ed importanza, a quelli di Chiaravalle 48

Imm. 25 - abside romanico della chiesa di Santa Maria al Fonteggio, detta “la rossa”.

Imm. 26, 27 - l’antico monastero e l’abbazia di San Barnaba in una foto d’epoca e allo stato attuale.

e Morimondo. La sua estensione confinava, infatti, con quelle di Sant’Eustorgio a Porta Ticinese e a parte dell’attuale Rozzano. Venne fondato inoltre un secondo monastero nei pressi della Chiesa Rossa, S. Maria al Fonteggio, gestito di una comunità di Benedettine. Questi monasteri passeranno alla parrocchia di San Gottardo nel XVI secolo. Da questo momento comincerà un declino che si concluderà con l’annessione di tutta la zona ai Corpi Santi. Avvenuta nel 1780, essa sembra portare maggiore autonomia per Gratosoglio, al costo della soppressione dei due monasteri.

Un dato particolare, risalente al XIX secolo, è la grande partecipazione, da parte di abitanti della zona, alle rivolte delle cosiddette Cinque Giornate di Milano, contro gli austriaci occupanti. Questo fatto rende l’idea della volontà d’indipendenza degli abitanti di Gratosoglio, e del loro forte senso di appartenenza e di comunità. Questo stesso animo porta, a metà Ottocento, a presentare una petizione al Ministro degli Interni, con cui si chiese di separare il territorio rurale dei Corpi Santi dalla parte suburbana a ridosso della città, generando cinque nuovi comuni. In questo modo avrebbero avuto in gestione autonoma il proprio territorio, minacciato dalla possibilità che il comune di Milano se ne appropriasse per edificare nuove industrie. L’8 giugno 1873 fu proclamata, tuttavia, la soppressione dei Corpi Santi e la conseguente annessione a Milano. Vi furono così numerose proteste da parte degli abitanti di queste zone, consapevoli che sarebbero diventati parte di una periferia dimenticata dal centro.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, si registra a Gratosoglio l’arrivo di numerosi sfollati dalla città, tormentata dai bombardamenti. Di nuovo, però, la vita del quartiere torna alla quiete fino agli anni Sessanta, quando vide il suo più grande evento di trasformazione. È ad opera dello studio d’architetti associati BBPR (Banfi, Belgioioso, Peressutti e Rogers), che si inserì, in un contesto ancora fermo alla tradizione rurale, un nuovo sistema di edilizia residenziale popolare. Esso 49

viene pensato secondo i più moderni criteri urbanistici ed architettonici. Le tipologie a stecca e a torre, con sistemi di integrazione delle singole unità in un complesso più organico, si scontrano con la scarsità e l’inefficienza dei servizi nella zona. Ciò determinò lo spostamento della vita sociale al centro città, rendendo “Gratosoglio nuovo” un “quartiere dormitorio”. Con l’insediamento di grandi masse di persone, e di grandi impianti produttivi, Gratosoglio perde in gran parte ogni attitudine rurale restante, delagata alla parte a est di Via dei Missaglia.

Oggi il quartiere, grazie alla diffusione di servizi di trasporto, ai supermercati di Rozzano poco più a sud, al grande ambito lavorativo dedicato al settore terziario e ai numerosi centri sportivi disposti nelle zone perimetrali, non può più considerarsi un quartiere dormitorio. Tuttavia, esistono ancora numerose problematiche relative alla vita all’interno del quartiere. Non sono presenti, infatti, punti d’interesse e di aggregazione sociale, dedicati ad attività comuni. Vi sono numerose scuole, asili, elementari e medie, ed un istituto professionale, mentre sono scarsi i luoghi in cui i giovani possano ritrovarsi, oltre al grande parco al centro della parte più recente, e per la zona della chiesa di San Barnaba nel quartiere storico.

Per il resto, il ruolo di attrattiva è demandato alla città, da cui, diverse volte, il quartiere ha cercato di allontanarsi.

50

51

Proposta per una scuola montessoriana: un progetto sviluppato a partire dall’analisi tipologica, dallo studio del Metodo e del sito e dalle necessità della comunità

Imm. 28 - veduta aerea del lotto di progetto..

È proprio a partire dalle informazioni ricavate dallo studio dell’evoluzione del metodo scolastico, dei concetti fondamentali e delle pratiche della scuola montessoriana, del luogo in cui si posizionerebbe, che il progetto ha preso forma. Quella del quartiere Gratosoglio è una cornice che, con la sua storia e la sua componente sociale e morfologica, ha fornito numerosi spunti per l’identificazione del ruolo che avrebbe ricoperto questo complesso.

Per la visione delle tavole di progetto, consultare il capitolo “Tavole di progetto”.

52

1. Presentazione e analisi del sito di progetto

Imm. 29 - lato sud di un corpo scolastico.

Imm. 30 - vista sul piazzale interno di accesso tra le palestre.

Il luogo su cui si è deciso di intervenire è quello dell’Istituto Comprensivo Statale “Arcadia”.

L’istituto comprende, complessivamente, quattro plessi scolastici: tre plessi di scuola primaria, in Via dell’Arcadia, Via Feraboli e Via Baroni; una scuola secondaria di primo grado, a indirizzo musicale, in Via dell’Arcadia. La zona si caratterizza per essere servita da diverse linee di mezzi pubblici, tra cui tram e pullman, di collegamento con il centro di Milano.

La sede interessata dal progetto è quella di Via dell’Arcadia. In un lotto di circa 40000 metri quadrati, si dispongono quattro stabili, due palestre, divise da una strada asfaltata e coperta da un porticato, e i due edifici principali, che contano, ciascuno, ventuno aule normali e sette speciali. Il lotto confina a nord con il parco che separa Gratosoglio da Chiesa Rossa, a est con un complesso di edilizia residenziale, a sud con l’unica strada da cui si accede al complesso, e ad ovest con un centro sportivo. Una caratteristica che risalta, già da questa prima analisi, è la chiusura, su più fronti, del lotto, mentre gli unici punti liberi sono quelli a sud e a nord. Gli edifici principali, così come le palestre, sono collegati da un sistema di portici, che genera un percorso all’aperto, ma riparato, fino agli ingressi veri e propri. Inoltre, la composizione risulta simmetrica per le palestre, che generano un carattere di demarcazione dell’ingresso all’ambiente scolastico, mentre uno degli edifici principali, a est, si sposta verso nord, adattandosi al profilo del lotto. All’interno della stessa area, separato da una recinzione metallica, è presente un asilo nido. Un aspetto interessante di questo piccolo edificio è la ripetitività con cui è stato realizzato in vari punti del quartiere, così come se ne possono ritrovare in altri punti della città. Questo denota la necessità, nell’epoca in cui sono stati realizzati, di progettare spazi funziona53

li ed economici, in grado di adattarsi a qualsiasi contesto.

Gli edifici costituiscono un esempio di edilizia scolastica degni anni Settanta. La loro realizzazione risale proprio al 1972, e si caratterizzano, per tecniche e materiali, a principi di funzionalità ed economicità. Ogni unità è realizzata secondo una rigida maglia modulare, che organizza gli interni degli edifici principali secondo uno schema a due ali di aule, affacciate su corridoio interno, illuminato nei punti terminali. Qui sono posizionati, inoltre, i corpi scala e gli spazi di servizio.

Come per l’asilo, anche questi edifici scolastici costituiscono un modello ripetuto in altri punti del quartiere. Le coppie di scuola e palestra sono tra loro speculari, se non per una variazione nella scuola a ovest, che presenta un elemento aggiunto, con spazi dedicati agli insegnanti e al rapporto con i genitori. Le palestre sono dotate di spogliatoi e spazi di servizio. La restante superficie aperta è caratterizzata da alcuni campi da gioco, a ovest dell’ingresso, a ridosso della recinzione, da un piccolo orto a nord e da un piccolo parco attrezzato ad est.

2. L’avvio del progetto: le preesistenze ed il rapporto con il quartiere Il concetto alla base del progetto è la lettura delle condizioni che caratterizzano lo stato di fatto, nonché la loro interpretazione e rielaborazione.

Innanzitutto, l’assialità che caratterizza l’accesso e la distribuzione interna si addicono alle caratteristiche ed alla posizione del lotto. Una criticità che è stata rilevata, in sede di sopralluogo, è la modalità con cui avviene l’ingresso e l’uscita dei bambini. Non è presente, infatti, un’adeguata 54

area di sosta per genitori ed alunni in attesa, né una piazzola di sosta adeguata al carico/scarico dei pullman scolastici. Il porticato centrale, che connette i vari edifici, costituisce un elemento che regola la fruizione di un lotto molto ampio, per cui viene mantenuto e modificato per enunciare questa funzione. In aggiunta, fornisce una protezione efficacie dagli agenti atmosferici nel tragitto fino all’ingresso. Esso costituisce, un segno distintivo del complesso, in grado di offrire spazi di relazione e scambio tra scuola e quartiere. Esso viene prolungato verso nord, a marcare un’area aperta, con cui si tenta di riallacciare relazioni con il parco.

Le palestre costituiscono, nella posizione e nella funzione, un elemento fondamentale per l’intero complesso. Esse demarcano l’accesso, permettono di regolarne i flussi e offrono uno spazio di sosta e di filtro tra ambiente scolastico e mondo esterno. Al loro interno potrebbero essere svolte attività sportive, come corsi aperti al pubblico, nonché eventi particolari come spettacoli o rappresentazioni.

Una delle intenzioni fondamentali di questo progetto è proprio il tentativo di promuovere il ruolo della scuola come nuovo punto di riferimento per la vita sociale della zona. La scuola dovrebbe poter ospitare, con le sue dotazioni e i suoi spazi, una serie di attività, a cui il quartiere possa liberamente partecipare.

3. Il tema fondamentale: il rapporto tra classe, spazi comuni ed esterno L’aspetto che ha meritato maggiore attenzione nelle fasi progettuali è quello della composizione del sistema scolastico. A partire dallo studio 55

dei principi montessoriani, si è delineato un programma funzionale, in cui si delineano i ruoli e le relazioni tra classi, spazi comuni e di collegamento, e ambiente esterno.

Al piano terra, In un’ottica di ricerca delle migliori condizioni di illuminazione, le classi sono allineate secondo l’asse est-ovest, con affaccio diretto sull’esterno, a sud, e su di un grande atrio, a nord. Questo atrio viene delimitato da uffici e spazi dedicati ai professori, e da spazi di servizio, quali collegamenti verticali e servizi igienici, pur mantenendo un accesso diretto sull’esterno. In questo punto si svolgono le attività comuni, che necessitano di maggiore spazio. Le classi sono dedicate ad alunni della scuola primaria, e si ripetono secondo uno schema di due aule con, condivisi, accesso e aula studio privata, per attività che richiedono concentrazione.

Al piano superiore, si ripetono, secondo lo stesso schema, le aule riservate alla scuola secondaria di primo grado. Il rapporto con l’esterno è garantito da un sistema di ballatoi, su più livelli, che funge da elemento di gestione passiva dell’illuminazione naturale. Lo spazio corrispondente all’atrio al piano terra è attraversato da passerelle, che permettono di avere punti a doppia altezza, favorendo una illuminazione omogenea proveniente dalla volta semi-trasparente in copertura. Queste passerelle collegano le aule agli spazi adibiti a sala studio e biblioteca.

Il secondo piano, infine, modifica la scansione delle aule sottostanti, mantenendone l’orientamento, per ospitare laboratori specializzati, che affacciano su un unico grande spazio voltato.

Quest’ultimo offre la possibilità di ospitare eventi o mostre aperte al pubblico.

La posizione delle aule dedicate alla scuola primaria e secondaria, e i laboratori, è studiata in modo da favorire il contatto tra studenti di età, e di esperienze, diverse, negli spazi comuni. In questo modo, può avvenire quel circolo virtuoso per cui i piccoli, incuriositi, si interessano al lavoro dei grandi, che spiegano ai più piccoli, traendo un 56

senso di soddisfazione per le proprie conoscenze.

4. L’elemento di unione: il teatro Il ruolo di legante tra i singoli elementi delle palestre e delle scuole viene affidato al corpo centrale del teatro. Esso è l’elemento di snodo attraverso il quale la scuola prende vita. Con un impianto centrale, costituisce l’accesso principale alla scuola sia da sud, nel normale uso scolastico, che da nord, con il collegamento al parco. Al piano terra, da sud, si accede ad un primo spazio, in cui passerelle su più livelli permettono di raggiungere i diversi piani della scuola. Esse proseguono all’esterno di questo primo atrio dai lati est ed ovest, in un blocco vetrato e coperto, che permette di raccogliere in questo edificio i flussi in di ingresso ed uscita dal complesso, altrimenti liberi ed indefiniti.

Da questo primo spazio di distribuzione si accede ad una grande sala, aperta sui restanti tre lati.

Questa costituisce il foyer del teatro, spazio di accoglienza del pubblico. Al primo piano, che corrisponde, in quota, al secondo della scuola, vi è lo spazio teatrale vero e proprio. Questo non è concepito come un teatro convenzionale. Infatti, non sono presenti né una platea, con sedili per il pubblico, né un vero e proprio palco. La tipologia teatrale è quella legata al cosiddetto OFF-theatre, che si svincola dal tradizionale rapporto frontale tra pubblico ed attori, così come il metodo montessoriano abbandona il rapporto frontale alunno-insegnante. In questo spazio unico possono svolgersi spettacoli di vario genere, legati al mondo della performance, o un movimento libero dei teatranti tra gli spettatori. A questa grande sala si aggiungono spazi di servizio per gli attori, più tradizionali e funzionali.

57

Tavole di Progetto

Tavola di presentazione: rappresentazione, con tecnica a collage, delle suggestioni e dei principali riferimenti da cui è partito il progetto.

58

Tavola 2: analisi del contesto urbano.

59

Tavola 3: planimetria generale e viste prospettiche del complesso e dellâ&#x20AC;&#x2122;intorno.

60

Tavola 4: viste assonometriche e prospettiche del complesso e dellâ&#x20AC;&#x2122;intorno.

61

Tavola 5: sezioni prospettiche.

62

Tavola 6: piante, prospetti e sezioni di scuole e tatro, con diagramma funzionale.

63

Tavola 7: Piante sezioni, prospetti e viste assonometriche di scuole e teatro

64

Tavola 8: piante, prospetti, sezioni e viste assonometriche delle palestre.

65

Bibliografia

Laura Anna Pezzetti, Architettura per la scuola: Impianto, forma, idea, CLEAN edizioni, Napoli, 2012.

Maria Montessori, La scuola è libertà, Garzanti, Milano, 2016.

Marco Canesi, Città Lombardia: per un nuovo modo di sviluppo, Maggioli Editore, Segrate, 2009.

Maurizio Sole, Manuale di edilizia scolastica, La nuova Italia scientifica, Roma,1995.

Silvano Tagliagambe, Più colta e meno gentile: Una scuola di massa e di qualità, Armando Editore, Roma, 2006.

Enrico Bordogna, Guido Canella: opere e progetti, Electa, Milano, 2001.

Achille Barzaghi, Gratosoglio: vicende storiche di Gratum Solium dalle origini al 2000, Barzago, Marna, 2003.

Comune di Milano, Catalogo delle proprietà comunali. Zona 15: Chiesa Rossa, Gratosoglio, Milano, (Comune), Milano, 1980.

Guido Zucconi, Francesca Castellani (a cura di), Camillo Boito: un’architettura per l’Italia unita, Marsilio, Venezia, 2000.

66

Sitografia

http://ic-vialeadriatico.gov.it/il-metodo-montessori/66-il-metodo-montessori-nella-casa-dei-bambini-e-nella-primaria https://www.gonzagarredi.com/ http://ffmaam.it/pubblicazioni/carlo-aymonino-1977 http://dati.istruzione.it/opendata/opendata/catalogo/elements1/?area=Scuole http://www.icilariaalpi.gov.it/metodo-montessori/ http://www.marilenacremaschini.it/il-metodo-montessori-nella-scuola-primaria/ http://www.scuolamontessori.it/it/scuola-primaria/organizzazione http://www.ourkids.net/school/criticisms-montessori-answered http://www.ourkids.net/school/montessori-benefits https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/media-montessori-quarenghi-1.2198432 https://www.theguardian.com/education/2006/sep/29/schools.uk http://www.repubblica.it/2006/09/sezioni/scuola_e_universita/servizi/montessori-studio-americano/montessori-studio-americano/montessori-studio-americano.html http://www.operanazionalemontessori.it/index.php?option=com_content&task=section&id=5&Itemid=32

67

Fonti delle figure

1.

2.

3.

4.

5.

6.

7.

8.

9.

10.

11.

12-13.

14.

15-16.

17.

18-20.

21.

22.

23-24.

25.

26-27.

28.

29-30.

68

https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Montessori#/media/File:Maria_Montessori1913. jpg https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Montessori#/media/File:Mont6.jpg http://manuelamimosaravasio.com/perche-ce-bisogno-di-maria-montessori/ http://www.percorsipercrescere.it/1997-2/ http://consulenzeingrafologia.it/grafia-di-maria-montessori/#post/0 https://montessori-ami.org/resource-library/facts/timeline-maria-montessoris-life http://www.lesvoyellescolorees.com/maria-montessori-en/ http://www.lesvoyellescolorees.com/maria-montessori-en/ http://vivomontessori.com/il-metodo-montessori-e-il-gioco-dei-bambini-alcune-riflessioni-di-laura-piccinino/ http://newsgo.it/2017/01/maria-montessori-apertura-casa-bambini-roma/ https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Montessori#/media/File:Perlenketten.jpg Maurizio Sole, Manuale di edilizia scolastica, La nuova Italia scientifica, Roma,1995 (mod.). http://www.museumsinflorence.com/musei/Laurentian_Library.html Maurizio Sole, Manuale di edilizia scolastica (mod.). https://www.researchgate.net/figure/Project-of-the-Reggia-Carrarese-school-in-Padua-by-architect-Camillo-Boito_fig1_273399580 Maurizio Sole, Manuale di edilizia scolastica (mod.). http://host.uniroma3.it/docenti/marino/Lab2C_1011/lezioni/Terragni_como/como_ terragni_04.jpg Maurizio Sole, Manuale di edilizia scolastica (mod.).

Enrico Bordogna, Guido Canella: opere e progetti, Electa, Milano, 2001 (mod.). https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Maria_la_Rossa#/media/File:IMG_2861_-_La_Chiesa_Rossa_a_Milano_-_Foto_Giovanni_Dall%27Orto,_ April_17_2011.jpg http://www.ilcielosumilano.it/2016/12/04/gratosoglio-che-cosa-resta-del-borgo/ https://www.google.com/maps/@45.4178818,9.1720143,370m/data=!3m1!1e3 foto originali.

69