Lookout News Magazine n. 17 luglio-agosto 2015

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CLIMA E GLOBALIZZAZIONE L’Enciclica di Papa Francesco

anno III - n. 17 luglio-agosto 2015 |

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I DOSSIER “CALDI” DELL’ESTATE di Mario Mori

L’editoriaLe

entre l’Italia si appresta a “chiudere per ferie”, il resto del mondo continua a essere interessato da tensioni, conflitti e crisi di varia natura. Per questo motivo, abbiamo pensato di comporre un numero speciale, che speriamo vi accompagni in vacanza, polarizzato sui tre principali focolai di instabilità internazionale del momento - la crisi ucraina, la crisi greca e il Medio Oriente - con sullo sfondo l’ultimo messaggio rivolto da Papa Francesco all’umanità con l’Enciclica Laudato Si’. Anche se i media hanno attenuato l’attenzione sul problema, la crisi ucraina continua a mettere in discussione non soltanto la pace nella regione ma anche il nuovo confronto Est-Ovest, un confronto che vede l’Amministrazione americana pericolosamente incline a valutare opzioni di guerra, senza che il tema dell’autonomismo delle regioni russofone venga affrontato con razionalità e attenzione. In tema di Grecia, ci siamo tolti i guanti del “politicamente corretto”, ponendo chiaramente in discussione la volontà egemonica di una Germania che non sembra in grado di entrare

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nella geopolitica europea senza pretendere di riaffermare un ruolo di strapotere che già in passato è stato fonte di disastri per il Vecchio Continente. All’analisi politico-economica della crisi tra Grecia, UE e Germania, abbiamo affiancato una ricostruzione puntigliosa dello scandalo che nel 2011 distrusse la carriera politica di Dominique Strauss-Kahn, impedendogli l’accesso all’Eliseo e privando la Grecia di un “creditore” (DSK era direttore del FMI) disposto - in tempi non sospetti - a ridiscutere il debito di Atene senza distruggerne l’economia. Il terzo punto del nostro dossier riguarda il Medio Oriente, il suo presente e il suo futuro prossimo alla luce dell’aggressività del Califfato e di quel confronto tra sciiti e sunniti che probabilmente comporterà la definizione di nuove frontiere geografiche e politiche. Insomma, i lettori che vorranno seguirci anche durante le meritate vacanze avranno l’opportunità di continuare a riflettere sui problemi che inevitabilmente alla ripresa autunnale ci ritroveremo ad affrontare come cittadini di un Continente tutt’altro che pacifico e tranquillo.


16IL QUARTO REICH

| anno III - numero 17 - luglio-agosto 2015 ambiente 6 città deL vaticano Conversione ecologica 16 mondo Una lunga estate calda

europa

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16 bruxeLLes Il quarto Reich 22 germania Comandiamo noi

conversione ecoLogica

L’encicLica di papa francesco

24 francia Come trombare un presidente

L’inchiesta

guerra ucraina

3828

L’inchiesta

Materiale inedito proveniente da fonti autorizzate del governo ucraino di Kiev

guerra ucraina

28 dombass Who are you? 32 La versione di Kiev sulle “spie” russe 34 donetsk La prima linea

tempi moderni Nella Umma, la comunità islamica intesa in senso universale, è in corso una guerra civile per disegnare le future istituzioni che governeranno l’Islam. Dove andrà la “riespansione islamica”? La posta in gioco è alta e la guerra è ancora il mezzo per raggiungerla

24

come trombare un presidente

iL giaLLo deLLo scandaLo strauss-kahn

medio oriente 38 stato isLamico Tempi moderni 42 egitto Niente luci in fondo al tunnel 46 sinai Formicaio della Jihad

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48 siria-iraq Il nuovo volto del Medio Oriente


FACES Storico patto nucleare

Vienna dopo un decennio di negoziati, l’iran e le sei maggiori potenze mondiali hanno raggiunto un accordo sul nucleare martedì 14 luglio 2015, anniversario della rivoluzione francese. Protagonisti della storica intesa, il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif e l’alto rappresentante dell'unione europea per gli affari esteri e la Politica di Sicurezza Comune, Federica Mogherini. un successo personale di Lady PeSC e del governo italiano che, in questo modo, si è aperto la strada a importanti accordi economici che potrebbero portare l’export italiano a un balzo di 3 miliardi di profitti.

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geopoLitica

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ambiente

CONVERSIONE ECOLOGICA Solo un nuovo modello di sviluppo globale basato sulla centralità della famiglia, sulla giustizia sociale e sulla responsabilità ambientale può salvare il nostro pianeta. Parola di Jorge Mario Bergoglio LOOKOUT 17 - luglio-agosto 2015

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ambiente

CITTÀ DEL VATICANO a seconda enciclica del pontificato di Papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio, già vescovo di Buenos Aires e primo uomo dell’Ordine della Compagnia del Gesù a salire al soglio di Pietro, ha il titolo inequivocabile di Laudato Si’ ed è dedicata al rapporto tra umanità e ambiente naturale. La lunga riflessione del Pontefice affronta tutte le tematiche prodotte dallo sfruttamento indiscriminato da parte dell’uomo dell’ambiente naturale da un punto di vista olistico. Il titolo è un chiaro richiamo a San Francesco e al suo Laudato Si’ come “esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. È il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia, amato anche da molti che non sono cristiani. Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati. Amava ed era amato per la sua gioia, la sua dedizione generosa, il suo cuore universale. Era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore” (paragrafo 10).

L

coMe convivere sulla Terra Il fine dell’Enciclica è quello di unire l’umanità nella ricerca di un sentiero di sviluppo sostenibile e integrale, che riconosca come il libro della natura sia indivisibile e riaffermi l’indissolubile unità dell’uomo con la casa che lo ospita e la loro intima relazione poiché sono costituiti dagli stessi elementi chimici. La Lettera Enciclica affronta quindi tutti i temi della convivenza sul pianeta Terra, dai rapporti tra e nelle generazioni, alla giustizia sociale, allo sfruttamento sostenibile delle risorse, alla tutela della biodiversità, al diritto all’accesso ai beni primari come l’acqua, nella prospettiva di definire una nozione di sviluppo che si distingua da quella di crescita economica. Quest’ultima viene caratterizzata negativamente, perché guidata dalla semplice ricerca del profitto e, per sua stessa natura, dissipativa e distruttiva di ogni risorsa naturale e ambientale e, soprattutto, caratterizzata da un consumismo fine a se stesso, per ciò stesso senza limiti. L’Enciclica riconosce “l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita. Questi

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I TEMI AFFRONTATI giustizia sociale, sfruttamento sostenibile delle risorse, tutela della biodiversità, diritto all’accesso ai beni primari come l’acqua

temi non vengono mai chiusi o abbandonati, ma anzi costantemente ripresi e arricchiti” (paragrafo 16). Il Papa inizia la sua riflessione osservando come i cambiamenti imposti al sistema Terra siano troppo veloci a fronte dei lenti tempi biologici che ne hanno scandito l’evoluzione: “La continua accelerazione dei cambiamenti dell’umanità e del pianeta si unisce oggi all’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro, in quella che in spagnolo alcuni chiamano ‘rapidación’ (rapidizzazione, ndr). Benché il cambiamento faccia parte della dinamica dei sistemi complessi, la velocità che le azioni umane gli impongono oggi contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica. A ciò si aggiunge il problema che gli obiettivi di questo cambiamento veloce e costante non necessariamente sono orientati al bene comune e a uno sviluppo umano, sostenibile e integrale” (paragrafo 18). Il clima è un bene comune e il riscaldamento globale (global warming) - caratterizzato dall’esplosione


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della frequenza dei fenomeni metereologici estremi come alluvioni, siccità e bolle di calore - altro non è se non la manifestazione di questo impetuoso cambiamento. Il cambiamento climatico, che anche il Papa attribuisce in massima parte all’azione dei gas serra prodotti dall’azione dell’uomo (produzione di energia, deforestazione, allevamento, antropizzazione, etc.) ha e avrà sempre più effetti destabilizzanti e devastanti sulle comunità, in particolare su quelle più deboli. Il cambiamento climatico produrrà l’innalzamento dei mari e la loro acidificazione, compromettendo i sistemi di sostentamento di intere popolazioni e originando imponenti e inarrestabili migrazioni (paragrafo 22). Anche l’acqua è un bene comune e il suo accesso libero va garantito a tutti gli uomini, così come va tutelata la biodiversità, non solo perché ha un valore per l’uomo, ma anche per il valore che ha in sé, in quanto come ricorda il Vangelo quando Gesù parla degli uccelli dice che “nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio” (Lc 12,6) (paragrafo 96). l’aBuso della Tecnologia e la difesa dell’aMBienTe Il Papa critica direttamente e in modo appassionato la fede che l’uomo ripone nella tecnologia. Afferma che la sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza è il principale responsabile dello stato di criticità in cui versa il pianeta e l’umanità. Il Papa denuncia, quindi, la natura umana della crisi ecologica e critica direttamente l’assurda e insensata fede che l’umanità manifesta nei confronti della tecnologia, della globalizzazione e nell’azione del mercato. Quale equilibrio può esserci in un modello di sviluppo che dissipa e distrugge le risorse che consentono di generarlo, che riproduce miseria ed esclusione e che non misura i danni che esso stesso produce? L’enciclica affronta poi tutti i temi caldi dell’ecologia: gli organismi geneticamente modificati, la biodiversità, la

deforestazione, l’uso della terra, l’uso dei combustibili fossili, l’uso delle risorse esauribili, i beni comuni, l’applicazione del principio di precauzione, l’equità intergenerazionale e la giustizia intragenerazionale (centinaia di milioni di individui sotto la soglia di povertà a fronte dell’abbondanza del Nord del Mondo). Il Pontefice dichiara che “la protezione ambientale non può essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario di costi e benefici. L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente. Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. È realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni? All’interno dello schema della rendita non c’è posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessità degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati dall’intervento umano. Inoltre, quando si parla di biodiversità, al massimo la si pensa come una riserva di risorse economiche che potrebbe essere sfruttata, ma non si considerano seriamente il valore reale delle cose, il loro significato per le persone e le culture, gli interessi e le necessità dei poveri” (paragrafo 190). In questo contesto i fallimenti delle conferenze mondiali sul clima e sull’ambiente testimoniano l’insensibilità ai temi ecologici e, soprattutto, che “le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro” (paragrafo 194). Si tratta quindi di realizzare una vera e propria conversione ecologica, che partendo dalla famiglia riaffermi la centralità nell’agire dell’uomo dell’estetica e dell’educazione alla responsabilità ambientale, a cominciare dal principio che “meno è di più”, e realizzi un’alleanza tra l’umanità e l’ambiente (paragrafo 202). In sintesi, affermare un

L’AMBIENTE È UNO DI QUEI BENI “ CHE I MECCANISMI DEL MERCATO

NON SONO IN GRADO DI DIFENDERE

nuovo modello di sviluppo globale che punti su nuovi stili di vita capaci di “esercitare di una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale” (paragrafo 206). Due preghiere per la Terra e il Creato concludono l’Enciclica di Papa Francesco.

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MONDO disagi di questi giorni raccontano di quello che passerà alla cronaca come il luglio più caldo degli ultimi cento anni, prossimo a quell’incredibile bolla di calore che investì l’Europa nel 2003. Le temperature nelle città hanno superato i 40 gradi e l’acqua dei mari si è avvicinata pericolosamente ai 30 gradi. Questa situazione, assolutamente eccezionale per la prolungata permanenza delle temperature attorno ai 40 gradi, è originata dalla presenza di una profonda depressione nell’Oceano Atlantico settentrionale, dove si è assistito a un brusco calo della temperatura. Questa depressione atlantica ha fatto si che sull’Europa mediterranea si installasse un anticiclone africano responsabile delle elevate temperature e dell’elevato grado di umidità dell’aria. La situazione, a meno di temporanee interruzioni dovute a cedimenti del fronte anticiclonico africano, potrebbe durare almeno fino a ferragosto, poiché nessuno è in grado di predire se continuerà a prevalere l’anticiclone africano o si installerà sulla penisola il più benevolo Anticiclone delle Azzorre, il protagonista indiscusso delle piacevoli estati del secolo scorso. Già in primavera i meteorologi avevano avvertito che dopo cinque anni di assenza si era andata formando al largo del Pacifico Equatoriale l’imponente corrente di acqua calda conosciuta con il nome di El Niño (il Bambino), giacché si forma nei giorni di Natale. A luglio El Niño-Southern Oscillation (ENSO), che già ha provocato piogge torrenziali in Perù ed Ecuador e indotto le autorità di questi Paesi a dichiarare lo stato di emergenza, ha mostrato una tendenza a rafforzarsi determinando un aumento della temperatura dell’oceano ben oltre i valori medi di +0,5°. Secondo l’ultimo rapporto del NOAA (National Oceanic and Atmopheric Administration) degli USA, la più

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UNA LUNGA CALDA ESTATE

Temperature attorno ai 40 gradi destinate a durare almeno fino a ferragosto. Quanto incidono i cambiamenti climatici dovuti al riscaldamento globale?

qualificata agenzia per lo studio del clima, continua lo stato anomalo delle temperature nell’Oceano Pacifico con livelli di anomalia superiori a +1° nel mese di giugno. Le anomalie registrate anche negli indici delle oscillazioni tradizionali ed equatoriali delle temperature oceaniche e la presenza di venti anomali in quota, riflettono la tenANIDRIDE denza al rafforzamento di El Niño. In queste condizioni, le previsioni del NOAA indicano che, con CARBONICA una probabilità maggiore del 90%, El Niño inveE GAS SERRA stirà l’emisfero boreale nell’inverno del 2016 e sTanno che, con una probabilità dell’80%, si protrarrà anModificando che alla primavera del prossimo anno.

IL CLIMA QuanTo incide il riscaldaMenTo gloBale? Si tratta di un evento ciclico-stagionale o di un effetto del cambiamento climatico dovuto al riscaldamento globale? Difficile rispondere univocamente a questa domanda sulla base di un singolo evento, seppure importante e generale. Tuttavia è possibile avanzare alcune considerazioni. Seppure le temperature globali abbiano manifestato una certa stabilità nell’ultimo decennio, contro le previsioni del


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cosiddetto modello a “mazza da hockey” (hockey stick) teorizzato da Michael Mann e dai suoi colleghi dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), è innegabile che l’aumento della concentrazione di anidride carbonica e di altri gas serra nell’atmosfera terrestre stia modificando il clima del pianeta. Lo scioglimento dei ghiacciai perenni, dei Poli e dei ghiacciai a causa della maggiore velocità di fusione dell’acqua e il conseguente scivolamento del ghiaccio, stanno facendo crescere il livello degli oceani. Allo stesso modo, l’aumento delle temperature delle acque oceaniche e la loro acidificazione sta provocando la scomparsa di numerose forme di vita, in primo luogo dei coralli che costituiscono le barriere, cioè il più importante ecosistema ambientale marino. Il documento di riferimento sul tema del clima non può che essere il 5° Rapporto Cambiamento Climatico Globale dell’IPCC (2014). Il rapporto è

0,85 GRADI CENTIGRADI La CreSCita deLLa teMPeratura gLobaLe neL Periodo 1880-2012

9,5 GIGATONNELLATE DI CARBONIO Le eMiSSioni di Co2 neL 2011

il frutto di ricerche e analisi durate circa sei anni, che hanno coinvolto centinaia di scienziati in tutto il mondo. Le evidenze presentate sono allarmanti e disegnano scenari per i prossimi decenni preoccupanti, quando non catastrofici. Il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile e dal 1950 sono stati osservati cambiamenti mai avvenuti in decine di millenni. L’atmosfera e gli oceani si sono riscaldati, la quantità di neve e ghiaccio è diminuita, il livello dei mari è cresciuto e la concentrazione di anidride carbonica (CO2) e altri gas serra nell’aria è cresciuta. La temperatura globale (terra e mari) è cresciuta nel periodo 18802012 di 0,85 C° (0.65-1.06) e dal 1950 si è osservata una crescita dei fenomeni metereologici estremi (ondate di calore, ondate di gelo, precipitazioni alluvionali, siccità prolungate). Il riscaldamento delle acque superficiali (0-700 metri) degli oceani nel periodo 1971-2010 è certo.

ANOMALIE DELLE TEMPERATURE DELLE ACQUE SUPERFICIALI EQUATORIALI nel corso delle ultime quattro settimane, si è verificato un aumento delle anomalie nelle acque equatoriali nella parte orientale del Pacifico centrale.

fonte: noaa - national oceanic and atmopheric administration (luglio 2015)

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Negli ultimi due decenni i ghiacci dell’Antartide e della Groenlandia si sono ridotti ed è diminuita, e continua a ridursi, la copertura di ghiaccio del Mare Artico e la copertura nevosa dell’emisfero boreale. Il livello dei mari è cresciuto come non mai nei due millenni precedenti, nell’ultimo secolo di circa 19 centimetri e negli ultimi anni al ritmo record di 3,2 millimetri all’anno. Sembra poco ma le Maldive hanno un’altezza media sul mare di 2,4 metri e 50 centimetri mandano sott’acqua New York. La concentrazione di CO2 nell’aria ha raggiunto le 391 parti per milione (picco assoluto) e sta acidificando gli oceani. Inoltre, la CO2 prodotta dalle attività umane è ritenuta essere la causa principale del cambiamento dei flussi di energia nel pianeta, per intenderci i motori che governano il clima (venti, piogge, stagioni, etc.). Le emissioni annuali di CO2 da combustibili fossili e per la produzione di cemento sono state di 8,3 gigatonnellate (1015 grammi) di carbonio l’anno nel periodo 2002-2011 e di 9,5 gigatonnellate di carbonio nel 2011, il 54% in più del 1990. scenari fuTuri Nella sezione “E” il Rapporto presenta le analisi di scenario, la cui attendibilità è, come detto, attribuita attraverso giudizi qualitativi di probabilità. Nello scenario più probabile si ritiene che, continuando in questo modo, entro la fine del secolo si determinerà un aumento medio della temperatura di 1,5 C°. La stima corregge al ribasso quanto previsto dal precedente rapporto che parlava di 2 C°, ma non cambia la sostanza delle cose. La temperatura degli oceani

GLI EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI diffusione delle malattie trasmesse da insetti come malaria, febbre gialla, dengue, lyme, lesmaniosi e febbre del nilo e flussi migratori dall’africa sempre più massici

continuerà a crescere, come pure il loro livello. I ghiacci continueranno a ridursi e le precipitazioni aumenteranno, come pure le bolle di calore e le siccità. Inoltre va chiarito bene che una media di 1,5 C° vuol dire che le variazioni saranno difformi su base regionale, come già avvenuto in questo secolo dove i picchi di temperatura (oltre 2,5 C°) si sono verificati in Sud America, Canada, Russia e Africa. Allo stesso modo i picchi delle precipitazioni (oltre 100 mm) si sono concentrati nelle Americhe, in Australia, in Europa, Cina, India e Sud Est Asiatico. In queste condizioni sono attesi eventi capaci di sconvolgere le più o meno ordinate esistenze degli abitanti del Nord del mondo. Anche in Italia, il Paese del clima mite, è atteso un aumento degli eventi estremi, come le recenti elevate temperature o le alluvioni primaverili, con i relativi costi in termini economici e di vite umane. In generale, si avrà anche una recrudescenza e diffusione delle malattie trasmesse da insetti come malaria, febbre gialla, dengue, lyme, lesmaniosi e febbre del Nilo. Soprattutto, si dovranno considerare i

ENTRO LA FINE DEL SECOLO SI DETERMINERÀ UN AUMENTO “MEDIO DELLA TEMPERATURA DI 1,5 GRADI CENTIGRADI ”

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ambiente

massici e inarrestabili flussi di disperati, dall’Africa soprattutto, che cercano approdo sulle coste dell’Europa mediterranea, non come effetti temporanei dovuti a cause occasionali (guerre, pulizie etniche o religiose), ma come avanguardie di inarrestabili migrazioni indotte da siccità, alluvioni, carestie, distruzioni di raccolti e allevamenti. La Grande Recessione, avviata dalla crisi dei mutui subprime e nella quale ancora si dibatte l’Unione Europea, ha determinato una drastica riduzione a livello globale dell’emissione di anidride carbonica in atmosfera (attorno al 11% nei soli USA), ma ciò non è stato sufficiente a evitare gli eventi climatici estremi. In conclusione, la stabilizzazione della quantità di CO2 in atmosfera, su cui le nazioni litigano da anni, non è più rimandabile giacché il cambiamento climatico indotto è irreversibile su di una scala di millenni. Già da ora è lecito attendersi una prolungata (per secoli) azione inerziale del surriscaldamento con inevitabili manifestazioni estreme, anche qualora dovessero essere rimosse le cause che l’hanno determinato.

ANOMALIE NELLA TEMPERATURA ANNUALE E GLOBALE DELLA SUPERFICIE TERRESTRE E DEI MARI 1986-2005

CAMBIAMENTI RELATIVI ANNUALI E GLOBALI DEL LIVELLO DEI MARI 1986-2005

CONCENTRAZIONI DI ANIDRIDE CARBONICA (VERDE) E GAS SERRA (METANO-ARANCIO-E PROTOSSIDO DI AZOTO-ROSSO) NELL’ATMOSFERA

fonte: iPcc

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PLACES I luoghi meno conosciuti al mondo

Sistema solare Plutone fotografato dal reconnaissance imager Long range (Lorri) a bordo della navicella spaziale new Horizons della naSa. L’immagine è stata scattata il 13 luglio 2015 quando la sonda, dopo nove anni e mezzo di viaggio nello spazio, ha compiuto il passaggio ravvicinato a 12.500 chilometri da Plutone, il lontano e oscuro pianeta ai confini del nostro Sistema Solare. alle 13.49, ora italiana, ha inviato questa immagine al Johns Hopkins university applied Physics Laboratory (aPL) di Laurel, Maryland (foto sotto).

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geopoLitica

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REICH Se la partita per la Grexit è chiusa e lo spettro dell’uscita dall’UE è scongiurato, altre difficoltà attendono l’Unione Europea. Una su tutte? Lo strapotere tedesco, che impone sacrifici e regole a proprio vantaggio di Luciano Tirinnanzi

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consapevoli del fatto che il popolo greco capirà l’alto valore politico del gesto, anziché far implodere la Grecia e l’Unione Europea in un sol colpo. Una scelta che ha pagato anche l’Italia a suo tempo. A che prezzo però?

BRUXELLES

“Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi e, per questo, viene chiamato demo- la feriTa del referenduM greco I mercati al momento sembrano aver dato ragione all’accrazia. Qui ad Atene noi facciamo così […] cordo. Anche perché, come ormai fanno tristemente notare Un uomo che non s’interessa allo Stato noi gli analisti e i commentatori politici, ormai sono solo loro non lo consideriamo innocuo ma inutile, e i veri protagonisti della politica degli Stati. Ciò nonostante, “la strada sarà lunga, e, a giudicare dai negoziati di benché in pochi siano in grado di dar stasera, difficile”, ha tuonato il cancelliere tedevita a una politica, beh, tutti qui sco Angela Merkel, con una punta d’irritazione LA STRADA e di sonno arretrato nella voce. A farle da conad Atene siamo in grado di giudiSARÀ LUNGA, traltare, come ormai ci ha abituato l’Eliseo, è carla. Noi non consideriamo la E, A GIUDICARE stato il commento di Francois Hollande: “AbDAI NEGOZIATI, biamo anche dovuto dimostrare che l’Europa discussione come un ostacolo sulla DIFFICILE è in grado di risolvere una crisi che ha minacvia della democrazia”.

ciato la zona euro per diversi anni” ha detto il presidente francese. Sarà, ma lo scenario che si profila davanti a noi sembra piuttosto quello di un Quarto Reich euro-tedesco. Una settimana fa Berlino e Bruxelles si sono dovute piegare alla democrazia perché, nonostante tutto, “Qui ad Atene noi facciamo così”. Ma l’orgoglio ateniese e lo schiaffo ai diktat tedeschi potevano durare giusto il tempo di capire che bisogna comunque piegarsi alle regole euro-tedesche. “Ci aspettiamo che il parlamento di Atene approvi tutte le condizioni” anche perché “non esiste un piano B” ha chiosato la Merkel sull’argomento.

a. Merkel

on sono le parole di Alexis Tsipras all’indomani della lunga domenica greca che ha consentito al suo governo di evitare il default, ma quelle pronunciate nel Discorso agli Ateniesi del 431 a.C. da Pericle, il generale simbolo dell’età dell’oro greca, nell’imminenza della guerra del Peloponneso (che poi vedrà Atene sconfitta). Queste parole ben si attagliano al sentimento che deve aver guidato le scelte del leader di Syriza verso la “battaglia finale” per evitare la Grexit: meglio dialogare con la Troika,

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Il referendum greco brucia ancora agli occhi dei guardiani dell’austerity economica e, secondo alcuni, la soluzione di quella lunga notte di contrattazioni è frutto anche del rancore nei confronti del governo Tsipras, reo di aver schiaffeggiato pubblicamente proprio l’austerity (il cui copyright è notoriamente tedesco) con un “colpo di democrazia”. Così la pensa anche un premio Nobel per l’Economia come Paul Krugman, che dalle colonne del New York Times scrive come le richieste avanzate alla Grecia siano una “follia vendicativa”, una “completa distruzione della sovranità nazionale” e “un grottesco tradimento di tutto quello che significa il progetto europeo” al punto che l’economista immagina “un colpo fatale” inferto al progetto europeo. Il colpevole? “Qualunque cosa voi pensiate di Syriza o della Grecia, non sono stati i greci a darlo”. L’accusa è rivolta alla Germania, ovviamente. il doMinio Tedesco sull’euroPa Berlino, come noto, oggi mantiene intatto il proprio inossidabile potere economico sull’Eurozona, al punto che il corposo pacchetto di riforme imposto alla Grecia non solo dovrà essere approvato dal parlamento greco entro tre giorni, ma sarà sottoposto anche all’accettazione e al controllo sistematico dei creditori, ovvero la Troika, dietro cui si celano i mastini burocratici che tanto piacciono al ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, autore di uno scontro verbale persino contro il serafico e pacatissimo capo della BCE, Mario Draghi. Atene ha certo responsabilità gigantesche in questa storia: ha falsificato i bilanci dello Stato,

ha mantenuto un sistema di spesa pubblica allegra, ha creato mostri come le baby pensioni, ha permesso un’evasione fiscale colossale e offerto una spregiudicata protezione fiscale agli armatori greci, tutelati persino in Costituzione. E l’Unione Europea ha ragione nel volersi tutelare e nel puntare a sopravvivere. Ma è altrettanto vero che Berlino, pur nel recinto dell’Unione Europea, agisce con una tecnica finanziaria così aggressiva e tracotante, che ormai ha superato la sovranità stessa degli Stati e la politica tout court. Il cancelliere Merkel e il suo ministro Schauble sembrano essersi impossessati

UN GROTTESCO TRADIMENTO DI TUTTO “QUELLO CHE SIGNIFICA IL PROGETTO EUROPEO ” delle istituzioni europee e mirano evidentemente a una cessione di sovranità da parte dei popoli degli Stati membri, in favore di organismi tecnici gestiti da Berlino con l’appoggio dei suoi ex alleati della Seconda Guerra Mondiale. L’Italia e Silvio Berlusconi, destinatario di una lettera ultimativa della Troika, lo ricorderanno di certo. Tutto questo potrebbe non portare l’Europa al disastro, ma di certo potrebbe condurre verso il Quarto Reich euro-tedesco. E la storia insegna che ogni volta che la Germania si affaccia nella geopolitica superando il recinto dei confini nazionali per diluirsi in quello europeo, crea disastri. Ma, attenzione, guai a dire che ciò che fanno i tedeschi oggi è sbagliato in assoluto: se c’è una colpa, quella non è di Berlino, ma di tutti noi che glielo permettiamo.

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Discorso di Pericle sulla democrazia Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così. Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento. Qui ad Atene noi facciamo così. La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private. Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso. Qui ad Atene noi facciamo così. Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore. Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così. Pericle - Discorso agli Ateniesi, 431 a.C.

GLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE ANNO PER ANNO

1952

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1973

1981

1986


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le daTe chiave su coMe i crediTori si PreParano a disTriBuire gli 86 Miliardi di euro coMe ParTe del PaccheTTo di aiuTi giugno 2015 La bCe termina il finanziamento d’emergenza. La grecia chiude le banche, impone controlli sui capitali e indice referendum sulle condizioni di salvataggio dell’ue.

13 luglio L'eurogruppo dei ministri delle Finanze della zona euro ha discusso le opzioni del finanziamento ponte per la grecia che aiuteranno rafforzare la sua economia nel breve termine. 16 luglio La banca Centrale europea (bCe) si riunisce. all’ordine del giorno il credito alle banche greche attraverso l’emergency liquidity assistance (eLa).

20 luglio giornata cruciale: previsto il pagamento di 3,5 miliardi di euro da parte della bCe. atene presenta i piani di ammodernamento e di ristrutturazione amministrativa. agosTo 2015 atene avrà probabilmente bisogno di ulteriori 5 miliardi di euro.

oTToBre 2015 Verifica dei creditori sulla riforma delle pensioni del governo greco, entro la fine del mese.

fonte: cnBc

1995

2004

5 luglio al referendum vince il “no” alle condizioni dell’europa da imporre alla grecia, con il 61,3% dei voti. il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis si dimette.

15 luglio il parlamento greco vota sia il pacchetto di salvataggio sia le misure che il governo deve attuare per ricevere la ricezione di fondi di emergenza. gli Stati membri iniziano a votare al piano di salvataggio. 17 luglio La germania vota gli aiuti alla grecia.

22 luglio revisione del sistema giudiziario greco e processo di riduzione dei costi. atene deve adottare il “libro delle regole” ue sui protocolli per le banche in difficoltà. auTunno 2015 Le autorità di vigilanza bCe condurranno una valutazione globale del programma di salvataggio greco dopo l'estate.

Marzo 2016 L’aiuto finanziario del FMi alla grecia giunge alla fine. in caso di necessità, atene dovrà fare domanda per un ulteriore sostegno da parte del Fondo dopo questa data.

2007

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BERLINO el 2009 le banche francesi e tedesche hanno immobilizzato ingenti capitali nei titoli dei Paesi dell’Eurozona mediterranea, che forniscono differenziali d’interesse. Per la Germania sono essenzialmente il risultato degli impressionanti attivi nella bilancia dei pagamenti, garantiti dall’euro forte, dall’allargamento a est dell’UE in aree dove è possibile decentrare le produzioni intermedie dei prodotti tedeschi, dalla compressione salariale delle riforme Hartz e dalla sostanziale assenza d’inflazione. Quando si è manifestata la crisi greca Nicholas Sarkozy, un presidente opaco che tutti davano come perdente contro il candidato socialista Strauss Kahn nelle elezioni del 2012 (peraltro, coinvolto in diversi scandali come l’Affaire Tapie), e Angela Merkel, che aveva dovuto già rifinanziare per oltre 250 miliardi le banche locali tedesche e salvare dalla bancarotta CommerzBank, erano consapevoli che l’eventuale ristrutturazione del debito dei Paesi mediterranei dell’Eurozona avrebbe potuto determinare effetti disastrosi sulle loro economie nazionali

N

L’EUROPA CHE CONTA Francois Hollande e angela Merkel si stimano ma non si amano

di Ottorino Restelli

Comandiamo NOI e rendere impossibile la loro rielezione. Si è formata così quell’innaturale e opportunistica alleanza continentale, che a partire da quell’epoca determinerà non solo lo sviluppo della Grande Recessione nell’UE, ma anche l’esplosione del fenomeno dell’immigrazione in seguito alla destabilizzazione, senza alternative e senza piani, dei regimi mediorientali. Nonostante l’opposizione netta dell’allora direttore generale del FMI 22

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Strauss Kahn, si è formata ben presto l’idea che il debito dei Paesi in crisi non debba essere ristrutturato (haircut) ma sostituito con dei prestiti internazionali (bailout). A complemento di quest’azione è stata adottata come linea guida la teoria dell’austerità espansiva, che prevede l’attuazione di manovre pro-cicliche (tagli di spesa, aumenti della tassazione, nessuna politica monetaria, etc.) per risolvere la crisi che via via si andava estendendo

esM il Meccanismo europeo di Stabilità (anche detto Fondo Salvastati) è lo strumento istituito dagli Stati membri dell’eurozona il 9 maggio 2010 per far fronte alla grande recessione e finanziare gli Stati membri preservando la stabilità dell’eurozona in simili casi di difficoltà.


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322 miliardi di euro iL debito CHe atene non Ha onorato neL 2009

Bailout Grecia atene è aL terZo SaLVataggio traMite PreStito Per eVitare La banCarotta

dall’Irlanda al Portogallo, dalla Spagna a Cipro e Italia, fino a lambire la Francia. Quindi, Francia e Germania - in seno alla Commissione Europea e attraverso la Troika - hanno imposto il rimborso dei titoli greci in mano alle loro banche e, come se non bastasse, anche il pagamento degli interessi, operando così la prima grande violazione delle regole del mercato. Infatti, lo spread tra i titoli del debito sovrano paga il premio al rischio, cioè la maggiore probabilità che il Paese che li emette non sia in grado di onorarli. Si chiama “rischio Paese” e per la sua copertura esiste uno strumento derivato, chiamato Credit Default Swap, che viene quotidianamente quotato. Invece, le banche francesi e tedesche, che si erano ben guardate dal sottoscrivere una polizza assicurativa, quando la Grecia è andata in default hanno semplicemente voluto indietro tutti i soldi investiti, senza se e senza ma, alla faccia delle regole di mercato. Quando nel 2009 la Grecia ha dichiarato di non essere in grado di onorare il debito di 322 miliardi e ha chiesto una sua ristrutturazione, se si fosse operato un haircut del 30% del debito greco, come molti suggerivano, il costo dell’operazione sarebbe stato di circa 100 miliardi. La scelta della Troika ha comportato a oggi, invece, due bailout da 240 miliardi e un haircut da 106 miliardi per i titoli in mano privata. Come noto, il terzo bailout, secondo l’accordo raggiunto nella lunga notte di domenica 12 luglio 2015, è di 86 miliardi. Nel frattempo, l’economia greca è stata distrutta e il suo patrimonio infrastrutturale messo in vendita.

Mario draghi La banca Centrale europea, dopo la nomina di Mario draghi a governatore, ha cambiato radicalmente il proprio orientamento e da neutrale è passata a un deciso interventismo culminato nell’avvio, tardivo ma non per scelta, del Quantitative easing da 1.800 miliardi. draghi ha sempre cercato di sostenere la grecia e ha assicurato ancora a luglio 2015 liquidità alle banche greche fino a 89 miliardi, seppure in cambio di un aumento delle garanzie (congelamento del 27% dei depositi delle banche elleniche).

chrisTine lagarde il Fondo Monetario internazionale guidato da Christine Lagarde ha manifestato una spaccatura tra i politici e tecnici, a favore della ristrutturazione del debito. Lagarde si è dimostrata assolutamente inadatta a mediare tra le parti, imprigionata nel ruolo di subalternità ai desiderata di berlino disegnati dal suo grande elettore nicholas Sarkozy e, soprattutto, si è dimostrata incapace di tenere un comportamento coerente palesando gravi cali di leadership. il suo contributo alla soluzione dell’impasse greco è stato nullo e, perciò, questo potrebbe pregiudicare la sua rielezione a direttore generale.

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iL giaLLo deLLo SCandaLo sTrauss-kahn

COME TROMBARE UN PRESIDENTE 24

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Il 14 maggio del 2011 la corsa alla presidenza francese dell’ex presidente del Fondo Monetario Internazionale si schianta contro uno “strano” caso di violenza sessuale. Ecco cosa è emerso a quattro anni di distanza sullo scandalo del canditato socialista alle presidenziali francesi Dominique Strauss-Kahn di Alfredo Mantici

FRANCIA ono settimane che i media di tutto il mondo e i governi dell’Eurozona discutono della crisi greca ma non è stato possibile salvaguardare contemporaneamente l’orgoglio dei greci e i soldi dei suoi creditori. Così, hanno vinto i secondi. E, tra questi, il Fondo Monetario Internazionale, guidato con soave spregiudicatezza da Christine Lagarde, il ministro preferito dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy. La vulgata sostiene che la storia non si fa con i “se”. Il padre della storiografica moderna, Max Weber, affermava però l’esatto contrario. Per comprendere l’evoluzione degli eventi, secondo Weber, a volte è necessario ragionare sul “cosa sarebbe successo se”. Proviamo allora a chiederci cosa sarebbe successo se il 24 maggio del 2011 l’allora direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), Dominique Strauss-Kahn, non fosse stato arrestato a New York con l’accusa, poi rivelatasi falsa, di violenza sessuale nei confronti di una cameriera dell’albergo nel quale alloggiava.

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14 maggio 2011: quella maledetta giornata. Chi ha complottato contro Strauss-Kahn? La mattina del 14 maggio era cominciata male per Strauss-Kahn, in quanto DSK (il suo acronimo) era stato avvisato del fatto che il suo cellulare blackberry era probabilmente sotto controllo. Alcune mail destinate a quel numero, infatti, erano “misteriosamente” comparse sugli schermi dei computer del quartier generale dell’UMP (Union pour un Mouvement Populaire), il partito di Sarkozy, allora presidente della Francia. Strauss-Kahn in quel momento non era soltanto direttore del FMI, era soprattutto il candidato alle elezioni presidenziali del 2012 per il Partito Socialista francese. Un candidato forte, visto che i sondaggi lo davano di molte lunghezze davanti a Sarkò. Quest’ultimo, proprio perché in difficoltà, si era totalmente legato al carro tedesco della cancelliera Angela Merkel, della quale condivideva per convenienza del momento l’approccio severo e rigoristico nei confronti del problema greco. Strauss-Kahn al contrario, pur essendo “creditore” del governo di Atene, era favorevole alla ristrutturazione del debito greco. Quella stessa ristrutturazione che il governo Tsipras ha chiesto scontrandosi con il muro dei Paesi del Nord Europa che gli hanno preferito il bailout, e cioè la concessione di ulteriori prestiti a condizioni molto gravose. Il 14 maggio del 2011 è il giorno in cui crollano le sue speranze di diventare presidente della Repubblica francese. Un crollo che trascina con sé anche le speranze della Grecia di sfuggire alla morsa dei creditori inflessibili guidati dalla Merkel e dal suo arcigno ministro delle Finanze Wolfgang Schauble.

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FMI iL Fondo annoVera tra i Suoi MeMbri 186 Stati e Ha Sede a WaSHington d.C.

Il “giallo” che coinvolge il direttore del FMI inizia nella suite presidenziale dell’Hotel Sofitel di New York. Strauss-Kahn è in partenza. Uscendo dalla doccia, si trova di fronte la bella cameriera Nafissatou Diallo. Strauss-Kahn è un famoso tombeur de femmes e quello che succede nei sei minuti successivi lo conferma. Secondo la cameriera - che non sarebbe dovuta entrare per fare le pulizie perché la stanza era ancora occupata - in quei pochi minuti Strauss-Kahn l’avrebbe aggredita sessualmente costringendola a un rapporto orale. Secondo DSK, si è invece trattato di un veloce rapporto a pagamento tra adulti consenzienti.

12:07

Qui sorgono già i primi dubbi. Secondo la criminologia, infatti, il rapporto orale rappresenta una tipologia di violenza che può essere esercitata soltanto con la minaccia di un’arma, che DSK però non possedeva. La costrizione a subire un rapporto orale è, inoltre, l’unica tipologia di violenza che non lascia tracce sul corpo della vittima. Particolari rilevanti che sarebbero stati riscontrati cinque mesi dopo, quando il Gran Giurì di New York avrebbe riconosciuto che la Diallo aveva mentito su tutta la linea e che DSK era innocente. Troppo tardi: la reputazione del direttore del FMI era ormai distrutta e la sua carriera politica ridotta in briciole.


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I RAPPORTI TRA SARKOZY E LA LAGARDE il resto è storia nota. dopo essere stata allertata con più di due ore di ritardo, la polizia di new York arresta dominique Strauss-Kahn sull’aereo che sta per riportarlo in Francia e lo getta in pasto alla stampa, mentre il mondo assiste stupefatto alla character assassination di uno degli esponenti di primo piano del sistema finanziario globale. Quel che è più importante è che uno strenuo difensore dei diritti della grecia è stato spinto fuori dalla scena per essere rimpiazzato da Christine Lagarde, una super manager francese legatissima a nicolas Sarkozy e, quindi, portatrice di un mandato di continuità e di assenso rispetto alle politiche rigoriste nei confronti di atene concordati dall’asse berlino-Parigi. una donna che, invischiata in una brutta faccenda legale (un mega risarcimento al finanziere bernard tapie, amico e finanziatore di Sarkozy), si è vista sequestrare dalla polizia in casa un biglietto indirizzato al suo presidente nel quale, tra le altre cose, scrive: “Caro nicolas… sono al tuo fianco per servire te e i tuoi progetti per la Francia. usami per il tempo che serve a te e alla tua azione…”. i fatti che si sono verificati dopo quella lettera parlano da soli.

Questo non è stato l’unico aspetto poco chiaro di tutta questa vicenda. La Diallo, come hanno dimostrato le riprese delle telecamere dell’albergo, prima di entrare nella stanza di Strauss-Kahn ha sostato per diversi minuti all’interno della stanza accanto. Dopo aver subito la “violenza”, la cameriera non è uscita urlando dalla stanza dello stupratore ma è rientrata nella stessa stanza dove si era fermata in precedenza, trattenendovisi per qualche minuto. DSK va a pranzo con la figlia prima di dirigersi all’aeroporto JFK per prendere un volo Air France diretto a

12:28

Parigi. Alle 12:13 aveva fatto l’ultima telefonata con il blackberry intercettato. Per due ore, dopo il presunto fattaccio, i capi della sicurezza dell’albergo Sofitel si comportano in modo strano. John Sheehan, direttore della security della società Accor (proprietaria dell’hotel), avvisato dal capo della sicurezza dell’albergo, non chiama la polizia ma telefona a René-Georges Querry, il suo superiore, ex collega e amico di Ange Mancini, che guardacaso è coordinatore per l’intelligence del presidente Sarkozy. Quando Querry riceve la telefonata, si sta recando al Parco dei Principi per assistere a una partita di calcio, a fianco di chi direte voi? - proprio del presidente francese. La seconda telefonata di Sheehan è diretta a Xavier Graff, funzionario di servizio del gruppo Accor a Parigi e responsabile della gestione delle emergenze. In una mail pubblicata dal quotidiano Le Figaro, qualche giorno dopo l’arresto di DSK, Graff si vanta con un amico di aver contribuito a “buttare giù” il direttore del FMI.

Fa il suo ingresso sulle scene di questo dramma anche l’ingegnere capo Brian Yearwood, capo dell’ufficio tecnico del Sofitel. Yearwood è importante per due motivi: un minuto dopo la sua comparsa il blackberry di Strauss-Kahn cessa di emettere segnali e sparisce dai radar. Inoltre, le telecamere mostrano l’ingegnere a colloquio con il funzionario della sicurezza che aveva parlato per primo con la Diallo. I filmati delle telecamere dell’albergo lo inquadrano mentre si lancia con il collega in una danza di gioia che dura ben tre minuti, al termine della quale i due si scambiano il cinque.

12:52

Insomma, tornando a Max Weber, cosa sarebbe successo se Dominique Strauss-Kahn non fosse incappato in una cameriera probabilmente manipolata dai suoi nemici? Oggi l’ex direttore del FMI sarebbe presidente di Francia, Angela Merkel starebbe all’angolo e la Grecia, forse, si sarebbe salvata.

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L’inchiesta guerra ucraina

WHO ARE YOU? 28

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Quello che state per leggere è materiale inedito proveniente da fonti autorizzate del governo ucraino di Kiev. Per quanto credibile e documentato, esso rappresenta solo la versione ucraina dei fatti avvenuti nel maggio 2015 in territorio ucraino, sul fronte di guerra. I rappresentanti di Mosca non hanno rilasciato commenti in merito. Fuori da ogni giudizio od opinione, dunque, Lookout News pubblica quanto segue solo per dovere di cronaca.


DONBASS ue militari russi di un’unità d’élite delle forze speciali di ricognizione, sono stati catturati lo scorso 18 maggio dalle forze di sicurezza ucraine mentre combattevano nella regione del Donbass con il battaglione volontario ucraino “Aidar”. I due uomini apparterrebbero alla Brigata Spetsnaz, una brigata delle forze speciali del GRU (servizi segreti russi) appartenente alle Forze Armate della Federazione Russa, di stanza a Togliatti. Per il governo di Poroshenko, questa è la prova delle ingerenze russe nella guerra civile, che dimostrerebbe come effettivamente soldati russi siano impegati nei combattimenti al fianco dei ribelli di Donetsk e Luhansk. Mosca nega ostinatamente che i due fossero in servizio attivo al momento della loro cattura. Trasferiti a Kiev per rispondere delle accuse di terrorismo, hanno rilasciato le seguenti dichiarazioni.

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L’inchiesta

inTerrogaTorio* di

ALEKSANDROV ALEKSANDR ANATOLIEVIC inTerrogaTore: Dicci chi sei? a.a.a.: Io, Aleksandrov Aleksandr Anatolievic, sono nato il 7 gennaio 1987 e sono cittadino della Federazione Russa, abito nella regione di Kirov, provincia di Malmizh. Sono un militare regolare della Federazione Russa. Il mio grado militare è sergente. Il mio ruolo è quello di spia-infermiere. Sono al servizio militare nell’unità 21208, della terza brigata separata di guardia con destinazione speciale che si trova presso la città di Togliatti. Il comandante della brigata è il colonnello Schepel Serghey Anatolievic. Siamo entrati nel territorio dell’Ucraina il 26 marzo 2015. Siamo entrati facendo parte del secondo battaglione in duecentoventi persone. Il comandante del battaglione è il maggiore Napolskikh Konstantin Nikolaevic, cittadino della Federazione Russa. Il secondo battaglione è entrato nel territorio dell’Ucraina composto da: tre gruppi d’esploratori, un gruppo della comunicazione di corrispondenza, gli autisti e la compagnia dell’armamento speciale. Al gruppo appartengono: il comandante, che è il capitano Erofeev Evgheniy Vladimirovic, nome di battaglia “Chit”, cittadino della Federazione Russa; il vicecomandante del gruppo, l’aspirante ufficiale Azimov Murat Erbulatovic, nome di battaglia “Casakh”; il comandante della prima squadra, sergente Yulaev Denis, il cui patronimico non ricordo, nome di battaglia “Iulay”; l’esploratore-mitragliere superiore, caporale Kononovalov Viaceslav, il cui patronimico non ricordo, che non ha un nome di battaglia; l’esploratore-cecchino Culmukhametov Kirill Dimovic, nome di battaglia “Pulia”; l’esploratore-geniere, caporale Spiridonov Kirill Alekseevic, nome di battaglia “Melkiy”; l’esploratore-infermiere Grigoriev Vladimir, il cui patronimico non conosco, nome di battaglia “Grishin”; il comandante della seconda squadra, caporale Cutulakhmetov Ruslan Zaurovic, nome di battaglia “Bashkir”; l’esploratore-mitragliere, caporale Krasnov Vladimir Petrovic, nome di battaglia “Baron”; l’esploratorececchino Nemov Aleksey Vasilievic, nome di battaglia “Mordvin”; l’esploratore-geniere Gladkov Aleksandr Leonidovic, nome di battaglia “Babushka”; l’esploratore-infermiere Aleksandrov Aleksandr Anatolievic, nome di battaglia “Aleks”; i radiotelegrafisti Birchin Serghey, il cui patronimico non ricordo e che non ha nomi di battaglia, e Makorin Vladimir, neanche di lui conosco il patronimico, nome di battaglia “Makhouni”. A tutti noi è stato dato come obiettivo l’osservazione delle Forze Armate dell’Ucraina.

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inTerrogaTore: Qual era il vostro punto di raccolta nel territorio dell’Ucraina?

il comandante evgen, soprannominato “Kit”, come appariva il 18 maggio (sopra) dopo l’arresto, e sul territorio di guerra il 5 maggio (sotto).

noMe di battagLia

“KIT”

a.a.a.: La città di Luhansk, la provincia di Octiabr. Nel giorno della cattura il comandante del gruppo ha ordinato di fare una ricognizione addizionale della località nella zona del ponte davanti alla città Sciastie. Siamo avanzati occupando una posizione e abbiamo trovato la zona di rinforzo. Abbiamo cominciato l’osservazione in due, per circa un’ora. Non trovando segnali di movimenti o di vita di soldati ucraini, abbiamo deciso di avvicinarci. Dopo esserci avvicinati, abbiamo osservato ancora per un po’ di tempo. Non trovando nessuno soldato ucraino, abbiamo deciso di avvicinarci il più possibile, ritenendo che questa zona di rinforzo fosse stata abbandonata o che i soldati si fossero trasferiti in un’altra zona. Avvicinandomi quatto quatto alla trincea, sono andato a esaminare il rifugio interrato. Il capitano Erofeev e il caporale Krasnov mi hanno coperto. Appena ho sentito sparare, mi sono voltato e ho visto un militare ucraino a terra ferito. Dopodiché, abbiamo ricevuto l’ordine “Ritirata”. Abbiamo corso. Dopo quindici-venti metri di corsa sono caduto a causa di un proiettile che mi ha colpito alla gamba, e mi ha procurato una frattura del femore. Mi sono trascinato via come potevo e, dopo cinquanta metri, ho occupato la posizione nella trincea e ho iniziato a prestarmi la prima assistenza medica. Mentre mi medicavo, sono stato catturato dai militari dell’esercito ucraino. * la versione integrale dell’interrogatorio è conosciuta solo dal governo di Kiev.


L’inchiesta

inTerrogaTorio* di

EROFEEV EVGHENIY VLADIMIROVIC e.e.v.: Io, cittadino di Russia, Erofeev Evgheniy Vladimirovic, abito nella città di Togliatti, e sono un militare della Federazione Russa. Il mio grado militare è capitano. Servo nella terza brigata separata di guardia. Il posto di dislocazione è la città di Togliatti. inTerrogaTore: I dati personali del comandante della brigata? e.e.v.: Il tenente colonnello Schepel Serghey Anatolievic. È arrivato nel territorio della regione di Lugansk a inizio aprile, non ricordo esattamente la data. Si è unito al secondo distaccamento della terza brigata di guardia, con un obiettivo speciale. L’incaricato ad interim del comandante del distaccamento è il maggiore Napolskikh. È cittadino della Federazione Russa e militare. L’obiettivo era fare una ricognizione, osservando le prime linee del nemico e le unità che erano vicino, le unità di resistenza e cosacca. Il distaccamento è stato stabilito nella città di Luhansk - non ricordo esattamente l’indirizzo - mentre il settore privato nella zona del quartiere di Vavilov. Il distaccamento è composto da tre compagnie formate da quattro gruppi. Il mio gruppo è composto da 12 persone. Io, il comandante del gruppo, il vicecomandante del gruppo, 2 comandanti della squadra, 2 cecchini, 2 mitraglieri, 2 genieri, 2 esploratori, 2 esploratori superiori. Tutti sono cittadini della Federazione Russa. Il vicecomandante del gruppo è l’aspirante ufficiale Azimov, il comandante della squadra è il caporale Cutulakhmetov, il sergente superiore è Yulaev, gli esploratori-genieri sono Spiridonov Kirill e Gladkov Aleksandr, gli esploratori-infermieri Grigoriev Vladimir e Aleksandr Aleksandrov.

il comandante Vladimirovic, soprannominato “aleks”, come appariva il 18 maggio (sopra) dopo l’arresto, e sul territorio di guerra il 5 maggio (sotto).

Abbiamo cominciato a ritirarci. Quindi hanno aperto il fuoco su di noi. Io sono stato ferito al braccio da un colpo d’arma da fuoco. L’osso si è fratturato, sono caduto e ho perso i sensi per un po’ di tempo. Quando sono tornato in me, ho cominciato a trascinarmi ma non sono andato lontano, e sono sopraggiunti i soldati [ucraini] dalle trincee. Non mi hanno ucciso, mi hanno catturato e prestato assistenza. Adesso sono qui. Al momento della cattura, a dire la verità, ho pensato che mi avrebbero ucciso subito. Ho tentato di farmi esplodere con la granata ma il braccio destro non mi ubbidiva e non sono riuscito neanche con il sinistro. Mentre ci provavo, sono arivati i militari che mi hanno arrestato e mi hanno portato su una barella, poi mi hanno trasportato nell’ospedale della città di Sciastie. Lì mi è stata prestata la prima assistenza medica. inTerrogaTore: Qual è la sua opinione sulle Forze Armate dell’Ucraina? e.e.v.: Ne raccontano delle belle su di noi […] Io penso che questa guerra non sia necessaria a nessuno. Mentre i vertici scremano, gli inferiori si dissanguano.

inTerrogaTore: Quali erano i vostri ordini? e.e.v.: Fare osservazione. In quel tempo c’era ancora l’ordine di non attraversare la linea di contatto, non aprire il fuoco senza necessità. A causa del fuoco costante sulle [nostre] postazioni, ho deciso cambiare la posizione e avanzare in gruppi di 3 persone in cerca di nuova posizione. Cercando delle nuove posizioni, ci siamo imbattuti nelle vecchie trincee. Mi è sembrato che le trincee fossero state abbandonate, così abbiamo deciso di verificare. Ho dato l’ordine a due persone di verificare le trincee e io stesso sono rimasto lì nascosto. Quando i militari sono entrati nella trincea, c’erano i flop, e loro corrono con il grido: “Ritiriamo”.

noMe di battagLia

“ALEKS”

* la versione integrale dell’interrogatorio è conosciuta solo dal governo di Kiev.

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L’inchiesta

La versione di Kiev sulle “spie” russe l 17 maggio di quest’anno, il Dipartimento Investigazioni della SSU (il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina) ha avviato il procedimento penale N. 22015000000000142 ai sensi dell’articolo 258-3 del codice penale dell’Ucraina nei confronti di sospetti soldati russi appartenenti al GRU (il Servizio d’Intelligence militare russo), arrestati in zona di guerra all’in-

I

terno del territorio ucraino e poi alloggiati nell’ospedale militare del ministero della Difesa dell’Ucraina poiché feriti. I soggetti, ritenuti senza mezzi termini “spie” russe, avrebbero confessato e rivelato i nomi di altri componenti della brigata di cui facevano parte, il secondo battaglione della 3rd GRU Separate Spetsnaz Brigade, un corpo destinato agli interventi speciali

e alle attività antisabotaggio, diviso in quindici battaglioni complessivi. Secondo Kiev, la brigata operava dall’ottobre del 2014 all’interno dell’Ucraina, con base nella città di Luhansk e si componeva di un totale di 220 uomini tra il personale militare, 3 squadre di ricognizione (Signal Company, Support Company, Engineer Company) e un totale di 12 gruppi di ricognizione.

IL QUARTIER GENERALE DEGLI UOMINI DEL GRU A LUHANSK

LA SEDE DI TOGLIATTI (OBLAST DI SAMARA)

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L’inchiesta

CHE COS’È IL GRU il gru, “direttorato Principale per le informazioni”, nacque all’indomani della rivoluzione d’ottobre con la duplice funzione di fornire all’armata rossa le notizie necessarie per combattere le forze controrivoluzionarie dell’armata bianca e mettere il governo nelle condizioni di contrastare efficacemente l’aperta ostilità delle potenze occidentali. il gru riuscì a evitare tutte le trasformazioni che invece subì la Čeka, acquisendo progressivamente un’importanza strategica e una sostanziale autonomia dal potere politico centrale, anche in virtù del fatto che è rimasto sempre l’unico Servizio militare russo e, quindi, senza la

“concorrenza” che ha sovente minato l’efficienza degli omologhi Servizi occidentali. almeno un rappresentante del gru opera ancora oggi, sotto copertura, in ogni rappresentanza diplomatica della Federazione e coordina efficienti reti informative. il Servizio dispone anche di numerose unità particolari, tra cui quella degli “Specnaz”, un corpo fondato nel 1930 destinato agli interventi speciali e alle attività antisabotaggio. attualmente nell’esercito russo, sempre ricompresi sotto quella dizione, operano quindici battaglioni di “Specnaz”, mentre le quattro principali flotte della Marina dispongono ciascuna di una brigata di “Specnaz”. anche il Kgb e poi l’FSb, per le loro esigenze, hanno costituito analoghi reparti.

CRISI UCRAINA La guerra tra l'Ucraina e i ribelli filo-russi, che ha avuto inizio poco dopo l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014, è la peggiore crisi nei rapporti tra Est e Ovest dalla Guerra Fredda.

AREA CONTROLLATA DAI SEPARATISTI Maggio 2015

Giugno 2014 Settembre 2014

CONFINI Ribelli

Ucraina Sotto il controllo di Kiev

Volo MH17 della Malaysia Airlines

Sospetta presenza militare russa*

(luogo dello schianto)

Kiev

RUSSIA

• TaJikisTan dal 28 settembre 1992 al 24 novembre 1992. • PriMa guerra cecena dal 17 gennaio 1995 al 31 maggio 1995. • kosovo dal luglio 1999 all’ottobre 2001. • seconda guerra cecena dall’aprile 2002 al gennaio 2007. • afghanisTan dal 21 luglio 2001 al novembre 2004 (protezione della missione diplomatica a Kabul).

Luhansk

Kharkiv Donetsk Slaviansk Kramatorsk Kostyantynivka

UCRAINA

Scontri recenti*

LE PRINCIPALI PARTECIPAZIONI DELLA TERZA BRIGATA NEI CONFLITTI ARMATI

Sieverodonetsk

Stanytsia Luhanska

Lysychansk Hirske Artemivsk Slovianoserbsk Popasna

Horlivka

Avdiivka

Krasnohorivka

Luhansk

Debaltseve Krasnyi Luch

Donetsk

Marinka Novotroits’ke

Amvrosiivka

RUSSIA

Volnovakha Starohnativka

UCRAINA

ROMANIA MOLDAVIA

Shchastya

Rostov-on-Don Mariupol Novoazovsk Shyrokyne Sea of Azov

Crimea

25 miles 25 km

* I luoghi di scontro sono approssimati

fonte: national security and defense council of ukraine (nsdc)

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L’inchiesta

La prima linea G

Tre distinte strutture militari, decine di brigate, pezzi d’artiglieria pesante e droni. Per l’esercito ucraino invadere i “confini” della Repubblica Popolare di Donetsk non sarà un’impresa semplice

dal nostro corrispondente, Cristiano tinazzi

DONETSK

li accordi relativi al Protocollo di Minsk prevedono che la Repubblica Popolare di Donetsk (DPR) non possa avere ufficialmente una forza armata regolare. Il suo esercito, quindi, è definito “Milizia del Popolo”. Nella DPR si trovano tre strutture militari distinte e separate. La prima ha come referente il ministero della Difesa. La seconda, costituita dalla Guardia Repubblicana, è legata direttamente al presidente Alexander Zacharchenko, ed è considerata una sorte

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di forza di élite con armamenti ed equipaggiamenti speciali. La terza struttura risponde invece al ministero degli Affari Interni e ha numerose brigate sotto il suo controllo, chiamate “truppe interne”. Si occupano di fornire supporto alla polizia, effettuare operazioni speciali e svolgere compiti di polizia militare. Inoltre, vi sono due battaglioni che, se anche formalmente rispondono al ministero della Difesa, hanno una sorta di status speciale. Si tratta del battaglione tattico Somalia di Mikhail “Givi” Tolstykh e del battaglione marines Sparta di Arseny “Motorola” Pavlov.

Nello specifico, la struttura dell’esercito della Repubblica Popolare di Donetsk consta di uno o due corpi d’armata (non è chiaro dalle informazioni rese pubbliche, ndr). Ogni corpo è formato da numerose brigate. Ogni brigata include due o tre battaglioni di fanteria motorizzata, due o tre compagnie di carri, una o due divisioni di artiglieria (dai 12 ai 24 cannoni, inclusi lanciamissili BM-21 Grad e Howitzer) e un gruppo di artiglieria composto dai 30 ai 50 cannoni. Infine, sono presenti anche battaglioni di ricognizione e di supporto tattico e logistico.


L’inchiesta

la Tregua di Minsk La tregua stipulata con il Protocollo di Minsk il 5 settembre del 2014, nei fatti non è mai entrata in vigore. Se è vero che alcune parti dell’accordo sono state rispettate, come ad esempio le operazioni di monitoraggio degli ispettori dell’OSCE (Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa) e la parziale rimozione delle armi pesanti (15 chilometri dietro la linea di contatto) come previsto nel memorandum supplementare concordato il 29 settembre 2014, non si è proceduto a creare una zona smilitarizzata e neanche a imporre un effettivo cessate il fuoco, con un continuo e quotidiano utilizzo di mortai sotto i 100 mm (ma anche qui spesso vengo usati calibri maggiori) e un continuo fuoco di armi leggere, mitragliatrici pesanti e utilizzo di cecchini. Nella periferia di Donetsk, ad esempio, il quartiere di Petrovsky è sottoposto a un costante bombardamento soprattutto nelle ore serali, che colpisce anche abitazioni civili poste dietro le linee di combattimento. le zone di frizione Attualmente i punti più caldi dove si affrontano l’esercito ucraino e le milizie dei ribelli filorussi sono nella zona di Donetsk: Pisky e Spartak (adiacenti l’aeroporto) e Marinka, nella periferia cittadina dopo Petrovsky District. A sud, sulla strada costiera che porta a Mariupol, si è creata una “no man’s land” di circa 5 chilometri tra Shirokino e Sakhanka, dopo che le forze della DPR si sono ritirate dal primo villaggio. Nel nord e nord-est, invece, le zone calde sono fuori Gorlovka e Debaltsevo..

IL PRIMO CORPO D’ARMATA DELLA REPUBBLICA POPOLARE DI DONETSK firsT seParaTe “slavyanskaya” Brigade unità di fanteria. è formata dalle unità che hanno combattuto sotto il comando di igor Strelkov a Slavyiansk e in altre città durante la campagna militare dell’estate 2014. Third seParaTe MoBile Brigade “BerkuT” unità di fanteria corazzata. Formata dalle unità che hanno combattuto a gorlovka sotto il comando di igor bezler (soprannominato “demone”). fifTh seParaTe MoBile Brigade “oPloT” unità di fanteria. Formata dalle unità del battaglione “oplot”, dal battaglione pagano “Figli di Svarog”, dal battaglione del russian orthodox army e da altre unità. sevenTh seParaTe “slavyanskaya” Brigade unità di fanteria, legata al primo battaglione. seParaTe sPecial PurPose Brigade “vosTok” Formata da tre battaglioni di forze speciali e da una divisione di artiglieria. seParaTe Brigade for sPecial PurPorses “kalMius” brigata di artiglieria pesante (inclusi obici). Formata sulla base del battaglione “Kalmius”, costituita dai lavoratori delle miniere e dell’industria pesante sotto il comando di igor Strelkov. second seParaTe uManskiy Tank BaTallion “diesel” battaglione carri. seParaTe coMMandanT’s regiMenT Polizia militare. Si occupa della gestione di strutture e del controllo delle prigioni militari. MiliTary inTelligence deParTMenT of MinisTry of defense include diverse forze speciali e una unità di droni.

ALTRE UNITÀ firsT seParaTe BaTTalion TacTical grouP “soMalia” Compagnia di fanteria, carri e artiglieria. Formata da ex combattenti dello Slavyansk. seParaTe reconnaissance Marines BaTTalion “sParTa” Forze speciali. seParaTe reconsTrucTion and reBuilding BaTTalion kongo battaglione genio militare. rePuBlican guard Forze speciali subordinate al leader della dPr alexander Zacharchenko, formate per sua precisa volontà nel gennaio del 2015. Sono costituite da 4/5 battaglioni tattici formati da elementi del battaglione “oplot”, dal russian orthodox army e da altre unità tra cui la brigata Pyatnashka. PyaTnashka inTernaTional Brigade unità costituita dal comandante abkhazo akhra avidzb, formata da soldati di quindici nazionalità diverse. è stata inglobata nella guardia repubblicana nell’estate del 2014. hoMe office inTernal forces Squadre speciali di polizia e team di ricognizione con armamento più pesante rispetto alle normali unità di polizia.

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RAGES Le principali manifestazioni di rabbia e dissenso

Greeleyville, USA Vigili del fuoco tentano di domare le fiamme dell’incendio scoppiato al Mont Zion african Methodist episcopal Church di greeleyville, Carolina del Sud, il 30 giugno 2015. La chiesa afro-americana era già stata bruciata dal Ku Klux Klan vent’anni fa. oggi, la situazione si è ripetuta e il gesto ha un alto e pericoloso valore simbolico. Questo, infatti, è solo uno di numerosi incendi dolosi che sono scoppiati recentemente nelle chiese frequentate dalle comunità nere negli Stati uniti del sud, in un ritorno di fiamma di tensioni razziali che da sempre contraddistinguono la società americana.

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geopoLitica

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medioriente

TEMPI MODERNI Nella Umma, la comunità islamica intesa in senso universale, è in corso una guerra civile per disegnare le future istituzioni che governeranno l’Islam. Dove andrà la “riespansione islamica”? La posta in gioco è alta e la guerra è ancora il mezzo per raggiungerla di Ciro Sbailò

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medio oriente

STATO ISLAMICO l “Califfato nero” è uno Stato ed è Islamico. Non è, si scrive qua e là, “sedicente”. Lo dicono sia la dottrina giuridica occidentale sia il diritto islamico. Lo Stato Islamico (ISIS) controlla il territorio, batte moneta, amministra la giustizia, riscuote le tasse, garantisce alla popolazione i diritti di cittadinanza, fino a quelli di nuova generazione (c’è persino un’agenzia che difende i diritti dei consumatori). Ha confini mobili, all’interno dei quali, comunque, c’è un nucleo territoriale stabile. In esso vige un regime religioso totalitario, come in Turkmenistan, e si fa un ampio uso della pena di morte, come in Iran. Inoltre, è uno Stato non riconosciuto, come il Somaliland. Giuridicamente parlando, ISIS può essere considerato come un organismo politico particolare, con proprie fonti e proprie regole, espressione di una comunità transtatuale e transnazionale, quale la Umma (comunità) islamica. La minoranza dei musulmani a livello globale che si riconosce in esso non è esigua e, in ogni caso, è in fase espansiva. I suoi simboli e i suoi leader parlano alla memoria storica dell’Islam. La sua area di espansione originaria corrisponde a quella del Califfato omayyade (VII secolo), oggi spezzettata in una serie di entità statuali, vissute come artificiose da molti musulmani. Il Califfo è il dottor Ibrahim Awwad Ibrahim al-Badri, giovane giurista e teologo iracheno, che si richiama ad Abu Bakr Abd Allah ibn Abi Quhafah, detto al-Siddiq (“il grandemente veritiero”), amico del Profeta Muhammad e suo primo successore. Il fatto che ISIS costituisca effettivamente uno Stato Islamico non vuol dire che esso non possa essere abbattuto, proprio per mano islamica. Anzi, la qualificazione statuale fa sì che il suo abbattimento si configuri come la chiusura di un’esperienza ben precisa e circoscritta, agli occhi della comunità islamica mondiale. L’abbattimento dello Stato Islamico va, dunque, giuridicamente costruito, all’interno della Umma.

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FRATELLI MUSULMANI La Fratellanza è il movimento islamico più antico e diffuso in tutto il mondo arabo. Fondato in egitto nel 1928 da Hassan al banna, segue rigorosamente la legge islamica e persegue la sua piena applicazione, in contrapposizione alla secolarizzazione e all’occidente corrotto.

Il 24 settembre 2014 è stata resa pubblica una “lettera di 126 studiosi musulmani al dottor Ibrahim Awwad al-Badri, alias Abu Bakr al-Baghadi e ai combattenti e seguaci dell’auto-proclamato Stato Islamico” firmata dai più noti e autorevoli dottori e giuristi dell’Islam sunnita mondiale. In effetti, l’autoproclamazione califfale, nel diritto islamico pubblico, non è illegittima. L’accusa più grave riguarda, invece, l’utilizzo delle fonti sciaraitiche: ISIS viene accusato di commettere gravi scorrettezze procedurali nell’emanazione dei propri decreti e di arrogarsi il diritto di libera interpretazione, al fine di provocare la fitna, la “discordia interna”, la “guerra civile”, che per l’Islam è il male per eccellenza. Il documento dei giuristi musulmani (come altri, simili, che seguiranno), dunque, ben si presta a funzionare da base per una “risoluzione” in nome della Umma, l’intera comunità islamica, che autorizzi le forze militari di Paesi islamici interessati a intervenire contro lo Stato islamico. Risolto il problema militare - la sconfitta o una stabile limitazione della espansione dello Stato Islamico - per l’Occidente si porrà il problema del confronto con la “riespansione del principio ordinatore islamico”, che ormai non pare contenibile. L’ideale califfale, infatti, non è mai morto. Non solo, ma l’universalismo islamico conosce oggi una stagione di straordinario successo geopolitico e culturale. Di fatto, si può parlare di un costituzionalismo globale di stampo islamico, che si pone come alternativa a quello occidentale, considerato in declino inarrestabile, sotto il profilo sia geopolitico sia etico. Al successo crescente di questa dottrina, nel mondo islamico, certamente ha contribuito il tragico epilogo delle varie politiche di “esportazione della democrazia” realizzate dopo la fine della Guerra Fredda, in Medio Oriente e specialmente in Iraq e in Afghanistan. I più significativi maitre à penser del mondo islamico - sia nei Paesi islamici, sia nelle


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università occidentali - lanciano la sfida della “risposta” islamica al “tramonto” del principio ordinatore occidentale, laico e individualistico, e ripropongono in varie modalità l’attualità della “Costituzione originaria ed eterna” dell’Islam, destinata a fare da fondamento non a un singolo Paese, ma all’umanità intera, in quanto essa disciplina non solo i rapporti tra gli uomini, ma il rapporto dell’uomo con Dio (vedi la Costituzione egiziana del 2012, poi abrogata dalla giunta militare nel 2013). Si tratta di un progetto antagonistico rispetto alla tradizionale visione occidentale dello spazio pubblico, ma sarebbe un errore demonizzarlo. Stiamo parlando di politiche e interventi economici (da attuarsi, ad esempio, attraverso la riproposizione di un approccio “comunitaristico” e non più statal-individualistico alle questioni sociali), e non di strategie eversive. La linea neo-ottomana teorizzata dall’attuale premier turco Ahmet Davutoglu va, per l’appunto, in questa direzione e s’incontra con la strategia dei Fratelli Musulmani. Un tale progetto comporta, di per sé, una de-radicalizzazione dell’antagonismo islamico nei confronti dell’Occidente, che non rappresenta più un nemico da abbattere, bensì una cultura con cui confrontarsi e, semmai, da superare. Ma ci sono altre anime dell’Islam che non condividono questa prospettiva e, anzi, la avversano profondamente, vuoi perché vedono la realizzazione dell’ideale islamico nell’aggressione totale all’Occidente e nell’eliminazione di ogni pluralismo culturale interno all’Islam, vuoi perché intendono difendere la “cittadella” dei regimi islamici consolidati da ogni possibile stravolgimento geopolitico. Al di là del dato geopolitico, sta di fatto che è in corso una guerra interna all’Islam. In questa chiave vanno lette le recrudescenze dei conflitti tra sunniti e sciiti in Medio Oriente e gli attacchi di tipo terroristico contro gli esperimenti d’integrazione costituzionale dell’Islam nell’area nordafricana (vedi gli attentati in Tunisia). La comprensione di questo conflitto richiede, evidentemente, da parte dello studioso occidentale, un certo sforzo per il superamento di antichi e ben radicati pregiudizi, a cominciare da quello secondo cui nelle società musulmane, contrariamente alle società occidentali, non si è sviluppata una società civile autonoma, per cui non è possibile che vi siano esperienze di tipo costituzionale, se non attraverso l’imposizione dei parametri statuali euro-americani (peraltro, in crisi anche in Europa e in America, come ben sanno i giuristi che studiano la globalizzazione). Sono pregiudizi che ci hanno impedito di comprendere in tempi utili ciò che è accaduto nel mondo islamico, già dai tempi della guerra in Afghanistan e fino alla Primavera araba, tali che potrebbero avere un grave effetto inibitorio sulle politiche occidentali nel futuro.

differenze Tra sciiTi e sunniTi

2012 DICEMBRE La nuoVa CoStituZione egiZiana è durata Meno di un anno

2014 GIUGNO Lo Stato iSLaMiCo Ha SuPerato iL PriMo anno di “naSCita”

in questa sconfinata guerra i sunniti, ovvero i seguaci della Sunna (la consuetudine), costituiscono la corrente ortodossa e maggioritaria. Mentre gli sciiti (il cui nome deriva dall’espressione abbreviata “fazione di alì”) sono nettamente inferiori di numero: fatto cento il numero di musulmani, la proporzione è almeno di settanta-trenta a favore dei sunniti. La divisione ebbe origine in seguito alla morte di Maometto, nel 632 d.C., quando i fedeli si contesero l’eredità religiosa e politica tra abu bakr, amico e padre della moglie di Maometto, ed alì, cugino e genero del Profeta. una discordanza che non si sarebbe mai del tutto sopita, né a livello teologico né politico. devoti alla tradizione, secondo i sunniti l’eredità e la guida dell’islam spettano a coloro che seguono gli insegnamenti di Maometto, senza particolari legami di sangue. al contrario, gli sciiti hanno sempre ritenuto che il successore di Maometto dovesse essere necessariamente un consanguineo del Profeta. Che cosa ci trattiene oggi dal definire i focolai di guerra che infiammano tutto il Medio oriente come l’inizio di una grande “guerra di religione”? Certo, la storia insegna che le guerre, anche quelle religiose, sono innescate da motivazioni politico-economiche (si vedano le Crociate). resta il fatto che la “guerra di religione” sia ormai una realtà non soltanto in Siria ma anche in iraq e in Yemen, e presto potrebbe estendersi al Libano e al nord africa. una guerra che ha per protagonisti i due rami opposti dell’islam, sunnismo e sciismo, e che almeno in parte spiega sia la nascita delle Primavere arabe sia dei conflitti che ne sono seguiti. ora, nonostante l’occidente stenti a comprenderlo o riconoscerlo, sunniti e sciiti si considerano alternativi gli uni agli altri e né gli uni né gli altri accettano del tutto i confini nazionali nei quali si ritrovano. Per molti di loro, infatti, la guerra è trasversale agli Stati nazionali, ed è tesa piuttosto a creare un unico grande Medio oriente islamico, riprendendo quel sogno del grande Califfato interrotto dalle potenze europee.

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EGITTO daLLa FrateLLanZa aLLo Stato iSLaMiCo

Niente luci in fondo al tunnel L’escalation jihadista in Egitto risponde principalmente al malessere sociale, all’alienamento e alla disillusione dei tanti giovani traditi dal nuovo regime, sempre più militarizzato e repressivo di Marta Pranzetti

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ell’ultima pagina dell’ultimo numero di Dabiq (una delle riviste ufficiali della propaganda in inglese dello Stato Islamico) è racchiusa tutta l’evoluzione del jihadismo interno allo Stato egiziano. I 79 fogli di macabra incitazione all’odio e di inviti graficamente appetibili a raggiungere il Califfato, si chiudono con una foto che ritrae parlamentari egiziani del partito islamista salafita Al-Nur mentre sonnecchiano ai loro posti, definiti dal magazine murtaddin (“apostati”). Quest’immagine sfruttata dagli specialisti della comunicazione di ISIS spiega nel tempo di uno sguardo gli ultimi due anni di storia egiziana, quando il Paese ha subito un’escalation di violenza e terrore pari solo al rafforzamento del pugno di ferro del regime di Al Sisi contro ogni forma di dissenso, nel quasi vano tentativo di contrastare il terrorismo. La foto dei governatori disinteressati, secondo gli autori di Dabiq, dimostra come essi abbiano rinnegato la vera versione dell’Islam per sedere al tavolo del potere in un Paese cosiddetto democratico, ma dominato da impostori e apostati. È anche così, attraverso simili immagini, che gli uomini di Al Baghdadi incitano i loro adepti nel Sinai - la wilayat Sinaa’ è una delle tante province inglobate dal Califfato islamico di Siria e Iraq - a condurre la sacra jihad contro gli immeritevoli. Questo è ciò che ISIS vuole mostrare dell’Egitto: un’immagine di declino e indolenza da contrapporre a quella dello Stato Islamico, moralmente integro e religiosamente ortodosso, che si adopera e lotta per la sua Umma (“comunità”). L’Egitto, del resto, è uno Stato già vessato economicamente, fiaccato da anni di mai sopita ribellione anti-governativa, ed esasperato dalle crescenti restrizioni alle libertà civili. Dunque, in bilico tra stabilità e rivoluzione. Nella foto della propaganda ISIS sembra anche di rivedere i vecchi manifesti di Al Qaeda. Per quanto gli esperti si siano ingegnati a mettere in risalto le divergenze ideologiche, strategiche e logistiche tra queste due organizzazioni terroristiche, infatti, si tratta di una lotta comune in fondo. Forse la vera differenza sussisteva

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IL CAIRO un uomo trasporta i Fanous, le lanterne per il mese di ramadan


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più con la vecchia Al Qaeda di Bin Laden, che mirava al “Far Enemy” ovvero gli americani e i sionisti. Ma con la predicazione dell’egiziano Ayman Al-Zawahiri (nuovo leader di Al Qaeda dal 2011) che ha puntato di più sul “Near Enemy”, ovvero gli Stati arabi traditori e miscredenti perché alleati con gli occidentali, questa differenza si è affievolita. LA MECCA Città dell’arabia Il dito è puntato allora contro i governi dei Paesi arabi, Saudita e la cui popolazione è sottomessa, fiaccata economicamente capoluogo della e in cui l’Islam politico, che aspira alla giustizia e all’ugua- provincia omonima, glianza tra i suoi fedeli, è generalmente relegato ai margini è la città santa (si pensi all’Egitto di Mubarak, alla Tunisia di Ben Ali o aldell’islam e luogo di nascita del la Libia di Gheddafi). L’odierna lotta degli jihadisti della provincia islamica del profeta Maometto. il pellegrinaggio Sinai è volta dunque ad abbattere un regime che essi ritenalla Mecca è un gono corrotto, infedele e particolarmente ingiusto, che ha obbligo di fede ridotto un popolo in povertà e inasprito le disuguaglianze e uno dei cinque pilastri per i fedeli sociali. L’intento della loro lotta non è fare del Sinai una musulmani. terra nullius, bensì quello di installarvi uno Stato Islamico dove attecchiscano la Sharia e le forme di welfare sociale che il Califfo Al Baghdadi ha attentamente congeniato per assicurarsi un popolo remissivo, al quale però vengono garantite le necessità primarie (l’assistenza sanitaria, l’acqua e l’elettricità in primis). L’escalation terroristica che subisce oggi l’Egitto mescola dunque due fattori fondamentali: la consolidata lotta dei

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Fratelli Musulmani per la propria affermazione e legittimazione sulla scena politica (da Nasser fino a Mubarak la Fratellanza è infatti stata sempre costretta alla clandestinità) e il jihadismo di stampo califfale, che insegue la “liberazione” dell’Egitto e la fondazione di un Emirato islamico. Entrambe le componenti dell’opposizione extraparlamentare egiziana Fratellanza e Califfato - mirano ad abbattere la leadership militare egiziana, ieri rappresentata da Mubarak e oggi da Al Sisi. Messe da parte le strategie non violente, dopo la parentesi che ha visto al potere un governo islamista in Egitto guidato da Mohamed Morsi (2012-2013), e soprattutto con il golpe militare che ha destituito il primo presidente islamista della storia egiziana, è evidente che la lotta dell’Islam politico in Egitto si è acuita, forte anche della dissidenza e del malcontento popolare generalizzato a fronte di tante restrizioni imposte dal nuovo regime.


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È qui - e forse qui soltanto - che in qualche modo si saldano le opposizioni. Dal luglio 2013 gli scontri tra gli attivisti sostenitori della coalizione islamista “Alleanza contro il colpo di Stato” e le forze di sicurezza sono all’ordine del giorno, al Cairo come in molte altre località del Paese. Ma con il passare del tempo alle tensioni politiche si sono aggiunti, con particolare recrudescenza a partire dalla fine del 2014, attentati e assassini politici, rivolti soprattutto ai magistrati che hanno “imprigionato” i Fratelli Musulmani. I gruppi sovversivi militanti hanno preso a colpire anche edifici istituzionali, basi militari e checkpoint di polizia e hanno perpetrato

radicalizzando ulteriormente i sentimenti di odio e violenza che sapientemente ISIS convoglia e sfrutta a proprio vantaggio. Del resto, sono sempre di più i giovani egiziani alienati e disillusi che non credono alla strategia quietista professata dalla Fratellanza e che, a parità di rischio (finire in carcere e subire torture o condanne inique, come prevedono le nuove misure antiterrorismo) e di clandestinità, preferiscono darsi alla lotta armata con la speranza di abbattere, attraverso questa forma di jihad del terzo millennio, quel regime che oggi incarna le aspirazioni tradite della Rivoluzione del 2011.

LA LOTTA DELL’ISLAM POLITICO IN EGITTO SI È ACUITA, FORTE ANCHE DELLA DISSIDENZA E DEL MALCONTENTO POPOLARE

attacchi mirati a strutture e infrastrutture strategiche (gasdotti, oleodotti, strade, ponti, università, compagnie straniere e mezzi di trasporto). La stessa recrudescenza si è poi registrata nel Sinai, dove aumentano i soldati uccisi e le basi militari attaccate. Gli attacchi prima sporadici (2011) con il tempo sono diventati sistematici sotto la guida di Ansar Beyt al-Maqdis (“partigiani di Gerusalemme”), un’organizzazione jihadista che dal novembre del 2014 ha giurato fedeltà allo Stato Islamico. L’offensiva dell’esercito egiziano nel Sinai in corso da gennaio non riesce però a sradicare il seme della discordia. La recente ondata di condanne a morte sentenziate dal governo contro i vertici dei Fratelli Musulmani ha forse inferto agli islamisti egiziani il colpo più duro, esasperando la pazienza dei tanti che invocano giustizia e

la fraTellanza al PoTere un tribunale egiziano ha condannato l’ex presidente Mohamed Morsi e altri 14 esponenti della Fratellanza a 20 anni di carcere per aver ordinato l’arresto e la tortura di manifestanti durante il suo governo, nel dicembre 2012. i Fratelli Musulmani hanno preso il potere nel 2012, quando il rappresentante del partito giustizia e Libertà ha vinto le elezioni presidenziali nel giugno del 2012. dopo le veementi proteste di Piazza tahrir, però, l’esercito è intervenuto e ha attuato un colpo di Stato, instaurando nel luglio del 2013 una dittatura militare. La Fratellanza ha spesso percorso linee politiche per nulla pragmatiche, proprio perché vincolate a presupposti ideologici. all’inesperienza politica si è unita una colpa forse più grave: non la corruzione, che connota qualunque regime politico, bensì la mancanza di contatto con la realtà del Paese, con la sua “pancia”. Morsi e gli alleati hanno dimostrato in più occasioni scarsa empatia con il popolo, preoccupandosi più di garantirsi l’egemonia piuttosto che guadagnarsi il consenso tramite politiche economiche efficaci e attraverso una lotta più incisiva ai veri mali della società egiziana: la povertà e la conseguente esclusione di milioni di egiziani dall’accesso all’istruzione, a servizi di qualità e, più in generale, dalla prospettiva di una vita migliore.

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Sinai, formicaio della Jihad O

L’avanzata di ISIS nella penisola, le proteste dei Fratelli Musulmani, le infiltrazioni di jihadisti dalla Libia. È un momento decisivo per il futuro dell’Egitto. Il commento di Maurizio Molinari, corrispondente de La Stampa dal Medio Oriente di Rocco Bellantone

VALICO DI RAFAH, Palestinesi fuggono dopo il bombardamento di uno dei tunnel verso l’egitto da parte dell’esercito di al Sisi

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ltre che in Libia la sfida decisiva per fermare l’avanzata dello Stato Islamico in Nord Africa si gioca anche in Egitto. Gli ultimi attentati, compreso quello al consolato italiano al Cairo dell’11 luglio (il cui reale obiettivo non è stato ancora chiarito), dimostrano però che la strategia del pugno di ferro attuata dal presidente Abdel Fattah Al Sisi non basta a neutralizzare la minaccia jihadista. “Ciò che serve al governo egiziano - spiega Maurizio Molinari, corrispondente de La Stampa dal Medio Oriente - è aggiungere


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un’offensiva di riforme, anzitutto economiche, per elevare il tenore di vita dei più poveri. Senza dimenticare il fronte della risposta religiosa”. La bomba esplosa di fronte al consolato italiano al Cairo è un messaggio diretto che lo Stato Islamico ha mandato al nostro Paese? L’attacco all’Italia punta ad allontanare il Maghreb - e più in generale il mondo arabo - dall’Europa. È la stessa logica che ha partorito la strage di turisti in Tunisia, sulla spiaggia di Sousse, e prima ancora quella al Bardo. Il duello è sull’idea di Mediterraneo: da un lato ci sono i terroristi che lo vogliono allargare, dividendo il più possibile il Nord dal Sud al fine di indebolire i governi arabi fino a rovesciarli; dall’altro, ci sono Paesi come l’Italia impegnati a costruire opportunità di collaborazione con tutti gli Stati rivieraschi. In Egitto ormai lo Stato Islamico non è più confinato nella sola Penisola del Sinai. Cosa non sta funzionando nella strategia antiterrorismo del presidente Al Sisi? Al Sisi è alle prese con tre sfide contemporanee: ISIS nel Sinai, i Fratelli Musulmani nell’Egitto centrale, i ribelli islamici libici alle frontiere occidentali. Sono gruppi diversi, per tipo di attività e per modo di operare, ma in comune hanno l’ideologia jihadista, che punta

a trasformare l’Egitto facendo leva su miseria e analfabetismo. Al Sisi è un generale che sta adottando il pugno di ferro militare contro gli jihadisti. Adesso ha iniziato a fare pressione sugli ulema (dotti religiosi, ndr) di AlAzhar, affinché siano più incisivi nel fronteggiare i gruppi jihadisti dentro le moschee.

Israele per migliorare la prevenzione anti-ISIS. Il controllo del territorio è indispensabile per arginare gli jihadisti. Ma da solo non basta. Servono buone amministrazioni e scuole funzionanti.

La decisione degli USA di costruire una base per droni nel Nord Africa potrebbe facilitare il compito di Al Quale strada deve seguire l’Egitto Sisi? per impedire il proliferare di cellule La base americana di droni in Nord jihadiste? Africa avrà molteplici scopi, ma soL’esercito egiziano deve anzitutto prattutto rivela come il Comando Afriimpedire a ISIS di controllare ca del Pentagono oggi abbia aree di territorio nel Nord più facilità a trovare basi e Sinai, per scongiurare lo strutture laddove, fino a LA BASE scenario di uno “Stato pochi anni fa, gran parte AMERICANA DI Islamico” che si afferma dei Paesi della regione DRONI IN AFRICA e si sviluppa a macchie gliele negavano. Anche È CONSEGUENZA come sta avvenendo il questa è una conseDELL’AVANZATA Libia, o come è avvenuguenza del rafforzamenJIHADISTA to nel 2014 in Siria. A tal to jihadista. fine, la priorità è comprendere quanti e quali clan o triChe nesso c’è tra l’escalation bù di beduini collaborano con ISIS di attentati in Egitto e la situazione nel Sinai. È uno scenario pericoloso, in Libia? perché consente a ISIS di poter contaIl nesso sono le infiltrazioni jihadire su rifornimenti e logistica. ste dalla Libia. In Egitto vi sono 1,5 milioni di profughi libici - su un totale Bisogna bloccare il passaggio di ji- di circa 5 milioni di popolazione - che hadisti dal confine egiziano con i portano con sé il rischio dello sconfiterritori palestinesi? namento di gruppi estremisti. Ciò che Il confine di Rafah tra Gaza e Sinai più si teme in Egitto è che Libia e Siè considerato dai militari egiziani uno nai divengano due “polmoni jihadisti” dei maggiori punti di rifornimento di capaci di diventare le retrovie dei FraISIS. Il Cairo sta costruendo una zona- telli Musulmani, al cui interno stanno cuscinetto lungo i confini con la Stri- già nascendo gruppi armati sempre scia, cooperando strettamente con più agili ed efficaci.

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SIRIA-IRAQ el settembre del 2013, Robin Wright, analista per il New York Times, scrisse un articolo ardito sulla possibile disgregazione del Medio Oriente, ipotizzando la suddivisione di Siria, Iraq, Yemen, Arabia Saudita e anche della Libia in nuovi micro-stati, ripartiti a seconda delle proprie etnie e confessioni. Un disegno che avrebbe modificato per sempre i confini nazionali cui siamo abituati. Nel nuovo mappamondo del NYT, un Paese come la Libia sarebbe tornato alla classica suddivisione regionale di Cirenaica, Tripolitania e Fezzan, con un ruolo da protagonista della città di Misurata, nuova capitale della Tripolitania al posto di Tripoli, simbolo di un’epoca ormai scaduta. Stessa ipotesi veniva fatta per lo Yemen, dove il territorio sarebbe tornato alla suddivisione precedente al 1990 quando, a seguito della dominazione britannica conclusasi nel 1967 e dopo anni di scontri tra le tribù locali, nord

N Il nuovo volto

del Medio Oriente Esiste la possibilità concreta che tra qualche tempo non esisteranno più alcuni Paesi che eravamo abituati a chiamare con il nome di Siria, Iraq e Yemen. Secondo il NYT anche Libia e Arabia Saudita

di Luciano Tirinnanzi

I TENTATIVI DI DESTABILIZZAZIONE DELLA REGIONE Sousse 26 Giugno 38 morti nell’attentato a due resort locali TUNISIA

Derna Febbraio - 21 egiziani cristiani copti decapitati

Tripoli Sirte

Area controllata dall’ISIS Kuwait 26 Giugno - 27 morti nell’attentato a una SIRIA moschea sciita LIBANO IRAQ

Jalalabad 18 Aprile - 33 morti nell’attentato a una banca AFGHANISTAN

(Attacchi in serie) LIBIA

EGITTO

ARABIA SAUDITA

Nord del Sinai 1 Luglio - Almeno 30 persone e 17 soldati egiziani uccisi in attacchi simultanei

Dammam 29 Maggio - 4 morti in un attentato vicino a una moschea sciita

YEMEN Sanaa 20 Marzo - 137 morti negli attentati dinamitardi a due moschee fonte: reuters; institute for the study of War. area of control as of June 19

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e sud si unirono nell’attuale Repubbli- dalle milizie di Abu Bakr Al Baghdadi, ca dello Yemen. Nell’ipotesi, Aden sa- dove oggi lo Stato Islamico (ISIS) non rebbe tornata ad essere capitale dello solo torreggia ma ha già predisposto Yemen del Sud e Sanaa dello Yemen un’amministrazione tipica di uno del Nord. Stato vero e proprio, con tanto di tarPer quanto riguarda la Siria e l’Iraq, ghe, passaporti, tribunali, polizia loinvece, la disgregazione del territorio cale, stipendi e pensioni. È questo il avrebbe visto la sparizione definitiva caso più avanzato di nascita di un dei due Paesi e la contestuale nascita nuovo Paese. di quattro nuove entità statuali: il Per quanto riguarda lo Shiitestan, Kurdistan, stabilito lungo la fascia ormai il governo di Baghdad gestisce nord che va dall’attuale confine turco e controlla soltanto le regioni sciite fino al Kurdistan iracheno, con capita- che dal Golfo Persico e dal confine irale Erbil; lo Shiitestan, con capitale niano lambiscono la capitale e la proBaghdad, corrispondente all’attuale vincia di Anbar, cioè quella frontiera meridione del Paese, dove vive la po- labile e contesa dove si verificano i polazione musulmana sciita e dove il più violenti scontri con i jihadisti di governo mantiene ancora il potere; il Mosul. Sunnistan, ovvero l’area a maggioAnche l’Alawitestan in Siria è una ranza sunnita che ingloberebbe realtà, sia pure informalmente. La un’area immensa che sul lato siriaguerra civile-confessionale lo sta no va da Aleppo sino al confirendendo evidente ogni giorne giordano e che in Iraq si no di più. L’esercito siriaestende da Mosul fino alno, infatti, si sta progresIL SUNNITAN la grande provincia di sivamente ritirando per ESISTE GIÀ Anbar, il cui capoluogo proteggere le grandi citE VA SOTTO è Ramadi; infine, il cotà in cui si trova la magsiddetto Alawitestan, gior parte della popolaIL NOME DI ovvero la fascia occidenzione sciita-alawita, ovCALIFFATO tale della Siria che corrivero la gente del presisponde più o meno alla pordente Bashar Al Assad. E zione di territorio dove oggi una fonte interna al governo di mantiene ancora il controllo il gover- Damasco afferma testuale: “La divino di Damasco e che, partendo da sud sione della Siria è ormai un fatto inesi snoda lungo l’area di confine con il vitabile. Il regime vuole controllare la Libano, fino a tutta la zona costiera costa, le due città centrali di Hama e che affaccia sul Mediterraneo e che a Homs e la capitale Damasco. Le linee nord arriva fino al confine con la Tur- rosse per le autorità sono oggi l’autochia (esclusa Aleppo). strada Damasco-Beirut e l’autostrada Damasco-Homs, così come la costa con le città di Latakia e Tartus”. l’aderenza dell’analisi con Un simile scenario si sta replicanla realTà della guerra Quest’ipotesi di scuola, a due anni do in Yemen dove l’insurrezione dei di distanza e con il proliferare della ribelli Houthi ha creato una spaccagrande guerra del Medio Oriente, è di- tura che potrebbe riportare l’orologio venuta terribilmente aderente alla re- al Novecento, quando la punta estrealtà, e ciò è particolarmente evidente ma della penisola araba aveva due in Yemen, Siria e Iraq. Qui ciò che Ro- stati e due capitali: a nord la Repubbin Wright pronosticava, si è infatti blica Araba dello Yemen a maggiorealizzato, almeno temporaneamente. ranza sciita e a sud la Repubblica Il Sunnitan esiste praticamente già Democratica Popolare dello Yemen, a e, anche se va sotto il nome di Califfa- maggioranza quasi esclusivamente to, corrisponde al territorio conquistato sunnita.

KURDISTAN

i curdi sono un’etnia che abita le regioni montuose a cavallo tra turchia, iraq, Siria, iran e armenia. Spesso ci si riferisce al loro territorio con espressioni come “enclave” e “regione autonoma”. La parola “Stato curdo” è fuorviante perché il Kurdistan non è uno Stato. i curdi sono in totale circa 30 milioni di persone, la maggior parte delle quali vive all’interno del territorio turco, e costituiscono il quarto gruppo etnico in Medio oriente. La loro storia è caratterizzata da nomadismo: storicamente erano pastori erranti che pascolavano per le pianure della Mesopotamia e gli altopiani che vanno dalla turchia sud-orientale fino all’area sud-occidentale dell’armenia. i curdi non hanno una vera e propria lingua né un’unica religione, sebbene per la maggior parte siano musulmani sunniti. non avendo una propria patria, hanno però l’esigenza di crearla. i curdi sono rimasti “incastrati” dopo la prima guerra mondiale, con la sconfitta dell’impero ottomano, quando gli alleati occidentali, vincitori della guerra, previdero la creazione di uno stato curdo (nel trattato di Sèvres del 1920) ma poi dimenticarono di dargli sostanza. Così, le varie enclave curde reclamano da allora l’indipendenza - ma si accontenterebbero anche di federazioni e vere autonomie regionali - e costituiscono un problema politico per ciascuno dei Paesi in cui abitano. La popolazione curda non è stata esente da persecuzioni e massacri.

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LA DISINTEGRAZIONE DEI CONFINI NEI PAESI ARABI i confini degli Stati nazione arabi stabiliti a partire dagli accordi di Skyes Picot del 1916 in poi dalle potenze colonialiste, oggi non reggono più e sono divenuti oltre ogni evidenza anacronistici e fuori dalla storia. all’islam tocca oggi il compito di ridisegnare il nuovo volto del Medio oriente. anche se a parlare per adesso sono le armi.

KUR DISTAN

AL AW I TESTAN SU NNISTAN

IRAN SH IITESTAN TR I POL I TAN I A AR ABI A DEL NO RD

ALGERIA

C IRENA IC A

EGITTO

FEZZAN

AR ABI A DEL L’ EST

WAH HAB I STAN AR ABI A DEL L’ OV EST

OMAN

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NIGER CiAD

SUDAN YE ME N DEL NOR D

YE ME N DEL S U D

ETIOPIA fonte: The new york Times

LIBIA

SIRIA-IRAQ

ARABIA SAUDITA

YEMEN

TriPoliTania fezzan cirenaica

alaWiTesTan sunnisTan kurdisTan shiiTesTan

araBia del nord araBia dell’ovesT araBia dell’esT WahhaBisTan araBia del sud

yeMen del nord yeMen del sud

il risultato della destituzione manu militari di gheddafi ha prodotto il proliferare di rivalità tribali e regionali. tripoli oggi è una capitale fantasma e il Paese è già spaccato in due, con il governo riconosciuto a livello internazionale, “esiliato” a tobruk. anche il Fezzan, guidato dalle tribù, potrebbe staccarsi dal resto della Libia.

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il Califfato è duro a morire e lotterà fino all’ultimo uomo per affermarsi nelle aree a predominanza sunnita. anche se lo scopo finale dell’offensiva militare è imporre l’idea califfale a tutto l’islam, al baghdadi potrebbe scendere a più miti pretese, consolidandosi nel territorio oggi occupato.

L’arabia Saudita attraversa un periodo difficile e complicato, poiché ai suoi confini infuriano guerre e la contemporanea ascesa dello sciismo. riad conoscerà dunque minacce crescenti, ma l’ipotesi di un frazionamento del regno in più emirati è poco convincente.

è il Paese più povero dell’intero Medio oriente. gli scontri tribali tra sciiti e sunniti e le rivalità indipendentiste di una parte della popolazione sono eco di un’epoca in cui il Paese era diviso in Yemen del nord, con Sanaa capitale, e Yemen del Sud, con capitale aden. era solo il 1990. Venticinque anni dopo la situazione generale è precipitata nuovamente.


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il caso liBico Più incerte le aderenze con la Libia e l’Arabia Saudita. I destini di questi due Paesi devono infatti ancora compiersi, soprattutto per quanto riguarda la Libia. Qui, infatti, la caduta del colonnello Gheddafi ha liberato le forze centrifughe e determinato una situazione di guerra civile nella quale la Tripolitania è sotto scacco da parte di un governo islamista che, con l’ala militare Alba Libica, governa Tripoli e Misurata sulla costa, con grandi incertezze per quanto riguarda la fascia interna della regione, dove le tribù berbere adottano una politica indipendente. Mentre in Cirenaica il governo laico di Tobruk, riconosciuto a livello internazionale, tenta (senza suc- LA FRONTIERA cesso) di riprendere le redini della guerra il confine saudita civile e quantomeno di avere la meglio con lo Yemen è oggi una sulle forze jihadiste rappresentate da Sta- delle zone più to Islamico e Ansar Al Sharia. Gli jihadi- calde del golfo sti libici, strisciando a suon di bombe e incursioni lungo la costa mediterranea tra Sirte, Bengasi e Derna, appaiono al momento come una vera serpe in seno a entrambi i governi. Solo nel Fezzan, dove la giurisdizione è pertinenza dei gruppi etnici berberi, touareg e tebu, regna una calma relativa. la desTaBilizzazione in araBia saudiTa L’Arabia Saudita, il potente regno sunnita wahhabita della famiglia Saud, non è immune da rischi, seppure l’ipotesi americana in questo caso sia ancora lungi dal divenire realtà. Non è un segreto che molte forze straniere avversino il grande potere che Riad esercita su tutto il Medio Oriente e oltre. A ben vedere, sembra quasi che ciò che accade oggi ai confini sauditi (e in parte anche all’interno del Paese, con attentati e contestazioni in aree a presenza sciita) sia una sorta di accerchiamento progressivo volto a isolare e strozzare il Paese, ordito o favorito con ogni probabilità dall’Iran. È in questo senso che vanno lette le mosse di Riad e la guerra preventiva in Yemen, che tenta di soffocare la ribellione Houthi per evitare il contagio. A conferire un ulteriore un senso d’inquietudine sono anche le recenti parole di Moqtada al-Sadr, la controversa guida religiosa sciita, grande protagonista dell’insurrezione irachena contro le truppe americane di occupazione durante la Seconda Guerra del Golfo, che ha creato uno “Stato nello Stato” a Sadr City, l’inespugnato quartiere sciita di Baghdad.

Al Sadr non esclude che presto anche in Arabia Saudita ci possa essere una “Primavera Araba contro le correnti interne al governo saudita che alimentano l’estremismo sunnita (il riferimento è allo Stato Islamico, ndr) e che gli ultimi episodi di sangue (come l’attentato alla moschea sciita di Qatif, ndr) sono destinati a ripetersi”. Per dirla con Robin Wright, insomma, “la Primavera Araba è stata solo la miccia. Gli arabi non volevano solo cacciare i dittatori, ma volevano un potere decentrato che riflettesse l’identità locale o il diritto di accedere alle risorse”.

GLI ULTIMI EPISODI DI SANGUE IN ARABIA SONO DESTINATI A RIPETERSI

Se quanto preconizzato dal NYT avverrà sarà solo la storia a dircelo. In ogni caso, è evidente ogni giorno di più come i campi di battaglia si stiano ampliando e fondendo tra loro, alimentando un conflitto che, sia come sia, avrà conseguenze enormi e prolungate per tutto il Medio Oriente.

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La storia di Igor Markevicˇ.

Un direttore d’orchestra nel caso Moro gioVanni FaSaneLLa e giuSePPe roCCa Chiarelettere 496 pagine 14 euro ubblicato da Einaudi nel 2003, sparito dagli scaffali per più di dieci anni perché ripudiato dall’editore e tornato nelle librerie solo nel 2014 con Chiarelettere. Il libro-inchiesta La storia di Igor Markevic. Un direttore d’orchestra nel caso Moro continua a far parlare di sé. Ancora oggi, a 37 anni dall’omicidio del presidente della Democrazia Cristiana. Il perché lo spiega a Lookout News il giornalista Giovanni Fasanella, autore del libro insieme a Giuseppe Rocca.

anno III - numero 17 - luglio-agosto 2015 EDITORE G-Risk - Via Tagliamento, 25 00198 Roma Tel. +39 06 8549343 - Fax +39 06 85344635 segreteria_grisk@grisk.it - www.grisk.it

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Quali veriTà sul caso Moro si celano dieTro la sToria del MaesTro igor Markevic? Dietro la figura di Markevic si celano la dimensione internazionale della vicenda Moro, gli ambienti diplomatici, intellettuali e dell’intelligence che si occuparono a vario titolo del caso, soprattutto nella fase finale. È un terreno minato perché entrano in gioco le relazioni tra gli Stati. Perché ProPrio Markevic fu scelTo coMe MediaTore Per TraTTare con i BrigaTisTi? Naturalmente non abbiamo la certezza di un suo ruolo di mediatore, questa è al momento un’ipotesi, per quanto molto attendibile. Rimanendo quindi su un piano ipotetico, Markevic fu scelto come mediatore per la sua

DIRETTORE SCIENTIFICO Mario Mori DIRETTORE EDITORIALE Alfredo Mantici direttore@lookoutnews.it DIRETTORE RESPONSABILE Luciano Tirinnanzi @luciotirinnanzi redazione@lookoutnews.it

storia personale e per il suo sistema di relazioni. Era espressione di ambienti e interessi tra loro pubblicamente inconciliabili, ma che, proprio attraverso una personalità così complessa come la sua, riuscivano a trovare un qualche punto di contatto. Markevic era insomma una sorta di “camera di compensazione”. In ogni caso, una trattativa ci fu, è certo. E se c’è ancora un “mistero”, è proprio questo: perché Moro fu assassinato quando tutto lasciava ormai credere che fosse a un passo dalla liberazione? l’iTalia è PronTa Per fare i conTi con QuesTo caso? Non credo che il nostro Paese sia pronto e nemmeno che ci sia una volontà politica di fare chiarezza. C’è una dimensione internazionale della nostra storia recente oscura che è ormai facilmente intuibile, ma non può essere certificata attraverso sentenze giudiziarie o atti di commissioni parlamentari d’inchiesta per le conseguenze che ne deriverebbero. Siccome nessuno ha il coraggio di dirlo, si fa finta di indagare. Ma è solo “ammuina”. @RoccoBellantone

la videoinTervisTa all’auTore: hTTPs://WWW.youTuBe.coM/WaTch?v=hlcP-y_To2W

CAPOREDATTORE Rocco Bellantone @RoccoBellantone REDAZIONE Marta Pranzetti Brian Woods Hugo Ottorino Restelli HANNO COLLABORATO Maurizio Molinari Ciro Sbailò Cristiano Tinazzi Vincenzo Perugia ART DIRECTION Francesco Verduci FOTOGRAFIE Agenzia Contrasto - Reuters Pictures Archivio Lookout News Registrata presso il Tribunale di Roma n. 13/2013 del 15/01/2013 R.O.C. n. 24365 del 18/03/2014

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