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MELISSA COLOMBO, 4I

«Ho bisogno del tuo aiuto. Devi interrogare un sospettato.» Alzai lo sguardo dal mio computer, incontrando lo sguardo autoritario del mio capo. «Sono nel bel mezzo di un caso, sto revisionando i conti bancari della vittima come puoi vedere.» Gli feci notare, indicandogli lo schermo con un cenno della testa. «Sì, sì lo so Mary. Ma credo che questa persona c’entri con il tuo caso e con quello di Mike Jackson. Avrei chiesto a lui, ma oggi è il suo giorno libero. Non mi va di disturbarlo mentre sta curando suo figlio.» Drizzai le orecchie. Un sospettato per due casi? «Oh beh capisco. Hai tutta la mia attenzione. È già qui al dipartimento?» Chiesi alzandomi, sistemandomi il mio tailleur blu navy e seguendo l’uomo verso le stanze destinate agli interrogatori. «Sì, nell’aula 1817.» Rallentai il passo per un secondo, riprendendo il ritmo subito dopo. «Ma è l’unica senza telecamere o una stanza abbinata da cui altri specialisti possono guardare e registrare l’intero interrogatorio.» Come mai avevano messo un potenziale serial killer in una stanza del genere. «Lo so ma al momento le altre stanze sono occupate o non disponibili. È solo un interrogatorio generale. Non ci aspettiamo che vuoti il sacco e ci riveli tutta la verità. Devi solo capire, dal modo in cui ti risponde, se corrisponde al modus operandi del tuo S.I. o a quello di Jackson.» Mi passò un fascicolo. «Questo è il suo caso. Prenditi dei minuti per leggere il contenuto e presta particolare attenzione al modus operandi che Mike ha definito per il suo S.I. prima di entrare nella stanza.» Sfogliai le pagine. «Che cosa faccio con il sospettato quando ho finito?» «Tu vieni da me appena hai termi-

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nato. Lui non potrà scappare, è ammanettato al tavolo di ferro fissato al pavimento. Ora con lui ci sono due guardie che, appena entrerai, aspetteranno fuori. Quando uscirai, torneranno a sorvegliarlo.» Ci fermammo davanti alla porta. Il capo mi rivolse un sorriso, augurandomi buona fortuna e lasciandomi sola. Appoggiata al muro, iniziai a leggere i fogli che mi aveva dato. “Modus operandi del Soggetto Ignoto: uccide ragazzi omosessuali, un’età compresa tra i 14 e i 19 anni. Le vittime sono state tutte avvistate vicino a un furgone verde menta, prima di sparire senza lasciare traccia. Sui corpi, rinvenuti in diversi boschi, sono presenti segni attribuibili allo strangolamento, quali cianosi del viso ed ecchimosi congiuntivali. Si presuppone che siano stati legati con delle corde.” In allegato, guardai le foto delle vittime. Viso pallido, molto sangue negli occhi spalancati, dovuto dall’emorragia sottocutanea e polsi lividi. Quanto erano giovani... Stroncati nel periodo più libero della loro vita. Avevo portato con me anche il fascicolo contenente le informazioni del mio caso e lo aprì, alla pagina dedicata al S.I. “Modus operandi del Soggetto Ignoto: uccide giovani donne, età compresa tra i 29 e 34 anni. I corpi delle vittime sono stati trovati cinque giorni dopo la loro scomparsa sui marciapiedi delle strade più frequentate della città. Sul viso, braccia e gambe hanno residui di scotch da pacchi. Causa di morte, lesioni da taglio provocati da strumenti atipici.” Le foto erano strazianti. L’immagine dei corpi sfregiati di quelle ragazze non aveva lasciato la mia mente per settimane da quando mi avevano assegnato quel caso. Insieme al medico legale avevamo decretato che l’assassino aveva usato uno strumento atipico per uccidere le sue vittime. Non un bisturi, un coltello o una lametta. Era qualcosa di più grezzo come un pezzo di vetro o ceramica. Avevano tagli superficiali sui polsi e un lungo taglio profondo sulla gola. Potevano essere morte a causa di un’emorragia mas¬siva e conseguente shock emorragico ovvero per annegamento interno. Le vittime hanno smesso di respirare a causa del sangue che si riversava nelle vie respiratorie. Due modus operandi differenti tra loro: vittime con caratteristiche diverse, strumenti diversi, cause di

morti diverse. Entrai nell’aula. Le due guardie mi videro e uscirono, aspettando sulla porta. La chiusi, appoggiai i due fascicoli su un carrello di ferro mobile che spostai in fondo alla stanza e mi sedetti di fronte al sospettato. Quando mi guardò negli occhi, il cuore mi salì in gola. «Jack?» Il giovane uomo mi sorrise. «Ciao Mary. È da tanto che non ci vediamo. Come stai?» «Ne parleremo un altro giorno, fuori da questa stanza.» Scosse la testa. «Non credo che avremo questo piacere.» Feci un respiro, concentrandomi sul vero motivo per cui ero lì. «Perché sei qui? Sai di essere sospettato per l’omicidio di diverse persone?» Annuì lentamente. «Lo so. Perché io ho ucciso quelle persone.» Ammise infine, dopo essersi preso il suo tempo per rispondere. Il capo non si aspettava che avrebbe svuotato il sacco, ma a quanto pare lo aveva appena fatto. «Quali persone? Giovani donne o ragazzi?» Mi alzai e presi le foto dai fascicoli, spargendole sul tavolo. «Sei il sospettato di due casi diversi. Non so perché non hai neanche provato a difenderti, ma ora dimmi chi di queste persone hai ucciso brutalmente.» Si rilassò sulla sedia. «Perché tanta fretta. Volevi parlare con me, allora parliamo. Come stai?» La sua voce calma mi destabilizzava. Aveva confessato gli omicidi ma non voleva individuare le sue vittime. Che stesse bleffando? Sospirai. «Bene. Io e il mio compagno tra poco ci sposeremo e abbiamo già trovato la casa, non molto lontano da dove lavoriamo. E tu?» Decisi di stare al suo gioco, imitandolo. Mi rilassai sulla sedia, appoggiando la schiena sullo schienale. Ma mantenendo le foto tutte ben visibili. «Si va avanti. Mark mi ha lasciato qualche mese fa ma oramai non provo più rancore. Acqua sotto i ponti.» La notizia mi scosse non poco. «Mi dispiace, stavi con Mark dalle superiori. Come mai vi siete lasciati dopo oltre venti anni?» Chiesi, ricordando i tempi della nostra adolescenza e pensando sui casi. Che avesse ucciso i ragazzi? Omosessuali come lui. «Aveva trovato una donna... Qualcuno che gli facesse battere il cuore più di me. Ma lo capisco. Insomma, voi donne siete stupende. Basta vedere te. Sei sbocciata come un fiore dopo la maturità. Non sei più quella ragazzina dai capelli crespi e le occhiaie sotto gli occhi. Chiunque guardandoti s’innamorerebbe, il tuo fidanzato

è veramente fortunato.» «Beh grazie, anche tu sei cambiato molto. Ti sei alzato e la mascella è molto più definita.» Che avesse ucciso le donne? Arrabbiato per il tradimento di Mark a causa di una donna. «Già. Chi lo avrebbe mai detto. Due vecchi compagni di banco che si ritrovano compagni dello stesso tavolo in una stanza vuota.» Mi fissò negli occhi, come se volesse dirmi tutto ciò che non mi stava raccontando. «Perché sei qui, cos’hai fatto...» Chiesi sussurrando, sporgendomi verso di lui. «Lo sai benissimo.» Rispose imitandomi, dando uno sguardo alle foto sul tavolo prima di riportare i suoi occhi su di me. «I fiori rosa sono ancora i tuoi fiori preferiti.» Cambiò discorso, ammiccando al fermaglio pieno di fiori sulla mia testa. «E il verde menta ancora il tuo colore preferito.» Indicai la sua camicia. «Tra tutti i tipi di verde che potevi scegliere, proprio quello menta.» Ridacchiai. Durò poco. Mi fermai quando un lampo mi attraversò la mente. «Hai capito.» Sussurrò. Aveva ucciso tutte quelle persone con due modus operandi diversi. «Perché.» Non era una domanda. «Perché hai ucciso quei ragazzi?» Il suo sguardo si posò sulle foto di ognuno di loro. «Dicevano di essere gay. Di essere come me. Ma non andava bene. Essere come me è sbagliato. Anche Mark diceva di esserlo, poi ha incontrato una donna e se n’è andato. Mi ha lasciato. Per sempre. Erano giovani, potevano ancora rimediare alla loro decisione.» Scossi la testa. «Essere omosessuali non è una scelta. È qualcosa che ti senti dentro. Loro se lo sentivano e sono stati in grado di accettarsi. Non hanno fatto nulla di sbagliato. Non dovevano rimediare a nulla.» Guardai le foto del mio caso. «E quelle donne?» «Loro avevano fatto guarire Mark. Potevano aiutare quei ragazzi. Io volevo aiutarli, tutti loro.» Storsi il naso quando disse quel verbo. Guarire. Mark non è guarito da un bel nulla e nemmeno quei ragazzi dovevano guarire. «Cos’hai fatto.» Con le mani provò a prendere una delle foto, ma le manette lo fermarono. «Li facevo vivere insieme. La convivenza avrebbe solo portato buoni frutti.» Scossi la testa. «Non è andata così vero?» Abbassò il capo. «Ovviamente erano terrorizzati. E quelle donne... Non andavano mai bene. Li accettavano. Accettavano la loro e la mia malattia.

Qualcuno che accetta la tua malattia non può aiutarti a guarire.» «Così le hai uccise. Perché proprio la gola? E perché con un pezzo di vetro e non un coltello?» Piano piano, mi stava dicendo tutto. «Non era vetro. Ho rotto il piatto di ceramica decorato che mi aveva regalato Mark. Ho usato uno dei cocci. Loro non potevano guarirli. Ho voluto fare qualcosa di grande, qualcosa che le avrebbe ferite nel profondo. Quei tagli sono difficili da far guarire, ora che sono morte anche impossibili.» Annuì piano. «E lo strangolamento? Perché?» «La mia malattia mi ha sempre soffocato. Per tutta la vita. Quella è una malattia che ti toglie il respiro. E quei ragazzi sono morti nello stesso modo.» Mi alzai di scatto. Raccolsi le foto, presi i fascicoli e mi incamminai verso la porta afferrando la maniglia. Mi fermai. Girandomi, vidi che fissava la sedia da cui mi ero appena alzata. «Mi dispiace per te Jack.» Girò la testa, per guardarmi. «Spero che in un’altra vita torneremo a essere compagni di banco.» Annuì. Aprì la porta e le guardie entrarono mentre io mi dirigevo a passo spedito verso l’ufficio del mio capo. Ha sempre vissuto il suo orientamento sessuale come una malattia. Era consapevole di ciò che era, ma non voleva accettarlo. Dopo il tradimento di Mark, ha voluto aiutare altri ragazzi pensando di fargli un favore. Tutti giovani, in grado di “guarire” dalla loro condizione, come la definiva lui. Per fare questo, si è servito di giovani donne. Donne della nostra età, quelle che hanno aiutato a guarire Mark. Ha ucciso i ragazzi strangolandoli. Le donne tagliando loro la gola con un pezzo di ceramica. I ragazzi erano stati avvistati vicino a un furgone verde. Guardai bene lo scotch da pacchi sui corpi delle donne. Come avevo ben ricordato, era dello stesso verde. Spalancai la porta dell’ufficio, senza bussare. «Ha confessato tutto.»