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Il tempo e la vita: una riflessione esistenzialista
IL TEMPO E LA VITA
UNA RIFLESSIONE ESISTENZIALISTA
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NICCOLÒ PIROLA, 5E
Il tema della vita e del tempo è uno di quei temi che non lascia da parte nessun essere umano. Tutti sono chiamati, chi prima e chi dopo, dall’invisibile ma terribile mano della morte. È un tema che riesce ad accomunare chi crede in qualsiasi dio o qualsiasi vita post mortem ma anche chi non crede in nulla. La vita è breve come diceva Seneca e, in quanto incapaci di individuare una motivazione per cui esistiamo e ci troviamo su questo pianeta, noi tutti ci fissiamo un obiettivo. Gli ambiziosi, acciecati dal denaro, cercheranno di fare più soldi possibili e passeranno l’interezza della loro vita a rincorrere banconote senza mai fermarsi per capire effettivamente a che serve la vita. Come racconta Davide Mazzocco, scrittore del libro Cronofagia, il sistema economico in cui viviamo ci costringe a perdere tantissimo tempo. Ce lo ruba e molti di noi, per potere semplicemente vivere, sono costretti ad impiegare gran parte del proprio tempo al lavoro, sopprimendo qualsiasi tipo di hobby o forma di piacere che non sia volta alla produzione o alla consumazione. Il sistema è un Cronofago, un mangiatore di tempo insaziabile e costante, che ha ingoiato anche il tempo che noi dedichiamo a fermarci e riflettere. Stiamo veramente vivendo una vita valida? Come è possibile il divertimento o il mero apprezzamento del tempo passato se di tempo non ne abbiamo più? Certamente è necessaria un’opera attenta di osservazione della propria vita dove nessun dettaglio deve sfuggirci di mano. L’unica cosa che può salvarci dalla nos-
tra vita apparentemente monotona e schiava dello stesso sistema che viviamo, è la riflessione e la filosofia. Da sempre gli esseri umani hanno cercato di capire quale fosse la motivazione per cui noi, in prima persona, ci ritroviamo su questo pianeta. A cosa serviamo? Agli esistenzialisti, in particolare ad Albert Camus, piaceva accorciare la domanda in una semplice frase: “La vita è degna di essere vissuta o dobbiamo tutti ucciderci?”. Vista superficialmente, infatti, la vita dei più appare completamente arida di felicità. Incapaci, molti, di trovare appunto un motivo per continuare, cadono nel baratro di dipendenze oppure, tragicamente, nel suicidio. Questi gesti tipici di chi è incapace di individuare la propria Quidditas ci permettono di capire meglio l’essere umano; anche perché, sì, i gesti estremi possono derivare pure da condizioni economiche precarie, ma spesso anche persone che godono di ricchezza e notorietà cadono nella trappola esistenzialista dove la realtá appare priva di senso lasciando, dunque, via libera all’oblio interiore. Questa cosa serve a dimostrare che nella vita, per essere felici, non serve continuare a fare cose nuove cercando di aggiungere incessantemente nuove esperienze al nostro bagaglio della vita. Si tratta di una vera e propria corsa estenuante alla ricerca di colmare buchi nel nostro essere con esperienze e materialismo, in quanto l’idea di rivivere un solo giorno uguale agli altri ci terrorizza. Nella vita, per essere felici, è necessario imparare a convivere con la monotonia: è necessario cogliere i dettagli di ciò che al nostro occhio distratto appare come uguale a tutto il resto. L’infelicità che porta al suicidio accade perché il problema di molti è proprio dare un senso alla propria vita. Esattamente come nel Mito di Sisifo, analizzato e riscritto da Camus stesso nell’omonimo saggio, il mitologico protagonista è costretto alla pena assurda di trasportare un enorme masso per il crinale della montagna. Quando è quasi prossimo alla cima, il masso cade giù e, Sisifo, è costretto a rifare tutto dall’inizio. Si tratta di una chiarissima metafora con la condizione umana dove l’umanità è impersonata dal mitologico Sisifo, e l’enorme masso che è costretto a reggere sono tutti i problemi che affliggono l’umanità. Camus ci raccomanda, però, di immaginare Sisifo felice mentre trasporta il masso, per niente rimpiangente di ciò che ha fatto per meritarsi la punizione
divina. Sarà mai che Sisfo è uno di quei pochi eletti che hanno capito il vero senso della vita? Uno dei pochi che è in grado di apprezzare i dettagli nella sua ripetitività? La libertà da ciò che ci opprime sta nella conoscenza di ciò che ci circonda. Quando abbiamo l’impressione che, finite le vacanze estive, la nostra felicità venga richiusa come in un carcere, dobbiamo renderci conto che non deve essere per forza così. La vita in una societá alienante i cui ritmi velocemente scanditi ci investono come un treno che, imperterrito, viaggia sui binari del tempo, può essere destabilizzante per molti ed è indubbio che lo stesso sistema scolastico risulti anacronistico e inadatto alle nostre necessitá. È nostro compito cercare di rendere il mondo in cui viviamo un posto migliore ma, purtroppo, si ha, troppo spesso, l’impressione di essere un David in confronto al Golia rappresentato dalla societá che mastica la nostra psiche portando ogni anno molte povere persone ad abbandonare il dono della vita. Camus si pone una domanda davanti alla totale assurdità della vita: “Dovrei uccidermi? O dovrei prendermi una tazza di caffè?”. Questa domanda che apparentemente sembra coperta da un velo di umorismo nero, è realmente una vera e propria porta per una riflessione ampia e profonda. L’autore si pone davanti ad un bivio individuato dalla constatazione dell’assurditá della vita. Deve uccidersi in quanto la vita non ha un senso, o dovrebbe prendersi un caffè? Questa azione, molto semplice e, per la quasi totalitá degli italiani, quotidiana, rappresenta di base il concetto di continuare a lottare. Molliamo o continuiamo a vivere la nostra vita monotona? Ho personalmente l’impressione che il motivo per cui Camus e tutti noi continuiamo, giorno dopo giorno, a combattere la noia, la ripetitivitá e l’assurdo sia perchè siamo in grado di cogliere il lato positivo della nostra vita. Di cogliere il particolare dettaglio che, comparato con il mondo crudele che ci circonda è ovviamente un granello di sabbia, ma che, nella nostra coscienza, è in grado di cambiare la nostra giornata. Sappiamo tutti per certo, in queste domande dove il tertium non datur, che imparando a cogliere le bellezze della vita che superficialmente ci appare monotona, sceglieremo la tazza di caffè.