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Scotland shall be free

ALESSANDRO BALOSSI, 5A

Non è una novità che l’imperialismo e la colonizzazione siano sempre stati al centro della storia del Regno Unito ma spesso, guardando nei distanti territori oltremare, ci dimentichiamo che l’Inghilterra prima di tutto si impose con la forza nella propria isola, per l’appunto la Gran Bretagna. Oggi parlerò della Scozia, la cui sottomissione alla Corona è stata messa più che mai in discussione nell’ultimo decennio. Prima però, bisogna fare un tuffo nella storia di questi due Paesi, risalendo all’inizio di tutto: per farla breve, nell’anno 1296 l’Inghilterra decise di invadere l’allora indipendente Regno di Scozia, dando inizio alla Prima Guerra d’Indipendenza Scozzese (persa dai britannici), seguita dalla seconda nel 1332. Nonostante la vittoria nel secondo scontro, le due guerre portarono de facto al mantenimento dell’autonomia della Scozia, che verrà poi annessa al Regno Unito con la promulgazione dell‘Atto di Unione (in seguito ad un ultimatum, in quanto la Scozia era sotto minaccia militare) ben quattrocento anni dopo, nel 1707. Certo l’annessione stessa non si è svolta nei modi più cordiali possibili… Ad oggi, la Scozia (come il Galles) possiede una limitata autonomia: è dotata di un proprio parlamento (aperto solo nel 1999), seppur sempre subordinato a Westminster, con il solo potere di regolare l’imposizione fiscale (possiede dunque un proprio Governo e un proprio Premier, perlopiù in funzione di rappresentanza); il codice legale è separato da quello britannico, composto dalla duplice faccia della “Enacted Laws” (leggi promulgate) e della “Common Law” (tradizione legale, basata sulle precedenti sentenze giuridiche). Gli scozzesi hanno inoltre svariate

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differenze con i compaesani di Londra: oltre all’inglese, il 30% della popolazione parla lo Scots, una sorta di dialetto il quale è effettivamente considerato una lingua a sé stante; addirittura l’1,1% della popolazione (principalmente nel nord della regione) parla il gaelico: esso è simile allo scozzese, lingua appartenente al ceppo celtico, quindi completamente diversa dall’inglese e ben più simile a ciò che i Galli utilizzavano mentre il trionfante Giulio Cesare scriveva il “De Bello Gallico”.Inoltre, vi è una divergenza religiosa: esiste anche la Chiesa di Scozia, ben separata ed indipendente dalla Chiesa d’Inghilterra, fondata invece dal caro Re Enrico VIII nel 1534 (tutto solo per divorziare in santa pace). Ebbene, gli scozzesi si sentono inglesi? O per meglio dire, britannici? Sì e no. Il 18 Settembre 2014 tutti gli abitanti della Scozia di età maggiore ai sedici sono stati chiamati al voto: la proposta era un referendum, che citava “Should Scotland be an independent country?” (La Scozia dovrebbe essere un Paese indipendente?). Il 55,3 % dei votanti rispose “No”, lasciando certo però un bel 44,7% di votanti “Sì” a bocca asciutta. Non è difficile comprendere come l’opinione pubblica sulla vicenda sia quasi spaccata in due, a metà. Finita qui, direte voi? Il referendum ha perso e dunque la Scozia rimane sotto il dominio di Re Carlo III?

Non proprio. Il “Sì” negli ultimi anni è cresciuto stabilmente, complice la pessima gestione della pandemia COVID da parte del governo Boris Johnson ma anche la Brexit (non voluta dal 62% degli scozzesi): durante il 2020 i sondaggi davano la vittoria dell’indipendenza al 51-52%, con uno scarto di almeno 9-10 punti di percentuale sopra il no (la restante % erano gli indecisi). Ad oggi si aggira ancora sul 47%, mancando di fatto la maggioranza assoluta. Il tema è stato riportato in auge da parte del Primo Ministro Sturgeon, che ha pensato bene di definire Ottobre 2023 come la data del nuovo referendum. Per ora nulla è ancora possibile, dato che lo stesso PM B. Johnson dichiarò che non ci sarebbe stato un altro referendum per almeno 40 anni! C’è da dire che la stessa Sturgeon nel 2014 aveva definito la prima votazione come “un’occasione che capita una sola volta per generazione” … La situazione sarà in continuo mutamento, difficile fare una previsione quando il distacco tra gli due schieramenti è così ridotto, tanto dipenderà anche dal nuovo PM Sunak e da come affronterà la questione. Da parte mia però, credendo fermamente nel diritto di autodeterminazione dei popoli (enunciato nel 1918 dal Presidente degli USA Wilson), spero che il volere degli scozzesi sarà ascoltato ed applicato, che sia quello della via per l’indipendenza o quello del mantenimento dello status quo.