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Intervista alla prof.ssa Pozzi

INTERVISTA ALLA

PROF.SSA POZZI

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CHIARA MEDA, 4C

1) Che studentessa era da adolescente?

Quindi l’altro ieri… *ride* Diciamo che studiavo il giusto, quanto basta, nella norma, né troppo poco né tanto.

2) Com’è diventata insegnante? È stata una vocazione sin da quando era giovanissima o una scelta avvenuta un po’ per caso da adulta?

No, per caso no, niente viene per caso. Diciamo che è un passaggio che viene dopo una serie di riflessioni. I miei esordi come insegnante sono stati in facoltà di architettura, dove mi sono laureata, e lì ho iniziato a fare l’assistente universitaria. Ho scoperto il piacere di trasmettere dei contenuti, di chiacchierare e confrontarmi con gente che era un po’ più grande di voi, di insegnare insomma… nel frattempo mi hanno chiamata per una supplenza alle scuole medie inferiori, per pochi giorni, e per me è stata un po’ una sfida: mi sono detta “vediamo com’è insegnare ai più piccolini”. Ho iniziato prima alla medie inferiori, poi sono passata alle superiori, scoprendo che mi piace tantissimo, ancora oggi.

3) Chi la conosce sa bene che lei ama vivere un rapporto diretto e onesto con i suoi studenti. Sa

motivare questa scelta?

Ma secondo te ce ne sono altri? Se li conosci dimmeli perché io non li conosco.

Sì, ci sono prof molto più distaccati, più freddi, che entrano, spiegano ed escono dall’aula.

Eh no, che dirti di questa risposta? Io sono così, non potrei essere diversamente. Sarebbe fare una violenza al mio carattere, al mio modo di essere. Io conosco solo questo stile.

4) La scuola l’ha cambiata? Sente anche oggi lo stimolo a dare e ricevere, a condividere e a comprendere?

L’unica costante dell’uomo è il mutamento, quindi certo che la scuola mi ha cambiata. Mi ha cambiata perché… intanto penso che la visione della scuola sia estremamente complessa, ci sono tanti attori, diciamo. Ci sono gli studenti, i docenti, c’è il personale ATA, il dirigente. Ognuno di noi per comprendere completamente la visione della scuola deve provare a essere un pezzettino dell’altro. Solo così si può avere una visione globale della scuola. A questo proposito mi viene in mente un film - che non c’entra niente con la scuola, che però ogni tanto prendo come riferimento -: Prospettive di un delitto. Ti consiglio di vederlo. Ovviamente non voglio spoilerarti niente, ma il finale ti fa pensare a tante cose, soprattutto se confrontato al pianeta scuola: non può esserci una visione unica, un unico punto di vista, ma una pluralità, di punti di vista. Quindi, se comprendi vari punti di vista, sai anche condividere il tuo pensiero e accettare quello degli altri, interagire e agire in modo costruttivo

5) Facciamo un po’ di orientamento in entrata e in uscita. Cosa consiglia a chi sta per iniziare o ha iniziato da poco un nuovo percorso, che sia il liceo o l’università?

L’unico consiglio che posso dare è citare una frase pronunciata da Steve Jobs nel 2005 ai laureandi della Stanford, è una frase molto bella a cui ogni tanto ripenso: “stay hungry, stay foolish”. Naturalmente deve essere interpretata nel senso più ampio e generale: essere famelici, curiosi della conoscenza, ma

anche vivere la propria vita con un pizzico di follia, cioè di determinazione, portare avanti ciò in cui si crede anche se accade qualcosa che possa sconfortare. E questo consiglio mi sento di darlo a chiunque: non solo a chi inizia i propri studi, qualunque questi siano, ma anche in relazione alla propria vita… Precisamente, più che un consiglio, penso che sia uno stile di vita: ognuno dovrebbe essere così, un po’” stay hungry, stay foolish.”. Poi Steve Jobs è Steve Jobs. Ti consiglio di leggere la sua biografia: scoprirai che alcuni lati di lui non sono stati molto gradevoli, alcune decisioni che ha preso non le condivido assolutamente… nonostante ciò, ci ha insegnato a guardare sempre avanti, a dare il meglio di noi, ad andare avanti nonostante i fallimenti. Tu sai che ha creato la Apple, a un certo punto gliel’hanno tolta, è stato licenziato… e lui, anziché abbattersi e sentirsi una nullità, si è rimboccato le maniche creando la Pixar. Questo ci insegna che dobbiamo avere la forza di risollevarci in seguito ad un fallimento o ad un momento doloroso, che dobbiamo ritrovare la forza per andare avanti dando il meglio di noi stessi, sempre. Diventare più forti dai nostri errori.

6) Alcuni sostengono che durante l’insegnamento a imparare non sia solo lo studente, ma anche chi sta dall’altra parte della cattedra. Lei ha mai cambiato parere o si è mai ritrovata a riflettere o a vedere da un punto di vista nuovo e diverso una questione grazie a un confronto con un alunno?

Mi sembra di essere ripetitiva, perché mi viene in mente un’altra frase di Steve Jobs: “think different”. Si, assolutamente, perché l’insegnamento non deve essere un atto unilaterale, ma reciproco. Non è mai a senso unico, ma a doppio senso. Sono rimasta affascinata da alcune risposte che gli studenti mi hanno dato durante un’interrogazione, per il modo in cui mi hanno raccontato le cose… oppure, cosa che mi è successa recentemente in prima: di alcuni problemi di risoluzione grafica molto semplici sette-otto persone hanno dato soluzioni diverse, a cui non avevo mai pensato. Mi stupisco perché, nono-

stante io racconti e spieghi questo argomento tutti gli anni, qualcuno suggerisce sempre soluzioni diverse.

7) L’affermazione più assurda che abbia mai sentito durante un’interrogazione?

Ce ne sono tantissime. Intanto le “castronate”. Una volta in prima ho chiesto di parlarmi dei crateri nei vasi greci e mi hanno detto che appartenevano ai vulcani… e lì non ho potuto trattenermi *ride*. Oppure - questa è un po’ più nozionistica - ho chiesto quali fossero i fiori preferiti di Van Gogh, che aveva dipinto, e la risposta è stata: le ninfee.

8) Un aneddoto bizzarro che le è capitato, o quando era studentessa o da quando è diventata prof?

Una volta ho chiesto agli studenti cosa ne pensassero della Villa Reale di Monza. Uno ha alzato la mano e ha detto: “Certo, è molto bella, ma sarebbe servito di più un parcheggio per l’autodromo”. Non chiedermi la mia reazione. No comment. Hai presente la faccina rossa delle emoji?? Diciamo che non condivido il suo pensiero, lo rispetto, ma ovviamente ho provato a fargli cambiare idea...

9) Molte persone sono convinte che diversi pittori contemporanei siano degli “imbrattatele”. Concorda o ritiene questi critici d’arte siano dei poveri acculturati come un tubero?

*Sospiro profondo* Mi fai una domanda che è difficile sintetizzare in poche righe. Intanto è complicato generalizzare: più che di pittori parlerei di artisti, di artisti di arte contemporanea. Colgo l’occasione per suggerirti - e forse lo suggerirei anche ad alcuni critici d’arte - la lettura di un libro interessante: Lo potevo fare anch’io. Perché l’arte contemporanea è davvero arte. Solo dopo potremmo discuterne. In generale potrei sottolineare che alcuni artisti, attraverso le loro opere, riescono a comunicare il loro messaggio più efficacemente di altri. Ma questa cosa non è solo dell’arte contemporanea, ma di tutta la storia dell’arte, dalla preistorica ai giorni nostri. Aspetta, per concludere la risposta… mi sembra di ricordare che un critico dell’800, un certo Leroy,

avesse definito “imbrattatele” un gruppo di pittori, che poi hanno rivoluzionato con la loro arte il mondo della pittura. Questi pittori si chiamavano impressionisti! Ai posteri le conclusioni…

10) So che la metterò in crisi: elenchi una scultura, un edificio e un’opera pittorica da vedere almeno una volta nella vita, ma deve essere una sola per ogni categoria.

Mh. Così mi metti davvero in crisi. La mia risposta è scontata e banale, perché chi sono io per dire a te cosa merita di essere visto? Nel nostro mondo, quello legato alla cultura occidentale, ti potrei indicare tre opere famose, conosciute dall’intera umanità: la Cappella Sistina, la Gioconda, il Colosseo, la Pietà… te ne ho già dette quattro, pazienza. Se la metto invece più sul piano personale (perché in fondo anche se l’arte è una conoscenza oggettiva, c’è un rapporto soggettivo, una comunicazione intima con chi la vede) ti posso indicare le opere davanti alle quali mi sono commossa, mi sono messa a piangere. Innanzitutto Petra, in notturna: in mezzo a questo canyon di pietra calcarea a un certo punto ti si apre uno scorcio e lì hai una visione: una facciata scolpita direttamente nella montagna. Inutile dire che alla sua vista ho smesso di respirare. Oppure ricordo di aver visto in una mostra a Bologna La ragazza con l’orecchino di perla: il quadro era lì, appeso in una stanza completamente oscura. Stranamente io ero l’unica visitatrice, io e lei in una muta comunicazione di sguardi… che emozione, ho ancora i brividi a pensarci. O ancora la Vergine Annunziata di Antonello da Messina, che vi dico sempre durante le mie lezioni che terrei in camera mia non solo per contemplarla ma soprattutto per parlarci. Che dire poi del Cristo Velato di Giuseppe San Martino, che ho visto a Napoli? E della Pietà Rondanini di Michelangelo, quella che si trova a Milano? E dei guerrieri di terracotta a Xian? Basta, perché altrimenti creiamo una playlist!!

Domanda Bonus: C’è un artista (o un’opera o un movimento artistico) che detesta ma è obbligata a spiegare ogni anno con note-

vole sforzo di autocontrollo per non influenzare l’opinione dei suoi studenti?

Non ci sono artisti che non mi piacciono, ci sono artisti e opere che mi piacciono meno, come ad esempio gli eccessi del Rococò. Mi affascinano perché, contestualizzati al periodo storico, li trovo intriganti. Tuttavia quest’arte è molto lontana dal mio modo di essere. Altro esempio: i preraffaelliti, di cui ho visto una recente mostra a Milano, che mi ha fatto ricredere. Nonostante ciò, continuano a non essere nelle mie corde.

E questo è quanto prof! La ringrazio per il suo tempo e per averci concesso questa intervista!

Sono io che devo ringraziare voi! Posso mandare un messaggio ai lettori?

Certamente!

Mi raccomando, leggete tutti EtCetera! Questi ragazzi ci mettono veramente tutti loro stessi nella pubblicazione di ogni nuovo numero. (A proposito, adoro il vostro nuovo formato, complimenti!) Un saluto!

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