
5 minute read
Memorie del sottosuolo
LETIZIA ZABADNEH, 3bb
Di certo non posso dirmi un’esperta di Dostoevskij, d’altronde ho solo letto qualche libro, ma spesso mi consolo pensando che nessuno possa essere definito tale. Dal momento che Dostoevskij -dice il noto scrittore e traduttore Paolo Nori- scrive della vita e della morte, dire “me ne intendo di Dostoevskij” sarebbe un po’ come affermare di aver capito tutto di questi due grandi temi. Per questa ragione vi dico che ciò che di seguito leggerete, se vorrete leggerlo, sarà soltanto un misero parere di lettrice, una lettrice che vi raccomanda vivamente questo libro.
Advertisement
Che cos’è il sottosuolo
Prestando ben attenzione al titolo dell’opera, vi sorgerà (spero) spontanea una domanda, ossia: che cosa diamine è il sottosuolo? Difficile rispondere -nessuno sa bene come sia fatto, perché è davvero molto buio. Il sottosuolo è prima di tutto un luogo, è come uno scantinato della nostra psiche, un luogo profondissimo dove il resto del mondo cessa di esistere nella sua forma apparente. Lì non ci sono genitori, zii e cugini, che si lamentano di te e del tuo comportamento adolescenziale; no, nel sottosuolo rimani solo con te stesso. Penserete che sia una cosa bella, ma non è esattamente così. Nella prima parte del libro, Dostoevskij spiega le dinamiche del sottosuolo attraverso una lunghissima confessione dell’Io
narrante. Questo, di cui l’Io narrante parla, è il luogo astratto dove si esprimono (e forse hanno anche origine) tutti gli istinti inconfessabili e i pensieri malvagi dell’uomo, dove l’uomo prende a calci le leggi naturali, la ragionevolezza, le convenzioni sociali e, sì, perfino la matematica.
La matematica
Nonostante all’uomo che scende frequentemente nel sottosuolo potrebbe non piacere il “due per due fa quattro”, la matematica non lo “consulta” sul risultato di questo “due per due”. Alla matematica non interessa il suo parere. Dal momento che due per due non può fare che quattro, l’uomo del sottosuolo non potrà cambiare il risultato; ciò non significa, però, che arrivi ad accettarlo. Bisogna prestare attenzione, perché proprio qui sta la differenza tra l’uomo del sottosuolo e il suo opposto, ossia “l’uomo d’azione”. Quest’ultimo è assai più comune del “topo”, che è l’uomo del sottosuolo, come lo definisce Dostoevskij, ed è molto più limitato, cioè condizionabile, in quanto questo, di fronte ad un impedimento, o ad una legge naturale o matematica (come il “due per due fa quattro”), semplicemente si arrende, accetta il risultato del “due per due”.
“Un uomo cosciente può forse, in qualche modo, rispettarsi?”
L’uomo del sottosuolo, per spiegarlo meglio, è un uomo che ha una totale, o per lo meno parziale, coscienza degli aspetti peggiori di sé. Se ciascuno avesse coscienza del proprio essere odioso, vile, invidioso e malvagio, come potrebbe avere rispetto per sé? Il vero problema dell’uomo del sottosuolo è che non riesce ad essere completamente nemmeno una di queste cose. Non può, dunque, rispettarsi ma neanche compiacersi. Di questo suo non riuscire ad essere qualcosa si dannerà fino alla morte e invidierà per tutta la vita gli uomini d’azione, che, al contrario di lui, prendono decisioni ragionevolissime e basate sulle cosiddette leggi naturali e che, attraverso queste decisioni, plasmano la propria persona nel bene o nel male. La consapevolezza dei propri difetti e l’incapacità di diventare qualcosa
di completo fanno sì che l’uomo del sottosuolo arrivi a provare, con tutto sé stesso, il comprensibile, ma apparentemente irragionevole, desiderio di voler diventare persino qualcosa di orribile e fastidioso, desiderio che non può essere in alcun modo soddisfatto, proprio perché in fondo l’uomo in questione non crede abbastanza di esserlo. La vera e propria narrazione infatti inizia così: “Ora voglio raccontarvi, signori, sia che desideriate o non desideriate sentirlo, perché non ho saputo diventare nemmeno un insetto”. Nonostante ad egli piaccia denigrarsi con questo tipo di ragionamenti, l’uomo del sottosuolo si considera al di sopra degli altri, e per “altri” si intende ovviamente gli uomini d’azione. Egli crede che il motivo della sua superiorità intellettuale risieda nel fatto che egli solo è cosciente dei suoi lati più oscuri e questa coscienza fa sì che diventi come uno sveglio in mezzo ai dormienti. Colui che è sveglio vede la realtà per quello che è; ora, possiamo affermare che lo sveglio conosca e sappia più del dormiente, ma non possiamo affermare che sia più felice e tranquillo. Chi è, infatti, più beato del dormiente? Essere i soli coscienti del proprio sottosuolo può diventare col tempo qualcosa di terribile, la coscienza si trasforma nel tempo in fobia, per questo Dostoevskij scrive: “Vi giuro, signori, che avere coscienza di troppe cose è una malattia, una vera e propria malattia”. Tuttavia, all’uomo del sottosuolo capita talvolta di essere incredibilmente fiero della propria condizione, la sua coscienza è l’unica cosa che lo distingue dagli altri e l’unicità gli provoca un piacere dal sapore dolceamaro: “la coscienza, secondo me, è la suprema disgrazia per l’uomo, so però che l’uomo la ama e non la cambierebbe con nessuna soddisfazione”.
Il “vantaggiosissimo vantaggio” (o “volere indipendente”)
C’è un pensiero che può essere riconosciuto come vero da colui che talvolta scende nei meandri del sottosuolo. Questo pensiero riguarda quel fenomeno per cui molto spesso accade che l’uomo agisca non per quelli che sarebbero i propri vantaggi, seguendo qual-
siasi legge del buonsenso, bensì semplicemente secondo la propria volontà. Forse occorre che mi spieghi meglio. Le leggi della ragione e della morale, che dovrebbero regolare il nostro comportamento, ci suggeriscono (o meglio cercano di imporci) alcune azioni, secondo loro rette, sulla base di innumerevoli vantaggi che deriverebbero da queste azioni giuste e ragionevoli; tra questi vantaggi “elencati”, però, non ne compare mai uno, che sarebbe quello più vantaggioso di tutti, ossia: il vantaggio che deriva, sotto forma di piacere, dall’agire solamente perché si vuole farlo. Del resto, quante volte nella storia sono state commesse azioni che andavano contro ogni legge del buonsenso? L’uomo del sottosuolo afferma, per l’appunto, che questo vantaggio, spesso tralasciato, “demolisce tutte le nostre classificazioni e infrange di continuo tutti i sistemi creati dagli amici dell’uman genere per la felicità dell’uman genere. Insomma guasta tutto”.
A proposito della neve bagnata
Se nella prima parte ci trovavamo alle prese con l’uomo del sottosuolo nel sottosuolo, nella seconda lo vediamo da una prospettiva diversa, cioè lo osserviamo mentre si muove nel mondo. Segue una sequenza di ricordi, che mettono in evidenza quegli stessi pensieri che caratterizzavano l’Io narrante della prima parte. Su questi ricordi non voglio soffermarmi più di tanto, dal momento che vi invito a leggere per intero questo libro che, come ogni grande capolavoro, rimarrà eternamente moderno, continuando ad interrogarci sulla psiche dell’uomo.
Bibliografia: Dostoevskij F. (1864), Memorie del sottosuolo, Giulio Einaudi editore, Torino, edizione anno 2020.
Sitografia: https://www.youtube.com/ watch?v=JVOvW8NGD8M&t=2541s