Vivere Cantando l' Amore

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Intanto che lo stavo parlando, pensavo al Monsignore che stava fuori e cercavo di concludere l'udienza, per non sentirmi rimbrottare dal Maestro di Camera. Il santo Padre, non so se tre, ma certo due volte, mi disse: "Ritorni, ritorni!"... egli mi disse, ad un certo punto dell'udienza: "Mi dica, don Orione, tutto quello che posso fare per la Congregazione!". Niente - risposi - niente, santo Padre: una cosa sola chiedo: che ci sia conservato il Visitatore apostolico sino al giorno dopo ch'io sia morto!"7 . Dopo una giornata d’incontri ininterrotti in uno dei tanti giovedì genovesi, mentre sta per partire per Roma, lo raggiunge per telefono una signora conosciuta in occasione del Congresso Eucaristico. Piange per il figlio malato e implora la sua benedizione. Don Orione tenta di scusarsi per la stanchezza, l’orario e il viaggio che deve fare, ma davanti all’insistenza di una madre non riesce a dire di no. Dimentico della stanchezza, del dolore si reca immediatamente a Rapallo a portare benedizione e conforto alle due anime in pena. Tornando da Roma a causa di un deragliamento, deve traslocare da un treno all’altro. Prende freddo, sta male, ma riesce a nascondere tutto e celebrare le tre sante messe di quello “che è l’ultimo natale di sua vita”. La notte tra l’8 e il 9 febbraio 1940 don Orione ha un gravissimo infarto. Il medico al vederlo ridotto in quello stato piange. I chierici spauriti e tristi sono bloccati nell’atrio, poi entrano adagio, adagio in cappella e si mettono a pregare. In un momento di ripresa don Orione chiede l’unzione degli infermi. Finalmente muove il capo che teneva abbandonato sul petto, alza gli occhi e accenna un ringraziamento. Poi con voce flebile dice: va meglio, e a fatica invita i presenti a recitare la Salve Regina. 7

Par. XI, 132 ss


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