Il Richiamo ( Giugno 2013 )

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INDICE

IL SALUTO DEL DIRETTORE

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IL SALUTO DEL DIRETTORE.

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DALLE LETTERE DI FRATE AVE MARIA.

11 FRATE AVE MARIA COME HA VISSUTO IL CONCILIO VATICANO II E IL SUO VIVERE QUOTIDIANO 17 OMELIA DI INIZIO PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO. 21 UN PO’ DI STORIA… (TERZA PARTE) 28 IMMAGINI DALL’EREMO IN BRASILE 30 IN RICORDO DI MONS. MARTINO MARINI. 32 NOTIZIE DI CASA 44 I PENSIERI DI FRA SERENO

In copertina: Eremo di Sant’Alberto. Notturno.

IL RICHIAMO DI FRATE AVE MARIA Semestrale degli Eremiti della Divina Provvidenza Eremo e Parrocchia di Sant’Alberto di Butrio 27050 Pontenizza (PV) Tel. 0383/542179 - Fax 0383/542161 - c/c postale n. 14030274 www.eremosantalbertodibutrio.it E-mail eremo.sant.alberto@libero.it

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ari amici, lettori e devoti di Sant’Alberto e di Frate Ave Maria, rieccoci di nuovo insieme sulle pagine di questa piccola rivista che ci tiene collegati. Sono vari gli spunti di riflessione che ci verranno presentati in questo numero. Prima di passarli sinteticamente in rassegna, vorrei portare alla vostra attenzione un tema che sembra a prima vista, abbastanza ovvio per noi, in questa primavera molto umida e piovosa: l’acqua. Parto dallo spunto meteorologico per dar voce ad alcune riflessioni che ci sfiorano solamente –a volte – ma che costituisco un qualcosa di molto urgente e di importante per noi e per il nostro tempo. Nel XVIII secolo, un teologo tedesco (Johann Albert Fabricius) pubblicò un trattato teologico sulla bontà, la sapienza e la potenza di Dio che si manifestò nella creazione dell’acqua. Adesso questo tema è indagato in modo sistematico da varie discipline teologiche, quasi a ribadire l’enorme importanza che esso riveste. Come tutti possiamo costatare, oggi, il tema dell’acqua ha raggiunto dimensioni particolarmente drammatiche. Acqua che manca in vastissime regioni della terra dove si soffre la sete. Guerre e lotte brutali per la gestione delle poche fonti legate alla sopravvivenza di intere popolazioni. Ecosistemi sconvolti dalla presenza massiccia di troppa acqua contemporaneamente che sconvolge e distrugge (uragani, tsunami, ecc.). Cattiva gestione della rete idrica nei paesi cosiddetti “industrializzati”, che porta a creare monopolio e ricchezza sfruttando un bene comune che dovrebbe essere a disposizione di tutti. Addirittura la presenza di acqua viene vista come una prova molto importante di segni di vita su altri pianeti. Nella Bibbia l’acqua è considerata come fonte di vita o addirittura come segno di distruzione. Si potrebbe andare avanti ancora molto a descrivere, ma come avrete capito, quello dell’acqua è un tema complesso, con molti livelli di lettura e di problemi. Però ci sono

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anche tantissimi significati teologici e positivi contenuti in esso. Alcuni li presenterò a voi come stimolo per una riflessione personale più approfondita. Esplorare sul piano teologico la crisi globale dell’acqua mediante una prospettiva etico-sacramentale, esaminare la natura dell’acqua e quella del sacramento, chiedendosi come una comprensione sacramentale dell’acqua possa ispirare i cristiani a diventare i sostenitori di una giustizia idrica. Attingendo alle nozioni connesse all’acqua come sacramento, i cristiani possono essere incoraggiati a lavorare per la giustizia idrica anche al di là del duplice impegno nei confronti della giustizia e della amministrazione dei sacramenti. L’acqua: Lo stato delle acque è contemporaneamente tragico e paradossale: l’acqua è molto diffusa ma molto poca è dolce e accessibile all’uomo. Per chi non ha la possibilità di accedere ad acqua pulita, il tasso di mortalità legato a malattie da assenza d’acqua o acqua infetta e sporca è molto alto (soprattutto bambini). L’uso e i costi dell’acqua pulita sono distribuiti in modo diseguale, essa non è gestita bene da parte dei governi, crea crisi belliche e instabilità politica. L’acqua stà per diventare il motivo di crisi internazionale per il prossimo secolo. Il dibattito principale attorno alla crisi idrica è quello se essa sia un diritto umano o una merce. Nel pensiero sociale della chiesa cattolica l’acqua è sia un bene comune, sia un bene mate-

riale che può essere privatamente posseduto ma deve essere garantito per tutti. Il sacramento: la crisi idrica mondiale stà ridefinendo il segno dell’acqua e l’etica dell’acqua si riversa nella teologia sacramentale perché l’acqua viene usata nella liturgia e nel sacramento, questo fa si che la crisi globale dell’acqua non sia solo un problema di giustizia sociale, ma anche di amministrazione dei sacramenti. I sacramenti non sono solo “segni efficaci della grazia, istituiti da Cristo e affidati alla Chiesa, attraverso i quali ci viene elargita la vita divina” (Catechismo Chiesa Cattolica, n. 1131), ma sono anche un mezzo di partecipazione al mistero pasquale attraverso dei simboli. I simboli sacramentali sono efficaci perché riflettono, attingono e affiancano le attività ordinarie della vita umana (per esempio l’uso dell’acqua nel battesimo, si basa sull’atto di fare il bagno, l’uso del pane e del vino nell’Eucarestia presuppone il gesto di pranzare). L’acqua come sacramento. L’acqua inquinata non ha più un carattere sacramentale come un segno in natura dello Spirito creatore (Hart 2006).


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Come si può battezzare con acqua troppo sporca da bere? Sporcata da troppe sostanze, e alcune anche cancerogene, l’acqua è inefficace come simbolo di eliminazione della macchia del peccato, anzi diventa di fatto un simbolo di malattia e di morte. Quando l’acqua diventa poi un bene costoso (perché venduto e acquistato, privatizzato e con sopra speculazioni) non funziona più come simbolo della grazia redentrice, liberamente data da Dio,, ma simboleggia purtroppo la mercificazione e l’oppressione della grazia. Se poi si passa alle parole che accompagnano i simboli sacramentali per gran parte dei contesti del mondo esse sanno di tragica ironia. L’acqua deve purificare e dare vita nuova si dice nell’orazione del battesimo, ma deve essere anche viva, cioè “mossa”. In natura l’acqua stagnante

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porta malattie, l’acqua che sgorga dalla sorgente è pulita e dà la vita. In conclusione: l’episodio di Gesù e della samaritana al pozzo (Gv 4, 1-42) è un’allegoria molto azzeccata per esprimere le tantissime persone assetate nel mondo e la sacramentalità dell’acqua. Gesù usa la metafora dell’acqua viva per offrire una riflessione sulla salvezza. La donna anonima si preoccupa di problemi pratici e di come risparmiare ore di lavoro. Si tratta di due persone che parlano senza capirsi, sono su due piani diversi: sete figurata e sete letterale non si incontrano. Ugualmente oggi, parte della riflessione teologica ufficiale sull’acqua, continua a esplorare “teoricamente” la santità dell’acqua e ignora la realtà di due terzi del mondo che patisce la sete. Questo simbolo centrale della fede cristiana lentamente ma inesorabilmente viene ridefinito dal degrado ambientale, dalla siccità e dalle forze del mercato. I simboli invece funzionano perché viaggiano sulle percezioni di significato condivise in una comunità. E’ mutato il significato dell’acqua: per molti non è più un simbolo di vita nuova e di purificazione. Questi mutamenti impongono alla riflessione teologica sacramentale e liturgica di rivolgersi all’etica, alla politica e all’economia. Preghiera e fede devono dare forma alla missione sociale della Chiesa. Il modo in cui nella liturgia l’acqua è utilizzata e trattata può dar spunto per educare alle tematiche della giustizia riguardo ad essa. In questo numero del “Richiamo” viene presentato un articolo su come Frate Ave Maria ha vissuto il Concilio Vaticano II. Ce lo racconta Angela Volpini, donna esperta del Concilio e importante amica e conoscitrice del nostro Servo di Dio. Poi ci viene presentata la figura di un grande benefattore e amico dell’eremo: Mons. Marini. Dal Brasile i nostri confratelli eremiti ci danno alcune notizie sull’eremo del Brasile. Infine la cronaca dei visitatori che ci hanno onorati della loro presenza in questo periodo. Ne approfitto come faccio di solito anche per ringraziare i nostri moltissimi sostenitori che sia materialmente che spiritualmente ci accompagnano quotidianamente. Loro sono la Divina Provvidenza che si manifesta in maniera concreta. 7

Don Vincenzo Marchetti


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DALLE LETTERE DI FRATE AVE MARIA ANIME! ANIME! AD JESUM PER MARIAM!

orellina dilettisima in Gesù, Maria, Giuseppe, Gesù la innamori sempre più, agli occhi suoi svelandosi sempre più buono e bello! Amen Amen! Ho gradito il suo fraterno saluto per bocca di una cara animuccia; il mio buon angelo le porti ad ogni istante il mio, ma non la distragga il mio saluto! Anzi, a null’altro serva che ad unirla sempre più a Gesù con le funicelle del divino amore! Sorella mia, io prego Gesù che si degni far di lei una grande santa e nelle mani della Divina Provvidenza un valido strumento di santificazione! Sorella mia, non voglia impedire a Gesù di prepararmi questa grandissima consolazione santa! Sorellina mia, godiamoci santamente la nostra vita, non perdendo mai di vista la sua vera bellezza. Sulla nostra fronte brilli sempre un raggio di quella celestial chiarezza che interiormente ne illumina e ci consola, e dalla nostra

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bocca perenemente sgorghi una vena della dolcezza di Gesù. Abbracciamo allegramente tutte le croci che ci porge il nostro amato Gesù e portiamole affinchè a Lui piace. Ogni vera gioia scaturisce solo dalla croce di Gesù. La vera gioia la gustano solamente i forti. Perché sta solo sotto la croce di Gesù! Ed i forti sono unicamente quelli che amano la croce di Gesù. Ogni uomo è estremamente fiacco, ma è pur suscettibile di grande fortezza, purchè dia in primo luogo ricetto a tutta la buona volontà. Preghiamo Gesù che ci moltiplichi la buona volontà, che in noi già pose, onde mediante il quotidiano esecizio di tutte le sante virtù possiamo arrivare al grado di fortezza a cui siamo da Gesù chiamati. Amiamoci a vicenda come Gesù ci ha amati, ed amiamo tutti come Gesù ce ne diede l’esempio. Lavoriamo, soffriamo, pre-

ghiamo sempre spiritualmente uniti in Gesù e Maria perché si affretti a stabilirsi il Regno di Dio sulla terra come in cielo. Sorellina mia, predichi alle sue figlioline spirituali che di poche cose abbisognamo in questa vita per essere anche quaggiù felici, ed il di più che disordinatamente bramiamo anziché sublimare questa felicità, non fa che demolirla, distruggerla! La saluto fraternamente in Gesù Crocifisso ed in Maria Addolorata.

Sono l’indegnissimo Figlio della Divina Provvidenza Frate Ave Maria Eremita. Dall’Eremo di Sant’ Alberto di Butrio 7-5-1930 Festa di N. S. di Pompei. In nomine Tuo vidimus lucem! Ave, Maria!

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FRATE AVE MARIA COME HA VISSUTO IL CONCILIO VATICANO II E IL SUO VIVERE QUOTIDIANO I simboli di Pasqua, gli ulivi, le campane, mi fanno ricordare uno degli aneddoti più belli vissuti con frate Ave Maria. La mia frequentazione di S. Alberto dagli anni ‘58 al ‘64 era abbastanza assidua. Avevo trovato in frate Ave Maria un grande amico con il quale potevo vivere la mia giovane e semplice innocenza e tutta la profondità del mio amore verso il Signore. Lui ascoltava, rideva ed esclamava: ‘’Che bello, che bello!’’. Non avrei mai pensato di poter parlare di Dio, di Gesù e di Maria con tanta semplicità e familiarità. Lui mi diceva: “Quando tu arrivi a S. Alberto si apre una porta sul cielo e riusciamo a vedere un squarcio della vita che vivremo di là”. Don Emilio, sacerdote anche lui speciale, partecipava ogni tanto ai nostri discorsi poi riprendeva i suoi studi su “il quadro croce’’. Così chiamava i suoi quadri geometrici colorati e a note musicali. Anche lui aveva avuto l’intuizione che alla base della vita

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ci fossero colori, musica e geometria. Frate Ave Maria diceva: “Pretende che io veda il suo lavoro, ma io sono cieco!”. Una piccola disputa fra loro perché, non vedendo, era difficile per frate Ave Maria capire quello che don Emilio voleva spiegare. La vita dell’eremo era improntata alla massima semplicità. Io ricordo le mucche che tiravano l’aratro tenuto dietro da don Emilio e davanti a guidarle frate Ave Maria e comunque questo lavorare insieme dava tranquillità e buon umore ai due. C’erano galline ed altri animali domestici in giro per il cortile perché i due religiosi dovevano provvedere a tutti i loro bisogni alimentari. Più di qualche volta io gli feci il pane, la pasta e alcuni piatti normali che frate Ave Maria apprezzava particolarmente. Esclamava ridendo: “Oggi non ho mangiato il pastone delle galline!”. Il povero don Emilio faceva del suo meglio ma al di là del caffè non riusciva ad andare.


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Angela Volpini e frate Ave Maria in dialogo.

Angela con le sue collaboratrici e frate Ave Maria.

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Voglio raccontarvi quando un giorno frate Ave Maria al rintocco della campana esclamò: “Le mie care amiche campane le suono ogni giorno all’alba, al tramonto e a mezzogiorno ma mai ho potuto vedere il loro movimento e la loro gioia nel lodare il Signore. Come mi piacerebbe accarezzarle per quello che ogni volta che le suono mi suscitano”. Io, prontamente, gli dico: ‘’Ma è facile, ci arrampichiamo insieme sul campanile fino alle celle delle campane così tu potrai accarezzarle come vuoi”. Sempre sbofonchiando e ridendo mi disse: “Tu la fai facile, hai 20 anni, io 60 e cieco. Dove vuoi che possa andare?”. Ed io gli risposi: “Tu ti fidi di me?”. “Certo”, mi disse. ‘’Bene! Seguimi”. Andammo nel campanile e la cosa si complicò un po’ perché la scala per salire era a pioli e verticale. Cominciai a far toccare i pioli al frate ma s’impigliava nella veste lunga, allora gli dissi: “Tirati su la veste fino alla cintura e vedrai che andrai meglio. Io salirò davanti a te e ti porgerò la mano ad ogni gradino”. Fu un’impresa ma alla fine ci riuscimmo. Ci sedemmo nella cella delle campane e lui cominciò ad accarezzarle e a parlare con loro. Un dialogo di cui ser-

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bo ancora un commosso ricordo: “Voi che espandete per le valli e per i monti il richiamo alla preghiera e allo stesso tempo siete la voce del Signore; voi che sempre portate in alto la mia voce di ringraziamento al Creatore e che mi fate immaginare di volare sul vostro suono per abbracciare tutti i contadini, tutti gli esseri umani per stringerli al mio Signore. Grazie, grazie!”. E mentre si intratteneva con le campane come se fossero animate, un volo di centinaia di rondini cominciò ad avvolgere il campanile in un festoso garrire. “Frate Ave Maria – esclamai commossa – guarda ci fanno festa, partecipano alla nostra gioia!”. Lui si fermò improvvisamente e cominciò a piangere di gioia e gridò: “Sì, Signore, so che ci ami e lo manifesti anche attraverso le tue creature. Grazie Signore, sia gloria a te da tutto il creato e da tutti i cuori degli esseri umani”. Questo evento è uno dei ricordi più forti perché c’era la semplicità di due esseri umani che erano uniti dalla passione per il Creatore e pareva che tutto il creato, attraverso quelle rondini, partecipasse a quella passione. Non so quante ore rimanemmo lassù. So solo che don Emilio,


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spaventato perché non ci ritrovava più, cominciò ad urlare. Allora, come due scolaretti, scendemmo in silenzio senza dire nulla. Ma il buon don Emilio volle sapere dove eravamo. Alla fine frate Ave Maria glielo disse e don Emilio cominciò a brontolare dicendo che eravamo tutti e due senza giudizio, che avevamo rischiato molto perché i pioli erano marci. Mi divertì moltissimo quando frate Ave Maria per difendersi gli disse: “E tu quando mi fai crepare di paura con la velocità della tua moto, hai giudizio?”. Questo evento è stato bellissimo, ma ogni volta che io mi recavo a S. Alberto c’era qualcosa di meraviglioso, se non altro i nostri dialoghi infiniti sull’amore di Dio per le sue creature e su quanto eravamo fortunati ad amarlo e ad esserci incontrati per comunicarcelo. In questo periodo, ebbe inizio il Concilio Vaticano II. Due periti conciliari, P. Diez Macho biblista e P. Pacios teologo, mi avevano fatto visita a Casanova ed io li accompagnai a S. Alberto per presentarli frate Ave Maria. Interessati alla mia esperienza, i due periti fecero conoscere la mia visione di Dio e dell’essere umano

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ad alcuni padri conciliari che mi vollero tra loro nelle assemblee extra conciliari per approfondirla. Fu così che cominciai ad andare a Roma di frequente e, quando tornavo, mi recavo a S. Alberto. Fu naturale far innamorare del concilio anche frate Ave Maria che, più di qualche volta, mi sorprese non solo per la sua genuina curiosità e speranza di cambiamento ma anche per l’informazione che possedeva riguardo a quell’evento che non seppi mai dove la attingesse oltre che da me. In quel tempo, molti sacerdoti, anche anziani, speravano una novità dal Concilio e c’era un discreto entusiasmo diffuso, ma quello di frate Ave Maria era davvero fuori misura. Mi sorprendeva come un eremita cieco fuori dal mondo volesse essere informato di tutti i dettagli che si discutevano nel concilio, per esempio chiedendomi notizie circa i gruppi più aperti e quelli più tradizionali perché non si dava ragione delle motivazioni per le quali alcuni volevano rimanere ligi alle tradizioni. Esclamava: “Un Concilio si fa per cambiare!”. E mi faceva raccontare tante volte quello che io percepivo del Concilio, non solo attraverso

le discussioni animate alle quali partecipavo alla sera con i padri ed i periti conciliari, ma anche come vedevo espressa la speranza di questi padri: “Raccontami Angelina, davvero sono pieni di entusiasmo questi padri, sono gioiosi del cambiamento?’’. Quante volte l’ho sentito pronunciare queste parole: “La Chiesa sarà capace di rivelare l’amore di Dio?”. Mi ricordo anche che qualche volta rimproverava affettuosamente don Emilio perché non gli aveva portato il giornale “Avvenire” dove c’erano dei commenti di Raniero La Valle che a lui piacevano molto. Don Emilio, poi, ridendo mi diceva: “Se glielo porto, poi glielo devo leggere” e si capiva che si stufava un poco. Alcune volte gli dicevo: “Ma cosa speri dal concilio? Intanto tu la vita non la cambierai mai!”. E mi rispondeva: “Io ho già trovato la mia gioia, ma vorrei che la Chiesa aiutasse tutti gli uomini a trovarla comunicando quanto Dio ci ama e quanto siamo importanti ai suoi occhi”. Questo semplice eremita aveva ben chiaro quale fosse la missione della Chiesa in quel periodo storico e quanto questa perduri.

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Si rendeva conto che l’incontro con Dio o era fatto di una scelta personale o di un dono di Dio diretto, ma attraverso l’insegnamento della Chiesa di allora e di adesso era difficile scoprire il senso della nostra vita nell’Amore. Amore per Dio, amore per il prossimo, per il creato, per la vita. I nostri dialoghi erano sempre imperniati su un argomento: come far innamorare di Dio ogni essere umano. Lui lo faceva ascoltando, pregando, infondendo speranza nel futuro e testimoniando sempre quanto Dio ci ama. Le persone se ne andavano da lui sempre molto rasserenate, conciliate con la vita. In quel periodo non era molto frequentato l’eremo: io ero quella che portava i personaggi più illustri, tutti quelli che venivano da me. Mi era così naturale condividere anche con i miei amici occasionali l’amicizia di quello che avevo eletto come l’amico per eccellenza. Frate Ave Maria aveva un cane che un po’ faceva la guardia e un po’ lo seguiva segnalando a volte i pericoli. Era una lupa e quando questa fece i cuccioli lui volle regalarmene uno perché mi tenesse compagnia e mi custo-


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disse nelle mie lunghe ore di solitudine che passavo al Bocco (luogo delle Apparizioni). I cuccioli erano sei, lui li toccò uno ad uno ed infine disse: “Questo è per te”. Era una femminuccia che chiamammo Iurinti in omaggio al primo uomo Iuri che conquistò la luna. Frate Ave Maria anche di questo mostrò tanto entusiasmo. Un uomo fuori dal mondo che guardava ogni evento che succedeva nel mondo con meraviglia e con entusiasmo. Per lui pareva giusto e normale ogni tipo di progresso. “Tutto quello che porta bene agli uomini è benedetto da Dio”. Questa era la sua frase. Frate Ave Maria era un uomo moderno, era un eremita che ascoltava e parlava solo per confortare e per far conoscere l’amore di Dio. In lui non vedevi mai bigottismo e non sentivi parole religiose di maniera. Era diretto, vero e semplice e quando andavo a trovarlo lui mi sorprendeva sempre affacciandosi alla finestrella della sua camera, chiamandomi appena io varcavo la strada che conduceva al paese e mi avviavo per quella che porta all’eremo. Come facesse a sapere che io arrivavo è rimasto un mistero che non ha mai voluto rivelarmelo. Quando, curiosa, glielo chiedevo, si metteva a ridere e diceva: “Gli eremiti sono fuori dal mondo per scrutarlo meglio!”. Una pennellata sul mio grande amico, ma quante cose avrei ancora da dire! 16

Angela Volpini

Omelia di inizio Pontificato di Papa Francesco ommenta quindi il Vangelo partendo dal brano in cui si dice che «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24). “In queste parole – afferma - è già racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere custos, custode. Custode di chi? Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende poi alla Chiesa, come ha sottolineato il beato Giovanni Pao-

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lo II: «San Giuseppe, come ebbe amorevole cura di Maria e si dedicò con gioioso impegno all’educazione di Gesù Cristo, così custodisce e protegge il suo mistico corpo, la Chiesa, di cui la Vergine Santa è figura e modello» (Esort. ap. Redemptoris Custos, 1)”.

Il Papa chiede: “Come esercita Giuseppe questa custodia? Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una


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fedeltà totale, anche quando non comprende. Dal matrimonio con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e tutto l'amore ogni momento. E’ accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al Tempio; e poi nella quotidianità della casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Gesù”. E poi aggiunge: “Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa? Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio; ed è quello che Dio chiede a Davide, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura: Dio non desidera una casa costruita dall’uomo, ma desidera la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno; ed è Dio stesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suo Spirito. E Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua

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volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!”.

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“La vocazione del custodire, però – prosegue - non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. E’ il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E’ l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si

custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. E’ il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!”.

di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! Ma per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi! Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!”.

Sottolinea quindi che “quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli “Erode” che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna”.

Quindi, un invito: “Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e

Poi aggiunge un’ulteriore annotazione: “il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!”.

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“Oggi, insieme con la festa di san Giuseppe – rileva - celebriamo l’inizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di


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Pietro, che comporta anche un potere. Certo, Gesù Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domanda di Gesù a Pietro sull’amore, segue il triplice invito: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire!”.

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biamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi la speranza. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio”.

Così Papa Francesco conclude: “Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il Vescovo di Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far risplendere la stella della speranza: Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato! Chiedo l’intercessione della Vergine Maria, di san Giuseppe, dei santi Pietro e Paolo, di san Francesco, affinché lo Spirito Santo accompagni il mio ministero, e a voi tutti dico: pregate per me! Amen”.

E prosegue: “Nella seconda Lettura, san Paolo parla di Abramo, il quale «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza» (Rm 4,18). Saldo nella speranza, contro ogni speranza! Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, ab20

p Un po di storia.... ✒

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TERZA PARTE

PRIVILEGI CONFERMATI DA ROMA

Durante quei pochi anni (siamo alla fine del mille e cento) l’Abbazia di Butrio aveva preso uno sviluppo notevole sotto la saggia guida di Benedetto, erede dello spirito del Fondatore Alberto. Quei santi monaci ritennero giunto il momento di procedere a una donazione in perpetuo del monastero con tutti i relativi possessi alla Sede Apostolica. Mentre intendevano con un gesto così significativo render omaggio al Papa in quei tempi in cui la Chiesa era divisa e lacerata da scismi e perseguitata da Enrico IV di Franconia sostenitore dell’antipapa Onorio II (Cadolao vescovo di Parma), si ripromettevano anche di assicurarsi una valida difesa contro le possibili usurpazioni dei prepotenti. E’ un tratto di avvedutezza e di prudenza che li onora.

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Il Papa rispose con u’altra Bolla, importante non meno della precedente alla quale si ricollega, e che contiene del Fondatore dell’Abbazia un elogio ancora più esplicito, quasi eco, pensiamo, della crescente fama di santità che circondava la sua figura. E’ indirizzata all’Abbate Benedetto e a tutta la congregazione dei monaci di Santa Maria di Butrio. (Per ora si chiama così l’Abbazia: presto anche nei documenti pontifici figurerà come Abbazia di Sant’Alberto). L’esperienza di quei tre anni aveva dimostrato che il “vecchio e infermiccio” Benedetto governava con molto zelo e sapienza il monastero; e il Papa, quasi ricreduto dell’opinione che se n’era fatto precedentemente esortandolo a rinunciare alla prelatura, lo chiama “carissimo fratello e figlio” e lo consacra Abbate con le sue mani. Riguardo al Fondatore usa espressioni che valgono una di-


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chiarazione di santità quando ricorda il monastero “incominciato dal religioso uomo distinto Alberto del quale adesso e in perpetuo per divina grazia è felice e veneranda la memoria… Il Pontefice dichiara di prendere sotto la protezione della Santa Sede il monastero, al quale accorda i seguenti privilegi: Che nessuna potestà secolare o ecclesiastica possa mutare o proibire la professione monastica vigente: che nessun imperatore duca marchese conte prelato o dignitario qualsiasi, o altri, possa menomare togliere o destinare ad altri usi, neppure sotto il pretesto di causa pia, ciò che dai fondatori o da altri era stato donato o si donasse, ma tutto fosse posseduto in permanenza e pacificamente dal monastero per sostentamento dei religiosi che ivi servivano Dio. Determina il contributo annuo da pagarsi alla Sede Apostolica in due denari lucani da presentarsi al Romano Pontefice o ad un suo Legato entro gli otto giorni che precedono o seguono il primo maggio. Stabilisce che morendo l’Abbate nessun altro gli succeda che non sia eletto dai monaci locali di comune accordo, secondo la re-

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gola di San Benedetto, tra gli appartenenti alla stesa congregazione. Che se in essa non si trovasse persona degna di reggere l’Abbazia, potranno i monaci eleggerne uno di fuori, ma informandone la Santa Sede. Quanto poi o l’Abbate o alcuno dei confratelli fosse da promuovere Sacri Ordini, o ci fossero altare o chiese di monasteri da consacrare, ricevessero la consacrazione del vescovo della diocesi in cui il monastero era situato, purchè il vescovo volesse prestarsi gratuitamente e non fosse avvisato della Sede Apostolica. In caso diverso era lecito rivolgersi a qualsiasi vescovo cattolico. Del rimanente nessun vescovo doveva aver potestà sul monastero, né di chiamare l’Abbate al sinodo, ne di scomunicare o interdire i frati che l’abitavano. Che se in qualche caso si fossero resi meritevoli di riprensione, benignamente li ammonisse e non vedendosi ascoltato ne riferisse alla Sede Apostolica. Finalmente il predetto monastero gli Abbati e i monaci dovevano essere esenti da ogni servizio e gravame secolare essendo essi soggetti unicamente alla Sede Romana.

CONTESTAZIONI SULL’AUTENTICITÀ DELLA BOLLA Questa seconda Bolla di Gregorio VII “ Licet officii nostri” che potremmo definire delle esenzioni concesse al Monastero di Butrio e dell’elogio di Sant’Alberto, fu oggetto di contestazioni da parte degli studiosi. Intanto essa, pubblicata la prima volta dal canonico Bottazzi come originale, è soltanto una copia sia pure antichissima, forse dei tempi di Pasquale II (1099 – 1118) e, contiene molte alterazioni ed inesattezze. Lo studioso Pflugk Harttung è decisamente contro la sua autenticità e non concede proprio nulla alla tesi avversaria. (Nota: Pfluk Harttung – Acta Romanorum Pontificum inedita, Stuttgart 1884). Il dottor Luigi Schiapparelli che la esaminò nel 1900 ne giudicò autentico il testo e asserì che la falsificazione appare solo nell’escatollo (la parte finale: data e sottoscrizioni). Un altro tedesco molto competente in materia, il dottor P. Kehr professore di Storia all’Università di Gottinga, la giudicò scorrettis-

sima specialmente nella datazione che dal 1084 deve essere retrocessa al 1077, ma sicuramente autentica nel testo. E non esitò a pubblicarla in una nuova edizione del “ Bollario dei Romani Pontefici”. La data probabile è quella del 6 febbraio 1077. Essa ci accosta a una pagina di storia delle più drammatiche. Par di poterci cogliere i brividi della giornate nevose al Castello di Canossa dove Gregorio VII il 28 gennaio di quello stesso anno ammise alla sua presenza il penitente Imperatore Enrico IV che subito dopo la fittizia riconciliazione già tramava insidie al Pontefice incamminato alla volta di Mantova per tenervi un Concilio. Dopo aver percorso un buon tratto di strada o perché avvertito segretamente o perché insospettito da qualche indizio del progettato tradimento, Gregorio VII troncò il viaggio e ritornò sui suoi passi verso Canossa, sostando in diversi castelli del modenese. Precisamente da Bibbianello il 6 febbraio datò la Bolla per i monaci di Santa Maria di Butrio. A togliere ogni dubbio sulla sostanziale autenticità del testo basta il confronto di essa con una

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successiva del Papa Innocenzo II “ Pie desiderium voluntatis” datata da Pisa l’8 aprile 1134 e diretta alla’Abbate Pietro del monastero di Sant Maria di Butrio. In quest’ultimo documento sono nominati i predecessori Alessandro II e Gregorio VII a conferma dei privilegi precedentemente accordati e si accenna al “ venerabile monastero della Beata Vergine Maria che è stato costruito da Alberto e Benedetto”(considerato quindi come un secondo fondatore). La Bolla di Innocenzo II emendata di alcuni errori fu pubblicata da P. Kehr nell’opera citata. Ma c’è di meglio. Anche Eugenio III dal Laterano il 31- XII1145 indirizza una Bolla ad un Abbate di S. Maria di Butrio chiamato Benedetto(II). E’ quella da noi ricordata perché nomina i molti monasteri fondati da S. Alberto e altre chiese venute in seguito in possesso dell’Abbazia di Butrio. Qui ci preme osservare che essa si richiama alle disposizioni dei pontefici Alessandro (II), Gregorio (VII), Innocenzo(II) e quindi convalida l’autenticità dei Brevi precedenti. Eugenio III riconosce come possesso dell’Abbazia le

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seguenti chiese, alcune delle quali, come vedemmo, fondate direttamente da sant’Alberto; Sant’Alberto di Gromello (Vigevano), S Stefano di Sale, San Nicola di Vigallo (Pontecurone), Santa Maria di Pozzolo (Groppo), San Giovanni Piumesana (Godiasco), San Jenone o Zenone o Junani; (che Legè ritiene corrispondere a Sanguignano in Valle Ardivestra presso Godiasco), s. Gervasio(Rocca Susella), S. Pietro di Peregallo (Rivanazzano), S, Stefano di Nizza, S. Michele e S. Giulio di Loio (Valdinizza) S. Maria di Primolago o Primorago(fra S. Martino dei Bagozzi e Fortunago), Santa Mustiola(Borgonovo Val Tidone), Santa Maria di Vicolo (Piacenza), S. Andrea della Sala (Valtidone), S. Genesio (Valleversa), Toppino(Legè dichiara di non saperlo identificare, mentre Mons. Bobbi, afferma che detta chiesa si trova nei pressi di Ponte Organasco in parrocchia di Carisasca, Bobbio. Sarebbe l’estrema punta sud del vasto territorio in qualche modo dipendente dall’Abbazia). Queste documentazioni integrano autorevolmente la tradizione e con esse crediamo esaurito il nostro compito biografico. Rima-

ne da trattare del culto di Sant’Alberto attraverso la storia. ANTICHISSIMI SEGNI DI VENERAZIONE. La più antica biografia quella brevissima contenuta nel “ Catalogus” di P. Ferrari, afferma che sant’Alberto splendette per molti miracoli e che gli infermi accorrevano alla sua tomba da ogni parte e scioglievano voti per la ricuperata guarigione: “ Nella chiesa dedicata al suo nome si mostra ancora il sarcofago nel quale si ritiene dagli abitanti conservarsi il suo corpo”. Il culto della Santità di Alberto ebbe inizio dalla sua morte e varcò i confini della diocesi. Non sembri profanazione asserire che quel nome sarebbe oggi circondato di maggior splendore se non si fosse trovato in concorrenza con altri nomi di più celebri Santi ai quali egli non era inferiore per meriti di virtù e di miracoli. Erano passati appena sei anni dalla sua morte e già gli si attribuiva il titolo di Santo. Veramente quando ci capitò sott’occhio il documento relativo, che è del 1080, abbiamo dubitato fortemente della sua autenticità, perché

ci pareva sospetta la frase “ monastero di Sant’Alberto”, visto che per parecchi anni posteriori si indicò sempre Abbazia con il titolo di S. Maria di Butrio e solo più tardi si accedette a quello di “ Sant’Alberto”. Ma riflettendoci meglio ci siamo persuasi che quel documento non avendo nulla di ufficiale canonicamente, rispecchiava un dato di fatto, cioè l’uso nella zona di chiamare Alberto già col nome di santo. Non era una canonizzazione in perfetta regola; era però la voce popolare. Il documento in parola, pubblicato dal Can. Bottazzi, è una pergamena originale esistente nell’archivio capitolare di Tortona. Con atto rogato da Lanfranco, notaio di Casalasco vigente secondo la legge dei Longobardi (Nota: dai documenti dell’epoca risulta che erano contemporaneamente in vigore il diritto romano e quello longobardo. Il primo si applicava di preferenza nelle successioni, il secondo nei crimini. Anche i nomi indicano chiaramente la discendenza longobarda di buona parte della popolazione. La legge longobarda fu abrogata con gli Statuti tortonesi del 1243.)… dona al monastero i

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curone e Casei Gerola sul rio Limbione. Nel medio evo aveva un castello oggetto di contese tra Pavia e Tortona. Diede i natali a Brunone il Santo Abbate di Chiaravalle (presso Milano), che trattò con Federico Barbarossa le condizioni di resa dei tortonesi nel 1155 e che vedendo poi violati i patti e la città distrutta ne morì di crepacuore di lì a tre giorni. (Nota: Muratori- Annali 1155)

beni da lui posseduti nel predetto castello e altri ancora. Esso porta la data del 10 febbraio 1080 e contiene la frase che c’interessa: “ …in monasterio sancte Marie et sancti Alberti sito loco qui dicitur Butrio”. Da un altro documento del 2 maggio 1198 si ha notizia dell’esistenza in Bagnolo di una chiesa dedicata a sant’Alberto. Bagnolo è un villaggio situato fra Ponte-

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Quando avvenne questa prima ricognizione? Certo avanti il 1127 com’è dimostrato dal fatto che Arduino vescovo di Piacenza nel privilegio di esenzione concesso alla chiesa di Santa Mustiola nel 1127 indicava il monastero già col titolo di Santa Maria e di Sant’Alberto di Butrio. Anche nelle antiche litanie in uso nel secolo XVI Sant’Alberto era invocato tra i monaci e gli eremiti(Goggi – Storia della diocesi vol. III). Ma perché andarono smarriti “ tutti” i libri corali che contenevano gli essenziali elementi biografici del Santo? La spiegazione si può desumere dalle vicende storiche della Cattedrale di Tortona dove quei volumi giacevano dimenticati in qualche ripostiglio ad insaputa magari degli stessi canonici. Essa sorgeva sul punto più alto del Castello e l’aveva fatta costruire il vescovo S. Innocenzo fin dal sec. IV. Era insigne per le memorie storiche: là nell’anno 877 era stata incoronata l’Imperatrice Richilde consorte di Carlo il Calvo, da papa Giovanni VIII. Altri papi e imperatori essa aveva accolti tra le sue stupende navate ricche di marmi e di pietre preziose. Ma gli Spagnoli verso la metà del 1500 la conver-

tirono in un magazzino e i canonici dovettero scendere in città a officiare prima la chiesa di S. Stefano (ora distrutta), poi Santa Maria Canale e finalmente l’attuale Duomo aperto al culto nel 1583. Il 3 settembre 1609 si abbattè sulla zona un uragano ricordato negli annali per i suoi aspetti apocalittici; un fulmine colpì l’altissima torre della vecchia cattedrale, ove erano stipati circa 500 barili di polvere da sparo, e tutto andò distrutto fin dai fondamenti. (Ghilini – Storia di Alessandria). Tra quelle rovine furono trovate molte sacre reliquie fra le quali alcune ossa di Sant’Alberto. Dei libri corali non si rinvenne più nulla e le appassionate ricerche di mons. Legè, dell’Abbate Lugano e di altri cultori di storia ebbero sempre esito negativo.

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L’eremo dedicato a frate Ave Maria.

Antica fazenda.

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EMO

IN BR E. E R

Padre Antonio e la benefattrice Aparecida.

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Particolare nell’eremo.

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IN RICORDO DI MONS. MARTINO MARINI. ons. Marini Martino è nato a Sant’ Albano, nel comune di Val di Nizza, il 21 Aprile 1926 ed è stato ordinato sacerdote l’ 11 M giugno del 1949.

Grazie all’aiuto del fratello, il canonico Don Giuseppe e della sorella Consolina costruì, alla fine degli anni quaranta, giovane parroco, una nuova chiesa a Pometo (fraz. di Ruino) che fu intitolata a N.S. di Fatima. Erano anni di sofferenze e sacrifici per tutti, in quanto l’Italia stava uscendo dal triste periodo della guerra e gli italiani si stavano rimboccando le maniche per sconfiggere la povertà. I suoi parrocchiani, assieme a Lui, sono stati gli artefici di quegli anni e le cronache di quel tempo ne hanno esaltato le loro gesta. Mons. Marini era una persona con una forte personalità e con un grande potere di convincimento. Queste doti gli sono state utili per sensibilizzare le autorità pubbliche, fino ad arrivare a quelle ministeriali, della necessità di un aiuto economico per quel piccolo Comune dell’Oltrepò Pavese. E’ riuscito a costruire la nuova canonica e il salone parrocchiale, luogo di aggregazione per tutti i giovani del paese, ha cercato di ritardare l’esodo degli abitanti che lasciavano il lavoro dei campi verso la città per nuove attività più redditizie, creando una scuola professionale che poi divenne scuola media e riuscì ad avere a Pometo anche un piccolo stabilimento industriale ed una farmacia. Pometo è diventato il fulcro per i piccoli Comuni e frazioni del circondario, vale a dire per Canevino, Rocca de Giorgi etc. La sua missione pastorale è arrivata fino a portarlo a collaborare con i Paolini come cappellano dei pellegrinaggi a Lourdes e ne guidò, con successo, ben 107. Fu nominato, dal Vescovo di Lourdes, “Cappellano del Santuario di Lourdes”. Dopo 43 anni di lavoro a Pometo si ritirò a Bobbio per godersi la meritata pensione. Anche qui non riuscì a fermarsi e l’abbiamo visto sempre attivo, come cappellano dell’ospedale di Bobbio, portare confor30

to a tutti ed in particolare agli ospiti della casa di riposo pubblica e a quella in cui Lui risiedeva. Ha portato un aiuto morale e materiale a molte persone. Ha contribuito alla costruzione di nuove camere per disabili nella struttura delle Gianelline di Bobbio. Alle Gianelline ha fornito anche un aiuto monetario per la sede presente in India. Per quest’ultima, grazie al Suo contributo, è stato possibile ricostruirla dopo la distruzione causata da un uragano. In vita è stato un benefattore dell’Eremo di Sant’Alberto perché è stato il frate AVE MARIA, in un incontro avvenuto nell’età infantile, che gli aveva predetto che sarebbe diventato sacerdote. Nelle sue preghiere ha sempre ricordato la figura di questo venerabile eremita. Ci ha lasciato l’otto ottobre del 2011 a Bobbio. Ora riposa al cimitero di Pometo assieme a suo fratello e a sua sorella. Il sottoscritto, in qualità d’esecutore testamentario e come cugino, ha sentito il dovere morale di apporre a ricordo di Monsignor Martino Marini un busto nei pressi dell’Eremo che ne ricordi la sua devozione a Frate Ave Maria e la sua generosità nei confronti dell’Eremo stesso. 31


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NOTIZIE DI CASA

tona per commemorare la figura di don Carlo Sterpi primo Successore di san Luigi Orione al suo paese natale di Gavazzana AL. S aba t o 2 4 : partecipano alla S. Messa delle ore 16.30 l’Associazione Culturale “ Verso il cenobio” dalla Provincia di Varese. DICEMBRE 2012 D o me nic a 2 : Da Borgosesia Vc, Società Valsesiana di cultura.

NOVEMBRE 2012 Riprendiamo la cronaca di questo periodo con il ricordo del 100° della cecità fisica di Frate Ave Maria appena vissuto, trascorso, e celebrato con solennità e fede nel suo caro paese di Pogli d’Ortovero SV. Nel numero precedente è stata descritta la festa molto ben organizzata sia per il giorno 1 novembre che è il giorno dell’anniversario e sia della domenica successiva a chiusura delle celebrazioni. M art edì 1 3: Celebra qui in abbazia un’anziano Monsignore don Bacigalupo dalla Basilica dell’Immacolata di Genova, accompagnato da due amici. D o men ica 1 8 : Gruppo Scaut da Sant’Angelo Lodigiano, ai quali fra Ivan nel primo pomeriggio ha offerto un momento di riflessione e fraternità. M art ed ì 2 0 : Con solennità abbiamo vissuto questo giorno della Madonna della Divina Provvidenza patrona principale della nostra Congregazione Orionina. Giovedì 22: ci fa visita il nostro Vicario Generale da Roma don Achille Morabito. Ven erd ì 23: a pranzo con noi fratel Janus da Tortona che ha accompagnato don Freitas Consigliere Generale che si recherà a Tor32

Vene rdì 7 ; accogliamo le nostre Suore Juniores cioè di voti temporanei per una giornata di ritiro, ma il ritiro si è fatto ancor più breve perché cominciando a nevicare molto saggiamente han deciso di ripartire subito…. S aba t o 8 : un pulman da Varallo Sesia Vc. Ve nerdì 14 : la prima vera e propria nevicata… seguita nella notte da un ghiaccio tremendo per la mattinata del giorno seguente. D o me nic a 1 6 . Inizio della Novena di Natale che come da anni facciamo, è alle ore 20e 45 al posto di Compieta. Martedì 18; fra Luigi si è recato a san Sebastiano Curone alla Casa di riposo San Giuseppe, tenuta dalle nostre Suore, sia per confessare gli anziani in preparazione al S. Natale e celebrare con loro la S. Messa. Domenica 23; questa mattina Fausto, accompagna a Malpensa fra Luigi che parte per Lecce per recarsi da suo fratello Salvatore che a quanto pare sta vivendo gli ultimi giorni della sua esistenza terrena. Lu nedì 2 4; alle ore 22 la S. Messa della notte di Natale. Sempre molto partecipata, in questo luogo così suggestivo e antico. Ma rt ed ì 2 5: nella mattinata è tornato alla casa del Padre Salvatore Fiordaliso fratello del nostro fra Luigi. Il tempo è nebbioso e umido e nonostate i momenti di dolore e di lutto la celebrazione del S. Na33


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tale illumina tutto e ci proietta verso quel giorno che non conosce tramonto…. Me rc oledì 2 6: accogliamo il nostro confratello Raffael del Venezuela che sta studiando teologia a Roma e trascorrerà il capodanno con i giovani dell’Oratorio di Tortona. Lunedì 3 1: e siamo arrivati all’ultimo giorno dell’anno! Alle ore 22.30 siamo andati in chiesa per recitare l’Ufficio delle Letture e fare un momento di Adorazione Eucaristica. Oltre alla nostra piccola comunità erano presenti alcuni ospiti. GENNAIO 2013 M art e dì 1 ; Madre di Dio. Ecco che l’anno appena lasciato si ripresenta nel nuovo e la vita scorre…. Diversi pellegrini sono passati oggi, ma l’inverno ci regala giornate e giornate dense di silenzio e raccoglimento che ci riequilibrano un poco dal trambusto della bella stagione. Saper stare soli e bene con se stessi è già una gran bella cosa, mentre attorno a noi e a volte anche in noi l’affanno di un mondo frenetico sempre di corsa affaccendati in mille cose, rischiando di perdere l’unico necessario, Dio. Mercoledì 1 6: Nonostante la bella nevicata fra Ivan, fra Alejadro e l’amico erborista Felice partono per l’abbazia di san Nazzaro Sesia, in provincia di Novara e diocesi di Vercelli, ospiti del parroco don Salvatore Puglisi. L’abbazia è un gran bel monumento romanico fondata nel 1040 dal Vescovo di Novara Riprando unitamente ai suoi fratelli Conti di Biandrate e l’affidò ai monaci benedettini. La torre campanaria alta 35 mt. risale al sec. XI. L’illustre abate Antonio Barbavara fece ricostrire l’attuale chiesa e chiostro tra il 1429 2 1467. Oltre al pregevole aspetto storico- culturale e architettonico che la rende ambita meta di interesse turistico, l’Abbazia è caratterizzata dalla vita spirituale della parrocchia. Inoltre una recente ristrutturazione ha permesso di ricavare nella suggestiva atmosfera del chiostro superiore, una comoda struttura di foresteria per chi vuole trascorrere qualche ora, o qualche giorno di tranquillità e raccoglimento, come abbiamo potuto fare noi. 34

Facciata dell'Abbazia di san Nazzaro Sesia.

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Fra Alejadro, Felice, Fra Ivan e don Salvatore.

Particolare del chiostro dell'abbazia di san Nazzaro.

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Particolare della torre dell'Abbazia di san Nazzaro.

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Lunedì 2 1: 4 9° Anniversario della nascita al cielo del Venerabile Frate Ave Maria. Da Caserta come ogni anno ci ha telefonato il caro don Primo Poggi, che in quell’anno era chierico in Congregazione e fece assistenza a Frate Ave Maria l’ultima notte proprio quando all’alba del 21 gennaio alle ore 6.35 morì. Verà sant’Agnese a prendermi aveva detto il Venerabile alcuni giorni prima di morire…

MARZO 2013 Mercoledì 6: Festa Patronale per la Diocesi di Tortona, San Marziano Vescovo e martire. A presiedere la solenne celebrazione Eucaristica è il Vescovo della Diocesi di Biella Mons. Gabriele Mana invitato per l’occasione.

D o me ni ca 2 7 : Nel pomeriggio è arrivato Padre Giuseppe Mariani, dei Padri Oblati di Rho, per predicarci in questa settimana gli Esercizi Spirituali. FEBBRAIO 2013 Sabato 2; terminiamo gli esercizi e nel pomeriggio ci rechiamo in Cattedrale a Tortona AL, per la S. Messa presieduta dal Vescovo Mons. Martino Canessa per la giornata della Vita Consacrata. Quindi è la festa di tutti i religiosi e le religiose. Ven erd ì 8; nella mattinata fra Luigi si reca a San Sebastiano Curone AL, dalle nostre Suore e dagli anziani della Casa di Riposo San Giuseppe. S ab at o 9 : Nel Rifugio ospitiamo un gruppo Scout del Clan Lomellina 1° fino a domani nel pomeriggio. Ven erd ì 1 4: alle ore 16.00 come tutti i venerdì di quaresima la Via Crucis. S ab at o 16 : Sul mezzogiorno un pulman da Genova. Martedì 19: presso la nostra casa per anziani a Pontecurone AL è tornato alla casa del padre l’anziano parroco emerito don Adriano. Lo ricordiamo con simpatia e affetto, un buon sacerdote che ha saputo far del bene e farsi voler bene. 38

La Cattedrale di Tortona.

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Il reliquiario contenente san Marziano.

Fratel Janus con un gruppo di chierici orionini.

S ab at o 9: da Fano–PU, un gruppo di giovani con il nostro confratello Roberto Luciano.

Gaetano di Melegnano MI e don Franco Berti della parrocchia san Vincenzo De Paoli di Milano con un gruppo di giovani che nonostante questo tempo invernale sono saliti a Piedi da Pizzocorno verso l’Abbazia e hanno poi fatto un momento di preghiera.

D o me ni ca 1 0: Il Vice Parroco della Cattedrale di Tortona AL don Luca Ghiacci con un gruppetto di giovani. M art e dì 1 2 : 73° anniversario della nascita al Cielo del santo Fondatore don Luigi Orione. Moriva infatti a San Remo nella Villa Santa Clotilde oggi come allora residenza per anziani. Ve nerdì 1 5: Fratel Janus da Tortona accompagna un gruppo di chierici provenienti dall’Africa e hanno partecipato alla Via Crucis e Santa Messa.

L une dì 1 8 : Ha smesso di nevicare e ci pare sia stata la precipitazione più abbondante…. Sui 40 cm che bello! Doveva salire un pulman ma hanno dirottato per Varzi. Mart edì 1 9: Giornata splendidissima, non solo per la bella solennità di San Giuseppe, ma per il limpido cielo e il panorama stupendo dal chiostrino.

D o me ni ca 1 7 : giornata completamente invernale, con neve… sono arrivati due gruppi e cioè don Gianbattista Rota della Parrocchia san

Me rc ol edì 20 : ci fa visita Suor Vilma, Madre Provinciale delle nostre Suore Piccole Missionarie della Carità qui in Italia accompagnata da suor Mercedes da San Sebastiano Curone AL.

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D o me ni ca 3 1 : I giorni del triduo Pasquale sono stati accompagnati dal mal tempo e poca gente… ma vissuti ugualmente con intensità e fede. Nella nostra foresteria abbiamo accolto quattro ospiti per questi giorni. E oggi Pasqua di Risurrezione del Signore, giornata splendida, sei ospiti a pranzo tra i quali il caro amico Giovanni Pace con Paola da Roma. Fra Alejandro è a Roma con l’amica Viviana anche lei Argentina per la Messa di Papa Francesco.

Giovedì 18: In foresteria ospitiamo per il pranzo i notri amici del camper e cioè Ingrid e Pierluigi Lenzetti che di tanto in tanto da Voghera ci fanno visita e ci aspettano nel loro camper dopo pranzo per il caffè……Li ringraziamo perché sono questi piccoli gesti di amicizia e fraternità che rendono bella la vita e ci fanno sentire persone in cammino nel pellegrinaggio di questa esistenza terrena ognuno secondo la propria vocazione…

APRILE 2013

Sabato 20 : nella mattinata il Gruppo Maggiorenni TCI “ Angelo Restelli” di Milano. Hanno poi proseguito visita verso il castello di Oramala e Varzi.

L un edì 1: un pulman e un bel gruppo di famiglie da Varese. Tempo però nebbioso e umido che non ha permesso di fare il tradizionale picnic all’aperto nei dintorni del bel verde di cui gode l’Abbazia. Peccato che non sempre si lascia pulito e bello come si trova, eppure i cestini non mancano….

Lunedì 2 2: un pulman dell’ “Associazione 50 & Più” da Pavia, Mortara, Stradella,Vigevano, Voghera e Mede.

M erc ol ed ì 3 : alle ore 7 fra Ivan parte con due amici Lino e Piero per far visita ai suoi genitori a Cerrione BI, e quindi si aprofitta per fare una scappatina ad Oropa e a Bose.. e in serata rientro! Giovedì 4: E’ passata Armanda da Tortona del Movimento Laicale Orionino, con due Suore Polacche una delle quali da anni presta il suo servizio in Madagascar. D o me ni ca 7 : Un pulman da Ravenna. S a ba t o 1 3 : ringraziamo l’amico Carlo per averci regalato un televisore. Pur non facendone grande uso negli anni il nostro vecchio televisore in questi giorni è andato in fumo!!! D o me ni ca 1 4 : un pulman dalla Liguria e precisamente da Savona, Albissola, Vado Ligure e dintorni. 42

Gli amici del camper Ingrid e Pierluigi Lenzetti.

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I PENSIERI DI FRA SERENO VECCH I S TA MP I ….. Io sono della generazione del “PER FAVORE” e del “GRAZIE”. Del “ RISPETTO” e del chiedere “PERMESSO”. Di “SALUTARE” con un sorriso di “AMORE” le “ PERSONE” per quel che “SONO” e “NON” per quel “ HANNO” o mi “DANNO”. Mi è stato insegnato a trattare le “ PERSONE” con “ GENTILEZZA”. “RISPETTO” per gli “ANZIANI”. A dare il “ BUON GIORNO” e “ BUONA SERA”……….

come un piccolo che sogna la mamma e che si sveglia con la mamma che lo stringe al cuore. Così io farò per te”. Sta di fatto che a partire dal 1956 Maria Valtorta iniziò a dare segni di un distacco psichico che gradualmente diventava negli anni successivi incomunicabilità, dolce apatia, abbandono totale, ma che non fece mai smorzare nel suo viso la vivezza dello sguardo o alterare la serenità dell’espressione. Si spense il 12 ottobre 1961, ubbidendo al sacerdote che le recitava la preghiera degli agonizzanti: “ “ Parti anima cristiana da questo mondo.”. Aveva 64 anni ed era in letto da 27 anni e mezzo…. Da: “ Lezioni D’Amore” Brani scelti di Maria Valtorta Ediz. “ La Fede”.

E’ Bello credere all’amore, questa verità. E’ la verità della nostra vita. Facciamo questa preghiera: “ Signore, credo nel tuo amore… E apriamo il cuore perché questo amore venga, ci riempia e ci spinga ad amare gli altri… Papa Francesco. L’Umiltà arriva ovunque…l’arroganza e la prepotenza si fermano nelle menti piccole… Madre Teresa Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla, e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato. H. Murakami Già da alcuni anni il 12 settembre 1944 Gesù le aveva predetto una morte estatica: “ Come sarai felice quando ti accorgerai di essere nel mio mondo per sempre e d’esservi venuta dal povero mondo, senza neppure essertene accorta, passando da una visione alla realtà, 44

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Libreria Sono disponibili presso la Libreria dell'Eremo le seguenti pubblicazioni: – D. Sparpaglione, Frate Ave Maria, Edizioni Eremo di S. Alberto, Ponte Nizza (PV) pp. 32.

– Storia di Frate Ave Maria a fumetti, Edizioni Eremo S. Alberto, Ponte Nizza (PV), pp. 62.

– D. Flavio Peloso, Si può essere felici. Edizioni Piemme, Casale Monferrato (AL), pp. 204.

– Arcangelo Campagna, L’eremo di S. Alberto di Butrio, guida storico artistica, Edizioni Eremo di S. Alberto, Ponte Nizza (PV), pp. 72.

Don Vincenzo, la catechista Chiara e le tre bimbe della prima comunione.

– A. Gemma, I fioretti di Don Orione, Edizioni Devoniane, Roma 2002 Seconda Edizione.

– Sui passi di Don Orione, “Sussidio per la formazione al carisma”, Edizioni EDB 1997, pp. 320

– D. A. Lanza: Don Luigi Orione e gli eremiti della Divina Provvidenza. Nel primo centenario della fondazione 1899-30 luglio 1999. Piccola Opera della Divina Provvidenza, via Etruria 6 00138 Roma.

– San Luigi Orione L’apostolo della carità, Edizioni Velar.

– Via Crucis con Don Orione, a cura di Don Francesco Mazzitelli FDP Grafiche Grilli srl, Foggia. 2004.

– Don Luigi Orione una vita ad immagini, a cura di don Giuseppe Rigo B.N. Marconi Arti Grafiche e Fotografie, Genova 1997. Casa di spiritualità.


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16-05-2013

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LAUS ET LABOR

EREMITI DELLA DIVINA PROVVIDENZA (Don Orione) Eremo e Parrocchia di Sant’Alberto c/c postale N. 14030274

www.eremosantalbertodibutrio.it - E-mail: eremo.sant.alberto@libero.it

Santa Messa festiva:

Feriale Ore 7.00 - Per tutto il mese di agosto anche ore 16.30 Pre-festivo: ore 16.30 Festivo: ore 10 e 16.30 (tutto l’anno).

Visita all’Abbazia:

Dalle ore 8.00 alle 12.00 – Dalle 14.30 alle 19.00

Feste:

Sant’Alberto Prima domenica di settembre. Nel pomeriggio: Messa ore 16.00 seguita dalla processione.

Memoria di Frate Ave Maria 3a. Domenica di maggio nell’Eremo di S. Alberto – Ponte Nizza (Pavia) 4a. Domenica di maggio a Pogli di Ortovero (Savona). Indicazione per chi utilizza il Navigatore: Per trovare la strada per l’Eremo, cercare Abbadia Sant’Alberto di Butrio.

Supplemento N. 1 al Don ORIONE, Foglietto mensile del Piccolo Cottolengo di Milano 20146 Milano - Viale Caterina da Forlì, 19 - Anno XXXXVII - N. 6 - Giugno 2013 Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Bergamo Realizzazione a cura della Editrice VELAR, Gorle (Bg) Foto: Edizioni Eremo - Stampa: Litonova, Gorle (Bg) Spedito nel mese di Maggio 2013

L’Editrice VELAR assicura che i dati personali vengono trattati con la riservatezza prevista dalla legge in vigore (675/96) e utilizzati esclusivamente per le proprie proposte commerciali. Su richiesta, tali dati potranno essere cancellati o rettificati.


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