5 minute read

RICETTA: RISOTTO CON I CARCIOFI

Ingredienti:

• carciofi: uno a testa più uno

Advertisement

• riso Carnaroli: 80 gr a testa.

• un tuorlo ogni due persone più uno.

• vino bianco q.b.

• pecorino romano q.b.

• brodo vegetale q.b.

• aglio: uno spicchio.

• burro: 10 gr a testa.

• pepe: q.b.

• sale: q.b.

Procedimento:

Il primo passo, ovviamente è pulire i carciofi, quindi togliamo le foglie più esterne, tagliamo la parte più dura (quando le foglie passano dal colore chiaro a quello scuro), puliamo i gambi e rimuoviamo la parte spugnosa e li tagliamo a fettine. Procediamo quindi col cuocerli in abbondante olio extravergine di oliva con lo spicchio di aglio facendo dorare un po’ con la fiamma alta, una volta che saranno ben dorati abbassate la fiamma (se si attaccano un po’ sul fondo non preoccupatevi, è giusto che lo facciano) e lasciate cuocere con coperchio con un filo di acqua fino a che non saranno morbidi. Rimuoviamo quindi l’aglio e frulliamo buona parte dei carciofi tenendone un po’ da parte per la decorazione, la salsa ottenuta sarà poi da filtrare con un colino, onde evitare di avere filamenti nel piatto che andrebbero a rovinarne la consistenza. Nel frattempo, portiamo a bollore il brodo vegetale.

Adesso cuociamo il riso nella stessa pentola dei carciofi; lo mettiamo a tostare a secco (quindi niente olio né acqua) a fiamma alta fino a quando vedremo che i chicchi cominciano vagamente a dorarsi, a questo punto aggiungiamo il vino bianco e lasciamo bene evaporare la parte alcolica, una volta scomparsa aggiungiamo un paio di mestoli di brodo a coprire il riso e portiamo a cottura. Una volta arrivati a ¾ della cottura aggiungiamo la nostra salsa filtrata e finiamo di cuocere, nel mentre prepariamo una salsa composta dai tuorli, un po’ di pecorino, sale e pepe (un po’ come se dovessimo preparare la crema per la carbonara).

A cottura ultimata spegniamo il fuoco e facciamo riposare il nostro risotto aggiungendo il burro (molto freddo, possibilmente) ed il pecorino, se avete portato la cottura troppo avanti e vedete che si è asciugato non vi preoccupate, vi basterà aggiungere del brodo caldo (ma non a bollore).

Finiamo con l’impiattamento, riso alla base, crema e carciofi a pezzi a decorare, ultimiamo con un’ultima spolverata di pecorino e pepe.

Buon appetito!

STRUMENTI NEGOZIALI DI REGOLAZIONE DELLA CRISI DI IMPRESA dell’Avv. Simone Facchinetti

Il nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza (CCII) prevede vari strumenti di regolazione della crisi, i quali possono essere distinti in due macro-categorie:

- strumenti riconducibili alle procedure concorsuali (accordi di ristrutturazione, concordato preventivo, piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, concordato minore, piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore);

- strumenti negoziali ed extraprocessuali (piano attestato di risanamento e convenzione di moratoria).

In questo elaborato, ci concentreremo in particolare sugli strumenti di composizione negoziata ed extra-processuale della crisi di impresa, ovvero il piano attestato di risanamento e la convenzione di moratoria, i quali mirano alla risoluzione della crisi e dunque al suo risanamento in un’ottica di continuità aziendale.

Il piano attestato di risanamento era già sommariamente previsto dall’art. 67, comma 3, lett. d), della vecchia Legge Fallimentare, nell’ambito della disciplina delle esenzioni dalla revocatoria fallimentare. Ora l’istituto è confluito all’interno del nuovo art. 56 CCII, il quale ora offre una disciplina più completa e compiuta.

Da un punto di vista soggettivo, il piano attestato di risanamento può essere predisposto dall’imprenditore commerciale in stato di crisi o di insolvenza, con esclusione dell’imprenditore c.d. minore, non incluso nell’elenco di cui all’art. 25 quater CCII.

Il pianto attestato di risanamento deve includere sia la c.d. diagnosi che la c.d. prognosi della crisi.

Da un lato, dunque, dovrà essere esplicata la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa per poi evidenziare le principali cause della crisi.

Dall’altro, invece, occorrerà individuare le strategie di intervento per la risoluzione della crisi con indicazione delle tempistiche necessarie a riacquistare il riequilibrio della situazione finanziaria, elencando altresì gli eventuali apporti di finanza nuova e l’elenco dei creditori con i quali siano in corso trattative e negoziazioni. Il piano deve essere oggetto di specifica attestazione da parte di un professionista indipendente.

Non è invece richiesto alcun intervento del Tribunale ai fini della sua approvazione in quanto, come già detto, il piano attestato è uno strumento negoziale e dunque stragiudiziale di risoluzione della crisi.

Residua soltanto la possibilità di un controllo giurisdizionale ex post volto a verificare gli effetti del piano, con particolare riferimento all’esenzione dall’azione revocatoria anche ordinaria. A tal riguardo, in particolare, si ricorda come, ai sensi dell’art. 166, comma 3, lett. d) CCII, sia previsto che non siano soggetti all’azione revocatoria gli atti, i pagamenti eseguiti e le garanzie concesse sui beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano (purché tali atti e contratti posti in essere del piano). Rispetto alla vecchia disciplina, è inoltre previsto che tale esclusione non operi in caso di dolo o colpa grave dell’attestatore. Nel caso in cui dunque venga avviata un’azione revocatoria, il controllo del Tribunale potrà essere volto tanto alla verifica di una eventuale assoluta ed evidente incapacità del piano di risolvere la crisi, quanto alla verifica della sua fattibilità economica in concreto.

La convenzione di moratoria è anch’essa uno strumento di regolazione negoziale della crisi che, a differenza del piano attestato, può essere stipulata dall’imprenditore anche non commer- ciale e dal c.d. imprenditore minore. Tale strumento è stato per la prima volta introdotto all’interno del vecchio art.182-septies, comma 5, L. Fall., poi confluito nell’art.182 octies L. Fall. e ora nel nuovo art. 62 CCII. Nello specifico, la convenzione di moratoria è un accordo tra il debitore ed i suoi creditori (non più limitati, come in passato, alla sola categoria dei creditori bancari o intermediari finanziari) volto a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi ed avente ad oggetto la dilazione dei pagamenti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive o conservative e ogni altra eventuale misura che non comporti rinuncia al credito.

In deroga agli artt. 1372 e 1411 c.c., la legge espressamente prevede che l’accordo sia efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengono alla medesima categoria. Affinché ciò avvenga, è tuttavia richiesto il rispetto delle condizioni di cui all’art. 62 comma 2 CCII:

- tutti i creditori devono essere stati informati della situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, in modo da essere posti nella condizione di partecipare alle trattative; - i creditori aderenti alla convenzione di moratoria devono rappresentare almeno il 75% dei creditori appartenenti alla medesima categoria (con tale termine intendendosi un gruppo di creditori aventi una posizione giuridica ed economica omogenea);

- ci deve essere una concreta prospettiva che anche i creditori non aderenti, ai quali andranno estesi gli effetti, possano essere soddisfatti in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale;

- la convenzione deve essere accompagnata dall’attestazione di un professionista indipendente in merito alla veridicità dei dati aziendali e all’idoneità della convenzione di risolvere almeno provvisoriamente gli effetti della crisi.

Una volta stipulata la convenzione, gli effetti si producono in automatico, senza la necessità di alcun intervento giurisdizionale. A tal fine, è altresì necessario che la convenzione, unitamente alla relazione del professionista, sia comunicata ai creditori non aderenti mediante lettera raccomandata o pec: da tale comunicazione decorre il termine di 30 giorni entro il quale i creditori non aderenti possono proporre opposizione davanti al Tribunale ex art. 62 comma 5 CCII, il quale decide in camera di consiglio con sentenza reclamabile innanzi alla Corte D’Appello ex art.62 comma 7 CCII.

Il legislatore non ha, tuttavia, previsto un’articolata disciplina del giudizio di opposizione ex art. 62 comma 5 CCII e permangono allo stato forti dubbi in merito al coordinamento di tale istituto con le norme che disciplinano la sospensione e l’esecuzione dell’eventuale procedimento esecutivo.

This article is from: