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FILOSOFIA DEL VIVERE SOCIALE di Debora Bizzi

L’uomo è un animale sociale. Così Aristotele definì l’essere umano, in quanto capace di unirsi in gruppo e costituire una società, ovvero, un insieme organizzato di individui. La capacità di interagire con gli altri, il risultato delle cosiddette “abilità sociali”, è essenziale per l’essere umano. Queste ultime, sono così fondamentali da essere per la maggior parte automatiche, fuori dal controllo cosciente.

Fin dalla nascita delle prime comunità, infatti, gli uomini si sono riuniti in gruppi sociali per poter sopravvivere. Questa unione è stata possibile grazie a regole e modi di vivere comuni. Per poter vivere all’interno di una comunità è importante attenersi a quelle che sono le regole sociali della stessa. Regole comportamentali, così da mantenere un clima pacifico e sereno, così che ogni membro della società si senta al sicuro e protetto. E ciò fa bene sia al corpo che alla mente dell’individuo.

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Oggi questo concetto è oramai assoluto in ogni essere umano e in ogni società. Ed è stato, in parte - e per certi versi - declinato alla “dimensione umana” dell’individuo. Al ben vivere sociale In salute, nel corpo e nello spirito. Per noi stessi e per il bene del prossimo. L’insegnamento che governa tutto il comportamento dell’individuo e lo indirizza al bene, dirige anche le azioni che sono rivolte alle altre persone, cioè le azioni che riguardano il vivere sociale - nell’accezione d’oggi. L’etica del ben vivere, in quanto il vivere bene consiste nell’agire bene.

E, come nell’antichità, la società si forma in vista del bene comune. Vivere in comunità e vivere civile. Ovvero rispettando gli altri e le regole che ci sono nella comunità, dei nostri governi.

Rispettando la cultura di riferimento. La convivenza civile è infatti la forma di vivere sociale tutelata da norme. Non rubare, non insultare il prossimo, non assalire le donne, non imbrattare né inquinare l’ambiente. Rispettando ciò che ci circonda: dal prossimo alla natura. Nella vita quotidiana, nel lavoro, nel rapporto con il prossimo, in tutto.

L’etica umana contribuisce infatti alla salvaguardia dell’ambiente. Onestà, produttività, atteggiamento positivo, rispetto, comunicazione e cooperazione, beneficenza, giustizia, ... Sono solo alcuni dei comportamenti etici, da adottare in differenti ambiti della nostra quotidianità. Esiste però, anche, una branca dell’etica legata ai comportamenti corretti per l’ambiente e per la sua salvaguardia. Si chiama etica ambientale. Ed è un comportamento ecologico per il bene comune. Rappresenta un settore dell’etica applicata ovvero della riflessione morale intorno ai problemi posti dagli sviluppi della tecnologia e della struttura economica della società industriale avanzata. Ha iniziato ad affermarsi di recente, agli inizi degli anni ‘70, e si fonda sui rapporti tra uomo e natura: la responsabilità dell’uomo verso l’ambiente in cui vive, il rispetto e l’utilizzo degli animali e del regno vegetale. E prevede pratiche e comportamenti di vario genere, nel rispetto della natura e del Pianeta che abitiamo, come ad esempio azioni per ridurre l’emissione di CO2 e l’impronta ambientale. Ridurre i consumi, i nostri spostamenti in auto, non sprecare energia elettrica, consumare meno carne e pesce, riciclare di più per produrre meno, utilizzare meno carta e meno prodotti di pulizia organica, scegliere prodotti biologici, ottimizzare i sistemi di raffreddamento e riscaldamento, consumare consapevolmente. Tutte piccole azioni per rispettare l’ambiente.

IMPIANTO TERMO-IDRAULICO: I CONSIGLI DELL’ESPERTO di Mario Gnocchi

Impianti Di Ultima Generazione Per Rendere Le Nostre Case

PIÙ CONFORTEVOLI, VRF O IBRIDO?

VEDIAMO DI FARE CHIAREZZA SUL CONFORT di Mario Gnocchi

Sono capitato su un blog di un autorevole azienda il cui core business è il riscaldamento, però da qualche tempo si occupa anche di condizionamento, interessante mi dico. È un blog aziendale, ho molta stima di questa realtà industriale ma dopo aver letto un secondo suo articolo, sempre in tema di condizionamento con VRF, ho sentito l’esigenza di chiarire alcuni aspetti tecnici, di evidenziare messaggi forvianti che saltuariamente sento affiorare nel quotidiano fare e disfare. Nel VRF il terminale (ad esempio fancoil) è direttamente collegato all’evaporatore della unità esterna. Nell’impianto Idronico il terminale non è direttamente collegato all’evaporatore ma esiste il fluido intermedio (l’acqua) che unisce i due. L’obiettivo di questo articolo non è screditare l’azienda che mi ha dato questo spunto ma di evidenziare quanto sia importante il marketing anche su tematiche apparentemente esclusive di competenze tecniche; vorrei far capire che quando le aziende con un buon marketing comunicano messaggi tecnicamente corretti, vengono conside- rate autorevoli nel loro settore. Rispetto agli altri articoli, questo non è prevalentemente tecnico ma è assolutamente concreto. Il messaggio di marketing in questione propone una tecnologia migliore, basando tutto il messaggio su un concetto ovvero che la loro tecnologia “ottiene impianti con il comfort”; nello specifico evidenzia la tecnologia di climatizzazione VRF come migliore della tecnologia IDRONICA in quanto la prima prometterebbe un miglior comfort della seconda. Ci tengo a chiarire in modo fermo e deciso che per onestà intellettuale non tifo per il VRF rispetto all’Idronico e nemmeno viceversa, voglio dire che la mia non è una presa di posizione a favore dell’Idronico o a favore del VRF è una presa di posizione sulle Leggi della Termodinamica, che sono Leggi e non sono come si vorrebbe; mi schiero dalla parte degli impianti progettati grazie alle tecnologie che da sole non potrebbero ottenere il comfort. Nelle prossime righe non andrò a dire che una tecnologia è migliore dell’altra perché non è vero; io andrò a dire che l’equazione: ”il VRF è migliore dell’IDRONI-

CO perché migliora il comfort è falsa”. Parlare di comfort significa avere chiaro la normativa UNI EN 7730 e la sua comprensione non è come una passeggiata al parco, non voglio qui spiegare la normativa sopra citata ma sicuramente voglio dare qualche flash in modo da chiarire come il comfort non risieda solo nella tecnologia ma nel progetto ovvero nelle scelte e nei dimensionamenti del progettista. Al comfort si arriva per passi successivi: quanto bello e semplice sarebbe se con una sola tecnologia si potesse raggiungere il comfort (e già che ci siamo il risparmio energetico)! Parlare di comfort significa tirare in gioco gli studi di Fanger e soprattutto controllare tutti quei parametri che fanno aumentare il punteggio ad un ambiente con buon comfort, uno ad esempio è la velocità dell’aria che le persone percepiscono in ambiente (ambienti trattati bassa velocità ottengono maggior numero di persone soddisfatte). Mi sto sforzando di non parlare della normativa però hai già capito che al nostro corpo quando è in un ambiente (ambiente confinato), poco gli importa se dentro ai tubi dell’impianto circola gas refrigerante o acqua, lo dico in maniera diversa, al nostro corpo poco gli importa se l’impianto è VRF o Idronico. Soluzione di PDC a gas (GHP) che consente di ottenere impianti VRF ma anche Idronici e anche soluzioni ibride Idroniche e VRF. Per quasi 20 anni ho approfondito molto il tema degli impianti radianti (a pavimento) e per questa tipologia di terminale posso tranquillamente dire che, se ben progettati, possono migliorare il comfort. Penso che il VRF sia una delle tecnologie che si possono scegliere per realizzare gli impianti di condizionamento e riscaldamento, sono impianti eccezionali, così come lo sono gli impianti Idronici, io stesso progetto impianti VRF con molta soddisfazione come anche progetto impianti Idronici con altrettanta soddisfazione; ogni giorno scelgo impianti con una o l’altra tecnologia e sono convinto che sia soprattutto l’attenta scelta dei parametri di funzionamento dei terminali (siano essi ad acqua o a gas refrigerante) e la loro collocazione contestualizzando l’ambiente da trattare a rendere un accettabile comfort (temperatura, umidità ecc. ecc.) sia nel caso VRF che nel caso Idronico. Aggiungo che il VRF oggi ha soluzioni molto interessanti che si prestano ad ottenere impianti Idronici partendo da una tecnolo- gia ad espansione diretta ed esistono pure soluzioni ibride che sfruttano il VRF in abbinamento al gas metano. Soluzione ibrida VRF e caldaia. Senza scendere in tecnicismi, il terminale Idronico e il terminale VRF raffredda l’aria allo stesso modo; poi l’aria raffredderà l’ambiente per convezione; l’aria che si è raffreddata attraversando la batteria del terminale (Idronico o VRF che sia) a cosa gli importa se la batteria era fredda perché c’era dell’acqua refrigerata (impianto Idronico) o del gas refrigerante (VRF)? All’aria non interessa chi raffredda la batteria del terminale, all’aria interessa che la batteria sia fredda in modo da potersi raffreddare. L’impianto Idronico utilizza acqua come fluido vettore, l’impianto VRF utilizza gas refrigerante come fluido vettore. L’aria attraversa la batteria del terminale (ad esempio il fancoil) e così facendo si raffredda, punto. Ho molto rispetto del marketing, penso che sia determinante per la comunicazione e quando ben fatto è la cosa più stupefacente che ci sia perché riesce a comunicare concetti complessi in modo semplice. Spero che questo articolo possa essere letto e compreso da molti operatori del settore e privati in modo che davanti ad una scelta su quale impianto sia meglio, tenga presente che ogni soluzione ha pregi e difetti (soprattutto il test a livello epidermico dell’utilizzatore) e che la tecnologia scelta (VRF o Idronico che sia) non potrà da sola raggiungere il comfort ma sarà la sua sinergia con altri fattori progettuali a ottenere un ambiente confortevole. Soprattutto spero che questo articolo sia letto anche dalle aziende che del marketing riconoscono l’importanza per avere autorevolezza in un mercato in cui l’aspetto tecnico è preponderante rispetto l’aspetto emozionale.

La nostra missione ci spinge ad agire con ostinazione nel dare soprattutto chiarezza ai nostri clienti. E resta che a prescindere da quale sia la natura del sistema (VRF o Idronico) un generatore termico a combustione in supporto lo suggerisco sempre. Mentre ai fini del risparmio sulle spese di gestione per l’energia questi impianti trovano il massimo riscontro se paralleli ad un impianto fotovoltaico, almeno questo per il confort economico è un dato di fatto!

RAPPORTO UOMO-NATURA: UN VIAGGIO NELLA LETTERATURA di Martina Campanelli

La dicotomia uomo-natura è stata, fin dagli albori della società, argomento di produzione letteraria.

La descrizione della natura da parte del poeta ha quasi sempre avuto un obiettivo che va al di la della descrizione di spazi ed ambienti che fanno da sfondo alle vicende umane.

L’elemento naturale può divenire espressione dello stato d’animo del personaggio protagonista o dell’autore, può rappresentare un’immagine dell’ordine provvidenziale che governa il mondo o essere manifestazione della fredda legge imperturbabile alla sofferenza e fragilità dell’essere umano.

Nella tradizione classica, attraverso la creazione di un’intricata cosmogonia, le civiltà greche sono le prime a trasformare in Dei gli elementi dell’ambiente: la Terra diventa Gea, il mare Poseidone, il vento Eolo. Nella mitologia greca la Natura è descritta tramite un processo di personificazione secondo cui i vari elementi sono creature divine che interagiscono tra loro e che determinano la varietà degli aspetti naturali e la loro incidenza sulla vita degli uomini. Nel mondo greco chiunque ha piena coscienza che la realtà non è fine a se stessa ma segno di un rapporto con il divino e contenente un messaggio per l’uomo; la natura è mezzo di comunicazione tra uomo e divinità ad esempio l’abbondanza dei raccolti è premio per la sua fede mentre le carestie punizione per cattive condotte. Per portare un esempio letterario nell’Iliade la pestilenza che si abbatte sugli Achei viene interpretata come punizione di Apollo per l’affronto di Agamennone nei confronti di Crise, uno dei suoi sacerdoti.

Nella Grecia classica Esiodo con il suo poema “Le opere e i giorni” introduce l’idea che l’uomo, con il suo lavoro, l’impegno e la fatica possa trasformare la Natura a suo vantaggio attraverso la coltivazione, per produrre quanto a lui utile. In questo spirito diventano importanti gli astri, personaggi mitologici mutati in stelle o costellazioni che scandiscono il succedersi delle occupazioni agricole secondo le stagioni.

È in questo periodo storico che si afferma il primo rapporto tra individuo e natura con Saffo; se in Omero la natura esiste per intermediazione degli dei che creano cielo e terra, monti e isole, Saffo compie una rivoluzione anche nel rapporto uomo/natura. Potremmo definire Saffo una poetessa sovversiva perché cambia la percezione che l’uomo ha, non solo dell’amore, ma anche della natura.

La natura saffica viene infatti attraversata dallo sguardo umano come un’alterità rispetto all’uomo e non come creazione umana né divina, quindi la poetessa si perde nella natura attraverso la contemplazione e riflette in essa i suoi stati di animo di gioia, entusiasmo o malinconia.

Anticipa dunque la lirica moderna, specie leopardiana e romantica, in cui la natura diventa specchio dei sentimenti umani e assume così una dimensione lirica e universale.

Alla tradizione greca deve sicuramente molto quella latina, creatrice con Virgilio del topos del “locus amoenus”, un paradiso naturale dove regnano solamente bellezza ed armonia; il paesaggio virgiliano non si riduce tuttavia mai a sfondo convenzionale ma è espressione di sentimenti soggettivi e di reinterpretazione della natura.

Essa non è concepita diversamente dall’uomo ma ne condivide i sentimenti e le sofferenze: come già avveniva in Lucrezio, la natura subisce un processo di umanizzazione che diverrà poi una costante di tutta la poesia bucolica in genere, da Petrarca a Leopardi. Elemento centrale di tale procedimento è il pathos, che travalica la sfera umana per coinvolgere il mondo degli animali e persino delle piante. Un esempio tipico viene dal passo del libro II dove si parla della potatura delle viti: il buon agricoltore, nel compiere l’operazione, dovrà evitare di toccare le fronde quando la loro età è ancora tenera poi, quando saranno cresciute e avranno abbracciato gli olmi, allora potrà tagliare loro le “braccia” che prima temono il ferro. Alla pianta vengono attribuiti non solo caratteri fisici umani come le braccia, ma vengono utilizzati anche termini che indicano la crescita e lo stato psicologico tipico dell’uomo (il timore del ferro, del tutto simile a quello che una persona può provare davanti a una spada che minaccia di ucciderlo).

La svolta avviene tutta via con il Cristianesimo; la Natura viene vista in una dimensione nuova, in quanto frutto della creazione divina, concessa per generosità da Dio agli uomini come luogo di vita dopo la caduta conseguente al peccato originale, habitat da cui raccogliere i frutti, ma anche da far prosperare con il lavoro e la fatica personale. Tra i vari elementi della Natura con il Cristianesimo assume una valenza particolarmente forte l’acqua, vista come occasione di purificazione in rapporto al rito del battesimo, con la conseguenza di valorizzare anche i fiumi.

Nei secoli del Medioevo le conoscenze della natura sono scarse e limitate e la sua percezione è piuttosto generica, come possiamo vedere dal Cantico delle creature di San Francesco, in cui la flora è del tutto indeterminata, mentre gli elementi della Natura (il Sole, la Luna, l’acqua) vengono percepiti solo come oggetti della creazione divina.

Il Romanticismo e la natura sono collegati perché gli artisti e i filosofi del periodo romantico hanno sottolineato la gloria e la bellezza della natura e il potere del mondo naturale. Alcuni studiosi di romanticismo ritengono che i romantici trattassero la natura in modo quasi religioso. Le ragioni per lo sviluppo di questo forte legame tra natura e romanticismo includono la rivoluzione industriale, che ha portato molte persone a lasciare le aree rurali e vivere in città, separate dal mondo naturale. Inoltre, durante i secoli XVIII e XIX, quando il romanticismo era popolare, vaste aree della natura selvaggia europea e nordamericana erano state addomesticate, così che era diventato generalmente molto più sicuro per le persone viaggiare in queste aree e osservare le loro meraviglie naturali. Molti artisti, scrittori e filosofi romantici credono nel mondo naturale come fonte di emozioni e idee salutari; al contrario, l’emergente mondo urbano e industrializzato è stato spesso descritto come una fonte di emozioni, morali e pensieri malsani.

Il punto nodale della nostra tradizione poetica è indubbiamente rappresentato nell’Ottocento dalla poesia del Leopardi che propone una visione sistematica della Natura, con la sua teoria della Natura matrigna, di derivazione classica, a cui arriva attraverso le varie fasi del suo pessimismo, che da storico ed individuale diventa cosmico (dall’Ultimo canto di Saffo al Canto notturno di un pastore errante dell’Asia).

La ginestra che si trova sul vulcano ed abbellisce questa zona arida è gentile, in opposizione alla minaccia del vulcano; essa rappresenta la pietà verso la sofferenza degli esseri perseguitati dalla natura. Diventa un messaggio di solidarietà per tutti gli uomini che non possono fare altro che allearsi in una catena sociale e costruire una rete di solidarietà e reciproco soccorso. Con questa catena sociale l’uomo potrebbe garantire una società più giusta e può essere confortato dai suoi simili quando la natura si ritorcerà contro di lui, cosa che inevitabilmente accadrà. Il Novecento è inevitabilmente scosso da due conflitti mondiali che stravolgono la concezione stessa di vita, ma anche di natura.

Essa per alcuni è malvagia e noncurante dei suoi figli, per altri invece come Calvino, diventa santuario e luogo di protezione per la resistenza e gli ideali di libertà. Scrive: ”La Natura non è più il romantico repertorio dei simboli del mondo interiore del poeta, è qualcosa che è prima e dopo e dappertutto, che l’uomo non può modificare ma solo cercare di capire, con la scienza o la poesia, e d’esserne all’ altezza”

L’eredità romantica, che si basa sulla partecipazione emotiva allo spettacolo e forme della natura, si confronta all’inizio del nuovo secolo con una lettura disincantata dello scenario ambientale con una crisi che nasce dall’ incapacità di vedere e che corrisponde alla trasformazione del mondo di fronte al soggetto, soprattutto in epoca di intensa industrializzazione. La natura offre ancora, in casi isolati, uno spettacolo da contemplare, un’immagine di vita armoniosa ed operosa, come nel romanzo “Guerra e Pace” di Tolstoj, riprendendo un motivo campestre già celebrato nella classicità.

Lo studio del paesaggio letterario riguarda quindi la codificazione del mondo esterno all’ interno di un quadro culturale, ma anche la percezione che il soggetto ha di sé al suo interno e i rapporti tra questi due elementi, tra io e natura.

Di questo mondo, che è per l’uomo sia uno «spettacolo» da ammirare e da capire sia “spazio teatrale” nel quale presentarci per interpretare il nostro ruolo di attori, secondo l’intuizione di Calderón de la Barca; l’uomo si è interrogato sin dall’inizio del suo trovarsi “dentro” di esso, cercando di capire le leggi che ne regolano i meccanismi, per riuscire, in definitiva, a capire se stesso, come parte del mondo e come artefice principale delle trasformazioni che si operano in esso.

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