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I riti avranno luogo nella

Cattedrale di San Giovanni, rispettivamente domenica

22 e sabato 28 gennaio

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Tempo di tappe importanti per diversi seminaristi del Redemptoris Mater, il seminario missionario della diocesi di Macerata. Domenica 22 gennaio, infatti, alle ore 17 nella cattedrale di San Giovanni verrà conferito il ministero del lettorato a cinque di loro. Si tratta di Alessandro Trudu, proveniente da Cagliari, Gabriel Falzon Reale, giovane nato nell’isola di Malta, Gianmarco Paoletti di Giulianova, il veneziano Tommaso Via- ro e Andrea Carbonari da Montefano; i cinque stanno compiendo il percorso di formazione appunto nel seminario maceratese da almeno cinque anni. Il 28 gennaio invece monsignor Nazzareno Marconi presiederà l’ordinazione diaconale di Antonino Pastore, sempre nella chiesa di San Giovanni alle 17. Classe 1975, Antonino è originario di Pescara dove ha vissuto per oltre vent’anni, fino al 2004 quando si è trasferito a Padova. Dallo scorso novembre presta servizio presso la parrocchia di Santa Croce a Macerata. L’abbiamo intervistato alla vigilia dell’Ordinazione. Come hai sentito la chiamata a entrare in seminario? Durante l’adolescenza ho vissuto un tempo di forte crisi che è stata la condizione di possibilità affin- ché potessi ascoltare e aderire all’annuncio del Vangelo. Tra la fine delle superiori e l’inizio dell’università è iniziato questo processo di conversione maturato in seno alle realtà francescane laicali, accompagnate spiritualmente dai frati minori conventuali d’Abruzzo. Durante gli studi alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università di Chieti ho avuto modo di partecipare ad un’esperienza missionaria in Burundi. La visita è durata tre settimane ma in quel tempo così intenso ho sentito che il Signore mi stava chiamando a diventare un altro tipo di “medico”. Dopo due anni sono entrato nel postulandato di Assisi dei frati conventuali, presso il Sacro Convento. Il cammino verso questo diaconato è stato dunque particolarmente lungo...

Si, inizialmente sono stato formato alla vita religiosa e sacerdotale dai frati minori conventuali, per un totale di sette anni. Durante l’ultimo anno di formazione (2005/2006), alle porte della professione solenne, sono entrato in una crisi molto forte e ho chiesto ai miei superiori di uscire dalla vita religiosa. Sono seguiti cinque anni di alti e bassi vissuti a Padova. La vocazione era ancora lì, ma io facevo finta di no. Un amico della parrocchia, vedendomi così, mi invitò nel 2009 ad ascoltare le catechesi del Cammino Neocatecumenale. Nel settembre dello stesso anno sono entrato nel seminario diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Kaohsiung in Taiwan. Ho passato sei anni in Asia, anni forti, belli, a volte dolorosi, ma i più preziosi per la mia formazione. Dopo un ulteriore tempo di verifica in Italia, dall’anno scorso mi trovo qui a Macerata presso il nostro seminario “Redemptoris Mater”, all’ombra della figura del Venerabile padre Matteo Ricci e il prossimo 28 gennaio verrò ordinato dal nostro amato vescovo Nazzareno Marconi. Cosa provi alla vigilia dell’ordinazione? Sono emozionato ma anche sereno, avendo visto lungo tutto il mio percorso che il Signore risorto è sempre stato presente nella mia storia, anche quando non lo vedevo. Ha provveduto alla mia vita e ha saputo condurmi per strade che mai avrei pensato di poter percorrere. Tutto a lode e gloria di Dio che si è mostrato fedele e sapiente, amorevole e paziente nel guidarmi fino a compiere questo importante

Antonino Pastore

«Ratzinger, pastore e maestro»

DI CLAUDIO GIULIODORI *

La mata da strumento marcio in un frutto grandioso» (9 novembre 2002). figura di Joseph Ratzinger ha segnato la vita della Chiesa a cavallo tra il secondo e il terzo millennio. Non solo per il pontificato e l’inaspettata decisione di dimettersi. La sua persona ha attraversato le vicende più rilevanti del cammino della Chiesa dal Concilio Ecumenico Vaticano II ai nostri giorni. I suoi manuali di teologia fondamentale e dogmatica sono stati tra i più seguiti e utilizzati per la formazione teologica. Anch’io mi sono formato nel corso degli studi teologici e della preparazione al sacerdozio sui suoi testi. Ricordo come negli anni Settanta e Ottanta sia stato, anche per la mia ricerca teologica, uno degli autori di riferimento assieme a Congar, De Lubac e von Balthasar. Del periodo che lo vide Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede ho un ricordo particolare che mi ha molto colpito e che ha segnato anche il mio ministero. Quando nel 2002 ero Direttore dell’Ufficio nazionale della Conferenza episcopale italiana per le comunicazioni sociali, mi trovai ad organizzare il grande Convegno «Parabole Mediatiche» che si chiudeva in Aula Paolo VI con l’intervento del Santo Padre. Nella sessione che precedette l’udienza, invitai il cardinal Ratzinger a tenere una relazione di fronte a ottomila operatori della comunicazione e della cultura.Il frutto saporito del sapere umano illuminato dalla fede in Gesù Cristo è stato coltivato con grande passione e competenza da Papa Ratzinger sia durante gli studi e le ricerche teologiche sia nel corso del suo pontificato. Oltre ad aver sempre apprezzato i suoi scritti e il suo insegnamento magisteriale, sono personalmente legato a Benedetto XVI anche per avermi chiamato a svolgere il ministero episcopale nominandomi vescovo di Macerata il 22 febbraio del 2007. Qui ho svolto il ministero episcopale a partire dal 31 marzo 2007 fino al 26 febbraio 2013 quando lo stesso Pontefice mi ha nominato assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. È stata la sua ultima nomina, prima di lasciare il ministero petrino (28 febbraio) a seguito dell’annuncio fatto l’11 febbraio 2013.

Attingendo ai Padri della Chiesa, affascinò l’assemblea parlando dell’incisione dei sicomori per spiegare il rapporto tra fede e cultura.

Tutti rimasero profondamente colpiti dall’efficacia dell’esempio, tratto da un testo di san Basilio, e dalle riflessioni che ebbe modo di offrire ai convenuti su un tema assai complesso e di grande attualità. Quell’esempio esprime anche il suo profilo culturale e la sua attitudine teologica per cui è interessante ricordarlo. «Il sicomoro è un albero che produce moltissimi frutti. Ma non hanno alcun sapore, se non li si incide accuratamente e non si lascia fuoriuscire il loro succo, cosicché divengano gradevoli al gusto». Con tale metafora – spiegava – si vuole indicare che mediante l’incisione, realizzata grazie al Logos, è stato messo in salvo ciò che di essenziale e di vero era presente nella cultura antica e pagana. Concludeva l’allora cardinal Ratzinger: «Mediante l’incisione nel sicomoro della cultura antica i Padri l’hanno nel complesso messa in salvo per noi e trasfor-

A questo incarico il Pontefice mi ha chiamato proprio per rafforzare e animare, dal punto di vista culturale e pastorale, il rapporto tra ragione e fede e il dialogo tra i diversi saperi e la teologia, dimensioni coltivate con grande impegno e abbondanti frutti nell’Università fondato da Padre Agostino Gemelli e dai suoi collaboratori oltre un secolo fa. La spinta data da Benedetto XVI all’approfondimento della fede attraverso la ragione, come espressione irrinunciabile per un autentico annuncio del Vangelo, costituisce uno dei lasciti più rilevanti del- la sua opera e del suo pontificato. Concludo con un piccolo aneddoto che aiuta a comprendere la sensibilità di Benedetto XVI e la sua ampiezza di vedute. Mi ritrovai a parlare con il Pontefice pochi mesi dopo la nomina a vescovo di Macerata e feci presente che nel 2010 si sarebbe celebrato il IV centenario della morte di padre Matteo Ricci, il grande gesuita apostolo della Cina. Rimase colpito da questa mia comunicazione e mi disse: «Padre Matteo Ricci è una delle figure più importanti nella storia della Chiesa. Bisogna riscoprirlo e farlo conoscere perché il suo modello di evangelizzazione della cultura è stato profetico ed è attualissimo anche per l’odierna missione della Chiesa». Concetti che poi riprese e approfondì in lettere e discorsi fatti per tale ricorrenza. Segnalando poi alcune difficoltà per la ripresa della causa di beatificazione avviata nel 1983, mi disse ancora: «È troppo importante. Scriverò io stesso alla Congregazione per le cause dei santi». Così fece e la causa riprese il suo percorso. Proprio lo scorso 17 dicembre, papa Francesco ha firmato il decreto che riconosce le virtù eroiche di padre Matteo Ricci divenuto così venerabile. Un piccolo fatto, ma indicativo della personalità di papa Ratzinger. Con lui certamente Dio ha donato alla Chiesa e all’umanità un grande uomo, un fine teologo e uno straordinario successore di Pietro.

* vescovo

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