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La lezione di Benedetto
DI NAZZARENO MARCONI *
Una frase dell’ Evangelii Nuntiandi di Paolo VI è rimasta giustamente famosa: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». Questo spiega il rispetto e la stima mondiale, inaspettati per i numeri e l’intensità, riconosciuti ad un grande maestro come Joseph Ratzinger in occasione della sua morte. La prima lezione di Benedetto è stata infatti la costante coerenza tra magistero e testimonianza di vita. Nei suoi scritti le idee dominanti erano poche e luminose e secondo quelle idee ha vissuto. A quanti ritengono di esaltare la dignità umana riducendo lo spazio dedicato a Dio entro la sfera pubblica dell’esistenza, per una visione laicista e non laica della società, Benedetto ha ricordato la centralità di Dio in tutti campi dell’esistenza. Dio è l’unico fondamento solido su cui basare la dignità della persona umana. Il cardinale Marc Ouellet ha riassunto così il pensiero costante di Benedetto XVI: «Il grande problema dell’Occidente è l’oblio di Dio, del senso religioso originario senza il quale non ci può essere una morale e un’etica» . Di questa centralità di Dio, che non umilia l’umano ma ne fonda la dignità assoluta in quanto creatura di Dio, ha offerto una chiara testimonianza di verità ed umiltà, riconducendo anche il suo ministero petrino nei limiti di un semplice servizio a Dio ed alla Chiesa.
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A quanti amano ammantare le idee di un linguaggio complicato e contorto, ha testimoniato con ogni suo scritto la semplicità del vero. Fino a dedurre con scioccante linearità che anche il ministero del Papa deve continuare finché serve; quando non si è più in grado di fare un buon servizio, si lascia ad altri il compito, perché solo Dio è Dio.
Dall’ultimo apprendista catechista, fino al Papa, tutti abbiamo bisogno di questa semplicità che riconduce al vero: tutti «siamo servitori utili solo finché serviamo», forse la miglior traduzione dell’espressione evangelica «siamo servi inutili».
A tanti, anche tra i credenti, che vivono come individui separa-
La salma di Benedetto XVI esposta nella Basilica di San Pietro ti ed autoreferenziali, che vedono la Chiesa come una organizzazione benefica a cui aderire solo in quanto e per quanto ci appare personalmente utile, Benedetto ha ricordato il nostro essere in Cristo un solo corpo. La vera Chiesa: unico corpo articolato nelle sue membra e nel ruolo e nella re-
Dall'omelia delle esequie
Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l'unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l'amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni. Vogliamo dire insieme: “Padre, nelle tue mani consegniamo il suo spirito”. Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell'udire definitivamente e per sempre la sua voce! Papa Francesco
Siamo ormai in una “permacrisi”: è necessario abbandonare le zavorre per salvare l’essenziale facendo crescere ciò che salvaguarda e rigenera sponsabilità diversa di ciascuno. Ci ha insegnato, con la parola e con l’esempio, a non pensare la Chiesa a partire dal mio io, ma piuttosto a considerare il mio io a partire dalla sua collocazione nella Chiesa. Se la modernità è la “morte di Dio”, Benedetto è stato serenamente e positivamente anti- moderno. E questo molti gli hanno rimproverato, definendolo conservatore o addirittura reazionario. Ma da grande maestro e testimone della fede Egli aveva solamente e chiaramente ribadito che la “morte di Dio” è solo una delle tante vie della modernità. La grande cultura occidentale moderna non
Epifania, i Magi in cammello accolti dai
Il 6 Gennaio scorso, solennità della Epifania del Signore, accoglienza dei Magi al Seminario Redemptoris Mater di Macerata con tantissimi fedeli giunti in contrada Valle per «adorare il Signore Gesù» alla presenza del vescovo Nazzareno Marconi e del rettore don Mario Malloni. Al termine della giornata sono stati poi celebrati i Vespri solenni per ringraziare il Signore di tanti doni fatti durante lo scorso anno e le festività.


Da Papa emerito ha avuto il coraggio di insegnare a un mondo iperattivo e rumoroso che si collabora con Dio alla salvezza degli uomini soprattutto con l’inattività della contemplazione e il silenzio dell’orazione va ridotta solo alla mondializzazione materialista ed atea. Come ogni grande pensatore è stato capace di vedere oltre la cultura di massa, di riconoscere che nella modernità ci sono importanti “minoranze creative” capaci di trovare nuovi e positivi equilibri nel rapporto fede-ragione. Avvertendoci che, come spesso accade nella storia, saranno probabilmente queste “minoranze” che segneranno il futuro. Infatti, non tutto ciò che viene dopo ed è nuovo, è di per sé stesso modernità e progresso. Da Papa emerito, un «lavoro nuovo nella vigna del Signore» che ha saputo inventarsi con semplicità e genialità, ha avuto il coraggio di insegnare ad un mondo iperattivo e rumoroso che si collabora con Dio alla salvezza degli uomini soprattutto con l’inattività della contemplazione ed il silenzio dell’orazione. Una lezione da rileggere con calma, per comprenderne tutto il valore. Infine, la sua profonda conoscenza dei Grandi del passato, come sant’Agostino e san Bonaventura, non ha permesso alla sua onestà intellettuale di seguire le mode del momento: conosceva troppo bene i grandi per credersi grande e soprattutto per lasciarsi affascinare dalle supposte grandezze degli uomini di successo di ogni epoca.
Questo è il papa Benedetto XVI che ho ascoltato da prete e il professor Ratzinger che ho letto avidamente da giovane curioso di teologia. Spesso ci si accorge della luce solo quando qualcuno spegne il lampadario; sono certo che molti si accorgeranno solo nel tempo della preziosità di questa bella persona che il Signore ha donato per tanti anni alla sua Chiesa. * vescovo
In vacanza con semplicità per divertirsi ma anche riflettere
La Pastorale familiare diocesana propone anche per quest’anno, nel mese di agosto, il campo estivo per le famiglie. Si tratta di un’esperienza di condivisione e di fraternità, che mette al centro la cura delle relazioni, nella coppia e tra famiglie. In un tempo di riposo, tra le bellezze della montagna di Spiazzi di Gromo, in Val Seriana, nella Bergamasca, si vivranno momenti di formazione e di riflessione, per nutrire il percorso di fede delle famiglie. Ma sarà anche un’esperienza di vacanza, con passeggiate ed escursioni condivise con i figli. Un’occasione per vivere qualche giorno di vacanza insieme, in un modo semplice, con uno stile di accoglienza reciproca e d’amicizia.
Calcio: Maceratese rafforzata con Giorgio Pagliari a pagina 4
Una settimana nella luce del Curato d’Ars
DI GIANLUCA MERLINI
Dal
9 al 14 gennaio il nostro Vescovo è partito insieme ai sacerdoti che hanno accolto la proposta per un momento di ritiro spirituale. La base è stata Ars, piccolissima città nel sud della Francia, vicino Lione, la parrocchia che ancora oggi ha la grazia di custodire la storia, le vicende, il carisma di San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars appunto, patrono di tutti i sacerdoti in cura di anime. Il nostro Vescovo ha coinvolto i 13 sacerdoti partecipanti a scoprire le scelte di san Giovanni, ha indicato i punti fermi del sacerdozio, ha spronato all’imitazione e all’ascolto della sua testimonianza oltre che a pregarlo. Ma Ars è stata solo la base operativa, perché il Vescovo aveva guardato molto più avanti. Già la prima tappa della partenza è stata a Torino, alla scuola di San Giovanni Bosco con la celebrazione nel Santuario di Maria Ausiliatrice che custodisce la sua tomba insieme a quella di santa Maria Domenica Mazzarello, fondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Fma), e la tomba del piccolo – grande! – san Domenico Savio. Insomma un inizio segnato da una spiritualità tutta attenta ai giovani! Arrivarti ad Ars, la visita al Santo Curato e il giorno seguente la visita alla cappella delle Apparizioni del Sacro Cuore di Gesù a santa Margherità Maria Alaquoque a Paray Le Monial. Qui abbiamo incontrato anche la figura del suo padre spirituale, don Claude de la Colombière SJ, anche lui… santo! Non contenti di tanto ci siamo spinti fino a Nevers: luogo che con silenzioso rispetto custodisce la piccola grande santa Bernadette Soubirous, colei che a Lourdes ebbe l’esperienza della Signora! Pieni di queste fantastiche figure abbiamo trascorso un’intera giornata eucaristica: celebrazione e adorazione fatte con attenzione, solennità e silenzio, ringraziando per quanto si era già ricevuto. Partecipi della sfida del Santo Curato di non fermarsi davanti anche a quelle che agli occhi di alcuni possono essere novità incomprese, siamo andati a Taizé per ascoltare la testimonianza di un monaco e per partecipare alla preghiera comunitaria che ha toccato i nostri cuori. Rientrando a casa, come non fermarsi in un luogo che per secoli è stata la culla della cristianità e del monachesimo di tutta Europa: Cluny? Non ci siamo poi fatti scappare l’occasione di salutare il grande padre e guida dello spirito san Francesco di Sales ad Annecy che, insieme a santa Giovanna Francesca de Chantal, ci ha riportato a Macerata con un’ultima spinta… che sicuramente ci mancava! Ancora immersi nella presenza dei Santi, ascoltando il loro insegnamento e guardando il loro esempio, con la volontà di provare ad imitarli, ritorniamo all’ordinarietà della vita cercando di fare tutto il possibile per vivere pienamente il sacerdozio come dono e mistero!

È l’ora di agire per i «restauratori di speranza»
DI GIANCARLO CARTECHINI
Èdomenica
mattina, la seconda dell’anno. C’è il sole, e un caldo decisamente fuori stagione. Una coppia giovane, con un bambino seduto sul carrello, sta uscendo dal supermercato. Il papà ha appena salutato la commessa che l’ha aiutato a posizionare correttamente lo scontrino nel lettore ottico che sblocca la sbarra di uscita. Affissa alle porte scorrevoli c’è la locandina di un quotidiano. L’uomo legge distrattamente la notizia: su disposizione del Governo la nave della Ong Ocean Viking dovrà sbarcare nel porto di Ancona. «Li portano fin quassù a rompere, gli immigrati!». «Ah sì? – risponde lei – A proposito, abbia- mo preso i tovaglioli di carta?». Ecco ciò che siamo diventati, viene da dire. Anche se non ce ne rendiamo conto, facciamo tutti parte di quella «disumanità tranquilla, implicita, a tratti forsennata» di cui parla Edgar Morin nel suo ultimo saggio “Svegliamoci”. Di fronte alla minaccia delle gigantesche crisi che caratterizzano il nostro tempo, siamo tutti parte di una medesima “comunità di destino”. Però si tratta di una comunità incosciente – afferma il filosofo francese – caratterizzata da sonnambulismo e cecità.
È proprio così? Secondo il dizionario britannico Collins la parola “permacrisi” è quella che meglio rappresenta quanto è accaduto nell’anno 2022. Il neologi- smo indica una condizione di crisi permanente caratterizzata dal susseguirsi e dal sovrapporsi di eventi pericolosi e destabilizzanti, nei confronti dei quali la nostra capacità di reazione sembra essere congelata. Non è forse vero che, fatta salva qualche voce isolata, stiamo assistendo alla guerra in Ucraina con una rassegnazione preoccupante? Il quadro è ulteriormente complicato dal fatto che si tratta di crisi concatenate tra loro, tutte causate dai medesimi fattori, e i loro effetti tendono a moltiplicarsi in maniera esponenziale: cambiamento climatico, perdita della biodiversità, rischio di nuove malattie, carestie, flussi migratori, guerre. Anche la nostra regione è toccata da queste crisi: la valle glaciale del lago di Pilato è stata inserita, in una “Guida turistica ai deserti d’Italia” del fotografo Gabriele Galimberti, tra i territori italiani a rischio di desertificazione. Che fare dunque? Come scrollarci di dosso questa pericolosa apatia? In fondo la parola “crisi” è un termine ambivalente. Indica certamente un grave pericolo, ma anche una opportunità di cambiamento e di rinascita. La prima cosa da fare è proprio prendere coscienza del fatto che siamo tutti parte della stessa comunità di destino: gridiamolo forte, scriviamolo sui muri delle nostre case. Nei momenti di crisi, poi, è necessario abbandonare zavorre inutili per salvare l’essenziale. Dice Edgar Morin che è tempo di promuovere politiche che assicurino la crescita di ciò che salvaguarda e rigenera, e facciano decrescere ciò che inquina e distrugge. Il suo libro è ricco di esempi. Ma soprattutto è necessario presentare prospettive credibili, in grado di mobilitare energie e di rompere l’incantesimo della rassegnazione. La storia ci insegna che a volte ciò che appare improbabile può accadere. La mente umana è ricca di potenzialità inespresse che attendono solo di essere attivate. Ci sono ferite luminose, squarci di luce, e segni di chiaroveggen- za. È tempo di alzarsi dai bordi delle strade, è tempo di riprendere a camminare insieme. Chi lo farà, conclude Morin, sarà chiamato restauratore di speranza.