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I giovani, noi e il Natale
DI NAZZARENO MARCONI *
In questo tempo che prepara al Natale, in cui i più piccoli scrivevano la letterina a Gesù bambino –mentre ora credo mandino un whatsapp o un’email a Babbo Natale –, vorrei anche io parlare di letterine. Da quando, da poco nominato vescovo, ho iniziato a celebrare le Cresime, ho chiesto ai giovani del catechismo, i quindicenni e sedicenni che cresimavo, di scrivermi una lettera e di inviarmela in una busta chiusa. Li invito a parlarmi con sincerità: scrivano al vescovo quello che sentono davvero nel loro cuore, senza preoccuparsi della forma, né tantomeno di essere “giudicati”; se hanno questi timori, consegnino pure la lettera senza firmarla. Io ogni mattina, nel mio tempo di preghiera, leggo alcune di queste lettere e prego per questi giovani. Come era facilmente prevedibile, tante lettere esprimono pensieri “standard”, che restano alla superficie della loro vita: sono contento di fare la Cresima, spero di stare in buona salute, mi preoccupa l’interrogazione di matematica… ma alcuni messaggi offrono invece uno sguardo privilegiato e vero, che illumina in profondità il mondo dei nostri giovani, quelli che incontriamo nelle nostre parrocchie. Tanti mettono le mani avanti: «sono sicuro/a che questa lettera non la leggerà», magari con la delicatezza di premettere: «dato che ha tante cose da fare». La nostra generazione adulta ha lasciato che mettesse radici e si generalizzasse la convinzione che l’interesse per i giovani sia solo una dichiarazione di facciata: facciamo promesse, ma poi non siamo disposti davvero a dare loro ascolto, attenzione, vero coinvolgimento. Non è un mondo per i giovani quello che abbiamo costruito e loro lo sanno bene, ne hanno ogni giorno la riprova. Lo sanno così chiaramente che se ne sono fatti una ragione e quasi non sperano più che le cose possano cambiare in meglio. Non è un peccato piccolo quello che, come adulti, stiamo commettendo. Molti di loro si sentono inadeguati, schiacciati tra l’immagine di figlio ideale che i genitori vorrebbero e che l’intera società descrive come: perfetto, spensierato, infrangibile, sempre sereno, e la loro realtà di adolescenti imperfetti. Ma chi non è stato e si è sentito così? Ci vedono, noi adulti, fragili ed imperfetti più di loro, ma non hanno rabbia o delusione. Quante lettere descrivono l’imperfezione di genitori che li deludono, che litigano di continuo, si separano, sono immaturi… ma nonostante tutto, questi giovani ci guardano con misericordia e comprensione! Spesso, leggendo ho la sensazione che siano nettamente
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Marconi: «Vivono la fede più con la pancia e il cuore che con la testa. Chiedono motivi di impegno concreto, orientamento degli affetti, risposte alla paura di morire e al perché vale la pena vivere»
Il Circolo Culturale “Tullio Colsalvatico” e il Comune di Tolentino promuovono il 9° Premio “Colsalvatico”, per racconti inediti, in lingua italiana. Il Premio si articola in una unica categoria, per ogni livello di età. Per partecipare bisogna iscriversi versando una quota di 20 euro. Ogni autore può inviare un racconto di contenuto umoristico (lunghezza massima 25mila battute, spazi compresi). Il racconto vai inviato via email all’indirizzo premio@colsalvatico.it entro il 31 dicembre prossimo. La premiazione avverrà all’inizio del 2023. Sono previsti premi per: 1°, 2°, 3°, 4° e 5° classificato, consistenti in 500, 400, 300, 200 e 100 euro rispettivamente. Tutte le info sul sito https://colsalvatico.it/.
Volontariato in festa agli Antichi Forni
a pagina 4
La Fondazione Carima compie 30 anni
“Il grande dittatore” (1940)
Trasformare comunità asfittiche con un gioco cooperativo fatto di rapporti caratterizzati da reciprocità e pari dignità dei compiti migliori di noi e questo alimenta la mia speranza. Il loro rapporto con la fede a volte mi spiazza. Parlano con molta schiettezza dei loro dubbi di fede, ma non sono quelle teorie cervellotiche e razionaleggianti che avevamo noi liceali, alle prese con i primi rudimenti del dubbio filosofico. Questi giovani vivono la fede più con la pancia e il cuore che con la testa, e cercano quindi testimonianze di fede che si pongano e li colpiscano a questo livello. Vogliono incontrare una fede che sostenga la vita, dia motivi di impegno concreto, orienti gli affetti, risponda alla paura di morire e soprattutto di non sapere esistenzialmente perché vale la pena vivere. Noi in risposta diamo loro delle parole, riflessioni spesso artificiose e astratte, formule di preghiera già confezionate. Ho la sensazione che la domanda e l’offerta in ambito di fede, tra la Chiesa che siamo e i giovani che abbiamo, fatichino tanto ad incontrarsi. Non è la domanda a mancare, ma forse non abbiamo ascoltato a sufficienza, sgattaiolando via perché temiamo di non sapere come rispondere. I giovani di oggi chiedono di fare esperienza di una fede concreta e viva; quando la incontrano in testimonianze dirette e convinte ne sono affascinati; quando si sentono rispondere con discorsi preconfezionati sono delusi. Questi sono i giovani che scrivono al vescovo. Cari giovani, grazie e Buon Natale. * vescovo
Rinnovato a Macerata venerdì 9 dicembre il gesto dell’accensione del falò in memoria della Venuta a Loreto della Santa Casa di Nazareth, tradizione che il Pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto ripropone ogni anno. Dopo la Messa celebrata dal vescovo Marconi al Sacro Cuore, una fiaccolata ha condotto all’accensione del falò in piazza Mazzini, con l’annuncio da parte del Vescovo – assente monsignor Vecerrica, indisposto – della data del 45° Pellegrinaggio: sabato 10 giugno 2023. (G.Lup.)


Seun ospedale ha bisogno di rinnovare la strumentazione diagnostica, “lei” interviene; se un’associazione di mutua assistenza chiede un automezzo per il trasporto di malati, “lei” risponde; è “lei” che raccoglie l’appello di una scuola per aggiornare la biblioteca o di un comune che necessita di uno scuolabus. Dietro a una rassegna teatrale o musicale, alla stagione lirica, a una mostra o a una pubblicazione di storia locale c’è quasi sempre “lei”, la Fondazione Cassa di Risparmio della provincia di Macerata (Carima), che dal 1992 è punto di riferimento per istituzioni, enti pubblici, volontariato e per quanti realizzano progetti utili alla crescita della comunità provinciale e delle singole comunità locali. Per celebrare i primi trent’anni di attività, la Fondazione Carima ha voluto incontrare al teatro Lauro Rossi di Macerata i rappresentanti delle istituzioni, dell’associazionismo e degli enti locali. La presidente Rosaria Del Balzo Ruiti ha ricordato come la volontà di dare risposte concrete ed efficaci ai problemi del territorio si sia tradotta nell’arco di tre decenni con la partecipazione a circa tremila progetti, sostenuti con oltre novanta milioni di euro. Il «grave contraccolpo finanziario» subito anni fa con il dissesto di Banca Marche non ha scoraggiato – ha ricordato Del Balzo Ruiti – la governance della Fondazione, all’epoca nominata da poco e «composta da persone della società civile, abituate a confrontarsi con grandi idee e con poche risorse». Nel ringraziare per l’impegno l’intera struttura e gli uffici, ad iniziare dal direttore Gianni Fermanelli, la stessa Del Balzo ha sottolineato come negli otto anni della sua presidenza la Fondazione abbia cercato di trasformarsi in un «centro di aggregazione di idee», per raccogliere le migliori progettualità volte a uno sviluppo condiviso e secondo i valori della coesione sociale. Alcuni risultati dell’azione svolta dalla Fondazione Carima sono stati testimoniati dalla direttrice dell’Asur Area Vasta 3 di Macerata, Daniela Corsi, dal presidente del Parco dei Monti Sibillini, Andrea Spaterna e da sindaci di piccoli comuni (Montecosaro, Monte San Martino, Pioraco, San Ginesio, Urbisaglia), nonché dell’ex sindaco di Macerata, Romano Carancini. Nell’occasione – presente il direttore di Rai Libri, Marco Frittella – è stato presentato il libro-strenna “Architettura e società nel Maceratese fra Medioevo e Novecento”, di Cristiano Marchegiani, che chiude una trilogia di volumi della Fondazione dedicati al patrimonio paesaggistico e storico-artistico del Maceratese, le cui grandi potenzialità sono il volano per lo sviluppo del territorio.
Alessandro Feliziani
Leader per tempi difficili, «agenti di cambiamento»
DI GIANCARLO CARTECHINI
Gli ultimi giorni di dicembre sono particolarmente insidiosi. Non si sa mai se spendere le proprie forze nel tentativo di formulare un bilancio di ciò che è stato, oppure gettare il cuore oltre l’ostacolo, provando a immaginare il tempo che verrà. Le questioni sul tappeto sono complesse e affascinanti, ha scritto Leonardo Becchetti in un articolo pubblicato su “Avvenire” il 7 dicembre. Ce ne siamo resi conto in questo ultimo anno, caratterizzato dall’accavallarsi di crisi economiche, ambientali, sociali, sanitarie, belliche. Resta da chiedersi se siamo maturi, come cittadini, per raccogliere sfide di questa portata. Le soluzioni, ha sottolineato infatti Becchetti, non possono arrivare da sovrani illuminati o da istituzioni isolate: transizione ecologica, reinserimento lavorativo, voto col portafoglio, comunità energetiche rinnovabili, sono alcune delle declinazioni possibili di una cittadinanza attiva capace di prendere in mano il proprio destino Eppure non tutti la pensano in questo modo. «Guarda che il leader è qualcuno a cui mi posso aggrappare in momenti di difficoltà. Sapere che c’è mi dà sicurezza…». Ho ascoltato questa frase mentre viaggiavo in metropolitana, a Roma. Chi parlava era un uomo più giovane di me. Conversava con un interlocutore al telefono. Non ho compreso a quale contesto si riferisse, se al mondo del lavoro, o a quello della politica. In ogni caso ho ripensato alle sue parole e ne ho afferrato il senso, sballottato insieme agli altri passeggeri tra un cambio di direzione repentino e una frenata inattesa. Sull’abuso del concetto di leadership, sempre sulle pagine di “Avvenire”, ha pubblicato una riflessione interessante Luigino Bruni, lo scorso 11 novembre. «I leader per essere tali hanno bisogno di follower, ma chi decide di essere Robin – si domanda il saggista marchigiano – in un mondo in cui si esaltano solo le doti di Batman?». E invece sembra proprio che il binomio leader-follower sia rassicurante, soprattutto in tempi di crisi sistemica come quelli che stiamo attraversan- do. Il punto è che dovremmo diffidare di chi si candida ad essere leader, perché dietro al potere seduttivo di ogni leader si nasconde un potenziale (a volte pericoloso) narcisista. Di tutt’altra pasta erano fatti i profeti biblici, portatori anch’essi di una visione illuminante, eppure spesso scelti tra i balbuzienti, o gli ultimi, terrorizzati dall’idea di dover guidare qualcuno, capaci piuttosto di ascoltare. La proposta di Bruni è di puntare su “agenti del cambiamento” che sappiano trasformare comunità asfittiche attraverso l’attivazione di un gioco cooperativo fatto di rapporti caratterizzati da reciprocità e pari dignità dei compiti. Gli agenti del cambiamento – scrive –emergeranno da comunità e imprese meticce, lungo le vie polverose delle periferie. I nuovi leader saranno tali proprio perché non si sentiranno leader. Gli ultimi giorni di dicembre ci invitano a immaginare un mondo che abbandoni al loro destino uomini forti al comando, e follower privi di discernimento.
L’immaginazione – ha scritto il vescovo Nunzio Galantino sulla Rubrica de “Il Sole 24ore” «Abitare le parole»– è il primo passo per dare una scossa al proprio mondo interiore. Essa infatti permette di ipotizzare intensità di sguardi che alimentano intese, e di condividere emozioni che coinvolgono fino a diventare inizio di nuovi progetti. Un ottimo augurio per l’anno che verrà.