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In gelateria
Per un bambino è una gran pacchia essere figlio di una gelataia. Io lo ero.
Avevo il permesso di mangiare due gelati al giorno e non appena mia madre girava l’occhio, ne sbafavo altri due sottobanco. Niente è più buono del gelato appena fatto. Dolce, cremoso, freddo, si scioglie in bocca lentamente lasciando un senso di beatitudine che mette buonumore. Quando vedevo gli altri bambini che imploravano i genitori che gli comprassero un misero cono, mi facevano pena.
A volte mia mamma doveva allontanarsi per qualche commissione e io rimanevo di guardia alla bottega.
Se arrivava qualche cliente, salivo su uno sgabellino e confezionavo il gelato.
A nessuno sembrava strano che una bambina di sei anni facesse la gelataia… forse perché i gelati che facevo io, di solito, erano più grandi di quelli di mia madre. Un giorno, in gelateria, arrivò un tipo con una cassetta frigo a tracolla e propose a mia madre di vendere degli strani gelati di ghiaccio colorato e friabile che aveva inventato lui. Era il 1952 e quelli erano i primi ghiaccioli in assoluto ad apparire in Italia.

Aveva pensato anche a un incentivo: ogni dodici, ne usciva uno che aveva sul legnetto la scritta COF e dava diritto ad averne uno gratis. In poco tempo, tutte le grandi marche di gelati lo copiarono, ma io ricordo bene che fu quell’ometto dalla faccia simpatica e i baffi il primo di tutti a produrlo. Era bello conoscere le persone che avevano inventato qualcosa.
Quell’estate abbandonai i gelati per i ghiaccioli, ma fu una passione breve. Il gelato rimase il mio vero amore.
C Omprensione C
Riconosci la struttura e il contenuto del testo.
Segna con una parentesi la parte in cui l’autrice dà un’informazione su un fatto storico del passato. A che cosa si riferisce?
Segna con una parentesi la parte in cui l’autrice ricorda fatti personali della sua infanzia. A quale periodo si riferisce?
In colonia
Sveglia alle sette e tutti in bagno a lavarsi. Il primo giorno c’era la curiosità del sapone nuovo. Certe saponette, grosse come panini imbottiti, avvolte nella carta colorata che ne preservava il profumo.


Saponetta verde? Palmolive. Rosa? Camay. Bianca? Cadum. Annusavamo quelle delle altre, tentando di incartarle di nuovo nella confezione che nel frattempo si era infradiciata. Già al secondo giorno decidemmo che il sapone era una grandissima scocciatura e serviva solo una volta alla settimana quando si faceva la doccia. Grande novità, invece, era il lavaggio dei denti.
La maggior parte delle famiglie dei frequentatori di colonie, compresa la mia, considerava il dentifricio un genere di lusso e i denti, a casa nostra, non ce li lavavamo praticamente mai, tranne mia nonna che se li sfregava con le foglie di salvia. Così, quando nell’elenco del corredo da portare in colonia trovammo scritto: “dentifricio e spazzolino” mi sembrò una curiosa stranezza da elegantoni. Non esistevano ancora gli spazzolini a misura di bambini e nessuno si sognava di produrre dentifrici alla fragola. Esistevano dei grossi tubi di alluminio morbido con i nomi esotici: Durban’s, Chlorodont, Binaca, Colgate con Gardol. Mi sono sempre chiesta chi fosse quel Gardol che stava insieme a Colgate. Quando si strizzava il tubetto, usciva un gigantesco verme di pasta farinosa e bianca.
Gli spazzolini erano enormi, con delle setole dure come quelle delle spazzole per lavare i panni.
C Omprensione C
Trova gli elementi del testo.
Il tempo: confronta autrice e titolo di questo testo con quelli del precedente. In quale decennio è ambientato questo racconto?
Il luogo è
Il narratore è: esterno. interno.
Con quale parola puoi sostituire “infradiciata”?
Bagnata. Sporca. Usata.
C C
OMPITO NON NOTO
L Essico L
L’atelier è: un laboratorio artigiano. una grande fabbrica. un particolare tipo di casa.
Il liutaio è: un suonatore di violini e chitarre. un costruttore di violini e chitarre. un esperto di musica da violino.
Un cartiglio è: una stretta striscia di carta. un’antica forma di scrittura. una fotografia.