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L’ultimo minuto

L’ultimo secondo dell’ultimo minuto del quarto d’ora della partita era pronto per scoccare. Sulle tribune intorno al campo, i suoi mille compagni di scuola, a trattenere il fiato: duemila occhi rivolti verso il tabellone, dove il risultato segnava inesorabilmente gli stessi punti all’una e all’altra squadra.

Bastava un punto; bastava un ragazzo che, serio, si avvicinasse alla lunetta di fronte al canestro.

Martin afferrò il pallone con entrambe le mani. Poi lo fece rimbalzare con vigore, per riprenderlo e mollarlo ancora. Intanto camminava e si fermò nel punto esatto in cui si incrociavano gli sguardi di tutti.

Attraverso il tabellone poteva vedere le espressioni eccitate e preoccupate dei suoi compagni, e chissà quanti avrebbero voluto essere al suo posto. Ma anche lui, sotto sotto, avrebbe preferito essere in tribuna ad assistere.

Di nuovo guardò il pallone, poi si mise in posizione di tiro. Con la coda dell’occhio scrutò l’ingresso degli spogliatoi, dove si sarebbe chiuso se avesse sbagliato.

Pareva più pesante, il pallone, amico e nemico.

Martin chiuse gli occhi e tutto, improvvisamente, si fermò.

Nel buio dei suoi pensieri vedeva il canestro di fronte a lui e null’altro. Sollevò la palla tra le dita, sopra la testa, molleggiando appena le ginocchia, quindi la lasciò andare libera nell’aria e non osò aprirli, gli occhi serrati. Ormai era fatta.

Pensò ai compagni di squadra, Martin, e restò ancora di più fermo e solo, sulla lunetta.

Pensò ai compagni di scuola, pensò ai compiti da fare per il giorno dopo e pensò che dei compiti non gli importava nulla; pensò a qualsiasi cosa gli venisse in mente, tranne che al canestro, ormai lontano dalle sue mani.

Fu il rumore del pallone contro il ferro a ridestarlo e a fargli riaprire gli occhi.

Ogni cosa intorno a lui era come prima. L’unica differenza era che gli sguardi di ognuno non erano più su di lui, ma avevano seguito la parabola della palla, che ora rimbalzava sul canestro, lasciando mille respiri in sospeso. Quasi al rallentatore il rimbalzo condusse la sfera sul tabellone e di nuovo sul ferro.

Non volle più guardare Martin, e si coprì il volto con le mani, che avevano appena lasciato il pallone. Il silenzio del pubblico e dei mille compagni si tramutò in un boato, la sirena fischiò nell’aria e nelle sue orecchie. Senza badare a nulla, Martin corse negli spogliatoi e si infilò sotto la doccia ancora vestito, aprendo l’acqua per coprire ogni altro suono. La paura lentamente si sciolse via.

C Omprensione C

Trova le informazioni esplicite e implicite.

• Perché il tiro di Martin era importante?

• Perché alcuni compagni avrebbero voluto essere al suo posto?

• Perché Martin avrebbe preferito essere in tribuna?

• Come termina la partita?

Scopri il significato del testo.

In questo testo l’autore vuole insegnare che: è giusto vergognarsi dei propri errori. nelle situazioni di stress è normale avere paura. a volte si vorrebbe fuggire dalle proprie responsabilità.

NO si può aver paura di sbagliare.

Life Skills

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• una paura utile che a volte hai provato.

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