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Un amico robot

L’ometto grasso che gestiva il negozio di robot usati ascoltò con aria di sufficienza la cifra che Jeff aveva a disposizione. Jeff studiò un modello seminuovo: aveva la testa come una palla da bowling.

Ma il vero problema di Jeff non era certo l’estetica. Aveva pochi soldi e non poteva impegnarsi a pagare rate per un anno o due. Rivolse un’occhiata lì intorno.

Forse lì c’era qualcosa alla sua portata? Qualcosa che avrebbe potuto comprare? Un modello vecchio, ma ancora funzionante? In un angolo notò una scatola che stava dietro tutte le altre. Mezza nascosta com’era doveva contenere un robot parecchio scarso… cioè proprio quello che poteva permettersi.

Il proprietario allungò il collo per guardare, poi la faccia si contrasse in una smorfia dispiaciuta.

– Non perdere tempo con quello – disse il proprietario scuotendo la testa con forza, – è un pezzo da museo… se solo un museo lo volesse. È uno dei vecchissimi modelli R2. Ho provato a venderlo, ma non funziona bene e me l’hanno sempre riportato. Devo rottamarlo.

– E quanto vorrebbe per darlo a me, signore?

Il negoziante si fece largo tra le scatole in disordine e digitò un numero sul tastierino della scatola che conteneva il robot nel barile. La scatola si aprì e qualcosa si mosse al suo interno.

– Attento, attento! – disse Jeff. – Non faccia male al robot.

– Niente gli può far male. Anche perché non si è ancora attivato.

Adesso, per la prima volta, all’interno del barile capitò qualcosa. Mentre il negoziante stava proprio sopra la scatola, il coperchio a forma di cappello scattò verso l’alto e lo colpì alla spalla. Sotto quel cappello c’era una faccia. O almeno così sembrava. Due grandi occhi… No! Jeff si fece avanti e vide che gli occhi erano quattro, due davanti e due sul retro. O magari viceversa.

A quel punto il robot, con una voce molto chiara, esclamò: – Quell’uomo orribile mi offende in continuazione. Io parlo benissimo come vedi. Solo perché non mi va di discutere con esseri inferiori, non significa che non possa farlo.

Il negoziante strillò: – Quell’aggeggio è pericoloso!

Andatevene subito di qui.

Jeff uscì fuori tenendo la mano di un barile che una volta conteneva dei chiodi Norb mentre ora gli erano spuntate due gambe, due braccia, e mezza testa.

– Hai la lingua lunga – osservo Jeff.

– Allora – disse Jeff, – dato che questo meraviglioso barile una volta conteneva chiodi Norb, che ne diresti se il tuo nuovo nome fosse… Norby?

Il robot lampeggiò: – Norby… Norby… Mi piace. Mi piace molto.

– Ottimo – approvò Jeff.

E lui e Norby se ne andarono via, stando sempre mano nella mano.

A Nalisi A

SCOPRI alcuni aspetti caratteristici del genere fantascienza.

Nei racconti di fantascienza si trovano personaggi reali: uomini, donne, scienziati/e, astronauti/e… Ma si trovano anche extraterrestri, robot ecc.

In questo racconto:

• il personaggio fantastico

• i personaggi realistici sono e

Norby: viene da un altro pianeta. è stato costruito dagli umani.

Il luogo in cui si svolge la vicenda è: un altro pianeta. la Terra nel futuro.

Ompito Non Noto C C

Scrivi tre aggettivi che facciano capire che Norby non è umano.

A

Nalisi A

RICONOSCI alcuni aspetti caratteristici del genere fantascienza

Il personaggio fantastico di questo racconto è un extraterrestre?

Sì. No.

Questa particolare creatura è formata da due parti.

• Una rappresenta

• L’altra rappresenta

Il racconto termina con una sequenza: narrativa. descrittiva. riflessiva.

Life Skills

Secondo te, anche gli umani devono mantenere in armonia i due aspetti: il fisico e l’intelletto?

Ompito Non Noto C C

Nella frase iniziale si legge: “Ellico vec Bur stavano…”. Come mai il verbo è alla terza persona plurale?

Ellico vec Bur

Ellico vec Bur stavano sulla soglia, il loro volto turbato da un’espressione mista di stupore e di collera. Non era difficile per Ellico vec Bur assumere due espressioni diverse contemporaneamente, poiché si trattava di un veccir, vale a dire una creatura composta di due parti separate ma connesse tra loro. Ciò significava, tra le altre cose, che questa creatura aveva due facce.

La faccia più grande apparteneva a Ellico, che sembrava quasi un Terrestre, se non fosse stato per il fatto che la sua pelle era blu e che, al posto della barba, aveva dei tentacoli contorti; questi sembravano essergli stati trapiantati da un polipo.

Se la barba di Ellico assomigliava a quella di un polipo, la cosiddetta parte Bur aveva una forma molto simile a quella di un granchio. Esternamente era rigido e di colore giallo-oro e aveva una faccia piccola e piatta. Bur si adattava alla testa di Ellico come un berrettino, e dubito che, anche volendo, lo si potesse disincastrare. Queste creature così perfettamente in simbiosi avevano due lunghe gambe – o meglio sembravano gambe, ma in realtà si chiamavano tweezikkle – che partivano proprio da dietro la faccia. Si estendevano dietro di loro e verso il basso, per poi arrivare alle orecchie, dove si incastravano unendosi al cervello.

Ellico, con il suo corpo enorme e forte, rappresentava la parte fisica. Bur, invece, rappresentava la potente forza intellettiva e la capacità di provare sensazioni.

Secondo loro, si trattava di una combinazione ottimale.

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