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Minerva incontra Uma
Mentre faceva colazione, Minerva si ritrovò davanti il gatto bianco e nero con un fazzoletto rosso legato dietro le orecchie.
– Sta’ tranquilla, zia; è solo Pallino, il gatto della vicina del primo piano, glielo riporto io.
Minerva uscì sul pianerottolo con il gatto in braccio e cominciò a osservare il fazzoletto rosso sapientemente legato dietro le orecchie.
– Chi ti ha messo questo in testa?
– Io! – la voce proveniva da uno scricciolo biondo che scendeva le scale in volata fermandosi a pochi centimetri da lei.
– Stavamo giocando ai pirati – tese le braccia piene di graffi e croste verso il gatto. – È fuggito proprio sul più bello dell’assalto!
Il monello, che le arrivava appena alle spalle, le tolse Pallino dalle braccia. Era vestito in modo trasandato, con i jeans strappati e la maglietta sporca, nella migliore delle ipotesi, di gelato al cioccolato.
– Grazie mille per avermelo trovato. Era sceso giù in strada?
– No, no, è solo entrato in casa mia – rispose Minerva indicando la porta del suo appartamento, ma non ebbe il tempo di finire che l’altro proruppe in un urlo stile coyote e prese a saltare da un piede all’altro.
– Allora sei la figlia della De Floris! Speravo tanto che ci fossero altri bambini. Nel palazzo sono tutti grandi.
Minerva stava per recriminare sul fatto che anche lei era grande rispetto a lui, ma non ne ebbe il tempo perché il ragazzino
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Ompito Non Noto
Chi sta giocando a cricket?
si caricò Pallino sotto un braccio e con l’altro la trascinò letteralmente su per le scale.
– Vieni, ti mostro camera mia. Ti piace il cricket?
Minerva scosse la testa dicendo: – Non so giocare.
– Non ti preoccupare, ti insegno io – la rassicurò il ragazzino. Minerva ne approfittò per tastare il terreno in vista di una compagnia più adeguata: – Ma tu non hai una sorella? Io ho un fratello…
– No, niente fratelli. Solo me. Uma – rispose puntandosi il petto.
– Si dice solo io. Come hai detto che ti chiami, scusa?
Il monello scoppiò in una risata fragorosa: – Uma. È il nome di una divinità indiana! – aggiunse con fare divertito.
– Non preoccuparti, non sei la prima che mi scambia per un maschio!
E così venne fuori che quel monello non era un monello ma una monella, che si chiamava Uma e che, nonostante sembrasse molto giovane, magrolina com’era, aveva ben dieci anni e mezzo. Era più piccola di Minerva di soli sei mesi.
Le due bambine passarono insieme quasi tutta la mattinata e, da quel giorno, avrebbero continuato a passare insieme ancora gran parte del loro tempo.
C Omprensione C
Sottolinea nel testo i particolari che ti hanno fatto riconoscere Uma.
Trova le informazioni implicite e le inferenze Nel testo si legge “proruppe in un urlo stile coyote”. Chi compie questa azione?
Il gatto. Uma. La figlia della signora De Floris.
Perché?
Perché è stato ritrovato il suo gatto.
Perché ha scoperto che nella sua casa c’è una bambina della sua età.
Perché stava giocando agli indiani.
Trova le informazioni esplicite.
La figlia della signora De Floris è: Uma. Minerva. la padrona di Pallino.
Che cosa nasce dall’incontro tra le due bambine?
Micio, micio, dove sei?
Papà Gelindo guidava un furgoncino bianco. Quella sera, già sul punto di mettere in moto, aveva sentito un suono stranamente familiare.
Era rimasto in ascolto… e si era convinto di essersi sbagliato. Aveva rimesso mano alle chiavi, pronto a partire, ma eccolo di nuovo… e questa volta lo aveva riconosciuto: era il verso di un micio piccolo e spaventato! Ma da dove proveniva?
Papà Gelindo aveva abbassato i finestrini, teso le orecchie ed emesso quel richiamo caratteristico che si fa per avvicinare i gatti, e che consiste in una raffica di piccoli schiocchi, come se si trattasse di una rapida sequenza di baci. Il micio aveva risposto con un miagolio più cauto, ma ancora non si riusciva a capire dove fosse nascosto.
Il cucciolo era sicuro, però, che papà non si sarebbe allontanato prima di averlo visto.
L’uomo aveva iniziato a camminare intorno al furgone ripetendo con voce calma e melodiosa: – Micio, micio, miciooooo. Non lo avrebbe mai ammesso, ma con quel richiamo insisteva sulla “m”, la “i” e la “o” per somigliare a una mamma gatta. Una cosa un po’ buffa e sciocca, ma piena di tenerezza.
Il micio si era convinto che di un umano così ci si poteva fidare e finalmente aveva risposto forte e chiaro.
Papà Gelindo aveva capito allora da dove veniva il miagolio: da dentro il motore del furgoncino!
Forse il micio si era intrufolato per curiosità, forse stava scappando da un cane o, forse ancora, si era cacciato lì solo alla ricerca di un posto protetto e tiepido. Se papà Gelindo avesse messo in moto per ripartire, il micetto avrebbe fatto di sicuro una brutta fine.
Ompito Non Noto C C
Rileggi da “Papà Gelindo aveva abbassato…” a “… una rapida sequenza di baci”. Riproduci il suono fatto dal papà.
Quindi papà, alzato il portellone del cofano, si era sdraiato sotto il furgoncino e grazie a una pila aveva individuato un ciuffetto di pelo nero. Come riuscire a togliere il gatto da lì, convincendolo a collaborare?
Per ora, papà Gelindo aveva tentato ogni tipo di stratagemma, dal simulare il richiamo di mamma gatta, ai gentili e ritmati toc toc toc sul cofano, ai fischietti da fringuello. Alla fine aveva dato anche qualche colpetto di clacson. Ma niente.
Attratta dal rumore e intenerita dalla situazione, una vicina che stava cucinando la trippa gliene aveva portato un piattino. Il profumino aveva fatto saettare fuori il felino più scattante di una lepre! Era una femminuccia tutta nera, con la punta della coda bianca come la neve.

– Posso tenerla io – aveva proposto la signora della trippa.
– Non se ne parla nemmeno! – aveva risposto papà.
– Questa gattina ha scelto me e la porto via. Però, in suo onore, la chiamerò Trippa.
E così fu.
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Trova le informazioni esplicite e implicite.
• Perché Gelindo non ha messo in moto il furgoncino?
• Perché la gatta aveva risposto al richiamo di Gelindo?
• Perché la gatta esce dal nascondiglio?
• Perché Gelindo decide di tenere la gatta?
La trippa è: un arrosto di pollo. la parte dell’intestino del bovino che si può cucinare. la cotoletta.