PESCE D’ACQUA DOLCE
Ittiturismo Péstrofa di Riccardo Lagorio
C’è un ponte sospeso che ci separa dalla felicità. Sotto vi scorre l’Alberone, a fianco della strada che porta a Luico, frazione di quella Caporetto che solo a citare mette i brividi. Il rifugio in pietra l’ha rimesso su STEFANIA PREDAN nel 2016, dopo che rovi e incuria se n’erano impossessati per anni. Asciugando i canali, trasformando in selva il laghetto. Intorno la bellezza selvaggia, in parte ancora sconosciuta, delle valli del Natisone, di cui ben godrebbero gli amanti delle escursioni nella natura e di quella cultura materiale cosiddetta minore delle chiesette votive, un percorso
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che ne tocca 44 e attraversa i 7 comuni del comprensorio (nediskedoline.it). Come si sa, per secoli le popolazioni alpine hanno potuto contare su proteine ittiche quasi esclusivamente grazie alla pesca praticata lungo i ruscelli e i torrenti di montagna. Il pesce d’acqua dolce fu necessario anche a fare trascorrere le lunghe giornate di astensione dalla carne e da cibi considerati grassi (come se ve ne fossero disponibili…), circa 200, durante quelle epoche in cui le prescrizioni ecclesiali venivano eseguite alla lettera. Oggi che pochi seguono i precetti cibari, la trota è
un ingrediente diffuso ovunque e il suo fascino e ricordo da pesce penitenziale è svanito, il pescione d’acqua dolce rallegra anche le tavole della Péstrofa, trota di fiume secondo il vocabolario greco. «Da due anni abbiamo ripristinato anche l’avannotteria. Acquistiamo le uova di trota già fecondate; le facciamo schiudere e alleviamo il pesce per circa un anno e mezzo prima che sia pronto come pezzatura per essere lavorato nell’ittiturismo. Le acque fredde del torrente che entrano nelle vasche non permettono una crescita più rapida» spiega la Predan.
IL PESCE, 6/22
Stefania Predan nel suo ittiturismo Péstrofa a Cedron a San Pietro al Natisone, in provincia di Udine.
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IL PESCE, 6/22