PESCA
Un sistema di pesca altamente sostenibile, che rischia di scomparire
Tonnarella di Camogli di Chiara Papotti
“Dietro una curva, improvvisamente, il mare” così IVANO FOSSATI cantava la sua Liguria. I panorami romantici e suggestivi sopra le città che si affacciano sul mare tolgono il fiato. Basta guardarsi intorno per rimanere affascinati. Lo spettacolo offerto da questa terra è grande e nasce da particolarità rare da trovare altrove, come le case colorate che sembrano scivolare in acqua, il verde che si fonde col blu, l’intensità dei profumi, i fiori che bucano il cemento, la concentrazione di tante cose in poco spazio. A Camogli, il piccolo borgo marittimo noto per il suo
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porticciolo e per i palazzi variopinti sul lungomare, Slow Food tutela un sistema di pesca antico rimasto in attività in pochissime zone d’Italia: la tonnarella. Da non confondere con la tonnara, tecnica dei primi anni del Novecento caratterizzata da un sistema di fibre di cocco intrecciate fissato a 12 ancore, la tonnarella è, invece, un meccanismo simile ma più semplice: due sole stanze rispetto alle sei-nove delle altre e una rete di sbarramento più corta. È un sistema di pesca stagionale: le reti vengono calate in mare per sei mesi, da aprile a settembre. Ideata
per pescare i pesci di passaggio, la tonnarella nei secoli ha basato la sua economia sulla pesca dei tonni, oggi scomparsa quasi del tutto e riconvertita verso specie di passo più piccole, ma non meno pregiate. Il pescato è costituito di norma da sugarelli, palamite, occhiate, ricciole, cavalle, tombarelli ma anche boghe, salpe e aguglie. I tonnarotti, così vengono chiamati i pescatori che si dedicano a questa particolare tecnica, calano le reti in mare nel mese di aprile. La più grande è il pedale, una rete in fibra vegetale lunga oltre 300 metri,
IL PESCE, 3/21