Eurocarni 2-2024

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIX N. 2 • Febbraio 2024

€ 5,42





2/ EUROCARNI 24 Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti

Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (UNICARVE) – Gianni Mozzoni (LEGACOOP) – Manrico Murzi – François Tomei (ASSOCARNI)

Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23/10/1985 – ISSN 0394-2910 Iscritta nel ROC – Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 11256 del 14/6/2005 Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Stampa

Segreteria di redazione Gaia Borghi

Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata

Grafica Federica Cornia Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Chiara R. Zaccaroni Fotografia Luigi Credi Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone

Ufficio stampa e Media Partner

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1998 2023 1998 2023


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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

A pagina 67. In questo numero:

La bistecca perfetta

Tomahawk Angus Allevamento Bifulco

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Le storie di Beppe Romeo Asador Casa Nicolás

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Immagini

Macelleria BDL, da Sonia e Roger

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Anteprima

Marca 2024, Eurocarni c’è

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Memento

Luciano Bifulco, addio all’imprenditore delle carni di Ottaviano

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Attualità

La costata di manzo made in USA

Elena Benedetti

Imitare la carne? Impossibile: troppe differenze nutrizionali

Susanna Bramante 30

Carne coltivata: il punto di Slow Food

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Elena Benedetti

La carne in rete

Social meat

Aziende

La Macelleria Rosato sceglie Bistrot di Eurocryor

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La formula completa di Stagionello™ per i professionisti del food

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Info alle imprese

Contributi a fondo perduto

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Marketing

La carne bovina e le patate francesi interpretati con gusto dalla chef Antonella Ricci

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Sostenibilità

Indagine CREA sulle diete sostenibili

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Analisi di settore

DOP Economy, per la prima volta sopra i 20 miliardi

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Indagini

Il mercato dell’e-grocery

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Mercati

Ismea: tendenze bovino da carne

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Macellerie d’Italia

BDL, parola d’ordine: selezione

Gian Omar Bison

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIX N. 2 • Febbraio 2024

€ 5,42

A pagina 90. In copertina: alla ricerca della bistecca perfetta.

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Il mio ERP. Così ho tutto sotto controllo. (੕FLHQ]D WUDVSDUHQ]D ÁHVVLELOLWj ² TXHVWR q FLz FKH FRQWD RUD /·,7 q OD FKLDYH SHU RWWHQHUOR &KH VL WUDWWL GL (53 0(6 PDFHOOD]LRQH H VH]LRQDPHQWR R GL VRIWZDUH SHU OD SLDQLÀFD]LRQH LQWHOOLJHQWH LO &6% 6\VWHP q OD VROX]LRQH FRPSOHWD SHU OH D]LHQGH GHO VHWWRUH &DUQH &RVu JLj RJJL SRWHWH RWWLPL]]DUH OD YRVWUD SURGX]LRQH H GRPDQL GLJLWDOL]]HUHWH O·LQWHUD D]LHQGD

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Ternasco d’Aragón IGP, il principe dei pascoli aragonesi

Massimiliano Rella 83

Gallo Rosso, essenza altoatesina

Riccardo Lagorio

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La carne in tavola

La nobile costata, dalla brace allo street food

Giorgia Fieni

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La buona carne secondo Lara

Le minestre di carne: dall’Oriente una preparazione perfetta per l’inverno

Lara Abrati

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#LaParolaGusta

Mezzo Quinto, la vera cucina delle mamme salentine nel cuore di Lecce

Paolo A. Garofalo

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Razze

Il pollo Brianzolo razzola ancora

Roberto Villa

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Fiere

Anuga FoodTec 2024: focus sulla sicurezza alimentare

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Sottoprodotti

BAT macelli e industrie sottoprodotti di origine animale

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La Qualità

A pagina 44.

A pagina 102.

A pagina 92.

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A pagina 126.

A pagina 96.

A pagina 83. Tecnologie

Etichettatura senza lacune grazie all’ERP CSB-System

106

Con Track Carni tracciabilità garantita dall’allevamento alla GDO e viceversa

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Storia e cultura

Il Macello di Piazza del Popolo a Roma

Andrea Gaddini

Sono 180 grammi, lascio?

Chicken Bones

Giovanni Papalato 121

Statistiche

ANAS: suini vivi e carni suine in Italia

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Libri

Steak House e Macellerie d’Italia 2024: un volume dedicato a chi ama la carne

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LA BISTECCA PERFETTA

Inizia con questo numero di Eurocarni una nuova rubrica che vuole rispondere ad una domanda tanto semplice quanto è complessa e molto personale la sua risposta, ovvero qual è la“bistecca perfetta”. O, meglio, esiste la“bistecca perfetta”? È un taglio specifico? È una razza? Dietro ad un taglio di carne c’è infatti una visione, ci sono allevatori, ingrassatori, operatori che lavorano per dare giusto valore ad un prodotto che è la somma di tante competenze e che è fonte preziosa di nutrienti. In onore di Luciano Bifulco, recentemente scomparso (si veda articolo a pagina 22), iniziamo proprio da lui, da ciò che ci disse un giorno nel corso di un’intervista. «A casa il mio taglio preferito è la costata, dalla quarta alla settima vertebra, sia per la sua succulenza sia perché è da sempre il preferito del mio papà. In Braceria, invece, preferisco fare la stessa esperienza di gusto che consiglio ai miei clienti ovvero partire da un taglio più delicato come lo Chateaubriand, passare per la tenerezza della T-bone e la scioglievolezza della Ribeye, fino ad arrivare ad un gusto più deciso come quello offerto dal Tomahawk». Qui in foto il Tomahawk Angus Allevamento Bifulco: “Il Tomahawk Premium Angus rientra nella nostra selezione di carni, tagli dall’elevata marezzatura e dal gusto mondiale. Viene ricavato da Angus del nostro allevamento dove gli animali vivono allo stato semibrado e seguono un’alimentazione naturale 100% vegetale. Il suo gusto deciso e il suo aspetto marmorizzato derivano dalla presenza di grasso distribuito uniformemente nelle fibre muscolari, che rendono questa bistecca morbida e succosa” (photo © bifulco.it/prodotto/tomahawk_angus).

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LE STORIE DI BEPPE ROMEO

Durano solo 24 ore e sono una via di mezzo tra un diario di bordo e un flusso di coscienza, potente strumento di condivisione e racconto. Come le storie Instagram di Beppe Romeo (@bepperomeoo), meat influencer, tra le quali ogni mese selezioniamo un’immagine per noi forte e significativa. Qui Beppe era a Tolosa presso Asador Casa Nicolás (asadornicolas.com), una delle più importanti steak house nel Sud della Francia, specializzata in txuleta alla griglia da tre generazioni. Precursori nel concetto e nella tecnica, con una selezione meticolosa del prodotto e alla ricerca dell’eccellenza, Asador Casa Nicolás è un punto di riferimento per i palati più esigenti, per la qualità delle carni e l’impeccabile padronanza della griglia (photo © instagram.com/bepperomeoo).

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IMMAGINI

Roger Bonato e Sonia Dalla Libera sono i titolari della Macelleria BDL di Pederobba (TV): coniugi e soci in affari da qualche decennio, hanno intrapreso una serie di scelte aziendali originali che stanno ripagando: location fuori dal centro urbano e lungo una strada ad altissima percorrenza; macelleria grande con ampi spazi a disposizione; un buon numero di parcheggi auto; scaffali e referenze di vini, birre, pasta e altri prodotti gourmet di alta gamma… Gian Omar Bison li ha intervistati e l’articolo che li racconta lo trovate a pagina 78.

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ANTEPRIMA

Mentre ci apprestiamo ad andare in stampa con Eurocarni Febbraio, sta inaugurando l’edizione 2024 di Marca by BolognaFiere, un appuntamento unico in Italia dove gli MDD partner delle aree food e non food incontrano le principali Insegne della Distribuzione Moderna Organizzata. Questa è la ventesima edizione che, per numero di espositori e visitatori, si preannuncia da record! Non perdete il prossimo numero, Eurocarni Marzo, con un ampio reportage dei protagonisti del comparto carni presenti e in visita a Marca 2024 (in foto, lo stand della Tönnies).

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Sono oltre 1.000 gli espositori, distribuiti in 7 padiglioni e 26.000 metri quadrati di superficie netta, con un aumento del 22% rispetto all’edizione precedente, a cui si affiancano le più importanti insegne della Distribuzione Moderna. Qui una piccola anticipazione. 1) Una selezione di meat pack di Filiera Uno, Gruppo Alcar Uno. 2) Un dettaglio di prodotti di Terremerse Soc. Coop. di Bagnacavallo (RA). 3) Ampia l’offerta di burger di Mec Spa Industria Alimentare Carni di Montanera (CN). 4) I pack di pollo Transavia distribuiti da Magellano Food Agency.

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MEMENTO

Luciano Bifulco, addio all’imprenditore delle carni di Ottaviano

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a notizia della scomparsa di LUCIANO BIFULCO, 40 anni appena compiuti, rimasto vittima di un grave incidente il giorno della Vigilia, ci ha lasciati senza fiato. Questa famiglia che opera all’ombra del Vesuvio, giunta alla quarta generazione in questo settore, è per tutti e da anni un esempio virtuoso di omnicanalità, tra selezione, alle-

vamento, retail tradizionale, vendita on-line e ristorazione. Nel 2021 avevamo intervistato Luciano (“Luciano Bifulco, il macellaio differente”, in EUROCARNI n. 6/2021), scoprendo un professionista appassionato, dedito al proprio lavoro e con una visione moderna e innovativa di prodotto. Sicuramente uno dei protagonisti più visionari e anticipatori delle ten-

denze nella vendita e ristorazione in materia di carne e salumi. Suo fratello Nando e i collaboratori della Braceria e Macelleria di Ottaviano portano avanti questo lavoro con la stessa dedizione e professionalità. A loro e a tutta la famiglia Bifulco le più sentite condoglianze da parte della nostra Redazione (photo © bifulco.it).

Erede di una famiglia di macellai, esperto di carni, allevatore, selezionatore, affinatore e grill master, Luciano Bifulco è deceduto a soli quarant’anni nella mattinata del 24 dicembre, lasciando la moglie Carmela e tre bambini.

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Studio della rivista Nutrition: i pasti vegan dei fast food non sono più salutari delle opzioni a base di carne La notizia arriva da una ricerca pubblicata sulla rivista NUTRITION che ha preso in considerazione 1.868 pasti tra cui panini, insalate, noodles e pizze provenienti da 50 catene di fast food di cinque Paesi, Regno Unito compreso. Tra le catene prese in considerazione Wagamama, Pret, Pizza Express, Leon e Burger King. Ebbene, il risultato di questa indagine suggerisce che i pasti di origine vegetale dei fast food non siano più salutari delle opzioni equivalenti a base di carne. Le opzioni vegane, secondo lo studio, contengono infatti meno proteine e sodio ma più carboidrati e zuccheri. Per arrivare al risultato, i ricercatori hanno raccolto dati sul contenuto calorico, sulla presenza di allergeni e sulle quantità di nutrienti, fibre e sale di ogni pasto stabilendo, infine, come dicevamo, che i pasti a base vegetale contengono meno proteine e sodio ma livelli più elevati di carboidrati e zuccheri rispetto ai pasti a base di carne. Non solo. Lo studio mette in guardia anche coloro che in questo nuovo anno pensassero di perdere qualche chilo grazie al regime vegano: i pasti a base vegetale non contengono meno calorie dei pasti a base di carne. L’autore principale dello studio, MIKOŁAJ KAMIŃSKI, docente dell’Università di Scienze Mediche di Poznań, in Polonia, spiega che «sorprendentemente, il nostro studio mostra che i pasti a base vegetale non sono associati ad un minor contenuto calorico, cosa di cui i consumatori potrebbero non rendersi conto. Ciò sottolinea davvero l’importanza di fare scelte alimentari informate, soprattutto quando si tratta di consumare fast food, ancora di più se si soffre di un disturbo metabolico come il diabete di tipo 2». L’esperto ha posto l’accento su “l’illusione” che le alternative vegetali siano più sane dei piatti dei fast food più popolari, con una riflessione sugli allergeni. «I risultati — conclude Kamiński — hanno mostrato che i pasti contenenti carne hanno maggiori probabilità di contenere allergeni come latticini, uova, pesce, crostacei e senape, mentre i pasti a base vegetale contengono più probabilmente allergeni come sesamo, semi e noci» (fonte: EFA News – European Food Agency).

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ATTUALITÀ

La costata di manzo made in USA Ascesa e declino di un prodotto che ha identificato una nazione, raccontato dal New York Times e da Joshua Specht, autore di “Red Meat Republic” di Elena Benedetti

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Il beef made in USA, fortemente identitario della cultura gastronomica statunitense, è sempre stato sinonimo di benessere sociale e, fino agli anni ‘70, non ha conosciuto crisi a livello di consumo

È

uscito lo scorso 24 dicembre l’articolo “The Rise and Fall of Prime-Rib Nation” (“L’ascesa e il crollo di una nazione fondata sulla costata di manzo di prima scelta”) scritto da BRIAN GALLAGHER, corrispondente da Chicago e pubblicato sul NEW YORK TIMES. Questo pezzo, disponibile anche on-line per chi è abbonato al NYT, ci racconta che — citando dati della National Cattlemen’s Beef Association — il 70% delle vendite annuali di costate di manzo negli USA è concentrato proprio nel periodo delle feste del Natale. Una modalità di consumo che differisce parecchio da noi Italiani, che optiamo per il suino, con cotechini e zamponi a dominare le tavole natalizie. Negli USA, invece, tradizionalmente e

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storicamente c’è sempre stata la costata. “Le scorte e il congelamento di questi tagli iniziano già a maggio” scrive Gallagher. “Per tutta l’estate, mentre i negozi di alimentari vendono soprattutto hamburger per le grigliate, l’industria della carne bovina pensa già alle vendite più importanti dell’anno: l’arrosto di dicembre”. “A Symbol of Man’s Desire” “Le festività e le occasioni speciali sono i momenti in cui le tradizioni più consolidate e le narrazioni più profonde di come ci rapportiamo al cibo emergono come veri e propri rituali”, prosegue Gallagher citando JOSHUA SPECHT, autore del volume “Red Meat Republic: A Hoofto-Table History of How Beef Changed

America” (si veda box dedicato nella pagina seguente). La popolarità della costata di manzo esplose negli USA dopo la Seconda Guerra Mondiale. Gli Stati Uniti erano la superpotenza mondiale, il futuro economico sembrava roseo e la carne di manzo, che era stata razionata per anni, era di nuovo disponibile sulla tavola. “Un potente simbolo di abbondanza”, come dichiarato anche da AMY BENTLEY, docente di studi alimentari alla New York University e autrice di “Eating for Victory”. I consumi di Rib-eye non hanno registrato rallentamenti fino alla metà degli anni Settanta. “Nel 1976 il consumo pro capite di carne bovina negli Stati Uniti ha raggiunto un picco di circa 90 libbre all’anno

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Red Meat Republic: A Hoof-to-Table History of How Beef Changed America Il libro del prof. Joshua Specht pubblicato nel 2019 dalla Princeton University Press ci racconta come la carne bovina abbia conquistato l’America. Alla fine del XIX secolo gli Americani, ricchi e poveri, affamati, si aspettavano di trovare una carne di manzo fresca e di alta qualità per quasi tutti i pasti. La produzione di carne bovina negli Stati Uniti era passata da operazioni su piccola scala e a livello locale ad un’industria altamente centralizzata che si estendeva su tutto il territorio nazionale, con bovini allevati nei ranch dell’Ovest rurale, macellati a Chicago e consumati nelle città in rapida crescita di tutta nazione. Red Meat Republic racconta la storia del violento conflitto di coloro che avrebbero raccolto i benefici di questa nuova industria e di chi ne avrebbe pagato i pesanti costi.

(pari a 40,90 kg/anno) e da allora è andato sempre diminuendo. Oggi, secondo l’USDA, il Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti d’America, la cifra è di circa 60 libbre (27,27 kg/anno) a persona all’anno, anche se nel Midwest, la regione che consuma più carne bovina del Paese, la cifra è ‘storicamente’ più elevata” scrive Gallagher. È probabile che molti fattori abbiano contribuito al declino del consumo di manzo: la maggiore consapevolezza dei rischi per la salute legati ad un eccesso di carne rossa nella dieta, l’aumento delle preoccupazioni relative all’impatto dell’allevamento del bestiame sull’ambiente e il cambiamento demografico dei consumatori. Ma questa inversione di rotta coincide anche con la diminuzione dei rappresentanti della cosiddetta classe media in molte località americane in cui la costata di manzo era tradizionalmente più consumata. “C’è un momento in cui si assiste alla rottura di un certo tipo di virilità e di un certo tipo di uomo economico”, ha scritto il prof. Specht nel suo libro. “C’è una fase di cambiamento nell’economia, che coincide con un mutamento del comportamento d’acquisto da parte del consumatore statunitense. Essere un uomo di successo significava mangiare bistecche: ecco, questo modo di essere si rompe negli anni ‘70. Gli effetti di questo concetto sono però evidenti ancora oggi. Uno studio recente pubblicato sulla rivista NUTRIENTS ha dimostrato che la metà di tutta la carne bovina consumata negli Stati Uniti in un determinato giorno viene mangiata solo dal 12% della popolazione. E i membri di questo 12% sono soprattutto uomini bianchi di età compresa tra i 50 e i 65 anni”. Elena Benedetti Nota A pagina 27, una campagna pubblicitaria dell’AMERICAN MEAT INSTITUTE della metà degli anni '40 pubblicata sulla rivista LIFE, che all'epoca era vista dal 10% della popolazione statunitense (photo © American Meat Institute, www. meatinstitute.org).

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Imitare la carne? Impossibile: troppe differenze nutrizionali La carne è un alimento prezioso che si sta tentando di riprodurre attraverso le tecnologie più svariate. Ma imitarla in tutto e per tutto non è certo così facile di Susanna Bramante

L

a carne è un alimento così prezioso che si tenta a tutti i costi di riprodurla, ricreandone dei surrogati nei modi più svariati. Ma imitare in tutto e per tutto la carne non è facile. Anzi, sembrerebbe proprio impossibile. Lo rivela un nuovo studio (YOULING L. XIONG, “Meat and meat alternatives: where is the gap in scientific knowledge

and technology?, ITALIAN JOURNAL OF ANIMAL SCIENCE, Volume 22, 2023, Issue 1, 482-496 pp., www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/18280 51X.2023.2211988) che analizza a fondo le differenze molecolari tra la carne vera e i suoi presunti sostituti. La struttura del muscolo è estremamente complessa in natura, organizzata in livelli gerarchici di fi-

bre, fasci, miofibrille e miofilamenti, circondati da tessuto connettivo su diversi strati, e legati a componenti endogeni responsabili della consistenza unica e del sapore tipico della carne. L’acqua, le sostanze idrosolubili e i nutrienti, i peptidi, gli amminoacidi, i grassi, i minerali, le vitamine, ma anche i nucleotidi, le proteine ematiche, i pigmenti,

Molte persone, dopo aver provato i sostituti di carne per curiosità, hanno capito che questi prodotti, oltre a non essere buoni come la carne, non le sono equivalenti dal punto di vista nutrizionale e il loro consumo non è né più salutare né più sostenibile nemmeno per l’ambiente.

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Gli scienziati che si cimentano nelle sfide tecnologiche e gli imprenditori che vogliono investire nel mercato dei sostituti della carne fake devono essere ben consapevoli che i prodotti a base di carne animale sono unici. Il gusto e l’aroma della carne sono estremamente complessi e non riescono per questo ad essere rigenerati con successo.

il complesso actina-miosina, i composti organici responsabili degli aromi, nonché i composti liposolubili depositati nel tessuto adiposo animale, sono incapsulati e compartimentati all’interno di reticoli strutturali finemente articolati. Ed è proprio questa complessità ad essere cruciale per la consistenza, la masticabilità e il sapore percepiti dal consumatore, conferendo l’esperienza sensoriale unica e la succosità durante la masticazione della carne, che sono impossibili da ricreare tecnologicamente. La difficoltà nel riprodurre fedelmente le proprietà organolettiche della carne è la principale causa che ostacola lo sviluppo nel mercato dei prodotti plant based. Legumi, cereali, funghi, microalghe e proteine degli insetti: sono loro alla base dei prodotti alternativi che l’ingegneria tenta di trasformare con varie strategie tecnologiche, come gel, emulsioni e aggregati, con l’obiettivo finale di simulare il muscolo e imitare la carne. Ma a causa di questi grandi ostacoli tecnici, tutti gli sforzi (e gli investimenti) fatti ad oggi sono stati vani. Più del 90% di questi prodotti disponibili sul mercato è composto da proteine vegetali isolate da

La carne è un alimento di primaria importanza. Che, da almeno due decenni, è però soggetto a numerosi attacchi e critiche. Fra le principali accuse che le si rivolgono, spiccano l’impatto ambientale e i supposti problemi a livello salutistico ad essa collegati. Con la consapevolezza che la sostenibilità nel campo delle carni costituisce un argomento complesso e dibattuto, il Progetto Carni Sostenibili vuole individuare gli argomenti chiave, lo stato delle conoscenze e le più recenti tendenze e orientamenti tecnico scientifici. L’intento è quello di mostrare che la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, sia per la salute che per l’ambiente. Al dibattito sulla produzione e il consumo di carne partecipano organizzazioni e stakeholder di vario genere, caratterizzati da scopi differenti: associazioni animaliste e/o ambientaliste, centri di ricerca, media. In questo contesto non si è mai inserito, almeno in Italia, il punto di vista dei produttori di carne, che hanno invece sentito la necessità di partecipare al dibattito fornendo informazioni, dettagli e dati oggettivi utili a correggere, dove necessario, alcune posizioni, a volte pregiudiziali se non completamente scorrette. Per far questo, dal 2012 un gruppo di operatori del settore zootecnico (aziende e associazioni) si è organizzato per supportare studi scientifici che, in una logica di trasparenza pre-competitiva, hanno permesso di arrivare all’avvio del progetto “Carni Sostenibili” e, quindi, del portale web carnisostenibili.it. Nato dalla comunione di intenti delle tre principali associazioni di categoria, ASSOCARNI, ASS.I.CA. e UNAItalia, il sito si propone di trattare in modo trasversale tutti gli argomenti legati al mondo delle carni: un progetto senza precedenti, in Italia, che con un approccio formativo e informativo vuole contribuire a una informazione equilibrata su salute, alimentazione e sostenibilità. >> Link: carnisostenibili.it

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La difficoltà nel riprodurre fedelmente le proprietà organolettiche della carne è la principale causa che ostacola lo sviluppo nel mercato dei prodotti plant based, che falliscono nell’obiettivo di soddisfare pienamente il consumatore. legumi come soia, fagioli, piselli, lupini o lenticchie, con l’inclusione di proteine dei cereali, come glutine e polisaccaridi per fare da collante e migliorare la consistenza del prodotto. Al fine di avvicinarsi il più possibile alla carne, i vegetali di base, alghe e micoproteine devono essere trattati con processi industriali molto intensi, come l’estrusione termomeccanica ad alta temperatura, per ottenere una rottura vigorosa della parete cellulare, separare per centrifugazione e isolare le proteine. L’estrazione può avvenire a umido, con solubilizzazione in mezzo acquoso alcalino, come la soda caustica, e precipitazione isoelettrica, oppure con frazionamento a secco,

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che si avvale di alte temperature, microonde o ultrasuoni. L’operazione comporta insomma una serie di passaggi, come omogeneizzazione, compressione, riscaldamento, reticolazione molecolare, allineamento e modellatura, e sistemi per avere proprietà gelificanti, emulsionanti e attività di schiumatura. L’obiettivo è ottenere la capacità di coagulare e avvicinarsi alla struttura delle carni, con aggiunta di additivi, coloranti, addensanti, emulsionanti, sale, aromi e oli vegetali per dare sapore, consistenza e compensare alla secchezza comunemente nota in queste alternative. Si pensa di sfruttare in un prossimo futuro anche le proteine degli insetti, trasformati in polvere per

distruggerne la morfologia non apprezzata dal consumatore e incorporati in alimenti come biscotti, prodotti da forno o combinati con proteine vegetali per produrre analoghi della carne. Ma lo studio di Youling L. Xiong prima citato dimostra che, nonostante tutte le iperlavorazioni, sia tecnologicamente impossibile ricreare microstrutturalmente la complessa organizzazione gerarchica del muscolo, i sarcomeri interconnessi, i filamenti di miosina e actina e quindi le succose proprietà organolettiche della carne. Le fibre generate dall’estrusione delle proteine vegetali, degli insetti e delle microalghe sono prive degli allineamenti complessi e ben definiti delle fibre muscolari.

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Anche dal punto di vista nutrizionale, le proteine di origine animale della carne forniscono un profilo completo di aminoacidi essenziali per l’uomo, il che non accade per le proteine non muscolari. Le proteine dei legumi sono carenti in metionina, quelle dei cereali sono a basso contenuto di lisina e le alghe mancanti di lisina e triptofano. Inoltre, l’alta temperatura e l’alta pressione dei processi industriali a cui vengono sottoposti, danneggiano e distruggono le proteine e i nutrienti. Ne consegue che questi prodotti vegetali siano carenti di vitamine e di minerali essenziali presenti naturalmente nella carne, come la vitamina B12, creatina, taurina, carnosina, ferro eme, zinco e iodio. Per superare le differenze nutrizionali, i nutrienti vengono incorporati come additivi, ma questo ha sollevato preoccupazioni per la salute, oltre che di sicurezza chimica e microbiologica. Infatti le tempe-

rature di lavorazione ultraelevate potrebbero favorire la formazione di tossine e l’ossidazione dei grassi, mentre alcuni additivi possono indurre infiammazione. Ciò che emerge chiaramente è che trasformare proteine non muscolari in strutture fibrose che microscopicamente assomiglino al muscolo comporta una sovraelaborazione ed un’alterazione che ne compromette il valore nutrizionale e la sicurezza. Sono a tutti gli effetti dei cibi ultraprocessati, il cui consumo è legato a patologie cerebrovascolari e cardiovascolari, come infarti, ischemie, ictus, ma anche diabete, obesità, cancro e mortalità precoce. Anche i prodotti proteici a base di insetti sollevano preoccupazioni per la presenza naturale di tossine bioattive, composti allergenici, antiparassitari pericolosi e metalli pesanti. Mentre per le microalghe i rischi principali sono dovuti agli allergeni e alle micotossine.

Gli autori concludono il loro studio sostenendo che gli scienziati che si cimentano in queste sfide tecnologiche e gli imprenditori che vogliono investire in questo mercato devono essere ben consapevoli che i prodotti a base di carne animale sono unici. Il gusto e l’aroma della carne sono estremamente complessi e non riescono per questo ad essere rigenerati con successo. Le fonti proteiche alternative hanno sistemi metabolici che differiscono drasticamente dagli animali, per cui la qualità e gli attributi sensoriali della carne possono essere solo simulati, ma non replicati al 100%. Gli autori suggeriscono dunque di non presentare questi prodotti come analoghi o sostituti della carne, anche per evitare aspettative irrealistiche e la delusione dei consumatori, ma di trattarli come un nuovo gruppo di alimenti. Alimenti industriali iperprocessati. Susanna Bramante Per Carni Sostenibili


Carne coltivata: il punto di Slow Food Barbara Nappini: «Non ridurre a battaglia ideologica un tema complesso che ha a che fare col sistema alimentare, il suolo, il paesaggio, la cultura del cibo e la sovranità alimentare»

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l divieto alla produzione e vendita della carne coltivata secondo Slow Food non chiude la discussione: la apre» afferma Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia commentando il disegno di legge proposto dal governo e firmato lo scorso fine novembre dal presidente della Repubblica. «Non possiamo ridurre a battaglia ideologica un tema complesso, che ha a che fare con il sistema alimen-

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tare, il suolo, il paesaggio, la cultura del cibo e la sovranità alimentare. Non servono provvedimenti che vietino la produzione e la vendita di alimenti prodotti da colture cellulari o tessuti di animali come quello recentemente divenuto ufficialmente legge, ma informazioni corrette, che consentano a tutti di scegliere. Proibire è una scorciatoia. Serve un’analisi onesta, capace di accogliere la complessità».

Il cibo non è un carburante per far funzionare l’organismo, somma algebrica di proteine, grassi e carboidrati. Il cibo è prima di tutto espressione culturale, linguaggio. È parte integrante dell’identità dei popoli, frutto di saperi, tradizioni, innovazioni, scambi di conoscenza. Secondo Slow Food, il problema di un’eccessiva produzione di carne non si risolve passando dagli allevamenti intensivi ai laboratori, ma si

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L’invito che lancia oggi Slow Food Italia è quello di aprire una riflessione su un modello diverso di allevamento, che si ponga onestamente delle domande sull’accesso alle risorse naturali e sul diritto alla sovranità alimentare.

affronta analizzando e modificando il modello che ha originato questa distorsione. Un modello che ha trasformato l’agricoltura in industria e l’ha consegnata alla finanza, spezzando il suo legame con la terra e la natura, trasformando un’attività circolare (dove nulla era scarto) in un settore che produce più del 30% delle emissioni di CO2, inquina la terra e l’acqua, compromette la nostra

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salute. E fa tutto questo in nome di una popolazione in crescita da sfamare, nascondendo la verità di un cibo prodotto per essere in buona parte sprecato. «Oggi una manciata di multinazionali controlla quasi tutto: la produzione di semi, fertilizzanti chimici, pesticidi, mangimi, prodotti farmaceutici; la genetica animale, l’allevamento, la macellazione, la distribuzione; perfino le compagnie nautiche che trasportano mangimi e farine attraverso il globo» continua Nappini. È sufficiente dare un’occhiata all’elenco dei finanziatori della ricerca sulla carne coltivata per capire quale sia la direzione: da BILL GATES a SERGEY BRIN di Amazon a RICHARD BRANSON della Virgin Group. Ma anche JBS, CARGILL e TYSON FOODS, ovvero le stesse multinazionali che controllano la filiera della carne. Di fatto, proprio chi è fra i principali responsabili della deriva attuale dell’allevamento — e ne detiene il controllo a livello globale —, ora che il settore inizia a intravedere minacce all’orizzonte investe sulla carne coltivata usando gli stessi strumenti e gli stessi schemi: brevetti e monopoli. L’invito che lancia oggi Slow Food Italia è proprio su questo: «Vogliamo aprire una riflessione su un modello diverso di allevamento, che si ponga onestamente delle domande sull’accesso alle risorse naturali e sul diritto alla sovranità alimentare» conclude Nappini. Quello su cui Slow Food lavora da anni attraverso i propri progetti: un modello che si ricolleghi al suolo, al foraggio dei prati stabili e dei pascoli, che tenga in considerazione l’etologia degli animali e la rispetti. Su regimi alimentari più equilibrati, che prevedano una riduzione del consumo di carne e un incremento dell’apporto proteico vegetale, tramite i preziosi legumi, che arricchiscono il suolo e richiedono poca acqua. Su un sistema alimentare che produca un’economia diffusa, salute, benessere; che generi bellezza e non deturpi il paesaggio; che tuteli la biodiversità; che contrasti lo spopolamento delle aree inter-

ne (il 70% del territorio italiano) sostenendo le piccole aziende che presidiano le terre alte e le preservano dal dissesto idrogeologico (aziende che continuano a chiudere a favore di stabilimenti di pianura sempre più grandi). Consumi di carne, allevamento intensivo e monocolture, un legame indissolubile Gli attuali consumi di carne in Occidente sono insostenibili. Dal 1960 ad oggi la produzione di carne è aumentata di cinque volte e, secondo la FAO, potrebbe raddoppiare entro il 2050. Le conseguenze sono gravi per tutti: per la nostra salute, per il clima, per il nostro pianeta, per il benessere degli animali. Questa impennata della produzione è legata ad una profonda trasformazione dell’allevamento, che si è specializzato, slegato dalla terra e trasformato in industria. A sua volta, l’allevamento industriale è connesso a doppio filo alla diffusione delle monocolture (innanzi tutto soia, mais…) e di pratiche agricole che deteriorano la fertilità del suolo, compattandolo e inquinandolo con fertilizzanti chimici e pesticidi. La maggior parte della soia e del mais coltivati nel mondo sono destinati alla zootecnia e sono OGM. Tutto il sistema — dalla produzione di semi a quella di fertilizzanti chimici, dei pesticidi, delle pompe idrauliche, dalla genetica animale alla produzione di mangimi, dai prodotti farmaceutici all’allevamento, alla macellazione e alla distribuzione e perfino alle compagnie nautiche che trasportano mangimi e farine attraverso il globo — è controllato da una manciata di multinazionali, che continuano ad accrescere il loro raggio di azione grazie ad acquisizioni e fusioni. I costi nascosti del sistema zootecnico riguardano anche la salute umana. Gli allevamenti intensivi sono una delle principali cause dell’antibioticoresistenza. Lo spandimento eccessivo delle deiezioni nei campi inquina le falde. Le emissioni di ammoniaca generano gran parte del particola-

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La carne coltivata (e le alternative ottenute da cellule vegetali già in commercio anche in Italia) penalizza chi alleva animali con rispetto e in contesti naturali, dando un contributo imprescindibile alla buona agricoltura e alla gestione dei territori, in particolare quelli più marginali. to atmosferico (PM 2,5), ovvero le cosiddette polveri sottili. Il consumo eccessivo di carni lavorate, inoltre, per via dell’uso di conservanti (nitriti e nitrati in primis), dell’alto contenuto di sale e di alcuni metodi di trasformazione (come l’affumicatura) è legato a malattie cardiovascolari, ipertensione e ad alcune forme tumorali. L’allevamento industriale ha separato gli animali allevati dalla natura, trasformandoli in mezzi di produzione con un’unica ragione d’essere: produrre nel modo più efficiente e veloce possibile. Privati di spazi adeguati dove soddisfare i loro bisogni etologici, gli animali sono mutilati e sottoposti a trattamenti preventivi per evitare lo sviluppo di malattie da affollamento. La loro alimentazione è funzionale alle esigenze di maggiore produttività: erba e fieni sono stati

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ridotti e sono aumentati cereali (mais in primis) e soia. Il risultato di questa tipologia di allevamento è una vita di stress e sofferenza. Questo modello di produzione e di consumo non è sostenibile e, secondo Slow Food, deve essere radicalmente rivisto. Ma in quale direzione? La carne coltivata potrebbe essere la soluzione? Da una decina d’anni la ricerca scientifica sta lavorando allo sviluppo di sostituti della carne prodotti con tecniche di coltura cellulare, facendo moltiplicare in liquidi di coltura cellule staminali di animali. Al momento queste alternative alla carne naturale sono autorizzate solo negli Stati Uniti e a Singapore. Il processo di produzione è molto costoso, per questo la carne cosiddetta “coltivata” ad oggi non è

competitiva e ci sono ancora molte difficoltà tecniche da superare per renderne possibile la produzione su larga scala. I bioreattori dove si moltiplicano le cellule richiedono un grande dispendio di energia e il risultato finale non è sufficientemente vicino alla carne naturale. Molti aspetti della produzione sono ancora oscuri. Anche perché le aziende produttrici invocano il diritto alla riservatezza previsto dalle norme commerciali. Per quali ragioni Slow Food ritiene che la carne coltivata non sia un’alternativa valida alla carne naturale? Il cibo è cultura Il cibo non è un semplice carburante per far funzionare l’organismo, somma algebrica di proteine, grassi e carboidrati. Il cibo è prima di tutto espressione culturale, linguaggio. È parte integrante dell’identità

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dei popoli, frutto di saperi, scambi, tradizioni, innovazioni, contaminazioni. È narrazione, convivialità, condivisione, solidarietà, piacere del gusto. La qualità organolettica del cibo è legata a quel che c’è dietro un piatto: storia, lavoro, sapere, paesaggio, suolo… Nel caso della carne, la qualità organolettica è legata all’alimentazione somministrata agli animali, alla qualità e alla varietà delle erbe e dei fieni, alle condizioni di vita dell’animale, alle tecniche di lavorazione. Qualsiasi cibo prodotto in un laboratorio esprime una cesura definitiva con l’ambiente e il contesto (fisico e culturale) e perde il suo valore principale: il legame col territorio e con le comunità. Nuovo business, stessi attori, stesse dinamiche sociali È sufficiente dare un’occhiata all’elenco dei finanziatori della ricerca sulla carne coltivata per capire quale sia la direzione: da BILL GATES a SERGEY BRIN di Amazon a RICHARD BRANSON della Virgin Group. Ma anche JBS, Cargill e Tyson Foods, ovvero le stesse multinazionali che controllano la filiera della carne: dalla produzione della soia all’allevamento, alla macellazione, alla trasformazione e commercializzazione attraverso la grande distribuzione. Di fatto, proprio chi è fra i principali responsabili della deriva attuale dell’allevamento — e ne detiene il controllo a livello globale —, ora che il settore inizia ad intravedere minacce all’orizzonte (rischi elevati di malattie pandemiche, maggiore sensibilità dei consumatori nei confronti del benessere animale, problemi ambientali, costo crescente delle materie prime), investe sulla carne coltivata utilizzando gli stessi strumenti e gli stessi schemi (brevetti e monopoli). Una soluzione per i Paesi ricchi? Bill Gates ha dichiarato che la carne coltivata non potrà contribuire alla riduzione della fame perché sarà sempre troppo costosa per il sud del mondo. Gates si augura che i paesi ricchi possano «abituarsi alla differenza di gusto» e sostituire la carne naturale al 100% con carne coltivata, perché appunto capaci di consumi più elitari. Ma le soluzioni dovrebbero essere accessibili a tutti, senza prevedere categorie umane di serie A o di serie B. Tutti i popoli del mondo hanno diritto ad un’alimentazione di qualità, equilibrata e in quantità sufficienti. Quale impatto ambientale? La coltivazione di carne prevede un minore uso di acqua e terra ed emissioni di gas serra ridotte, ma al momento gli impianti necessari alla produzione sono estremamente energivori. Come ci ricorda ALISON VAN EENENNAAM, dell’Università di Davis in California, la natura ha già sviluppato un bioreattore perfetto alimentato da energia pulita (cioè dal sole), in grado di convertire la cellulosa presente nell’erba (non commestibile per l’uomo), in proteine di alta qualità: i ruminanti. Pascolando in ambienti spesso marginali

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Il cibo non è un semplice carburante per far funzionare l’organismo ma è anche narrazione, convivialità, condivisione, solidarietà, piacere del gusto. che sarebbe impossibile convertire a colture agricole, o nutrendosi di fieno, svolgono un duplice servizio: ci nutrono e, se sono ben gestiti, sono fondamentali per l’equilibrio del territorio. La salubrità è un’incognita I prodotti a base di carne coltivata sono proposti come più salubri perché ottenuti in ambienti sterili e senza l’uso di antibiotici. Ma diversi aspetti della loro filiera produttiva suscitano dubbi al riguardo. Nei processi di produzione della carne coltivata si usano sia ormoni sia lieviti geneticamente modificati. Sono presenti nelle sostanze nutrienti necessarie a moltiplicare le cellule nei liquidi di coltura e sono determinanti per produrre le sostanze nutrienti. La carne coltivata deriva da cellule in cui viene indotta la capacità di proliferare. Questo aspetto

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dovrebbe richiedere massima cautela: prima di proporne il consumo, servirebbero ricerche approfondite per poter escludere in via definitiva il rischio di eventuali effetti cancerogeni. I prodotti a base di carne coltivata sono iperprocessati, contengono coloranti, aromatizzanti, addensanti e altri coadiuvanti tecnologici, necessari per conferire loro la forma di hamburger o crocchetta, per dare consistenza e sapore di carne. Chi sarebbe penalizzato? La carne coltivata (e le alternative ottenute da cellule vegetali già in commercio anche in Italia) colpisce l’industria dell’allevamento, responsabile di squilibri ambientali e di molta sofferenza animale, ma penalizza anche chi alleva animali con rispetto e in contesti naturali, dando un contributo imprescindibile alla buona agricoltura e alla

gestione dei territori, in particolare quelli più marginali. L’allevamento di piccola scala, già in estrema difficoltà, rischia di scomparire, e in questo modo si estinguono le razze animali locali e si perdono i saperi legati all’allevamento, alla gestione dei pascoli,delle aree più marginali e alla lavorazione della carne e dei formaggi. Un danno enorme per il patrimonio ambientale, sociale e culturale. L’informazione corretta e trasparente deve essere garantita La ricerca deve essere libera. E ognuno deve avere le informazioni necessarie per poter scegliere come alimentarsi. Il nome da attribuire ai sostituti della carne e le norme di etichettatura per la loro commercializzazione non devono generare confusione o malintesi nel consumatore. La carne coltivata non può essere definita in etichetta “carne”,

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riscoprire la coltivazione e il consumo dei legumi, ottimi alleati per la nostra salute, per la salute del suolo (grazie alla loro capacità di fissare l’azoto atmosferico nel terreno) oltre che fonti proteiche di grande qualità a costi accessibili per tutti. Un’agricoltura di qualità necessita di un allevamento sostenibile e viceversa: l’agroecologia è la strada verso il futuro L’agroecologia si basa su princìpi vitali quali la biodiversità, il riciclo dei nutrienti, la sinergia e l’interazione tra le colture, gli animali, i suoli, la rigenerazione e la conservazione delle risorse e dei saperi locali. In questa visione, ogni singolo elemento di un ecosistema è interconnesso e dipendente dagli altri e gli animali hanno un ruolo importante, esattamente come tutte le altre risorse naturali e umane. Secondo i principi dell’agroecologia, il riconoscimento dei bisogni etologici degli animali è basilare, la loro alimentazione deve basarsi innanzitutto su materie prime del territorio, deve essere favorito il pascolamento e devono essere tutelate le razze autoctone, più rustiche e adatte ai diversi territori. i nomi dei prodotti sostitutivi non devono alludere alle loro alternative naturali, ad esempio “salame”, “latte”, “bistecca”, “hamburger”, “formaggio”. L’origine degli ingredienti utilizzati e le proprietà nutrizionali devono essere precisati in etichetta. Slow Food da anni si batte per la chiarezza e la completezza delle informazioni in etichetta e, a questo scopo, ha sviluppato il progetto dell’etichettatura narrante. Ma allora qual è la soluzione? Per la nostra salute e per la salute dell’ambiente è imprescindibile ridurre il consumo di carne e puntare su un allevamento sostenibile, rimettere insieme e in equilibrio allevamento e agricoltura, animali e terra, mettere al centro la fertilità del suolo, il rispetto per gli animali, la tutela della biodiversità dei pascoli, la cura delle aree montane e la rigenerazione delle terre di pianura,

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La buona gestione dei pascoli è vitale per le terre alte Oltre il 70% del territorio italiano, da Nord a Sud, è rappresentato da montagna o collina. I pascoli ben gestiti evitano il formarsi di strati di erba secca, che agevolano lo scorrimento della neve (provocando pericolose slavine in inverno) e riducono la penetrazione nel terreno dell’acqua. Il lavoro dei pastori — che prevede anche la pulizia del sottobosco, il mantenimento dell’alveo dei torrenti e la manutenzione delle opere idrauliche, come i canali di scolo e gli argini — è decisivo per la prevenzione di incendi e frane. Buona parte delle Alpi e degli Appennini, senza pascolo e senza pastori è destinata ad essere soffocata da sterpaglie e arbusti, inaccessibili e alla mercé degli incendi estivi. Fonte: Slow Food Italia www.slowfod.it


Cibo artificiale: 70% Italiani contrario al commercio (indagine Coldiretti/Censis) 7 Italiani su 10 (70%) sono contrari alla messa in commercio del cibo artificiale prodotto in laboratorio dalla carne al latte fino al pesce: è quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Censis in riferimento al provvedimento che introduce il divieto di produrre e commercializzare cibi a base cellulare per uso alimentare o per i mangimi animali, dopo l’avvenuta notifica a Bruxelles. La legge è un impegno a difesa della Dieta Mediterranea ma anche — sottolinea Coldiretti — un segnale importante per l’Unione Europea che, nel rispetto del principio di precauzione, ha già portato da oltre 40 anni a mettere al bando negli alimenti l’uso di ormoni che sono invece utilizzati nei processi produttivi della carne a base cellulare. Peraltro, precisa Coldiretti, la Commissione Agricoltura dell’Europarlamento si è già espressa sulla carne artificiale coltivata nella risoluzione sulle proteine, respingendo a larga maggioranza un emendamento che individuava nelle proteine coltivate in laboratorio una delle possibili soluzioni al problema della dipendenza degli allevamenti europei dagli approvvigionamenti dall’estero. «L’Italia, che è leader mondiale nella qualità e sicurezza alimentare, ha il dovere di fare da apripista nelle politiche di tutela della salute dei cittadini» afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, precisando che «non è la prima volta che facciamo da pionieri in Europa come dimostra il fatto che dopo la cosiddetta mucca pazza siamo stati il primo Paese ad adottare norme nazionali per l’obbligo di etichettatura di origine degli alimenti verso il quale si sta progressivamente allineando l’Unione Europa con il superamento di dubbi e contestazioni che fanno ormai parte del passato». Un’eventuale richiesta di autorizzazione alla commercializzazione che dovesse pervenire all’UE — secondo la Coldiretti — non potrebbe essere valutata con le procedure ordinarie dei novel food ma per gli ingredienti utilizzati vanno applicate nell’Unione Europea le stesse procedure previste per i medicinali, che necessitano di approfondite prove sperimentali. Un’esigenza alla luce del fatto che, dalle allergie ai tumori, sono 53 i pericoli potenziali per la salute legati ai cibi prodotti in laboratorio individuati nel Rapporto FAO e OMS che parla di “cibo a base cellulare”, definizione considerata più chiara rispetto al termine “coltivato” (ad esempio “carne coltivata”), preferito dalle industrie produttrici perché più accattivante ma ritenuto essere fuorviante dalle due autorità mondiali, che rilevano peraltro come la parola “sintetico” sia usata anche dal mondo accademico oltre che dai media. Non è un caso che in Paesi dove è stata consentita la vendita come Israele, prima del consumo, venga chiesta — ricorda infine Coldiretti — la firma su una liberatoria dalle responsabilità e conseguenze sulla salute. Pesano le preoccupazioni anche sul piano ambientale. I risultati della ricerca realizzata da Derrick Risner e dai suoi colleghi dell’Università della California a Davis hanno evidenziato che il potenziale di riscaldamento globale della carne sintetica definito in equivalenti di anidride carbonica emessi per ogni chilogrammo prodotto è da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale (fonte: EFA News – European Food Agency).

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Cibi in provetta: tutti i rischi (di cui non si parla) sulla salute Si parla spesso dei rischi che lo sdoganamento della cosiddetta “carne coltivata” in laboratorio apporterebbe nei confronti dell’economia agroalimentare italiana. Relativamente meno eco sta avendo il dibattito sulla salubrità degli stessi cibi sintetici. Tuttavia, sul tema non mancano solidi dati scientifici. In una sua relazione presentata alcuni mesi fa in Senato, durante il dibattito parlamentare sul disegno di legge Lollobrigida-Schillaci, il professor Giuseppe Pulina, docente di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti all’Università di Sassari e presidente dell’associazione Carni Sostenibili, volle fare luce sulle numerose contraddizioni dei nuovi cibi, evidenziandole punto per punto. Il primo nodo critico individuato da Pulina sta nell’abbondante presenza di ormoni e antibiotici nei prodotti da laboratorio. «Nonostante i fautori sostengano il contrario — ha affermato il docente — la più estesa review sulle colture di cellule muscolari conferma che la coltivazione della carne artificiale in laboratorio necessita di diversi fattori anabolici di moltiplicazione cellulare quali il GH o l’Igf e di crescita ipertrofica quali esempio gli androgeni, in particolare il testosterone, che aumentano la massa muscolare in vitro, in un ambiente costituito nel bioreattore molto più ricco di fattori anabolizzanti di quelli naturalmente prodotti da un animale in accrescimento. Inoltre, non si conosce ancora il comportamento nel nostro organismo dei cataboliti, sia naturalmente presenti in una massa cellulare a proliferazione e accrescimento extracorporei rapidi, nonché dei fattori di crescita artificialmente aggiunti, quindi la loro bio-dinamica, le modalità di accumulo e di rimozione. E non è noto nemmeno il loro effetto sulla salute umana». Pulina ha messo quindi in luce «ben 53 i pericoli per la salute emersi da uno studio della FAO in collaborazione con l’OMS, che ha valutato la sicurezza dei cibi artificiali. È proprio l’utilizzo dei fattori di crescita e degli ormoni impiegati nei bioreattori per innescare e accelerare l’abnorme crescita cellulare della biomassa muscolare e, in particolare, il meccanismo di proliferazione cellulare, in cui la differenziazione da cellule staminali in mioblasti è bloccata, a innalzare il rischio di mutazioni incontrollate ed inquietare gli esperti». Secondo lo studioso, infatti, «ci sono rischi concreti che queste molecole bioattive possano interferire e disturbare il metabolismo umano e attivare lo sviluppo di forme tumorali. In zootecnia gli ormoni correntemente inseriti nel processo di produzione della carne artificiale sono vietati da oltre 40 anni e consentirne l’uso è una delle tante contraddizioni di questa produzione. Come l’utilizzo di antibiotici, più che dimezzato in zootecnia in dieci anni (–59%) e impiegati invece nella produzione di carne sintetica, mixati a volte con antimicotici. La carne artificiale — ha concluso il presidente di Carni Sostenibili — non risolverà sicuramente i presunti problemi legati al consumo di carni e salumi, ma ne creerà altri, sia per la salute umana che per l’ambiente. Sarebbe meglio conoscere bene tutti questi aspetti, prima di buttarsi a capofitto con investimenti importanti in una strada a fondo cieco» (fonte: EFA News – European Food Agency).

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Scopri il Sapore... ...Scopri la Genuinità!

COPPIELLO GIOVANNI Tel. 049 725 596 Fax 049 893 0525 www.coppiello.it - info@coppiello.it

Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo. Ingredienti per 4 persone 200 gr. di Bresaola, 2 Zucchine, 2 Carote, 1 Limone 1 Bustina di Zafferano, 6 Cucchiai di Olio dʼOliva, Pepe in Grano, 20 gr. Sale al Sedano.

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Nella foto una delle nostre “Ricette Consigliate”: Bresaola di Cavallo con Perle di Verdure e Salsa Zafferano Esecuzione: con lʼapposito scavino realizzare le perle di verdure e lessarle. Condire con unʼemulsione di succo di limone, olio, zafferano, pepe ed un pizzico di sale. Servire la bresaola di cavallo su un letto di rucola e guarnire il piatto.

Bresaola di Equino

Salame di Equino

“Julienne” Di Bresaola di Equino

Sfilacci di Tacchino

Sfilacci di Manzo

Sfilacci di Equino


LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. La carne bovina francese cambia veste on-line carnebovinafrancese.it si rinnova. Con lo slogan “La nostra passione, il nostro impegno”, la campagna di comunicazione sul comparto della carne bovina francese è incentrata sulla qualità: quella nasce in allevamento, dove rispetto dell’animale e alimentazione sono centrali, fino al processo di trasformazione, caratterizzato da una sicurezza irreprensibile e un know-how unico. Sul sito troverete tutte le informazioni principali sui progressi a livello sociale e ambientale del comparto, una serie di video didattici che mostrano come sfruttare al meglio i diversi tagli e una raccolta di ricette gustose.

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2. Elisa Guizzo, restyling e rebranding La meat specialist ELISA GUIZZo ha lanciato un restyling dell’immagine coordinata alla sua attività, con conseguente rebranding, mettendo in evidenza la sua expertise nella filiera della carne. Il brand è riconoscibile come simbolo di affidabilità, professionalità e sicurezza. “Il cibo che raccontiamo lo ricordiamo di più e ne facciamo tesoro, passa da una generazione all’altra e diventa una tradizione genuina. Allora perché non farlo anche con la carne?”. Sul sito web digustoingusto.it e su instagram.com/elisa_guizzo_efc.

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meat Benedetti

3. Meatstock 2024 L’appuntamento coi pit master e i “grigliatori estremi” di Australia e Nuova Zelanda è in arrivo tra febbraio, marzo e aprile grazie alla manifestazione Meatstock, Barbecue and Music Festival 2024 (www.meatstock.com.au). Le date prescelte saranno a Hamilton, Nuova Zelanda, il 24 e 25 febbraio e, in Australia, a Toowoomba, 8-10 marzo, Bendigo, 16-17 marzo, e Sydney, dal 19 al 21 aprile. Li seguiremo con adorazione su instagram.com/meatstock (photo © instagram.com/meatstock).

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4. Idea Carni, carni dal mondo “Forniamo ai nostri clienti solo le migliori carni provenienti dai più prestigiosi macelli nazionali e internazionali. Grazie ai nostri elevati standard e controlli di qualità garantiamo ai nostri clienti solo il meglio”: lo scrivono gli operatori di Idea Carni, con sede a Roma. Noi li seguiamo su instagram. com/ideacarni (photo © instagram.com/ideacarni).

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AZIENDE

Tradizione e innovazione aprono a nuove sfide

La Macelleria Rosato sceglie Bistrot di Eurocryor

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ata a Lecce, nel cuore del Salento, dalla passione e dall’intraprendenza del giovane PAOLO, Macelleria Rosato (Piazza Napoli 12, Lecce, telefono: 0832 1813579) è dal 1988 un perfetto connubio tra qualità, tradizione e innovazione, punto di riferimento, a livello locale, per tutti gli amanti della carne. Il forte legame del proprietario con la tradizione salentina, evidente nelle numerose specialità gastronomiche regionali, convive con l’esplorazione di nuove ricette a base di carne, in un’evoluzione costante per soddisfare le esigenze della clientela locale e dei turisti che affollano la città soprattutto nel periodo estivo. L’innovazione nella Macelleria Rosato si declina in primis nella differenziazione delle referenze esposte, che includono un’ampia selezione di carni estere, come l’Angus irlandese e il Black angus australiano, oltre ad altre categorie di prodotti alimentari, tra cui prelibati salumi. Ulteriore tratto distintivo è l’ampia proposta di preparati, di carne e non solo, privi di conservanti e allergeni, completamente gluten free e senza lattosio. In più, la scelta di tecniche di cottura non convenzionali, come quella a bassa temperatura (CBT), è garanzia di una conservazione a lunga scadenza delle referenze. Proprio con l’intento di preservare al meglio le caratteristiche organolettiche della carne, la Macelleria Rosato investe in tecnologia con Eurocryor, marchio del Gruppo Epta che progetta e realizza vetrine frigorifere customizzate e connotate da un elevato standard qualitativo e prestazionale. Protagonista assoluto del rinnovamento del punto vendita

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Protagonista assoluto del rinnovamento della Macelleria Rosato di Lecce è il modello Bistrot della famiglia Stili di Eurocryor, nelle due versioni Ventilato e Dinamico.

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è il modello Bistrot della famiglia Stili di Eurocryor, nelle due versioni Ventilato e Dinamico, che, oltre a coniugare perfetta esposizione e conservazione delle referenze, dona un tocco di eleganza, in puro stile italiano. Bistrot è dotato della tecnologia brevettata Dynamic System: un sistema di controllo estremamente semplice e intuitivo, concepito per ridurre al minimo le variazioni di temperatura e umidità all’interno del banco, limitando al contempo sensibilmente il calo di peso medio della carne. Questa caratteristica rende il modello Dynamic System ideale per la conservazione dei tagli ad alta marginalità, dei quali preserva gusto, peso, freschezza ed estetica. «La scelta di affidarci all’expertise di Eurocryor per riprogettare gli arredi frigoriferi della nostra macelleria è perfettamente in linea con la nostra vocazione, in cui le migliori tecnologie permettono di valorizzare il gusto della nostra tradizione, per affrontare con successo le sfide del futuro» afferma Paolo, proprietario della Macelleria Rosato, che continua e conclude «grazie alla professionalità di tutto il team Eurocryor e all’efficienza delle sue soluzioni siamo ancor più riconosciuti come eccellenza del nostro meraviglioso territorio».

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>> Link: www.eurocryor.com Epta EPTA Italia @epta_group .0 6 6

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La formula completa di Stagionello™ per i professionisti del food Tecnologia, formazione e assistenza

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ealizzare, promuovere e garantire una formazione continua ai propri clienti è da sempre lo snodo focale della realtà di Stagionello™. Un lavoro che contraddistingue da sempre questa azienda 100% made in Italy, che attraverso la Stagionello™ Academy offre diverse soluzioni didattiche che mirano ad approfondire il metodo brevettato per la maturazione aerobia, stagionatura, cottura e affumicatura di carne, pesce e

salumi, il Cuomo Method™. Corsi in presenza, master, webinar sono solo una parte dei servizi offerti e in continua evoluzione, fruibili direttamente on-line su stagionello.com. Percorsi studiati sulle esigenze dei vari target di riferimento come ristoranti, macellerie, pescherie, gastronomie, operatori e GDO, con moduli formativi specifici per consumatori e professionisti. L’Academy svolge le proprie attività nelle sedi principali di

Milano, Crotone, sedi già attive e Roma, prossima all’inaugurazione, oltre a utilizzare diverse “antenne” nel mondo, diffuse in Europa, Stati Uniti e Australia. Alla base di questo lavoro: un costante studio da parte del team aziendale, che settimana dopo settimana organizza corsi specializzati rivolti alla formazione tecnica, tecnologica e scientifica basata sul Cuomo® Method. Una proposta formativa fruibile su più canali di comunicazione, live, on-site

Stagionello™ Academy.

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In alto: il Premio regionale – Impresa Territorio. In basso: Stagionello® presente tra le imprese protagoniste all’Academy Piccola Industria di Confindustria. e on-demand, per incontrare ogni esigenza. La Stagionello™ Academy punta sulla qualità dello staff composto da docenti e tecnologi specializzati nazionali e internazionali. Un aggiornamento continuo grazie alla costante collaborazione con enti universitari quali Università di Bologna, di Napoli e di Milano, impegnati nello studio di alimenti salubri e sicuri trasformati con il Cuomo Method™. Questa proposta di valore che segue il professionista dalla scelta di un’innovativa tecnologia brevet-

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tata fino al suo ottimale utilizzo, ha permesso all’intera azienda Stagionello™ di crescere e raggiungere importanti traguardi, soprattutto nell’ultimo anno. Il 2023 si è infatti chiuso nel migliore dei modi, tra formazione e riconoscimenti. Un anno caratterizzato da importanti investimenti e crescita non solo sul territorio regionale ma anche in ambito internazionale. A Roma, lo scorso 13 dicembre, si è concluso l’ultimo modulo dell’Academy Piccola Industria. Il progetto

di CONFINDUSTRIA realizzato insieme a Deloitte Private e in collaborazione con Sistemi Formativi Confindustria (SFC), dedicato ai piccoli imprenditori del sistema. Tra le 50 realtà selezionate per partecipare a questo percorso formativo, anche Stagionello® by Arredo Inox Srl nella persona dell’inventore ALESSANDRO CUOMO. L’imprenditore ha partecipato al corso di alta formazione volto al rafforzamento della cultura imprenditoriale ed allo sviluppo delle competenze manageriali e tecniche. Un’esperienza importante per la crescita di un’azienda che continua a distinguersi ed affermarsi come punto fermo nel settore della trasformazione alimentare. Nella serata del 16 dicembre, invece, si è svolta a CoriglianoRossano (CS) la VII edizione del “Premio regionale – Impresa Territorio”. Un riconoscimento la cui mission è evidenziare gli esempi positivi che dimostrano come fare vera impresa sia possibile anche in Calabria. Il premio, promosso dall’Ordine dei Dottori Commercialisti di Castrovillari (CS), ha come scopo principale quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul ruolo delle imprese e degli imprenditori calabresi. Ogni anno una commissione giudicatrice analizza i vari candidati segnalati dagli Ordini territoriali dei dottori commercialisti e degli esperti contabili della Calabria, valutando il lavoro svolto da imprenditori e aziende. Per questa VII edizione, il comitato promotore, nella persona del dott. DOMENICO PISANO e il presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Castrovillari, dott. VINCENZO CESARINI, hanno assegnato il riconoscimento a Stagionello™ by Arredo Inox Srl, quale “raro esempio di operatore economico calabrese”. Un orgoglio tutto made in Italy che porta nel mondo un valore chiave dei futuri progetti e successi nell’anno che verrà.

>> Link: www.stagionello.com

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INFO ALLE IMPRESE

Contributi a fondo perduto

Regione Piemonte Finanziamento a fondo perduto del 40% per investimenti nelle aziende agroalimentari della lavorazione e trasformazione di prodotti agricoli Misura SRD13 del Complemento Sviluppo Rurale Regione Piemonte 2023-2027 – Reg. (UE) 2115/2021 Investimenti per carni (bovini, suini, avicoli, cunicoli, ortofrutticoli, lattiero caseario, vitivinicolo, cerealicoli, sementiero, piante officinali, florovivaismo, ecc…)

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È operativo fino al 29 febbraio 2024 il bando per investimenti fino a 2 milioni di euro nelle aziende agroalimentari dei settori di cui sopra, da realizzare nelle annate 2024/2025 per: 1. costruzione, ampliamento e ammodernamento di strutture per la lavorazione e trasformazione di prodotti agricoli; 2. acquisto di macchine e attrezzature di lavorazione, trasformazione, confezionamento; 3. acquisto di celle frigorifere; 4. investimenti per risparmio energetico e per la produzione di energia da fonti rinnovabili (fotovoltaico, biomasse, biome-

tano, solare termico, ecc…) ad esclusivo uso aziendale; 5. investimenti per il risparmio idrico: impianti, macchinari e attrezzature per la riduzione del consumo idrico durante i processi produttivi, sistemi per il recupero e riutilizzo dell’acqua, sistemi di misura dei prelievi idrici al fine della loro riduzione; 6. impianti per la depurazione delle acque di scarico, per l’abbattimento del carico inquinante attraverso la riduzione dei reflui e la separazione dei sottoprodotti (fanghi, farine, ecc…), sistemi di monitoraggio delle acque di scarico;

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7. investimenti in hardware e software per la gestione operativa nell’azienda e per il commercio; 8. acquisto di brevetti e licenze; 9. spese generali per consulenze tecniche di gestione dell’iniziativa. Regione Abruzzo Finanziamento a fondo perduto dal 50% al 80% per investimenti nelle aziende agroalimentari della lavorazione e trasformazione di prodotti agricoli Misura SRD13 del Complemento Sviluppo Rurale Regione Abruzzo 2023-2027 – Reg. (UE) 2115/2021 Investimenti per carni (bovini, suini, avicoli, cunicoli), ortofrutticoli, lattiero caseario, vitivinicolo, cerealicoli, sementiero, piante officinali, florovivaismo, ecc… È operativo il bando per investimenti fino a 4 milioni di euro nelle

aziende agroalimentari dei settori di cui sopra, da realizzare nelle annualità 2024/2025 per: 1. acquisto di terreni non edificati o edificati ovvero acquisto di immobili funzionali alla realizzazione del progetto entro il limite del 10% dell’investimento al netto della voce stessa e della spese generali; 2. costruzione, ampliamento e ammodernamento di strutture per le operazioni di raccolta, ricevimento, cernita, stoccaggio, lavorazione, trasformazione, condizionamento, confezionamento/imballaggio, ecc…; 3. acquisto di macchinari, attrezzature ed impianti per il condizionamento, trasformazione, commercializzazione dei prodotti della filiera agroindustriale con particolare riferimento allo sviluppo di nuovi prodotti/ mercati, alla razionalizzazione del ciclo produttivo, alla qualifi-

cazione delle produzioni ed alla sicurezza alimentare; 4. installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili commisurata al fabbisogno energetico dell’azienda; 5. acquisizione o sviluppo di programmi informatici e acquisizione di brevetti, licenze, diritti d’autore e marchi commerciali; 6. spese generali collegate agli investimenti. •

Per approfondimenti, siamo a disposizione per visite. Contattateci

FABO S.I. Srl Telefono: 0545 84488 335 6060351 Giacomo 338 8918366 Marco Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it


MARKETING

La carne bovina e le patate francesi interpretati con gusto dalla chef Antonella Ricci Taste France torna in Italia con un’iniziativa culinaria e didattica in collaborazione con CNIPT e Interbev

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aste France è il marchio istituzionale creato dal Ministero francese dell’agricoltura e della sovranità alimentare che mira a diffondere lo spirito e i valori della cultura gastronomica francese nelle cucine di tutto il mondo. Insieme al CNIPT (Comitato interprofessionale francese delle patate) e a INTERBEV (Associazione interprofessionale francese del bestiame e delle carni), si impegna a difendere i valori di eccellenza, qualità, piacere, autenticità e modernità legati al patrimonio francese. Entrambe le filiere condividono un obiettivo comune: promuovere la qualità e la diversità dell’offerta francese e la sua adattabilità alla cucina locale. Un’offerta disponibile tutto l’anno, che viene a completare l’offerta locale, che non copre completamente il fabbisogno nazionale. L’Italia rappresenta infatti il primo mercato di esportazione per la carne bovina e il secondo per le patate sul mercato del fresco. L’obiettivo specifico della filiera delle patate è quello di mettere in luce la segmentazione in tre grandi famiglie, in base al metodo di cottura. Per quanto riguarda la carne bovina, si tratta di promuovere il know how della filiera, il suo impegno in termini di sostenibilità e l’alta qualità della sua carne. In questo contesto, e con lo scopo di far scoprire e cucinare i prodotti ad un pubblico selezionato di food blogger, è stato organizzato a Milano nel novembre scorso un workshop culinario. Ad animarlo la chef Antonella Ricci, titolare a

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La chef Antonella Ricci.

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Milano, col marito VINOD SOOKAR, di Ricci Osteria. Grazie alla sua creatività e guida i partecipanti hanno potuto cucinare le patate e la carne bovina francesi attraverso tre ricette studiate per l’occasione. Innanzitutto il Controfiletto marinato con miele, senape ed erbe aromatiche e insalata autunnale di patate. Una ricetta che vede come protagonisti il controfiletto, un taglio pregiato, ideale per una cottura veloce, che richiede poche lavorazioni, e le patate vapore/rosolate a pasta soda,

con una buona tenuta durante la cottura. Quindi, gli Involtini di scamone al profumo di agrumi e caciocavallo con purè di patate alla bietola selvatica e salsa al vincotto. Questa ricetta vede come protagonista Lo scamone che è tenero e saporito. È un taglio che si presta molto bene a spiedini, fondute, bistecche e arrosti. Le patate di tipologia forno/purè hanno una pasta fondente, a differenza di quelle a pasta soda più difficili da schiacciare.

Infine, gli Spiedini di patate grenailles con tartare di magatello al profumo di aglio nero, briciole di olive celline e crema di pomodori gialletti. Questa ricetta vede come protagonista il magatello, che è un taglio molto magro dal sapore dolce e delicato che si presta molto bene a preparazioni a crudo come i carpacci o le tartare, e le patate grenaille, adatte per una cottura intera con la buccia. La loro piccola dimensione garantisce una cottura rapida e uniforme e permette di risparmiare tempo in cucina.

Controfiletto marinato con miele, senape ed erbe aromatiche e insalata autunnale di patate Ingredienti per 4 porzioni • Controfiletto, 700 grammi c.a. • Miele millefiori, 40 grammi • Senape crema, 30 grammi • Erbe aromatiche tritate (timo, alloro, rosmarino, dragoncello), 20 grammi • Patate della tipologia vapore/rosolate, 300 grammi • Cavolfiori viola, 100 grammi • Zucca, 100 grammi • Cavolo romano, 100 grammi • 2 carciofi • Chicchi di melagrana, 30 grammi • Sale, pepe, olio q.b. • 1 cucchiaio di aceto di melagrana • Cavolo cappuccio rosso, 200 grammi • Fiocchi di sale Procedimento Mescolare miele, senape ed erbe aromatiche. Cospargere il controfiletto e massaggiarlo per bene, chiudere il tutto in un sacchetto sottovuoto e tenere in frigo per circa un’ora. Nel mentre, lessare le patate in acqua fredda salata per 25/30 minuti, quando saranno pronte scolarle e lasciarle intiepidire. Pelarle, tagliarle a tocchetti e tenere da parte. Sbollentare i cavolfiori viola a cimette, le cime di cavolo romano e rosolare la zucca a cubetti con un filo di olio e sale. Pulire i carciofi, tagliarli a spicchi e cuocerli in acqua salata per 5 minuti, raffreddare e tenere da parte. Unire tutti gli ortaggi in una ciotola con le patate. In una casseruola stufare il cavolo rosso pulito e tagliato a listarelle, una volta che sarà diventato morbido frullarlo con sale, pepe e olio evo, tenere da parte. Preparare una vinaigrette mettendo in una ciotola olio, sale aceto e chicchi di melagrana, zucchero mescolare con una frusta, lasciare insaporire. Condire gli ortaggi e le patate. Cuocere il controfiletto su una piastra rovente sigillando tutti i lati, togliere dal fuoco e trasferirlo in una teglia con carta da forno e cuocere in forno a 200 gradi per 10 minuti. Scaloppare il controfiletto e servirlo con l’insalata di patate e la crema di cavolo rosso.

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Involtini di scamone al profumo di agrumi e caciocavallo con purè di patate alla bietola selvatica e salsa al vincotto Ingredienti per 4 porzioni Per gli involtini: 12 fette di scamone sottili 3/4 mm • 150 grammi di caciocavallo stagionato in grotta • 10 grammi di capperi • 1 ciuffo di prezzemolo • scorza di limone grattugiata • sale • pepe • olio evo • 1 cipollotto • 1 costa di sedano • 1 carota • 20 ml di vino bianco • 150 ml di brodo vegetale • 1 mazzetto di erbe aromatiche • 200 ml di vincotto balsamico • 4 stecchi in bamboo. Per il purè di patate: 600 grammi di patate da purè • 200 grammi di bietole selvatiche • 100 grammi di Parmigiano grattugiato • 100 grammi di burro • sale e pepe. Procedimento per gli involtini Tritare il caciocavallo, il prezzemolo e metterli in una ciotola. Grattugiare la scorza di mezzo limone, un pizzico di pepe e amalgamare il composto. Stendere le fette di scamone, mettere al centro il composto e arrotolarle ad involtino, mettere tre involtini su ogni stecco e lasciare riposare in frigo per 20 minuti. Procedimento per il purè Lessare le patate in acqua fredda con l’aggiunta di sale e cuocere per circa 30 minuti. Scolarle, aspettare qualche minuto e privarle dalla buccia, schiacciarle e metterle in una casseruola con il burro. Mettere sul fuoco e girare. Pulire e lavare le bietole, sbollentarle, frullarle con sale e olio, passarle al setaccio a maglie sottili e tenere da parte. Unire alle patate, le bietole setacciate, girare molto bene e unire il Parmigiano fuori dal fuoco. Tenere in caldo. In una padella stufare sedano, carota e cipollotto fresco tritati, rosolare gli spiedini di carne, salare e bagnare con il vino bianco. Unire un mestolo di brodo e cuocere per 15 minuti, girando di tanto in tanto. Mettere il vincotto in un pentolino e lasciarlo ridurre ancora un po’. Servire gli involtini su piatti da portata con la salsa al vincotto e il purè di patate.

CNIPT: Il Comité National Interprofessionnel de la Pomme de Terre (CNIPT) è l’organizzazione interprofessionale per le patate vendute sul mercato del fresco. Dal 1977, rappresenta tutti gli operatori della filiera, dalla produzione al commercio. INTERBEV: INTERBEV è l’Associazione francese interprofessionale del bestiame e delle carni, fondata nel 1979, su iniziativa delle organizzazioni rappresentative della filiera. Rispecchia la volontà dei professionisti del settore bovino, ovino, equino e caprino di offrire ai consumatori dei prodotti sani, di qualità e identificati lungo tutta la filiera. Taste France: lanciato ufficialmente nel 2020 dal Ministero dell’Agricoltura francese, il marchio istituzionale Taste France è dedicato alla promozione dei prodotti agricoli e agroalimentari francesi, oltre che della gastronomia, all’estero. Taste France è il risultato di un lungo lavoro di collaborazione tra il Ministero dell’Agricoltura, le organizzazioni interprofessionali delle filiere agricole e agroalimentari francesi e gli operatori incaricati della sua promozione.

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Spiedini di patate grenailles con tartare di magatello al profumo di aglio nero, briciole di olive celline e crema di pomodori gialletti Ingredienti per 4 persone 20 patate grenailles • 500 grammi di magatello • 1 spicchio di aglio nero • 50 grammi di polvere di olive nere • 200 grammi di pancetta in una fetta • 30 ml di olio evo novello • 15 ml di acqua frizzante fredda • 300 grammi di pomodori gialletti • 1 cipollotto fresco • 3 carote colorate • sale e pepe • 4 spiedini di bamboo. Procedimento Lavare accuratamente le patate e sistemarle su uno spiedino alternando dei pezzi di pancetta, cuocere in forno a 170 gradi per 25/30 minuti. In un pentolino scaldare l’olio, unire l’aglio nero e lasciarlo in infusione con un coperchio per un’ora. Filtrare e tenere l’olio da parte. Tagliare la carne a tartare con un coltello ben affilato e metterla in una ciotola capiente, condirla con olio profumato, acqua (frizzante) fredda, pepe. In una padella scaldare l’olio e stufare il cipollotto, unire i pomodori tagliati in 4 e cuocere con sale e pepe per 20 minuti. Frullare e passare al setaccio, tenere da parte. Pelare le carote e tagliarle a julienne sottili, lasciarle in acqua per 20 minuti, poi scolarle e tamponarle con carta assorbente, fino al momento del servizio. Comporre il piatto spiedino di patate grenailles, tartare, salsa di pomodoro, carote e polvere di olive celline.

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SOSTENIBILITÀ

Indagine CREA sulle diete sostenibili C’è poca consapevolezza dell’impatto ambientale dei propri consumi alimentari e delle possibili alternative green. Il 51% degli intervistati ha però ha ridotto la carne per motivi ambientali

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li Italiani sanno quanto sarebbe opportuno cambiare abitudini alimentari per aiutare il pianeta? E sarebbero davvero propensi a farlo? Quali sono le alternative alla carne che potrebbero accettare e quali, invece, rifiutano? A queste e ad altre domande ha provato a rispondere un’indagine

del CREA, con il suo Centro Alimenti e Nutrizione, pubblicata sulla rivista scientifica NUTRIENTS, che ha rilevato quanto ne sanno di sostenibilità alimentare i consumatori di casa nostra e se proteine alternative alla carne possano essere raccomandate sotto il profilo nutrizionale a fronte di una radicata diffidenza verso alimenti “diversi”.

I risultati dell’indagine I risultati hanno evidenziato come in Italia i cittadini siano poco consapevoli dell’impatto che i loro consumi alimentari hanno sull’ambiente e quanto percepiscano i prodotti sostenibili come troppo costosi. «Dall’indagine è emerso che, se il 51% degli intervistati ha ridotto il consumo della carne per questioni

Nell’indagine CREA l’importanza della carne è il dato che più di tutti divide il campione di Italiani intervistati.

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Risultati dell’indagine CREA

ambientali, il 27%, invece, non lo ha fatto e non intende farlo in futuro, non almeno per questi stessi motivi» commenta LAURA ROSSI, dirigente di ricerca del CREA Alimenti e Nutrizione e coordinatrice dello studio. «Il campione, inoltre, ha mostrato di accettare come alternative alla carne gli alimenti tipicamente raccomandati nelle linee guida dietetiche italiane (84% legumi, 82% uova, 77% pesce, 72% formaggi e 69% frutta secca in guscio), mentre altri cibi come gli insetti sono stati fortemente rifiutati dal 67% della popolazione. In minore misura rispetto agli insetti, sono respinti, con la medesima percentuale del 61% dei partecipanti, sia prodotti di origine vegetale che mimano la carne con derivati OGM sia la carne sintetica. Mentre risultano più graditi i prodotti vegetali che mimano la carne senza OGM, rifiutati solamente dal 47% dei rispondenti». Le azioni condotte È stata effettuata un’indagine trasversale su un campione di

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815 adulti, rappresentativo della popolazione italiana per area di residenza, genere ed età, nel periodo compreso tra il 22 e il 28 marzo 2022 da SWG Italia. È stato somministrato loro un questionario multi-sezione, precedentemente validato sulla popolazione italiana dallo stesso gruppo di ricerca, diviso in tre sezioni: 1. conoscenza della sostenibilità alimentare (4 domande); 2. fonti di proteine alternative alla carne (3 domande); 3. comportamenti alimentari (5 domande). I cluster Una successiva analisi dei dati ha permesso di identificare nel campione 5 cluster diversi di consumatore italiano che si differenziano in base ai punteggi ottenuti per: 1. l’importanza della carne; 2. la richiesta di regole; 3. la propensione al cambiamento. Il dato che più di tutti divide i consumatori italiani è proprio l’importanza della carne, con il 27%

che ne consuma e che non intende ridurne il consumo, mentre il 52% è convinto che la carne sia necessaria per avere una dieta bilanciata. Tuttavia, ben il 90% del campione si ritiene in qualche modo predisposto al cambiamento e chiede interventi più attivi da parte di organi terzi nazionali e/o europei, che non siano però la tassazione dei prodotti non sostenibili o la limitazione nei punti di vendita: azioni, queste, che non vengono percepite come positive. Prospettive future L’incremento globale della domanda di cibo legato all’aumento mondiale della popolazione avrà costi ambientali e sociali e inevitabili impatti sul consumo di acqua, di suolo e sulle emissioni di gas serra. Tutti aspetti che devono essere considerati nell’elaborazione delle linee guida dietetiche, così come sono necessari ulteriori studi per comprendere le preferenze delle persone verso alimenti più sostenibili. Fonte: CREA Crea.gov.it

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ANALISI DI SETTORE

DOP Economy, per la prima volta sopra i 20 miliardi Settore IG in crescita del +6,4% con 890.000 occupati. Stabile la produzione certificata delle carni fresche

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n uno scenario macroeconomico condizionato dalla crisi energetica e climatica, la DOP Economy italiana mostra ancora una volta un quadro positivo contrassegnato da valori record. Il settore delle DOP e IGP, rivela il XXI Rapporto ISMEA-Qualivita, vola infatti oltre la soglia dei 20 miliardi di euro di valore alla produzione nel 2022 (+6,4% su base annua), assicurando un contributo del 20% al fatturato complessivo dell’agroalimentare italiano. All’interno del settore, il comparto cibo sfiora i 9 miliardi di euro (+9%) mentre quello vitivinicolo supera gli 11 miliardi di euro (+5%). Risultati importanti, seppure in parte condizionati dalla spinta inflattiva, che testimoniano la grande solidità della DOP Economy nazionale: un sistema organizzato,

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che conta 296 Consorzi di tutela autorizzati dal Ministero dell’agricoltura e oltre 195.000 imprese delle filiere cibo e vino, con un numero di rapporti di lavoro stimati per la prima volta a 580.000 unità nella fase agricola e a 310.000 nella fase di trasformazione. Così il direttore generale di ISMEA Maria Chiara Zaganelli: «I 20 mld di valore all’origine sono distribuiti su tutto il territorio nazionale, per il secondo anno consecutivo in cresci-

ta su 18 regioni su 20. Il 100% delle province è coinvolto nel circuito delle DOP Economy, espressione del valore di filiere non delocalizzazioni, che rappresentano un patrimonio collettivo diffuso. Incrociando i dati IG con un altro osservatorio che come ISMEA curiamo, rileviamo come il 32% delle 25.000 aziende agrituristiche italiane è inserito dal circuito delle IG, a dimostrazione che la presenza di un marchio comunitario è un elemen-

Il settore delle DOP-IGP cresce nonostante un quadro congiunturale difficile ed è un dato indubbiamente positivo. Gli 890.000 occupati nella fase agricola e di trasformazione esprimono un ulteriore elemento di valore della DOP Economy da non sottovalutare

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Consumatori e instabilità dei mercati. Il punto di Mauro Rosati Prosegue sui mercati internazionali la crescita dell’export delle produzioni DOP-IGP italiane, che per il 2022 fa segnare un aumento dell’8,3%. Aumentano però anche le criticità con cui confrontarsi nel prossimo futuro, in particolare quelle legate alle nuove tendenze del mercato e alla comunicazione al consumatore. A tale proposito l’ultimo anno ha visto l’esplosione dei grandi casi legati all’etichettatura sia a livello europeo — basti pensare alla discussione sul Nutriscore, al recente caos relativo ai QR-Code per indicare gli ingredienti sulle bottiglie di vino o agli Health Warning irlandesi — sia in ambito nazionale, dove continua la proliferazione dei marchi degli enti pubblici; la sentenza positiva della Corte Costituzionale sulle De.Co. e l’aumentata richiesta di riconoscimento di alcuni SQN rischiano giorno dopo giorno di disorientare il consumatore. Nello scenario mondiale, inoltre, nel corso degli ultimi due anni l’instabilità dovuta ai conflitti in ambito internazionale ha indotto un forte rallentamento dei processi di apertura dei mercati, soprattutto in materia di accordi multilaterali e protezione delle Indicazioni Geografiche che, invece, deve tornare a essere un tema prioritario per il progresso della DOP Economy. Si evidenzia inoltre una nuova tendenza. Gli ultimi dati del 2023 segnalano che negli Stati Uniti, primo mercato al mondo per consumi di vino e prima destinazione dell’export nazionale, più di un terzo degli acquisti di vino italiano nella GDO sia stato per prodotti a bassa gradazione alcolica o privi di alcol, i cosiddetti vini “NoLo”. Si tratta di prodotti che per la normativa italiana (“Testo Unico sul Vino”) non possono neppure essere etichettati come vino. Alcune storiche uve piemontesi, come ad esempio Brachetto o Moscato, vengono così utilizzate per realizzare “nuovi vini” a bassa gradazione, capaci di andare incontro alle mutate esigenze di consumo affermatesi nel principale mercato mondiale. Un fenomeno complesso che non può non indurre una rapida ma profonda riflessione in tutto il settore vitivinicolo DOP-IGP italiano, che ha fatto dell’alta qualità, della tradizione, delle denominazioni di origine e dei ferrei disciplinari di produzione un punto di forza riconosciuto nel mondo per tanti anni. Il 2023 ci consegna un quadro di instabilità che sembra chiudere per il settore DOP-IGP un ciclo. È un momento, questo, in cui tutte le possibilità sono aperte e in cui occorre muoversi con grande intelligenza. Per superare le incertezze e dare inizio a un nuovo ciclo serve un cambio di paradigma. Bisogna cambiare le prospettive, adeguare lo sguardo delle imprese a un modo nuovo di interpretare la produzione, quello delle istituzioni a regole migliori e dei cittadini ad un approccio più consapevole al cibo. Occorre in primis un’etica di territorio in cui tutte le componenti possano trovare un equilibrio e in questo i Consorzi di tutela devono fare la loro parte. Il tutto mantenendo l’elevato livello di qualità che caratterizza le produzioni a Indicazione Geografica e distingue la vera offerta made in Italy sui mercati. Con la Riforma abbiamo una grande occasione. Perché se le vecchie regole non sono più valide, questo è il momento in cui possiamo tutti insieme riscriverne di nuove e tracciare una strada diversa per la DOP Economy. Mauro Rosati Direttore Fondazione Qualivita e Origin Italia

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Carni fresche DOP IGP

to di valorizzazione economica del territorio, anche nelle zone montane e collinari interne più fragili e a rischio spopolamento. Per la prima volta in questa 21a edizione del rapporto abbiamo poi stimato l’impatto sull’occupazione delle filiere IG. Sono 890.000 i contratti di lavoro che complessivamente girano attorno a questo settore, tra la fase agricola e la fase di trasformazione. Si tratta di una prima elaborazione resa possibile incrociando diverse banche dati anche fuori dall’istituto, che fa apprezzare come la DOP Economy non sviluppi soltanto un valore economico ma, ancor di più, grazie al forte legame col territorio, un valore sociale». Oltre ogni crisi Anche a fronte di uno scenario macroeconomico complesso e di varie difficoltà che a più livelli hanno interessato le filiere produttive agroalimentari, la DOP Economy continua a superare sé stessa. Dopo un 2021 già molto positivo, nel 2022 il comparto del cibo DOP IGP raggiunge gli 8,85 miliardi di euro, per una crescita del +8,8% in un anno e un trend del +33% rispetto al 2012. Numeri record che si rispecchiano anche nel valore al consumo, che

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cresce del +6,4% e tocca i 17,4 miliardi di euro. Dati che sono frutto del lavoro di 85.584 operatori in tutta Italia, organizzati in 168 Consorzi di tutela autorizzati dal MASAF e seguiti dall’attività di 41 organismi di controllo. I formaggi, in crescita del +11,6%, superano per la prima volta i 5 miliardi di euro di valore alla produzione e rappresentano il 59% del cibo DOP-IGP, seguiti dai prodotti a base di carne che, con il +7,5%, raggiungono un valore di 2,3 miliardi di euro e un peso del 26%. Anche gli ortofrutticoli nel complesso migliorano tutti i principali parametri produttivi e commerciali e raggiungono 391 milioni di euro di valore alla produzione: a parte la flessione produttiva delle mele per il secondo anno di fila (–21%), si registrano importanti crescite in valore per la frutta in guscio (+58%), la frutta estiva (+22%), gli agrumi (+15%) e i pomodori (+12%). Seguono gli aceti balsamici, con 387 milioni di euro di valore alla produzione, e le paste alimentari, con 268 milioni di euro. Continuano a crescere i prodotti della panetteria e pasticceria (+5,1%), trainati dai buoni risultati della Piadina romagnola IGP, che

entra fra le prime 15 IG italiane per valore nel cibo. In calo gli oli di oliva (85 milioni di euro, –4,0%), mentre crescono le carni fresche (103 milioni di euro, +5,0%). Sul fronte export l’agroalimentare DOP IGP nel 2022 raggiunge 4,65 miliardi di euro con un +5,8% su base annua e un trend del +66% dal 2012, grazie soprattutto al recupero dei mercati Extra-UE (+10%). Carni fresche, categoria, quantità e valore La categoria delle carni fresche conta 6 denominazioni e rappresenta l’1,2% del valore alla produzione del comparto cibo DOP-IGP e lo 0,3% del valore dell’export agroalimentare IG. La produzione certificata delle carni fresche risulta nel complesso stabile, di poco superiore alle 14.000 tonnellate, con andamenti variabili per le singole denominazioni. Il valore alla produzione e al consumo cresce per il secondo anno consecutivo, anche grazie a un aumento dei prezzi per la maggior parte delle IG. Anche l’export conferma le performance e supera i 13 milioni. Fonte: Fondazione Qualivita XXI Rapporto ISMEA-Qualivita

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INDAGINI

I numeri di Netcomm Focus Food & Grocery

Il mercato dell’e-grocery In Italia vale oltre 1,3 miliardi di euro (+7 vs 2022) o scenario della distribuzione dei beni di largo consumo è sempre più frammentato: l’ecommerce detiene una quota di mercato ancora marginale (4%) rispetto ai Super+ e Superstore che rappresentano più del 48% del mercato, seguiti dai Discount (22%); dagli Iper (9,2%) e gli Specialisti Drug (5%). Sono 10,8 milioni gli Italiani che acquistano on-line prodotti di largo consumo in Italia: un mercato che vale ad oggi oltre 1,3 miliardi di euro, in crescita del 7% rispetto al

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2022. Il grocery on-line cresce del 7%, pur pesando ancora solo il 2,2% sul totale retail in questo settore. Anche a livello globale il mercato del grocery on-line continua ad aumentare, pur subendo un rallentamento in termini di trend: la quota di mercato globale del grocery on-line passa dal 3,4% al 3,7% nel 2023 e si prevede che entro il 2025 arriverà a pesare il 5,1% del mercato del grocery (online e off-line). Si tratta di alcune delle evidenze presentate alla 6a edizione di Netcomm Focus Food & Grocery (17 ottobre 2023, Milano*), e in occasione

della quale sono stati illustrati i dati delle più recenti ricerche di Netcomm NetRetail; di NielsenIQ e dell’Osservatorio FOOD Prezzi e assortimenti in collaborazione con QBerg. «Durante la pandemia da Covid-19 l’intera filiera agroalimentare, particolarmente complessa nei suoi sistemi di distribuzione, ha visto un notevole sviluppo grazie all’introduzione di tecnologie che supportano un potenziamento della stessa e l’integrazione dei suoi diversi attori» ha commentato Roberto Liscia, presidente di Netcomm. «La quota di acquirenti di

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Netcomm, il Consorzio del Commercio Digitale Italiano, è l’associazione di riferimento del settore e-commerce in Italia e uno stakeholder chiave nel dialogo sull’evoluzione regolamentare del mercato digitale a livello nazionale ed europeo. Netcomm riunisce oltre 480 aziende, tra società internazionali e piccole e medie realtà di eccellenza e rappresenta oggi la più ampia comunità professionale del digitale in Italia, in grado di fornire una visione autorevole e di anticipare le evoluzioni generate dalle tecnologie sul mercato e sul fare impresa. Dal 2005 il Consorzio mette a disposizione una piattaforma esclusiva di contenuti formativi, ricerche, casi e modelli di riferimento nel digitale. Netcomm è tra i membri fondatori di E-commerce Europe, l’Associazione Europea del Commercio Elettronico che coinvolge oltre 150.000 aziende in Europa. >> Link: www.consorzionetcomm.it

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Sono 10,8 milioni gli Italiani che acquistano on-line prodotti di largo consumo in Italia: un mercato che vale ad oggi oltre 1,3 miliardi di euro, in crescita del 7% rispetto al 2022. Per i consumatori digitali italiani, tra i driver di acquisto del Food & Grocery non compare il prezzo, ma l’efficienza, la consegna economica, il risparmio di tempo, l’assortimento e la consuetudine. spesa alimentare in Italia ha visto infatti un aumento del 32% nel periodo 2020-2022. L’avvio del trend positivo, anche se in calo rispetto ai numeri ottenuti durante la pandemia, è una conseguenza dell’efficientamento della filiera verso tutti i canali distributivi (GDO, gastronomia e HO.RE.CA.) e dell’introduzione di tecnologie abilitanti come l’AI e gli strumenti legati alla blockchain, particolarmente efficaci nel processo di tracciabilità dei prodotti. Oggi il settore del Food Delivery rientra tra le categorie che più hanno incrementato la quota di vendite on-line nel biennio 20222023 proprio grazie all’aumento dell’offerta e al progressivo miglioramento di servizi di consegna, con particolare attenzione alla velocità, alla capillarità, al contenimento dei costi e alla fornitura di servizi a valore aggiunto».

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Le abitudini di acquisto dei consumatori digitali nel Food & Grocery Secondo i dati Netcomm NetRetail, la spesa alimentare è tra le categorie con maggiore incidenza negli acquisti on-line, seppur in rallentamento: nel 2023, circa il 25% degli acquirenti digitali ha comprato prodotti alimentari on-line. Una percentuale in flessione del 12% rispetto all’anno precedente e che si avvicina a quella registrata nel 2018 (pari al 23%). Una diminuzione rispetto all’anno precedente si osserva anche nell’incidenza degli acquirenti nel Food Delivery: nel 2023, quasi il 21% degli acquirenti digitali usufruisce dei servizi di Food Delivery (–9% rispetto all’anno precedente). Il Food è l’unica categoria di prodotto in cui il “prezzo” non è

tra i primi 5 driver di acquisto per i consumatori digitali: l’evoluzione del customer journey in questa categoria non è dettata dalla convenience intesa come abbassamento dei costi, piuttosto come un risparmio in termini di tempistiche, garantito dalla velocità dell’esperienza di acquisto nel suo complesso oltre che dalla varietà di opzioni e servizi legati al delivery. Tra i driver di acquisto del Food & Grocery, infatti, non compare il prezzo, ma l’efficienza, la consegna economica, il risparmio di tempo, l’assortimento e la consuetudine. Il Centro-Sud traina la crescita dell’on-line nel Food & Grocery Secondo i dati di NielsenIQ, l’ecommerce nel Food & Grocery sta crescendo a diverse velocità lungo la Penisola. A guidare la crescita è l’area che comprende Abruzzo, Mo-

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lise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia, che registra un incremento del 24% rispetto allo scorso anno; segue l’area che include Toscana, Umbria, Marche, Lazio e Sardegna con un incremento del 12%. Triveneto ed Emilia-Romagna crescono del 6,5%, mentre l’area che include Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia registra una crescita di poco meno di 3 punti percentuali. Il rapporto tra acquisti on-line e off-line nel Food & Grocery Rispetto ad altre categorie di prodotto come elettrodomestici, elettronica o arredamento, nel Food & Grocery l’on-line ha meno influenza nell’orientamento della decisione di acquisto verso i canali off-line: per quanto riguarda la spesa alimentare/per la casa, gli acquirenti nei punti vendita fisici che hanno consultato almeno un touchpoint digitale prima dell’acquisto sono poco più del 15%, mentre gli acquirenti on-line della categoria che hanno maturato la scelta di acquisto on-line attraverso una visita in un punto vendita sono quasi il 40%. Secondo l’Osservatorio QBerg, nel settore del Food & Grocery il click&collect non comporta vendite incrementali al momento del ritiro in negozio, come invece succede per altre categorie come l’Elettronica, che registra vendite incrementali tra il 20% e il 25% sul valore totale dell’on-line, derivanti dalla visita nel punto vendita fisico. Nel caso del settore Food & Grocery, invece, il click&collect è puramente strumentale al completamento della vendita. Il mondo della ristorazione Le imprese nel settore della ristorazione si trasformano in base alle nuove sensibilità del consumatore, sempre più attento ai temi di sostenibilità, produzione biologica e tracciabilità di prodotto. In questo ambito il digitale si propone come strumento utile a fornire le informazioni necessarie, con differenze tra i settori HO.RE.CA., ristoranti di massa e di fascia alta. Nell’HO.RE.CA.,

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ad esempio, garantisce un’accessibilità immediata a prodotti, servizi, ingredienti e un efficientamento della distribuzione e dei servizi, consentendo maggiore rapidità e sicurezza sul mantenimento degli alimenti. Nella ristorazione di massa, anche a seguito della diffusione dello smart working e della necessità di una ristorazione di prossimità, il supporto del digitale si focalizza sui temi della prenotazione e dell’ordine on-line, che a loro volta si coniugano col tema dei pagamenti. L’aspetto essenziale è l’ibridazione tra digitale e mondo fisico, unito al ruolo chiave degli strumenti legati alla geolocalizzazione e alla mobilità. Infine, nella ristorazione di lusso il digitale gioca un ruolo di promozione e valorizzazione degli attributi specifici delle diverse offerte, in particolare grazie ai social network. Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale Le opportunità fornite dall’AI portano beneficio a tutta la filiera del food: dall’interpretazione dei bisogni dei clienti ai processi industriali, dalla logistica allo sviluppo di una strategia di marketing efficace. Oggi l’IA può intervenire sui modelli di interazione coi carrelli, con la possibilità di creare selezioni di prodotti “emozionali” pensati sulla base dei bisogni dello specifico utente e proposti come offerte o suggerimenti al check-out. L’automazione è una delle maggiori categorie di investimento per abilitare la trasformazione digitale nel settore alimentare (circa 18 mld di euro entro il 2030). Tutte le tecnologie mirano ad uno sviluppo integrato, con l’obiettivo di fornire un servizio sempre più attento, avvicinando il Food Retail digitale al luogo di acquisto fisico. Nota * La sesta edizione di Netcomm Focus Food&Grocery è stata realizzata con il supporto di VTEX come Platinum Sponsor, Rixalto Media e TeamSystem in qualità di Gold Sponsor e con il patrocinio di Confcommercio Milano.

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QUARTIERE FIERISTICO:


MERCATI

Le dinamiche recenti nel comparto delle carni

Ismea: tendenze bovino da carne

L’

Contesto globale Indice FAO dei prezzi della carne ha registrato una media di 112,9 punti in ottobre, in leggero calo (0,6%) rispetto a settembre, segnando il quarto calo mensile consecutivo e attestandosi a 3,9 punti sotto il suo valore di un anno fa. Nel mese di ottobre, i prezzi internazionali della carne suina sono diminuiti per il terzo mese consecutivo, principalmente

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a causa della persistente debolezza della domanda di importazioni, soprattutto da alcuni Paesi dell’Asia orientale, con un’ulteriore pressione al ribasso derivante dalle elevate disponibilità esportabili di alcuni principali fornitori. Al contrario, i prezzi mondiali della carne di pollame sono aumentati leggermente, poiché le epidemie di influenza aviaria hanno continuato a limitare le forniture da parte di diversi Pa-

esi leader a livello mondiale in un contesto di forte domanda da parte dei consumatori dovuta alla relativa accessibilità di prezzo. Anche i prezzi internazionali della carne bovina e ovina sono aumentati marginalmente, riflettendo la persistente e robusta domanda da parte di alcuni importanti importatori, nonostante le ampie forniture di carne bovina dall’Australia e dal Brasile e di carne ovina dall’Oceania.

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La situazione produttiva in Europa La produzione di carne bovina dell’UE è diminuita nel 2022 del 2,6%, più del precedentemente stimato (–0,6%). La produzione UE si prevede in ulteriore flessione per il 2023, confermando la tendenza negativa degli ultimi quattro anni. Una flessione che probabilmente supererà quella delle previsioni ufficiali, che la attestavano a –1,6% su base annua, considerato che il cumulato dei primi 9 mesi registra già un –5%. Secondo i dati delle macellazioni mensili di EUROSTAT relativi ai primi nove mesi del 2023, tra i Paesi maggiori produttori, la Germania segna il calo minore (–5,1%), mentre più pesanti sono le flessioni di Francia (–10,3%), Polonia (–9,3) e Spagna

(–7,7%). La produzione è prevista in aumento solo nei Paesi Bassi (Grafico 1). I prezzi medi europei per i bovini maschi di buona conformazione (12-24 mesi categoria A, classe U, R, O) nel mese di novembre 2023 si attestano sopra i 487 €/100 kg, segnando sullo stesso periodo dello scorso anno una flessione del 3,8%. Il prezzo per l’Italia nell’analogo periodo è di 522 €/100 kg, tra i più alti a livello europeo e notevolmente al di sopra della media europea. Sopra la media europea anche i prezzi di Spagna Francia e Croazia. La situazione nei vari Stati Membri Nelle ultime settimane di novembre si sono intensificati gli scambi

di vitelloni e manze da carne per compensare, almeno in parte, il calo dell’offerta di vacche. Sebbene la flessione del patrimonio delle vacche nutrici abbia subito un rallentamento rispetto all’estate, questa rimane pronunciata. La riduzione dell’offerta di capi con buona conformazione sostiene i prezzi dei vitelloni da carne mentre quelli dei bovini da latte diminuiscono in quasi tutti i Paesi europei. Il rallentamento dell’inflazione nell’ultimo periodo non ha ancora riflessi sulle scelte dei consumatori che sul fronte delle spese alimentari continuano a contrarre i volumi o a optare per l’acquisto di carni di prezzo inferiore. La domanda rimane quindi influenzata dall’in-

Tra gli obiettivi primari per la filiera bovina italiana per Ismea restano, oltre ad una maggiore autosufficienza produttiva sul fronte dei ristalli, anche una migliore riconoscibilità del prodotto di qualità e una maggiore aggregazione e compattezza tra gli anelli della filiera.

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Grafico 1

flazione nonostante un leggero, ma relativo, allentamento. Con l’arrivo delle temperature più fredde e la preparazione alle vacanze di fine anno, i prezzi dei bovini giovani sono nuovamente in aumento in molti Paesi europei. La ripresa stagionale della macellazione delle vacche da riforma si combina in tutta Europa con un calo dei prezzi, anch’esso stagionale, ma che non si era osservato negli ultimi anni. Francia: consumi in flessione La rilevazione delle vendite di carne bovina nei primi nove mesi del 2023 in Francia ne segnala la flessione. Il dato è confermato anche dai bilanci provvisori che vedono il consumo apparente flettere rispetto allo scorso anno. I modelli

di consumo sono cambiati a fronte degli aumenti dei prezzi osservati da due anni: i consumi nei ristoranti rimangono dinamici mentre quelli retail restano limitati dall’inflazione alimentare che non è realmente diminuita. Dal punto di vista sanitario, la quota di territorio francese nelle zone regolamentate EHD (malattia emorragica epizootica) continua ad espandersi, rendendo il lavoro più complesso sia per gli allevatori che per gli acquirenti di animali destinati all’esportazione per l’ingrasso. Germania: l’inflazione è rimasta sostenuta, le macellazioni limitate Le macellazioni di bovini giovani sono diminuite nel mese di ottobre (–4% su ottobre 2022). Cumulativamente dall’inizio dell’anno,

Tra i principali strumenti per rilanciare il comparto bovino c’è sicuramente la corretta informazione sul valore della carne e sui risultati importanti ottenuti dalle filiere zootecniche nel contenimento delle emissioni di gas metano, ridotte negli ultimi 50 anni del 40%, dei progressi realizzati sul piano etico dalle filiere in tema di benessere animale, della trasformazione degli scarti in risorse energetiche per la loro utilizzazione nella produzione di biogas e biometano

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l’offerta è molto inferiore a quella del 2022 e ancor più a quella del 2021 (–7%). La perdita di potere d’acquisto legata all’inflazione ha colpito fortemente anche i consumi tedeschi. La carne bovina è stata particolarmente penalizzata in questo mercato molto sensibile ai prezzi. Nei primi nove mesi dell’anno, secondo gli analisti di AMI (Istituto Mercato Agroalimentare tedesco), gli acquisti delle famiglie sono ulteriormente diminuiti e hanno resistito meglio solo i prodotti più economici (+4,1%/2022 per i misti di carne di maiale). Polonia: produzione in calo In Polonia la produzione di carne bovina sta diminuendo a causa della mancanza di vitelli da ingrassare. Nei primi otto mesi dell’anno la produzione si attesta su 343.000 tec (–6%/2022 e –8%/2021). Le macellazioni di vitelli sono scese a 198.000 capi (–4%/2022 e –9%/2021), così come quelle delle manze, a 55.000 capi (–7%/2022 e –5%/2021), e delle vacche a 89.000 capi (–10%/2022 e –7%/2021). Un segno della scarsa disponibilità di vitelli è dato dal prezzo dei giovani animali da latte, che è il più alto nell’UE, pari a 186 €/capo.

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Spagna: produzione razionalizzata ma prezzi in flessione La Spagna è il secondo Paese detentore di vacche nutrici nell’UE-27, dietro alla Francia. In controtendenza rispetto alla maggior parte degli Stati Membri, la produzione spagnola di carne bovina ha continuato a crescere tra il 2012 e il 2022, grazie all’aumento del bestiame da latte e all’importazione di giovani vitelli da latte (530.000 capi nel 2022, il 68% dei quali dalla Francia). Il successo ottenuto dall’allevamento bovino è da ascriversi alla standardizzazione del lavoro in tutte le fasi del settore, contrattualizzazione e integrazione verticale dell’ingrasso da parte delle cooperative, fino alle industrie della carne, in una logica coordinata di produzione, ma anche ottimizzazione della

produttività del lavoro e diluizione dei costi strutturali. Una buona riconversione dell’alimentazione del bestiame ha consentito inoltre di superare senza troppe difficoltà la crisi delle materie prime. Tuttavia, l’allevamento spagnolo dipende dalle importazioni di cereali ed è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e alle siccità sempre più intense. In Spagna, i prezzi dei vitelli da latte stanno registrando un forte calo stagionale sotto la pressione della minore domanda di carne bovina. A settembre questi corrispondono ai prezzi osservati nel 2021. Nella settimana 44 del 2023, la quotazione dei vitelli frisoni di meno di un mese (baliotti) era di 102 €/capo (–18% rispetto al 2022, ma ancora +2%/2021).

Irlanda: mercato sotto pressione ma con prezzi competitivi per l’UK In Irlanda, secondo l’ultima indagine sugli allevamenti del periodo maggio-giugno 2023, la mandria di vacche era in leggero calo, pari a 2,52 milioni di capi (–1%/2022). La dinamica è rimasta divergente tra vacche da latte (+1% a 1,65 milioni di capi) e vacche nutrici (–4% a 870.000 capi). Dall’inizio dell’anno la macellazione dei bovini di grossa taglia è stata piuttosto limitata. Stabili nelle prime 44 settimane del 2023 solo le macellazioni di vacche. In calo tutte le altre categorie: buoi (–4%/2022), manze (–3%) e, soprattutto, vitelloni (–12%). La ripresa stagionale delle macellazioni è stata piuttosto marcata dall’inizio di settembre. Secondo BORD BIA, il ritorno dei bovini nelle

Secondo i dati delle macellazioni mensili di Eurostat relativi ai primi nove mesi del 2023, tra i Paesi maggiori produttori la Germania segna il calo minore (–5,1%), mentre più pesanti sono le flessioni di Francia (–10,3%), Polonia (–9,3) e Spagna (–7,7%). La produzione è prevista in aumento solo nei Paesi Bassi.

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stalle per le condizioni climatiche in peggioramento e l’accelerazione del processo di riforma hanno contribuito ad aumentare il tasso di abbattimento delle vacche per le quali le macellazioni sono state particolarmente intense (+13%/2022 e +28%/2021). In questo contesto, con un mercato europeo piuttosto lento e la domanda dell’industria di trasformazione limitata, i prezzi delle vacche da riforma hanno subito un leggero calo (–4%/2022, ma +9%/2021). Allo stesso tempo, il prezzo della carne bovina ha subito un calo meno marcato rimanendo molto competitivo sul mercato del Regno Unito. Il mercato in Italia La produzione In Italia, secondo i dati sulle macellazioni mensili di ISTAT, la produzione nei primi nove mesi del 2023 è in netta flessione, con una riduzione del 20% rispetto all’analogo periodo del 2022 in termini di peso carcassa (-12% in numero di capi). In flessione tutte le categorie, con maggior accentuazione per le femmine (sia manze che vacche); per quest’ultime secondo Istat la flessione in termini di peso supererebbe il 30%. A incidere sull’evidente flessione dei dati di “peso morto” forniti da Istat sicuramente anche un notevole alleggerimento delle carcasse, soprattutto per quanto riguarda le manze che risulterebbero pesare in media un 10% in meno rispetto allo scorso anno. Le macellazioni (in numero di capi) registrate in BDN evidenziano flessioni meno importanti di quelle di Istat: i capi macellati nei primi 9 mesi dell’anno sarebbero secondo questa fonte solo il 7% in meno rispetto al 2022. Il calo della disponibilità di ristalli francesi, legato alla riduzione delle mandrie e all’incremento dell’attività di ingrasso in Francia, ha di fatto ridotto, da più di un anno, il numero dei capi di bestiame in Italia. Al calo della produzione può — in parte — aver contribuito il persistere di prezzi elevati dei

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fattori di produzione, in particolare dei mangimi, che ha portato a macellazioni di capi spesso più leggeri (riduzione del peso delle carcasse), dinamica concentrata soprattutto nella fase di finissaggio, dove i costi dei mangimi pesano di più (Grafico 2). Andamento dei prezzi con andamenti eterogenei Mercati con tendenze differenziate per le due categorie di carne bovina: in ripresa e su livelli superiori allo scorso anno per i vitelloni, in flessione e su livelli inferiori allo scorso anno per i bovini adulti. Con l’avvicinarsi della fine dell’anno i mercati si stanno facendo più vivaci e le quotazioni dei vitelloni a novembre continuano a salire fino ad attestarsi in media a 3,05 €/kg di peso vivo: un livello superiore a quello dello scorso anno del 3%. Il livello dei corsi nazionali per i vitelloni per tutto il 2023, malgrado una fase discendente nei mesi estivi si è mantenuto sempre ben al di sopra di quello del 2022. Differente la situazione per i bovini adulti, sui quali impatta la pressione concorrenziale esercitata dai Paesi competitor. Le produzioni polacche, ma anche quelle tedesche, a fronte di un mercato interno intasato per il forte calo dei consumi in atto, cercano sbocchi alternativi negli altri Paesi europei, in particolare in Italia, con un forte impatto sui prezzi che dalla fine della primavera sono scesi su livelli inferiori a quelli del 2022 (Grafico 3). Andamento dei costi di produzione L’Indice Ismea dei prezzi dei mezzi correnti di produzione per le carni di vitellone (con anno base 2010) registra un evidente ridimensionamento nella seconda metà dell’anno. L’indice a ottobre 2023 segna 128,5 punti, perdendo 7 punti su base annua. La flessione dei costi di produzione iniziata a fine estate, dopo 9 mesi di valori elevatissimi (tra 137 e 138) è da ascriversi esclusivamente alla contrazione dei costi di alimentazione. Infatti, mentre l’indice di


Grafico 2

Fonte: rete di rilevazione Ismea.

Grafico 3

Fonte: rete di rilevazione Ismea.

costo dei ristalli — che rappresenta il 63% del costo di produzione — ha continuato a mantenersi elevato e con tendenza all’aumento (nel mese di ottobre 2023 ha toccato i 126 punti, registrando su base annua un aumento di 5 punti percentuali) l’indice dei costi dei mangimi, voce che contribuisce per il 24% dei costi totali, ha segnato una graduale ma pesante flessione, registrando a

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ottobre 2023 valore 136, contro il 174 di ottobre 2022, segnando così un ridimensionamento di ben 38 punti sul valore indice. Di minore entità la flessione nel corso degli ultimi mesi dell’indice dei prezzi di vendita dei vitelloni da macello che si attesta ad ottobre su 144,8 punti, replicando i medesimi valori di un anno prima, dopo aver toccato il culmine nel

primo semestre 2023 con valori di 148. Ne consegue un indice di redditività in miglioramento, che nel terzo trimestre cresce del 5% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno. Scambi con l’estero Anche durante l’estate 2023 è proseguita la riduzione delle importazioni di bovini vivi da allevamento:

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Per le carni bovine si può parlare di una stabilizzazione, che ne garantisce ancora una quota del 29% nel carrello della spesa. I “sostituti vegetali della carne” non vanno oltre il 4% dello share tra i prodotti “carnei” (foto: AI). il dato relativo ai primi otto mesi fa segnare una flessione del 9,5% su base annua, con contrazioni che nei soli mesi di luglio ed agosto hanno interessato oltre 24.000 capi, di cui 10.000 broutards, vale a dire che un 13% in meno di capi è stato reinserito in stalla per l’ingrasso durante l’estate, quindi inferiore della stessa entità sarà l’offerta di vitelloni da macello allevati in Italia nei primi mesi del 2024. La composizione degli arrivi dei capi da allevamento nel 2023 mostra una nuova ripartizione, che vede i broutards maschi oltre 300 kg tornare a rappresentare oltre la metà dei capi, cui si aggiungono un 24% di manze; il restante 18% è rappresentato da capi più giovani. Sul fronte delle carni, le

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importazioni dei primi otto mesi 2023 si attestano sopra le 280.000 tonnellate, ossia su livelli superiori del 5% rispetto a quelli dell’analogo periodo dello scorso anno. Più specificatamente, le carni fresche, che pesano per l’80% sull’import carni, sono in aumento del 2,3%, mentre le importazioni di carni bovine congelate, che pesano per il restante 18%, nei primi otto mesi 2023 sono in aumento del 23% su base annua. In termini di esborsi complessivi, nei primi otto mesi del 2023 la spesa per le importazioni è pari quasi a 3 miliardi di euro, con un saldo negativo di oltre 2,3 miliardi di euro, in peggioramento del 23% rispetto al 2022, con un contributo negativo del 36% per l’import di vivi e del

3,7% per quello delle carni. La flessione dei dati di import in volume dei primi otto mesi del 2023 non apporta quindi un miglioramento al saldo di questo primo frangente di anno, infatti, l’aumento di prezzo unitario sia delle carni che dei ristalli fa registrare un aumento di circa il 15% degli esborsi, che affiancato da una flessione dell’8% degli introiti per l’export fa conseguire un saldo negativo in ulteriore peggioramento. Acquisti domestici Segnali leggermente positivi arrivano dal fronte della domanda al consumo dove i proteici sembrano veder maggiormente riconosciuta la loro importanza nella dieta e dove gli acquisti di carne bovina frenano

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la flessione che da tempo caratterizzava i volumi nel carrello. Nei primi dieci mesi del 2023, gli acquisti di carni sono tutti in crescita a eccezione di quelli delle suine, che dopo il recupero dello scorso anno (+4,7%) vedono di nuovo scendere i volumi del 3,6%, a fronte di una spesa che comunque aumenta del 5,6%. In crescita dello 0,7% i volumi acquistati di carni bovine rispetto al 2022, sebbene proprio per queste lo scorso anno si era registrata la fles-

sione più importante (–4,4% rispetto al 2021). La spesa per queste carni cresce su base annua di un ulteriore 7,4% dopo il +4,8% del 2022. Proseguono intanto con dinamica positiva gli acquisti di carni avicole che segnano un +4,3% dopo il +0,4% dello scorso anno. Nel 2023 si può ipotizzare un travaso degli acquisti dalle carni suine alle carni avicole: infatti, in termini di share le carni suine passano dal 20% del 2022 al 19% del 2023, mentre le avicole continuano a guadagnare

spazio nel carrello ampliando la propria quota dal 35 % del 2022 al 36% del 2023. In questo contesto, per le carni bovine si può parlare di una stabilizzazione, che ne garantisce ancora una quota del 29% nel carrello della spesa. I “sostituti vegetali della carne” mantengono il 4% dello share tra i prodotti “carnei”. Incrementi di spesa sostenuti per tutte le referenze, con variazioni che vanno dal +10,1 per le carni “minori” (ovine e cunicole) al +7,6% delle

Grafico 4

Grafico 5

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avicole, seguite dal +7,4% delle bovine e dal +5,6% per le suine. Se da un lato la ricerca di proteine nobili sta prendendo sempre più piede, dall’altro il fattore prezzo continua giocare un ruolo determinante a sfavore delle referenze bovine. Riguardo le tipologie merceologiche afferenti alle carni bovine rapportate alle alternative vegetali, si evidenzia come la ripartizione degli acquisti sia proporzionale a quella che è l’effettiva disponibilità nei reparti retail e a quelle che sono le promozioni in corso. La più ampia disponibilità di prodotti vegetali proteici negli scaffali e le frequenti promozioni sugli stessi (nel 2023 il 30% degli acquisti di questo prodotto sono stati “in promozione”) ha permesso a queste referenze di ampliare la platea dei consumatori che ne fanno uso, facendone crescere i volumi venduti (+4%) con uno share sul comparto “carni e similari” che resta comunque ancora alquanto limitato (5% del volume carne totale). Le carni di scottona, che fino all’estate avevano sostenuto gli acquisti di carne bovina, per la minor disponibilità perdono i volumi rispetto al 2022 (–1,8%), mentre per effetto sostitutivo aumentano gli acquisti di carne di vitello. Restano stabili i consumi di carni di bovino adulto, alla cui minor disponibilità in ambito nazionale si è sopperito con l’aumento del prodotto importato (Grafico 4 e Grafico 5). Prospettive • Obiettivi primari per la filiera bovina italiana restano, oltre ad una maggiore autosufficienza produttiva sul fronte dei ristalli, anche una migliore riconoscibilità del prodotto di qualità e una maggiore aggregazione e compattezza tra gli anelli della filiera. • Tra i principali strumenti per rilanciare il comparto vi è poi sicuramente la corretta informazione sul valore della carne e sui risultati importanti ottenuti dalle filiere zootecniche nel con-

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tenimento delle emissioni di gas metano, ridotte negli ultimi 50 anni del 40%, dei progressi realizzati sul piano etico dalle filiere in tema di benessere animale, della trasformazione degli scarti in risorse energetiche per la loro utilizzazione nella produzione di biogas e biometano. • I sistemi zootecnici e il patrimonio umano ad essi collegato hanno bisogno di una forte accelerazione dei saperi e delle competenze, un aumento della formazione finalizzata anche a introdurre negli allevamenti le necessarie innovazioni per rispondere alle sfide della sostenibilità. • La ricerca scientifica e il trasferimento tecnologico dovranno essere ulteriormente incentivati. • Nei prossimi anni si parlerà molto di biosicurezza, cioè di tutti quei sistemi che consentono di ridurre o eliminare il rischio di introduzione, sviluppo e diffusione di malattie in allevamento, e di conseguenza che contribuiscono a ridurre l’uso di farmaci e antibiotici. • La sfida futura che richiede la Commissione europea dovrà essere affrontata continuando a migliorare la qualità e la sostenibilità degli allevamenti grazie alle nuove tecnologie, ma con una visione dell’agricoltura che tuteli l’ambiente senza penalizzare la produzione. Intanto allevatori e macellatori stanno continuando a lavorare all’obiettivo comune di redazione di un Piano di Settore per il bovino da carne italiano; un percorso iniziato dagli allevatori anni fa, basato su tre pilastri, sostanzialmente già realizzati: il Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia, la sperimentazione per produrre ristalli in Italia e l’Interprofessione. Fonte: Tendenze Bovino da carne n. 2/2023 Dicembre 2023 Responsabile: FABIO DEL BRAVO Coordinamento tecnico: MICHELE DI DOMENICO Redazione: PAOLA PARMIGIANI ISMEA, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare www.ismea.it


Sul fronte della domanda al consumo i prodotti proteici sembrano veder maggiormente riconosciuta la loro importanza nella dieta e gli acquisti di carne bovina frenano la flessione che da tempo caratterizzava i volumi nel carrello.

Contesto europeo – La produzione UE si prevede in flessione per il 2023 (–5% nei primi 9 mesi su base annua), confermando la tendenza negativa degli ultimi quattro anni. La scarsa disponibilità di capi bovini maturi mantiene alta la tensione sui prezzi nel mercato europeo anche nella seconda metà del 2023. Situazione produttiva in Italia – Produzione in netta contrazione nei primi 9 mesi del 2023. I dati di macellazione della BDN evidenziano flessioni del 7% sul numero di capi rispetto allo scorso anno, mentre l’Istat ipotizza una perdita molto maggiore in termini di carne prodotta. La flessione delle importazioni di ristalli dalla Francia nel periodo luglio agosto 2023, inoltre, lascia presagire una riduzione dell’offerta di carne di vitellone ingrassata in Italia nei prossimi mesi. Andamento dei prezzi – I prezzi dei vitelloni a fine anno restano su livelli elevati e tendenzialmente al rialzo (+3% a novembre rispetto a allo stesso mese dello scorso anno). Flessioni e livelli di prezzo inferiori allo scorso anno, invece, si riscontrano per i capi adulti e le relative carni a causa della pressione esercitata dalla concorrenza delle carni importate (soprattutto quelle da Germania e Polonia). Intanto i costi di produzione cominciano a ridimensionarsi. Commercio estero – Le importazioni di bovini vivi da allevamento segnano nei primi otto mesi un decremento complessivo del 9,5% su base annua, con contrazioni che nei soli mesi di luglio ed agosto hanno interessato oltre 24.000 capi, di cui 10.000 broutards. Vale a dire che un 13% in meno di capi è stato reinserito in stalla per l’ingrasso durante l’estate. Sul fronte delle carni, invece, le importazioni dei primi otto mesi 2023 si attestano su livelli superiori del 5% rispetto a quelli dell’analogo periodo dello scorso anno. Acquisti domestici – In crescita dello 0,7% i volumi di carni bovine acquistati nei primi 10 mesi del 2023 rispetto al 2022, sebbene proprio per queste lo scorso anno si era registrata la flessione più importante (-4,4% nel confronto con il 2021). La spesa per le carni bovine fresche cresce su base annua di un ulteriore 7,4% dopo il +4,8% del 2022. Prospettive – Obiettivi primari per la filiera bovina italiana restano, oltre ad una maggiore autosufficienza produttiva sul fronte dei ristalli, anche una migliore riconoscibilità del prodotto di qualità e una maggiore aggregazione e compattezza tra gli anelli della filiera. Sicuramente una corretta informazione sul valore della carne e sui valori positivi raggiunti dalle filiere zootecniche aiuterà a sostenere i consumi in un momento in cui i proteici sembrano riacquistare la dovuta importanza all’interno delle diete.

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MACELLERIE D’ITALIA

BDL, parola d’ordine: selezione di Gian Omar Bison

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on solo in cella o a bancone, ma pure nella “nicchia” troviamo la carne. La “carne di nicchia” in questo caso è quella che solitamente viene venduta, e percepita dalla clientela, come appartenente al segmento alta qualità. Il prezzo al dettaglio ne è diretta conseguenza. Roger Bonato e Sonia Dalla Libera, titolari della macelleria BDL di Pederobba (TV), coniugi e soci in affari da qualche decennio, hanno intrapreso una serie di scelte aziendali originali che stanno ripagando: location fuori dal centro urbano e lungo una strada ad altissima percorrenza; macelleria grande con ampi spazi a disposizione; un buon numero di

parcheggi auto; scaffali e referenze di vini, birre, pasta e altri prodotti gourmet di alta gamma. «La nostra società nasce nel 1995 poco dopo il nostro fidanzamento» ricorda Bonato. «Prima del 1995, lei lavorava come commessa ed io ho lavorato, da ragazzo, prima 5 anni a Loria (TV), in un allevamento bovino, e dopo il servizio militare nel reparto carni di un supermercato a Riese Pio X per un paio d’anni. Non avevo mai fatto il macellaio ma mi è piaciuto subito. In seguito ho gestito una macelleria con un socio dal 1990 al 1995 e poi nel 1995 io e mia moglie ne abbiamo rilevato una a Crocetta del Montello (TV) con un dipendente. Siamo stati lì fino al

2013 e proprio lì abbiamo capito che volevamo fare un salto di qualità in una piazza diversa. Abbiamo trovato l’immobile dove siamo tutt’ora che all’epoca era un capannone ancora grezzo, il che ci ha dato modo di costruire la nostra bottega proprio come volevamo, con le nostre idee e i nostri obiettivi. Più di qualche addetto ai lavori ci dava dei pazzi per una location ritenuta inadeguata e troppo impegnativa. Adesso ci lavoriamo in otto (sei dipendenti). Insomma, è andata ancora meglio di quanto ci aspettavamo». Non sapendo bene come potesse essere il mercato nella zona inizialmente hanno pensato di tenere in piedi due linee, con tipologie di

Il bancone della Macelleria BDL offre un’ampia gamma di carni selezionatissime, pronti a cuocere o già cotti.

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Assieme ai classici tagli di carne (nazionali, selezionate e certificate), la bottega di Roger e Sonia offre una vasta gamma di preparati pronti da cuocere o già cotti, carni allo spiedo e spiedi giganti, porchette e roast beef di propria produzione. L’offerta include una scelta di salumi e formaggi di alta qualità, pane fresco di giornata ed altri alimenti di produzione artigianale.

Roger Bonato e Sonia Dalla Libera, titolari della Macelleria BDL.

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Il Dry Ager per la frollatura delle carni. carne di più largo consumo da un lato e più di nicchia da un altro. «La domanda di carne di più alta qualità è cresciuta rapidamente — puntualizzano Roger e Sonia — e alla fine ci siamo focalizzati e specializzati solo su questa gamma, anche per distinguerci dalla distribuzione organizzata. Una scelta precisa che abbiamo esteso a tutti i nostri prodotti in vendita, dal vino alla pasta, dai sottaceti ai formaggi». La clientela è molto giovane e proveniente sia dal circondario che da altri comuni. Una bottega e una modalità di servizio che potrebbero essere replicata altrove. «Ce lo chiedono in tanti ma è un impegno importante. Potremo aprire una seconda nostra macelleria da affidare a nostra figlia, che oggi lavora con noi. L’unico vero problema è il personale che non si trova». Il 60% della carne venduta è bovino, 20% suino, 20% avicolo. In bottega si producono salsicce e

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cotechini e nessun altro insaccato da stagionare; ampliare l’offerta con un’attività di norcineria tradizionale e ricercata potrebbe essere un obiettivo futuro. Si fanno porchette, prosciutti cotti e talvolta mortadelle. L’approvvigionamento di carne bovina proviene da due stalle, a Trevignano e Loria. «Gli allevatori sono due ragazzi giovani. Con loro abbiamo un accordo per allevare i capi con una stabulazione confinata e protetta e un preciso regime alimentare: a secco con cereali come farine, mais, soia e pochissimo insilato. Oltre a loro, abbiamo una piccola cerchia di contadini che allevano pochi bovini e che coinvolgiamo alla bisogna. Le razze le scegliamo in base al periodo considerando le caratteristiche degli animali e delle carni che ne derivano: Limousine nel periodo estivo ed autunno; Charolais, Garronesi e Aubrac in inverno».

Il suino arriva in pezzi anatomici dalla ditta F.lli Guerriero di Villafranca Padovana e l’avicolo da Pollo Castellano. Oltre al bancone, enorme, la macelleria dispone di due celle per la frollatura delle carni. Una grande per i quarti e una più piccola per i tagli anatomici pronti. «Inoltre, una delle nostre specialità – evidenziano Roger e Sonia – sono sicuramente le carni per le grigliate e anche per gli spiedi, che prepariamo pronti sulle spade. I nostri clienti sono piuttosto preparati e pretendono pezzi specifici, con marinature caratteristiche per cotture particolari. Noi per primi cerchiamo di aggiornarci continuamente sulle diverse tipologie di griglie e barbecue». La proposta sul prontocuoci e sul cotto è piuttosto varia e comprende straccetti, involtini, bistecche glassate e panate, e roast beef e carne allo spiedo. Per quanto riguarda la selezione di formaggi si appoggiano a Valsana e poi si trovano in vendita burri e yogurt particolari, pasta di un pastificio di Busche, panificati di un panificio a legna di Cavaso del Tomba (TV), birra artigianale soprattutto del vicino birrificio “32 Via dei birrai”, una selezione di distillati e soprattutto di gin di un certo spessore. Vino? Dal Trentino alla Sicilia, si selezionano e propongono bottiglie piuttosto ricercate. «Siamo specializzati sui rossi anche perché nelle nostre zone non mancano certo le bollicine e i clienti preferiscono andare ad acquistarle direttamente in cantina». Ristomacelleria? «L’idea c’è e pure il progetto approvato. Abbiamo immaginato tavoli rotondi dentro e una pedana esterna con altri tavoli. Il problema è sempre quello, il personale che si fa fatica a trovare, considerati i giorni e gli orari di lavoro». Gian Omar Bison Macelleria BDL da Sonia e Roger Via Feltrina 9/A 31040 Pederobba (TV) Telefono: 0423 86261 E-mail: macelleriabdl@gmail.com Web: macelleriabdl.com

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LA QUALITÀ

Ternasco d’Aragón IGP, il principe dei pascoli aragonesi Testi e foto di Massimiliano Rella

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l principe dei pascoli aragonesi, la comunità autonoma spagnola del Nord Est, è un agnello dalle carni tenere, succose, ricche di gusto, la materia prima perfetta per i saporiti piatti della cucina locale, dalla classica “infornata” con patate e spezie fino alla zuppa con i suoi fegatini e allo spezzatino con le rigaglie. Il Ternasco d’Aragón IGP è il nome e l’Indicazione Geografica Protetta che identifica appunto un agnello da latte di varie razze ovine — Aragonesa, Ojinegra de Teruel e Castellana nella sua varietà Roya Bilbilitana, Maellana e Ansotana

Le caratteristiche agroclimatiche della zona di allevamento e produzione, la Comunità Autonoma di Aragona, e le razze adatte alla produzione del Ternasco de Aragón hanno da tempo determinato l’alta qualità delle carni di questo agnello, tenera e molto succosa

— allevate nell’ecosistema dell’Aragona seguendo un Disciplinare che prevede un’alimentazione materna in pascoli ricchi di erbe aromatiche come timo e rosmarino e un’alimentazione della prole a base di

latte materno durante la notte e di foraggio di qualità durante il giorno. Giunto ad un’età di 70-90 giorni, l’agnello IGP, correttamente allevato, è pronto per andare in mattatoio dove — per abbassare lo

Carni di Ternasco de Aragón al Mercato Centrale di Saragozza.

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Banco di macelleria al Mercato Centrale di Saragozza.

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stress legato al trasporto e all’arrivo in ambiente chiuso — viene messo a riposo per 12 ore, abbeverato con acqua zuccherata. Una volta macellato, la carcassa, il cui peso varia tra 8 e 12,5 kg, rimane 24 ore ad una temperatura compresa tra 1 e 4 °C. La zona di produzione e lavorazione del Ternasco de Aragón IGP ricade nelle province aragonesi di Saragozza, Huesca e Teruel, dove tradizionalmente è utilizzato il termine “ternasco” (tenero) per identificare l’agnello caratteristico della regione spagnola dell’Aragona. In anni recenti è stata studiata e valorizzata la razza Aragonesa, molto apprezzata per la sua rusticità, l’adattamento all’ambiente, in alcune zone arido, e soprattutto per la qualità delle carni, le quali hanno colore rosa pallido, sono tenere e succose, di consistenza fine e con un grasso esterno di un bel bianco. Il sapore è delicato. La carne fresca, che può essere consumata entro i 7 giorni massimo dall’acquisto (conservata in frigo ad una temperatura di 1°-3° C trascorsi due giorni), possiede grande versatilità in cucina, è ottima alla griglia, al forno, aromatizzata con rosmarino, alloro e prezzemo-

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lo, usata in cotture in umido, da abbinare a patate lesse o al forno e a vari ortaggi. Naturalmente anche ad un calice di vino rosso giovane o poco strutturato. Il Ternasco de Aragón IGP è commercializzato fresco, intero senza testa, oppure a pezzi, tagliato e confezionato in vaschette protette, che garantiscono una maggiore conservazione e durata, mantenendo intatta la qualità delle carni. Sono commercializzate anche le frattaglie, molto utilizzate in passato dalle comunità cristiane, ma messe al bando da quelle ebraiche e dai mori di Spagna. Gli ebrei spagnoli, infatti, usavano cucinarlo con dell’uvetta e servirlo coi salumi. I musulmani, invece, lo arrostivano e condivano con la menta, mentre i cristiani valorizzavano anche i tagli poveri e le frattaglie, non proibite dalla loro religione. Quest’antica usanza di cucinare l’agnello e il suo quinto quarto è ancora oggi un punto di riferimento della cucina aragonese. Nella cucina spagnola d’avanguardia è anche utilizzato in preparazioni più fantasiose, a partire dalle tapas, tipici spuntini e ricette “mignon” della Penisola iberica. Massimiliano Rella

A sinistra: Ternasco de Aragón IGP al forno con patate arrosto e peperoni, piatto servito al ristorante La Rinconada de Lorenzo di Saragozza. A destra: il logo che identifica la carne di Ternasco de Aragón IGP. Maggiori informazioni sul prodotto si trovano all’indirizzo: www.ternascodearagon.es.

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Gallo Rosso, essenza altoatesina di Riccardo Lagorio

L’

apertura a Bolzano della Scuola di cucina del Gallo Rosso al maso Föhrnerhof, lo scorso settembre, si è rivelato un successo di persone e idee che fa dei contadini associati a questo marchio una delle realtà più significative nel panorama agroalimentare peninsulare. In ogni evento, ad ogni data, si registra il tutto esaurito: segno che l’originalità e la varietà dei prodotti bolzanini, tradotti in una cucina rurale mediterranea e nordeuropea, riescono a cogliere nel segno. Che si tratti del Bauerngröstl (carne lessa di manzo con patate e cipolle), dello Schupfnudel (sorta di gnocchi rosolati con burro) o del collaudato strudel di mele, quello

che arriva sul fornello viene poi condiviso con tutti: una formula vincente per avviare il consumatore verso la prospettiva di un consumo consapevole. Consumo consapevole di carne significa anche utilizzare tutte le parti dell’animale, non solo quelle considerate pregiate. Per quanto si riferisce alla carne degli associati, al Gallo Rosso si può iniziare con l’acquisto presso gli allevamenti locali dove gli animali nascono, ingrassano e vengono lavorati. Per scoprire un esempio concreto bisogna arrivare a Prato allo Stelvio al maso Hof am Schloss (hof-am-schloss.com), a pochi passi dalle possenti rovine del castello

di Montechiaro. «I nostri animali sono di razza Bruna originaria. Una volta macellati vengono venduti sotto vuoto in pacchi pronti all’uso» spiega Manuela Wallnöfer. Nel maso della sua famiglia ci va anche chi è cerca di squisiti salumi «elaborati con suini provenienti dall’Alto Adige. I salumi vengono affumicati con rami di ginepro e lo speck è stagionato per un anno». Hof am Schloss è un maso pressoché autosufficiente dove, oltre a carni e salumi, «si allevano galline che forniscono uova e carne, api che danno miele, si coltivano alberi da frutta per la produzione di sciroppi e confetture, come quella di albicocche o di pera Pala».

Da settembre 2023 Gallo Rosso ha inaugurato il suo quinto pilastro (gli altri 4 sono: Agriturismi in Alto Adige, Osterie contadine, Prodotti di alta qualità e Artigianato contadino), la Scuola di cucina di Gallo Rosso, con l’intento di far conoscere a tutti la cucina contadina tipica dell’Alto Adige, utilizzando solo ingredienti freschi di stagione e che provengono rigorosamente dall’Alto Adige (photo © gallorosso.it).

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Se si volesse proseguire con un’esperienza gastronomica d’altri tempi bisognerebbe fermarsi allo Schnalshuberhof di Lagundo. Dalla panoramica posizione si possono ammirare i vigneti del maso (tra le bottiglie di casa vanno ordinati Fraueler e Schiava di almeno due anni), mentre all’interno sopravvive intatta una Stube del 1642 con le pareti ricoperte da antichi quotidiani. Christian Pinggera non segue un menu, ma i piatti vengono pensati giornalmente sulla base della disponibilità delle materie prime. Eccezion fatta per speck e kaminwurzen, che vengono prodotti in proprio con la macellazione di una sessantina di suini. I canederli in brodo o al burro sono elaborati con una ricca presenza di speck. Nel periodo pasquale il Prosciutto di Pasqua. Dall’autunno all’inizio primavera fanno la felicità degli ospiti le salsicce e le costine di maiale con i crauti, mentre la succulenta guancetta brasata di manzo con brunoise di verdure è tra le migliori dell’Alto Adige. Tra le carni, anche arrosto di vitello, stinco arrosto e ossobuco. Seguendo le orme degli allevatori e trasformatori di carne del Gallo Rosso un’altra tappa è nell’idilliaco

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scenario di Tre Chiese, nel comune di Barbiano. Dai 1120 metri si gode una spettacolare vista sulla Val d’Isarco con Chiusa, Lajon, il monastero di Sabiona e le Odle. Come protagoniste le tre antiche chiese, una avviluppata all’altra, che danno il nome alla località. Sorsero su un sito accanto a una sorgente che in tempi remoti avrebbe dato rimedi soprannaturali

ai malati di stomaco e alle donne infeconde. Guida d’eccezione è Lukas Gafriller, che gestisce con la famiglia il maso Messnerhof (www. messnerhof.com). «I terreni qui intorno, dove ora vi sono pascoli, erano dedicati alla coltivazione di grano saraceno, patate e segale e il maso era una stazione intermedia della transumanza. Ora riusciamo a produrre due volte il fieno per i nostri animali di razza Grigio tirolese, Simmenthal e un incrocio tra Braunvieh e Limousine». Ai tavoli del maso il gustoso brodo di carne lascia ben presto spazio a carne lessa presentata con il cren, ma si può sempre scegliere dell’ottimo gulasch. Semplice carne alla piastra o cruda in tartare non si possono considerare tipiche di queste valli, ma servono a comprenderne la bontà. «Alla preparazione che avviene nella nostra cucina può seguire quella che si fa a casa propria: in vendita vi sono vasetti di ragù utili a condire pasta e gnocchi ma anche gulasch: si riscalda ed è subito pronto». Ma alle lezioni del Gallo Rosso si impara la modalità di preparazione di quello autentico altoatesino e sarà sufficiente la buona materia prima del maso. Riccardo Lagorio

Gallo Rosso è il nome del marchio che dal 1998 promuove e favorisce l’attività di circa 1.600 agriturismi in Alto Adige e che appartiene all’Unione Agricoltori e Coltivatori Diretti Sudtirolesi (Südtiroler Bauernbund). Sin dalle origini lo scopo principale di Gallo Rosso è sostenere i contadini dei masi nello sviluppo di attività da affiancare all’agricoltura. L’obiettivo di questo progetto è da un lato aprire agli agricoltori altoatesini nuove fonti di reddito e dall’altro dare ai consumatori la possibilità di conoscere il mondo contadino dell’Alto Adige. La classificazione dei masi che offrono alloggio (Agriturismo in Alto Adige) è organizzata in fiori, da 2 a 5; più alto è il numero dei fiori, più numerosi sono i criteri soddisfatti dalla struttura. Inoltre, attraverso standard qualitativi elevati e criteri severissimi, l’associazione sostiene il lavoro di oltre 120 masi che si dedicano alla produzione di prodotti gastronomici genuini (Sapori del maso), alla ristorazione contadina, o all’artigianato autentico (Artigianato contadino). >> Link: www.gallorosso.it

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LA CARNE IN TAVOLA

La nobile costata, dalla brace allo street food di Giorgia Fieni

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on senti profumo di brace? Io non solo lo sento, ma vedo anche la carne con l’osso (utilissimo per tenerla ferma prima di addentarla) arrostire pian piano (sottoposta alla reazione di Maillard, che ne sigilla i succhi creando la crosticina aromatica) e ne sento il sapore lussurioso. Una costata a testa e il barbecue è fatto. Può essere di manzo o di coniglio o di pollo o di bue o di vitello… anche di dromedario e pesce (ALESSANDRO BORGHESE cuoce alla brace una costata di tonno rosso marinata negli agrumi con alga wakame, prugne umeboshi e radice di genziana essiccata e la serve con spaghetti di verdure marinati, chutney di mango, salsa di nespole, gel d’arancia e ravanelli). Viene prelevata tra la 6a e la 12a costola, col muscolo spinale e parte di quello addominale, ben marezzato (ovvero deve essere grasso, a mantenere la carne morbida e veicolare gli aromi del gusto). La cosa importante è proteggere l’osso, quindi se è nel forno (GORDON RAMSAY consiglia proprio questo taglio per la domenica) va disposto in basso (senza poi girare l’arrosto) o va avvolto nell’alluminio: accanto all’osso la carne non può asciugarsi e quindi rimarrà succosa (se lo togliete non state preparando una costata ma una entrecôte…). È bene compiere una frollatura, in frigorifero, ad un giusto grado di temperatura e umidità (tra 1 e 4 °C e intorno al 75-85%)… I tempi vanno valutati in base alla materia prima… Alcuni consigliano anche di salare il tutto almeno 48H prima della cottura perché il sale possa aggregarsi alla parte proteica e impedire così un’eccessiva perdita di succo. Non dimentichiamo comunque mai che tutti questi processi, sia di preparazione che di cottura, hanno dei limiti fissati, ma sono di media (io stessa cerco di trovare il valore corretto fra i pareri di diversi esperti): la primissima cosa da fare, sempre, è valutarne freschezza, qualità e caratteristiche e poi adeguarsi. Mai fare il contrario! Adeguate invece i contorni. Il purè di patate è perfetto (anche

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nella versione all’olio, più leggero), così come una salsa all’aglio, se preferite i sapori forti. O crema di mais e spinaci. O senape. O patate al forno. O funghi trifolati. Ricordate infatti che la costata era il taglio riservato alla nobiltà nel XIX secolo e che è da lì che si ottiene il pregiato filetto, quindi datele lustro trattandola al meglio, coprendola sempre col suo jus e magari tagliandola al tavolo: pensate che i camerieri del ristorante inglese Lawry’s seguivano un corso della durata di 6 mesi per imparare come farlo e se ne andavano in giro per il locale portando le costate su vassoi posati su carrelli lunghi 1,5 m e del peso di 408 kg perché contenevano la brace per tenerle in caldo (si dovettero rinforzare i pavimenti perché non cedessero!). Onde non dover ricorrere agli stessi estremi rimedi, consiglio la Carne desmechada venezuelana, dove la costata è marinata e poi cotta nel sugo di pomodoro. G IANFRANCO V ISSANI cuoce la costata di vitella in casseruola con rosmarino e caffè e la serve con salsa tonnata, purè di ravanelli alla panna e insalata russa, creando un visual a quadrato. Il citato Borghese ottiene un carpaccio dalla costata di manzo e lo serve con anacardi tostati, Parmigiano Reggiano 30 mesi, ravanelli e pomodori San Marzano (aggiungendo: “Ci bevo Pinot nero cru Doc Alto Adige Franz Haas Schweizer 2010. Ci ascolto: “On the road again” dei Canned heat… Provate e fatemi sapere!”). DANIEL BOULUD l’ha trasformata in un hamburger. Indubbiamente buono, ma mi sembra un non valorizzarne la qualità: a meno che la costata non venga macinata ma cotta e posta tale e quale nel pane, con le salse e tutto il resto o come nella Philly cheesesteak, la bistecca al formaggio tipica di Philadelphia, con pomodori e funghi. RICCARDO CAMANINI la cuoce alla brace e poi la mette nel brodo. Direi che ci sta anche una costata alla pizzaiola, per terminare. Anche cotta in altri modi, la costata mantiene profumo e sapore… da nobili! Giorgia Fieni


LA BUONA CARNE SECONDO LARA

Le minestre di carne: dall’Oriente una preparazione perfetta per l’inverno Non è lesso, non è brodo, ma tutto questo insieme e ancora di più. L’uso orientale di consumare minestre con carne inizia a farsi largo anche in Italia, con la preparazione di piatti golosi e di gran gusto di Lara Abrati

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on siamo abituati ad unire carne, pasta, verdure e altri elementi in piatti unici da mangiare in brodo. In altre parti del mondo, però, è uso comune, come in molte parti dell’Asia, dove esistono piatti unici serviti in scodella che prevedono una parte proteica come carne o pesce, unita alla pasta (in genere noodles), a legumi e verdure, il tutto innaffiato da brodo o cotto nello stesso. Possono essere piccanti, cremose, acide o caratterizzate dal gusto umami: le zuppe asiatiche rappresentano un vero universo di colori, aromi e sapori. In genere sono frutto di numerose contaminazioni culturali, piatti nati dallo scambio di saperi tra persone di origine diversa. Sono talmente tante e ricche di variabili che non basterebbe un libro intero per raccontarle, ma ci concentreremo su quelle più famose e a base di carne: una bella opportunità per creare piatti fusion, perfetti come piatti unici per la stagione invernale. Basta scegliere la carne giusta, il brodo ottimale e il topping perfetto… et voilà, la minestra è servita. Partiamo dal brodo, che già di per sé può avere diverse caratteristiche. Da quelli di carne ai vegetali, fino a quelli aromatizzati col miso: una pasta densa a base di soia fermentata che regala un intenso umami. In base alla tipologia di carni utilizzate avremo brodi diversi, che in relazione al risultato che si vuole ottenere, possono rappresentare il liquido in cui alcuni ingredienti vengono fatti cuocere oppure, come in molti casi, il brodo viene preparato e poi aggiunto al resto. Tra le minestre di carne orientali più famose c’è sicuramente il giapponese ramen (anche se probabilmente l’origine è cinese), un piatto proposto in quasi tutti i locali e di cui ognuno ha una propria ricetta e preparazione. In sostanza non vi sono codifiche della sua preparazione se non riguardo agli elementi principali che devono essere presenti in un ramen che si rispetti: il brodo, la pasta (i noodles) e i condimenti, come l’uovo marinato, l’ajitama, un uovo sodo cotto per soli sei minuti e

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poi marinato in salsa di soia e mirin, ma anche la pancetta o la coppa di maiale arrosto cotta in salsa di soia e tagliata a fette sottili, lo yakibuta. Infine, le verdure a piacere, come porro o cipollotto tritato, dell’aglio fritto per dare l’aroma più forte, l’alga nori, gli spinaci, il pak choi e tutto quello che piace di più. Oltre al ramen, sempre in Giappone troviamo lo shabu shabu, che non è una vera e propria minestra ma comunque si prepara ponendo al centro del tavolo una padella con brodo e, man mano, i commensali intingono e cuociono verdure e fettine di manzo tagliate molto sottili. A testimonianza di quanto sia diffuso l’uso di mangiare carni cotte nel brodo, a Bangkok esiste un posto dove un brodo con carne e spezie sobbolle da 45 anni: è il famoso Wattana Panic, in cui ogni giorno il brodo viene filtrato ed utilizzato il giorno successivo aggiungendo sempre circa 25 kg di carne. Spostandoci in Vietnam, è la Pho Soup a farla da padrone: si tratta del piatto simbolo della cucina locale, il più diffuso, e quindi ne esistono innumerevoli varianti. In sostanza è una minestra con brodo di pollo, di manzo o vegetale a cui vengono aggiunti carne di manzo o di pollo, erbette aromatiche, spaghetti di riso, spezie a piacere, lime e arachidi.

Dalle Filippine arriva invece la Sinigang, zuppa acidula e bella sapida che viene preparata con abbondanti verdure e, spesso, con carne di maiale, in particolare la pancia e le costine. In generale, nella cucina asiatica, molte zuppe e minestre con carne sono veri e propri piatti nazionali, come potrebbe essere la pasta in Italia, ma altrettante sono ricette fusion, senza una reale origine. Probabilmente sono preparazioni dettate dal saziare la fame unendo tutti gli ingredienti a disposizione, senza utilizzo alcuno di condimenti a base grassa. Il brodo, che fa bene alla nostra salute e che rappresenta l’elemento che unisce le verdure e gli alimenti ricchi di proteine animali, come carni e pesci; a dare aroma, le spezie. Un modo per riattualizzare il consumo di carne, portando sulle nostre tavole piatti più leggeri, che arrivano da culture a noi lontane. Una contaminazione che fa bene al corpo, alla fantasia e al cuore. Un modo come un altro di viaggiare, ma con le papille gustative, aprendo nuovi orizzonti tutti da coltivare. Lara Abrati Nota In foto, piatti dello chef Filippo Moriggi di Locanda Viola, Pagazzano, Bergamo (photo © Matteo Zanardi).

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#LaParolaGusta

Mezzo Quinto, la vera cucina delle mamme salentine nel cuore di Lecce di Paolo Amedeo Garofalo 92

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amminare per il centro storico di Lecce è sempre emozionante: questa città è una perla d’arte e cultura barocca, fulcro del territorio salentino e centro culturale dell’intera provincia. La sua bellezza viene unanimemente riconosciuta a livello internazionale perché capace di racchiudere enormi patrimoni culturali ed architettonici in un’incredibile commistione di stili ed epoche differenti che hanno inevitabilmente lasciato il segno nelle mura della città antica. Qui ogni pietra ha una profonda narrazione storica da raccontare e tra le storie che mi piace di più ascoltare, esplorando la capitale del Salento, ci sono ovviamente quelle sulle tradizioni culinarie. Viaggiando per l’Italia, capita spesso di trovare osterie, trattorie, ristoranti che dichiarano nella loro insegna “cucina come a casa” oppure “la cucina della nonna”, cercando di trasmettere tutta l’autenticità delle tradizioni riportate nei menu. Pochi però riescono poi effettivamente ad accoglierti con lo stesso calore casalingo promesso. C’è chi invece non ha bisogno di indicarlo ma riesce a trasmetterti l’abbraccio di una mamma o di una nonna con l’assaggio di una sola polpetta al sugo: è il caso del Mezzo Quinto, piccola gastronomia tradizionale che dal 2017 delizia i leccesi e i tanti turisti di passaggio. L’idea che hanno avuto VALERIA LEO e MASSIMILIANO STEFANAZZI, soci e compagni nella vita, è quella di aprire una gastronomia street food, la vetrina che affaccia sulla strada, piatti ordinati al bancone e qualche tavolino esterno per gustare le loro proposte. Nelle loro ricette e nel profumo che si propaga dalla cucina resiste l’autenticità salentina. «Da noi si possono trovare tutti i giorni i piatti che tradizionalmente vengono mangiati la domenica a casa della nonna» mi racconta Valeria. «Le ricette sono state messe a punto coinvolgendo tutti i nostri famigliari e amici, il menu è stato creato ritrovandosi intorno a grandi tavolate per trovare le ricette più autentiche» continua.

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Valeria Leo e Massimiliano Stefanazzi con Paolo Amedeo Garofalo. Mezzo Quinto si trova proprio nel cuore di Lecce, in via degli Ammirati, e propone street food — tipicità leccesi e pugliesi — vicino alla Chiesa di Santa Chiara, una zona molto frequentata, esattamente “da passeggio”.

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Mezzo Quinto significa piatti quotidiani tipici pugliesi come la pasta fatta in casa con i pezzetti di cavallo e con le polpette al sugo, le polpette alla genovese, la lasagna, la Parmigiana vegetariana e tanti panini. Mi racconta dei sacrifici iniziali, della richiesta di finanziamenti per provare a realizzare il sogno di lavorare in un locale tutto loro senza più essere dipendenti di altri, con l’obiettivo di rendere felici le persone attraverso il cibo. E come si fa a non essere felici leggendo i menu esposti all’esterno della vetrina che ti introducono ai principali piatti proposti? Pezzetti di cavallo, Polpette al sugo, con cui imbottire un panino o condire una pasta fatta in casa, e poi ancora Polpette alla genovese, Parmigiana, Involtini di trippa… Non posso che assaggiare il Panino con pezzetti di cavallo, Valeria mi dice che è il loro piatto di punta, la carne cuoce per ore nel sugo prima di raggiungere la morbidezza ideale.

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Il panino è commovente al primo morso, scelta del pane casereccio perfetta, la carne che si scioglie in bocca con un gusto inconfondibile, quello di un abbraccio. Assaggio anche le tradizionali Polpette al sugo, piatto che mi riporta con le gambe sotto al tavolo durante i pranzi domenicali in famiglia. Che emozione. La proposta gastronomica del Mezzo Quinto è ampia e si aggiorna frequentemente e spesso si trovano degli sfiziosi “fuori menu”, come il gustoso Polpettone con uovo sodo che Valeria mi fa assaggiare: «questo non puoi perderlo» mi dice, e come posso darle torto, davvero favoloso. Immancabile accompagnamento ai diversi piatti un bicchiere, anzi dovrei dire un mezzo quinto di

vino rosso salentino. Il nome della gastronomia, infatti, deriva dalla classica unità di misura per servire il vino sfuso che accompagnava il pasto a base di pezzetti di cavallo. Meritatamente stanno arrivando i primi riconoscimenti e l’anno scorso il locale è stato nominato dal GAMBERO ROSSO Miglior street food pugliese (Guida Street Food 2023). A Valeria e Massimiliano non mancano progetti per il futuro, come aprire una trattoria portando la stessa passione messa nella loro gastronomia, ma anche il sogno di aprire un Mezzo Quinto in qualche altra città italiana o, perché no, in altre parti del mondo. Paolo Amedeo Garofalo >> Link: mezzoquintolecce.com

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Il pollo Brianzolo razzola ancora Questa popolazione allevata nel ‘900 nelle campagne a nord di Milano è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Lombardia dal 2009. Grazie ad un progetto dell’Università di Milano è rinata come nuova razza di Roberto Villa

L’

Storia e legame con il territorio origine di questo pollo è piuttosto recente, poco più di un secolo. Nelle campagne a Nord e a Nord-Est di Milano fino al fiume Adda era tipico per le famiglie rurali avere un piccolo appezzamento di terreno coltivato a cereali e a foraggere, in grado di mantenere una o due vacche da latte e un maiale oltre a qualche animale da bassa corte (oche, galline ovaiole, tacchini). Accanto a queste attività più tradizionali e votate alla sussistenza del nucleo familiare ed al piccolo baratto di paese, nel corso degli anni si era sviluppato un sistema che potremmo definire proto-industriale per l’allevamento dei polli da carne, di una popolazione selezionata localmente che era conosciuta come pollo Brianzolo. Nella realtà, secondo le ricerche condotte qualche anno addietro dal PROFESSOR CARLO FRACANZANI1, le uova venivano raccolte nel mese di novembre nel territorio circostante, con preferenza per quelle a guscio bianco e fatte covare dalle tacchine. La schiusa delle uova avveniva in dicembre, durante la stagione invernale i pulcini erano tenuti nella stalla, coperti con stracci di lana all’interno di casse in legno anche su più strati e nutriti dapprima con mollica di pane inzuppata nell’acqua (talora anche nel vino) poi con farina di mais impastata con latte o siero. Non appena sbocciava la primavera, i polletti venivano portati in apposite gabbie collocate nel prato

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Il pollo Brianzolo è un esempio di recupero della tradizione rurale e di un prodotto tipico (photo © facebook.com/pollobrianzolo). o nella vigna, dove potevano cibarsi di vermi, lumache e semi. Se i primi pollastri erano già pronti in aprile per la Pasqua, l’allevamento proseguiva sino alla macellazione intorno a 6/7 mesi di vita; i mercati di destinazione erano quelli dei centri minori e maggiori della Brianza, dai quali in parte venivano venduti al mercato della grande Milano e qualcuno addirittura esportato. Sulla piazza di Milano negli anni ‘50 e inizio ‘60 del Novecento i polli Brianzoli erano molto apprezzati tanto da spuntare sino a 300-350 lire in più al chilogrammo rispetto ad altre razze di polli. Ma già un

trentennio prima GONIN, esperto di avicoltura, in una sua lettera presente all’interno del trattato “Pagine sparse di Avicoltura”2 descrive questa razza narrando che in Lombardia, e più precisamente nella zona della Brianza, era presente una razza che godeva di un certo credito, tanto che sul mercato milanese i polli Brianzoli spuntavano un valore commerciale nettamente superiore. Negli anni Cinquanta era talmente assurto a fama tanto da dare il nome ad una raccolta di poesie dialettali3. Questo metodo d’allevamento (detto metodo Brianzolo o metodo Milanese) permetteva di ottenere

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produzioni che superavano, in qualità, i polli toscani e quelli romagnoli. Nella descrizione del Gonin i capi vengono riportati con caratteristiche molto simili a due pregiate razze belghe (Braekel, Campine), ossia con cresta semplice, orecchione bianco, tarsi scuri e livrea fittamente barrata in tutto il corpo tranne che sulla testa e sul collo, che risulta di colore bianco argenteo. La razza Brianzola, seppur non supportata da ulteriori citazioni bibliografiche, si può supporre imparentata al ceppo di razza Romagnola e presenta punti di contatto a livello morfologico con la Bresse Grigia e con l’Herginies dei francesi4. In realtà, visto il metodo di allevamento sopra descritto, si trattava di una popolazione più che di una vera e propria razza in senso stretto. Il progetto Brianpollo e il rilancio Nel 2010 alcuni ricercatori della Facoltà di Veterinaria dell’Università di Milano hanno dato avvio al progetto Brianpollo per il recupero del pollo brianzolo5. Il programma, finanziato dalla regione Lombardia, ha fatto uso come gran parentali delle razze Livornese e New Hampshire dalle quali selezionare e fissare i caratteri tipici del brianzolo. Fra le caratteristiche fondamentali ricercate, oltre a quelle fenotipiche, una sufficiente rusticità che abbinata ad una crescita lenta ne favorisse l’attitudine all’allevamento all’aperto. Sono state inizialmente selezionate sei famiglie di gran parentali, ciascuna formata da un maschio di Livornese Bianca e due femmine di New Hampshire, allevando le successive sei generazioni per ottenere la razza Brianzolo. I risultati della selezione fenotipica hanno consentito di standardizzare alcune caratteristiche come la cresta, la taglia e il colore del piumaggio. Dal processo di ibridazione è stata ottenuta una razza a lento accrescimento — peso medio del maschio a 6 mesi = 2350 g; IMG (incremento ponderale medio

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giornaliero) = 13,5 g/d; I.C.A. = 2,3-2,5 — e di buona rusticità, idonea a razzolare nelle aie e nei prati. L’incremento medio settimanale di 94,5 grammi è comparabile con altre razze locali6. La carne è magra e ricca in ferro in virtù dell’allevamento completamente all’aperto. La femmina produce un uovo dal guscio color bianco panna, di 58/60 g. L’allevamento del pollo Brianzolo è dunque interessante sia per la produzione di uova che di carne. Lo scopo ultimo è stato il completo recupero ad uso commerciale di questa razza tradizionale, che contribuirà ad aumentare la biodiversità e risponderà alle esigenze dei consumatori per una produzione sostenibile (“km 0”) e nutrizionalmente più ricca in oligoelementi, vitamine liposolubili e acidi grassi polinsaturi. Roberto Villa Note 1. FRACANZANI C. (1984), Allevamento familiare degli animali da cortile, Edagricole, Bologna. 2. PASCAL T. (1925), Pagine sparse di Avicoltura, Battiato F. Editore, Catania. 3. All’insegna del pollo brianzolo: canzoniere di poeti vernacoli, Tip. F.lli Lorini, Erba, 1959. 4. PÉRIQUET J.C. (1994), Le grand livre des Volailles de France, Rustica Editions, Parigi. 5. Pollo Brianzolo: una nuova razza di antica tradizione, sintesi in air. unimi.it/handle/2434/237269 6. Secondo SPAGNOLI E. (Tesi di laurea: Indicatori produttivi, fisiologici e comportamentali in razze avicole italiane, Università degli studi di Milano, Dipartimento di Scienze Animali, Sezione di Zootecnica Veterinaria, corso di laurea magistrale in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali, Milano 2008), l’incremento ponderale medio settimanale è stato di 102,63 g per la Bionda piemontese e di 101,45 g per la Valdarnese bianca, due razze tradizionali a lento accrescimento.

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Anuga FoodTec 2024: focus sulla sicurezza alimentare Dal 19 al 22 marzo 2024 le aziende espositrici mostreranno come igiene di processo e tecnologie innovative possono contribuire ad una pulizia efficiente e ad alimenti più sicuri

L’

igiene di processo è uno dei temi più importanti di Anuga FoodTec 2024. Il perno dell’igiene di processo è la progettazione igienica, in altre parole la progettazione di parti e sistemi di produzione facili da pulire. I produttori di alimenti e

bevande che vogliono garantire che il loro impianto sia il migliore dal punto di vista della “facilità di pulizia”, potranno trovare una moltitudine di soluzioni presso la fiera di Colonia, dalla strumentazione di processo ai sistemi di trasporto in esecuzione washdown, fino ai sistemi

CIP completamente automatici. Anche gli eventi e i congressi che si terranno a Colonia dal 19 al 22 marzo 2024 trasmetteranno il relativo know-how. La progettazione di parti e componenti facili da pulire è un requisito fondamentale nell’ambiente critico per l’igiene

L’appuntamento con Anuga FoodTec 2024 è a Colonia dal 19 al 22 marzo 2024: soluzioni e tecnologie all'avanguardia per l’industria del Food & Beverage (photo © Koeln Messe).

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Oltre alle tecnologie e innovazioni legate al packaging e al food processing ampia sarà l’offerta di prodotti sull’igiene del processo produttivo e sulla sanificazione industriale (photo © Koeln Messe). della produzione alimentare. Il tema in sé non è nuovo. Da quasi 35 anni la direttiva europea sulle macchine richiede che un sistema sia costruito in modo tale che i materiali che entrano in contatto con gli alimenti possano essere puliti prima di ogni utilizzo. Questo compito spetta principalmente ai costruttori di macchine e ai loro partner tecnologici, sia che si tratti di pompe, valvole o misuratori di portata: le modifiche ai componenti integrati o al macchinario stesso sono difficilmente realizzabili in un secondo momento e, in tal caso, comportano costi elevati. Per questo motivo, la progettazione igienica è in cima all’agenda delle aziende che espongono ad Anuga FoodTec,

ma non solo perché è un obbligo di legge. In particolare, la pulibilità ha una grande influenza sulla sicurezza del processo. Anche le più piccole contaminazioni nei processi di produzione e di riempimento possono portare a riduzioni della qualità o al ritiro dei prodotti. Il materiale stesso è un aspetto importante della progettazione igienica. Gli impianti di processo in acciaio inox dominano oggi la scena dell’industria alimentare. L’acciaio altamente legato con una rugosità inferiore a 0,8 micrometri è considerato il materiale igienico ideale, ma da solo non garantisce una facile pulibilità. Produrre un “vecchio design” in acciaio inossidabile non aiuta.

Grazie alla sua ampia offerta lungo l’intera catena di processo, Anuga FoodTec è la piattaforma di informazione e approvvigionamento ideale per tutti gli aspetti legati alla produzione di alimenti e bevande

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Costruzioni senza angoli e spigoli Basta dare un’occhiata alle linee guida dell’European Hygienic Equipment Design Group (EHEDG) per capirlo subito: La reale igiene di un sistema dopo il processo di pulizia dipende soprattutto dallo stato delle superfici che entrano in contatto con i prodotti, la cui pulizia deve essere effettuata automaticamente. Tra i principi di progettazione più importanti vi è quello di evitare le superfici orizzontali, gli spigoli e gli angoli, perché solo se il processo di pulizia può essere eseguito senza residui, è possibile escludere contaminazioni negli alimenti e contaminazioni incrociate in seguito a un cambio di prodotto. Nel caso di processi chiusi, come quelli tipici dell’industria delle bevande e del latte, è necessario assicurarsi che vengano evitati gli spazi morti, dove i microrganismi possono accumularsi. Il rischio di contaminazione dell’ambiente gioca un ruolo aggiuntivo importante nel caso dei processi aperti dell’industria della carne e della panificazione.

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Manipolatori anche personalizzati Anche i materiali che non entrano in contatto con i prodotti devono essere facili da pulire e le superfici devono essere lisce. Ad esempio, un design coerente e senza giunture e angoli sporgenti di 30 gradi con bordi di sgocciolamento orizzontali assicurano che i liquidi di pulizia gocciolino in modo rapido e affidabile. Inoltre, una serie di ulteriori misure costruttive garantisce che le macchine resistano alla pulizia ad alta pressione anche a temperature elevate e all’uso di detergenti chimici. Ad esempio, per i convertitori di frequenza e gli armadi di controllo, ciò significa che devono essere conformi alla classe di protezione IP69K. Pulizia automatica senza smontaggio La sfida più grande per i produttori alimentari è coordinare le linee che producono in modalità batch con il processo di pulizia. Anuga FoodTec si concentra quindi anche su tecnologie innovative per l’automazione della pulizia e per il monitoraggio del livello di pulizia raggiunto. Ad esempio, le piastre degli ugelli possono essere applicate in punti strategici di un sistema di trasporto per garantire che ogni centimetro del nastro trasportatore sia disinfettato per evitare la crescita microbica. Inoltre, l’implementazione di dispositivi di misurazione in linea consente di controllare i processi di lavaggio pre-programmati e contribuisce a ridurre i tempi di pulizia, le perdite di produzione e le risorse. Si riducono anche i tempi di inattività, vantaggi che si verificano anche grazie al monitoraggio di un processo CIP (cleaning-in-place process) e che portano anche a un’ottimizzazione del calore, del detergente e del consumo di acqua, tutti punti che il tema chiave di Anuga FoodTec affronta. Il sistema CIP consente una pulizia rapida ed efficiente dei sistemi senza doverli smontare. A seconda dei prodotti fabbricati, la pulizia viene effettuata alternando il risciacquo del sistema con

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acqua e soluzioni acide o alcaline. I sistemi CIP rimuovono i depositi e le contaminazioni legate ai prodotti e consentono una pulizia completa e igienica di tubi, pompe, valvole, serbatoi o sistemi di riempimento. Anche in questo caso il design igienico gioca un ruolo fondamentale: Gli spazi morti in cui si depositano gli agenti detergenti comprometterebbero ogni processo CIP, indipendentemente dalla sua ottimizzazione. Alla fiera di Colonia i visitatori scopriranno come ottimizzare in modo sostenibile la pulizia CIP e come aggiornare le macchine esistenti per il futuro implementando la tecnologia ottimale. Il futuro è adesso: robot di pulizia ad autoapprendimento Grazie alla sua ampia offerta lungo l’intera catena di processo, Anuga FoodTec è la piattaforma di informazione e approvvigionamento ideale per tutti gli aspetti legati alla produzione di alimenti e bevande. L’attenzione non si concentra solo sulle esigenze attuali, perché, grazie all’integrazione dell’intelligenza artificiale (AI), in futuro dovrebbe essere possibile eseguire il processo di pulizia in modo ancora più efficiente. I ricercatori stanno sviluppando una piattaforma mobile per la pulizia dei sistemi di processo e dei capannoni di produzione. Dotati di un sistema di intelligenza artificiale ad autoapprendimento e di sensori intelligenti, i robot a funzionamento autonomo sono in grado di riconoscere l’effettivo grado di contaminazione e di scegliere la procedura di pulizia ottimale in base a questi dati.

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SOTTOPRODOTTI

Dalla Commissione un inventario delle migliori tecniche ecosostenibili

BAT macelli e industrie sottoprodotti di origine animale

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artendo dalla Direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali, la Commissione europea ha pubblicato le migliori tecniche disponibili (BAT – Best Available Practice) per i macelli e le industrie dei sottoprodotti di origine animale e/o dei coprodotti commestibili soggetti ad autorizzazione integrata ambientale (Aia). Emissioni e installazioni La definizione europea di “emissione” è ampia e comprende: lo

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scarico diretto o indiretto da fonti puntiformi o diffuse dell’installazione di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell’aria, nell’acqua o nel terreno. I luoghi producono emissioni sono definiti “installazioni”, ovvero una unità tecnica permanente e qualsiasi altra attività accessoria che può impattare sulle emissioni e sull’inquinamento. Fra le “installazioni” produttive di “emissioni” rientrano i macelli e le industrie dei sottoprodotti di origine animale e coprodotti commestibili (All. 1, Dir.

2010/75/UE, punti 6.4; 6.5; 6.6). Le BAT descritte dalla Commissione si riferiscono alle seguenti attività: • funzionamento di macelli aventi una capacità di produzione di carcasse di oltre 50 mg al giorno; • smaltimento o il riciclaggio di carcasse o di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 mg al giorno; • trattamento a gestione indipendente di acque reflue il cui carico inquinante principale provenga dalle attività suddette;

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• la trasformazione di sottoprodotti di origine animale e/o di coprodotti commestibili, la combustione di farine di carne e ossa e/o di grasso animale, le attività di incenerimento delle carcasse, il compostaggio o la digestione anaerobica se associate alle attività considerate dalle BAT in questione. La Commissione rimanda invece ad ulteriori BAT per le industrie che producono alimenti con tagli standard di animali di grandi dimensioni o dei tagli di pollame. Questi settori potrebbero rientrare nelle BAT per le industrie degli alimenti, delle bevande e del latte; Sono fatte salve le normative pertinenti, ad esempio in materia di igiene, sicurezza degli alimenti e dei mangimi, benessere degli animali, biosicurezza ed efficienza energetica (principio “l’efficienza energetica al primo posto”).

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Le tecniche elencate e descritte dalla Commissione “non sono prescrittive né esaustive”, ma rappresentano “un inventario degli input e degli output” che concorrono a migliorare la prestazione ambientale complessiva delle “installazioni” considerate. Ambito di applicazione Le presenti conclusioni sulle migliori tecniche disponibili si riferiscono alle seguenti attività di cui all’Allegato I della Direttiva 2010/75/UE: • 6.4. a) funzionamento di macelli aventi una capacità di produzione di carcasse di oltre 50 mg al giorno; • 6.5. lo smaltimento o il riciclaggio di carcasse o di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 mg al giorno; • 6.11. trattamento a gestione indipendente di acque reflue non coperto dalla direttiva 91/271/CEE1, purché il carico inquinante principale

provenga dalle attività contemplate dalle presenti conclusioni sulle BAT. Le presenti conclusioni sulle BAT riguardano altresì quanto segue: • la trasformazione di sottoprodotti di origine animale e/o di coprodotti commestibili (quali il rendering e la fusione di grassi, la trasformazione delle piume, la produzione di farina di pesce e olio di pesce, la trasformazione del sangue e la produzione di gelatine) che rientrano nella descrizione dell’attività di cui all’allegato I, punto 6.4, lettera b), punto i), e/o punto 6.5, della direttiva 2010/75/UE; • la combustione di farine di carne e ossa e/o di grasso animale; • la combustione (ad esempio in ossidatori termici o caldaie a vapore) di gas maleodoranti (derivanti dalle attività contemplate dalle presenti conclusioni

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sulle BAT), compresi i gas incondensabili; • l’incenerimento di carcasse, se direttamente associato alle attività contemplate dalle presenti conclusioni sulle BAT; • la conservazione delle pelli, se direttamente associata alle attività contemplate dalle presenti conclusioni sulle BAT; • la manipolazione di budelli e frattaglie (visceri); • il compostaggio e la digestione anaerobica, se direttamente associati alle attività contemplate dalle presenti conclusioni sulle BAT; • il trattamento combinato di acque reflue di provenienze diverse, a condizione che il principale carico inquinante provenga dalle attività contemplate dalle presenti conclusioni sulle BAT e che il trattamento delle acque reflue non rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 91/271/CEE1. Le presenti conclusioni sulle BAT non riguardano quanto segue: • gli impianti di combustione in situ non contemplati nell’elenco di cui sopra che generano gas caldi che non sono utilizzati per il riscaldamento a contatto diretto, l’essiccazione o altri trattamenti degli oggetti o dei materiali. Tali impianti potrebbero rientrare nelle conclusioni sulle BAT per i grandi impianti di combustione o nell’ambito di applicazione della Direttiva (UE) 2015/2193 del Parlamento europeo e del Consiglio2; • la produzione di alimenti dopo la realizzazione dei tagli standard di animali di grandi dimensioni o dei tagli di pollame, che potrebbe rientrare nelle conclusioni sulle BAT per le industrie degli alimenti, delle bevande e del latte; • lo smaltimento di rifiuti in discarica, disciplinato dalla direttiva 1999/31/CE del Consiglio3. In particolare, il deposito sotterraneo permanente e quello a lungo termine (≥ 1 anno prima che avvenga lo smaltimento, ≥ 3 anni prima che avvenga il recu-

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pero) rientrano nella direttiva 1999/31/CE. Altre conclusioni sulle BAT e documenti di riferimento potenzialmente pertinenti per le attività contemplate dalle presenti conclusioni sulle BAT includono: • grandi impianti di combustione; • industrie degli alimenti, delle bevande e del latte; • sistemi comuni di trattamento/ gestione delle acque reflue e degli scarichi gassosi nell’industria chimica; • trattamento dei rifiuti; • incenerimento dei rifiuti; • industria conciaria; • monitoraggio delle emissioni nell’atmosfera e nell’acqua da installazioni soggette alla direttiva relativa alle emissioni industriali; • effetti economici ed effetti incrociati; • emissioni prodotte dallo stoccaggio; • efficienza energetica; • sistemi di raffreddamento industriali. Le presenti conclusioni sulle BAT si applicano fatte salve altre normative pertinenti, ad esempio in materia di igiene, sicurezza degli alimenti e dei mangimi, benessere degli animali, biosicurezza ed efficienza energetica (principio “l’efficienza energetica al primo posto”). Fonte: eur-lex.europa. eu/legal-content/IT/TXT/ HTML/?uri=OJ:L_202302749 Note 1. Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135 del 30.5.1991, pag. 40). 2. Direttiva (UE) 2015/2193 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa alla limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi (GU L 313 del 28.11.2015, pag. 1). 3. Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (GU L 182 del 16.7.1999, pag. 1).


TECNOLOGIE

Etichettatura senza lacune grazie all’ERP CSB-System

L’

orientamento necessario per scegliere i prodotti giusti da posizionare nel carrello è dato dall’etichetta, dove sono presenti informazioni sulla provenienza, valori nutrizionali, allergeni, data di scadenza, codici a barre, peso e prezzo, così come altri dati utili ma non obbligatori. L’etichettatura non è un compito banale Piccole modifiche alle ricette comportano nuove etichettature dei prodotti ma anche lingue e normative internazionali diverse portano rapidamente a molteplici varianti di etichette per uno stesso prodotto. Secondo l’americana FDA (Food and Drug Administration), gli errori di etichettatura sono tra le ragioni più comuni di richiamo dal mercato

di prodotti in realtà perfetti, con ripercussioni negative sul marchio e sui costi da sostenere. Gli errori in etichetta gravano pesantemente, persino in presenza di prodotti che non hanno ancora lasciato lo stabilimento di produzione; basti pensare ai costi necessari per la rielaborazione: disimballare, eseguire un nuovo controllo qualità, imballare nuovamente, documentare. Questi rischi, però, possono essere minimizzati grazie a tecnologie moderne e processi trasparenti. Soprattutto la buona gestione dei dati ha un impatto diretto sulla qualità dei prodotti e sulla loro etichettatura. In altre parole, l’utilizzo dell’ERP giusto può aiutare il produttore di alimenti a proteggersi dagli errori in etichetta.

Gestione efficiente dei dati con l’ERP CSB-System Rintracciabilità e garanzia di provenienza sono da anni competenze centrali del CSB-System, ERP completo ed integrato, che da oltre 40 anni fornisce soluzioni specifiche per le industrie alimentari. Il CSBSystem offre tutti gli strumenti necessari per ottemperare facilmente e con sicurezza a leggi, direttive e norme UE. Il CSB Traceability consente di gestire, documentare e controllare il flusso dei prodotti in modo preciso fino al lotto lungo l’intera filiera: dagli acquisti delle materie prime, per tutti i livelli di lavorazione e gestione qualità, fino all’etichettatura completa di singoli prodotti, cartoni e pallet. Tramite il modulo di Gestione Valori Nutrizionali è possibile calcolare, gestire e

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• •

gestione integrata a sistema del layout delle etichette; gestione automatica di etichette specifiche per cliente (layout dipendenti da lingua, articolo, decori); etichettatura pallet manuale o automatica in uscita produzione; gestione SSCC nella produzione e nelle vendite; etichettatura sul benessere animale, etichetta regionale e altri sigilli di qualità.

Soluzioni CSB-System In questo contesto, è importante che tutte le informazioni rilevanti siano trasmesse in modo sicuro sin dalla primissima fase di acquisizione dati a monte della filiera. Al fine di non ritardare il flusso di merci, per evitare errori e per soddisfare un’ampia varietà di requisiti di conformità, CSB-System mette a disposizione alcune soluzioni che collegano il flusso fisico delle merci (lotti, imballaggi, contenitori e prodotti finali) al flusso di informazioni associato.

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Alcuni esempi di soluzioni per l’etichettatura • Peso-prezzatura just-in-time per la gestione e il monitoraggio automatizzati dei processi di confezionamento; • GPM (Graphic Print Manager)

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installare anche sistemi di controllo ottico. Il CSB-Vision rileva in modo affidabile i difetti sulla confezione e garantisce che nessun prodotto con dichiarazioni erronee lasci lo stabilimento. Per concludere, il CSB-System rappresenta la soluzione intelligente per tutte quelle aziende del settore alimentare che, indipendentemente dalle loro dimensioni, abbiano la necessità di organizzare in modo ottimale i processi di etichettatura. La capacità di soddisfare con successo le richieste del mercato e adeguarsi rapidamente agli obblighi legislativi in continuo cambiamento è fattore determinante per mantenere una buona posizione competitiva.

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el settore di produzione della carne è diventata sempre più importante la capacità di tracciare il prodotto e garantirne la qualità. Un’esigenza che non deriva soltanto dalle stringenti normative, nazionali e comunitarie, che mirano alla tutela di un consumatore sempre più consapevole, ma che allo stesso tempo emerge come una delle sfide primarie per

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Track Carni è una soluzione completa per garantire la tracciabilità totale lungo l’intera catena di approvvigionamento, lavorazione e commercializzazione delle carni nel settore alimentare.

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tomatica, integrare il processo produttivo con il programma contabile e raggiungere quella flessibilità che richiede la grande distribuzione. L’alta personalizzazione di stampe e processi garantita da questo software è in grado di risolvere velocemente qualsiasi richiesta riguardo la tracciabilità e rintracciabilità. Track Carni è una soluzione completa per garantire la tracciabilità totale lungo l’intera catena di approvvigionamento, lavorazione e commercializzazione delle carni nel settore alimentare. Nell’ambito dell’allevamento, il software agevola la gestione delle operazioni relative alle stalle, al registro anagrafico degli animali e al loro movimento, con un collegamento diretto alle tabelle veterinarie e la trasmissione di dati cruciali alla Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica (BDN). Durante le fasi di macellazione e trasformazione, il sistema monitora e gestisce il flusso di lavoro: dal carico e scarico degli animali destinati alla macellazione ai vari tagli e processi di lavorazione, inclusa la pesatura e l’etichettatura. Vengono garantite la tracciabilità dei dati obbligatori e la generazione di file destinati alla Banca Dati Nazionale. Nella gestione magazzini, Track Carni monitora eventuali acquisti di carne fresca dai fornitori esterni, stampando etichette identificative per la merce in entrata e importando dati di tracciabilità da file di testo. Durante il confezionamento e il sottovuoto, il software traccia ogni fase della lavorazione: dalla gestione delle pesate e delle etichettature dei tagli sottovuoto alla suddivisione in cartoni e pallet attraverso un sistema di etichettatura. Si possono gestire lotti contenenti tagli provenienti da diversi animali e lotti omogenei, composti da materie prime con identici dati di tracciabilità obbligatori. Nella fase di vendita, Track Carni consente la gestione dello scarico della merce venduta, la suddivisione per cliente o destinazione, la stampa delle distinte di vendita e l’inclusione dei dati di vendita nei documenti emessi.

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Nell’ambito dell’allevamento, Track Carni agevola la gestione delle operazioni relative alle stalle, al registro anagrafico degli animali e al loro movimento, con un collegamento diretto alle tabelle veterinarie e la trasmissione di dati cruciali alla Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica (BDN). Tutta la gestione degli ordini può essere facilmente seguita e completata con dispositivi touch screen e direttamente dai tablet e palmari, con cui è possibile: evadere ordini clienti, leggere codici identificativi della merce in consegna, controllare in tempo reale la corrispondenza tra l’ordinato e il consegnato, importare nel documento emesso dati letti e stampare distinte di vendita. Track Carni soddisfa tutte le esigenze delle aziende del settore della macellazione e della trasformazione delle carni (equine, bovine, suine, ovine, caprine e di pollame), rispondendo coerentemente alle attuali disposizioni di legge italiane ed europee. Garantisce inoltre un sistema di tracciamento trasparente del prodotto lungo tutto il suo percorso produttivo, tutelandolo dalle contraffazioni. Con questo software si migliorano le performance aziendali, si riducono le possibilità di errori e si tutela la qualità del prodotto per soddisfare al meglio le richieste dei clienti ed essere competitivi per le sfide che riserva il futuro.

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STORIA E CULTURA

Il Macello di Piazza del Popolo a Roma di Andrea Gaddini

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al 1825 al 1891 Piazza del Popolo, oggi meta di turisti nel centro di Roma, ospitò un moderno stabilimento di macellazione pubblico, il primo costruito in città. La macellazione a Roma fino al 1824 Fino al 1824 le macellazioni avvenivano nei piccoli macelli sparsi per la città, che vendevano anche le carni. I bovini erano consegnati ai macellai il giovedì e il venerdì, sfilando per le vie di Roma in mandrie, di solito

piuttosto turbolente, che creavano spesso il panico tra i passanti (BELLI). Gli animali recavano dei lunghi tratti di corda legati ad uno degli ampi corni, per consentire al macellaio che riceveva la consegna di tirarli nella bottega (ERSOCH). L’abbattimento era un diversivo pittoresco per i passanti, dato che i macellai ne facevano uno spettacolo di destrezza, molto apprezzato in un’epoca nella quale la “giostra delle vaccine”, una specie di corrida, era lo spettacolo più popolare per i romani e per i turisti (si veda

La corrida a Roma, in EUROCARNI n. 2/2018, pag. 122). C’erano comunque conseguenze spiacevoli: oltre ai problemi di sicurezza, dovuti ad animali grandi e pericolosi che potevano liberarsi nel centro della città, c’erano i problemi igienicosanitari, causati dalle acque reflue e dai rifiuti solidi in zone densamente popolate e molto frequentate. Il mattatoio di Piazza del Popolo PAPA LEONE XII il 29 maggio 1824 con un chirografo (documento scritto di proprio pugno) decise la

Bartolomeo Pinelli, Cavalcature che conducono le bestie bovine in Roma, per macellare, acquaforte, 1809 (fonte: www.meisterdrucke.it).

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Piazza del Popolo dal Pincio, 1890-1900 (fonte: Library of Congress, USA). costruzione di un moderno mattatoio in Piazza del Popolo, per porre termine alle macellazioni nelle botteghe: “li macelli sparsi qua e là nelle strade anche più frequentate di questa città, sede delle arti belle, e capitale dello Stato ecclesiastico, e del Mondo cattolico non possono non essere di danno alla pulizia, e talvolta ancora di pregiudizio alla pubblica salute”. Andava poi imposta l’ispezione veterinaria agli animali macellati “giacché non potendo seguire la mattazione di verun animale, se prima non sia stato ispezionato dal Perito veterinario, e dovendo d’altronde la mattazione succedere tutta in un medesimo locale, non possono più i macellari eludere la vigilanza dei Ministri Sanitari con mattare animali infermicci”. Oltretutto, Leone XII sottolineava che altre città dello Stato pontificio erano già state munite di macelli pubblici, con grande beneficio per l’igiene e il decoro. Il progetto dell’architetto GIOVANNI BATTISTA MARTINETTI, ispettore

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delle acque e delle strade, era molto simile a un precedente progetto di beccherie situate dietro la nuova piazza del Popolo, tracciato nel 1822 da GIUSEPPE VALADIER, architetto della stessa piazza, dopo l’abbandono del “Programma di riordinamento dei mercati e mattatoio” di Napoleone, del 27 luglio 1811 (FRANCO), che prevedeva la costruzione di due mattatoi municipali, presso la chiesa di San Francesco a Ripa nel rione Trastevere e nei pressi della Basilica di Santa Pudenziana nel rione Monti (STEMPERINI). Il nuovo mattatoio fu situato fuori dalle Mura Aureliane, nello spazio prima occupato dal gioco del pallone, tra la riva del fiume e le caserme adiacenti alla porta del Popolo, sul sito delle attuali via Luisa di Savoia, via Maria Adelaide e via Principessa Clotilde, e di fronte al mercato bovino, già esistente in quel luogo. Il mercato occupava 8950,50 m2 ed era stato trasferito dal sito

originale nel Foro Romano, all’epoca detto “Campo Vaccino”, che fu quindi lasciato alla sola destinazione archeologica (ERSOCH, STEMPERINI). La costruzione del mattatoio fu affidata al bolognese GAETANO FERRARINI, che si impegnava a costruire il tutto a sue spese, stimate in 220.000 scudi, comprensive di stigliature e attrezzi, in cambio del diritto a percepire per vent’anni le somme pagate per il servizio di macellazione, secondo un tariffario concordato in base al numero medio di animali macellati nel periodo 1821-23. Le tariffe per capo erano di 40 bajocchi per giovenchi e giovenche, 20 per le vitelle, 30 per bufali, maschi e femmine, adulti o giovani, 5 per castrati e ciavarri (montoni), 15 per i suini (denominati animali neri), 3 per agnello o pecora, esclusi gli abbacchi e i capretti, che di solito entravano in Roma già macellati oppure i cui scarti venivano lasciati ai cani.

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In alto: fabbrica per uso dei bagni calorico-animali nel Pubblico Stabilimento di Mattazione (banca dati curata dalla Soprintendenza Archivistica per il Lazio; fonte: Stemperini). In basso: mattazione israelitica (fonte: “L’Illustrazione Italiana” n. 6/7 febbraio, 1892).

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Al termine del ventennio Ferrarini poteva godere del diritto di prelazione per l’amministrazione, nel caso in cui avesse ben meritato, e il personale del macello poteva conservare il posto, sempre se non aveva commesso mancanze. La Camera apostolica, autorità economica ed amministrativa dello Stato pontificio, forniva l’area, di 13.241,80 m2 e l’acqua, dall’acquedotto dell’Acqua Vergine, che alimenta tuttora le fontane di piazza del Popolo e quella di Trevi. Inoltre, la Camera forniva il veterinario, un picchetto di soldati di finanza per l’ordine pubblico e cinquanta forzati per la forza lavoro. Il macello fu progettato secondo un modello “cellulare”, nel quale ogni operatore disponeva di una propria cella dove abbattere e lavorare il bestiame, diverso da quello a “galleria” o a “corsia”, in cui le macellazioni avvenivano in sequenza in uno spazio comune, sistema che verrà adottato per il successivo macello del Testaccio. Il sistema cellulare era preferito dagli operatori, che potevano disporre di uno spazio autonomo dove poter pianificare la propria attività imprenditoriale, utilizzabile anche per la frollatura delle mezzene (STEMPERINI). Gli edifici occupavano 3.650 m2, e comprendevano due macelli, uno ricavato da un fienile, con 28 celle, 14 per lato, con una corsia centrale di accesso e quattro ingressi, e l’altro, costruito ex novo, con 42 celle su tre file, con due corsie di servizio e quattro ingressi (ERSOCH). La costruzione del nuovo mattatoio, inaugurato nel 1825, fermò il transito dentro le mura della città delle bestie scelte (in dialetto “capate”) per la consegna ai macelli, e il grande poeta romanesco GIUSEPPE GIOACHINO BELLI si lamentò della trasformazione con il sonetto “Le capate” dell’11 gennaio 1832, facendo dire a un popolano che la stessa Roma era morta, come le bestie macellate. All’inizio del 1850 l’amministrazione comunale avviò un piano di manutenzione e di ampliamento, per adeguare il macello alle muta-

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Gioacchino Ersoch, Pianta del Mattatoio di Porta del Popolo, 1868 (banca dati curata dalla Soprintendenza Archivistica per il Lazio; fonte: Stemperini). te esigenze. Tra i tecnici incaricati degli ampliamenti c’era il romano GIOACCHINO ERSOCH (1815-1902), esperto nella progettazione dei macelli, grazie a viaggi di formazione e scambi di corrispondenza con architetti inglesi e francesi, e progettista del macello del Testaccio del 1891. Nel 1860 fu aggiunto l’edificio della “Fabbrica ad uso di bagni caloricoanimali”, di cui si parlerà più avanti, e nel 1861 fu aggiunto un piccolo edificio trapezoidale, il “Macelletto degli Ebrei”, di 172,52 m2 più 280,12 di rimessini per la sosta, destinato alle macellazioni rituali ebraiche, che riguardavano soprattutto bufale, e che fino ad allora si svolgevano presso il rione Ripa, con gli stessi inconvenienti dei piccoli macelli prima presenti nel centro. Il mattatoio di piazza del Popolo fu ampliato nel 1868 a 14.000 m2 da Ersoch, che utilizzò avveniristici elementi strutturali prefabbricati in ferro e ghisa (CAPODARTE), che userà in modo più estensivo vent’anni più tardi nel nuovo mattatoio del Testaccio.

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L’ampliamento aveva lo scopo di permettere la macellazione di animali delle altre specie, sottraendoli all’abbattimento nelle botteghe, e comprendeva: il macello dei bufali, e quello dei capretti, di 152 metri quadri, diviso in 24 riparti, la tripperia, le stalle di sosta per il bestiame domito, i rimessini all’aperto per il bestiame indomito e l’edificio per la distruzione delle carni infette, la nuova legnaia comunale e la pelanda dei suini (PENTIRICCI). Quest’ultima era situata nei pressi del fiume e fu costruita in pochi mesi, su una superficie di 1.550 m2, disposti su tre ambienti destinati alla pelatura e alla pulizia delle carni, oltre a uno che ospitava le caldaie a vapore, e consentiva la lavorazione di 4.000 suini in dieci ore. Della pelanda si diceva che “di simili locali non si aveva esempio” (STEMPERINI). Anche il mercato del bestiame fu ampliato, ben quattro volte, nel 1868, nel 1878, nel 1882 e nel 1886, poco prima della chiusura (PENTIRICCI). Alla fine dell’Ottocento il mattatoio divenne obsoleto, per la

posizione, divenuta nel frattempo centrale e per le dimensioni, non più adeguate alla città, che nel frattempo era divenuta capitale d’Italia ed aveva raddoppiato la propria popolazione, da 212.000 abitanti nel 1871 ai 422.000 nel 1901, mentre l’espansione del macello era impedita dall’adiacenza del fiume e di piazza del Popolo. Inoltre, non era in linea con le nuove norme igieniche introdotte dal governo Crispi e scaricava i suoi rifiuti nel Tevere, a monte del centro della città, il che creava immaginabili problemi igienici, specie nei mesi estivi, con alte temperature e basso livello del fiume. Infine, la costruzione dei “muraglioni” di contenimento contro le alluvioni e del Ponte Margherita, che collegava il centro della città al nuovo rione Prati, con la relativa viabilità, doveva occupare gran parte della zona del vecchio macello. Il Comune di Roma, con il Piano Regolatore del 1882, decise così la costruzione di un nuovo stabilimento, inaugurato nel 1891 nella

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Le capate (Giuseppe Gioacchino Belli, 11 gennaio 1832) Co’ st’antre ammazzatore1 sgazzerate2 C’hanno vorzùto3 arzà4 ffora de porta5, Nun ze6 disce bbuscia che Rroma è mmorta Piú ppeggio de le bbèstie mascellate. Dove se gode7 ppiù com’una vorta Quer gusto er venardí dde le capate8 Quanno tante vaccine indiavolate Se9 vedeveno annà ttutte a la sciorta?10 Si11 scappava un giuvenco o un mannarino12, Curreveno su e ggiù ccavarcature13 Pe’ Rripetta, p’er Corzo e ’r Babbuino14. Che rride15 era er vedé ppe’ le pavure L’ommini mette mano16 a un portoncino, E le donne scappà cco’ le crature17!

Con questi altri mattatoi inutili Che hanno voluto costruire fuori porta, Non è una bugia che Roma è morta Peggio delle bestie macellate. Dove si gode più come una volta Quel gusto il venerdì delle mandrie, Quando tanti bovini indiavolati Si vedevano andare tutti liberi? Se scappava un giovenco o un mannarino, Correvano su e giù mandriani a cavallo Per Ripetta, per il Corso e il Babuino. Che ridere era il vedere per la paura Gli uomini mettere mano a un portoncino, E le donne scappare con i bambini!

Note (di G.G. Belli) 1. La pubblica ammazzatoia di animali destinati al cibo. 2. Voce di spregio. 3. Voluto. 4. Alzare. 5. Del Popolo. 6. Si. 7. Si. 8. Erano dette capate que’ branchi di bestie vaccine che sino agli ultimi tempi s’introducevano in Roma disciolte nel giovedì e venerdì d’ogni settimana per portarsi ai macelli. 9. Si. 10. Alla sciolta. 11. Se. 12. Mandarino: nome che si dava a ciascuno de’ quei buoi, muniti di un campanaccio al collo, destinati a guida delle altre bestie. 13. Butteri a cavallo. 14. Le tre vie che mettono capo alla Piazza del Popolo. 15. Che ridere! Ecc. 16. Metter mano per “entrare”. 17. Creature. Versione in italiano: Andrea Gaddini.

zona di espansione industriale del Testaccio. Di questo mattatoio si tratterà in un prossimo articolo. È comunque interessante menzionare una funzione aggiuntiva dei macelli dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento: quella di luoghi di cura, in cui si praticavano due terapie, i bagni zootermici e la bevanda di sangue. I bagni zootermici La “cura dei bagni zootermici” era una pratica terapeutica che ebbe breve fortuna, indirizzata a problemi muscolari degli arti (fratture, lussazioni e distorsioni) specie con-

seguenti a traumi, e a reumatismi e semiparalisi e consisteva nell’immergere la parte malata nelle viscere dei bovini appena macellati, o più di frequente, nel loro contenuto. FIORELLI (1895b) rievoca dei precedenti mitologici, come quello di ESONE, ringiovanito per immersione nel sangue nella caldaia di Medea (OVIDIO, Metamorfosi, VII, 251-293), e di ULISSE che avrebbe consigliato al padre Laerte lo stesso rimedio per ringiovanire. Queste pratiche si svolgevano tradizionalmente nel retrobottega dei piccoli macelli privati, utilizzando i resti della macellazione prima

È interessante menzionare una funzione aggiuntiva dei macelli di ‘800 e inizio ‘900: quella di luoghi di cura, in cui si praticavano due terapie, i bagni zootermici e la bevanda di sangue, una cura che consisteva nel bere sangue proveniente dalle bestie appena macellate, indicata contro l’anemia. I primi si svolgevano tradizionalmente nel retrobottega dei piccoli macelli privati, utilizzando i resti della macellazione prima che fossero gettati nel Tevere

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che fossero gettati nel Tevere. Nel 1829 da Mentone, allora nel Principato di Monaco, venne a Roma il DOTT. GIACINTO GRANA, che cominciò a prescrivere questa cura ai suoi pazienti nel caso di rigidità muscolare dovuta a traumi. La cura era applicata nei locali del macello di piazza del Popolo. La pratica però creava problemi ai pazienti, non abituati ad assistere alla macellazione, e costretti ad esporre alcune parti del corpo denudate, in un’epoca con un senso del pudore molto maggiore di oggi, e con maggiore imbarazzo per le donne, in presenza del personale del macello. Si aggiunga la pericolosità dei bovini e dell’ambiente stesso del macello. Per ovviare a questi inconvenienti il PAPA PIO IX, tramite il senatore MATTEO ANTICI MATTEI, cugino di GIACOMO LEOPARDI, chiese nel 1858 la costruzione nel mattatoio di piazza del Popolo di un edificio adibito specificamente alla zootermia, che nel 1859 fu progettato dall’architetto Ersoch e inaugurato il 15 maggio 1860 con il nome di “Fabbrica ad uso di bagni calorico-animali”.

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Manifesto pubblicitario 1898, Philadelphia Museum of Art. La “fabbrica” era un piccolo edificio separato, posto immediatamente a destra dell’ingresso, di tre piani, composto da quattro camere “da bagno”, oltre agli spazi di servizio. In ciascuno dei primi due piani vi era un “bagno” per gli uomini e uno per le donne, con la differenza che al primo piano si prestavano cure gratuite, mentre al secondo i trattamenti erano a pagamento, di 50 centesimi per mastello di contenuto gastrointestinale. Il terzo piano ospitava l’abitazione del custode. Nel mattatoio di Testaccio le tariffe divennero di 3 lire per il bagno in prima classe, con camera e salottino individuale, 1,50 in

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seconda, con camera individuale e anticamera in comune, e 75 centesimi in terza, in locale comune (RICCI, 1892a). I locali a pagamento erano “addobbati con certo lusso ed hanno tutte le comodità necessarie” (FIORELLI, 1895b). Si usavano vasche di zinco o di latta per l’immersione totale, vasche per semicupio, e vaschette più piccole, ad esempio, per trattamenti ai gomiti. Dopo l’immersione la vasca era chiusa da un coperchio di zinco, avvolto da una coperta di lana, per mantenere il calore (FIORELLI, 1895b). La “fabbrica” presentava comunque alcuni problemi, come il fatto di essere situata al primo e al secondo piano, e quindi di richiedere di sali-

re le scale, il che per gli infortunati agli arti inferiori poteva essere un problema; mancava poi la riservatezza, dato che i locali per la cura gratuita costringevano più persone a condividere la stessa stanza, e infine la vicinanza con i locali di macellazione, oltre a creare disagio alle persone più sensibili, creava pericoli per la presenza di bestie spesso indomite, per persone che, in caso di fughe di animali, non avevano la prontezza e l’agilità per mettersi in salvo. Si pensò quindi di modificare i locali, ma prima che questo si potesse attuare, il vecchio mattatoio fu dismesso e la “fabbrica” fu riaperta nel nuovo stabilimento (RICCI, 1892a), con ingresso diretto dall’esterno, senza passare dal mattatoio, mentre il passaggio verso lo stabilimento era riservato al personale di servizio per il trasporto del materiale per la cura. Al Testaccio c’erano locali di cura a piano terra, un giardinetto per sosta dei pazienti in attesa, e un locale per pronto soccorso, sia per gli infortuni degli addetti al mattatoio, sia per eventuali emergenze dei pazienti del bagno zootermico (FIORELLI, 1895b). L’ammissione avveniva solo dietro prescrizione medica e le indicazioni terapeutiche nel 1860 erano i problemi reumatici, in quanto determinava la sudorazione, i problemi cutanei, tra i quali la scrofola e le cicatrici, le irritazioni, comprese coliche, dolori di capo, amenorrea, asma e sciatica, malattie veneree, podagra, idropisia, assideramento, dispepsia (TARENGHI). Per RICCI (1892a) la cura era adatta “nei casi di anchilosi, deambulazione dolorosa per frattura, lussazioni, distrazioni, etc. e nei casi di reumatismo, indebolimento nervoso, muscolare, semiparalisi, ecc…”. Per la cura si consigliava l’ora di pranzo, a stomaco vuoto, di preferenza d’estate. Il trattamento durava da mezz’ora a tre quarti d’ora, la completa guarigione si aveva dopo venti o trenta bagni, ma i primi miglioramenti si manifestavano dopo dieci o dodici trattamenti (FIORELLI, 1895b). L’effetto immediato del trattamento era “leggera

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i macellatori che fornivano il materiale, per calcolare le somme da corrispondere loro. Dopo un periodo iniziale di rodaggio, si introdusse una registrazione dei pazienti, con il numero dei trattamenti eseguiti, il che permise anche di pubblicare statistiche sulle cure. FIORELLI (1895b) pubblicò alcuni dati sul bagno zootermico dal 1867 al 1893, quindi comprendente sia il vecchio sia il nuovo macello, da cui risultano 5.354 pazienti, di cui 3.012 curati gratuitamente, e in totale 1.278 guariti (23,9%) e 1.432 migliorati (26,7%). Del totale 2.977 (55,6%) erano curati per “anchilosi e movimenti dolorosi, o rigidità muscolare in seguito a frattura, lussazione, flemmone, ecc…”, 1.187 (22,2%) per “artrite, reumatismo, ecc…” e i restanti pazienti per “indebolimento nerveo-muscolare, paralisi, ecc…” o per “denutrizione, infarcimenti glandolari, diatesi scrofolosa e rachitica”.

Pubblicità di prodotti a base di ferro (fonte: “L’Illustrazione Italiana” n. 7, 14 febbraio 1892). scossa al sistema dei nervi, dovuta alla diversità del mezzo, con cui si trova a contatto la persona che la riceve, e grata sensazione ai nervi cutanei, che trasportandola nelle interne parti, calma i moti disordinati. Questa specie di bagno per la sua mitezza conviene pure ai vecchi, ed ai bambini” (TARENGHI). Durante la cura il paziente “ordinariamente prova un senso di benessere alla parte lesa” (FIORELLI, 1895b). Al termine gli inservienti pulivano con una spugna e poi con un asciugamano le parti del corpo del paziente che erano state immerse, ma non si applicava un lavaggio con acqua calda, perché questo “ostacolerebbe la continuazione dopo il bagno dell’assorbimento delle materie rimaste sulla cute, tanto più che il leggiero puzzo superstite è tollerabile ed appena avvertito

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dall’infermo” (FIORELLI, 1895b). A volte Fiorelli faceva applicare dopo la cura un massaggio, che trovava efficacissimo. Si vide che i liquidi dovevano essere caldi, ma non si poteva riscaldarli una volta raffreddati, per non perdere di efficacia. Tre pazienti altolocati avevano richiesto la cura a domicilio, ma i liquidi, nonostante le cure per isolarli termicamente, erano arrivati freddi, e il trattamento non aveva avuto successo, costringendo i tre illustri pazienti a recarsi di persona al macello (FIORELLI, 1895b). Il medico direttore del bagno teneva un registro dei pazienti con trattamento subito e malattia e successivi benefici, oltre a temperatura e pressione rilevati giorno per giorno. Erano anche annotati

Le bibite di sangue Il mattatoio di piazza del Popolo, come altri macelli italiani, ad esempio Napoli, Milano (RICCI, 1892b) o Pavia (PADOVA et al.), era anche attrezzato per la “bevanda di sangue” o “bibite di sangue”, una cura che consisteva nel bere sangue proveniente dalle bestie appena macellate, indicata contro l’anemia, come ultima speranza dopo che erano fallite le cure con prodotti a base di ferro, spesso mal tollerati dallo stomaco dei pazienti (RICCI, 1892b). Si proponeva anche contro clorasi, tisi e scrofola (adenite tubercolare), anemia da anchilostoma, debolezza da febbri malariche. PADOVA et al. ricordano che VIRGILIO (Georgiche, 3: 463) attribuiva al popolo dei Tartari l’abitudine di salassare i propri cavalli per berne il sangue, ma comunque la cura dell’anemia basata sul consumo di sangue animale era attuata a Roma a livello popolare da lungo tempo. Dal 1876 si iniziò a praticarla a piazza del Popolo e nel 1883 su indicazione del medico. Si considerò però sconveniente che delle donne, maggiori destinatarie della cura, fossero costrette a stare nei locali di macellazione e a

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trattare con gli addetti dell’abbattimento per chiedere un bicchiere di sangue bovino, oltretutto in ambienti ormai fatiscenti. Un reparto per tale cura fu quindi aperto il 1o marzo 1888 dal dottor GIOVANNI FIORELLI, già direttore dei bagni zootermici, proprio accanto al reparto di zootermia. Per FIORELLI (1895a) la dose iniziale era di 100 grammi al giorno, per vincere l’iniziale ripugnanza, meglio se a stomaco pieno, arrivando fino a un bicchiere (500 grammi, se intero e 400 grammi se defibrinato). Per i giovani si preferiva mezza dose (RICCI, 1892b), mentre alcuni pazienti ne chiedevano con avidità anche due bicchieri, e il medico era costretto a limitarli. Il bicchiere era colorato per mascherare il colore del sangue. La cura durava normalmente 60 giorni, ma dopo i primi 20 cominciavano a manifestarsi i benefici. I pazienti erano pesati all’inizio della cura e poi altre volte nel corso di essa, per verificare i miglioramenti (RICCI, 1892b). Il sangue che si somministrava per cura era mantenuto alla temperatura di 36°C con un apposito riscaldatoio. La bevanda di sangue poteva provocare il vomito la prima volta, ma nelle successive ci si abituava, mentre nei mesi estivi non era tollerata da alcuni pazienti, per problemi di digeribilità. Il sangue di vitello era ritenuto più digeribile e meglio tollerato come sapore. Per superare la ripugnanza alcuni pazienti mescolavano al sangue latte o tuorli d’uovo freschi o bevevano marsala o vino comune dopo la somministrazione, mentre sembra che bere del cognac o acqua ghiacciata dopo la cura nuocesse alla digeribilità. Il sangue era prelevato dopo le due visite veterinarie, pre mortem e post mortem, ma si sceglievano comunque animali di razze ritenute refrattarie alla tubercolosi, come quelli di razza Sarda, che abbondavano al macello di Roma. La cura era gratuita nel vecchio stabilimento di piazza del Popolo, mentre nel nuovo mattatoio del Testaccio costava 15 centesimi per il trattamento normale in reparto,

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con sale in comune, e 50 centesimi per quello di lusso, dotato di camere separate. Il sindaco poteva rilasciare il permesso all’ammissione gratuita, se verificata la povertà, per 40 giorni, prorogabili per decisione del medico direttore del reparto (RICCI, 1892b). Nel nuovo mattatoio era attivo un defibrinatore, e quindi il sangue poteva essere defibrinato, ma alcuni medici lo ritenevano non efficace e prescrivevano il solo sangue intero. PADOVA et al. rilevarono netti miglioramenti anche su malati di tubercolosi, in prove cliniche in ospedale, ma ipotizzavano che questi fossero anche dovuti al miglioramento del vitto, somministrato nel reparto, per persone che erano normalmente sottoalimentate. Tra il 1888 e il 1894, quindi in un periodo che comprende il trattamento sia nel vecchio, sia nel nuovo mattatoio, furono curati 3.465 pazienti, in media 495 l’anno, tre quarti dei quali per anemia. Poco più della metà (52%) fu ritenuto guarito o migliorato, mentre per il restante 48% la cura non ebbe successo. Per ovviare alla mancata tolleranza da parte del paziente era anche praticata la cura dei clisteri di sangue defibrinato o di siero di sangue (FEDERICI, PADOVA et al.). Si tentò anche la somministrazione di sangue bovino secco in tavolette, per superare la ripugnanza dei pazienti, ma l’odore di questo prodotto quando si alterava determinò l’abbandono del metodo (PADOVA et al.). Il dott. LUIGI D’EMILIO DI NAPOLI nel 1877 lanciò un prodotto granulare denominato Trefusia, albuminato di ferro naturale, prodotta a partire da sangue disseccato, che però ebbe limitata diffusione per il suo alto costo. Andrea Gaddini Bibliografia BELLI G.G. (1886), I sonetti romaneschi, Vol. II. S. Lapi Tip. Ed., Città di Castello(da archive.org). ERSOCH G. (1891), Roma: mattatoio e mercato del bestiame costruiti dal comune negli anni 1888-1891, descrizione e disegni, R. stab. lit. C. Virano e C., Roma.

FEDERICI (1890), Sul significato terapeutico dei clisteri di sangue, Il Raccoglitore Medico, serie V, vol. XI, 175-176 pp. FIORELLI G. (1895a), La cura delle bibite del sangue nel mattatoio municipale di Roma dal 1888 a tutto il 1894, Malpighi, Gazzetta medica di Roma, anno XXI, fasc. 18, 15 settembre 1895. 482-490 pp. Fiorelli G.(1895b), I bagni zootermici nel mattatoio municipale di Roma dal 1867 al 1893, Tipografia di Michele Lovesio, Roma. FRANCO G. (1998), Il mattatoio di Testaccio a Roma: costruzioni e trasformazioni del complesso dismesso. Librerie Dedalo, Roma. PADOVA C., NOSOTTI I. (1888), Sull’azione ricostituente delle bevande di sangue e della trefusia d’Emilio, Annali universali di medicina e chirurgia, Vol. 283: 144-157. PAPA LEONE XII (1824), Chirografo del 29 maggio 1824, in Sulla macellazione e sul mattatoio romano, Biblioteca Angelica, Roma, Manoscritti, Mss 1958 (carte 188r-329v). PENTIRICCI M. (2014), I progetti per i mattatoi di piazza del Popolo e di Testaccio, in CREMONA A., CRESCENTINI C., PENTIRICCI M., RONCHETTI E., Gioacchino Ersoch architetto comunale: progetti e disegni per Roma capitale d’Italia, Palombi, Roma. RICCI A. (1892a), Dei bagni zootermici nel mattatoio municipale di Roma, Tip. Lib. Democratica, Forlì. Estratto dal Raccoglitore Medico, Serie V. Vol. XIII. N. 14. RICCI A. (1892b), Le bibite di sangue a scopo terapeutico nel mattatoio municipale di Roma, Raccoglitore medico, anno LV, serie V, 30 giugno 1892, vol. XIII, n. 18: 550-557. STEMPERINI G. (2010), Gioacchino Ersoch architetto municipale: progetti ed interventi per la modernizzazione dei pubblici macelli e del sistema dei mercati nella Roma dell’Ottocento, Città & Storia, Anno V, n. 2 luglio-dicembre 2010, 297-327 pp. TARENGHI A. (1860), Dei bagni animali ossia dell’applicazione del calore animale, Leonardo Olivieri Editore, Roma.

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SONO 180 GRAMMI LASCIO?

Queen of Denmark, John Grant

Chicken Bones di Giovanni Papalato

Q

uando ero bambino mangiare il pollo con le mani era possibile solo chiedendo “posso mangiare come Robin Hood?”. E le ossa di pollo, spolpate da dita e denti, sembravano così perfette nel piatto… Davano e danno il senso di una completezza particolare nel cibo che ha a che fare con il non sprecare nulla. Certo le Chicken Bones cantate da JOHN GRANT sono da intendere in un altro modo, forse, ma questo lo vediamo dopo. Sicuramente a Denver, dove è nato e cresciuto, come a New York dove ha avviato la sua carriera solista, il pollo è parte integrante di della cucina statunitense. La sua è la carne maggiormente consumata negli Stati Uniti, più del maiale e del manzo. La costante raccomandazione, anche attraverso traverso spot e trasmissioni televisive, di mangiare meno carne rossa ha portato ad una domanda altissima: secondo l’Economic Research Service dell’United States Department of Agriculture,

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nel 2021 il consumo pro capite di pollo era di 68,1 libbre (circa 31 kg), quasi quattro volte rispetto ai primi del Novecento. Il pollo è economico, la sua carne è la fonte di proteine a miglior prezzo, un binomio destinato ad aumentare col tempo. È stato ed è necessario un progressivo aumento delle dimensioni degli esemplari e di parti specifiche come il petto. Necessità che negli anni è stata soddisfatta e che ha portato, accanto al consumo di carne bianca del petto, ad esportare quella più scura in eccesso, come le cosce. Un adattamento dell’industria del pollame che è cominciato nella prima parte del secolo scorso con tecnologie utili al miglioramento della nutrizione degli animali con in contemporaneo contrasto di alcune malattie. Fondamentale la selezione di alcuni esemplari con petti progressivamente più grandi che ha portato da 900 grammi a 4 kg da adulti.

È in un contesto in cui il pollo è così radicato tanto da fornire modi di dire come sentirsi “ossa di pollo” per indicare qualcosa di inutile e da buttare che vive John Grant quando scrive e canta Chicken Bones: è irrisolto, frustrato, in preda a sbandamenti emotivi. La band di cui era la voce, gli CZARS, si scioglie al termine di una carriera insoddisfacente e la cui l’incapacità di tradurre i consensi di critica in vendite alimentò ulteriormente il suo enorme disprezzo per se stesso. Dopo essere caduto in un inferno personale fatto di alcol, droga ed aver rinunciato alla musica per servire ai tavoli, trasferitosi a New York entra in contatto con bands come i MIDLAKE. Apre parte del loro tour, si innamorano della sua voce e lo convincono ad incidere un disco solista, facendogli da backing band e producendolo. È il 2010 e “Queen Of Denmark” arriva dove nessun album dei Czars era arrivato prima in termini di espressione e comunicazione.

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John Grant è uno di quegli artisti che possono fare quasi tutto. È un disco sfrontato, emozionato, cinico, doloroso, dove umorismo, relazioni interrotte, religione, problemi quotidiani e assoluti vengono raccontati con un’onestà devastante. Sono canzoni di amore impossibili, abisso e redenzione, con un senso di vastità e contemplazione che ricorda “Pacific Ocean Blue” di Dennis Wilson. Arrangiamenti ‘70 con pianoforti e flauti che descrivono uno sguardo surreale, obliquo sull’America, che ha pochi eguali nell’infinita serie di cantautori che si sono esposti negli anni. TC and Honeybear è una chitarra folk e tamburi, la solitudine di un orsacchiotto che si innamora, il crescendo di una soprano e piatti che scrosciano, poi la separazione e la tristezza. È solo il principio ma è già manifesta la consapevolezza di un lavoro che scardina il prevedibile come linguaggio musicale. Totalmente in asincronia con quello che sta succedendo in ambito pop, indie o mainstream che sia, ma anche riconoscibile nel suo essere eccessivo e confidenziale insieme. Percezione che continua con Marz e la linea di pianoforte che sembra uscire da una colonna sonora di CARPENTER e la attraversa come un nastro a chiudere una confezione di delizie nostalgiche sfumate di amarezza: Marz era ed è il negozio di dolciumi artigianali dell’infanzia, la malinconica porta verso l’innocenza, prima che le cose diventassero complicate. Il trittico di ballad in apertura, come un manifesto ideale della poetica dell’autore, si chiude con Where Dreams Go To Die, straniante capolavoro di archi e accordi country, così intensa da sorprenderti a cantare “carcassa” allargando idealmente le braccia, senza sentirti strano. Cambia registro e paradossalmente contribuisce a dare personalità all’intero lavoro la sequenza sarcastica e sferzante di Sigourney Weaver e Chicken Bones, tra chitarre e tastiere elettrificate, entrambi usciti come singoli. Se It’s Easier è una rassegnata mancanza di fiducia nella persona che hai accanto, Outer Space

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è una canzone d’amore sul tentativo di scoprire come la persona di cui si è infatuato sia diventata così perfetta da sembrare provenire dallo spazio. Due brani che, posti in quest’ordine, sembrano voler sottolineare quella voglia di rinascita che spinge giù turbamenti che hanno segnato con forza Grant. Entrambi sembrano uscire da una radio nei primi anni ‘80, la sua adolescenza, per come sono arrangiati melodicamente. Tornano i fiati, stavolta al servizio del Rag-Time, in Silver Platter Club, divertita presa in giro di stereotipi alto borghesi. È una marcetta minimale ma carica di dolore quella Jesus Hates Faggots che ripercorre insulti e discriminazioni che a partire dalla famiglia hanno portato Grant a meditare il suicidio, una denuncia figlia di un’America rurale che non sembra cambiare col tempo. Fa ancora più rumore quando comincia Carmel, che invece è un inno all’amore, all’essere innamorati, con un’interpretazione vocale che

spiazza e meraviglia nella sorpresa. La voce baritonale di Grant prende note inedite, vola dopo aver sfiorato marciapiedi e attraversato correnti, le paure e le preoccupazioni sono spazzate via. Un vibrato di rara bellezza per cui risulta difficile evitare di pensare a JEFF BUCKLEY, così lontano ma forse mai così vicino. Riesce ad essere voluttuosa Leopard & Lamb fluida su tastiere e synth sotto luci artificiali. Quando arriva il finale di Queen Of Denmark, la title track rivela un epifania. È tutto qui, è tutto adesso. Nulla è perduto. Un testamento per una vita che non c’è più e ci sarà sempre. La caduta e la rinascita, ma senza retorica, possibile? La risposta in quasi cinque minuti intimi e maestosi in cui si sviluppa e deflagra il bisogno di dire a se stesso e a chi lo vuole ascoltare che John Grant può essere tutto, anche la Regina di Danimarca, nonostante chi non lo vuole vedere. Giovanni Papalato

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Fried Chicken, ecco dove mangiarlo in Italia Marinato, in salamoia, speziato, impanato, fritto a pezzi o intero. Il pollo fritto non è solo una ricetta: è un invito a sedersi a tavola, alla creatività e alla convivialità e non a caso è il cibo più popolare al mondo. Si celebra in piena estate, il 6 luglio, il Fried Chicken Day, la giornata Internazionale dedicata al pollo fritto, specialità culinaria “a stelle e strisce” che spopola anche in Italia. Amato sempre più da chef stellati, la passione per il pollo fritto non ha confini: si va dal The Rippin “Hot Chicken” di DAVID CHANG SHIN, definito da alcuni il pollo fritto più piccante al mondo, allo Hyodo Chicken coreano (Seul) degli chef MIN GOO KANG e CHANG HO; dall’iconico e croccante pollo “intero” del pluristellato NIKO ROMITO fino alla ricetta No Waste (contro gli sprechi alimentari) di TAKAHIKO KONDO (già Osteria Francescana, oggi da Gucci Osteria), la cui particolare croccantezza è data anche dalla fecola di patate che incontra l’albume d’uovo. Un piatto espressione della passione degli Italiani per la carne bianca: secondo UNAItalia, l’associazione che rappresenta oltre il 90% della produzione avicola nazionale, nel 2021 le carni bianche sono le più consumate e acquistate dalle famiglie italiane con consumi pro capite arrivati a 21.43 kg, per un consumo medio di circa 2 volte alla settimana. Il 72% lo mangia almeno una volta alla settimana, al pari del pesce. Seguono a lunga distanza manzo (54%), maiale (50%) e vitello (46%) (dati DOXA 2021). Simbolo iconico del mondo del cinema (indimenticabile il pollo croccante al margarita frozen, insalata e salsa allo yogurt del film Thelma & Louise), il pollo fritto è un piatto identitario che ha fatto la storia della gastronomia mondiale, dalle mille versioni (Southern fried chicken, pollo alla coreana, karaage giapponese, giamaicana e persino alla toscana con la ricetta di PELLEGRINO ARTUSI) e dai mille registri: si passa dalla cena take away da cestoni di cartone a quella gourmet per i palati più esigenti. Per questo UNAItalia ha stilato la top 5 dei cinque migliori polli fritti del Paese, selezionati da W Il Pollo, la prima community italiana di amanti del pollo: destinazioni diverse per stile, vocazione e tradizione, da scegliere a seconda del proprio mood. Si comincia dal Centro Italia con il pollo fritto d’eccellenza, proprio quello di Niko Romito ad ALT - Stazione del Gusto (Castel di Sangro L’Aquila, www.altstazionedelgusto.it), patria indiscussa del pollo fritto intero, dove il pollo è marinato con spezie ed erbe aromatiche, cotto a vapore, raffreddato in acqua e ghiaccio e poi fritto a pressione a 170 °C per 9 minuti. Nella Capitale, immancabile la tappa da Legs, a Centocelle (www.legs-roma.com), per il pollo fritto all’italiana: le sovracosce, marinate in coriandolo e pepe e cotte sottovuoto, vengono rivestite con una panatura grossolana per donare alla frittura uno squisito spessore. A Milano invece due must: per i gourmet il pollo fritto karaage della Bentoteca (www.bentoteca.com) servito nella tradizionale scatola-contenitore per il cibo giapponese; per i tradizionalisti Giannasi 1967 (www.giannasi1967.com) offre anche i “Giannuggets” al curry, realizzati con un mix di spezie (curry, paprika e peperoncino), pangrattato speziato e frittura leggera e fragrante. A Napoli da Ros Fried Chicken and & Sauces Lab (www.instagram.com/ros.lab, in foto), si spazia dalle sovracosce pollo marinate in un bagno di soia, erbe aromatiche e spezie panate e fritte alle alette di pollo, alle chips di pelle di pollo con speziatura classica, con alcune specialità fritte ad aria. Una versione da fare a casa è la ricetta di MAX MARIOLA: alette di pollo fritto con salsa di peperoni e basilico. «Per me è la risposta italiana, anzi romana, al pollo fritto all’americana» dice Mariola. «Lo spunto è stata la ricetta del pollo con i peperoni, classico piatto romano estivo che da tradizione si mangia il giorno di Ferragosto». I segreti del piatto sono la marinatura con kefir, succo di limone, aglio tritato, cipolla e sale e la salsa a base di peperoni rossi, pomodori (e loro concentrato), gambi di basilico, aceto, zucchero e peperoncino, ristretta poi come un ketchup. Il risultato è sapido e croccante (fonte: UNAItalia)

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STATISTICHE

ANAS: suini vivi e carni suine in Italia Import-export suini vivi e carni suine in Italia – Periodo gennaio-settembre 2023 Import

Quantità (t)

Valore (euro)

% sulla quantità del 2022

% sul valore del 2022

Suini vivi di cui – inferiori a 50 kg – superiori a 50 kg – riproduttori

40.755,073

110.589.006

–10,1

37,3

19.449,101 18.615,701 2.690,271

65.324.186 39.920.480 5.344.340

–0,7 –20,6 19,0

58,5 23,3 –23,1

Carni fresche di cui – cosce – mezzene – pancetta – spalle – lombate – altre, miste

677.394,605

2.003.986.885

2,5

39,7

382.081,327 114.201,717 26.358,857 10.026,208 11.701,142 133.025,354

1.050.872.216 312.974.110 75.828.443 30.736.204 43.461.333 490.114.579

–2,2 11,6 14,4 20,4 29,6 4,5

38,5 46,0 28,1 62,3 60,0 37,9

Carni congelate di cui – cosce – lombate – pancetta – spalle – mezzene – altre, miste

45.914,195

139.628.087

8,3

54,8

2.334,298 1.782,026 1.631,709 2.778,856 425,058 36.962,248

7.569.664 7.802.357 5.026.181 9.090.739 1.586.794 108.552.352

–18,2 45,5 –19,2 –10,1 –8,7 12,9

20,8 46,8 –4,8 46,9 –20,7 66,6

Carni lavorate di cui – carni secche o affumicate di cui: pancette prosciutti con osso 1 prosciutti disossati 1 – carni salate o in salamoia di cui: prosciutti con osso pancette salate – salumi e insaccati di cui: non cotti 2 cotti 3 – preparazioni e conserve di cui: prosciutti e loro pezzi 4

37.942,530

219.881.003

7,6

17,1

11.530,362 3.132,668 510,339 7.743,626 3.130,784 281,734 1.153,701 11.917,493 4.580,697 6.602,642 11.363,891 6.917,844

73.201.112 18.431.878 4.213.192 49.584.644 16.566.860 1.841.401 5.912.365 64.985.350 28.420.268 32.821.278 65.127.681 39.099.674

–2,5 –15,2 –49,8 11,8 –12,1 325,5 –21,7 25,4 44,8 16,9 9,8 10,7

5,5 –8,9 –33,8 19,1 1,5 95,1 –9,7 31,5 41,3 24,9 23,6 31,7

13,821

103.878

–27,7

10,1

Lardo fresco/cong/salato/salam.

1.017,255

1.635.441

–83,1

–70,6

Grasso e strutto

9.204,449

8.363.910

–41,9

–40,4

Frattaglie suine

38.196,960

38.879.122

5,4

44,6

Fegati suini

1.204,558

763.915

–44,9

–39,5

843.492,431

2.523.831.247

1,0

37,1

Lardo secco/affumicato

Totale animali a peso morto e carni 124

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Export Suini vivi di cui – inferiori a 50 kg – superiori a 50 kg – scrofe

Quantità (t)

Valore (euro)

% sulla quantità del 2022

% sul valore del 2022

11,000

22.999

–82,9

–57,1

11,000 0,000 0,000

22.999 0,000 0,000

— — –100,0

— — –100,0

Carni fresche di cui – cosce – mezzene – pancetta – spalle – lombate – altre, miste

92.775,506

46.415.717

8,5

6,3

4.015,249 2.102,450 75.828,443 273,520 319,248 10.236,596

16.530.166 4.778.258 5.753.717 782.048 1.539.882 17.031.646

–14,6 1,4 28,1 –13,9 –12,8 28,0

–6,2 31,4 14,8 –63,4 –6,9 25,2

Carni congelate di cui – cosce – lombate – pancetta – spalle – mezzene – altre, miste

20.017,365

40.184.399

–33,6

–32,1

781,854 754,349 3.172,323 113,634 1.291,416 13.903,789

1.656.270 1.780.143 6.789.655 200.852 2.089.329 27.668.150

84,4 –11,5 –57,1 –68,2 11,3 –30,3

21,7 –6,7 –65,7 –64,8 42,1 –18,8

Carni lavorate di cui – carni secche o affumicate di cui: prosciutti con osso 1 prosciutti disossati 1 pancette – salumi e insaccati di cui: non cotti 2 cotti 3 – preparazioni e conserve di cui: prosciutti e loro pezzi 4 – carni salate, in salamoia di cui: pancette salate prosciutti con osso

151.738,399

1.536.651.447

5,5

9,8

57.407,796 1.450,270 50.331,979 4.916,790 67.903,783 34.927,169 32.376,741 22.251,972 17.742,763 4.174,848 507,164 2.461,101

744.456.144 9.814.807 679.438.564 47.355.379 569.075.694 410.510.453 154.175.630 198.160.015 148.504.646 24.959.594 3.544.215 8.646.906

–0,7 –21,0 0,0 –2,6 6,9 6,7 8,1 8,4 4,6 108,2 74,3 270,2

5,4 –24,3 6,6 –2,5 14,7 14,3 17,5 13,2 11,1 13,8 29,8 3,9

32,556

380.364

23,7

24,4

Lardo fresco/cong/salato/salam.

26.060,903

36.535.052

16,1

21,7

Grasso e strutto

9.258,567

13.425.479

–48,1

–47,6

Frattaglie suine

30.066,232

31.076.490

38,4

78,7

348,993

337.958

530,5

18,3

256.269,759

1.705.029.905

1,1

8,2

Lardo secco/affumicato

Fegati suini Totale animali a peso morto e carni

La differenza % è calcolata sullo stesso periodo dell'anno precedente. In linea di massima si intende: 1 prosciutti crudi e speck; 2 salami e salsicce; 3 mortadella e würstel; 4 prosciutti cotti. La differenza % è calcolata sul periodo gennaio-settembre dell’anno precedente. Fonte: elaborazione ANAS su dati ISTAT.

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LIBRI

Steak House e Macellerie d’Italia 2024: un volume dedicato a chi ama la carne Pubblicata da Braciamiancora, la nuova edizione della guida completa sull’Italia gastrocarnivora di Michele Ruschioni

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ltre 700 locali tra bracerie e macellerie descritti in 660 pagine, un viaggio carnivoro tra Nord e Sud, isole comprese, per raccontare storiche realtà e piacevoli scoperte e un obiettivo concreto sensibilizzare il consumatore e indirizzarlo verso l’eccellenza carnivora. Questo il contenuto della guida Steak House e Macellerie d’Italia 2024 pubblicata da MICHELE RUSCHIONI (in foto), giornalista romano founder di Braciamiancora, un network che si occupa di raccontare il mondo della carne in mille sfaccettature e che conta oggi — tra Facebook, Instagram e Youtube — oltre un milione di followers. «Da anni sono impegnato a raccontare l’Italia gastrocarnivora attraverso i canali social di Braciamiancora — spiega Ruschioni — ed oggi tutto questo racconto è diventato una guida completa». Un viaggio nell’Italia carnivora con oltre 700 locali tra bracerie e macellerie Tra le pagine di questa guida — che rappresenta un unicum nel panorama editoriale italiano — c’è un elenco delle migliori macellerie e delle migliori steak house italiane, locali in grado di proporre ai propri clienti carne di ottima qualità, che proviene da allevamenti etici e responsabili. Il mondo della carne è variegato, fa parte della tradizione gastronomica italiana ed è pieno di storie interessanti che rappresentano una vera e propria eccellenza.

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MICHELE RUSCHIONI (a cura di) Steak House e Macellerie d’Italia 2024 Una guida per gli amanti della bistecca Edizioni Braciamiancora, braciamiancora.com 668 pp. – Acquistabile su Amazon al costo di 18 euro

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La macelleria italiana, intesa come mestiere nobile e antico, vive un periodo di creatività e innovazione e il compito di questa guida è proprio quello di raccontare queste eccellenze. Le steak house italiane poi non hanno nulla da invidiare a quelle più blasonate che si trovano negli Stati Uniti o in Spagna. Anche in questo settore l’Italia si dimostra capace. Alcuni esempi per averne conferma: nella speciale classifica delle migliori 101 steak house mondiali stilata da World Best Steak Restaurant al sesto posto c’è un ristorante italiano, I Due Cippi di Saturnia (GR). E ancora: si chiama G IANNI GIARDINA, ed è siciliano, il Miglior macellaio del mondo eletto tale agli ultimi Campionati mondiali di macelleria svoltosi negli Stati Uniti. Educare, informare e sensibilizzare il consumatore Come capita per il vino o per la pasta ogni regione italiana ha delle sue specificità anche per quanto riguarda la tradizione carnivora: al Nord la carne viene interpretata e cucinata in un modo, nel Centro Italia in un altro e al Sud in un altro ancora. Le nostre due isole, Sardegna e Sicilia, hanno delle tradizioni completamente diverse tra di loro. Compito della guida firmata Braciamiancora è anche questo: educare, informare, sensibilizzare il consumatore. «Questa guida non è un semplice elenco di locali, abbiamo dedicato parecchie pagine per fare approfondimenti. L’obiettivo era una guida che fosse anche un libro piacevole da leggere», spiega l’autore. «Sappiamo che la carne spesso viene tirata in ballo per questioni extra food, a volte in modo corretto, altre volte in modo pretestuoso. Il compito di questa guida, oltre a quello di indicare le eccellenze italiane, è anche quello di dare tutte le informazioni utili affinché si abbia un quadro chiaro della situazione e si aumenti la consapevolezza generale» conclude Michele Ruschioni.

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Affacciato sull’elegante piazza di Saturnia, il ristorante I Due Cippi è fin dagli anni ‘70 punto di riferimento dell’enogastronomia di eccellenza. “La filosofia della nostra cucina — si legge sul sito www.iduecippi.com — parte dalla scelta di materie prime di altissima qualità: desideriamo far riscoprire ai nostri ospiti i sapori autentici dei piatti della tradizione e delle eccellenze italiane e non solo. Il nostro menù segue la stagionalità e la valorizzazione dell’enogastronomia della nostra terra passa anche da alcune rivisitazioni in chiave moderna, che rendono attuali ed eleganti i piatti ‘poveri’ tradizionali come la trippa alla toscana, il panino con il lampredotto, le animelle di vitella e il cervellino di agnello fritto. Gli amanti della carne possono gustare le nostre bistecche di costa o di fiorentina cotte nel grande camino posto al centro della sala dove le braci ardono per tutto l’anno”. Proprio il camino che domina l’ingresso del locale è il regno di Lorenzo, il Meat Artist che ogni sera valorizza sulla sua “brace gourmet” carni premium provenienti dai migliori allevamenti e materie prime selezionate. “Selezioniamo personalmente tutte le carni che mettiamo sulla brace e che portiamo in tavola, per garantire sempre il più alto livello qualitativo di ogni piatto. Ci piace seguire tutto il processo di filiera: abbiamo così la sicurezza che gli animali provengano da allevamenti certificati, allevamenti dove gli animali vengono nutriti utilizzando solo i prodotti di migliore qualità, che non contengono ormoni e antibiotici, privilegiando gli allevamenti al pascolo”. E ancora: “seguiamo i processi di maturazione delle carni sin da quando la frollatura non era di uso comune, e non prendiamo mai scorciatoie”. Un focus particolare merita come detto la brace: “Nel grande camino Lorenzo e il suo fido braccio destro Vincenzo hanno applicato alla cottura alla brace il concetto di cucina gourmet, creando quella che da molti viene definita una ‘brace gourmet’. Oltre alle bistecche infatti, da I Due Cippi valorizziamo con una attenta e meticolosa cottura alla brace materie prime come animelle, lingua, piccione e vegetali”.

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