Panorama Bresciano - Febbraio 2012

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FEBBRAIO 2012

Anno 2 - Febbraio 2012 nr 2

Magazine di Attualità Economia Finanza Cultura Storia Enogastronomia Territorio

€ 1,50

PANORAMA BRESCIANO

STRAGE PIAZZA LOGGIA Il 14 febbraio inizia l’Appello GREEN HILL La fabbrica dell’orrore MOGOL L’arte delle parole in musica

FUCINA DI IDEE alla scoperta di Contrada del Carmine

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PANORAMA BRESCIANO Magazine di Economia Finanza Attualità Cultura Storia Enogastronomia Territorio

SOMMARIO

Editoriale 07 Brescia tra guerra e pace di M.A.Marchina

Attualità 10 Vita di contrada di P. Castriota 16 Il fantasma del dubbio di P. Castriota 17 Processi democratici 21 L’orrore è di casa di P. Gregorio 25 Le catene alle liberalizzazioni di P. Gregorio Economia 35 L’inferno degli onesti di M. Biglia

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Te r r i t o r i o 23 Scarpe? questione di mani di C. Pasotti 42 Tradizione di famiglia di C. Pasotti

Vita di contrada del quartiere Carmine

Storia & Cultura 30 Il sacco di Brescia di M.A.Marchina Scienza 54 Piatto rosso, mi contengo Musica 44 La forza delle parole di L. Fertonani

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Salute 51 Protesi sotto accusa di M. Bossanova 55 Smettere di fumare aiuta l’autostima

Il processo di Piazza Loggia

Gastronomia 58 Le ricette del Carnevale: chiacchere e “fritole” Società 46 48

Le variabili dell’amore di Claudia Salfa Amore, vuoi convivermi

Motori 57 Piccolo è bello di O. Mairani

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Green Hill: l’orrore è di casa

IN COPERTINA FEBBRAIO 2012

Magazine di Attualità Economia Finanza Cultura Storia Enogastronomia Territorio

€ 1,50

PANORAMA BRESCIANO

STRAGE PIAZZA LOGGIA Il 14 febbraio inizia l’Appello GREEN HILL La fabbrica dell’orrore MOGOL L’arte delle parole in musica

FUCINA DI IDEE alla scoperta di Contrada del Carmine

In copertina: uno scorcio di contrada del Carmine, quartiere storico di Brescia. In pagina questo mese ampi approfondimenti sul processo alla strage di piazza Loggia, Mogol, il Sacco di Brescia e Green Hill

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Il sacco di Brescia


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Editoriale

BRESCIA TRA GUERRA E PACE Mariella Annibale Marchina*

S

olo per un disguido burocratico del governo Monti, se nel 2012 si può ancora festeggiare la festa del santo patrono. A Brescia le innumerevoli manifestazioni, iniziate già a fine gennaio si protrarranno fino a marzo e saranno dedicate al tema della “Concordia”. L’intenzione dei nostri amministratori, visti i tempi di crisi economica, di rinunce, di sacrifici, di famiglie in emergenza finanziaria, di giovani senza lavoro, di operai ed edili in cassa integrazione, di episodi di intolleranza e di violenza, ha fatto sì che si proponesse questo tema. La voce Concordia mi fa ricordare i tanti tentativi del nostro lontano passato, caratterizzato da lotte intestine tra le opposte fazioni, tra Guelfi e Ghibellini, tra Rossi e Neri, tra patti fatti e poi immediatamente rinnegati che hanno caratterizzato la nostra società sin dal Medioevo. La pace di Gussago, stipulata tra i Guelfi e Ghibellini nel 1313, sancita dalla celebrazione di matrimoni tra le opposte famiglie, durò solo pochi anni. Gli agguati, gli omicidi, la cacciata dalla città dei vinti continuò fino a quando Brescia fu conquistata da potenze esterne alla città. Le lotte erano tra i Visconti di Milano e i Veneti della Serenissima Repubblica, iniziate alla fine del Trecento e continuate fin verso la quarta decade del Quattrocento, ma è nel 1412 che le fazioni bresciane Guelfe e Ghibelline decisero di porre, per l’ennesima volta, la parola Pace. Sarà nel febbraio del 1512 che il francese Gaston de Foix imprimerà un terribile ricordo nella popolazione bresciana, saccheggiando chiese, monasteri, palazzi, case, violentando donne, fanciulle, vecchie, sgozzando come maiali le persone che capitavano a tiro, asportando tutto ciò che potevano. Furono giorni terrificanti, la notizia del Sacco si diffuse in tutt’Italia e in Europa. Per commemorare il V centenario del Sacco il liceo Arnaldo ha organizzato un convegno, ma gli enti locali come il Comune e la Provincia, dove sono? Non sono di certo terminati gli esempi nella storia della nostra città che hanno visto diverse fazioni opporsi e riappacificarsi, in un continuo alternarsi di guerra e pace. Gli avvenimenti storici sopra elencati dimostrano che pur passando i secoli , l’uomo non ha mutato sostanzialmente la sua indole. I conflitti non si sono di

certo esauriti. Non esistono più i guelfi o i ghibellini, ora ci sono i fanatici della politica che per nostra fortuna non arrivano a organizzare stragi come quella avvenuta in Svezia, o in Egitto contro le comunità cristiane. I secoli passano ma l’uomo dimostra di non essersi evoluto. Numerosi sono gli esempi riportati dai media di episodi di intolleranza verso persone che non appartengono alla nostra etnia, non ultimo la strage di Senegalesi a Firenze o degli omicidi nella stessa nostra provincia, come a Calvisano, a Montichiari etc. La Concordia, è ancora possibile. Bisogna praticarla giorno per giorno, minuto per minuto. Rispettare la libertà del vicino, rispettare il bene comune, non distruggere né deteriorare gli arredi urbani o imbrattare muri, né riempire le fioriere con lattine e cartacce o distruggerle per parcheggiare la macchina. Corso Cavour, da quando gli uffici del Tribunale si sono spostati nella nuova sede, è stata una corsa al parcheggio selvaggio, anche in doppia fila. I moderni politici dovrebbero soddisfare i bisogni della gente, in modo saggio, ed assumere un Codice Etico finalizzato alla trasparenza e attento alle regole sia ai massimi vertici dell’Amministrazione che ai più bassi, al fine di conferire credibilità e rafforzare la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni. Ma sicuramente senza proporre un nuovo parcheggio nel cuore del colle Cidneo per colmare la sete di parcheggi del centro storico. Concordia vuol dire anche riconciliarsi con gli amministratori pubblici che dovrebbero possedere un’educazione civica da insegnare, come facevano una volta i nostri maestri, ai propri concittadini. Proponendo e facendo conoscere le parole umiltà, generosità, solidarietà, disponibilità e sincerità, basati sui concetti dei diritti, ma innanzitutto quella dei doveri. Tutto il contrario di egoismo, cinismo, arroganza, falsità e prepotenza che sono purtroppo caratteristiche dominanti nella nostra società. Che la festa di San Faustino e le altre collaterali siano dunque vissute alla luce della Concordia, di nome e di fatto. Con la crisi che opprime gli animi e la rabbia dei cittadini che cresce, mai tema fu più appropriato per non scivolare in altri conflitti e devastazioni. * Archivio di Stato di Brescia

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ISTANTE

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Un gioco di luci regalato dalle vetrine dei negozi di corso Zanardelli conferisce tridimensionalità all’immagine

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attualità

VITA DI CONTRADA P

di Paola Castriota

er tanti questa è la parte più viva, autentica, colorata della città. Quella parte in cui, ti fanno notare, il sole al tramonto disegna ancora sorprendenti giochi di luce con i mattoni a vista degli edifici.

paglia, a prendere il freddo. Vedi agli incroci delle strade ragazzi con aria da boss e sguardo truce oppure li trovi parcheggiati per ore alle portiere di macchine altrettanto parcheggiate da ore. Senti una miscellanea di profumi, di spezie, fortissime, pungenti che escono prepotentemente dalle finestre e inondano i vicoli. Stranieri? Tanti. Bresciani? Alcuni, ma anche fiorentini e napoletani e se questi ultimi, che per tradizione e dna sono legati all’arte e all’espressività, hanno messo proprio qui la loro sede, un motivo ci sarà. Perché? Ma perché il Carmine è una fucina di creatività, un laboratorio aperto ventiquattro ore su ventiquattro - e qui il problema di liberalizzazioni varie non si è mai posto - un luogo in cui convergono forze opposte e contrastanti che, per loro stessa natura, danno origine a Big Bang primordiali. E poi se di una cosa devi chiedere il perché, vuol dire che non la capirai mai. Così diceva del jazz il grande Louis Armstrong. Il Carmine lo accetti o non lo accetti. Ti spaventa o ti attrae. Lo ami o lo odi, ma di certo non ti lascia indifferente. C’è chi dice di odiarlo eppure continua a starci perché in fondo lo ama alla follia. C’è chi dice che è la sola parte viva del centro storico proprio perché non ci sono loghi e marchi alla moda posticci, freddi, statici che ti colpiscono in modo violento, ossessivo, oppressivo. «Qui sono di casa» dice Elia Benedetti che dopo anni

Ma a molti il Carmine fa ancora paura e c’è chi prima di metterci piede ha aspettato trent’anni e quando ha visto l’imponente e omonima chiesa è rimasto a bocca aperta e si è dato dello stupido per non aver scoperto prima questa contrada. Questa zona a nordovest del centro storico ha sempre avuto una brutta fama: suburra, quartiere latino, area lasciata al degrado e alla malavita. Alle prime uscite di casa con gli amici le mamme davano due consigli: «Non mangiare caramelle ricevute da sconosciuti e se vai in centro, non andare al Carmine». E così molti di noi sono cresciuti con la paura cucita addosso come lo stemmino sulla giubba dell’asilo. E invece a trent’anni ci vai e scopri che molte cose sono diverse da come le avevi immaginate. I palazzi, non tutti, sono restaurati, la gente, non tutta, svolge un’attività legale. Sì è vero vedi ancora donne truccate pesantemente, avvolte in vistose pellicce, a pochi passi dalla sede della Polizia Municipale e ti chiedi cosa stiano facendo lì, sedute su vecchie sedie di

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Se vuoi fare l’artista devi vivere a New York o a Shanghai! Oppure scegli di vivere al …Carmine. Queste parole sono il migliore biglietto da visita della contrada più famosa di Brescia. Volete scoprire chi le ha scritte? Non vi resta che entrare in questo racconto senza timore alcuno

trascorsi a fare vari mestieri, tra cui il meccanico, ha deciso di mettere a posto un locale con vetrina e sistemarci alcune delle sue opere. Lo trovate facilmente quando camminate per contrada del Carmine: fuori è parcheggiata una vespa color verde limone. Dentro c’è il suo mondo, la sua creatività che passa attraverso la lettura di libri e la composizione di materiali vari, cercati o talvolta semplicemente trovati nel tempo e nello spazio, prima ancora che avessero un destino artistico concreto. Così è stato per l’installazione di pezzi di legno antico e chiodi. Ci sono anche altre opere di cui chiediamo spiegazioni e dettagli per pentirci subito: nella testa borbotta la voce di Armstrong che ti ricorda: se lo devi chiedere… Allora passiamo ad altro: si vive di arte oggi? «No, lo faccio nel tempo libero. Il mio lavoro è un altro». Rispondono lo stesso i ragazzi di Confrontarti, associazione toscana con sede anche a Brescia. Sono i dirimpettai di Elia. Solo Ester si occupa a tempo pieno dell’attività dell’associazione mentre Massimiliano - che è anche uno dei soci fondatori lavora come art director in uno studio di Concesio. Silvia invece per l’associazione cura il laboratorio di ceramica. Il progetto Tangram è nato dalla collaborazione tra Ester e Silvia: la mente e la mano, il concetto e la materia, l’intellettuale e l’artigiana.

In queste foto: il giardino mediterraneo creato e accudito da Antonio De Martino a lato della chiesa del Carmine

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«In Toscana l’associazione si appoggia a spazi comunali mentre qui a Brescia volevamo provare ad avere uno spazio a nostra completa disposizione» ci spiega Ester. «Siamo qui da aprile e di gente ne abbiamo vista passare molta. C­’è chi entra per chiedere informazioni varie e chi invece è incuriosito dai nostri lavori. C’è l’anziano che entra anche solo per una chiacchierata». Vero e confermato da tutti. Di bello il Carmine ha questo: la sua capacità di resistere all’evoluzione del tempo e contestualmente alla disumanizzazione urbana conservando al contrario la propria natura di piccola comunità dove ci si conosce quasi tutti e nella misura in cui si riesce, ci si aiuta reciprocamente. Oppure semplicemente è un luogo in cui per un motivo o per un altro ci si guarda in faccia. Tangram, il progetto di Ester e soci, prende vita in forme e colori diversi: corsi di arte autunnali, workshop dedicati a ceramica, fotografia, pittura, danza e meditazione. Alcuni sono dedicati agli adulti, altri ai soli bambini. E poi ci sono le mostre in collaborazione con vari artisti. Il meccanismo è duplice: l’artista si propone ai ragazzi di Confrontarti oppure sono loro ad andare dall’artista. In arrivo anche musicisti che occuperanno il piano inferiore dello spazio associativo perché per il gruppo appassionato di arte il confronto tra generi diversi è fondamentale. Anche per Ester vivere e lavorare al Carmine è stata la scelta più naturale. «E’ la zona più interessante, più vera. Sarà perché non c’è quel bombardamento di marchi e loghi che c’è in altre parti». «Al Carmine si respira aria di vissuto, di paese» spiega Massimiliano. «L’architettura fa ancora giochi di luce con i mattoni che escono dalle case, non con i monoliti dei palazzi e con le insegne luminose». Al Carmine trovi ancora i calzolai di una volta dentro ai loro negozi che sanno di cuoio e lucido da scarpe e che stanno per chiudere per mancanza di lavoro. C’è un affascinante negozio di libri con occasioni davvero interessanti ed edizioni introvabili altrove. Esci, alzi lo sguardo e vedi un’opeIn alto: Ester, Massimiliano e Silvia di Confrontarti e le creazioni in ceramica; in mezzo lo studio di Antonio De Martino con alcune opere e il pianoforte bianco. Sopra: un’opera d’arte che si affaccia da una finestra della Contrada

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Elia Benedetti e le sue opere

ra d’arte di marmo bianchissimo affacciata alla finestra di no di nascita ma cittadino bresciano da tantissimi anni. un antico palazzo lasciato andare agli anni che passano. Sui Passando davanti al suo negozio - praticamente di fronte balconi ci sono madonne, biciclette messe al riparo dal- alla chiesa del Carmine - lo troverete intento a suonare il la mano veloce dei ladri, bandiere americane e tricolori. pianoforte bianco oppure a parlare con qualcuno che si è All’angolo con via San Faustino ti fermi a leggere i cartelli fermato da lui. “Se vuoi fare l’artista devi vivere a New di protesta contro il Governo mentre vedi York o a Shanghai! Oppure scegli di vivere al …Carmine”, camminare giovani di nazionalità diversa. è scritto all’ingresso. Ma il battito del Car«Sì ho coniato io questa frase e Suburra in cui si cela e braveggia il mine ruota attorno penso che faccia capire lo spirito alla figura di Antonio malfattore, il barattiere, la meretrice del luogo». Antonio di vite ne ha De Martino, napoletavissute tante e di racconti ne ha vagante delle specie più abbiette, il

limo inferiore della popolazione

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Sopra: un negozio di libri con occasioni ed edizioni introvabili. A lato: farfalle che volano sulla chiesa del Carmine

piene le mani e gli occhi. Racconti da condividere con tutti tutti cittadini e turisti. Quando c’è la MilleMiglia mi fermo quelli che vogliono parlare e ascoltare. «Quando sono arri- a parlare con tante persone soprattutto tedeschi. Mi piace vato a Brescia avevo ventidue anni e ragionavo dalla cintola tantissimo far conoscere la bellezza del luogo». A due passi in giù» ricorda l’artista. «Non dormivo mai, avevo sempre da Antonio c’è il negozio del figlio, Francesco, che dipinge da fare. Aprii un negozio in via delle Battaglie dove creavo paesaggi del Sud. E di bello c’è che Antonio, da bravo folle stucchi particolari. Mi è sempre piaciuta quale si definisce, ha creato un giardino mediterraneo tra la la ricerca. Io vengo dalla pittura, questo è grande chiesa e il Museo di fotografia. Un ulivo, una palma, una pianta di pomodori, un fico d’India e il mio mondo» precisa, ma nella altri tipi di vegetazione che resistono al clisua bottega si possono trovare Al Carmine si respira ma impietoso del nostro inverno bresciano anche installazioni di materiale aria di vissuto, di per esplodere di vita e profumi in primavario. «A forza di gomitate mi vera. Se non ci credete passateci a maggio feci spazio. Era una vita dura ma paese. Sembra di più umana. Nell’84 aprimmo l’Atelier degli vivere in una piccola quando ci sarà una bella rassegna artistica organizzata da Antonio. Tutti Artisti al Carmine. Era in un posto davvero comunità come si gli interessati entro il 30 aprile schifoso e rumoroso!». Com’è il rapporto di faceva in passato possono far pervenire la propria Brescia con l’arte e con gli artisti? «Nemo opera al poliedrico artista. propheta in patria» commenta amaramente A giro concluso non c’è più Antonio. «I direttori artistici e i galleristi portano artisti da fuori e chi è di Brescia deve bisogno di chiedere perché il andare fuori per farsi conoscere. Io invece» continua «sono Carmine sia un luogo speciaun terùn, sono una bestia libera!». Negli anni si è scontrato le. Bisogna viverlo e respirarlo anche con invidie e gelosie ma è sempre andato avanti con e poi sei libero di amarlo o di i suoi progetti dedicati alla valorizzazione del “suo” Carodiarlo. mine. «Mi piacerebbe diventasse una bella passeggiata per

«

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Passeggiando per contrada del Carmine è consigliato tenere gli occhi ben aperti per non perdersi interessanti spunti creativi come le volte a travi arricchite di installazioni dal sapore marittimo. In questo caso a lato è possibile scorgere un gruppo di gabbiani

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attualità

IL FANTASMA DEL DUBBIO di Paola Castriota

L

a piazza è piena di gente. Siamo nel cuore della città, a un passo dall’estate, ma il clima non è leggero, spensierato. Il clima è di piombo e l’aria che si respira, pesante. C’è un corteo, una manifestazione, ci sono gli striscioni, la gente parla e cammina.

scelte diverse, semplici, banali, come decidere il punto in cui posizionarsi per ascoltare meglio o per non prendere la pioggia. Non ci pensano su molto. E perchè si dovrebbe riflettere a fondo su una scelta del genere? Cosa cambia se mi metto sotto il portico o se sto in mezzo alla piazza? Se vado sotto al palazzo del Comune o se sto davanti alle vetrine dei negozi? Cosa dovrebbe cambiare? Cambia tutto invece perchè alle 10.12 scoppia il terrore che si prende otto vite, ma in realtà se ne prende molte di più. Si prende anche la vita di chi rimane ferito, di chi si salva senza un graffio, di chi accorre subito dopo e vede che volto ha l’orrore e lo vedrà per tutti i giorni che gli rimarranno da vivere o da sopravvivere. Un mostro nero che esce da un cestino in cui si trovava un ordigno esplosivo e si mangia tutto: sogni, speranze, illusioni, disillusioni, ricordi, pensieri, emozioni, progetti di vita. E’ lo stesso fantasma che da trentotto anni non concede tregua a chi crede e lotta perchè i processi democratici in questo piccolo Paese siano ripuliti da meccanismi oscuri, menzogne, reticenze, poteri forti, interessi di Stato, depistaggi e muri di gomma.

Non tutti sanno cosa sta accadendo e chi guarda dalla finestra o dalle vetrine dei negozi lo fa con aria incuriosita, alcuni sono pure infastiditi, altri liquidano il tutto pensando: i soliti manifestanti, ma che andassero a lavorare. Poi si sente echeggiare la voce di un uomo che parla da un palco. Dice cose importanti e lo fa con enfasi. La pioggia che scende spinge molte persone ad accalcarsi sotto i portici di quella piazza. Amici e amiche, mariti e mogli, colleghi e colleghe arrivati lì, insieme, per partecipare alla manifestazione e che a un certo punto fanno

STRAGE DI PIAZZA LOGGIA: NUOVO CAPITOLO. CI ERAVAMO LASCIATI IL 16 NOVEMBRE 2010 CON LA SENTENZA CHE IN PRIMO GRADO HA ASSOLTO TUTTI GLI IMPUTATI. SI TORNA IN AULA IL 14 FEBBRAIO PER IL PROCESSO D’APPELLO 16


attualità

PROCESSI DEMOCRATICI

Manlio Milani

I

In occasione dell’inizio del processo d’appello per la strage di piazza della Loggia abbiamo intervistato Manlio Milani, marito di una delle vittime e attuale presidente dell’associazione Casa della Memoria

l 16 novembre 2010 la Corte d’assise di Brescia ha assolto gli imputati ex 530 cpc secondo comma per non aver commesso il fatto. Cosa pensa di questa sentenza?

Farei una riflessione su due piani distinti. Da un lato dico che le sentenze si accettano, ma se guardo con occhio critico penso ci fossero gli elementi per un paio di condanne. Sono deluso dalle motivazioni contenute nella sentenza anche sotto un profilo quantitativo. Il testo è lungo più di 400 pagine ma il pensiero si restringe a cinquanta. Un lavoro che è durato tredici anni con un processo che a sua volta è durato più di due anni credo meritasse risposte più approfondite. La Corte di assise nelle motivazioni ha fatto alcune importanti rilevazioni che non ha tuttavia assolutamente approfondito e non ha dato risposte alle stesse richieste delle parti civili. Faccio due esempi: l’interrogatorio del generale Gianadelio Maletti al quale viene chiesto da parte dei giudici come mai nel luglio del 1974 aveva risposto di non sapere nulla mentre anni dopo scopriamo che c’era una enorme quantità di note informative mai sottoposte ai giudici. La Corte di assise ha dichiarato che, se queste carte fossero state date allora, le indagini avrebbero dato esiti completamente diversi dal fallimento della prima inchiesta. Il generale, in video conferenza dal Sud Africa, ha risposto: «Non le abbiamo dette perché dovevamo coprire la fonte». I giudici si limitano a constatare questo silenzio ignorando la domanda di parte civile la quale aveva chiesto di inviare alla Procura gli atti dell’interrogatorio del generale Maletti perchè meritavano un approfondimento in sede giudiziaria. Egli mentì nel ’74 e disse la verità quando scappò in Sud Africa. Il secondo punto riguarda tutta la documentazione del Centro controspionaggio di Padova che improvvisamente scompare, bruciata, compresi i registri di protocollo che per legge dovrebbero essere attentamente mantenuti. Anche qui le motivazioni si fermano alla semplice constatazione. Questi sono solo due esempi per dire che la delusione più profonda sta proprio nelle motivazioni della sentenza perché non approfondisce il problema. Sono stati sentiti centinaia di testimoni per ricostruire un contesto sintetizzato poi in tre righe. Ma proprio quel contesto rimane centrale nella questione. Quello che emerge dalle motivazioni è anche lo spezzettamento cioè il non rendersi conto che piazza della Loggia non è la prima strage che avviene in Italia. Dobbiamo

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LE VITTIME

34 anni giulietta banzi bazoli 32 anni livia bottardi milani 69 anni euplo natali 25 anni luigi pinto 56 anni bartolomeo talenti 37 anni alberto trebeschi 31 anni clementina calzari trebeschi 60 anni vittorio zambarda

partire dal ’69 (strage di piazza Fontana ndr). Ai giudici talmente impunita dopo 38 anni, non rimanga in quel buco non viene chiesto di fare gli storici, ma è indubbio che se nero che fa parte della storia italiana. Vorrei soltanto una le stesse persone passano da piazza Fontana, questura di cosa: arrivi la sentenza qualunque essa sia, ma che elimini Milano, Peteano, Brescia, treno Italicus vuol dire che ci ogni tipo di sospetto. La sentenza che verrà emessa in apsono elementi di continuità da approfondire e l’istruttoria pello sarà tanto più accettabile quanto più il dibattimento su questi elementi era andata a fondo. La strage di piazza sarà stato estremamente trasparente e limpido. Loggia è l’espressione più alta della volontà di agire con- Torna questo “fantasma del dubbio” che accompagna la tro le istituzioni democratiche come rilevò bene il giudice vicenda da troppi anni. Giampaolo Zorzi nel 1993. Sì ma questo non riguarda tanto la vita dei familiari del le vittime quanto il rapporto con le istituzioni. Io non riAdesso si apronuncerò mai alla no le porte del possibilità di coGLI IMPUTATI DEL TERZO PROCESSO SONO CINQUE: processo d’asnoscere il volto FRANCESCO DELFINO, PINO RAUTI, CARLO MARIA MAGGI, sise d’appello. di uno degli auCosa ci può dire tori, ma più che MAURIZIO TRAMONTE E DELFO ZORZI. di questa nuoil vedere qualcuGIOVANNI MAIFREDI, SESTO IMPUTATO, va fase procesno in carcere qui E’ DECEDUTO DURANTE IL PRIMO GRADO DI GIUDIZIO suale? Ci sono si tratta di una nuove prove in questione di cregrado di far acdibilità istituziocertare tutte o alcune responsabilità? nale. Eliminare ogni sospetto per rafforzare la trasparenza Normalmente nei processi di strage abbiamo visto sempre il delle istituzioni. Se gli atti sul generale Maletti non devono rovescio: condanna in primo grado e assoluzione in appello essere inviati alla Procura, ci dicano il perché. Non ci si perché il processo di primo grado permette ai giudici di può limitare a constatare che uomini delle istituzioni abguardare chi parla tra testimoni e imputati mentre l’appello biano mentito. Per la nostra democrazia è necessario capire è la lettura delle carte. E’ una valutazione più “astratta”. i meccanismi di coperture e impunità al di là delle singole A gennaio sono stati depositati altri faldoni da parte della responsabilità. pubblica accusa. Mi auguro che la corte d’appello possa accettare un riapertura parziale del dibattimento perché pur Voi familiari delle vittime sentite il bisogno di ricompornon conoscendo gli atti nuovi depositati dalla procura, ri- re una frattura con le istituzioni? Credete ancora nelle tengo doveroso che una strage come quella di Brescia to- istituzioni?

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Se non credessimo nelle istituzioni, non faremmo quello che facciamo. Certo che noi ci sentiamo in una certa misura traditi dalle istituzioni soprattutto perché non c’è chiarezza. Ma attenzione, noi non dobbiamo scaricare tutta la responsabilità sulla magistratura che spesso si è trovata di fronte al fatto che molti materiali sono stati nascosti e deviati. Dobbiamo aver presente da un lato i limiti dell’azione giudiziaria e dall’altro lato capire che questi limiti e dunque le modalità di molte impunità hanno origine in uomini delle istituzioni. Questo meccanismo deve emergere. La magistratura avrà anche le sue colpe ma non deve essere usata come capro espiatorio dell’impunità. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della giornata dedicata alle vittime delle stragi ha delineato il percorso che unì forze di destra a uomini delle istituzioni. La mancanza di una verità giudiziaria dopo quasi quarant’anni potrebbe essere letta nel senso di proteggere persone/interessi tuttora in vita? Sì è legittimo che venga letto così. Quando fu creata una commissione parlamentare d’inchiesta per capire i meccanismi di impunità sulle stragi fu chiaro che il problema non era soltanto di carattere giudiziario ma di collusioni e depistaggi. Per la strage di Peteano è stato condannato il generale Dino Mingarelli, per piazza Fontana è stato condannato il generale Maletti, per la stazione di Bologna abbiamo la condanna degli ufficiali del Sismi (Servizio per le informazioni e la sicurezza militare) Giuseppe Belmonte

Pietro Musumeci. La responsabilità dell’area della destra su questi fatti è un dato acquisito. Dove militava Silvio Ferrari il ragazzo che a pochi giorni dalla strage di Brescia saltò in aria mentre portava un ordigno sul motorino? La Casa della Memoria di Brescia si è impegnata per far sottoscrivere un appello lanciato, tra gli altri, da giornalisti, deputati e scrittori noti, per ottenere l’abolizione del segreto di Stato su fatti di strage trascorsi al massimo 30 anni dall’apposizione del segreto stesso. Siete stati ascoltati? La prima azione che fece l’Unione dei familiari delle vittime di stragi in Italia avvenne nel 1984 con un raccolta di firme tramite petizione popolare. Ne raccogliemmo 100 mila per far abolire il segreto di Stato sui fatti di strage. Esiste una proposta di legge datata 3 agosto 2007 n124 che stabilisce due criteri importanti: la temporizzazione del segreto – al massimo trent’anni – e le modalità di gestione delle carte. Purtroppo da cinque anni la legge è ancora inapplicata perché mancano i decreti attuativi. Non è possibile. Questa è una evidente manifestazione di mancanza di una volontà politica. Abbiamo mandato appelli, chiesto incontri. Tutti rispondono: sì, ma alla fine è come andare contro un muro di gomma. Se domani arrivassero questi decreti attuativi, come gioverebbero alla verità sulla strage di piazza Loggia? Intanto vorrebbe dire avere a disposizione tutti i materiali che ci sono. Potrebbe essere che negli archivi non ci sia nulla ma oggi sono costretto a pensare che si agisce così

I NUMERI

8 morti 104 feriti 3 processi 38 anni dalla strage 0 colpevoli

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UN MATTINO DI PRIMAVERA, UNA PIAZZA PIENA DI GENTE, UNA BOMBA CHE ESPLODE: OTTO VITTIME, UN CENTINAIO DI FERITI, INNUMEREVOLI VITE DISTRUTTE. TRENTOTTO ANNI SENZA SAPERE LA VERITA’ SULLA STRAGE DI PIAZZA LOGGIA. UNA DATA: 28 MAGGIO 1974


Il manifesto che invitava i cittadini a partecipare alla manifestazione antifascista in Piazza Loggia. Sotto: le prime pagine di alcuni quotidiani del 29 maggio 1974

perché non si vuol fare conoscere la verità. Si resta nel dubbio e si mette in discussione la credibilità delle istituzioni e in questo caso il senso della giustizia. Lo scorso anno è stato ospite di Fabio Fazio alla trasmissione Vieni via con me: come è nata questa collaborazione? Mi hanno contattato loro e li ringrazio per averci dato la possibilità di ricordare il fatto di strage e le sue conseguenze. Fazio è stato estremamente sensibile nel cogliere l’essenza di quello che è accaduto: le ragioni dello scoppio ossia la manifestazione, lo scoppio e le conseguenze ossia i morti. I mass media purtroppo oggi giorno si limitano a rappresentare il presente e nel caso dell’ultimo processo alla strage di piazza Loggia devo dire che la stampa nazionale a differenza di quella locale che ha seguito tutte le udienze, non ha mostrato interesse. Minoli voleva fare una puntata nel programma La Storia siamo noi ma avendo saputo che il processo era ancora in corso, giustamente ha voluto aspettare la conclusione. Che idea personale si è fatto dello scempio di quel 28 maggio 1974? Mi sono fatto più di una idea. Da un lato lo scempio della vita delle persone. La prima violenza è stata la disumanizzazione ossia le persone usate come strumenti per lanciare messaggi ...Ce l’ha ricordato durante il processo Fabrizio Zani, appartenente all’epoca a Ordine Nuovo, facendo un paragone: “Quella dell’Italicus non è una strage riferibile a noi perché là si sono colpiti dei civili. Piazza Loggia può rientrare nella nostra logica perché lì si sono colpiti degli avversari”. Chi commise la strage a Brescia non pensò che le persone fossero portatrici di bisogni, idee, progetti. Dall’altro lato rimane lo scempio delle istituzioni, dunque del sistema democratico e della Costituzione.

Il terzo elemento è stato la grande risposta che in quei giorni diedero i cittadini di Brescia in tutte le loro espressioni culturali e politiche. Credo che uno degli obiettivi della strage fosse quello di provocare una profonda reazione che avrebbe dovuto motivare una richiesta di intervento d’ordine. In quegli anni c’era chi teorizzava colpi di Stato. La risposta dei bresciani fu grande. I cittadini non caddero nella provocazione ma presero in mano il senso istituzionale. Ricordiamo i funerali: il servizio d’ordine fu gestito solo dai cittadini bresciani e coordinato dalle organizzazioni sindacali. Furono presenti le più alte cariche dello Stato che vennero coperte di fischi. Questo cosa vuol dire? Da un lato che i cittadini difendevano democraticamente le istituzioni perché esse vivono tramite noi attraverso la partecipazione e l’assunzione di responsabilità diretta, dall’altro lato i fischi stavano a significare la richiesta di un cambio radicale della classe politica. Alla violenza si risponde con la democrazia. Questo fu il grande messaggio dei cittadini di Brescia e credo valga ancora oggi. pCas

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attualità

L’orrore è di casa

di Paola Gregorio

B

asta pronunciare il nome «Green Hill» e in ogni angolo d’Italia sanno di cosa si sta parlando: l’allevamento di cani beagle destinati alla vivisezione che si trova a Montichiari, nella Bassa Bresciana.

Allevamento finito da tempo sotto i riflettori, tanto da essere diventato un vero e proprio caso nazionale e che il Coordinamento «Fermiamo Green Hill» e il Comitato «Montichiari contro Green Hill» definiscono un «canile lager». In prima linea nella battaglia per la chiusura di Green Hill, c’è l’ex ministro al Turismo, Michela Vittoria Brambilla, che è stata più volte a Montichiari: l’ultima, il 14 gennaio scorso, ha partecipato alla fiaccolata anti Green Hill che dal piazzale antistante l’ospedale è arrivata sul colle di San Zeno. Tra il deputato piediellino e il sindaco di Montichiari,

Elena Zanola, non sono mancati scambi di opinione accesi. La Brambilla ha dichiarato che il primo cittadino monteclarense «dovrebbe preoccuparsi del pensiero dei 22 mila abitanti di Montichiari e degli italiani che sono indignati per la presenza, nel loro paese e in Italia, di una fabbrica di morte quale è Green Hill». E ha invitato la Zanola «a fare la sua parte, con gli strumenti che ha a disposizione». E’ notizia recente che la commissione Politiche comunitarie della Camera, ha approvato l’emendamento alla legge comunitaria 2011, firmato proprio dalla Brambilla. Emendamento che ora dovrà esaminare l’aula di Montecitorio e che vieta l’allevamento sul territorio nazionale di cani, gatti e primati destinati ai laboratori. «La chiusura di Green Hill adesso è davvero vicina», ha commentato l’ex ministro. A suo tempo, la Brambilla aveva pure presentato, alla Procura della Repubblica e ai Nas di Brescia, un esposto in cui chiedeva in forma ufficiale un intervento volto ad accertare «violazioni alla normativa statale e regionale in materia di tutela del benessere degli animali di affezione».

CONTRO L’AZIENDA MONTECLARENSE GREEN HILL, CHE UTILIZZA CANI BEAGLE PER LA VIVISEZIONE, SI E’ LEVATO UN MOVIMENTO CORALE AL GRIDO: CHIUDETE! LA QUESTIONE E’ ARRIVATA IN PARLAMENTO 21


Sotto: immagini dei cortei promossi per la chiusura di Green Hill; locandine degli attivisti e alcuni cuccioli di Beagle, razza canina “prediletta” da chi conduce la vivisezione per il buon temperamento dell’animale

Dal canto suo, il sindaco ha chiarito più volte che c’è «una falsità di fondo. Il sindaco non ha facoltà di chiudere Green Hill. Non può farlo perchè andrebbe contro alla direttiva comunitaria e alla legge italiana del 1992 che dettano le regole per questo tipo di allevamenti. Il Comune non puà prevaricare le normative». Peraltro recentemente, le autorità competenti hanno chiarito che il sindaco nulla può fare per ottenere la chiusura dell’allevamento. E’ stata pure a Roma, la Zanola, per consegnare al ministero della Sanità le firme raccolte dal Comitato Montichiari Contro Green Hill. Ma non solo, ha scritto una lettera al ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri – che peraltro conosce bene Brescia, avendone guidato la Prefettura dal 2000 al 2003 - chiedendo di fare in modo «che non venissero dette altre bugie». Ha poi preso carta e penna e inviato una missiva alla Brambilla. «Le ho scritto che è corresponsabile di quanto sta accadendo per via delle bugie che ha raccontato e sta raccontando», ha ricordato. A Montichiari, la vicenda Green Hill e l’attenzione mediatica, hanno innescato un clima «rovente». «All’inizio - ha rammentato recentemente la Zanola sugli organi di stampa locali - quando hanno preso il via le proteste civili del Comitato di Montichiari non ci sono stati problemi. Poi le cose sono precipitate, perchè, sulla scia di false infor-

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mazioni spacciate per vere, qualche testa calda ha deciso di fare da sé. Ecco allora le vetrine dei negozi rotte e le pallottole spedite al comandante della Polizia Locale». Il sindaco non conferma, ma pare che alla Zanola siano arrivate alcune lettere, contenenti pallottole e minacce varie, ben circostanziate. Ha già annunciato che chiamerà a rispondere, compartecipando alle spese che anche per via delle proteste la comunità di Montichiari ha dovuto affrontare oppure chiedendo i danni a chi ha contribuito «a creare questo clima». Il sindaco è stato anche protagonista di un botta e risposta con le guardie zoofile dell’Oipa. Che hanno detto di non poter soddisfare «la richiesta del primo cittadino riguardo il verbale relativo alla visita del 30 settembre scorso». Verbale che riguarda l’ispezione effettuata a Green Hill e che l’Oipa afferma di non poter far avere alla Zanola in quanto coperto da segreto istruttorio. La Zanola ha rimarcato a questo proposito di aver sollecitato la controfirma della lettera, firmata da Antonio Colonna, da parte delle altre guardie Oipa presenti alla perquisizione, in quanto «l’associazione ha comunicato che Colonna non era più una guardia volontaria da prima della notizia trasmessa da Striscia la Notizia. E come mai il documento è giunto 31 giorni dopo l’ispezione?».


territorio

Scarpe? questione di mani

L

di Claretta Pasotti a gioia di vedere cosa si è potuto realizzare con le proprie mani. La soddisfazione di rispondere ai desideri del cliente, offrendogli qualcosa che nessun altro è in grado di dare.

pelli e stoffe per realizzare borse e vestiti, lui ha appreso a lavorare le pelli in famiglia ma in Italia ha poi svolto anche altre occupazioni. A dieci anni fa avviene il loro incontro a Brescia e la decisione di aprire in società la Bottega Alba. «E’ stata dura, non è mancata la tentazione di rinunciare e non sono mancati nemmeno i pregiudizi» ricordano. «Ma a poco a poco siamo riusciti a farci conoscere e apprezzare». E oggi i clienti non mancano, nonostante la crisi. «Perché quello che più conta è la passione» spiega Cristina «la soddisfazione per quello che si fa, prima ancora di quella economica». I due artigiani, oltre ad occuparsi di riparazioni, realizzano calzature per uomo, donna e bambino, scarpe ortopediche o per matrimoni, accessori e borse su richiesta. Per lei si può scegliere tra decolté, stivali e sandali, semplici o particolari, adornate da scritte, disegni o fiocchi, eventualmente anche in tinta con cinture, borse o pochette. Per lui si realizzano francesine, Derby e Oxford all’inglese, polacchini e mocassini sui quali «non si vede al-

Il sapore di quell’artigianato che sta inesorabilmente scomparendo ma che qualcuno vuole tenere in vita. Si legge negli occhi, a Cristina e Domi, la passione per il proprio lavoro che si svolge interamente all’interno del piccolo laboratorio della Bottega Alba in piazza Tebaldo Brusato. “Scarpe fatte a mano su misura” si legge sul loro biglietto da visita, sotto il logo che rappresenta il castello di Brescia, due Leonesse e altrettante aquile, «simbolo della forza dell’aria e della terra, che proteggono questo mestiere». Bresciani d’adozione, Cristina e Domi vengono rispettivamente da Romania e Albania. Lei lavorava

LA GLOBALIZZAZIONE AVRÀ ANCHE APERTO LA PORTA A PROBLEMI ECONOMICI DI VARIO GENERE, MA IN ALCUNI CASI HA PERMESSO AD ATTIVITÀ ARTIGIANALI DI RESTARE IN VITA E GODERE DI OTTIMA SALUTE, GRAZIE ALLE “CONTAMINAZIONI” DI ARTI E SAPERI UN TEMPO APPANNAGGIO UNICO DEGLI ITALIANI

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In questa pagina fasi della lavorazione delle scarpe fatte a mano. Cristina mostra la collezione di calzature da uomo e da donna

cuna cucitura». Il valore aggiunto della scarpa su misura, estetica a parte, consiste «nella stabilità della postura e della camminata, essendo realizzate appositamente sul piede di chi le deve indossare. E’ un lavoro che non ha prezzo e che richiede molta pazienza». Cristina e Domi, stilisti, disegnatori e modellisti, non contano infatti le ore quando hanno un lavoro da portare avanti. «La realizzazione di un paio di scarpe può richiedere alcuni giorni, se si hanno già in laboratorio le materie prima, o un massimo di duetre settimane se le si devono procurare». Solitamente nelle concerie milanesi o a Firenze per quanto riguarda il cuoio. «I materiali che utilizziamo sono sempre di primissima scelta e richiedono quindi determinati costi» spiegano . «Il fatto a mano è molto diverso rispetto al prodotto industria-

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le. Le grandi aziende puntano purtroppo più sulla quantità che sulla qualità. I clienti, dal canto loro, curiosi e increduli, chiedono talvolta di vedere il nostro laboratorio. E’ un peccato che il lavoro artigianale stia scomparendo, noi lottiamo per mantenerlo in vita». Da qui nasce il sogno di esportare le proprie creazioni anche al di fuori di Brescia. Dopo diverse richieste pervenute dall’estero, si sta infatti concretizzando il progetto di lunga data di Cristina e Domi di aprire una bottega niente meno che a Londra. Sito internet e logo son già pronti e si sta iniziando a pensare, per un prossimo futuro, anche a Berlino. Ma niente paura, il negozio in piazza Tebaldo non chiuderà. Per continuare a dare concretezza alle scarpe sognate da clienti nuovi e affezionati.


attualitĂ

le catene alle liberalizzazioni

di Paola Gregorio

Cosa pensano i negozianti bresciani della legge sulla liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi? L’abbiamo chiesto proprio a loro

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“

Che facciamo, io e mio figlio. Prendiamo una brandina e ci piazziamo in negozio notte e giorno?Âť. Una battuta provocatoria quella della signora Renata che in centro storico gestisce il negozio I gioielli di Rossana.

Dietro l’ironia amara c’è la preoccupazione e la rabbia dei commercianti bresciani per la liberalizzazione degli orari dei negozi, al via dal 2 gennaio e firmata dal Governo Monti. La prima di una serie che stanno suscitando un vespaio di polemiche, e scatenando proteste: dai tassisti agli autotrasportatori, su e giĂš per la Penisola. Non ci stanno, perchĂŠ la considerano piĂš che altro un’operazione a favore della grande distribuzione che mette a repentaglio la tenuta dei negozi di vicinato. Dai toni piĂš soft alla critica dura, è un coro di ÂŤnoÂť. Come facciamo a sostenere le spese del personale, delle bollette con orari cosĂŹ estesi?Âť è il commento che rimbalza da una vetrina all’altra. E liberalizzazione,

Carlo Massoletti presidente dell’Ascom

per loro, e per le associazioni di categoria nostrane è sinonimo di deregulation. La chiama cosĂŹ Carlo Massoletti, presidente dell’Ascom. ÂŤGiĂ oggi l’orario di apertura giornaliero in Lombardia è uno dei piĂš ampi d’Europa: possiamo coprire fino a 13 ore al giorno di servizio continuato con le aperture che tra giornate domenicali e festive sono in media 22 all’anno. A cui si aggiungono le deroghe. Allargare ulteriormente le maglie significa favorire soprattutto le grandi superfici di venditaÂť. Il rischio? ÂŤChe si chiuda l’attivitĂ Â o si cerchi di

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Maurizio Margaroli assessore comunale al commercio

sopravvivere. E ci sono due modi per farlo: aumentare i prezzi con conseguente contrazione dei consumi oppure diminuire la qualitĂ Âť. La prospettiva non sorride neppure all’assessore comunale al Commercio, Maurizio Margaroli, che i commercianti li ha incontrati per discutere della novitĂ . ÂŤSono contrario e l’ho detto da subito. Questa non è una difesa di corporazione, ma tutela della qualitĂ del lavoro. Il pericolo è andare verso un commercio di scarsa qualitĂ . GiĂ oggi i negozi che aprono durano mediamente due anni. Un tempo c’erano quelli storici, tramandati di generazione

in generazioneÂť. Durante la riunione, gli avevano chiesto di sollecitare la Regione a fare ricorso contro la norma: il commercio, sostengono appellandosi al Titolo Quinto della Costituzione - riformato nel 2001 in senso ÂŤfederalistaÂť e che riguarda le competenze di Regioni, Province e Comuni - è materia di competenza regionale e non stataleÂť. ÂŤIl Governo dice che la materia è la tutela della concorrenza, per la quale la potestĂ legislativa è dello Stato. Ma io ribadisco che qui si parla di commercioÂť. Margaroli ha fatto proprie le istanze dei commercianti e le ha portate a una recente seduta dell’Anci Lombardia: con lui i colleghi che in seno agli enti locali hanno le deleghe in materia. Da quell’incontro è uscita una proposta, girata poi alla Regione: aprire un tavolo di confronto con il Governo per ribadire che la titolaritĂ sul tema non è dei palazzi romani. ÂŤOgni Comune, assieme alle associazioni di categoria, deve poter far sentire la sua voce e decidere in base alle esigenze del territorioÂť. E il Pirellone si è mosso, affiancandosi a quanto giĂ fatto da altre Regioni: una mozione della Lega Nord, votata dal Consiglio regionale con un via libera bipartisan e la sola astensione dell’assessore della partita, Stefano Maullu, chiede alla Regione di mettere in campo

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Hanno Detto

Antonio Massoletti vice presidente Consorzio Brescia centro

un ricorso alla nuova norma e impegna il presidente Roberto Formigoni ad attivarsi per ricorrere alla Corte Costituzionale. Oltre la deregulation, chi sta dietro il bancone di un negozio si chiede che senso abbia in una città piccola come Brescia permettere di aprire i battenti senza limitazioni di orario. Ergo, dicono, non siamo a New York o a Londra, «chi verrebbe a comprare alle nove o dieci di sera. Già quando chiudiamo, alle sette e mezza, non c’è più in giro nessuno», commenta Lorella, responsabile di Libero Milano all’angolo tra corso Zanardelli e via Dieci Giornate. Ne fanno anche una questione di sicurezza. «Qui alle undici o mezzanotte ci sarebbe di che avere paura» sostiene Valentina, commessa di Idexe’, che vende moda 0 14 in via Dieci Giornate . E poi, perché solo i negozi? «Che allora la stessa cosa valga anche per gli uffici», propone Michela, responsabile del punto vendita di Luisa Spagnoli in centro storico. I commercianti sono già sul piede di guerra per le aree commerciali previste dal nuovo Pgt. «Cinque aree commerciali nuove che ancora una volta vanno incontro alle esigenze della grande distribuzione», osserva Antonio Massoletti, vicepresidente del Consorzio Brescia Centro. Guarda oltre la critica, Massoletti, e aggiunge: «Il nostro compito, a questo punto, diventa calendarizzare al meglio le nostre aperture, studiare maggiori sinergie con gli eventi organizzati dal Comune».

«Le liberalizzazioni degli orari d’apertura degli esercizi commerciali sono una presa in giro. Per i consumatori, ovvio. E per i commercianti. La sola conseguenza di questo provvedimento scellerato? L’impennata dei prezzi. Tra commessi, cassiere e sicurezza, i costi di gestione saliranno notevolmente. E l’unico modo per coprirli sarà quello di aumentare il costo di latte e pasta. I piccoli commercianti faticheranno a sopravvivere. La guerra, spietata, sarà solo tra i centri commerciali. La competizione tra i negozi potrebbe essere garantita solo dall’estensione dei saldi all’intero anno. Ognuno dovrebbe essere libero di decidere. E il consumatore ne trarrebbe immensi vantaggi». Adriano Papa, commissario Federconsumatori di Brescia «I comuni che si oppongono sprecano tempo e soldi. I negozi devono tener aperto quanto e come vogliono. Del resto, i cittadini lo invocano da sempre. Pensi al pendolare che rincasa alle otto e mezza di sera e riesce a comprare il pane nella bottega sotto casa. Le piccole botteghe sbagliano. Non è la liberalizzazione a vessarle, ma il numero esasperato dei colossi che prolificano nelle periferie. La colpa è dei politici, che non mettono paletti. Iniziassero a limitare la costruzione di centri commerciali: le piccole imprese cesserebbero di ansimare». Marco Donzelli, presidente Codacons «Chi mai potrebbe pensare di comprare del prosciutto alle tre di notte? Chi mai potrebbe permettersi di pagare un commesso che lavora in simili orari? Forse, nemmeno i giganti del commercio». Alessandro Miano, Assoconsumatori

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attualitĂ

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S

storia

IL ACCO DI BRESCIA di Mariella Annibale Marchina*

N

Insegna dei Guelfi e dei Ghibellini (Tratto dallo Stemmario delle famiglie nobile di Milano)

ei primi anni del XV secolo iniziano le mire espansionistiche della Repubblica di Venezia verso la Terraferma.

occupa il ducato di Milano. Approfittando dell’alleanza coi francesi, Venezia riesce a portare i confini all’Adda e al Po, suscitando però allarme nel monarca francese che nel 1508 torna in Francia a Cambrai e incoraggia una coalizione contro Venezia, appoggiato dall’imperatore tedesco, dal re di Spagna, dai Gonzaga di Mantova, dai Savoia, praticamente tutte le potenze del tempo. Nel 14 maggio 1509 Venezia subisce una sconfitta ad Agnadello (Ghiera d’Adda) da parte dei francesi che si dirigono verso Brescia. La città è subito abbandonata dai Rettori Veneti. Il consiglio cittadino assume il comando, ma non è facile, si riaccendono le rivalità tra le famiglie guelfe e Ghibelline. I Gambara sono filofrancesi, per facilitare l’entrata del re organizzano disordini, con la segreta speranza di tornare ad aver l’egemonia sulla provincia. Il consiglio, spaventato dai tumulti,

A oriente occupa l’Istria e la Dalmazia, ad occidente cerca di contrastare l’espansionismo del ducato di Milano.

Inizia in questo periodo una serie di conflitti, assedi, violenze che portano carestia, peste. Nell’assedio del 1438, espletato dal Piccinino, alla città di Brescia per conto dei Visconti di Milano, secondo la leggenda appaiono i santi patroni Faustino e Giovita sugli spalti del Roverotto della Pusterla. Con la Pace di Lodi del 1454 e di quella del 1484, i veneziani ottengono la definitiva assegnazione del territorio bresciano. Inizia un periodo di tranquilla prosperità. La situazione muta quando il re francese Luigi XII, che conta sull’alleanza di Venezia,

Epigrafe tratta dal volume della “Storia di Brescia”, V.II, Brescia 1963

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Si è finalmente trovato il documento attestante l’Ultima Pace sancita tra i guelfi e i ghibellini bresciani. Pace importantissima che poneva per l’ennesima volta una tregua tra le due fazioni politiche. Ma i nostri storici, dal Caprioli, al Malvezzi, fino all’Odorici, che ci hanno descritto le vicissitudini dei nostri antenati, non sono riusciti a rintracciare il documento. Gli storici e i cronisti di allora ci hanno informato delle riappacificazioni, seguite immancabilmente da omicidi, violenze tra le famiglie Porcellana, Gambara, Martinengo, Averoldi, Caprioli, Avogadro, Sala, che per tre secoli hanno insanguinato il territorio bresciano. Del documento ufficiale se ne sono perse le tracce, ma una copia è stata registrata negli Annali dell’archivio storico della famiglia Pulusella. L’Ultima Pace fu quindi sancita fra le fazioni dei guelfi e dei ghibellini bresciani, ma non con le potenze confinanti dei Visconti di Milano e dei Veneti della Serenissima Repubblica.

Rappresentazione della Pace di Gussago del 1313, tra Guelfi e Ghibellini alla presenza del vescovo Federico Maggi. (Opera eseguita dal pittore gussaghese Franco Paderno, per l’Associazione “Famiglie Gussaghesi” (Fotografia di Mariella Annibale)

decide di offrire le chiavi della città al re francese. I festeggiamenti per l’entrata del re durano 5 giorni. La convivenza forzata, tra i soldati francesi (guasconi e svizzeri) e la popolazione bresciana, suscita un continuo attrito che scatena violenze tanto feroci da far rimpiangere ai bresciani l’occupazione veneta. La situazione si aggrava quando iniziano a scarseggiare i viveri in città, soffocati con forza. I bresciani, stanchi e amareggiati si organizzano attorno alle iniziative del nobile Avogadro che in Val

Trompia sta reclutando uomini, riprendendo i contatti con i veneziani. Le famiglie Avogadro, Ducco, Martinengo, prima filofrancesi, mutano alleanza e approfittando dell’assenza da Brescia di Gastone di Foix, organizzano la rivolta. La guarnigione francese rimasta in città, ai primi tumulti si barrica in castello. Gastone di Foix, saputo degli avvenimenti, ritorna a Brescia. Nella notte del 16 febbraio attacca a San Fiorano sui Ronchi, uccidendo il Negroboni con i suoi 800 uomini. Due notti dopo sotto il nevischio,

ASBs, Fondo di Religione, Monastero di San Faustino. Pergamena miniata per ricordare i Privilegi concessi nel 1509 dal re Luigi XII, al monastero benedettino maschile di San Faustino

Particolare della pergamena. In trono, con le scarpe rosse, c’è il re Luigi XII, inginocchiati i monaci che ricevono il diploma con i privilegi

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Bassorilievo del monumento funebre di Gastone de Foix. Fotografia tratta dalla “Storia di Brescia”, V. II, Brescia, 1963

ANNALI DELLA NOBILE FAMIGLIA PULUSELLA,

in ASBs/Archivio della Congrega Apostolica di Carità di Brescia, b. 248

attraverso la porta del Soccorso, nella zona settentrionale del castello riusce a far entrare i suoi 6.500 soldati, tra fanti e cavalieri. Dopo averli rifocillati concede loro il diritto di saccheggio. Scende prima a piccoli gruppi, affronta le difese bresciane e le sconfigge. Inizia così il massacro più efferato Brescia ricordi: gli inermi cittadini subiscono ogni sorta di cieca violenza. Donne giovani e vecchie stuprate nelle loro case, nei monasteri, nelle

a.d. 1412 - 23 aprile Molti cittadini e fra essi Bertazzolo de Pulusellis, tutti abitanti della terza quadra del quartiere di S.Giovanni in Brescia, convocati nella chiesa dei Santi Cosmo e Damiano, sita in contrada Campobasso; con mandato ed in presenza del signor Antonio de Passirano anziano di detta quadra, presenti pure Maffeo de Soldo, Pasino qm Laurino de Bulgare e Comino figlio di Lorenzo de Gerla, cittadini ed abitanti di detta città di Brescia, testimonj rogati e chiamati, al suono della campana ed alla voce di detto anziano, nel modo ed in luogo solito, fanno, costituiscono ed ordinano Benvenuto de Tiberijs notaio e Girardo de Fenarolis ospite, ambedue cittadini ed abitanti di Brescia, pure presenti, con facoltà massimamente di rimettere e perdonare a qualunque persona o comunità della città di Brescia e della parte guelfa, tutte e le singole ingiurie ed offese, tanto reali che personali, tacite ed espresse, dirette od indirette; a concludere buona, vera ed amichevole concordia e pace in perpetuo duratura, delle predette tutte e singole ingiurie ed offese, che per lo passato percepirono, o fatte fossero peraltro o peraltri e per qualunque persona o comunità di detta parte guelfa di detta città di Brescia, di divenire come ai capitoli, patti, pene, promesse, obbligazioni, rinuncie, giuramenti ed altre solennità e clausole debite, opportune ed utili alle predette cose, a fare, ad esercitare a compiere tutte e le singole cose utili e necessarie nei predetti e circa le predette cose, anche se tali fossero che esigessero mandato speciale, ed essi stessi costituiti, fare ed esercitare possono se sempre adicono. Essi costituiti danti, cedenti e mandanti, e qualunque di essi per se ed a nome dei loro procuratori e sindaci, e qualsiasi di loro in solido, pieno, generale e speciale mandato, come piena, libera, generale e speciale amministrazione nelle predette cose tutte e singole ed esse cose tutte e singole adempiere, promettendo e giurando per se in perpetuo aventi firma, e con contravvenenti ad altra ragione o causa, di diritto né di fatto, sotto obbligazione degli stessi, e di tutti i loro beni presenti e futuri, a favore dei predetti. Rogiti di Aldrezino figlio di Pianino de Salis notaio di Brescia.

La porta del Soccorso in castello Fotografia tratta dalla “Storia di Brescia”, V. II, Brescia, 1963

chiese.Il saccheggio è frenetico e forsennato. E’ ricordata in modo indelebile la violenza subita da Nicolò Tartaglia nel Duomo di Brescia, quando dodicenne viene sorpreso e ferito al volto da alcuni soldati francesi, il trauma è così forte che gli provoca la balbuzie. Da qui il soprannome poi cognome - del famoso matematico Tartaglia. Le case da Porta Bruciata a san Nazaro, come quelle da porta san Giovanni a porta Torrelunga, vengono saccheggiate, svuotate. Nei combattimenti in Piazza Mercato Nuovo, oggi piazzale Tebaldo Brusato, viene ferito il capitano francese Bojardo, trasportato nel palazzo Cigola e qui curato. Per riconoscenza verso la famiglia la risparmia dalle violenze e dai saccheggi. I cittadini, sconvolti e

(Documento inedito traslitterato da Mariella Annibale Marchina)

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Ritratto di Nicolò Tartaglia riportato sul frontespizio della “Regola Generale” pubblicata nel 1549. Fotografia tratta dalla “Storia di Brescia”, V. II, Brescia, 1963

Ritratto di Gastone de Foix eseguito da Girolamo Savoldo Fotografia tratta dalla “Storia di Brescia”, V. II, Brescia, 1963

Sacco si aggiri intorno ai tre milioni e mezzo di monete d’oro. L’odierna chiesa della Carità in via dei Musei, viene ricostruita alcuni anni dopo il terribile Sacco per i danni strutturali subiti. La notizia del Sacco si diffonde in tutta Italia e in Europa. I difensori bresciani - Tommaso Ducco, Girolamo Riva, Luigi Avogadro, Giovanni Pulusella, Confaloniero Gonfalonieri - vengono catturati e decapitati davanti all’impassibile e sprezzante giovane comandate de Foix. Le autorità francesi premiano le famiglie a loro fedeli come i Gambara, i Martinengo Cesaresco, i Brunelli. Il combattivo e terribile Gastone di Foix, nell’agosto del 1512 lascia Brescia sotto la custodia di un forte presidio comandato dallo scozzese Stewart, sapendo che i bresciani, per il momento, non avevano più la forza di reagire, né la possibilità di agire. Così si dirige a Ravenna per partecipare alle varie battaglie contro gli spagnoli, vincendoli, ma il destino nero è dietro l’angolo e lo fa cadere durante una cruenta battaglia. La situazione politica muta, ma non a Brescia dove ai francesi si sostituiscono gli spagnoli. Solo dopo vari ribaltamenti e alleanze tra i vari potenti nel 1516 ritornano i Rettori Veneti. *Archivio di Stato di Brescia

disorientati da tanta violenza e carneficina, si dirigono verso la porta San Nazzaro creduta libera. L’aprono con la speranza di trovare rifugio nel territorio e si trovano invece di fronte a cinquecento soldati che li respingono di nuovo verso il centro e verso la terribile fine. La lotta e le violenze si susseguono casa per casa fino al tramonto. La cosa che destò negli anni a seguire maggior scalpore furono i festeggiamenti organizzati da Alda Pio di Carpi, moglie di Gianfrancesco Gambara, madre della poetessa Veronica, che con lasciva cattiveria e con malvagità postribolare festeggia il carnevale e la ripresa della città da parte delle forze francesi. Lo stesso pittore Ferramola rischia di essere ucciso mentre è intento a dipingere affreschi nel palazzo Borgondio. Viene salvato dallo stesso comandante de Foix, ma in cambio il francese gli commissiona un ritratto, che secondo la leggenda viene pagato con 200 ducati. Cadaveri si trovarono in ogni strada, vicolo e cantina: sembra la fine del mondo. Dalle porte della città iniziano a uscire carri pieni di refurtiva di ogni genere. I cronisti ne registrarono quattromila. I gioielli e l’oro rapinato saranno divisi tra comandanti e soldati. Si calcola che il

Nella foto la presidente prof.ssa Luisa Lazzari Majolini, del Soroptimist Franciacorta Sebino Vallecaminica, il presidente della Fondazione Comunità Bresciana dott. Mantovani, l’architetto Roberto Frassoni e la dott. ssa Gisella Cadeo Baiguera, presidente del Soroptimist Brescia consegnano i contributi per il restauro della chiesa della Carità al presidente Mantovani.

Convegno SABATO 18 FEBBRAIO Brescia nell’eta'’ delle guerre d'Italia: Studi in occasione del V centenario del Sacco di Brescia del 1512 AUDITORIUM SAN BARNABA dalle ore 09,30 AULA MAGNA LICEO ARNALDO dalle ore 15

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economia

L’INFERNO DEGLI ONESTI COSÌ IL NOTO FISCALISTA RAFFAELLO LUPI HA DEFINITO IL PARADISO DEL SOMMERSO ED È SULLA SCIA DI QUESTO CONCETTO CHE SI È SVOLTO A BRESCIA UN IMPORTANTE INCONTRO TRA COMMERCIALISTI, PROFESSIONISTI, AGENZIA DELLE ENTRATE E GUARDIA DI FINANZA. IL TEMA CALDO, ANZI, BOLLENTE SONO STATE LE TASSE

di Magda Biglia ◊ ◊ ◊

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«Se tutti pagassero le tasse, sborseremmo in media il 10 per cento in meno e avremmo più servizi» o ripete pure la pubblicità progresso ma l’auspicio di Antonino Lucido, direttore generale dell’Agenzia delle entrate di Brescia, cozza contro la dura realtà:

Le cifre fornite dal direttore sono da capogiro: 130 miliardi l’anno di imposte non onorate, 133mila euro al minuto; 130 miliardi finiti in Svizzera, 183 gli ‘scudati’. Quante ‘manovre’ ci starebbero? Metà dei contribuenti dichiara un reddito inferiore ai 20mila euro, il 50 per cento delle società di capitale si dice in perdita. Roba da terzo mondo. «Di chi sono allora le 100mila barche più lunghe di 10 metri? Di chi le 206mila auto di lusso, i due milioni di carte di credito, le 35mila società di comodo?».

l’Italia ha il primato nel mondo per l’evasione delle tasse, pari al 17 per cento del pil, contro il dato, per esempio, degli Usa, fermi all’8.6per cento.

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fittizie, le elusioni totali, i viaggi con le valigette stracolme di banconote. Nei primi nove mesi del 2011 sono stati recuperati, ha riferito il colonnello, 39 miliardi di tasse più 7 miliardi di Iva; nel 2010 erano stati 49 più 7, con un raddoppio dei controlli rispetto all’anno precedente. Tutti hanno parlato della necessità di un recupero di senso civico, insistendo anche sull’importanza delle segnalazioni, per esempio su azioni finanziarie sospette. Con i Comuni l’Agenzia sta stringendo alleanze per uno scambio di informazioni tramite piattaforma informatica. Nel Bresciano sono già 62 quelli che hanno aderito, capoluogo compreso, e il progetto è di arrivare al centinaio entro il 2012. Sono stati però parimenti perfezionati gli strumenti del dialogo con i contribuenti e della conciliazione. Alcune novità sono state introdotte, fra cui ‘la mediazione tramite reclamo’ per le somme sotto i 20mila euro. Le novità sono state illustrate ai presenti da Raffaele Rizzardi dell’Ordine di Bergamo. Mentre la capoufficio controlli dell’Agenzia di Brescia, Romana Cannizzaro, ha descritto tecnicamente le strategie, la scelta delle fasce da verificare, le modalità dell’operato. E il tenente colonnello Paolo Compagnone, comandante del nucleo di polizia tributaria dei baschi verdi, ha raccontato di azioni dentro il complesso mondo dei rapporti con l’estero, in particolare con i Paesi a fiscalità privilegiata.

Nel dare il quadro e porsi le domande, Lucido ha annunciato che è partita la guerra, una guerra senza quartiere. «Gli evasori non sono né di destra né di sinistra, né del nord né del sud, per tutti è finito il tempo della pace fiscale». Il direttore lo ha spiegato ad una foltissima platea accorsa a villa Fenaroli di Rezzato in occasione di un eccezionale incontro. Per la prima volta, chiamati dall’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili, si sono presentati al tavolo con i professionisti, gli interlocutori o controparti - che dir si voglia - i riscossori dello Stato e la Guardia di Finanza. Il gettito Irpef è versato all’82 per cento da dipendenti e pensionati, si è saputo. «Il paradiso del sommerso è l’inferno degli onesti»: la frase del noto fiscalista Raffaello Lupi ha fatto da sfondo alle relazioni e su questo i commercialisti si sono mostrati d’accordo. «Noi siamo il veicolo, noi convinciamo gli italiani a versare il dovuto anche se ormai il carico sta diventando molto pesante» ha esordito Antonio Passantino, presidente dell’Ordine, tacciando di piccola minoranza i colleghi furbetti. Anche il colonnello Bonifacio Bertetti, comandante provinciale della Guardia di finanza, ha riferito di un bollettino di guerra: settecentomila i controlli annui, ventottomila le indagini. Deterrenza e contrasto gli obiettivi, per colpire dal piccolo renitente allo scontrino alle grandi operazioni truffaldine, le triangolazioni, le intestazioni

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meccanico difettoso che può essere sostituito o riparato con meno di 100 €. Se l’elemento difettoso non fosse individuato, il costo degli eventuali danni provocati dallo stesso ai macchinari potrebbe raggiungere anche decine di migliaia di Euro. Ecco un esempio sui vantaggi economici che si posso trarre dall’uso di questa tecnologia. Breve estratto dall’articolo “Troubleshooting 000Albany International Corp.: .000 Paper Machine Problems Through Thermal Imaging”, Robin J. Thon, “Le indagini sulle macchine per la produzione della carta sono servizio clienti. Queste sono .000 000 parte della routine per il nostro destinate a documentare la buona prestazione e ad analizzare i problemi noti. Utilizzando la termocamera ad infrarossi, siamo .000 in grado di “vedere” cose che non sono visibili ad occhio nudo. di vapore su alcune bobine 000 Abbiamo notato parecchie perdite dell’essicatore. Attraverso il nostro pre-incontro con questo cliente, avevamo appreso che la macchina per la carta si fermava spesso senza motivo. Le bobine difettose sono state disattivate, quelle rimanenti fornivano comunque abbastanza caldo in attesa della riparazione di quelle difettose. I fermi macchina al giorno sono stati ampiamente ridotti. Ciò si traduce in un incremento della produzione quantificabile in 200 mila dollari in aumento.”(www.maintenanceworld.com) 98.300dei premi delle.000polizze qualora 14importanti 300 000 effettuano E’ importante inoltre ricordare che alcune compagnie d’assicurazione riduzioni costo di manutenzione n° di rotture costi a costi totali risparmio 98.300 14 300 venga dimostrata l’applicazione programmata della termografia. .000 000 la analisi annuo annue rottura costo didopo termografica manutenzione n° di rotture costi a costi totali risparmio la300 analisi all’azienda Nella tabella è riportato il calcolo del notevole vantaggio la termografiadopo ha nel 98UPS, .300leader mondiale 14apportato annuo .000trasporto espresso merci. 000 annueeconomico che rottura termografica costo di manutenzione n° di rotture costi a costi totali risparmio Nella tabella è riportato il calcolo del notevole vantaggio economico che la termografia hadopo apportato all’azienda UPS, leader mondiale nel trasporto espresso merci. la analisi annuo annue rottura termografica

dopo l’introduzione dopo l’introduzione della termografia dellal’introduzione termografia dopo della termografia

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Alcuni esempi di applicazione della termografia in campo industriale Alcuni esempi di applicazione della termografia in campo industriale Disallineamenti Sistemi elettrici ad alta e media tensione rilevabili con le termocamere Alcuni esempi di applicazione della termografia in campo industriale Motori surriscaldati Tra gli esempi di guasti che sono nei dispositivi a bassa tensione vi sono: Disallineamenti Sistemi elettrici ad alta e media tensione rilevabili con le termocamere

Nella tabella è riportato il calcolo del notevole vantaggio economico che la termografia ha apportato all’azienda UPS, leader mondiale nel trasporto espresso merci.

rilevabili condileguasti termocamere Tra gli esempi che sono nelle installazioni ad ealta e media tensione vi Sistemi ad alta media tensione rilevabilielettrici con le termocamere sono: Tra gli esempi di guasti che sono nelle installazioni ad alta e media tensione vi Ossidazione interruttori ad alta e media rilevabili con leditermocamere sono: tensione nelle installazioni ad alta e media tensione vi Ossidazione di interruttori ad alta e media Surriscaldamento dei collegamenti sono: tensione Fissaggio imperfetto dei collegamenti Ossidazione di interruttori ad alta e media Surriscaldamento dei collegamenti Guasto imperfetto di isolatori dei collegamenti tensione Fissaggio Sistemi a bassa tensione Surriscaldamento collegamenti Guasto di elettrici isolatoridei Tra gli esempi di guasti che sono Fissaggio imperfetto dei collegamenti Sistemi elettrici a bassa tensione Guasto di isolatori Tra gli esempi di guasti che sono Sistemi elettrici a bassa tensione Tra gli esempi di guasti che sono

altatensione resistenzavi sono: neiCollegamenti dispositivi a ad bassa Corrosioni dei collegamenti rilevabili con le Collegamenti adtermocamere alta resistenza Danneggiamenti del tensione fusibile interno nei dispositivi bassa vi sono: Corrosioni dei acollegamenti Guasti interni agli interruttori automatici Collegamenti ad alta resistenza Danneggiamenti del fusibile interno Collegamenti inefficienti e danni interni Corrosioni deiagli collegamenti Guasti interni interruttori automatici Installazioni meccaniche Danneggiamenti del fusibile interno Collegamenti inefficienti e danni interni Tra gli esempi guasti meccanici Guasti interni aglidi interruttori automatici Installazioni meccaniche che rilevabili Collegamenti inefficienti danni interni Tra glisono esempi di guasti emeccanici con le termocamere vi sono: Installazioni meccaniche che sono rilevabili Problemi di lubrificazione Tra gli esempi di guasti meccanici con le termocamere vi sono: che sono rilevabili Problemi di lubrificazione con le termocamere vi sono: Problemi di lubrificazione

Rulli asurriscaldati temperature sospette Motori Sovraccarico dellesospette pompe Disallineamenti Rulli a temperature Assali dei motori surriscaldati Motori surriscaldati Sovraccarico delle pompe Cuscinetti caldisurriscaldati Rulli adei temperature sospette Assali motori Condutture Sovraccarico delle pompe Cuscinetti caldi Tra gli guasti in tubazioni che sono Assali deiesempi motori di surriscaldati Condutture rilevabili con le termocamere vi sono: Cuscinetti caldi Tra gli esempi di guasti in tubazioni che sono Perdite con in pompe, tubi e valvole Condutture rilevabili le termocamere vi sono: Decadimenti diguasti isolamento Tra gli esempi di tubazioni che sono Perdite in pompe, tubi e in valvole Otturazione di tubi rilevabili con le termocamere Decadimenti di isolamento vi sono: Perdite in pompe, tubi e valvole Otturazione di tubi Decadimenti di isolamento Otturazione di tubi

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territorio

TRADIZIONE DI FAMIGLIA

A

di Claretta Pasotti zienda storica del territorio, il Molino della famiglia Rivetti cominciò attorno a inizio ‘900 a macinare il grano e produrre farine, destinando il frutto del suo lavoro a panifici e pasticcerie.

sta scelta ci offre oggi soddisfazioni enormi». Partiti con un piccolo laboratorio, oggi i Rivetti producono mix per pane, pizza, pasta e dolci senza glutine e biologici, mix aproteico e prodotti finiti in un capannone dove operano quotidianamente sedici persone. E’ all’interno di questa struttura, situata a 500 metri dal Molino dove si lavora il grano, che nasce la linea di prodotti “Il pane di Anna”, commercializzata non solo in Italia ma anche in diversi Paesi europei e perfino in Australia. Il cliente principale è la farmacia, alla quale si aggiungono industrie e laboratori che lavorano i mix. Le leggi italiane, contrariamente a quelle europee, ammettono un contenuto di glutine non superiore a 20 ppm (parti per milione), ma i prodotti dei Rivetti restano sotto

Con un passaggio di testimone (e di passione) di generazione in generazione. «Dieci anni fa sono iniziate le richieste di farine enza glutine» spiega Gabriella, al timone del Molino insieme alle sorelle, ai fratelli e ai rispettivi figli. «Abbiamo deciso di accettare la sfida per offrire un servizio a chi non uò nutrirsi della consueta farina e que-

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LA FAMIGLIA RIVETTI HA FESTEGGIATO UN SECOLO DI ATTIVITÀ FORNARIA E DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE HA SAPUTO REINVENTARE IL MODO DI CONCEPIRE E FARE IL PANE. OGGI SI PRESENTA COME UNA AZIENDA A CONDUZIONE TRADIZIONALE MA FORTEMENTE ORIENTATA VERSO PRODOTTI NUOVI A ZERO GLUTINE

Sopra: alcune immagini che ritraggono la vasta gamma di prodotti offerti dall’azienda breciana Rivetti specializzata nello “zero glutine”

le 5 ppm. Per garantirlo, ogni fornitura di materia prima che arrivi in azienda è accompagnata da certificati di assenza di glutine, Ogm free e schede tecniche, ma è anche sottoposta a un ulteriore controllo da parte dei tecnologi alimentari e dei responsabili controllo qualità del Molino mediante prelievi di campionatura inviate a due laboratori esterni di analisi accreditati. Il cliente a sua volta può controllare le tabelle nutrizionali attraverso le semplici e comprensibili etichette appositamente studiate. Lo stabilimento include anche un laboratorio per la lavorazione sperimentale dei prodotti, creato soprattutto per la messa a punto di nuove ricette. «Uno dei nostri punti di forza» prosegue la signora Gabriella sono i corsi tenuti nel mese di settembre per insegnare la facilissima tecnica di lavorazione dei nostri preparati». Casalinghe, pizzaioli, ristoratori, cuochi e titolari di negozi specializzati nel “senza

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glutine” possono così imparare a produrre in autonomia pizze, focacce, dolci, piadine, gnocchi e tanto altro ancora. E per chi preferisce il fresco e già pronto i Rivetti hanno pensato a un’offerta ricca e diversificata. Nello spaccio aperto all’interno della Cascina Ciocchino in via Roma a Maclodio il sabato dalle 8 alle 12 e dalle 15 alle 17 si può trovare ogni prelibatezza: dal salato agli ottimi dolci e pasticcini. Con proposte sempre nuove, tra le quali spiccano, per esempio, gli amaretti di recente introduzione. Il sogno dei Rivetti, che organizzano anche nel mese di giugno una grande Festa sull’aia in collaborazione con l’Aic (Associazione italiana celiachia) è ora quello di produrre piatti pronti. Per offrire una soluzione in più al già ampio ventaglio di proposte di qualità che caratterizza l’azienda. Parola di consumatrice.


musica

LA FORZA DELLE PAROLE QUANDO LA PAROLA SI FA ROSA COME I FIORI DI PESCO O AZZURRA E CHIARA COME L’ACQUA DI MARE, VIENE IN MENTE UN RITORNELLO, UNA MUSICA E LA MENTE VOLA NEI RICORDI DEL PASSATO E NEI SOGNI DEL FUTURO. QUANDO SI DICE GIULIO RAPETTI NON SOVVIENE NULLA, MA SE DICIAMO MOGOL TUTTI SAPRANNO. VEDETE? QUESTA È LA FORZA DELLE PAROLE E NE ABBIAMO DISCUSSO PROPRIO CON LUI, IL PAROLIERE PIÙ FAMOSO D’ITALIA, OSPITATO AL CONSERVATORIO DI BRESCIA PER PRESENTARE UN PROGETTO SPECIALE DEDICATO AGLI STUDENTI DI MUSICA

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di Luigi Fertonani ate anche voi la prova: dite Giulio Rapetti, e lo sguardo di chi vi sta davanti assumerà per lo più un’espressione interrogativa.

vatorio potranno frequentare un corso residenziale che si svolgerà presso il Cet, il Centro Europeo Toscolano che si trova nel comprensorio ternano, ad Avigliano Umbro, dove i giovani musicisti potranno misurarsi con vari mondi della musica, in un’esperienza professionalizzante e preziosa volta a mettere in luce le capacità, le qualità di ogni partecipante. E proprio di questo si è parlato in questo incontro, avvenuto nella storica e magnifica cornice del Salone Da Cemmo del Conservatorio di Brescia. Cosa serve oggi per fare il musicista? «Sono convinto che tutti abbiano in sé capacità e possibilità in campo musicale» ci risponde Mogol «ma purtroppo queste rimangono troppo spesso ignorate. Col risultato che non servono a nessuno. Il problema è proprio quello di far emergere queste qualità, ed è proprio per questo che occorre dedicarsi a un lavoro che non sia soltanto dedicato allo studio della tecnica, ma sappia anche esplorare gli ambiti musicali più diversi». Ma anche il possesso di una tecnica musicale non è un dato trascurabile. «Certamente. Ma dev’essere un punto di partenza, non quello d’avvio. In altri termini, se uno ha ben poco, o peggio, non ha nulla da dire la sua tecnica strumentale sarà perfettamente inutile. Se invece saprà mettere le sue competenze al servizio di un lavoro di ricerca, allora sì che potrà partire per un viaggio che gli permetterà di scoprire un mondo meraviglioso. E la curiosità in questo caso, se non è tutto, gioca moltissimo».

Ma se dite Mogol ecco che inevitabilmente gli occhi del vostro interlocutore si illumineranno e con tutta probabilità questi comincerà a snocciolare qualcosa come La canzone del sole, I giardini di marzo, Perdono, Bugiarda, 29 settembre… non sarà facile fermarlo. Il fatto è che Mogol, pardon Giulio Rapetti, ha saputo trovare le parole di canzoni capaci d’interpretare i sentimenti, le sensazioni – come non ricordare le Emozioni di Battisti - di più d’una generazione, in una stagione di musica leggera lunghissima iniziata negli anni Sessanta per arrivare praticamente ad oggi: sì, perché se tutti ricordano le sue straordinarie collaborazioni con Lucio Battisti o i suoi testi italiani di successi internazionali di complessi come i Dik Dik per Senza luce o Sognando la California, non tutti sanno che è suo ad esempio il testo di Io non so parlar d’amore, la canzone resa celebre non molti anni fa da Adriano Celentano. E Mogol alla fine dello scorso gennaio era a Brescia, non per un concerto di musica leggera ma in un ambiente speciale quale il Salone Da Cemmo del nostro Conservatorio “Luca Marenzio”. L’occasione era quella di presentare un progetto speciale, sostenuto anche dalla Regione Lombardia: nei prossimi mesi cento studenti di Conser-

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Giulio Rapetti in arte Mogol, classe ‘36, maestro nell’arte di unire le parole per dare vita a versi unici. Suoi i testi di molte canzoni famose come Emozioni, La canzone del sole, I giardini di marzo composte durante il sodalizio con Lucio Battisti

Come vede il mondo della musica leggera oggi, grazie alla sua lunga esperienza? «Tutto è cambiato da quando ho cominciato a scrivere, quando le cose nascevano magari davanti a un caffè. Oggi è tutto più complicato, scommettere su qualcuno è diventato sinonimo di rischiare. E in questo mondo così affollato nessuno vuole più rischiare, ogni discografico ha i suoi nomi da piazzare e tutto è diventato estremamente frammentato. Fare progressi in questo mondo molto più interessato all’affare musicale più che alla musica stessa, è evidentemente molto difficile.

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LE VARIABILI DELL’AMORE di Claudia Salfa

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n Germania San Valentino si festeggia più o meno come in Italia: gli innamorati infatti scrivono bigliettini e acquistano piccoli regali e fiori per il proprio partner.

In Giappone Qui la Festa di San Valentino è più sentita tra i giovani e la tradizione prevede che siano le ragazze a regalare una scatola di cioccolatini ai ragazzi. La differenza tra adolescenti e adulti sta nel fatto che il regalo non è necessariamente diretto a fidanzati e mariti: le ragazze possono donare cioccolatini anche al proprio datore di lavoro o collega di ufficio. Gli uomini che ricevono del cioccolato a San Valentino devono ricambiare il dono ricevuto regalando cioccolato bianco un mese dopo San Valentino (cioè il 14 marzo). Questa data infatti è conosciuta come il White Day.

Anche i tedeschi si concedono cene a lume di candela con musica soft per celebrare il proprio amore. In Olanda Gli innamorati si scambiano doni come testimonianza del proprio amore, ma alcune persone, come in altri paesi come l’Inghilterra, spediscono biglietti e decidono di non rivelare la propria identità rimanendo anonimi. Uno dei doni più diffusi per San Valentino è un cuore di liquirizia.

In Spagna Per tradizione gli spagnoli sono uno dei popoli più passionali: questa loro caratteristica si riscontra anche nel giorno di San Valentino in cui vengono regalate rose rosse alla persona amata.

PAESE CHE VAI USANZA CHE TROVI ANCHE PER QUANTO RIGUARDA IL GIORNO DEDICATO AGLI INNAMORATI DI TUTTO IL MONDO. MEGLIO ESSERE AGGIORNATI SUI COSTUMI LOCALI NEL CASO IN CUI IL PARTNER SIA OLANDESE O GIAPPONESE

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Inghilterra In Inghilterra San Valentino, festeggiato come in Italia il 14 febbraio, prevede rituali e regali tradizionali. Come accade anche in Italia, le donne nubili la mattina del 14 febbraio sono solite alzarsi dal letto prima che sorga l’alba, e si affacciano alla finestra come buon auspicio per un futuro amore. Si dice che il primo uomo che passa sarà sposato entro un anno. Tra i doni più gettonati ci sono biglietti romantici e fiori inviati da ammiratori che rimangono nell’ombra perché non vogliono svelare la propria identità e il proprio sentimento. E’ un’usanza tipicamente inglese anche regalare ai bambini dolci o frutta o preparare dolcetti con decorazioni a tema per il proprio partner.

Stati Uniti Negli States San Valentino è una festa particolarmente sentita non solo dagli adulti ma anche dai bambini. Nelle scuole viene spesso organizzata per l’occasione una festa di classe in cui ci si scambia regali e bigliettini pescati da una scatola con decorazioni in tema fatte dagli scolari stessi.

Romania La festa degli innamorati, Dragobete, ricorre in Romania, il 24 febbraio. Essa prende il nome da Dragobete, figura mitologica rumena.

Brasile A San Valentino, che si festeggia qui il 12 giugno, le donne nubili svolgono riti per trovare un compagno.

Danimarca Il regalo tradizionale di San Valentino è in Danimarca un mazzo di fiori bianchi, gli “snowdrops” che vengono donati agli amici. Finlandia e Estonia Il 14 febbraio si festeggia “Il giorno degli amici”.

In Sud America la Festa di San Valentino si celebra in modo simile, ma essa è intesa come festa non solo dell’amore, ma anche dell’amicizia ed è per questo chiamata “Día del Amor y la Amistad”.

Cina In occasione di San Valentino gli uomini regalano alle donne fiori e cioccolatini. “La notte dei sette” (Qi Xi), settimo giorno del settimo mese del calendario cinese agosto, le donne nubili danno prova in pubblico delle loro abilità domestiche per trovare un compagno.

OLIMPO DEGLI DEI VIA GENOVA 3 TRAVERSA DI VIA ORZINUOVI A BRESCIA

direttore Edoardo Beccalossi redazione Paola Castriota, Claretta Pasotti, Paola Gregorio, Magda Biglia, Leonardo Wesendorf, Osvaldo Mairani, Cristina Salfa, Marta Bossanova contributi speciali Mariella Annibale Marchina Radio Vera fotografia Remio Maifredi, Edophoto, A. Colantonio, Mauro Brunelli impaginazione Francesca Vezzoli

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pubblicità info@panoramabresciano.it 030.2191305 / 334.3575976 segreteria info@panoramabresciano.it stampa Pressup via La Spezia 118/c Ladispoli (VT) Chiuso in redazione il 9-01-2012 alle 18,00 Autorizzazione del Tribunale di Brescia Edizioni Le Amazzoni via Genova 8 Brescia www.panoramabresciano.it info@panoramabresciano.it Ogni riproduzione realizzata sia con mezzi meccanici che elettronici è vietata senza autorizzazione scritta dell’editore


società

AMORE,VUOI CONVIVERMI? di Claudia Salfa

L

e nozze scarseggiano, le separazioni aumentano secondo i dati Istat. I coniugati sono ormai solo il 36,4 per cento della popolazione italiana. Naviga invece a gonfie vele la convivenza. Questione di firme, anelli, ambizioni esagerati e impegni ufficiali? Può darsi, ma secondo alcuni sarebbe da rivedere completamente il legame di coppia

Sono passati quasi vent’anni dalla pubblicazione della pellicola, ma la fotografia che ritrae le perplessità che aleggiano nel cuore di giovani e meno giovani sono sempre le stesse, anzi a leggere i dati presentati dall’Istat pare proprio che il matrimonio abbia preso una china sempre più brutta. Insomma, gli allergici all’anello, ai confetti, alle cerimonie di nozze e ai titoli di marito e moglie sono sempre di più. C’è chi ci prova a cambiare, a pensare al proprio rapporto di coppia in una dimensione più “ufficiale”, ma alla fine scoppiano, non ce la fanno proprio, come Catena Fiorello, sorella dell’istrionico showman, che per ben quattro volte ha mandato a monte le nozze a un passo dall’altare. Secondo le statistiche la vita di una coppia su due è felice solo per breve tempo. Nel 2009 al test prematrimoniale si era sottoposto il 50 per cento delle coppie che volevano unirsi con rito civile e il 26.8 per cento di quelle con rito religioso.

Vi ricordate la commedia Quattro matrimoni e un funerale dove un giovanissimo Hugh Grant condivideva con i migliori amici i dubbi tragicomici legati al matrimonio?

I DATI ISTAT SONO INCONFUTABILI: CI SI SPOSA DI MENO E SI DIVORZIA SI PIU’. MOLTO MEGLIO LA CONVIVENZA ALLORA CHE VIENE SCELTA DA UN ITALIANO SU DUE. E QUANDO SI CONVOLA ALL’ALTARE? ANCHE IN QUESTO CASO SCATTANO LE DOVUTE CAUTELE: SEPARAZIONE DEI BENE, CHE NON SI SA MAI

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NUMERI DI SEPARAZIONI E DIVORZI OGNI 1.000 MATRIMONI 286,2

272,6

296,9

268,1

256,5 272,1

228,0

273,7

250,4

242,6

178,8 160,6 148,8 130,6 114,9

165,4 151,2

divorzi per 1.000

138,6

separazioni per 1.000

123,8 2000

2001

2002

180,8

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

«Il matrimonio non è più la forma di unione dominante» fa sapere l’Istat «e l’uscita dalla famiglia di origine passa per oltre un terzo dei casi per la convivenza». Nel Centro e al Nord una coppia su due decide di convivere e secondo le statistiche questo stadio di passaggio può durare tra i due e i due anni e mezzo prima di convolare a nozze eventuali. E anche chi sposa sceglie sempre più spesso la formula di separazione dei beni perché comunque, nella vita, non si sa mai che se poi uno si sbaglia almeno non deve litigare sui soldi quando ci si separa. Questa è l’analisi che va per la maggiore. Come va a finire il fim? Finisce con uno Hugh Grant inzuppato di pioggia che balbettando dice: cara, saresti disposta a non sposarmi per il resto dei tuoi giorni? E vissero così felice e contenti.

2000

2005

2006

2008

230.613 85.945 54.456

246.613

2007

84.165 54.351

250.360 81.359 50.669

80.407 49.534

247.740

2004

82.291 47.036

248.969

2003

83.179 45.097

264.097

2002

81.744 43.856

270.013

2001

245.992

MATRIMONI, SEPARAZIONI LEGALI E DIVORZI IN ITALIA DAL 2000 AL 2009

79.642 41.835

75.890 40.051

71.969 37.573

284.410

264.026

matrimoni separazioni legali divorzi

2009

ROVATO INFORMA Legami d’amore, percorso antropologico per coppie al via il 28 gennaio. È alla relazione di coppia, analizzata su un piano filosofico, psicologico e sociale con l’aiuto di esperti del settore, che viene dedicato per il secondo anno consecutivo Legami d’amore, il percorso antropologico rivolto a conviventi, fidanzati orientati al matrimonio e giovani coniugi proposto fino a marzo dall’assessorato alle politiche sociali e dall’assessorato alla cultura del comune di Rovato, in collaborazione con i Frati Servi di Maria del convento dell’Annunciata. Gli incontri si svolgeranno nella sede della nuova Biblioteca in corso Bonomelli 37, ogni due settimane a partire da sabato 28 gennaio, alle ore 20.45. - sabato 28 gennaio – Il patto che fonda il legame di coppia, prof. Silvano Corli mediatore familiare e docente di psicologia sociale; - sabato 11 febbraio – Il femminile, il maschile, la coppia, prof. Paolo Ferliga, psicoterapeuta; - sabato 25 febbraio – La cittadinanza della coppia: i significati possibili, dott. Domenico Simeone, psicologo e esperto in relazioni sociali; - sabato 10 marzo In cammino verso l’altro: l’apertura di una soglia. Percorsi a confronto, modera il prof. Giacomo Paris, filosofo. Info Ufficio Servizi sociali (030 7713278) o Ufficio Cultura (030 7713212).

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società

PROTESI SOTTO ACCUSA di Marta Bossanova

M

aurizio Nava, direttore della Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell’Istituto dei Tumori di Milano.

centro o il chirurgo di riferimento. PIP E CANCRO? Nel caso delle protesi incriminate, le ormai note PIP, non vi è alcun dato che dimostri un aumento di casi di tumore. Ad ogni modo gli studi sono in corso e richiedono tempi lunghi. L’unico dato certo riguardo alle protesi PIP è che sono più fragili e, quindi, possono rompersi più facilmente: ma anche le altre protesi mammarie possono rompersi, soprattutto quelle prodotte prima degli anni ‘90. I SEGNALI Variazione della forma e della consistenza della mammella con protesi; senso vago e continuativo di disturbo; arrossamento cutaneo che perdura nel tempo; aumento di volume del seno per accumulo di siero e poi il sintomo più serio: l’ infezione. A volte, poi, un ulteriore segnale di rottura di una protesi può essere l’aumento o

Il primo suggerimento è quello di verificare il tipo di protesi utilizzato (sia per interventi a fini estetici, sia per quelli ricostruttivi) e, se si tratta di protesi Pip, richiedere subito una visita. Come sapere quale protesi si indossa? Consultando la “tessera” ricevuta dopo l’intervento: su quest’ultima, infatti, sono riportate le etichette che descrivono il tipo di protesi, il volume e la ditta produttrice. Le donne che non fossero in possesso di questa “tessera” possono risalire ai dati sulle protesi utilizzate attraverso la fotocopia della cartella clinica (poiché sul foglio dell’intervento devono esserci le etichette relative alle protesi). Se non si possiede o non si trova alcun documento, suggerisco di contattare il

SOTTO ACCUSA LE PROTESI FRANCESI PRODOTTE DALL’AZIENDA PIP (POLY IMPLANTS PROTHÈSES)PERCHÉ SI TRATTEREBBE DI PROTESI REALIZZATE CON SILICONE INDUSTRIALE ANZICHÉ MEDICALE E A NORMA

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BAR TABACCHI La Coccinella Alle Porte Franche di Erbusco un locale per soddisfare i tuoi desideri Ad accogliervi c’è il sorriso e la freschezza del personale in una piccola oasi ricca di servizi in un atmosfera calda e rilassante. Siamo nel Bar-Tabacchi La Coccinella all’interno del Centro Commerciale Le Porte Franche, una tappa obbligatoria che vi stupirà per la quantità di servizi che riesce ad offrire. Si incomincia la mattina alle 8 con la colazione, un sorriso e tanta gentilezza per rendere piacevole il risveglio e affrontare con serenità tutta la giornata. Seguono le proposte aperitivo e caffetteria in genere per soddisfare i vari break che alleggeriscono la giornata dai tanti impegni che solitamente ci sommergono. Tutto questo è possibile fino alle 22 in un elegante e tranquillo spazio esclusivo del locale, comodamente affacciato sulla scenografica architettura del Centro Commerciale. Nell’arco della giornata, al piacere di una pausa ristoratrice, La Coccinella, mette a disposizione una rosa completa di prestazioni veramente utili che si possono effettuare tranquillamente tra un caffè e uno spuntino. In diretta quindi il pagamento delle bollette postali, Mav, Rav, Freccia Rossa, Voucher Inps, Bollo Auto, Canone Rai, Sky, Mediaset Premium, Telecom Italia, Wind, Infostrada, Ricariche Poste Pay e tutte le ricariche telefoniche italiane ed estere. E non finisce qui. Per tutti gli appassionati di giochi e per chi ama tentare la fortuna, La Coccinella (anche il nome è un augurio) offre una vasta gamma di possibilità: Lotto, 10 e Lotto, Superenalotto, Win for Life, Gratta e Vinci e biglietti Lotteria di tutti i tipi. Basta quindi scegliere la giocata preferita, incrociare le dita e il gioco è fatto! Ma in questa sciccosa manciata di metri quadrati, studiati alla perfezione per rendere la sosta agevole e rilassante, non mancano alcune chicche per palati raffinati: in bella mostra un’importante collezione di Wisky Macallan completa di tutte le annate a partire dal 1936 e per gli appassionati fumatori, oltre ai tabacchi tradizionali ed ai Trinciati, sono disponibili i migliori sigari cubani conservati sapientemente in una vetrina climatizzata per mantenere intatto il loro aroma e le loro caratteristiche. Detto questo, dopo qualche ora di shopping, un pit stop presso La Coccinella è d’obbligo per rilassarsi e sbrigare in pochi minuti tutte quelle piccole cose pratiche senza doversi spostare da un posto all’altro. E se per caso avete usato i servizi pubblici non preoccupatevi per il ritorno, La Coccinella offre anche il servizio di biglietteria per pullman!

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la comparsa di un linfonodo ascellare. Comunque vorrei ricordare che nella maggior parte dei casi la rottura della protesi è intracapsulare, ossia avviene all’interno della capsula fibrosa che l’organismo crea attorno alla protesi e quindi il silicone, anche quello a bassa coesività e quindi in forma quasi liquida, rimane contenuto e non si sparge. Cosa fare in caso di rottura della protesi certa e documentata con Risonanza Magnetica? Sostituirla. DIFFIDENZA E PAURA TRA DONNE Se hanno una protesi a norma non devono temere nulla: dovrebbero aver ricevuto dal chirurgo di fiducia tutte le informazioni inerenti le problematiche relative a un impianto protesico mammario. Colgo l’occasione per ricordare che le protesi non sono eterne e a volte vanno cambiate non per motivi legati a reazioni avverse da parte dell’organismo, quanto per il semplice fatto che il fisico cambia e, di conseguenza, va modificata anche la protesi. Per intenderci: io uso dire che, in linea di massima, una paziente di 20 anni rischia di dover cambiare le protesi almeno tre volte nella sua vita. NORME PREVENTIVE Le pazienti devono chiedere il libretto informativo e conoscere tutti i seguenti dati: il tipo di protesi (chiamato style e rintracciabile su internet all’interno del sito delle aziende produttrici); il nome della ditta produttiva; la generazione alla quale appartengono; il tipo di silicone di cui sono composte e il suo livello di coesività (più il silicone è coesivo e più è sicuro in caso di rottura della protesi). Consiglio inoltre di informarsi sul tipo di procedura chirurgica e capire perché sia meglio una protesi rotonda o anatomica e, anche, in base a quale criterio sia preferibile optare per un determinato tipo e volume dell’impianto protesico. E se quest’ultimo sia compatibile con i propri parametri biodimensionali, come la larghezza del torace, il diametro delle mammelle, la

Un progetto nato undici anni fa e creato a quattro mani da Cristian Delai, cuore e mente di Palcogiovani, e il mitico Charlie Cinelli, cantautore bresciano doc

distanza del solco mediale. Per una sicurezza ulteriore sul tipo di protesi, direi che in caso di intervento privato, è utile chiedere di poter pagare la ditta produttrice. Perché attraverso la fattura dell’azienda è possibile ricevere anche la descrizione chiara della protesi utilizzata. In caso di intervento in strutture pubbliche, consiglio di pretendere sempre la “tessera” con le etichette degli impianti ERRORI DA EVITARE Innanzitutto una comunicazione poco chiara con il medico. La paziente deve spiegare bene cosa desidera e cosa non le piace e il chirurgo, da parte sua, ha il dovere di far capire i limiti entro i quali può intervenire. A tal proposito, direi alle donne di fare attenzione anche a quello che spesso e volentieri viene promesso in televisione, perché alcuni programmi tendono ad alimentare false aspettative e quindi è essenziale mantenere un buon senso critico e non credere a tutto. Inoltre direi di chiedere sempre più di un parere e di diffidare di visite veloci e approssimative o di promesse poco chiare. Per decidere la corretta procedura chirurgica e il tipo di impianto da utilizzare, occorre una visita completa della durata di circa 40/60 minuti. Infine inviterei a diffidare se prima di qualsiasi atto chirurgico non vengono richiesti esami diagnostici (per uno studio accurato delle mammelle). In Italia le donne portatrici di protesi PIP dovrebbero essere all’incirca 4.300 e per individuarle il Ministero della Salute - tramite un’ordinanza sulla gazzetta ufficiale del 31 dicembre 2011 (e scaricabile da www. salute.gov.it) - ha chiesto a tutti gli ospedali e alle cliniche private, accreditate e autorizzate, di redigere un elenco nominativo di tutti i casi riguardanti l’impianto di PIP a partire dal 1 gennaio 2001.

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scienza

PIATTO ROSSO, MI CONTENGO di Claudia Salfa

S

e il colore del piatto è rosso abbiamo più probabilità di mangiare con misura e rimanere alla larga dal rischio di esagerare. Questo, almeno, è quanto avrebbero appurato ricercatori svizzeri dell’Università di Basilea.

alcune in bicchieri blu. Il risultato? Le persone che hanno bevuto da bicchieri rossi hanno consumato il 40 per cento in meno di bibite. Successivamente sono state servite su piatti di colori diversi (rosso, blu, bianco) delle ciambelle salate e per la seconda volta il colore rosso ha arginato la golosità. Infatti, le persone che hanno attinto gli spuntini in questione dai piatti rossi hanno mangiato poco più della metà rispetto a tutte le altre. Ma come spiegare la correlazione tra i contenitori di colore rosso e la spinta a mangiare o bere in maniera più contenuta? Secondo gli esperti svizzeri, è probabile che il rosso, tradizionalmente associato a segnali di pericolo o divieto, agisca sulla nostra mente come una sorta di freno, portandoci quindi e fermarci prima di esagerare con bevande o alimenti. Se così fosse - e qui gli studiosi specificano che dovranno condurre ancora altri studi - si potrà pensare di utilizzare i colori in modi mirati e funzionali alle diete o a regimi alimentari più controllati.

La scoperta degli studiosi - pubblicata sulla rivista scientifica Appetite e, comunque, in attesa di essere approfondita attraverso ulteriori analisi - è il frutto di un esperimento condotto su circa 150 persone e volto a misurare gli effetti di piatti e stoviglie dal colore rosso dapprima sulla voglia di bere e poi su quella di mangiare. In un primo momento, sono state offerte a un gruppo di volontari delle bibite, servite alcune in bicchieri rossi,

IL COLORE DEL PIATTO PUÒ INFLUENZARE L’APPETITO E LA SETE. COSÌ HANNO DIMOSTRATO I RICERCATORI SVIZZERI DELL’UNIVERSITÀ DI BASILEA. VUOI MANGIARE MENO? SCEGLI IL ROSSO

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salute

SMETTERE DI FUMARE AIUTA L’AUTOSTIMA Smettere di fumare giova alla salute, ma non solo: studiosi statunitensi dell’Università del Wisconsin sostengono che dire addio alle sigarette aiuta a guadagnare molto anche in termini di soddisfazione e autostima. Gli esperti americani hanno condotto uno studio su 1.500 fumatori impegnati in un programma di disintossicazione e poi, alla luce dei dati raccolti - e riportati sulle pagine della rivista “Annals of Behavioral Medicine” - hanno rilevato che quando si smette di fumare si avverte uno stato generale di maggiore benessere psico-fisico. Sia nell’arco del primo anno, sia in seguito. Perciò, concludono gli esperti, un altro buon motivo per incentivare le persone a smettere di fumare può essere quello di sottolineare il vantaggio a livello di gratificazione personale. In tal modo si potrebbe incoraggiare chi fatica a dire addio alle sigarette per il timore di perdere quella sorta di “supporto psicologico” dato dalla sigaretta.

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motori

PICCOLO è BELLO In un’epoca di auto che si parcheggiano da sole, scelgono la velocità a cui andare e la musica che deve ascoltare il guidatore, c’è qualcuno che va controcorrente, pardon, contromano. Non stupisce perché costoro sono inglesi abituati a guidare al “contrario”

di Osvaldo Mairani

I

l libro dei Guiness, in cima alle classifiche di vendita dell’editoria inglese, la annovera come l’auto più piccola al mondo: si tratta della Peel è prodotta dal 1963 al 1965 sull’Isola di Man, in Inghilterra.

Da qualche anno ricercatissima dai collezionisti del Globo le quotazioni per i pochi esemplari rimasti oscillano tra i 30 e i 40 mila euro. Originariamente lunga 1,34 metri, larga 99 centimetri e alta 1,20 metri, la Peel è stata realizzata in soli 50 esemplari, prima che le difficoltà economiche della Peel Engineering Company la condannassero a una prematura scomparsa. Nessuno da allora è più riuscito ad ottenere l’omologazione stradale per un veicolo così piccolo e leggero. Ma ecco che finalmente tutti i nostalgici potranno averne un esemplare, grazie all’intuizione di questi investitori britannici che hanno rilevato l’azienda e rimesso in moto la produzione. 

Sul

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sito ufficiale sono aperti gli ordini sia per la P50 che per la Tridente. Entrambi i modelli, molto simili all’originale, montano un motore a benzina 49cc da soli 3,5 cavalli per un consumo pari a 1,8 litri per 100 km. La novità sta tutta qui: i clienti possono scegliere anche l’alimentazione elettrica tra un motore che eroga una potenza pari a 3 Kw per un’autonomia di 80 km circa e uno da 1 Kw per un’autonomia di 50 km. La Peel P50 2012 è lunga 1,37 metri, larga 1,04 metri e alta come la sua antenata 1,20 metri; pesa 59 kg (il modello a benzina) e ha un unico sedile per il guidatore. La Peel Trident 2012 misura 1,83 metri di lunghezza, 1,07 metri di larghezza, è alta 1, 25 metri e pesa 99 kg ed è può trasportare anche un passeggero.

I prezzi partono da 6.995 sterline (8.423 euro circa) per entrambi i modelli. Per chi fosse interessato all’acquisto, è possibile prenotarla, o meglio mettersi in lista d’attesa, lasciando i propri dati e un acconto di 999 sterline (1.200 euro), su www.peelengineering.co.uk.


r i c e t t e

d e l

Ingredienti 500 grammi di farina 50 ml di olio d’oliva 3 cucchiai di zucchero 4 uova intere un pizzico di sale olio di semi per friggere zucchero a velo vanigliato Procedimento Versare la farina su un piano e ricavarne un buco al centro all’interno del quale versare le uova, lo zucchero, il sale e l’olio; mescolare prima con la forchetta poi con le mani fino ad ottenere un panetto morbido ed omogeneo. Stendere la sfoglia sottilissima con il mattarello o con la macchina per la pasta e con una rotellina dentellata ricavare dei rettangoli; a questo punto ad ogni rettangolo praticare un taglietto in mezzo facendo passare all’interno uno dei due lati corti del rettangolo stesso così da creare una sorta di fiocco. Friggere i “fiocchi” in abbondante olio bollente, farli asciugare sull’apposita carta e spolverizzare con zucchero a velo.

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LE FRITOLE VENEZIANE

LE CHIACCHIERE

l e

c a r n e v a l e Ingredienti: Ingredienti per 4 persone: 12 g di lievito di birra 200 g di farina 40 g di uva passa 40 g di pinoli 40 g di cedrini canditi ca. 350 g di olio di semi 40 g di zucchero semolato 16 g di zucchero a velo ca. 0,5 cl di grappa o rum Preparazione: Sciogliere in un recipiente concavo il lievito di birra con poca acqua tiepida e lo zucchero; aggiungere la grappa e incorporare la farina aggiungendo l’acqua occorrente. Poi lavorare bene la pasta fino a che non si formino bollicine di aria alla superficie, quindi coprirla con un tovagliolo e farla lievitare in un posto caldo. Quando la pasta sarà almeno raddoppiata, incorporare l’uvetta, i credini tritati e i pinoli, infine friggere in olio caldo e scolare le frittelle su carta assorbente, sistemarle su piatto di portata dando la forma di piramide, spolverarle con zucchero a velo e servirle ancora calde.


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