Panorama Bresciano Aprile 2012

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APRILE 2012

Anno 2 - APRILE 2012 nr 4

Magazine di Attualità Economia Finanza Cultura Storia Enogastronomia Territorio

€ 1,50

PANORAMA BRESCIANO TASSELLI MANCANTI il piano di governo territoriale visto da Laura Castelletti

DIRITTO Tributario Il caso ICI MUSICA Riccardo Muti FUORI BRESCIA Viaggio a Gerusalemme

TERRITORIO Ficomaeco

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PITTURA Ennio Maino

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PANORAMA BRESCIANO Magazine di Economia Finanza Attualità Cultura Storia Enogastronomia Territorio

SOMMARIO Editoriale 05 Ricorrenze di M.Annibale Marchina Attualità 07 La passione di Laura di P. Gregorio Economia 46 Gli innovatori della Bassa di M. Biglia Te r r i t o r i o 10 Ficoamaeco=MinomaGino di C. Pasotti 16 Tag di C. Pasotti 21 La luce negli occhi di P. Castriota 24 Scoprirsi sorelle su FB di P. Castriota 26 Gerusalemme di M. Annibale Marchina 29 London calling 50 Exa 2012

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Laura Castelletti e il Pgt

Diritto 33 Italiani certi dell’incerto di L. Wesendorf 35 Diritto tributario di F. Colantonio Musica 48 Il miraggio di un concerto di L. Fertonani

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Salute 57 Nemica per la pelle 58 Zampe di galline o rughe di espressione Società 52 L’ossessione del gioco 53

Ennio Manlio, il nuovo Pitocchetto

Triangolo da cinema

Te c n o l o g i a 59 Il materiale perfetto

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Motori 60 Diesel per la Ducati

Italiani alle prese con l’Ici e l’Imu

IN COPERTINA APRILE 2012

Anno 2 - APRILE 2012 nr 4

Magazine di Attualità Economia Finanza Cultura Storia Enogastronomia Territorio

€ 1,50

PANORAMA BRESCIANO TASSELLI MANCANTI il piano di governo territoriale visto da Laura Castelletti

In copertina: Una panoramica di Brescia vista con gli occhi di chi è chiamato a confrontarsi sulla sua evoluzione urbanistica.

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DIRITTO Tributario Il caso ICI MUSICA Riccardo Muti FUORI BRESCIA viaggio a Gerusalemme

TERRITORIO Ficomaeco

PITTURA Ennio Maino

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Il maestro Riccardo Muti a Brescia


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Editoriale

RICORRENZE Mariella Annibale Marchina*

O

rmai da un anno abbondante sentiamo parlare in continuazione di quello che accadrà nel dicembre 2012: la fine del mondo. Questo secondo un’antica credenza della cultura Maya. Ma se noi da bravi cronisti avessimo registrato tutte queste credenze apocalittiche, dette e annunciate negli ultimi cinquant’anni, avremmo già compilato parecchi quaderni. Forse sarebbe più utile registrare, anzi ricordare e divulgare in modo più tangibile le varie commemorazioni riguardanti avvenimenti e personaggi, che in un modo o in un altro hanno contraddistinto la nostra società. Dieci secoli fa esattamente nel 1012 padre Romualdo da Ravenna, fondò sull’appennino casentinese il primo eremo camaldolese, tra la marca Franco longobarda di Toscana e la Romagna, quest’ultima ancora legata al mondo greco-bizantino. Fu il primitivo esempio di convivenza di una comunità basata su un’esigenza eremitica contestualizzata con una disciplina cenobitica. L’ordine dei Camaldolesi si insediò nel bresciano solo nel 1637 e scelsero il sito sul monte Navazzone di Gussago. Nel febbraio del 1512 avvenne il drammatico Sacco di Brescia ricordato in un convegno organizzato dal nostro Liceo Arnaldo. Nel mese di agosto del 1612 si tenne per la prima volta la fiera fuori porta san Giovanni, da qui il toponimo Campofiera. Nel marzo del 1862 si fondano nel Bresciano varie società di tiro a segno (Chiari, Coccaglio, Mompiano, Rezzato, Rovato) tutte inaugurate alla presenza di Giuseppe Garibaldi. Il 23 marzo nasce Angelo Canossi, figlio di Carlo, maestro elementare, e di Teresa Viviani. Angelo sarà il padre indiscusso della poesia dialettale bresciana. Avvenimento questo ricordato con un poderoso volume edito dalla Compagnia della Stampa di Massetti-Rodellala. Il produttivo e puntuale autore del volume è Costanzo Gatta che, insieme ad altri autori, ha dato origine a varie manifestazioni in onore dell’inimitabile Canossi. Celebrazioni organizzate sia in città che a Bovegno, dove il poeta trascorse gli ultimi anni di vita e dove nel piccolo cimitero riposa. Il Gatta, con accattivante maestria, ci rammenta tutte le tappe della particolarissima e avvincente vita del poeta. Interessante è notare che tra le sue poesie si trovano alcune dedicate alla suocera, ma che lui in realtà non ebbe mai, visto che fu sempre innamorato della sua Ircea Poloni ma non sposò. Il Canossi, oltre ad essere un valentissimo po-

eta dialettale, fu giornalista, direttore ed editore di giornali, riviste, tra cui La Sentinella Bresciana, ma solo per alcuni mesi, Il Guasco, quindicinale satirico, poi passato come quotidiano d’informazione. Nel 1899 divenne anche tipografo, ma cederà tutta l’impresa ad altri, perché non in grado di gestirla commercialmente. Diede vita a due importanti riviste l’Illustrazione Bresciana e Brixia, ma anche di queste ne cederà la direzione. Continuerà con lo pseudonimo di Storpiato Tasso la pubblicazione di Strafalcionemme Illustrata, una cruda satira contro un tenore sgrammaticato. Le poesie da lui composte saranno raccolte nel 1914 nel volume dal titolo Melodia, a cui farà seguito Il congedo, altro volume di poesie dialettali. Nel 1915 inizia a trascorrere alcuni periodi a Bovegno dapprima ospite alla Cà del Mai (Casa del Maglio) poi alla Cà dè le Bàchere (Casa dei Ciclamini). Nel 1925 partecipò a Milano al congresso dialettale, dove riscosse un considerevole successo, considerando che il nostro dialetto, per certi aspetti è molto ostico. Dal 1936 al 1943 si ritirò nel tranquillo e familiare paese di Bovegno, dove risiedevano dei suoi amici, gente semplice, buona e generosa, ambiente adatto a riposare lontano dai tumulti cittadini. Morirà il 9 ottobre 1943. Passando allo sport si rileva che l’11 luglio del 1912 alle Olimpiadi di Stoccarda per la prima volta l’Italia vinse la medaglia d’oro della ginnastica a squadre. Nella squadra vi sono sette atleti di tre società bresciane, tra cui spiccò quella della Forza e Costanza. Il 18 ottobre si firmò a Losanna la pace tra l’Italia e la Turchia. Nel 1912 Federico Palazzoli costituì la sua ditta che produce materiale elettrico. Avvenimento che la città di Brescia, dovrà senz’altro ricordare sarà quello dell’ottantesimo anniversario dell’inaugurazione della nuova Piazza della Vittoria. Cerimonia avvenuta il primo novembre 1932, alla presenza del duce Benito Mussolini. L’opera venne progettata dall’architetto romano Marcello Piacentini e fu l’ultima piazza creata in città, dopo aver abbattuto un intero quartiere di epoca medioevale, ricco di storia, come quello delle Pescherie. Un altro anniversario, che potrebbe passare inosservato riguarda Gesù Cristo: ancora dodicenne si mise a dialogare con i sommi sacerdoti del Tempio di Gerusalemme. Sono passati esattamente 2 mila anni. *Archivio di Stato di Brescia

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attualità

LA PASSIONE DI LAURA

di Paola Gregorio

Il territorio com’è e come sarà. Ne abbiamo parlato con Laura Castelletti consigliere in Loggia e vicepresidente della commissione Urbanistica 7


P

er un decennio, dal 1998 al 2008, ha ricoperto anche il ruolo di presidente del Consiglio comunale. Adesso è l’anima, con una nutrita pattuglia di giovani, dell’associazione «Brescia per passione».

Sul suo blog, www.lauracastelletti.it, parla spesso anche della Brescia di oggi e di domani. In questi mesi il Piano di governo del territorio è stato al centro della scena politica. «Per quanto mi riguarda è un Pgt deludente dal punto di vista della visione della città di domani. Manca una strategia sul modello di città del futuro. Inizialmente, doveva prospettare una città in crescita, dai 190 abitanti attuali a 220 mila. Anche sul fronte ambientale, non sono state fatte scelte di prospettiva. Il Pgt poi non ha svolto un ruolo di ridefinizione dei contenitori vuoti della città. E ce ne sono molti. Pensiamo, ad esempio, all’ex Tribunale. Come Brescia per passione, abbiamo presentato un’osservazione, frutto di una raccomandazione votata all’unanimità in Consiglio comunale, con una proposta ad hoc. A che cosa avete pensato? Potrebbe diventare una fabbrica della creatività: uno spazio di socialità a servizio della città per rivitalizzare quella fetta di quartiere. Ci sono molti artisti che non hanno luoghi per esporre, fare prove, lavorare. Ecco, la fabbrica della creatività potrebbe accogliere queste esperienze e mettere a disposizione spazi a canone facilitato. Tra i contenitori vuoti ci sono anche le ex caserme. Nella Randaccio sorgerà il futuro campus universitario. Credo che il campus sia una scelta utile per la città. Se si vuole far maturare la vocazione universitaria di Brescia bisogna renderla più accogliente anche per chi da fuori deve arrivare per studiare o insegnare. Sono molto più critica, invece, sulla questione della seconda

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sede della Cattolica che dovrebbe nascere nel nord della città. Comporterebbe un impoverimento del centro e per questo nutro forti perplessità. Il patto a suo tempo siglato con la Statale per insediare alcune facoltà nel quartiere Carmine è uno degli ingredienti che ha contribuito alla riqualificazione. Sulle ex caserme, in generale, dato che per questioni economiche è necessario fare scelte di priorità, punterei più su altri contenitori vuoti, come l’ex Tribunale, appunto. Si è discusso molto sulle aree commerciali previste dal piano. Non considero i centri commerciali il male assoluto. Penso tuttavia che siamo arrivati, in città a un livello di saturazione tale che non consente di pensare a nuovi insediamenti di questo tipo. Esistono modelli di commercio con un approccio più dolce. Brixia Sviluppo, la società immobiliare del Comune è stata incorporata in Brescia Infrastrutture. Ho contestato sin dall’inizio l’impostazione della società perché a Brixia Sviluppo sono stati dati ruoli e compiti tipici di un’amministrazione pubblica. E la gestione è stata talvolta azzardata. Sul fronte delle operazioni condotte dalla società, dico ad esempio che l’idea di mettere una struttura come Buonissimo nel cuore del Carmine poteva essere positiva, ma ad oggi i costi sono stati superiori alla resa. Ha proposto di far entrare Brescia nella rete delle Smart City, le città «intelligenti». L’ho proposto al sindaco durante la discussione sul Pgt. Recentemente si è svolto un incontro di presentazione del modello delle Smart City a Torino. Il Governo, con il Ministero dell’Università e della Ricerca, ha messo a disposizione delle risorse, circa un miliardo di euro, per incentivare e mettere in rete i progetti per le città intelligenti e partecipare ai bandi europei: sul piatto ci sono 14 miliardi di euro, da spendere fino al 2020, per la riqualificazione smart degli spazi urbani. Brescia, attraverso la società Selene che fa parte del gruppo A2A, sarebbe in condizione di essere cablata con la banda larga. Ci sono grandi pressioni affinché venga venduta. Potrebbe essere invece un veicolo per cominciare a ragionare su un’idea di città diversa. Laura Castelletti risponde alle domande dell’intervista nell’ufficio di piazzetta Bruno Boni. Alle sue spalle i ritratti fotografici dei suoi tanti amici

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FICOmaECO = di Claretta Pasotti

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MINOmaGINO Decidi di andare a bere un cocktail e se ti va puoi portarti via anche il tavolo o le sedie che hai appena occupato con i tuoi amici. Pagando, ovviamente. C’è un locale a Brescia dove tutto è in vendita, tranne le persone. E’ un posto in cui si impara a fare cultura con bevande, cibo e arredamento, ma niente polpettoni, nel senso di sermoni: al Ficomaeco se domandi, ti verrà risposto, altrimenti potrai semplicemente gustarti i prodotti offerti dalla gestione, senza lo stress del dress (code) 11


In queste immagini l’interno del locale con particolari dell’arredamento creato tramite il riciclo di materiali vari. Tutto in vendita.

S

ceglilo perché è fico ma sappi che è anche eco. Perché l’ecosostenibilità, tanto più se trasmessa in modo divertente e creativo, può essere recepita come stile di vita vincente.

E’ questo il messaggio che Andrea Minoni e Gino Forti desiderano trasmettere a chi varca il portone del loro locale, Oh! Ficomaeco, dove Oh! è il richiamo a guardare le cose da un altro punto di vista, a godere della vita rispettando il tempo, le stagioni e gli equilibri della natura ma è anche invito a non farsi sfuggire il dettaglio e l’estetica. Un giardino, un divano e qualche poltrona, un ambiente caldo e intimo, arricchito da un lampadario composto da diapositive di pubblicità anni ’80, da un bancone fatto di ante e da esposizioni

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di artisti emergenti. Si è tradotto così il progetto di Andrea e Gino: bresciano classe ’79 laureato in marketing il primo, interior designer 45enne originario di Pordenone il secondo. «Ci siamo conosciuti tre anni fa, lavorando come consulenti a un progetto, in quello che era per entrambi un momento di transizione» raccontano. «E abbiamo pensato di trasferire le nostre conoscenze e competenze nell’avvio di uno spazio che fosse contenitore d’idee, luogo di ritrovo per artisti, dove si potesse esporre e proporre una piccola ristorazione». Momento di svolta è stato l’incontro con un altro talentuoso esperto in materia di cocktail, Nicola Mor. Così come il ritrovo del locale vero e proprio, in via Aleardo Aleardi 11, abitazione

del migliore amico di Andrea e quindi per lui già «luogo di ritrovo da vent’anni». Una casa tra l’altro non priva di storia, quella appartenente alla famiglia Piotti: accanto al bel camino oggi spazio espositivo del locale «sono nate le Fiamme Verdi». A questo punto mancava solo l’arredo, al quale hanno pensato le artiste milanesi Le 18.00 insieme alla bresciana Camilla Rossi, guidate da un unico dictat: utilizzare materiali di recupero (una lavagna si è rivelata per esempio un tavolo perfetto), essere appunto ecosostenibili. Ed è così che l’1 dicembre 2010 ha aperto i battenti alla città Oh! Ficomaeco, dove si può mangiare, bere, rilassarsi, comprare (Tutto è in vendita – recita un cartello – tranne le persone), ascoltare, leggere, capire, conoscere, ricordare,

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dimenticare, pensare, gustare, stupirsi e approfondire. La cura dei piatti - primi, secondi, dolci ma anche cicchetti (assaggi), basati su una carta che cambia ogni 2/3 mesi in base alla stagionalità dei prodotti – è affidata al cuoco Davide Colosini, aperitivi e cocktail a Nicola, mentre alla cura degli ospiti ci pensano Andrea e Gino. «Il cliente conosce solo il prodotto finale ma questo mestiere presuppone studio, ricerca, aggiornamento continuo» spiegano. «E’ un lavoro che insegna ad essere concreti e in un certo senso richiede anche responsabilità: le persone, nel momento in cui si siedono, ti stanno affidando il loro tempo libero». Non ci sono dress code, selezioni o rituali di alcun tipo per poterlo trascorrere in via Aleardi. Solo bisogna accettare il principio della qualità

e dell’ecosostenibilità che anima il locale: «La nostra proposta è ampia e flessibile ma anche indirizzata» precisa Andrea. Non possiamo quindi offrire per esempio cocktail preparati con prodotti che riteniamo di bassa qualità, i nostri drink sono tutti originali». Ficomaeco è un sogno realizzato? «Veramente» sorride Gino «mi ero ripromesso che non avrei mai aperto un locale. Ma ora siamo soddisfatti. Idee nuove sorgono ogni giorno, meglio però fare un passo alla volta». In via Aleardi si fa anche teatro, si suona, si possono organizzare feste. E la domenica si può fare merenda. Frequentandolo non ci si stupisce che abbia già attirato l’attenzione anche della rivista Ad e della francese Elle decoration.

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Sopra: i clienti del locale consumano i loro cocktail nella suggestiva sala con bancone. Sotto: Mino e Gino in un momento di relax.


Nella foto i fondatori di TAG. Gianfausto Ferrari in piedi e Davide Dattoli

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territorio

NON TROVI LAVORO? INVENTALO NEL GIARDINO di Claretta Pasotti

A Brescia esiste un ecosistema dove menti brillanti si confrontano e si contaminano. Un giardino di giovani ma grandi talenti legati al mondo del web e della comunicazione, dove viene stimolata la creatività, nascono idee, vengono concretizzati progetti.

T

alent Garden, coworking space, aperto lo scorso dicembre in via Cipro 66, assurge a proprio dictat il concetto espresso dal rettore di Harvard nel film The social network:

qui i ragazzi non vengono per trovare lavoro, vengono per inventarsene uno. Scopriamo come. Entrando nel giardino non si può non respirare un’aria di avanguardia, di scambio e di crescita. Superiamo l’area di accoglienza, il prato e la boule, le pareti a lavagna dove annotare idee e le ecosostenibili

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scrivanie in cartone. Arriviamo così alle postazioni disponibili (ben 56), notiamo da un lato la cucina, dall’altro le tre sale riunioni e lo spazio eventi, per una superficie totale di 750 metri quadrati, dove non mancano biliardino, scacchi, mega schermo e chaise-longues. Perché una partita potrebbe essere (come già successo) la giusta occasione per scambi di opinioni o per ipotizzare progetti comuni. A raccontare la nascita del giardino di talenti ci pensano i suoi creatori, Gianfausto Ferrari, ceo della start-up Superpartes, Davide Dattoli ed Enrico Ballerini, soci di Viral Farm, social media e mobile agency. Una condivisione di spazi li ha portati a ritrovarsi alla macchinetta del caffè e a notare come, discutendo insieme, potessero nascere idee interessanti. «Perché non istituzionalizzare tutto questo creando uno spazio


A lato: veduta della sala e del tavolo di lavoro “eco”. Qui sotto particolare della sedia in cartone

dove possa avvenire una contaminazione spontanea e naturale?» si sono chiesti. Detto fatto, ed ecco che Tag ha aperto i battenti. «L’idea era creare un luogo da vivere, bello a livello estetico ma soprattutto accogliente, dove persone con competenze diverse ma contigue potessero conoscersi e collaborare».In via Cipro si possono così trovare free lance, agenzie e start-up, professionisti di web designer, web marketing, grafici e developer, ma anche fotografi (gli Stylaz, fotografi ufficiali di Biagio Antonacci), filmaker (la Secret wood, casa di produzione vincitrice del primo premio Kodak), agenzie di comunicazione (il network 87 Magenta). Come si entra a far parte della Tag people? «Ci sono selezioni periodiche, in tre mesi abbiamo già riempito 40 postazioni» spiega Ferrari. Entra chi è geniale, chi ha

Davide Dattoli

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un sogno, chi sente stretto il proprio ufficio, desidera socialità e confronto. I candidati si presentano agli altri abitanti, che tutti insieme selezionano». E poi? «Chi viene scelto trova in Tag i mezzi per realizzare i propri progetti, in cambio deve aiutare il sistema a crescere». L’accesso è consentito, con il badge personale, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. Tag è insomma un vero e proprio passion coworking space, dove «le persone possono fare in modo che 1+1 faccia 3». Lo ha già dimostrato la nascita dell’app per iPhone iSave the plant, opera della grafica Alessandra Balzani e del programmatore Stefano Benetti, o del Phone 8, applicazione che rende il cellulare utilizzabile anche a chi ha qualche problemino alla vista, creata dalla collaborazione di persone che fino a un mese fa non si conoscevano. «Si sta realizzando ciò che abbiamo sognato e cominciano a rivolgersi a noi grandi realtà che hanno compreso come all’interno di Tag si possano trovare eccellenze» raccontano


soddisfatti Davide (peraltro nel team della piattaforma Save the Mom) e Gianfausto. «Stiamo pensando di replicare l’esperienza a Milano, Torino e Bergamo ma sarebbe bello che un Tag trovasse spazio in ogni città. Perché non tutti i talenti sono nella Silicon Valley o comunque all’estero, solo che spesso non li si vede o non vengono valorizzati. Qui non viene chi cerca il posto fisso ma chi è disposto ad inventarsi il proprio lavoro, le nuove avanguardie. Il mondo sta andando in questa direzione, indietro non si torna.

In alto: la sala di lavoro condiviso. Nella foto centrale: particolare dell’arredamento all’ingresso del TAG. Nella foto sotto: particolare del tavolo assemblea realizzato completamente con cartone

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BAR TABACCHI La Coccinella Alle Porte Franche di Erbusco un locale per soddisfare i tuoi desideri Ad accogliervi c’è il sorriso e la freschezza del personale in una piccola oasi ricca di servizi in un atmosfera calda e rilassante. Siamo nel Bar-Tabacchi La Coccinella all’interno del Centro Commerciale Le Porte Franche, una tappa obbligatoria che vi stupirà per la quantità di servizi che riesce ad offrire. Si incomincia la mattina alle 8 con la colazione, un sorriso e tanta gentilezza per rendere piacevole il risveglio e affrontare con serenità tutta la giornata. Seguono le proposte aperitivo e caffetteria in genere per soddisfare i vari break che alleggeriscono la giornata dai tanti impegni che solitamente ci sommergono. Tutto questo è possibile fino alle 22 in un elegante e tranquillo spazio esclusivo del locale, comodamente affacciato sulla scenografica architettura del Centro Commerciale. Nell’arco della giornata, al piacere di una pausa ristoratrice, La Coccinella, mette a disposizione una rosa completa di prestazioni veramente utili che si possono effettuare tranquillamente tra un caffè e uno spuntino. In diretta quindi il pagamento delle bollette postali, Mav, Rav, Freccia Rossa, Voucher Inps, Bollo Auto, Canone Rai, Sky, Mediaset Premium, Telecom Italia, Wind, Infostrada, Ricariche Poste Pay e tutte le ricariche telefoniche italiane ed estere. E non finisce qui. Per tutti gli appassionati di giochi e per chi ama tentare la fortuna, La Coccinella (anche il nome è un augurio) offre una vasta gamma di possibilità: Lotto, 10 e Lotto, Superenalotto, Win for Life, Gratta e Vinci e biglietti Lotteria di tutti i tipi. Basta quindi scegliere la giocata preferita, incrociare le dita e il gioco è fatto! Ma in questa sciccosa manciata di metri quadrati, studiati alla perfezione per rendere la sosta agevole e rilassante, non mancano alcune chicche per palati raffinati: in bella mostra un’importante collezione di Wisky Macallan completa di tutte le annate a partire dal 1936 e per gli appassionati fumatori, oltre ai tabacchi tradizionali ed ai Trinciati, sono disponibili i migliori sigari cubani conservati sapientemente in una vetrina climatizzata per mantenere intatto il loro aroma e le loro caratteristiche. Detto questo, dopo qualche ora di shopping, un pit stop presso La Coccinella è d’obbligo per rilassarsi e sbrigare in pochi minuti tutte quelle piccole cose pratiche senza doversi spostare da un posto all’altro. E se per caso avete usato i servizi pubblici non preoccupatevi per il ritorno, La Coccinella offre anche il servizio di biglietteria per pullman!

La Coccinella è aperta tutti i giorni dalle 8.00 alle 22.00 tel. 030. 7704448

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territorio

LA LUCE NEGLI OCCHI

di Paola Castriota Una passione nata per caso da una mano abituata al lavoro e da occhi sensibili e attenti. Oggetti che diventano soggetti e soggetti che diventano icone di un pensiero dedicato alla varie sfaccettature della vita. Sfaccettature che si fanno sfumature, colori, giochi di ombre. Chiaroscuri che a loro volta si dipingono su volti rugosi e occhi pieni di luce ed e’ proprio nella luce che brilla in quegli occhi, nella energia che scorre in quei solchi dipinti dalla vita sul viso delle persone, che si ritrova la passione di Ennio Maino, punto di riferimento bresciano nel ramo dell’arte figurativa che predilige ritratti e nature morte 21


In queste foto dall’alto: un ritratto di donna Ennio sta lavorando attualmente. A fianco il dipinto di un cavaliere medievale raffigurato durante la rievocazione dell’assedio del Castello di Brescia. Sotto da sinistra un anziano, un contadino e una composizione di frutta

G

uardando i suoi quadri si notano subito alcuni pilastri del suo modo di intendere la pittura: l’amore per i soggetti che esprimono l’essenza del vivere, lo studio della luce e quel tocco che tanto ricorda il Pitocchetto.

Con il maestro del tardo barocco, Ennio condivide il tratto del pennello, la composizione armoniosa e bilanciata degli elementi, la cura dei dettagli e la patria d’adozione. Entrambi infatti sono nati in città diverse da quella in cui hanno deciso di vivere. Milano aveva dato i natali a Giacomo Ceruti - in arte Pitocchetto - e Rovereto a Ennio. Brescia li ha accolti. Ennio inizia a dipingere nel 1993 durante un periodo di convalescenza. Il riposo forzato lo costringe a trovare passatempi che non siano le solite parole crociate. Un giorno passando davanti a una cartoleria gli salta per la testa l’idea di disegnare. Compra matite e fogli e poi

si ritrova lì davanti a uno spazio bianco da colmare. Man mano che la matita lascia linee sul foglio, Ennio si accorge che gli piace, che non solo quello scorrere di tratti ha un senso compiuto, ma che lo diverte, lo appassiona, insomma ci prende gusto e allora continua. Passa alle matite colorate e poi decide di spiccare il grande salto. Acquista una tela, un cavalletto, pennelli e colori. La pittura a olio diventa la sua isola felice, il completamento di un percorso di vita che in realtà gli apre la porta su un nuovo universo fatto di equilibrio e sperimentazione, errori e prove di coraggio, ardimento e pazienza. La produzione di tele aumenta col passare dei mesi e il vecchio box auto viene trasformato in un piccolo laboratorio dove Ennio entra in un’altra dimensione di pensiero ed espressione. Lì prendono vita cesti di nature morte e ritratti di madri, figli, madonne, uomini al bar, cavalli, contadini, pescatori, cavalieri medievali, papi e amici. Ma soprattutto anziani: i soggetti prediletti, i più amati, i più intensi. Bastano i loro volti, magistralmente dipinti, a raccontare la storia di infinite vite diverse. «Li amo» confessa Ennio «perché in loro vedo persone che hanno lavorato, tribolato, sofferto, gioito. Che hanno vissuto intensamente e sono lì a raccontarlo con il loro viso». Assolutamente autodidatta, ci ha provato Ennio a prendere lezioni all’inizio

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Ennio classe ‘48, originario di Rovereto, al lavoro tra colori, pennelli e un bastone con spugna che usa per stabilizzare il tratto nella rifinitura di dettagli e particolari

di questo personale percorso artistico, ma si era imbattuto in una insegnante che voleva portarlo su un’altra strada: l’astrattismo. «Mi faceva vedere tele con qualche linea e alcuni punti» racconta «poi mi diceva: guarda questo è il sole, questa la collina, questi gli alberi» aggiunge, fa una pausa e poi sbotta. «Ma dove sono?! Le chiedevo io. Dopo mezz’ora ero già andato via». In questo ricordo è sintetizzato tutto il pensiero stilistico di Ennio che nel tempo ha dovuto salutare molte delle sue creature. «Ho venduto diversi quadri e per alcuni mi è proprio dispiaciuto perché ci tenevo tanto» dice «però era giusto così anche perché in questo modo posso mantenere la mia passione». Veder andare via un proprio quadro è un po’ come fare figli e donarli al mondo. «Esatto. E’ proprio così». Negli anni sono state tante le mostre in cui ha esposto tra queste Ennio ricorda la Puglia, la Calabria, Como e tutto il territorio bresciano. Il maestro in assoluto chi è per Ennio? «Caravaggio» risponde sicuro «sia per la vita sia per la tecnica e l’innovazione che ha portato nella pittura. Non ha eguali». Ma arriva un momento in cui un pittore sente di essere giunto a un punto di arrivo? «No» risponde con altrettanta sicurezza «la pittura è una continua ricerca. Non si finisce mai». Così come non può finire il cammino di un pennello su una lunga tela bianca cui donare la vita.

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territorio

Scoprirsi Sorelle su FACEBOOK Qualcuno sostiene che nel nome sia già scritto il destino di una persona. Così è stato per Alessandra e Maira, venute alla luce in Brasile e date in adozione, la prima dopo sette giorni dalla nascita e la seconda dopo venti. Tra le due nascite passano quattro anni e diciotto dal loro primo incontro che non avviene in Sud America, ma su una banchina della stazione ferroviaria di Verona Porta Nuova. Cosa ha di speciale la loro storia? Semplice, è la storia di due sorelle che si sono ritrovate grazie a una serie di coincidenze nate dalla scelta di un nome

A

di Paola Castriota

lessandra. Questo è il nome da cui parte una vicenda che ha tutte le caratteristiche di un romanzo entusiasmante. Marina e Maurizio sono sposati, hanno già adottato un bambino cileno, ma vorrebbero adottarne un altro.

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Fanno richiesta, compilano la solita trafila di documenti, firmano dove necessario e partono per il Brasile per concludere la seconda adozione: una bimba nata da venti giorni li aspetta. Una volta là, si recano in tribunale e quando il responsabile della pratica chiede loro quale nome assegnare alla bimba, rispondono sicuri: Alessandra. Con altrettanta e contrapposta sicurezza, il responsabile risponde loro che non è possibile. Cala l’imbarazzo. I due coniugi Salvagno sorridono, poi si fanno seri, insistono, avanzano domande, vogliono capire e alla fine viene detto loro che la bambina ha una sorella, adottata anche lei, che porta lo stesso nome. Mamma Marina riesce a scorgere il nome della sorella di Maira su un foglio della pratica di adozione e lo memorizza: Alessandra Bellini, Brescia. Queste parole


tornano a bussare alla porta dei suoi ricordi finché la figlia Maira entra nell’età dell’adolescenza. Marina decide di confessarle l’esistenza della sorella. «Mia madre mi rivelò che avevo una sorella di nome Alessandra, ma fino al compimento dei diciotto anni non mi disse altro perché voleva aspettare che io fossi maggiorenne per darmi la possibilità di decidere consapevolmente se conoscerla oppure no». Con le fiammelle delle diciotto candeline, Maira soffia via tutti i dubbi: vuole conoscere Alessandra e così la madre le rivela il cognome e il nome della città in cui vive la sorella. Tramite Facebook Maira effettua la ricerca: per sua fortuna Alessandra possiede un account sul social network più famoso al mondo. Tra mille dubbi («Avevo paura di stravolgere la sua vita»), decide di mandarle un messaggio in cui si presenta spiegando la propria identità. Sulle prime Alessandra reagisce con freddezza alla richiesta di amicizia di questa ragazza che si presenta come sua sorella di sangue. E’ dubbiosa, non sa che fare e da persona riservata quale è, vuole avere maggiori dettagli, prove che confermino la verità di quanto Maira sostiene. «Ero molto titubante» ammette Ale. «Avevo bisogno di dati per confrontarmi». Aurora e Giancarlo, genitori di Alessandra, non

sapevano nulla e anche loro rimangono sorpresi. Parlano con la figlia e decidono di lasciarla libera di scegliere. Il messaggio di Maira è stato inviato a luglio e a settembre c’è il primo incontro. Nel frattempo sul filo del telefono corrono conversazioni che sembrano un gioco da equilibristi: tentennanti e timorose all’inizio, sempre più lunghe e rassicuranti con il passare del tempo. Nasce la sintonia o, sarebbe meglio dire, si svela lentamente come la nuova alba di un sole che esiste da sempre. Su un treno che corre da Brescia a Verona viaggia quel destino cercato e immaginato a lungo da Maira che il 2 settembre scorso è lì in piedi tra mille passanti ad attendere Alessandra sulla banchina della stazione di Verona Porta Nuova. C’è anche mamma Marina colei che ha innescato la grande macchina del destino. Su quella banchina si mischiano passeggeri in arrivo e in partenza, pensieri, voci confuse. Il ticchettio delle placche di plastica dei tabelloni degli orari scandisce lo scorrere di un tempo che pare sospeso. Il battito del cuore accompagna l’attesa di un incontro e si confonde con le innumerevoli vite che scorrono su quella banchina. «Quando ho visto arrivare il treno ho pensato: è

Nella foto di copertina: Alessandra e Maira. A fianco: mamma Aurora, Alessandra, Maira e mamma Marina

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Maira e Alessandra sorridono davanti allo schermo aperto sulla homepage di Facebook, social network che ha permesso alle due sorelle di incontrarsi dopo tanti anni

lunghissimo, non finisce più!» confessa ridendo Maira. «Chissà da dove scenderà». Lei e mamma Marina si dividono per andare incontro ad Alessandra accompagnata da mamma Aurora. «Non appena ho visto Ale, le sono andata incontro e ci siamo abbracciate, ma le più emozionate erano le nostre mamme!» aggiunge scambiando uno sguardo complice con Ale e ridendo di gusto. Entrambe sanno che quel momento rimarrà indelebile, unico, intenso. Alla stazione le due ragazze hanno modo di guardarsi negli occhi finalmente, a migliaia di chilometri di distanza da dove la loro storia su questa terra è iniziata tanti anni fa. Per carattere si definiscono diverse: riflessiva Alessandra, istintiva Maira. «Ci compensiamo!» confermano entrambe. In comune hanno la passione per l’arte: Maira partecipa a sfilate e a eventi nel mondo dello spettacolo, mentre Ale sta frequentando l’università Cattolica di Brescia con indirizzo ideazione multimediale per media e spettacolo. Questa passione condivisa le ha già portate a vivere insieme un weekend a Firenze - grazie a uno Smartbox ricevuto da Maira per il compleanno - e a interpretare un cortometraggio giocato sul filo delle identità: il titolo è Doppelganger ossia doppia immagine, progetto realizzato insieme ad Aldo Terna e Andrea Saleri. Per il resto invece sono diverse anche in materia di svago: calcio per Ale, tacchi

per Maira. «Di sicuro» confessa Ale «è più brava lei con i tacchi che io a calcio!». E pensare che Alessandra non doveva essere nemmeno adottata e che in origine i genitori di Maira avrebbero dovuto adottare un altro maschio, disponibile con diritto di precedenza su Maira. E pensare che tra tutte le possibili famiglie di destinazione, sono finite in una di Brescia e una di Verona, a un tiro di scoppio l’una dall’altra. La storia di queste due sorelle ritrovate ha commosso tutta Italia: dall’Arena, quotidiano di Verona, alle tv nazionali il passo è stato breve. Maira e Alessandra sono state ospitate alla Vita in diretta e ai Fatti Vostri. «Una signora ha mandato una mail alla redazione del programma di Magalli per poterci contattare e avere maggiori informazioni sulle adozioni» racconta Alessandra. «E’ una cosa bellissima poter sensibilizzare le persone ed essere da stimolo ai ragazzi adottati a cercare i propri fratelli o sorelle». Cosa vuol dire scoprire di avere una sorella dopo tanti anni dalla nascita? «Ci vorrà tempo prima di scoprirlo» risponde Maira. «Di solito un fratello lo trovi già in casa» aggiunge Ale. «In questo caso invece ti ho adottata» aggiunge sorridendo verso la sorella che ribatte «mi avrai anche adottata tu ma io ho avviato la pratica!». Scoppiano a ridere, si scambiano occhiate complici e si illuminano di una bellezza rara e preziosa che nessuno potrà più dividere.

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VIAGGIO CULTURALE O PELLEGRINAGGIO SPIRITUALE?

Panorama di Gerusalemme. Sulla destra si intravede il cimitero ebraico In basso: Antiche mura costruite da re Erode viste al tramonto

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di Mariella Annibale Marchina fotografie di Walter Marchina

marzo 2012 si parte per Gerusalemme. Con una certa ansia, lo ammetto, perché nella mia mente si accavallano pensieri contrastanti.

Dalle notizie che, secondo il calendario Maya, è l’anno dell’apocalisse, per cui per scaramanzia, qualcuno potrà insinuare, è stato scelta Gerusalemme per

prepararmi al grande passaggio. Quindi ho ritenuto necessario ritornare sui luoghi dell’origine del nostro cristianesimo, scegliendo di visitare la culla della nostra civiltà. Subito rifletto che, se fossimo stati dei bravi cronisti e avessimo registrato tutte le profezie annunciate negli ultimi cinquant’anni, avremmo già riempito parecchi fogli. Cerco di allontanare dalla mente le varie osservazioni sulla pericolosità a intraprendere questo viaggio. La voglia di conoscere i luoghi e le radici della nostra spiritualità cristiana mi mette una frenesia fanciullesca accompagnata da un forte desiderio di accelerare i tempi. L’ansia, in parte accantonata, aumenta quando, prima

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Nella foto di sinistra il Decumano massimo. Di fianco: reperti di epoca romana. A destra si intravede la cupola della moschea.

dell’imbarco siamo tutti sottoposti ad un fitto interrogatorio da parte degli agenti della vigilanza israeliana. Ci spiegano, con modi non troppo garbati e in modo perentorio, che è la prassi, necessaria per garantire la sicurezza. Il viaggio dura quattro ore, scandito dalla proiezione di film in varie lingue, ma non in italiano. Da Tel Aviv, dove siamo atterrati, raggiungiamo finalmente la meta agognata, Gerusalemme. Il fascino della città è subito palpabile. Le maestose e bianche mura millenarie, che racchiudono l’antico centro, ci infondono sicurezza e serenità. Il nostro albergo è posto appena dentro la porta di Giaffa, per cui ci permette subito di visitare alcuni siti. In primis decidiamo di visitare il Muro occidentale dell’antico tempio, meglio conosciuto come Il Muro del Pianto. Lo raggiungiamo zizzagando tra vicoli stretti e il Suk e percorrendo in parte La via Dolorosa. Finalmente si spalanca davanti ai nostri occhi il piazzale delimitato a mattina dal mitico Muro e a sud dal nuovo camminamento che immette alla Spianata delle moschee. Che emozione vedere decine e decine di persone appoggiate a ciò che resta del mitico tempio di David, divenuto

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ora un bianco lacerto, in cui i fedeli sia ebrei che cristiani si appoggiano in mesta preghiera. L’emozione aumenta quando rammento le parole di papa Giovanni Paolo II che, nella medesima circostanza, disse agli Ebrei che erano i nostri fratelli maggiori. Titubante e silenziosa mi avvicino per infilare nelle fessure, un po’ goffamente, i miei bigliettini. Mi sto allontanando quando mia figlia mi fa notare che, per rispetto del luogo, non dovevo voltare le spalle al muro. Per cui indietreggio lentamente, sperando di non investire nessuno e ammiro quegli enormi massi fermi lì da millenni, e sfiorati sicuramente anche da Gesù Cristo. Che turbamento! Il fascino di Gerusalemme ci emoziona continuamente, sia osservando i tetti delle case, sia i campanili dei santuari e le cupole delle moschee che si frastagliano alla calda luce del tramonto. Siamo stati fortunati il clima è quasi estivo, per cui ci permette di assaporare, smanicati, il tepore e di girovagare tra gli ebrei mascherati e festanti. E’ la settimana del Purim il loro carnevale. Il desiderio di conoscere le antiche testimonianze ebraiche, ci fa scaturire una profonda bramosia di spiritualità e


Il Muro del Pianto

di raccoglimento. Quali luoghi più adatti se non quei luoghi sacri della cristianità, come il Santo Sepolcro e la Via Dolorosa a Gerusalemme o la basilica della Natività a Betlemme. Due luoghi che rappresentano e rammentano il primo, l’agonia e la morte, il secondo, la vita. Ma che delusione! Bellissimi monumenti decorati da migliaia di lampade argentee penzolanti da soffitti altissimi, ma affollati da chiassosi turisti provenienti da tutte le nazioni del mondo, intenti a fotografare ogni angolo, senza il minimo accenno al raccoglimento, né alla preghiera. La nota che ci ha anche meravigliato è la mancanza di religiosi cattolici, a differenza dei religiosi Copti e Greco-ortodossi. Il santuario è inteso come un condominio abitato da vari proprietari religiosi, ma litigiosi. Lo dimostra il fatto che lungo la parete sud, sotto le due grandi finestre è ancora appoggiata la scale che i frati francescani, abbandonarono in fretta perché assaliti dagli altri proprietari che non volevano che il loro territorio fosse invaso. La scala sta ancora lì, nessuno la può spostare, come la bellezza, l’emozione, il fascino, la magia che Gerusalemme ci ha donato, continuerà a suscitare meraviglia, per me ora sono saldi e meravigliosi ricordi.

Case a ridosso dell’antica Porta di Giaffa

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fuori brescia

LONDON CALLING Con una laurea triennale in comunicazione e un master in economia con indirizzo in gestione delle organizzazioni culturali e artistiche, Marta Bogna, classe ‘81 ha deciso anni fa di crearsi un futuro a Londra. Quel futuro è un presente ricco di esperienze e crescita professionale

C

ome sei arrivata a Londra e da quanto sei li? Dopo la maturità classica conseguita al Liceo Arnaldo, mi sono trasferita a Bologna per frequentare Scienze della Comunicazione.

La riforma universitaria 3+2 era appena entrata in vigore, e il nuovo sistema mi ha permesso di iscrivermi, dopo la Laurea triennale in comunicazione, a un Master di secondo livello in Economia - Gestione e Organizzazione delle Organizzazioni Culturali e Artistiche (GIOCA). Gemellato con il Carnegie Mellon di Pittsburgh, uno dei centri piu’ rinomati al mondo, il corso aveva una forte impronta anglofona, e quasi la metà dei corsi erano insegnati da docenti inglesi e americani (in lingua). Dopo 5 anni dal master in Economia, mi sono iscritta, nel 2010, a un master in Storia dell’Arte alla Birkbeck University, qui a Londra. La Birkbeck è l’unica università con

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Nella foto di copertina: Marta alla stazione internazionale di Kings Cross St Pancras. A fianco: le Thames Barriers all’estremo est del Tamigi e uno scorcio dell’Electric hotel allestito in occasione di una performance di danza

corsi di studi pensati per gente che lavora, quindi sono riuscita a completare il corso nonostante lavorassi full-time. Una faticaccia, che è pero’ stata ricompensata dal risultato finale che mi è stato notificato poco prima di Natale 2011. Ora non so, ho una mezza idea per un Phd (dottorato di ricerca), ma una parte di me dice molto semplicemente basta. Una delle parti integranti del Gioca era lo svolgimento di un periodo di stage presso un’organizzazione rilevante al titolo di studio. Io avevo finito gli esami con un po’ di mesi di anticipo, e stavo concludendo lo stage presso una fantastica casa editrice di libri d’artista e fumetti, la Kappa Edizioni di Bologna, ma per motivi burocratici avrei dovuto attendere la fine dell’anno per laurearmi. Ho iniziato a pensare che sarebbe stata l’occasione perfetta per fare uno stage all’estero, e cosi’ ho fatto domanda per la borsa di studio Leonardo, che finanzia appunto esperienze lavorative all’estero. A gennaio, durante Arte Fiera, su suggerimento di una mia collega, girai tutte le gallerie straniere presenti lasciando il mio curriculum…dopo alcune settimane mi avevano offerto tre stage a Londra. Ho scelto la galleria che mi sembrava piu’ interessante, e a giugno ero a Londra, lavorando in galleria durante la settimana e scrivendo la tesi nei weekend. La fortuna ha voluto che, terminati i 5 mesi di stage, la gallerista mi chiese di rimanere. A dicembre 2005 mi sono laureata, e a Febbraio 2006 ero l’exhibition manager di questa piccola galleria in Shoreditch. La galleria (Vertigo) rappresentava artisti inglesi emergenti, e l’esperienza è stata una fantastica piattaforma formativa per la mia carriera. La galleria ora è chiusa, anche se esiste ancora in forma di private consultancy, ma alcuni degli artisti che seguivo sono diventati parecchio importanti…con molti sono ancora in contatto. Mi fa ancora immensamente piacere riconoscere le loro opere in mostre e collezioni. Ci parli di Londra? Londra è una città gigante, dove c’è un po’ di tutto, per tutti i gusti, e per tutti i tipi. È un posto dove non c’è uno stereotipo – ce ne sono decine. È un posto individualista, dove ognuno è liberissimo di fare un po’ quello che gli pare, ma dove, allo

stesso tempo, è molto facile ritrovarsi soli. È difficile ‘inciamparè in luoghi di ritrovo. Ce ne sono a migliaia, ma bisogna saperli trovare. L’intraprendenza è la dote di cui bisogna armarsi – e l’organizzazione. In un posto dove ci si impiega magari due ore a spostarsi da una parte all’altra, diventa necessario aver studiato il percorso, aver prenotato in anticipo (dal taxi, al ristorante, al cinema, al museo, ai biglietti per un club, etc). Dopo ore passate a fare le code ho imparato a pianificare nei minimi dettagli. In cosa consiste il tuo lavoro? Dopo cinque anni lavorando in agenzie di pubbliche relazioni, e innumerevoli campagne per diversi clienti nel mondo dell’arte, soprattutto contemporanea, sono passata a un settore diverso: la danza. Sono ora la Press and Media Manager del The Place, uno dei centri maggiori per la danza contemporanea in Europa. Il The Place è un’organizzazione complessa, che accoglie sotto lo stesso tetto la London Contemporary Dance School, uno dei Conservatori per lo studio della danza piu’ famosi, la Richard Alston Dance Company, una compagnia molto famosa diretta dall’omonimo coreografo, e il Robin Howard Dance Theatre, un teatro di piccola scala (300 posti) dove il nostro team programma un numero di performances incredibile (quasi 200 all’anno), di artisti inglesi e internazionali. Io lavoro con la stampa, promuovendo e gestendo il profilo mediatico del The Place in tutte le sue diverse incarnazioni, e pianificando le campagne stampa e social media, identificando i bisogni e prendendo in considerazione gli obiettivi dell’organizzazione sul corto e sul lungo periodo. Com’è la tua giornata tipo? Mi sveglio alle otto, mi preparo e bevo un caffè, rigorosamente espresso. Prendo la metropolitana a Liverpool Street, a pochi minuti da casa. Scendo a Euston Square, ritiro i giornali dal negozio di fiducia e arrivo in ufficio intorno alle dieci. Fino alle tredici di solito rispondo alle richieste, monitorizzo la stampa e controllo che tutti gli articoli a cui sto lavorando siano in progresso. Nel pomeriggio di solito contatto i critici, preparo materiale per spettacoli successivi, faccio ricerca,

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Il Regent’s Canal vicino a London fields e Broadway market

incontro coreografi, sviluppo idee per articoli/interviste, controllo i biglietti per la stampa con il box office e ho sempre qualche meeting interno in cui si discutono attività future. Finisco alle diciotto, ma mi fermo spesso in teatro, di solito fino alle 22.30, in caso ci siano spettacoli che mi interessa vedere o se ci sono dei giornalisti che ho invitato con cui ho bisogno di parlare – o che so possano avere delle domande sullo spettacolo. Solitamente i critici devono scrivere il loro pezzo entro il mezzogiorno successivo, quindi è sempre utile avere qualche ora in piu’ per trovare risposte a domande che richiedono qualche ora di ricerca. Cosa ti piace dell’Inghilterra e cosa invece fai fatica ad apprezzare? Mi piace la multietnicità e multiculturalità; mi piace uscire a cena e poter scegliere tra una lista praticamente infinita di cucine e stili; mi piace poter spaziare in ogni possibile tipo di intrattenimento, a qualsiasi ora, in qualsiasi giorno della settimana. Se c’è un nuovo trend, di solito arriva a Londra prima di essere stato identificato. Mi piace la libertà di sperimentare cose nuove, e allo stesso tempo, l’amore per le cose tradizionali e la riscoperta delle cose vecchie, dalle sale da tè, alle danze popolari, alle fiere dell’usato. Mi piace il sistema meritocratico, e mi piace l’apprezzamento dello straniero, invece che il contrario. Non mi piace il fatto che la gente corra sempre e mangi per la strada mentre cammina; che i treni si fermino a mezzanotte; che multiculturalità non si traduca molto spesso in integrazione; che le differenze sociali siano enormi. Ah, e ovviamente, che l’estate non arrivi mai! Quali cose hanno in comune Brescia e Londra? Oppure contrarie o molto diverse? Brescia e Londra: hanno in comune un paio di amici che vivono qui. Hanno in comune l’aria un po’ triste delle giornate nebbiose. Sinceramente non saprei, manco da Brescia da troppo tempo. Quando torno pero’ mi sorprendo sempre da quanti nuovi locali ci sono a Brescia, uno più bello dell’altro. Ogni Natale sembra che ci sia un nuovo punto di ritrovo, che sicuramente è un aspetto molto diverso rispetto a Londra. Ci parli del welfare inglese? Il sistema per registrarsi all’assicurazione sociale, per avere un dottore e per iscriversi alle liste elettorali è estremamente semplice. In quanto cittadina europea, non ho mai trovato nessuna difficoltà a livello legale. Ho avuto per anni una dottoressa favolosa, che però ora ho dovuto cambiare – ogni zona ha un centro Nhs (National Health Service) a cui ci si può iscrivere, quindi se cambi casa cambi anche dottore. Detto questo, ho sentito di storie raccapriccianti. Il sistema è pieno di contraddizioni, per cui se una persona riceve dei sussidi (e deve avere una serie di requisiti), i sussidi sono più alti del minimo lavorativo … insomma non un gran che come incentivo a trovare lavoro. Aneddoti particolari che ti sono capitati? Ce ne sono tanti. Settimana scorsa ero a prendere un caffè e

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accanto a me si è seduto un volto famigliare. Mi sono lambiccata il cervello per capire se dovevo salutare o meno, e poi mi sono resa conto che era Rupert Everett. Per fortuna ho evitato la figuraccia. Una volta sono capitata a una festa a casa di amici di amici e mi sono resa conto che uno degli inquilini era stato con me in vacanza studio quindici anni prima … aveva una faccia famigliare anche lui. Come sono gli inglesi? E come vedono l’Italia e gli italiani? Gli Inglesi amano l’Italia profondamente. Sono affascinati dalla storia, dalla cultura e hanno una vera a propria venerazione per i maestri della pittura, musica, architettura. Per non parlare della cucina. I migliori ristoranti sono italiani e si trovano tantissimi deli che vendono delicatezze locali e stagionali. Purtroppo devo anche dire che, politicamente parlando, gli ultimi vent’anni di governo non hanno sicuramente fatto un favore all’opinione pubblica nei confronti dell’Italia e degli italiani. C’è un bel po’ di lavoro da fare per ristabilire rispetto e credibilità. Cosa ti manca dell’Italia e cosa non ti manca per niente? Ah, facile: mi manca da morire il mare d’estate e la mia famiglia, tantissimo. Mi mancano i centri storici di tutte le città, e il senso della storia che trapela ovunque. Mi mancano aspetti della cultura italiana. Per il resto sto bene qui. Quali sono gli svaghi più diffusi? Qualsiasi, davvero. Una cosa che sta andando parecchio negli ultimi anni sono le performance esperienziali – teatro, opera, cinema, feste nei club. In diversi modi, si ricrea la scena descritta e il pubblico non è semplicemente seduto in un auditorium, ma diventa parte integrante dello spettacolo, o meglio, a seconda di come si muove, lo spettatore avrà un’esperienza diversa e vedrà cose diverse. È un po’ complicato da spiegare, ma mi riferisco al lavoro di compagnie come Punch Drunk o al Secret Cinema, Silent Opera. Ci sono anche moltissimi supper club, cene a sorpresa, sia in case private, sia in locali adibiti a ristorate


magari solo per qualche sera, con chef che organizzano menù specialissimi conditi con piccoli spettacoli e tavolate condivise con sconosciuti. Di solito si prenota il biglietto all’oscuro di quello che poi succederà durante la serata. Feste in maschera, ma anche feste segrete in cui si scopre l’indirizzo all’ultimo minuto, a volte rigorosamente in costume. A un turista italiano cosa consiglieresti di visitare? Assolutamente le cose classiche: meritano. Una passeggiata sul south bank del Tamigi, dalla Tate Modern, passando per il London Eye, fino a Westminster Cathedral. Il Big Ben, Buckingham Palace. Il British Museum, il Victoria and Albert Museum, la Royal Academy. Un tè al Ritz, o, se non riuscite a prenotarlo, provate quello di Fortum & Mason. Un giro da Harrods, una passeggiata per i mercati – da Portobello Road a Spitalfieds (sinceramente vi direi di saltare Camden, non vi perdete niente). Prendete il battello alla Towers of London fino a Greenwich, passando per Canary Wharf, e salite all’Osservatorio di Greenwich, dove passa il meridiano zero. Perdetevi a Hampstead Heath, andate a visitare Kew Gardens, e fate un giro da Jack lo Squartatore nell’East London. Potrei continuare per pagine e pagine, adoro essere una turista a Londra. Non dimentichiamoci che quest’anno, oltre alle Olimpiadi (organizzatevi per tempo) ci sarà anche il Diamond Jubilee della regina Elisabetta, il 6 giugno: uno spettacolo da non perdere. Quali consigli daresti invece a un italiano che vorrebbe trasferirsi lì? Di parlare bene inglese, magari iscrivendosi a un corso intensivo per dare una lucidata alla pronuncia. Se state cercando lavoro, abbiate un’idea chiara di cosa state cercando, e quali sono le posizioni a cui potete fare domanda. Non serve avere tante cose scritte su un curriculum, visto che, per la maggior parte dei lavori conta l’application. Non andate a vivere con italiani, soprattutto all’inizio: non imparerete una parola di inglese. Sperimentate, mettetevi in gioco. Siate educati e rispettate le regole: gli inglesi ci tengono moltissimo. Imparate a apprezzare una cultura che è più difficile da trovare, ma che è molto profonda e radicata. Visitate la campagna e la costa inglese. Londra è un mondo a parte rispetto al resto dell’Inghilterra. Non giudicate, almeno all’inizio: quello che a noi può sembrare maleducato, qui è esattamente il contrario di conseguenza, pensate bene a quello che dite, prima di dire cose completamente fuori luogo. Come mai ti sei fermata a vivere a Londra e non sei più tornata? Fondamentalmente per lavoro. Ho praticamente sempre lavorato in questo paese, e nella mia professione, le conoscenze nelle organizzazioni artistiche e culturali e l’esperienza nel trattare con la stampa, sono assolutamente essenziali. Se mi trasferissi, dovrei ricostruire una mappa che ho solidamente sviluppato nel corso degli anni. Per le opportunità: al mio livello, con la mia esperienza, so che qui la mia carriera è solo a metà e che ho ancora moltissime opportunità di crescita. Non voglio dire che in Italia questo non sarebbe il caso, perché non conosco il sistema abbastanza per poter esprimere giudizi, però vedo quali sono le entità in Italia per cui mi interesserebbe lavorare e hanno tutte uffici a Londra. Detto questo, se mi offrissero un lavoro irrifiutabile in Italia, ovviamente lo prenderei in considerazione. Il mio fidanzato è londinese e negli ultimi anni ho reintrodotto i compleanni di nonni, fratellini e sorelline nei miei outings. Insomma, prima di spostarmi dovrei consultare anche la famiglia inglese.

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diritto

ICI:

ITALIANI CERTI DELL’INCERTO

I

di Leonardo Wesendorf

l proprietario in questione - diciamo Beppe - risiede in un comune del Benaco mentre la moglie - Gina risulta risiedere a Brescia in un appartamento che è di proprietà del marito.

dell’anno mentre per i restanti mesi si recano all’estero per lunghi soggiorni. Gino risiede sul Benaco dal 1998 e a partire da quella data ha sempre ricevuto da parte del Comune di riferimento un avviso annuale che gli confermava la detrazione Ici per prima casa. Tutto tranquillo coltiva il suo orto, cura gli olivi e ogni tanto si concede il lusso di cucinare lo spiedo per gli amici. Ma la sua tranquillità viene interrotta all’improvviso nel 2011 da una serie di avvisi di accertamento che gli intasano la cassetta postale piombando rovinosamente nella sua vita come la grandine di fine estate.

Tuttavia i due coniugi dimorano abitualmente nell’abitazione sulle rive del Benaco, trascorrendo lì buona parte

Attenzione: la detrazione Ici per prima casa non può essere richiesta dal contribuente qualora il coniuge sia residente in altro immobile. Questa è la storia di Beppe e Gina due sventurati pensionati

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«Tutto sbagliato» tuonano minacciosi i fogli di cartabollata. «Signor Beppe, dal 2005 al 2010 lei doveva pagare l’Ici! Non poteva godere della detrazione perché in base alla sentenza della corte di Cassazione nr 14389 del giugno 2010, il contribuente che vive abitualmente in un immobile non ha diritto alle agevolazioni Ici previste per l’abitazione principale se il resto della famiglia vive in un altro appartamento! La corte ha scelto un’interpretazione rigorosa dell’articolo 8 comma 2 del Decreto legislativo 504/92!». Ossia se Gina risiede a Brescia, la famiglia non dimora nello stesso immobile dunque secondo il Comune ricorrente non ha diritto alle detrazioni. Per onore di cronaca la sentenza della Cassazione si riferiva al caso in cui due coniugi contribuenti, entrambi proprietari di immobili in cui erano rispettivamente residenti, avevano chiesto, per l’appunto entrambi e rispettivamente, la detrazione Ici per prima casa. Insomma avevano fatto i furbetti, mentre per Beppe la questione è diversa: lui non ha chiesto agevolazioni per l’immobile di Brescia in cui è collocata la residenza anagrafica della moglie. Ci paga regolarmente quanto dovuto e la residenza della moglie è rimasta lì solo ed esclusivamente per comodità o pigrizia. Niente di più. Ma la frittata ormai è fatta. L’incubo ha inizio. A questo punto Beppe si sente ubriaco di numeri e articoli e commi e cose restrittive e corti e cassazioni! Corre in Comune per chiedere chiarimenti: si trova davanti uno sceriffo che impugna non una Colt ma un codice civile, brandito insieme al distintivo ops al tesserino di funzionario pubblico. Lo sceriffo scruta Beppe come se fosse un furbetto da punire, da sculacciare, un delinquente da perseguire, da fustigare mentre Beppe è solo un contribuente che nella vita ha sempre cercato di arrangiarsi, ma senza voler mai fregare nessuno. Gli sembrava di potersela cavare con la dichiarazione dei redditi e le detrazioni per immobili. Si era informato, aveva letto normative, compilato moduli. E poi c’erano le conferme che ogni anno lo stesso Comune gli mandava: «Lei beneficia della detrazione Ici per prima casa: non deve pagare!». E’ il caos: lo stesso Comune che lo sollevava dal pagamento ora lo richiama severamente all’ottemperanza dei suoi doveri di contribuente. Compare l’Inquisizione, il boia, l’esecuzione in piazza, un tale che si chiama Kakfa che gli chiede se vuole rilasciare un’intervista per un libro che sta scrivendo. Beppe si sveglia, è solo un brutto sogno. Si alza prima di Gina che ancora dorme, va in cucina a prepararsi il caffè e nella penombra azzurrina dell’alba, nota qualcosa. Una presenza silenziosa che lo osserva, lo attende: il pacco di fogli con l’incriminazione è lì sul tavolo che lo fissa con grigia impassibilità. Gli viene da piangere, si siede e si mette le mani nei capelli arruffati dal sonno agitato e dal caos di un sistema civile che inizia ad apparirgli molto confuso e poco

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civile. Intanto la guarnizione della moka brucia insieme al caffè ormai ritostato. Nell’aria c’è odore di amarezza e polenta strinata. A nulla valgono i tentativi di dimostrare che nonostante la residenza anagrafica in Brescia, Gina dimora abitualmente al fianco di Beppe, da sempre. Lui vorrebbe dire che sono quarant’anni che si svegliano l’uno affianco all’altra e non si separano mai se non per le faccende quotidiane. Chiama persone in grado di testimoniare, ma è tutto inutile: nel giudizio tributario non sono ammesse prove testimoniali e come potrete immaginare a livello probatorio risulta praticamente impossibile dimostrare di risiedere in un immobile a meno che non si producano improbabili filmati con telecamere a circuito chiuso puntate 24 ore su 24 sull’intimità domestica … ipotesi quantomeno inverosimile. Non valgono tessere nominative della spesa fatta in quegli anni, una denuncia ai carabinieri per furto, esami clinici effettuati in un istituto locale. Non vale nemmeno l’autocertificazione. Niente: la legge dice sì che la signora può dimostrare di dimorare abitualmente in un luogo diverso dalla residenza anagrafica, tuttavia di fatto per lei è impossibile fornire questa prova perché l’unica vera prova sarebbe quella testimoniale che in questo tipo di giudizio è inammissibile. Da spaccarsi la testa in due, insomma. A inchiodare il buon Beppe c’è tra l’altro un altro indizio: la tassa sui rifiuti. In questi anni infatti Beppe ha erroneamente pagato la tassa solo per una persona. Beppe si rivolge a più commercialisti e tutti sembrano cadere dalle nuvole: inammissibile, dicono in coro un tale ricordo del Comune. E invece la commissione tributaria dà ragione al Comune ricorrente: Beppe deve pagare le Ici dal 2005 al 2010, gli interessi e le sanzioni perché la sentenza della Cassazione, pur essendo stata emessa nel 2010, ha valore retroattivo. Gli stessi commercialisti, pietrificati dalla notizia, raccolgono la mandibola caduta sulle scrivanie e corrono ad attaccarsi al telefono per avvertire i loro tanti clienti fuorilegge. Beppe non sa se essere contento per aver aiutato il prossimo o sentirsi una cavia da laboratorio. Intanto paga e trasferisce subito la residenza della moglie. Ancora oggi, a distanza di mesi, continua a chiedersi quale sistema possa definirsi civile se prima ti dice di non fare una cosa e poi ti punisce con interessi e sanzioni per non averla fatta e questo in virtù di una sentenza di una corte che a un certo punto dà un’interpretazione restrittiva di una delle migliaia di norme ingarbugliate che compongono il ginepraio del corpo di leggi italiane. E poi qualcuno parla ancora di certezza del diritto. Sì, certezza di un diritto incerto.


diritto

GLI ERMELLINI E LE RIFORME FISCALI Rubrica a cura di Francesco Colantonio

ANTICIPAZIONE DI IMU In pratica è bene avere cognizione che l’imposta comunale sugli immobili, la cosiddetta Ici, è disciplinata dal D. Lgs. n. 504/92. Essa rappresenta per tutti i comuni del nostro paese il tributo più significativo per via degli enormi poteri che lo Stato attribuisce agli stessi in ordine all’accertamento, alla riscossione e non in ultimo all’entità del gettito della stessa. E’ utile rammentare che è proprio in virtù di tale tributo (Ici) che lo Stato ha provveduto al tanto invocato riordino della fiscalità immobiliare; dopo tante promesse, finalmente il legislatore ha attuato tale riordino che è avvenuto con la simultanea eliminazione dell’Ilor e dell’Invim (altre imposte esistenti sui redditi immobiliari). Inoltre, è importante rilevare che l’Imposta comunale sugli immobili dal 1 Gennaio 2014 sarà sostituita dall’Imposta Municipale Unica (Imu); quest’ultima imposta sarà applicata sui terreni agricoli, le aree fabbricabili e ogni altro immobile, ai proprietari e a tutti i titolari di diritti reali di godimento. Infine, il Legislatore ha stabilito che saranno i consigli Comunali, previa delibera annuale da effettuare entro il 31 ottobre di ogni anno, ad indicare quali saranno i criteri atti alla determinazione 
della base imponibile sulla quale sarà possibile applicare l’aliquota stabilita a norma dell’art. 6 del D. Lgs. n. 504/92. Successivamente il governo Monti, con una decisione a sorpresa, ha deciso con il decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, di introdurre in anticipo la nuova Ici, sugli immobili, prima casa compresa. Dopodiché le commissioni V (Bilancio, tesoro e programmazione) e VI (Finanze), riunite in

Le novità in materia di fisco sono tante e seguono di pari passo le riforme introdotte dal governo Monti per combattere gli evasori. Tra l’Imu, le scritture contabili, i tanto temuti studi di settore e gli immobili con diritto di detrazioni fiscali, cerchiamo di capire come devono essere interpretate le nuove norme leggendo quanto statuito dalla Cassazione

seduta comune, hanno apportato modifiche al decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2001 e, in particolare, all’articolo 13, intitolato Anticipazione sperimentale dell’imposta municipale propria (in base al decreto legislativo del 14 marzo 2011 n. 23 sul Federalismo Fiscale, l’imposta sarebbe dovuta entrare in vigore nel 2014). Queste dunque dovrebbero essere le principali novità apportate dal legislatore, allo stato dei lavori del 13 dicembre 2011:

1) Per gli immobili della categoria catastale D/5 (banche, istituti di cambio e assicurazioni), il moltiplicatore della rendita catastale viene portato a 80; per gli altri fabbricati del gruppo catastale D il moltiplicatore resta fissato a 60.
2) Per la prima casa (più esattamente, per l’abitazione principale), la detrazione base di 200 euro è maggiorata di 50 euro “per ciascun figlio di età non superiore a 26 anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente” nella stessa unità immobiliare; tale maggiorazione “non può superare l’importo massimo di euro 400”. Quindi, in totale, le famiglie numerose potranno godere di una detrazione fino a 600 euro per la prima casa.
3) Lo sconto di 50 euro per le famiglie numerose è previsto solo per gli anni 2012 e 2013.
4) Dal 1 gennaio 2013, il moltiplicatore per gli immobili di categoria D sarà elevato da 60 a 65;
5) I fabbricati rurali iscritti al catasto terreni devono essere dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012.
6) Il moltiplicatore per i terreni agricoli sale da 120 a 130; per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola il moltiplicatore è pari a 110.

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DIRITTO TRIBUTARIO IN MATERIA DI IMPOSTE Corte di Cassazione, sentenza n. 5182 del 04.03.2011

L’INCENDIO NON SALVA DAL FISCO Inammissibilità della detrazione Iva in caso di distruzione delle scritture contabili dovuto ad incendio sebbene avvenuto per caso fortuito o comunque siano andate perdute per cause non addebitabili al contribuente. Il caso ha avuto origine dal ricorso presentato da un curatore fallimentare il quale aveva richiesto la detrazione Iva, omettendo di presentare la documentazione contabile, perché si asseriva distrutta durante un incendio verificatosi negli uffici della società fallita. Lo hanno statuito i Giudici di legittimità con sentenza n. 5182 del 04 marzo 2011 disegnando l’obbligatorietà della ricostruzione del volume d’affari in merito ai clienti e ai fornitori relativi all’azienda. In buona sostanza, gli ermellini hanno deciso che al fine dell’ottenimento della detrazione il contribuente è tenuto alla ricostruzione del volume d’affari richiedendo copia e presentando la documentazione fiscale relativa ai clienti e ai fornitori al fisco. I giudici della V sezione di Cassazione (sono quelli che statuiscono cause esclusivamente in materia tributaria ), hanno inoltre precisato che l’eventuale smarrimento incolpevole delle scritture contabili, non esime il soggetto interessato a provare i fatti oggetto della controversia a mezzo di presentazione delle copie delle fatture emesse, in quanto trattasi di detrazioni finalizzate alla riscossione di un credito. In termini pratici sembra piuttosto semplice poter interpretare la sentenza emessa nel caso in esame dai Giudici di legittimità. Il messaggio che hanno voluto rivolgere a tutti i contribuenti ma in particolar modo ai cosiddetti furbetti di quartiere è chiaro: gli evasori fiscali non avranno vita facile per il fisco.

Ordinanza n. 4004/2012 RUDUZIONI D’IMPOSTA DEL 50% SU IMMOBILI INAGIBILI, INABITABILI E DI FATTO INUTILIZZATI I giudici della Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 4004/2012 hanno statuito che nell’ipotesi di un immobile inagibile, inabitabile e di fatto inutilizzato, l’imposta applicabile debba essere ridotta al 50% e, quindi, debba essere, senza alcuna eccezione, corrisposta, ai sensi dell’art. 8, co. 1, del decreto legislativo n. 504/1992 (inerente il Riordino della finanza degli Enti Territoriali, a norma dell’articolo 4 della Legge 23 ottobre 1992, n. 421), per il tempo in cui l’immobile è inagibile. In buona sostanza, non può neppure applicarsi l’art. 5, quarto comma, del d.lgs. n. 504, fino a che non si determini una nuova rendita. Invero, siffatto art. 5 dispone che per i fabbricati, diversi da quelli indicati nel comma 3, non iscritti in catasto, nonché per i fabbricati per i quali sono intervenute variazioni permanenti, anche se dovute ad accorpamento di più unità immobiliari, che influiscono sull’ammontare della rendita catastale, il valore è determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti.

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STUDI DI SETTORE Fornire una definizione degli studi di settore in maniera semplificata potrebbe apparire riduttivo. Essi consistono infatti in metodologie di studio a disposizione dell’amministrazione finanziaria che consentono alla stessa di poter mettere in atto la propria attività di accertamento dei redditi dei contribuenti. In particolare essi si sostanziano nell’attività di controllo sulle dichiarazioni e sugli atti di cui si è avvalso il contribuente al fine di autodeterminare l’imposta da liquidare. L’art. 62-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n.331 prevede l’accertamento basato sugli studi di settore; un accertamento che si basa essenzialmente su strumenti statistico-matematici tipicamente studiati e finalizzati al fine dell’individuazione delle condizioni effettive di operatività relative a imprese e professionisti e idoneo altresì alla determinazione dei ricavi e compensi che con razionale equilibrio possono essere loro attribuiti. Le attività di controllo che sono adoperate dal fisco sono contrassegnate da due diverse tipologie e precisamente l’attività di controllo formale e quella di controllo sul merito. Generalmente il controllo sul merito scaturisce quasi sempre da un preventivo quanto diffidente controllo formale, che consente di poter procedere, nei casi considerati più gravi, al più oneroso accertamento generale induttivo, applicabile dall’amministrazione finanziaria solo in circostanze ritenute dalla stessa particolarmente gravi, precise e concordanti. E’ bene ricordare altresì che l’accertamento in esame è applicabile unicamente ai soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili, quindi ai redditi derivanti da attività d’impresa o di lavoro autonomo (avente natura non occasionale). In ultimo è importante sottolineare che l’accertamento induttivo può essere svolto dall’ufficio o a mezzo di accertamento tradizionale, cioè determinato tramite dati e notizie in suo possesso omettendo in tutto o in parte le risultanze del bilancio e delle scritture contabili dell’azienda, vale a dire attraverso l’accertamento basato sugli studi di settore.

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Questo Ogni corpo emette una elettromagnetica che IMMObILIARI Prevenire guasto in unradiazione quadro elettrico significa anche CONdUzIONE dI un UtILItIEs INdUstRIALI COMPLEssI azioni correttive prima verifichinoEo,costosi ai può evitare costosi fermiche di sieproduzione ancoraguasti peggio, dipende dalla propria temperatura; questa evitare incendi, folgorazioni danni allemisurando persone. Servizi Innovativi sistemi. Tecnologici Le termocamere sono eccezionalisenza per incendi. Una termocamera è un strumenti affidabile strumento radiazione tramite le termocamere può essere così ricavata Vantaggio economico determinare dove ediquando siae necessaria lalamanutenzione, contatto in grado rilevare visualizzare la corpounsenza alcun contatto fisico. 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prima dell’introduzione della termografia

dopo l’introduzione della termografia

blindosbarra con anomalia Analisi di trasformatori e collegamenti

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7$

12

7.

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14.300

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98.300

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.000 costo di manutenzione costi totali risparmio dopo la analisi annuo termografica Nella tabella è riportato il calcolo del notevole vantaggio economico che la termografia ha apportato all’azienda UPS, leader mondiale nel trasporto espresso merci.

n° di rotture annue

costi a rottura

Alcuni esempi di applicazione della termografia in campo industriale Sistemi elettrici ad alta e media tensione Tra gli esempi di guasti che sono rilevabili con le termocamere nelle installazioni ad alta e media tensione vi sono: Ossidazione di interruttori ad alta e media tensione Surriscaldamento dei collegamenti Fissaggio imperfetto dei collegamenti Guasto di isolatori Sistemi elettrici a bassa tensione Tra gli esempi di guasti che sono

rilevabili con le termocamere nei dispositivi a bassa tensione vi sono: Collegamenti ad alta resistenza Corrosioni dei collegamenti Danneggiamenti del fusibile interno Guasti interni agli interruttori automatici Collegamenti inefficienti e danni interni Installazioni meccaniche Tra gli esempi di guasti meccanici che sono rilevabili con le termocamere vi sono: Problemi di lubrificazione

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Disallineamenti Motori surriscaldati Rulli a temperature sospette Sovraccarico delle pompe Assali dei motori surriscaldati Cuscinetti caldi Condutture Tra gli esempi di guasti in tubazioni che sono rilevabili con le termocamere vi sono: Perdite in pompe, tubi e valvole Decadimenti di isolamento Otturazione di tubi


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economia

GLI INNOVATORI DELLA BASSA

Chi ha inventato il sistema di colorazione e scolorazione de jeans Levi’s, di stampaggio degli occhiali Luxottica? Non lo sapete? E’ stata un’azienda della Bassa, la Tiesse che ha appena spento venti candeline festeggiando la pluriennale collaborazione con la Kawasaki Heavy Industries

di Magda Biglia

D

al Giappone, dal secolare colosso Kawasaki Haeavy Industries, arrivano i robot e a Visano li trasformano in macchine operanti, capaci di intervenire nei vari settori, alimentare, metalmeccanico, tessile, sanitario.

Dura da vent’anni il sodalizio fra la multinazionale nipponica datata 1906 e Tiesse Robot spa, fondata da Alfredo Gavazzi e Pierluigi Daprà per offrire soluzioni personalizzate e all’avanguardia ai processi di automazione industriale. Anni di successi inter-

rotti dalla crisi e poi riavviati. Sfiorati pure dalla tragedia nucleare di Fukushima che, però, dicono a Brescia, ha causato solo lievi ritardi nelle consegne. Fra il 2008 e il 2009 il fatturato si è dimezzato da 30 milioni a 14, ma già nel 2010 si è avviata la ripresa con 23 milioni e mezzo, proseguita nel 2011. «Abbiamo sempre saputo reagire alle difficoltà e lo faremo anche in questo incerto 2012, puntando sull’innovazione e sull’internazionalizzazione» ha dichiarato Gavazzi durante un incontro festoso con i vertici del partner orientale, Yashuhiko Hashimoto e Masanori Iwase, rispettivamente amministratore delegato e presidente di Kawasaki Europa. I quali hanno avuto parole di apprezzamento per l’impresa della Bassa con cui continuerà il proficuo sodalizio, approfondito dieci anni fa con l’entrata nel capitale societario al 24.9%. Lo studio di sempre nuove applicazioni è lavoro quotidiano di un gruppo di tecnici di una società

Sopra: un particolare della linea di scovolatura realizzata da Tiesse Robot. A fianco: un momento della cena organizzata per festeggiare la ventennale collaborazione tra Kawasaki Heavy Industries e la Tiesse Robot. A sinistra Alfredo Gavazzi presidente della Tiesse Robot, a destra Yasuhiko Hashimoto e Masanori Iwase, rispettivamente amministratore delegato e presidente di Kawasaki Europa

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Isola di lavoro alla Tiesse robot

interna di Tiesse, il Centro di ricerca e sviluppo, i quali ogni volta devono rispondere a differenti esigenze di meccanizzazione dei committenti. Al di là delle normali automazioni per saldatura, verniciatura, packaging, sono loro che hanno inventato il sistema per colorazione e scolorazione dei jeans della Levi’s, per lo stampaggio degli occhiali di Luxottica, che hanno predisposto i macchinari intelligenti per la costruzione delle vasche a idromassaggio, per la specializzazione degli strumenti odontoiatrici, per la realizzazione dei wurstell e, ultima fatica, per il cablaggio delle illuminazioni in serie, per esempio nelle gallerie. In questo momento gli inventori si stanno applicando alla sperimentazione di comandi a distanza e alla creazione di altre tecnologie che spesso li portano a depositare brevetti, anche internazionali. In isole produttive quei bracci, quelle macchine vengono istruiti e consegnati chiavi in mano. Le possibilità di applicazione sono ancora tantissime e la passione non manca ai ricercatori del Centro, ogni giorno intenti a misurarsi con nuove sfide, a confrontarsi con competenze diverse, pronti ad arrivare primi. Ma da Visano si guarda al mondo. Il gruppo, oltre allo stabilimento del paese, 18mila metri quadri di cui 6640 coperti, oltre al controllo di System Robot di Montichiari, ha già proprie sedi in Brasile, Repub-

blica Ceca, Germania, e sta sviluppando l’export in zone non tradizionali come la Russia, gli Emirati, l’India. Delle tre mission, l’assistenza post-vendita, la commercializzazione per l’Italia in esclusiva dei prodotti Kawasaki (e anche Toshiba), la terza ovvero l’assemblaggio e la configurazione del robot, è per l’estero al 60%. «Oggi sono i mercati globali a trainare le nostre produzioni e su questo continueremo a spingere» dichiara Gavazzi. L’eccellenza aziendale trova riscontro nella classifica di eccellenza del Rugby Calvisano di cui Gavazzi, che è nel comitato nazionale Fir, è patron. Il team della palla ovale è al top della classifica, il cuore batte e non resta che sperare in un travaso di soddisfazioni.

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musica

Il miraggio di un concerto Un concerto straordinario che anticipa l’apertura della stagione al Teatro Grande. A dirigere la Chicago Symphony Orchestra sarà il maestro Riccardo Muti. Tutto stupendo ma … il concerto rischia di rimanere un lontano miraggio per gli appassionati a causa del numero di posti a disposizione

É

di Luigi Fertonani

sicuramente l’avvenimento musicale più importante a Brescia non solo in questo aprile, ma in tutta la programmazione dell’imminente, 49ª edizione del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo:

Brescia nel 2005 per dirigere al teatro Grande il Concerto n. 2 per pianoforte di Giuseppe Martucci e soprattutto la Sinfonia n. 5 in mi minore op. 64 di Ciajkovskij. E tradizionalmente ai concerti straordinari del Festival, per rispettare il concetto di equità fra le due città, fra le due sponde della manifestazione, si dà la possibilità al pubblico di Brescia ma anche a quello di Bergamo di accedere alla manifestazione. A questo punto i conti sono presto fatti, considerando che il teatro Grande – per rispettare le doverose norme di sicurezza – conta ormai meno di mille posti complessivi fra platea, palchi, prima e seconda galleria. Quindi è chiaro che nemmeno la metà degli appassionati bresciani potrà essere presente e uguale sorte è destinata naturalmente ai bergamaschi. È finita qui? Nemmeno per sogno, perché la Chicago Symphony Orchestra ha una vasta platea di veri e propri fan praticamente in tutti i paesi del mondo, che seguono questo complesso con assoluta fedeltà e che per contratto, proprio così, hanno diritto in ogni tournèe dell’orchestra a una quota ben precisa di biglietti che pagano, ovviamente, ma che vengono ulteriormente sottratti a un totale come dicevamo già molto basso per la serata al teatro Grande. Se pensiamo che questo ulteriore taglio, termine per varie ragioni particolarmente inviso di questi tempi, consiste in ben duecento posti, si capisce molto bene che questo concerto rimarrà per troppi solamente un miraggio. Anche se sarebbero sicuramente molti gli appassionati pronti a sborsare un prezzo non propriamente popolare per l’agognato biglietto: 250 euro per il posto in

stiamo parlando del concerto in programma il 26 aprile prossimo al nostro Teatro Grande con la Chicago Symphony Orchestra diretta da Riccardo Muti, un concerto che rischia di essere irraggiungibile perché attorno a questo avvenimento si sta coagulando una fortissima pressione da parte degli appassionati. E questo perché si tratta di un concerto straordinario, non inserito cioè nel programma del Festival che inizierà ufficialmente al teatro Grande il 2 maggio con la Janácek Philharmonic Orchestra diretta dal bresciano Riccardo Frizza nella Sinfonia n. 8 di Dvoràk e nel Concerto per violino e orchestra op. 77 di Brahms con la parte solista affidata a Ray Chen. Non è la prima volta che il Festival presenta un concerto straordinario, basti pensare a quello ad esempio di Claudio Abbado di una decina d’anni fa con la Settima Sinfonia di Mahler, o dello stesso Riccardo Muti quando venne a

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platea, 200 per l’ingresso ai palchi di I, II e III fila, 150 per la poltrona d’orchestra, 80 per i palchi di IV fila e la I galleria, e infine 50 euro per il posto in II galleria, quella che fino a non molto tempo fa anche i bresciani chiamavano loggione. Purtroppo altre date, altre sedi non sono in programma in Italia per questo concerto che, la sera dopo quella bresciana, approderà al Pala De Andrè di Ravenna – città cui Muti è molto legato – inaugurando le manifestazioni del Ravenna Festival per il 2012. Ci accorgiamo che, presi dal rammarico per questa situazione, non abbiamo neppure detto quale sarà il programma di questa attesissima serata musicale a Brescia. Riccardo Muti inizierà con un omaggio all’Italia con la Suite Sinfonica da Il Gattopardo di Nino Rota e continuerà nel primo tempo col poema sinfonico Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione) di Richard Strauss. Ma il pezzo forte, quello più atteso, è sicuramente la Sinfonia n. 5 in re minore op. 47 di Dmitrij Shostakovic, straordinario capolavoro col quale Riccardo Muti ha iniziato questa tournèe significativamente a Mosca, la capitale d’un paese il cui regime all’epoca causò non poche sofferenze e umiliazioni anche a un grande personaggio qual è stato e qual è Dmitrij Shostakovic. Un programma bellissimo… ma per pochi, dunque. Riccardo Muti durante un concerto

SENZA CULTURA NON SI CRESCE Il 26 aprile a Brescia in collaborazione con la Camera di Commercio di Brescia e UniCredit la 49ª edizione del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo avrà come prologo straordinario il concerto della Chicago Symphony. Orchestra diretta da Riccardo Muti in programma giovedì 26 aprile 2012, alle ore 20 al Teatro Grande di Brescia. Rota, Strauss e Šostakovi: questi gli autori scelti dal maestro Muti per il programma del concerto che si aprirà con l’esecuzione della Suite da Il Gattopardo di Nino Rota a cui farà seguito il Poema sinfonico Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione) di Richard Strauss. Nella seconda parte verrà eseguita la Quinta Sinfonia di Dmitrij Šostakovi, senza dubbio uno dei cavalli di battaglia del direttore napoletano. Grande è l’attesa per il ritorno al Festival di Riccardo Muti ospite già nel 1996, 1999, 2000 e 2005. Ricordiamo che in occasione della sua ultima partecipazione, il 29 maggio del 2005, diresse a Brescia la Philharmonia Orchestra e ricevette il Premio Arturo Benedetti Michelangeli. Il concerto del 26 aprile costituisce una sontuosa anteprima di un 49°Festival che, nel segno di Johannes Brahms, presenta un cartellone ricco di interpreti di grande prestigio internazionale: Grigory Sokolov, Uto Ughi, Mischa Maisky, Yuja Wang, Rudolf Buchbinder o la Mahler Chamber Orchestra con Leif Ove Andsnes o l’Orchestra del XVIII Secolo diretta da Frans Brüggen, solo per citarne alcuni. «Senza cultura non si cresce» ha affermato Francesco Bettoni, presidente della Camera di Commercio di Brescia. «Un’economia come quella bresciana, fortemente impegnata in un grande processo di internazionalizzazione, non può ritenere di vincere le sfide della globalizzazione se non investe in cultura. Valorizzare il proprio patrimonio artistico, ancora di più oggi che è diventato patrimonio dell’umanità, congiuntamente alle realizzazioni di grandi eventi come quello che vedrà impegnato nella nostra città il maestro Riccardo Muti a dirigere la Chicago Symphony Orchestra, sono iniziative di altissimo livello e qualità che la Camera di Commercio di Brescia intende sostenere ed appoggiare, con l’obiettivo di promuovere ed attuare una significativa azione di marketing territoriale con ricadute positive non solo per la propria storia, la sua identità, la produzione di benessere, ma per la competitività del suo eccellente tessuto produttivo costituito da micro, piccole e medie imprese vanto ed orgoglio non solo della nostra società ma dell’intero Paese».

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società

EXA 2012

IL MERCATO DELLE ARMI

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iore all’occhiello dell’economia italiana, che del resto è primo produttore europeo di armi sportivo-venatorie, il settore vede in prima linea proprio la provincia di Brescia: la maggior parte delle 108 imprese produttrici di armi civili italiane ha sede in Val Trompia, così come molti dei 179 produttori di componenti e i terzisti.

Un mercato che muove in Italia, in tempo di crisi, oltre 486 milioni di euro, arrivando con l’indotto a più di 755 milioni e occupando 11.358 addetti. Si tratta del comparto delle armi civili, secondo i dati emersi dalla prima Ricerca economica sulla produzione italiana di armi e munizioni per uso sportivo, venatorio e difesa personale commissionata dall’Anpam, associazione di categoria dei produttori aderente a Confindustria, realizzata nei mesi scorsi dalla Facoltà di economia dell’università di Urbino.

E se il comparto, rivolto soprattutto all’estero (quasi il 90% della produzione), è caratterizzato perlopiù da imprese di dimensioni medio piccole, spesso di origine familiare, non mancano grandi e rinomate realtà, su tutte la Pietro Beretta Spa, non a caso membro dell’Anpam. Una realtà storica della Valle Trompia, dove si respira un forte legame con la tradizione e dove i dipendenti (oggi circa 900 solo a Gardone), dichiarano di sentirsi orgogliosamente parte di una grande famiglia. Tramandata da ben quindici generazioni di padre in figlio, Beretta deve però il suo successo anche alla forte propensione all’innovazione: dalle tecnologie robotizzate dei reparti produttivi ai sistemi avanzati di calcolo a supporto dei laboratori e della progettazione. Strumenti che permettono di produrre 1.500 armi al giorno, di registrare un fatturato (secondo il dato 2010) di 155 milioni di euro, con ricavi dell’intero Gruppo pari a 450 milioni

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POLIGONO DI TIRO A SEGNO NAZIONALE

TSN BAGNOLO MELLA

13 linee aria compressa 10 metri 1 stand in tunnel 25 metri 1 stand in tunnel 50 metri 2 stand cielo aperto 25 metri 1 stand cielo aperto 50 metri per calibro 22 1 stand cielo aperto 100/200 metri Via Cavalier Febbrari n°9 25021 Bagnolo Mella (Brescia) tel. 030 620396 mail: tsn_bagnolomella@yahoo.it di euro. Le armi da difesa dell’azienda bresciana sono in dotazione alle Forze armate italiane e di molti altri Paesi, mentre per quanto riguarda quelle del mercato civile Beretta lavora soprattutto con Russia e Usa. A ciò si aggiunge l’accordo stipulato lo scorso anno per la fornitura di 34.500 carabine MX4 9mm al Ministero degli Affari interni dell’India. La propensione all’innovazione ha portato inoltre Beretta a cercare partner scientifici anche esterni: Brain è il centro d’eccellenza, con sede al Csmt, dove gli esperti dell’azienda lavorano con tecnici e ingegneri dell’università di Brescia e del Centro per realizzare iGun, innovativo sistema di sicurezza destinato ad arricchire l’odierna dotazione delle forze dell’ordine. Dati e caratteristiche che ben fanno comprendere l’alto livello di fidelizzazione registrato dall’azienda e come Beretta sia riconosciuta ovunque per la garanzia di qualità dei propri manufatti.

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società

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L’ossessione del gioco a ricerca di un rimedio alla crisi. Il desiderio di tentare la fortuna, una, due, tre volte. Poi l’ossessione, la convinzione di dover vincere, prima o poi, continuando a riprovare, spendendo senza guadagnare (quasi) mai nulla. Ogni italiano spende 1.200 euro all’anno nel gioco, raggiungendo così un volume complessivo di 72 miliardi che fa guadagnare al Paese il record europeo.

sposata con il signor Enrico. Il desiderio di tentare la fortuna a poco a poco è diventato un’ossessione e l’ha portata a perdere tutto, a partire dal senso della realtà. E’ a questo punto che il marito decide di chiudere il rubinetto, per affetto e per necessità. Basta soldi per i tagliandi della fortuna, che fortuna proprio non sembravano portare. Iniziano le proteste, la rabbia, partono pugni e minacce di morte. Enrico resiste fino a quando viene sfregiato al volto con del liquido bollente, gesto estremo che porta Manuela in carcere. Storie di ordinaria follia, verrebbe da dire, ma ahimè non troppo rare. Poco lontano e sempre in tempi recenti una giovane barista viene licenziata e denunciata per aver rubato Gratta e vinci per 35mila euro in meno di un anno, confessando di essere vittima di una dipendenza. Il problema non risparmia del resto nemmeno chi è benestante. Basti pensare a un 36enne residente dalle parti di Montebelluna, finito a vivere in un’auto per troppo amore di slot e videopoker, poi accusato di truffa dagli esercenti di due bar della zona dai quali si era fatto anticipare denaro per continuare a giocare. Questo non perché il Veneto registri numeri degni di nota, è anzi in coda alle regioni malate di gioco, mentre il podio spetta alla Campania. Tale crescente dipendenza ingrassa le casse dello Stato e non consola nemmeno la possibilità che le lotterie finanzino le scuole, progetto escluso in extremis dal decreto Semplificazioni. Forse meglio rimanere ad una certa distanza dalla dea bendata, avvicinandola, ok, con un filo di speranza, giusto quella volta ogni tanto. Così da esser certi di evitare un definitivo game over.

Cifre che raccontano un’emergenza sociale, tanto più se si pensa al fatto che il dato è in crescita (+ 7%) e che coinvolge in misura sempre maggiore anche i minorenni. Un problema che affanna l’anima, che divide le famiglie, che può portare all’autodistruzione e addirittura alla violenza. Il bar smette a un tratto di essere identificato come luogo di incontro e di socialità. Ci si va per comprare il Gratta e vinci o per giocare alle slot, sguardo allo schermo e schiena al prossimo. E’ successo per esempio alla signora Manuela, 51enne del Trevigiano, felicemente

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spettacolo

TRIANGOLO DA CINEMA

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elicemente risposata nella vita privata, combattuta nella scelta tra due uomini, peraltro amici, nel suo prossimo film. La bella e brava Reese Witherspoon sembra divertirsi un mondo nel suo nuovo ruolo da scavezzacollo e rubacuori, mettendo in mostra più le due doti atletiche di quelle drammatiche in This means war, ovvero Una spia non basta, nelle sale a partire dal 20 aprile.

Commedia diretta da Joseph McGinty Nichol, regista tra gli altri di Charlie’s Angels e Terminator Salvation, il film ricorda un po’ in quanto a trama il celebre Jules e Jim di Truffaut, spostato però negli Usa dell’antiterrorismo: Tuck e Fdr (Tom Hardy e Chris Pine), spie nonché amici per la pelle, si battono per conquistare l’amore di Lauren-Reese. La protagonista femminile, dal canto suo, corre su vertiginosi tacchi a spillo, guida auto da corsa per poi, dopo colpi di scena e scorribande, scegliere l’uomo della propria vita. «Trovarsi in un triangolo amoroso è la più romantica delle fantasie femminili ma non credo capiti a molte nella vita reale di vivere situazioni simili» afferma la bionda attrice. «A me, perlomeno, non è mai capitato. Per quanto ri-

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guarda invece il cinema, si tratta di uno scenario che ben si presta a situazioni comiche». In fatto d’amore, quanto Reese ascolta i consigli di familiari e amiche? «Quando ero più giovane mia madre mi ripeteva sempre che la cosa più importante in una relazione è essere trattati bene e questo concetto lo considero un po’ la mia linea guida. In quanto alle amiche, si conta sempre su di loro per avere sostegno, si tratti d’amore o di un taglio di capelli. Non si sono mai fatte troppi problemi a dirmi la verità se ritenevano che stessi frequentando una persona che non faceva per me». Tornando al nuovo film, la protagonista della pellicola di McGinty è l’immagine di una donna forte, indipendente e moderna, un’eroina sexy subito apprezzata dalla nostra Reese. Che non ha perso l’occasione di ricevere una serie di consigli dal regista e dai suoi compagni di scena. «Durante le riprese si continuava a discutere su quali scarpe dovessi indossare e se le dovessi tenere o meno anche nelle scene di sesso. E’ stato come seguire un corso su cosa pensano gli uomini in questo campo, ho scoperto che tutti sono attratti dai tacchi molto alti! McGinty non faceva che ripetermi come le scarpe basse non siano affatto sexy e che nessuna ragazza sta bene con ai piedi le ballerine. A me però piacciono molto, sono così comode». Rimasta in buoni rapporti con la maggior parte dei suoi ex, con alcuni dei quali ha addirittura ripreso contatto tramite Facebook, l’attrice si è risposata giusto un anno fa con il talent agent Jim Toth, «una bella persona, un uomo a cui voglio molto bene e con il quale va tutto magnificamente. Mi considero molto fortunata. Non ho mai pianificato di risposarmi, però ora sono felice di averlo fatto». Viva dunque l’happy end, al cinema e nella vita.


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bellezza

Nemica per La Pelle Arriva la bella stagione, il caldo, il sole. E la voglia di sostituire pantaloni e jeans con gonne, magari nemmeno troppo lunghe. Ma si ripresenta per molte di noi, come ogni anno, una nemica con la quale dobbiamo inesorabilmente fare i conti: l’odiata cellulite, che colpisce 4 donne su 5 oltre i 20 anni e tende a non risparmiare nemmeno chi è magra, attenta alla linea o sportiva.

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e a causare rotolini e cuscinetti sono cellule grasse che aumentano di volume su cosce e fianchi, si comincia a parlare di cellulite quando c’è un’alterazione vera e propria del tessuto sottocutaneo dovuta a deficit del microcircolo e al conseguente rallentamento dell’opera di pulizia garantita dal normale flusso vasale, che provoca esternamente la comparsa della cosiddetta buccia d’arancia.

Tutto questo è dovuto, in sostanza, alla formazione di noduli fibrosi causati da un incapsulamento a grappolo delle cellule adipose da parte del tessuto connettivo, che ancorano la pelle in profondità. Come combattere questa antipatica compagna? Una cura che elimini in modo definitivo la cellulite non esiste, ma accanto a vari trattamenti, creme e massaggi per migliorare temporaneamente il proprio aspetto, è stato introdotto un nuovo laser che consente risultati permanenti grazie alla sua azione alla radice. Si tratta di Cellulaze, strumento che interviene su tutte e tre le manifestazioni della patologia: scioglie il grasso contenuto nelle cellule adi-

pose, rassoda e ispessisce la pelle, ma soprattutto elimina i noduli fibrosi sottocutanei che provocano in superficie buchini e avvallamenti. L’intervento, che richiede un costo tra i 2.500 e i 4.000 euro a seconda della zona da trattare, si effettua in anestesia locale e dura meno di un’ora. Poi si possono riprendere tutte le normali attività, con la sola accortezza di indossare nei 15 giorni successivi calze contenitive per supportare il ricompattamento dei tessuti. Il risultato si potrà osservare gradualmente in un paio di mesi. Come si effettua esattamente? Nella zona da trattare viene inserita una piccola cannula con all’interno una fibra ottica che veicola l’energia termica del laser, guidata da un microchip, direttamente nella struttura sottocutanea. Rivolta verso l’alto, la pelle viene leggermente riscaldata e il calore provoca la retrazione del collagene stimolando la crescita di collagene nuovo, così da migliorare lo stato del tessuto connettivo e il tono generale della pelle. Spostando il raggio di novanta gradi, il laser incide termicamente le bande dei setti fibrosi che tirano la pelle verso il basso e ruotando di altri novanta l’energia laser rompe le tasche rigonfie di grasso, che saranno poi gradualmente eliminate attraverso il sistema linfatico. Se la cellulite è per qualcuna una compagnia davvero insopportabile, con il nuovo laser si può ottenere un risultato omogeneo che dura nel tempo.

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bellezza

RUGHE D’ESPRESSIONE O ZAMPE DI GALLINA?

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Le rughe? «Sono le cicatrici del riso, delle lacrime, delle domande, degli stupori e delle certezze» a detta dell’attrice Simone Signoret. Certo vederle sul proprio viso non fa mai però troppo piacere

efinite quasi con un eufemismo pieghe della pelle, imperversano spesso e volentieri intorno agli occhi ma anche sul resto del viso e sul collo, come veri e propri solchi che si formano a causa di una diminuzione dell’elasticità del connettivo sottocutaneo, dovuta – guarda un po’ – alla vecchiaia. Bhè, diciamo al maturare dell’età.

Per fortuna, grazie agli studi in ambito cosmetico, esistono creme, sieri, maschere e tanti altri prodotti per idratare, nutrire e stimolare un effetto tensore. A rincarare la dose ci pensano del resto le cosiddette rughe d’espressione, che si formano sulla pelle per contrazione abituale dei muscoli sottostanti (a proposito di riso e lacrime…). Si rischia così che le signore più austere cerchino di sorridere il meno possibile, mentre qualche donna più giovane si fa tentare da un’acconciatura a coda di cavallo, per mantenere tesa la pelle del viso. Se infatti le simpatiche rughe d’espressione fanno apparire l’uomo più vissuto e quindi immancabilmente più affascinante (il solito immaginario collettivo un po’ sbilanciato tra i due sessi), sul viso femminile queste grinzette vengono semplicemente considerate antiestetiche zampe di gallina. In questo momento vi starete dicendo: sì, ma gallina vecchia fa buon brodo. E ci auguriamo che nessuna lettrice pensi a diminuire i propri sorrisi per esorcizzare il timore delle rughe. Ma non abbiate troppo timore e pensate piuttosto a cosa disse la bella Virna Lisi: «E’ arrivata l’età delle rughe? Pazienza. Le rughe rappresentano il passato di ciascuno e fanno parte della vita».

Virna Lisi: «E’ arrivata l’età delle rughe? Pazienza. Le rughe rappresentano il passato di ciascuno e fanno parte della vita»

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La verità di noi stessi 58


tecnologia

Il materiale perfetto esiste

FORMULA VINCENTE

Un team di ricercatori italiani e svizzeri ha messo a punto un materiale di nuova concezione che potrebbe rivoluzionare l’industria dell’elettronica risolvendo alcuni problemi molto pratici e altrettanto fastidiosi

Il materiale perfetto esiste. Non si rompe, non si flette ed è praticamente privo di imperfezioni, Lo ha realizzato un team di ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, del Politecnico di Milano e del Politecnico di Zurigo. La scoperta è valsa la prestigiosa copertina della rivista Science. 

Incompatibilità atomica
Il nuovo materiale, che promette di rivoluzionare l’industria dell’elettronica, è costituito da uno strato di semiconduttori stratificati su una piastra di silicio. La realizzazione di materiali a strati presenta numerosi problemi, soprattutto di tipo pratico: le diverse sostanze reagiscono infatti in modo differente alle variazioni di temperatura e le loro differenti strutture atomiche spesso sono causa di problemi di compatibilità. 
Per risolvere queste difficoltà l’industria ha messo a punto delle tecniche che però sono solo dei compromessi e che portano a prodotti finali di scarsa qualità, soggetti a rotture a distorsioni. 

Siamo solo all’inizio
Il team di giovani scienziati ha messo a punto un nuovo tipo di piastra in silicio formata da piccoli pilastri di materiale alti 8 micrometri accostati uno all’altro. La struttura è stata poi irrorata con germanio, un elemento chimicamente diverso dal silicio ma con una struttura atomica simile. I pilastrini di silicio hanno reso possibile la crescita epitassiale di cristalli di germano, che si sono depositati sul silicio come lo zolfo sui fiammiferi. Alla fine del processo tutta la superficie è risultata ricoperta da nano cristalli di germanio separati tra loro da poche decine di nanometri. In questo modo il germanio può adattarsi senza problemi alle variazioni causate dai cambiamenti di temperatura. 
Il nuovo materiale realizzato con questa tecnica è comunque solo il primo della sua famiglia. Gli scienziati pensano ora di realizzare altri test depositando sul silicio sostanze diverse, come arseniuro di gallio o carburo di silicio. 
Le applicazioni pratiche di questa scoperta sono le più varie: pannelli solari di nuova generazione, ad alta efficienza e molto leggeri ideali per l’industria spaziale, ma anche sensori ottici per raggi X o sensori termici nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso.

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I circuiti di Formula 1 non sono solo motori assordanti, feste e, per qualcuno, grandi dormite sul divano la domenica pomeriggio: sono soprattutto laboratori dove vengono testati materiali e soluzioni tecniche che utilizziamo quotidianamente non solo in auto

Le ginocchiere che le truppe d’assalto inglesi indossano nelle loro incursioni sono dotate di mini ammortizzatori intelligenti come quelli delle formula 1; tra il box della Ferrari e un pronto soccorso c’è poca differenza (anche se uno è più sporco); e la suola traspirante delle scarpe è molto simile - anzi copiata - dal radiatore di una McLaren.

 DALLA FORMULA 1 ALLA FORMULA NORMALE
 Sono soltanto alcuni esempi delle invenzioni che usiamo quasi ogni giorno e che sono state sviluppate per la Formula 1. «Per noi la Formula 1 è un vero e proprio laboratorio» spiega Luca Colajanni, responsabile ufficio stampa sportiva di Ferrari. «In pista testiamo soluzioni sempre nuove che poi trovano applicazione al di fuori dei circuiti». E non solo nel campo dell’automobilismo. Eccone alcuni esempi. 

 METALLO PESANTE... ADDIO

«I campionati, prima ancora che in pista, si vincono nei laboratori» continua Colajanni «dove ingegneri e tecnici sviluppano materiali sempre più tecnologici e sicuri». Un esempio? La fibra di carbonio. 
Il 6 marzo del 1981 il designer John Barnard presentò al mondo la prima F1 realizzata interamente con questo materiale. Il mondo delle corse ne rimase affascinato e da allora abbandonò definitivamente le leghe metalliche per la realizzazione delle scocche. (Alessandro Bolla)


motori

DIESEL PER LA DUCATI

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A New York la Ducati ha presentato la nuova moto bicilindrica 1.100 cc

l Look si definisce urban military chic, ma le prestazioni vanno oltre a un semplice fattore estetico. Nello store Diesel di New York la Ducati ha alzato il sipario sulla nuovissima Monster.

Il Monster Diesel – realizzato sulla versione di punta, la 1100EVO – arriverà in concessionaria a partire da luglio 2012, con prezzo chiavi in mano di 13.490 euro. Una notivà dietro l’altra, dunque, per la la casa di Borgo Panigale dopo il recente avvio della produzione della 1199 Panigale (da 19mila a 29mila euro) e dell’annuncio della messa all’asta della GP11 di Valentino Rossi e della GP10 di Casey Stoner (da 250mila euro). Per l’occasione il team di moda di Renzo Rosso ha realizzato anche una capsule collection dedicata alla Ducati e intitolata Diesel Together with Ducati. Gli stili sono 11 e si può scegliere tra giacche, felpe, t-shirt, un denim raw a cinque tasche e vari accessori. Telaio nero e verde: militare ma chic Il telaio a traliccio, i cerchi, i carter motore, lo scarico e la forcella sono dipinti con uno

LA SCHEDA Scheda tecnica Cilindrata: 1.078 cc Potenza: 100 cv (73,5 kw) Tipo di motore: Bicilindrico a L, distribuzione Desmodromica Telaio: Traliccio in tubi d’acciaio Cambio: 6 rapporti Pneumatico anteriore: 120/70 ZR17 Pneumatico posteriore: 180/55 ZR17 Peso a vuoto: 169 Kg Prezzo: 13.490 euro

speciale trattamento nero, mentre serbatoio e altre parti della moto hanno un’esclusiva livrea verde opaco Diesel Brave Green matte. Non mancano l’etichetta della sua linea Denim cucita sul rivestimento in pelle della sella, il logo del Moicano inciso con il laser sul serbatoio e una piastrina metallica riservata al nome del proprietario e al numero di serie progressivo della moto. «Il Monster Diesel, e la collezione a noi dedicata, sono un’ulteriore conferma della coolness di una moto iconica come il Monster e del brand Ducati in generale» ha commentato Gabriele Del Torchio, presidente Ducati Motor Holding. «La collaborazione con Diesel, sottolinea l’attenzione che Ducati rivolge alla ricerca di nuovi stili e nuove tendenze, e siamo felici di associare il nostro mondo a quello del fashion, in particolare con Diesel, entrambi orgogliosi rappresentanti della tecnologia, dell’innovazione e dello stile italiano nel mondo». Stefano Rosso (a sinistra), project leader del progetto per Diesel aggiunge: «Quando abbiamo iniziato a lavorare con Ducati per la sponsorizzazione del MotoGP, l’anno scorso, abbiamo scoperto un mondo di valori condivisi e radici in comune; è stato naturale pensare a come continuare questa collaborazione creando qualcosa di nuovo e unico. L’abbiamo fatto a modo nostro: prendendo l’incredibile know-how di entrambe le aziende, aggiungendo creatività e passione. Il risultato è unico, un perfetto mix di design e tecnologia».


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