Panorama Bresciano Dicembre 2012

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Anno 2 - DICEMBRE- GENNAIO 2012 nr 10

Magazine di Attualità Economia Finanza Cultura Storia Enogastronomia Territorio

DICEMBRE - GENNAIO 2012

omaggio

PANORAMA BRESCIANO NATALE AL RISPARMIO

HARLEY DAVIDSON parte da Brescia la prima gara di regolarità per Harley Davidson STORIA fotografie della nostra città durante i bombardamenti del 1943 PIETRO WÜHRER intervista all’erede della birra bresciana



PANORAMA BRESCIANO Magazine di Economia Finanza Attualità Cultura Storia Enogastronomia Territorio

SOMMARIO

Attualità 06 12 24 26 42

Parte da Brescia la gara per Harley Davidson Intervista a Pietro Wührer Consigli per risparmiare Addobbi fai da te Hotel di ordinaria follia

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Presentata la gara di regolarità targata Harley

Storia 16

Brescia sotto i bombardamenti

Ambiente 37

L’utopia delle energie rinnovabili

Te c n o l o g i a 28 30 32 39

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L’erede della birra bresciana

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Fotografie storiche di Brescia bombardata

Un regalo mini Hi-Tech Smartphone e tablet senza Dicembre Acqusti di Natale si fanno online La lavatrice che riconosce i colori

Sport Kung Fu la via dell’illuminazione Fight Fitness e Aerobic Fight

IN COPERTINA Magazine di Attualità Economia Finanza Cultura Storia Enogastronomia Territorio

Anno 2 - DICEMBRE 2012 nr 10

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DICEMBRE 2012

omaggio

PANORAMA BRESCIANO NATALE AL RISPARMIO

HARLEY DAVIDSON parte da Brescia la prima gara di regolarità per Harley Davidson STORIA fotografie della nostra città durante i bombardamenti del 1943 PIETRO WÜHRER intervista all’erede della birra bresciana

In questo mese ampio spazio alle spese e alle nuove tendenze degli acquisti per le feste di Natale. Per la sezione storia sono state dedicate pagine importanti alle fotografie del 1943, che vede Brescia sotto i bombardamenti.

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Consigli per le spese di Natale

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PARTE DA BRESCIA L’UNICA Gara di regolarità per Harley-Davidson

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C In queste immagini momenti della conferenza stampa per la presentazione della gara di regolarità

CHRONO ALPS 500 è una gara di regolarità riservata ai possessori di Harley-Davidson tesserati HOG, ideata da Harley-Davidson Brescia e organizzata dal Brescia Chapter. L’evento si svolgerà in due tappe: si partirà venerdì 12/07/2013 dalla concessionaria Harley-Davidson Brescia e si ritornerà sabato sera 13/07/2013 alla stessa concessionaria, dove si terranno le premiazioni e a seguire, presso il Museo Museo 1000 Miglia, il party di chiusura organizzato nel classico stile HarleyDavidson. Per quanto riguarda il percorso, il primo giorno si punterà verso nord risalendo il lago di Garda, mentre nel corso della seconda giornata dal Trentino si tornerà a Brescia attraversando le Alpi. Più che una vera e propria competizione CHRONO ALPS 500 è una passeggiata tra i più bei paesaggi del nord d’Italia, con un “taglio” competitivo. Essendo una “gara” di regolarità, infatti, la velocità sarà imposta dal codice della strada ed i riders potranno

scegliere il ritmo tra un controllo orario e l’altro. Le prove saranno di abilità: si percorrerà un tratto di strada in un tempo imposto cercando di riuscire a passare sul pressostato che rileva il tempo, facendo fermare i cronometri quanto più vicino al tempo indicato sul road book. Tutto questo permetterà all’evento di essere più eccitante ed appassionante, senza nulla togliere al classico spirito bikers. Da sottolineare i premi eccezionali per i vincitori!! Per il 1° classificato è previsto un viaggio a Milwaukee per due persone, con visita al museo HarleyDavidson! Premi importanti anche per il secondo e terzo classificato, rispettivamente un buono spesa da 1.000,00 € e da 500,00 € da utilizzare presso la concessionaria Harley-Davidson Brescia. Per i primi tre un ulteriore straordinario premio: l’orologio U-Boat collezione CHRONO ALPS 500 dal valore di 2.000,00 € ! L’ orologio avrà il marchio dell’evento sul quadrante, l’incisione

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della posizione d’arrivo sulla cassa e sulla piastra dell’ansa, il nome del vincitore inciso in tempo reale all’arrivo! Di questo modello, dedicato alla manifestazione, sarà prodotta da U-Boat una collezione speciale. I primi dieci riceveranno un trofeo e, a tutti i partecipanti verrà consegnata la patch ricordo dell’evento. Sarà premiata anche la prima squadra (Chapter) e un premio speciale sarà riservato alla prima lady classificata. Per non farsi mancare nulla, ci sarà un’occasione unica per gli appassionati e non, di visitare una delle più belle collezioni di Harley-Davidson d’epoca del Mondo, allestita in concessionaria Harley-Davidson Brescia durante i giorni dell’evento. La CHRONO ALPS 500 del 2013 sarà la prima edizione di un evento unico al mondo per il suo genere e l’impegno di Harley-Davidson Brescia e del Brescia Chapter, insieme alle aziende sponsor, è quello di dare un seguito importante nel tempo, generando sempre maggior appeal negli anni a seguire. I partners coinvolti a supporto dell’iniziativa rappresentano marchi di prestigio e tutti impegnati direttamente e la Provincia di Brescia patrocinerà la CHRONO ALPS 500. Banca Mediolanum organizzerà vari eventi nell’evento, di U-Boat abbiamo detto dell’esclusivo premio ai primi tre classificati e della creazione di una collezione dedicata. Le gioiellerie Tranquilli organizzeranno l’aperitivo all’arrivo della gara, FT Travel ha pianificato il viaggio premio e tutta l’ospitalità della manifestazione. Photò sarà il fotografo ufficiale e donerà l’intero incasso ricavato dalla vendita delle fotografie della gara ad un ente di beneficenza da definire. Le iscrizioni si sono aperte ufficialmente il giorno 01/10/2012. Per offrire ai partecipanti la miglior organizzazione possibile, per l’edizione 2013 saranno ammesse al via solo 200 moto, quindi sono previsti al massimo 400 partecipanti. I primi 200 iscritti in ordine di tempo parteciperanno alla CHRONO ALPS 500. A parità di data di iscrizione, sarà privilegiata la coppia rispetto al singolo; questo per offrire a più persone l’opportunità di partecipare e per garantire maggior sicurezza nell’affrontare la lettura del roadbook e nell’utilizzo del cronometro. Le iscrizioni si possono effettuare compilando il form di prenotazione sul sito ufficiale www. chronoalps500.com oppure direttamente presso l’ Harley-Davidson Brescia. Il costo di partecipazione è di 250,00 € (200,00 € per il passeggero) e include: Ristoro 1° giorno + Cena + Pernottamento + Colazione + Ristoro 2° giorno + Party all’arrivo + Patch dell’evento + Road-book + Servizio di cronometraggio ufficiale + Premi.

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Apple compra da Harley-Davidson i diritti del marchio “Lightning” La nuova linea di connettori della Apple denominati Lightning, cioè fulmine, per la velocità di dati che riesce a trasmettere.

La Apple ha acquistato da Harley-Davidson i diritti per lo sfruttamento in Europa del marchio “Lightning” con relativa grafica: il nome del nuovo connettore introdotto dal colosso di Cupertino riprende infatti quello di una linea di motociclette e componenti che in realtà non è stata mai immessa sul mercato, ma il cui marchio era stato comunque registrato e apparteneva alla casa di Milwaukee per contrassegnare abbigliamento e merchandising, videogiochi e altri strumenti elettronici d’intrattenimento. I diritti di Harley sul marchio scadono a fine 2013, dunque la Apple ha dovuto avviare una trattativa per ottenere la parziale cessione e dunque evitare una causa legale, dato che già aveva lanciato il connettore su iPhone e iPad di nuova generazione. I termini dell’accordo non sono stati resi noti, nè la società ha commentato la vicenda.

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Pietro l’ultimo dei WÜhrer di Magda Biglia

In queste immagini in alto a sx la costruzione dello stabilimento. Nel ritratto e a lato il fondatore Franz Xaver Wührer

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Un pezzo della saga di famiglia era stato affidato a documenti chiusi in una bottiglia, come messaggio da tramandare, nascosti nelle mura dello stabilimento, per eredi che avrebbero continuato a viverci. Sono stati ritrovati durante lavori di ampliamento, hanno raccontato le origini, la storia è andata avanti, poi è finita. Come succede alle belle storie, con i loro personaggi e le loro vicende, le gioie e i dolori: cominciano e finiscono. Non è facile. Pietro Wuhrer, l’ultimo a lavorare nella fabbrica di viale Bornata, da quando ha chiuso la porta dietro di sé l’ultima volta, andandosene da quell’edificio dalla tipica conformazione che il

recente investimento edilizio non ha potuto cancellare, è diventato astemio. Basta birra Wuhrer e nessun’altra, solo acqua. I bicchieri storici, con la scritta e il logo, compreso quello con lo stemma dei clienti Savoia, sono finiti sulle mensole, un altro ricordo. La vicenda di una delle famiglie industriali più note della nostra città parte dall’Austria, patria della bionda schiuma a quei tempi snobbata nell’Italia vinicola. Comincia con un certo Franz Wuhrer, braumeister che nel 1829 dalla provincia di Salisburgo se ne viene nella pianura padana per tentare l’avventura. Quella di aprire una piccola produzio-

Pietro Wührer nel giardino di casa passeggia con il libro dedicato alla sua famiglia

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ne della bevanda ‘esotica’, forse la prima nel Paese. A Brescia pare ci fosse allora un laboratorio di Luigi Silvestri, poi anche un Giuseppe Moretti, ma in breve tempo l’etichetta della birra bresciana fu Wuhrer. Alcuni anni in centro, infine alla Bornata su un appezzamento di terreno acquistato nel 1889. Ci lavoravano all’inizio venti operai per una produzione di 6mila ettolitri. Un dipinto di Di Prata immortala quell’epoca pionieristica. La dinastia, divenuta ben presto del tutto italica, tanto da offrire due camicie rosse garibaldine, si allunga percorrendo i due secoli più importanti per il sistema manifatturiero locale e nazionale, fra alti e bassi ma sempre in crescita, con acquisizioni in tutta Italia, a Bologna, Firenze, Roma, Battipaglia, Verbania, Il punto di discrimine arriva nel 1974: la concorrenza è divenuta forte, occorre un’iniezione di capitali ed altri soci entrano. La famiglia Wuhrer non è più la sola padrona di quel marchio venuto da lontano, reso famoso di padre in figlio. I new entry sono imprenditori bresciani, il siderurgico Luigi Lucchini, l’edile Mario Dora, il finanziere Antonio Spada. Sembra una nuova primavera, di quelle sempre arrivate a seguito dei momenti bui, delle guerre, ma nel 1979, dopo che i tre fratelli Francesco, Cesare e Walter hanno festeggiato i 150 anni al teatro Grande, “passa lo straniero”, entra una multinazionale francese, Bsn Gervais Danone. Nel 1982, Danone ha il 18% del capitale di Birra Wuhrer spa; nel 1983 Lucchini, Dora e Spada vendono le loro quote al colosso, quarta società alimentare al mondo, e la famiglia scende al 10%. Nel 1988 Bsn ha il 100%, poi compare la Peroni a dare il colpo di grazia. Nel 1989

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vengono chiusi tutti gli stabilimenti, compreso quello nostro. Per la città, per la famiglia un addio pesantissimo. Il nome Wuhrer gira ancora, la ciminiera guarda dall’alto una lottizzazione e i giovani scatenati della movida notturna, ma sotto il Cidneo c’è un protagonista imprenditoriale in meno. Pietro, figlio di Francesco, ha concluso altrove la sua carriera lavorativa. Oggi ha il modo per mettere assieme gli squarci di episodi vissuti o ereditati, come un’epopea senza tempo. Rammenta la vetreria distrutta da una bomba e l’impegno innovativo dei Wuhrer per l’utilizzo generale di un’unica bottiglia standard, non più tutte differenti fra loro, con macchinari specifici e relativi costi. Rammenta il tentativo di far coltivare alle aziende agricole del territorio l’orzo distico con due sole file di chicchi, e non ci fu verso; o gli interventi altrettanto vani di Zanardelli contro la tassa che, frutto di un accordo con l’Austria, gravava sulla birra italiana, favorendo quella d’Oltralpe, col risultato di mettere in ginocchio il settore in tutto l’ultimo decennio dell’Ottocento. Rivive l’alluvione di Firenze che si portò via la fabbrica, da dove per un certo periodo usciva persino, su mandato degli americani, la Coca Cola per il mercato regionale. Non solo birra, nel gruppo avevano etichetta bevande gassate e, sempre nello spirito dell’innovazione, ancora negli anni Venti, era stato introdotto l’estratto di lievito per il brodo. In lui e anche in tanti cittadini rimane l’immagine anni Cinquanta della birreria all’aperto sul viale che esce ad Est, sotto i grandi alberi, e la comparsa di un’altra novità, birra e pizza napoletana, allegria dei bambini e delle famiglie che, dopo una gita in Maddalena, scendevano dalla funivia nella stazione di fronte. Ma già nel 1914 in corso Magenta era stato realizzato uno chalet alla moda germanica con annessi il campo di bocce e il primo campo da tennis cittadino. Pietro ripensa alla sua iniziazione, alla scuola tedesca per diventare ‘braumeister’, o con i libri scritti dall’avo sui metodi di produzione, una produzione agli esordi solo stagionale, in estate, distribuita col carro a cavalli di proprietà. La figura dell’antenato da cui ha preso il nome si sta-

glia ancora, per l’odierno signor Pietro Wuhrer, nell’orgoglio di appartenenza. Dell’appartenenza ad una generazione di imprenditori di uno stampo bresciano, oggi forse scomparso o forse no, con aggiunta di influsso mitteleuropeo, con l’etica del lavoro “che non è mai fatica ma soddisfazione per chi lo compie, collegando l’interesse proprio all’interesse della comunità”.

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Brescia sotto i bombardamenti

Via Dante ph. archivio cinefotoclub

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Suonava una sirena e la città pareva un formicaio calpestato. Il respiro delle strade si fermava al primo lamento delle apparecchiature d’allarme. Poi venivano gli urli ripetuti a spingere la gente nei buchi dei rifugi, nel ventre enorme e gocciolante della galleria del Castello. Se andava bene era un ora o due di chiacchere al buio ( e di amori rubati al terrore). Se andava male era un patire l’angoscia del cielo pieno di rombi e degli scoppi sordi ora vicini ora lontani, e del ritorno alla luce nella provvisorietà di una pausa piena di polvere e di macerie. Si contavano i morti e i buchi nelle case. Brescia apriva voragini nere nel prato rosso dei suoi tetti: ferite enormi, incredibili e modeste lacerazioni. Un cancro che le mappe hanno nitidamente radiografato. Quasi due anni di pena: dal 13 luglio 1943 alla fine della guerra. E la gente diceva:« Chissà quanto lavoro avranno geometri, muratori, ingegneri, impresari, dopo!». Lo diceva mentre scavava con il picco e la pala e sceglieva i mattoni e le pietre buone sui mucchi che ostruivano le strade. Ce n’erano, dopo ogni bombardamento, a Sant’Afra in via Crispi, al Gambero in Corso Zanardelli, in Piazza Rovetta, in via della Pace, in via Porcellaga, in piazza della Vittoria, ai Miracoli e poi fuori, in Piazzale Cremona, alla Breda. Riguardarli oggi con occhio fotografico e respirare il fumo degli «spezzoni», seguire l’intrico dei visceri di cemento armato è un pò come mettersi in fila accanto ai poveri di piazzetta San Marco armati di «tóla» e gavettino, per capire la miseria paziente di quei giorni in cui anche il Duomo Fumava.

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Un salto nel passato da vivere con le fotografie del periodo. I bombardamenti della Seconda Guerra hanno creato morte e terrore in tutte le città italiane, compresa la nostra. Gli occhi delle macchine fotografiche hanno consegnato alla storia i bombardamenti su Brescia.

Racconto di Enzo Bresciani tratto da “ Brescia gli anni della ricostruzione”

Via Pace angolo Corso Palestro ph. archivio cinefotoclub

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In senso orario Il Duomo visto da Piazza Loggia il quadrilatero vicino a Piazza Vittoria completamente distrutto ( Via Pace, Via Dante, Via Porcellaga e Corso Palestro) ph. archivio cinefotoclub

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In senso orario Piazza Duomo La Breda Via Francesco Crispi ph. archivio cinefotoclub

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In senso orario Palazzo Calini in Via Pace Corso Palestro angolo Via Pace Corso Martiri della LibertĂ ph. archivio cinefotoclub

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Consigli per risparmiare sui regali

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di Leonardo Wiesendorf

Lo dicono tutti e in particolare quelli del Codacons: i prezzi dei beni legati al Natale sono al rialzo. Quindi ci vorrà un doppio giro di cinghia per i nostri cenoni e regali. Senza considerare,il salasso rappresentato da “Imu, aumento delle tariffe, carburanti alle stelle, e le aspettative per il futuro” Per questo ecco qualche consiglio prendendo spunto da un decalogo stilato da Confconsumatori.

4) Acquistare prodotti di stagione o a Km Zero. I prodotti esotici costano molto e sono pessimi per l’ambiente, visto tutta la strada che devono compiere.

1) Non comprare i regali all’ultimo. Acquistando in ritardo si perde la possibilità di godere di offerte promozionali e si rischia di avere minori possibilità di scelta. 2) Confrontare i prezzi e la qualità dei prodotti che si intendono acquistare. Scegliere solo il prodotto più conveniente potrebbe non essere la scelta migliore. Meglio scegliere il miglior rapporto qualità/prezzo.

6) Utilizzare il Natale per regali utili. Evitare di comprare d’impulso perché spesso i regali comprati così vengono subito dimenticati in qualche ripostiglio.

3) Capitolo cenone: non comprare più del necessario. In questo caso comprare i prodotti con largo anticipo potrebbe essere una pessima idea perché si riduce la qualità degli alimenti.

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5) Acquistare prodotti non confezionati o elaborati lo possiamo fare noi. Possiamo comprare un pandoro semplice per esempio e provvedere a farcirlo noi. Sarà più genuino ed economico.

7) Non comprare vestiti o accessori. Si possono comprare nel mese di gennaio ad un prezzo inferiore. 8) Creare da soli gli addobbi natalizi. Diventerebbe un’occasione per risparmiare e fare qualcosa di divertente. 9) Ricordarsi di conservare lo scontrino. In questo modo potremo recedere dal nostro acquisto se la merce acquistata non è all’altezza delle nostre esigenze


Un piccolo elenco ricco di consigli per i consumatori è stato stilato da Codacons per evitare di cadere in acquisti sbagliati, durante le feste natalizie, che creano solo danni al nostro portafoglio

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AddoBbi in tempo di crisi vince il fai da te

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Dopo l’inverno anche il Natale è giunto. A molti i conti sembrano non tornare. Mai come quest’anno pensare di spendere soldi oltre che per i regali anche per gli addobbi natalizi sembra un’eresia. La tendenza sempre più diffusa è optare per il fai da te. Il segreto? Riciclare, dando una seconda vita a ciò che si possiede già all’insegna di un’eleganza fatta di semplicità. Come runner da posizionare al centro della tavola il trend è munirsi di ago e filo e realizzare un lungo rettangolo mettendo assieme i vecchi centrini della nonna, anche se di colori e forme differenti. Per le palline dell’albero, invece, l’ideale è comprare le più economiche - quelle di polistirolo che vendono in merceria – e attaccarle a nastri di velluto con l’aiuto di uno spillo. Si possono dipingere del colore desiderato con le bombolette spray oppure rivestire di tessuti utilizzando colla e ritagli di stoffe. Senza alcun freno alla fantasia, sì anche all’impronta glitter ottenuta con l’aggiunta di perline o brillantini. Tra le ultime novità del fai da te anche l’originale idea di realizzare le tovagliette americane personalizzate utilizzando filastrocche, ricette di cucina oppure vecchi spartiti musicali, meglio se con le canzoni di Natale, messi in un doppio strato di plastica trasparente accuratamente sigillata lungo il perimetro. Insomma un Natale di tutto rispetto ma soprattutto verso il nostro portafogli.


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Un regalo mini hi-tech

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Il Natale è ‘mini’ non solo per la crisi. La tecnologia si sposta verso formati sempre più piccoli, compatti e portabili offrendo una serie di possibilità regalo ‘per tutte le taschè, non solo in termini economici ma anche di spazio. Il gadget del momento, in questo senso, è il mini iPad e tutte le versioni più piccole dei tablet tradizionali, ma ci sono anche console in formato ridotto, telecomandi sempre più simili a smartphone e l’originale Buddha Machine, una scatola di plastica che grazie ad un amplificatore diffonde musica per la meditazione. 

I TABLET Per andare sul classico c’è, appunto, il mini iPad, la versione da 7 pollici della tavoletta Apple: è sottile, con le prestazioni di un iPad 2 e tre tagli di memoria (16, 32 e 64 Gb); disponibile con wifi ma anche con collegamento alla rete (a partire da 329 euro). Buono il rapporto qualità-prezzo del Kindle Fire Hd di Amazon: anche questo è in taglia ridotta, 7 pollici, con schermo in alta definizione e antiriflesso, un audio Dolby Surround e la preziosa integrazione con i contenuti di Amazon online (199 euro). A completare la gamma dei tablet mini c’è anche il Nexus 7 di Asus-Google: monta Jelly Bean, l’ultima versione del sistema operativo Android, ha un chip quad-core velocissimo che torna utile nei giochi, non ha la fotocamera posteriore ma ha quella anteriore per le videochat e la versione distribuita in Italia non ha il collegamento alla rete ma è solo wifi (249 euro). 

VIDEOGAMES Un piccolo grande gadget che può finire sotto l’albero di Natale è la Wii U di Nintendo, che ha portato nel mondo dei videogiochi il tablet. Con la console GamePad, infatti, si può giocare sia guardando lo schermo della tv sia il touchscreen del dispositivo che è in alta definizione da 6,2 pollici (quasi quanto un mini tablet). Viene lanciata con un parco

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giochi di ben 24 titoli, come Super Mario Bros, Fifa 13 e Call of Duty: Black Ops II (la versione da 8 Gb costa 299 euro, quella da 32 Gb hd 349 euro). Compatta, leggera e sta bene anche in uno zaino, è il regalo perfetto per chi ama la musica e vuole cimentarsi nel mixaggio: è la console Ddj-WeGo Pioneer (299 euro) che si collega al pc grazie ad un software che permette di usare i brani della propria libreria musicale. Una volta in funzione, una fila di led rossi pulsa seguendo il ritmo del brano e i piatti luminosi brillano tanto più intensamente quanto migliori sono le performance della persona che la usa. 

IDEA TELECOMANDO Altro regalo hitech, utile per chi lotta con la miriade di telecomandi che ci sono oramai in tutte le case è il Logitech Harmony (179 euro). Sembra uno smartphone ma è un telecomando universale: controlla fino a 15 gadget, dalla tv al condizionatore e ha un display touch da 2,4 pollici. Per chi non ha molte possbilità economiche ecco il dono da destinare a chi ama il cinema e ha molta fantasia: è Final Draft un’app per piattaforma iOs. Permette di scrivere una sceneggiatura secondo gli standard di Hollywood e rileggere le battute di ogni singolo personaggio in sequenza per valutarne lo sviluppo psicologico lungo la storia (39 euro circa). 

BUDDHA MACHINE Infine, un oggetto da regalare a chi vuole combattere lo stress con la musica da meditazione. È molto popolare in Cina dove è prodotta (dalla Fm3 di Pechino) ma è stata adottata anche da musicisti occidentali come Brian Eno: si chiama Buddha Machine e il look ricorda quello dei vecchi iPod con la differenza che riproduce solo i 9 ‘loop’ elettronici utili alle composizioni ambient. L’ultima edizione con colori ‘fluò ha ispirato anche il cd ‘Fistful of Buddhà (fm3buddhamachine.com a 25 euro circa).

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COLPA DEI MAYA? SMARTPHONE E TABLET ANDROID SENZA DICEMBRE.

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Il 21 dicembre 2012 saremo ancora tutti qui?

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Android fa fuori dicembre. Errore del sistema operativo o timore della fine del mondo?

Android 4.2 Jelly Bean ha fatto fuori il Natale, insieme a tutto il mese di dicembre. Colpa, pare, dell’applicazione People che gestisce l’agenda del sistema operativo di Google. Oppure è un modo originale per esorcizzare la profezia della fine del mondo dei Maya? Abolito il Natale - Immaginate un mondo in cui il Natale sia stato abolito, assieme alla vigilia (of course), all’ultimo dell’anno (e relativo cenone), alla festa dell’Immacolata Concezione e così via. Immaginate, insomma, un mondo in cui dicembre non faccia più parte del calendario. Ecco, in quel di Mountain View evidentemente l’hanno immaginato e hanno pensato che debba essere un mondo migliore, tanto che l’hanno, in qualche modo, realizzato. Dal 30 novembre al 1 gen-

naio - Nell’ultima release ufficiale di Android (Jelly Bean 4.2) installata sul Nexus 4, Nexus 7 e Nexus 10, infatti, è magicamente scomparso il mese di dicembre. Così, tutti gli appuntamenti, i compleanni, anniversari e ricorrenze varie che avete segnato per dicembre non ci sono semplicemente più. L’errore è causato, con tutta probabilità, - Maya a parte - dall’applicazione People che gestisce l’agenda degli impegni degli utenti Android. È curioso, inoltre, che la “scomparsa” dell’ultimo mese dell’anno non sia generalizzata, come si pensava all’inizio, perché molti utenti sostengono che dicembre è incluso nel calendario dei loro Nexus. È quindi probabile che in online si rilasci molto presto un aggiornamento per mettere una pezza definitiva alla falla.

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Nuova tendenza 2012 gli acquisti dei regali si fanno online, compresi i cesti gastronomici.

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I prodotti gastronomici sono un tipo di regalo che viene sempre più apprezzato dagli italiani, sia dalla parte di chi li fa, che dalla parte di chi li riceve: risparmiando, infatti, si riesce ad acquistare qualcosa di sicuramente utile. Sembra, però, che negli ultimi anni la ricerca del cesto natalizio perfetto si sia leggermente modificata: sempre più sono le persone che si rivolgono al web per cercare lo sconto o la superofferta. Una recente indagine, infatti, avrebbe dimostrato come già in questi primi giorni di dicembre sono stati più di 3 milioni i consumatori a caccia di promozioni nel web. Il volantino, ormai, sembra passato del tutto di moda: troppi ipermercati si rivolgono a questo sistema per pubblicizzare le proprie offerte del periodo, per cui diventa pressoché impossibile riuscire a ricordarsi tutte le date e i relativi sconti. Deloitte ha stimato che si aggireranno sul 40% i consumatori che quest’anno si informerà online sui prezzi e la qualità dei prodotti prima di recarsi al supermercato. Un’altra grossa fetta, inoltre, ne aprofitterà per acquistare eccellenze gastronomiche Made in Italy attraverso i portali di offerte online. Utilizzando questi strumenti, accade così che i cesti gastronomici da regalare ad amici e parenti diventeranno una spesa più leggera, così come gli ingredienti che andranno utilizzati per la preparazione dei pranzi natalizi.


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SPEZIE NEL MONDO

Fare una stima del numero di spezie utilizzate è quasi impossibile. Le spezie, infatti, sono uno degli elementi più importanti delle cucine tradizionali, e provengono da secoli di tentativi e di prove. Di origine vegetale, sono composte da semi, foglie, fiori, frutti essiccati. Una delle cucine più ricche di spezie è quella indiana. Nel curry (la polverina indiana nota anche come masala) ce ne possono essere più di 70 tipi diversi. Molto speziate sono anche la cucina cinese e quella africana. (Buon appetito! I ristoranti più strani dove dirlo - Sul piatto nel 2050: cavallette, alghe e hamburger artificiali)

Note e meno note Le più utilizzate nella cucina italiana sono circa una trentina (tra cui pepe, zenzero, cannella, chiodi di garofano, noce moscata, coriandolo, cumino e curcuma di origine asiatica; alloro, zafferano, ginepro, peperoncino, cerfoglio, anice e senape di origine mediterranea). Il loro impiego si è consolidato in periodo medioevale, sia per esaltare il sapore dei cibi in un’epoca in cui il sale scarseggiava, sia per migliorarne la conservazione. Ma anche per sfruttare le loro proprietà curative. Le prime evidenze dell’uso delle spezie risalgono a 50 mila anni fa. Il principale produttore, oggi, è l’India (oltre 1 milione di tonnellate l’anno), seguita dal Bangladesh (139 mila tonnellate), dalla Turchia (78 mila tonnellate) e dalla Cina (77 mila tonnellate).

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TERRA: QUOTA 7 MILIARDI L’infografica di EclairagePublic ci aiuta a fare un po’ di chiarezza attraverso dati provenienti da fonti ufficiali (Onu, Cia, Fao, Unicef, ecc). Le prime cifre riguardano sesso ed età: gli uomini superano le donne per 50,4% contro 49,6%. Il 56 % di noi ha tra i 20 e i 64 anni (e solo il 6,4% supera i 65 anni di età). Viviamo per il 90% nell’emisfero nord del pianeta, divisi equamente tra città e provincia. In Europa siamo poco più del 10%, mentre in Asia vive oltre il 60% degli abitanti del pianeta. Le lingue più parlate sono il cinese (12,4%), lo spagnolo (4,8%), l’inglese (4,8%) e l’arabo (3,2%). Ma le cifre nascondono anche note dolenti: il 13,3% dell’umanità soffre la fame, il 48% vive con meno di due euro al giorno. Ben l’81% vive in paesi sotto-sviluppati. E ancora: il 16,3% di noi non sa né leggere né scrivere, il 41,7% lavora nel settore dei servizi, il 21,5% nell’industria e il 36,7% nell’agricoltura. Infine la religione: i credenti rappresentano l’88% della popolazione planetaria, e di questi oltre il 33% sono cristiani, mentre i musulmani sono il 22,4% e gli induisti il 13,7%.

A ottobre 2011 abbiamo raggiunto quota sette miliardi di individui: un’umanità sempre più numerosa e variegata, non c’è che dire. Ma vi siete mai chiesti chi siamo realmente noi sette miliardi di abitanti della Terra?

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E Eolico

L’utopia delle energie rinnovabili

La provocatoria tesi di uno scienziato tedesco afferma che anche una fonte rinnovabile come l’energia eolica in realtà metterebbe a rischio il bilancio energetico del pianeta. E non sarebbe nemmeno così tanto verde. Per rendersene conto è suffciente applicare alla lettera i principi della termodinamica. (Focus. it 18 aprile 2011)

 Le fonti energetiche rinnovabili sono, per definizione, inesauribili. Anzi, lo erano fino a qualche settimana fa, quando un fisico tedesco si è messo a fare qualche calcolo e ha concluso che lo sfruttamento intensivo dell’energia eolica e delle correnti marine non solo potrebbe minare pericolosamente l’equilibrio energetico del pianeta, ma potrebbe causare all’ambiente più danni di quelli provocati dalle emissioni di CO2. 
La notizia è decisamente scioccante, al punto da essersi guadagnata la copertina di uno degli ultimi numeri di New Scientist. Possibile? 

Nulla si crea, nulla si distrugge 
Eppure Axel Kleidon del Max Plank Institute di Jena (Germania), è sicuro: gli sforzi profusi dagli scienziati per ottenere energia dal vento e dal mare finiranno per provocare irreversibili cambiamenti climatici.
La provocatoria tesi di Kleidon si fonda sulle leggi fondamentali della termodinamica: quando i raggi solari entrano nell’atmosfera, una parte di essi favorisce la formazione dei venti e delle correnti oceaniche ed è responsabile dell’evaporazione delle acque. La restante parte viene per lo più dissipata in calore (entropia) e noi non riusciamo a utilizzarla.
Oggi impieghiamo solo 1 parte su 10.000 dell’energia totale irradiata dal Sole, ma secondo Kleidon questo calcolo è fuorviante perchè andrebbe considerata solo l’energia utilizzabile, detta anche energia libera. 
Gli esseri umani consumano circa 47 terawatt di energia, cioè 47.000 miliardi di watt: secondo Kleidon equivalgono al 5-10% dell’energia libera del sistema Terra. È una quantità enorme, maggiore di quella contenuta in tutti i processi geologici che avvengono sul pianeta (terremoti, eruzioni vulcaniche, movimenti delle placche tettoniche).

Inesauribile? Impossibile 
Per diventare veramente verdi, occorrerebbe quindi sostituire con fonti rinnovabili la parte di energia ottenuta da combustibili fossili e pari a circa 17 TW. Ma per il secondo principio della termodinamica, dato che nessuna tecnologia potrà mai essere perfettamente efficiente, una parte

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dell’energia libera catturata dai generatori eolici o marini andrà sempre e comunque persa come calore. 
Dal punto di vista termodinamico, ciò che fanno questi impianti è prelevare l’energia libera che deriva dal Sole e convertirne una parte in energia utile. Il resto va perso sotto forma di calore diventando di fatto inutilizzabile.
Il risultato di questa operazione è insomma un impoverimento energetico del sistema Terra.

Solare Si fa presto a dire “green” 
Kleidon, utilizzando dei complessi modelli matematici, sostiene che sarebbe teoricamente possibile estrarre dai venti terrestri fino a 70 TW di energia, ma non senza conseguenze. L’impoverimento energetico del sistema Terra comporterebbe pesanti modifiche nella circolazione dei venti, nelle precipitazioni e nell’irraggiamento solare.
Gli effetti sarebbero paragonabili a quelle provocati da un improvviso raddoppio dei gas serra nell’atmosfera.
«Questo è un punto di vista interessante e potenzialmente molto importante», spiega Maarten Ambaum meteorologo dell’Università di Reading, UK. «Il consumo di energia è notevole rispetto alla produzione di energia libera del sistema Terra. Se non pensiamo in termini di energia libera, potremmo essere fuorviati dal potenziale energetico delle risorse naturali». Dobbiamo quindi rinunciare allo sfruttamento delle energie rinnovabili? «No», afferma Kelidon, «ma pensare che il vento sia una fonte inesauribile e a costo zero è un po’ come voler realizzare il moto perpetuo» 

Solare? Sì, ma con giudizio
Il fotovoltaico, dal punto di vista termodinamico, non presenta particolari problemi: riesci infatti a generare energia libera senza grosse dispersioni in termini di entropia. Il vero problema è di natura tecnologica e industriale: i pannelli oggi più efficienti sono costruiti con materiali costosi, rari e in via di esaurimento come l’indio (In), il tellurio (Te) e il selenio (Se).
Gli scienziati e le industrie devono quindi riuscire a realizzare pannelli che utilizzino materiali comuni come lo zinco e il rame e in grado di riflettere, senza assorbirla, l’energia che non riescono a utilizzare, così da immetterla nuovamente nel sistema invece che dissiparla sotto forma di calore.

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La fattoria del vento più grande del mondo Hanno iniziato a girare e in breve illumineranno i due terzi del Kent, in Gran Bretagna, le 152 pale eoliche che spuntano dall’estuario del Tamigi, 175 entro fine anno. Si chiama London Array ed è il più grande parco eolico offshore del mondo.
Se hai a cuore l’ambiente, non perderti su Focus 242 (in edicola fino al 21 dicembre e in digitale per sempre) le foto che hanno vinto il Prix Picter, il premio dedicato alla sostenibilità, e che raccontano le minacce ambientali (e sociali) al nostro pianeta.

Al via le prime 152 turbine Sono i mari di Sua Maestà la Regina a ospitare il più grande parco eolico offshore del mondo. A circa 12 miglia al largo dalla foce del Tamigi, le 175 turbine eoliche del London Array pro-

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durranno energia sufficiente per illuminare 470mila abitazioni inglesi, circa i due terzi di quelle presenti nel Kent, con una ca pacità produttiva di 630 Mw. 
Dal 29 ottobre scorso le prime 152 pale, installate su un’area di 90 km quadrati, hanno iniziato a girare e a produrre energia, mentre le rimanenti saranno a regime entro fine anno. L’impianto permetterà di risparmiare ogni anno 19 milioni di tonnellate di Co2 emesse nell’atmosfera. 
Eppure tra gli scienziati c’è chi sostiene che anche una fonte rinnovabile come l’energia eolica in realtà non solo potrebbe minare pericolosamente l’equilibrio energetico del pianeta, ma potrebbe causare all’ambiente più danni di quelli provocati dalle emissioni di CO2


Sbagliato lavaggio? Non succederà mai più!

p

Pasticcio in tecnicolor. Puoi dire addio a quello splendido arcobaleno di colori che fuoriesce dalla tua lavatrice ogni volta che sbagli il programma di lavaggio o che, per caso, ti finisce nel cestello un calzino colorato in mezzo alle camicie bianche. La tecnologia sta entrando prepotentemente nei nostri elettrodomestici per aiutarci a evitare pasticci di questo genere. Per capire di cosa stiamo parlando servono tre sigle: NXP, RFID e NFC. La prima è il nome dell’azienda che ha inventato una nuova scheda hardware compatibile con i sistemi per il controllo elettronico dei programmi delle lavatrici. Il suo segreto si cela dietro alle sigle RFID e NFC. Gli Rfid (Radio Frequency IDentification) sono dei microchip che servono per identificare cose e oggetti inviando un segnale radio a degli appositi scanner: una versione high-tech del vecchio codice a barre, per intenderci. Tutti i capi devono avere ovviamente un piccolo “bottone” RFID per comunicare la loro “identità” alla scheda. Vestiti così intelligenti sono ancora rari, ma stanno già arrivando. L’ultima sigla, NFC, sta

Ogni volta che fai il bucato ti ritrovi con una camicia di colore diverso? I tuoi capi di seta si sciolgono ogni volta che li lavi? I tuoi jeans prefe riti sembrano quelli di tuo nipote di dieci anni? Tranquillo, tra un po’ sarà praticamente impossibile sbagliare il programma della lavatrice.

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lavatrice riconosce tessuti e colori. Da sola! per Near Field Communication (comunicazione a breve raggio) ed è una tecnologia tipica degli smartphone di nuova generazione. Più che chiedersi come si usa una lavatrice del genere bisognerebbe chiedersi come non si usa. Una volta caricati i “panni sporchi”, infatti, la scheda di NXP usa la tecnologia RFID per “capire” cosa c’è nel cestello (colore e tessuto). Fatto quindi l’identikit di mutande e calzini, sceglie da sola il programma più adatto. E visto che è una lavatrice intelligente, sa anche quanta biancheria deve lavare e può decidere da sola se usare, per esempio, un lavaggio a mezzo carico, così risparmi anche acqua ed energia elettrica. Ma non è finita qui, perché, tramite la tecnologia NFC, dialoga pure con lo smartphone. Sia con il tuo, per informarti, per esempio, su come procede il lavaggio, sia con quello del tecnico in caso di manutenzione. Detta in parole povere, il progresso tecnologico sta per togliere agli uomini la possibilità di fare i finti tonti ed evitare di fare la lavatrice per paura di combinare qualche guaio.

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KUNG FU. LA VIA ALL’ILLUMINAZIONE di Igor Frassine

Il Maestro Salvatore Cafiero

Il kung-fu non è soltanto un efficace arte marziale e un ottimo sistema per conseguire salute e vitalità, ma anche una via verso la gloria spirituale. Così si pronuncia in un suo libro Wong Kiew Kit, sommo maestro da cinquant’anni. Penetrare all’interno di una realtà così profonda è impresa assai ardua. Non avremmo potuto renderle onore nemmeno con un numero monografico. Per questo motivo abbiamo incontrato una delle figure più autorevoli in materia che, proprio a Brescia, ha trovato terreno fertile per la diffusione di un sapere marziale dal nobile retaggio. Stiamo parlando del maestro Salvatore Cafiero, fondatore dell’Associazione culturale Yuan Yang Men ed innamorato del kung fu fin da bambino. Basti pensare che, a soli quattro anni, Salvatore sorprende i genitori, affermando che da grande partirà per la Cina per diventare un maestro di Kung Fu. Cos’è che fin da tenera età la affascinava così tanto di questo mondo? Non lo so di preciso. Penso sia una passione innata. Da piccolo guardavo con spirito d’esaltazione e curiosità ai grandi maestri di kung fu, senza ovviamente poter disporre dei mezzi d’informazione presenti oggigiorno. Più di trent’anni fa c’erano pochi libri, internet era ancora lontano, quindi cercavo di accaparrarmi tutto il materiale possibile. Il sentimento aumentava poco a poco pur tra mille difficoltà: ricordo il numero esiguo di palestre dove praticare la disciplina, al contrario di quelle esistenti

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tutt’ora. L’improvvisazione c’era e c’è, anche se, parlando al presente, si inventa con materiale di qualità più elevata (pensiamo ad esempio ai dvd facilmente reperibili da tutti). Tempo fa bisognava andare al cinema, guardare il film dall’inizio alla fine e prendere costantemente appunti sul taccuino. Tante scuole di kung fu sono nate così, con il “taccuino” alla mano. Nel ’93 il sogno si realizza. Salvatore si trasferisce in Cina sotto la guida dei maestri Jiang Zhou Cun e Xu Bo Ran. Ci parli di questo primo impatto. Devo dire di essere stato incredibilmente fortunato. I due maestri hanno personalità e competenze molto diverse. Il primo, tutt’ora mio insegnante, si può considerare come un’enciclopedia vivente del kung fu. Ormai in pensione, è stato direttore del Dipartimento di Educazione Fisica della Shandong Teachers’ University e conosce tanto le forme di combattimento tradizionali quanto quelle moderne. Può inoltre vantare una solida formazione familiare nella pratica di uno stile Shaolin tradizionale. Un uomo molto attento e gentile al tempo stesso, con il quale ho praticato una buona parte di Shaolin, Tang Lang Chuan, Tai Ji Chuan, Xing Yi Chuan e Ba Gua Zhang. Xu Bo Ran proviene da una famiglia di maestri esperti nello stile della mantide religiosa. Con lui ho studiato quasi tutto lo stile Tang lang quan con grande sforzo; parliamo infatti di un uomo piccolo, ossuto ed estremamente veloce. Riuscire a


mantenere il suo ritmo non è stato facile. Questa prima permanenza in Cina è durata circa due anni, periodo in cui studiai all’università di Medicina di Jinan e mi allenai duramente. Da quel momento in poi andai in Cina ogni anno. Dal 2000 ad oggi, invece, il maestro Jiang Zhou Cun ha effettuato nove viaggi in Italia di più d’un mese ciascuno, durante i quali ha insegnato ai miei allievi, condividendo il suo sapere. Quando diciamo Kung fu Shaolin ci vengono in mente i monaci con la testa rasata, i vestiti variopinti nonché i famosi cinque animali. Lo stereotipo è ancora valido? Assolutamente no. Il monastero di Shaolin non è un vero monastero bensì un’attrazione turistica dove si pratica kung fu come, del resto, in molte altre città cinesi. I turisti si trovano in un posto fascinoso, assistono agli spettacoli d’arti marziali e pensano che i ragazzi lì presenti siano monaci buddisti. In realtà hanno moglie e figli, mangiano carne (per quanto pure ai monaci fu permesso di mangiare carne dall’imperatore) e bevono vino! Si tratta infatti di atleti pagati per vestirsi da monaci, ma quelli veri sono sparsi un po’ qua e la. Alcuni, ad esempio, sono ben nascosti in un monastero poco distante da quello di Shaolin. Costoro non praticano il kung fu che immaginiamo, piuttosto uno stile tradizionale che prevede delle sequenze di Qi gong, ossia tecniche energetiche di respirazione; preciso tuttavia che anticamente esisteva la famosa scuola dei “cinque animali” accanto ad un pugilato di matrice antica detto Luo Han Quan o pugilato dei Bodhisattva. Tutte le altre forme oggi diffuse a Shaolin provengono da maestri esterni invitati nel monastero appositamente per l’insegnamento delle stesse. Lo so per certo in quanto il mio maestro è uno di questi docenti.

Parliamo di un concetto difficile per noi occidentali: il chi o forza interiore. Per spiegare l’energia vitale ai miei allievi uso sempre un passo della Divina Commedia. La luce di colui che tutto move per l’universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove. Quella luce è chi. È veramente un soffio divino. Nella Bibbia vediamo Dio estrarre Adamo dal fango e soffiargli nelle narici… quel soffio è chi e viene portato alla consapevolezza attraverso una pratica costante. Cosa si può fare con il chi? Tutto! L’idea di diventare giornalista dipende da questo soffio, così come divenire un maestro di kung fu. Tuttavia quando lo utilizziamo per scopi materiali ne stiamo abusando. Gli esercizi per svilupparlo sono quindi di consapevolezza, ciò nonostante a volte inseriamo qualche esercizio di resistenza del corpo: possiamo farci calciare nei testicoli, assorbire colpi alla gola, rompere i mattoni e tanto altro. Anche al circo cinese gli atleti sfruttano il chi, quando, ad esempio, rimangono su un dito in sospensione su una corda d’acciaio. Un esercizio abbastanza comune negli istituti di educazione fisica del posto. Non è inesatto paragonarlo ad una sorta di doping e ne viene sconsigliato l’uso nella lotta in quanto poco morale e in disaccordo sia con i principi buddisti sia con quelli taoisti. In generale non è bene ferire qualcuno, tanto più attraverso l’energia vitale. Io l’ho provato sulla mia pelle ed è stata un’esperienza che non auguro a nessuno. Il colpo è così scioccante che si perdono i sensi, l’impressione è quella di essere trapassati da parte a parte con un chiodo. Mi rendo conto può sembrare fantascienza ma l’ho sperimentato pure con i miei allievi e vi posso assicurare esiste. I grandi maestri non ne fanno sfoggio davanti alle telecamere o nelle competizioni agonistiche perché semplicemente refrattari alla fama e al denaro.

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Scendiamo nello specifico della disciplina. Il kung fu si basa più sulla lotta corpo a corpo o sulla media-lunga distanza? Ci sono tecniche per entrambe. Il kung fu dei “cinque animali” copre tutte le distanze e le classi di combattimento. Esistono colpi di gamba e colpi di pugno. Per quanto riguarda i primi utilizziamo piede ginocchio e coscia, per i secondi palmo, gomito e spalla. Esistono di proiezione, di lotta e di sbilanciamento. Sono contemplate tutte quante le distanze. Specifico che il kung fu non è tanto un’insieme di tecniche quanto di strategie, ed è potenzialmente infinito. La forma è un dizionario da codificare e dal quale estrarre strategie. Non ne occorrono moltissime, ne basta una dalla quale attingere per il combattimento. All’interno dei cinque animali Shaolin troviamo metodi di respirazione, di qi gong, di meditazione e di combattimento. Quali armi vengono utilizzate nella pratica marziale? Le armi fondamentali da studiare sono cinque. La sciabola, che ha un utilizzo estremamente violento (i colpi sembrano quelli del macete), la spada, dai movimenti eleganti, la lancia, il bastone e un’arma snodata (a più sezioni). Senza contare le armi tradizionali di tutti i tipi e fogge, ben più di cento. Tuttavia, adoperando le principali, si acquisisce dimestichezza con quelle di categoria analoga; questo vale, ad esempio, per la sciabola e il coltello, per lancia, bastone e alabarda. Quel che si sta perdendo è il senso del combattimento reale, vale a dire che coloro che sanno maneggiare con una sciabola si trovano in difficoltà quando devono combattere facendone uso.

Bisogna avere particolari caratteristiche fisiche per avvicinarsi a quest’arte? Non esistono limiti fisici o anagrafici. Proponiamo esercizi per rigenerare il corpo dall’interno nonché una ginnastica praticabile da tutti, benché ai più giovani sia richiesta una postura bassa, più alta a tutti gli altri. Il bello del kung fu è che si adegua alla persona. Il cinema ha proposto negli anni diversi cultori del kung fu, tra cui spicca il ben noto Bruce Lee. A suo giudizio ha reso onore alla tradizione? Bruce Lee ha proposto un’immagine di violenza scandalosa ed i suoi film sono quanto di più lontano dalla tradizione, tant’è che lui stesso, prima di morire si pentii di ciò che aveva fatto chiedendo perdono al suo maestro e venendo da questi ripudiato. Dopodiché si recò da un altro famosissimo insegnante Shaolin di Hong Kong che lo accettò. Purtroppo sopraggiunse il decesso e non riuscì ad operare il “grande cambiamento”. Fondò il Jeet kune do che è uno stile di kung fu oggi praticato nel mondo con diverse declinazioni da maestri che si devono porre il problema sulla sua autenticità: è fedele rispetto alla versione professata dal suo fondatore oppure no? Bisogna essere di grande apertura mentale per potervisi avvicinare. Ringraziamo per la disponibilità il maestro Salvatore Cafiero, fondatore dell’Associazione Yuan Yang Men Europe di Brescia.

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“Il corpo, se lo si tratta bene, può durare tutta la vita.”

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Non c’è che dire, da alcuni anni è scoppiata una vera e propria moda. E sono nate moltissime discipline che hanno in comune il connubio tra due elementi ricchi di fascino: le arti marziali e l’aerobica. A cosa è dovuto tanto successo? E poi, cosa sono e come funzionano queste discipline? Innanzitutto consentono di allenarsi, tenersi in forma e scaricare lo stress. Con un notevole vantaggio grazie al lavoro aerobico che coinvolge tutta la muscolatura. E’ una forma di lavoro fisico molto utile per chi ha problemi di sovrappeso, infatti rassoda, tonifica e aiuta a combattere la cellulite. Fa bene al fisico ma anche al sistema nervoso, permette di scaricare lo stress accumulato e le energie negative. Queste discipline dagli svariati nomi (Fit Boxe, Aero Kombat, Fight Fitness, Aerobic Fight TBK, Aero Boxe, Cardio Combat, ...) coniugano attività aerobica e arti marziali; vengono sferrate calci, pugni e ginocchiate a tempo di musica seguendo una vera e propria coreografia, con la lezione che si modella rappresentando un mix ideale: esplosiva, divertente, addirittura liberatoria. Chiediamo alcune informazioni a Simone Genocchio, istruttore di Fight Fitness e di Aerobic Fight, oltreché insegnante professionista di karate, cintura nera quinto dan. Quando sono nate le prime discipline aerobiche? La nascita del lavoro aerobico risale agli anni 50 quando un medico della Nasa studiò esercizi da eseguire sul

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posto che stimolassero l’apparato cardio-respiratorio, ma l’abbinamento della musica avvenne solo nel 1970. Nel Nord America diventa una vera e propria mania grazie alla famosa attrice Jane Fonda che adottò e promulgò la ginnastica aerobica come un vero e proprio stile di vita. Anche in Europa negli anni 70 la pratica dello sport viene rivalutata come cura contro la sedentarietà e lo sport inizia ad essere abbinato al concetto di divertimento e di pratica di gruppo. In Italia l’aerobica approda nei primi anni, praticata al fine di recuperare o mantenere la propria forma fisica. Come ti spieghi il boom della “aerobica da combattimento”? Anche queste discipline arrivano dagli Stati Uniti negli anni 90 e subito si ritagliano uno spazio considerevole all’interno del mondo del fitness perché, oltre al lavoro aerobico con tutti suoi i vantaggi in termini di wellness abbinano tecniche da combattimento che rappresentano un importante valore aggiunto per i praticanti, sia come base di difesa personale (in ogni lezione infatti si tirano centinaia di pugni e di calci con istruttori che ne regolano le traiettorie) sia per scaricare tensione accumulata da una giornata di studio o di lavoro (immaginando magari il datore di lavoro con la faccia da sacco di boxe, oppure di riempire di calci e pugni il marito rompiscatole, è una vera liberazione!). Hai parlato di wellness: quali vantaggi portano la pratica di queste discipline? L’allenamento a regime aerobico, cioè con consumo di ossigeno per la produzione di energia, comporta molti vantaggi a livello cardiovascolare, a livello respiratorio e muscolare; va eseguito ad intensità medio-bassa per un periodo prolungato, almeno 20 minuti, dopo i quali si iniziano a bruciare i grassi. Se lo sforzo è massimale e di breve durata, invece, si parla di lavoro anaerobico, dove si bruciano solo zuccheri e non grassi. Oltre agli aspetti positivi elencati, è importante

direttore Edoardo Beccalossi redazione Clara Pasotti, Magda Biglia, Luigi Fertonani, Igor Frassine, Leonardo Wesendorf, Osvaldo Mairani, Cristina Salfa, fotografia Remio Maifredi, Edophoto, Mauro Brunelli, Cassandra

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impaginazione Francesca Vezzoli

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segnalare che il miglioramento della mobilità articolare, la tonificazione ed il lavoro cardio-respiratorio sono fondamentali per prevenire moltissime malattie, mentre il divertimento di gruppo, la socializzazione ed un conseguente stile di vita più sano combattono efficacemente la depressione, l’ansia e gli sbalzi d’umore, a qualsiasi età. Com’è strutturata una lezione tipo? Le sessioni consistono in un primo momento di warm-up (riscaldamento), per attivare il corpo raggiungendo gradualmente il regime aerobico e per entrare mentalmente nella lezione, in modo di godere appieno dei benefici che apporta; segue il work-out vero e proprio, che di volta in volta cambia a discrezione dell’insegnante ma che sempre comprende la successione di varie tecniche di pugno e di calcio, eseguite con intensità variabile a seconda dell’età e dell’obiettivo personale; la terza fase è più rilassante ed è riservata allo stretching, per allungare e distendere dolcemente i muscoli; poi si passa alla tonificazione, di solito destinata a glutei, addominali e gambe ma senza tralasciare il resto dei distretti muscolari; ultimi minuti di cool-down dedicati al rilassamento del corpo e della mente, con musiche ad hoc che favoriscono la calma e rigenerano energia positiva. Le tecniche di rilassamento aiutano, perché con esse ci si riappropria del corpo imparando ad amarlo, ascoltarlo e rispettarlo, si impara a regolare il respiro ed a rilassare i muscoli, rilassando di conseguenza anche la mente, diminuendo quindi la tensione interna e l’emotività. Una disciplina, quindi, che non è solo giocosa e coinvolgente, ma che consente di scaricare in maniera positiva l’aggressività accumulata nella vita di tutti i giorni, in un mix di benessere e piacere che ci permette di essere in forma imparando, perché no, a difendersi.

pubblicità info@panoramabresciano.it 030.2191305 / 349.3017020 segreteria info@panoramabresciano.it stampa Megaprinter - Venezia Chiuso in redazione il 10-12-2012 alle 18,00 Autorizzazione del Tribunale di Brescia Edizioni Le Amazzoni via Genova 8 Brescia www.panoramabresciano.it info@panoramabresciano.it Ogni riproduzione realizzata sia con mezzi meccanici che elettronici è vietata senza autorizzazione scritta dell’editore


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