Panorama Bresciano Dicembre 2011

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PRANZO DI NATALE

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PANORAMA BRESCIANO Magazine di Economia Finanza Attualità Cultura Storia Enogastronomia Territorio

SOMMARIO Attualità 08 Le torte di Giada di C. Pasotti 13 Senza glutine si può di C. Pasotti 17 Festa alla cioccolata 20 A ciascuno il suo Natale di C. Pasotti 24 Immersi nel sogno di P. Gregorio 30 Hai attaccato la spina all’auto? di P. Castriota Economia 32 Rivoluzioniamoci di M. Biglia 34 Italiani “povera” gente di L. Wesendorf

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Le coloratissime torte di Giada

Storia & Cultura 36 La Lodoìga è tornata di P. Castriota 38 Lo sapevate che... Musica 43 Gói de cöntàla di C. Delai 44 Cantómcrismas di E. Sciarra Società 47 Internet tiranno di L. Wesendorf 48 Finché smartphone non vi separi di P. Castriota 58 Parliamo di... 59 Depilazione o epilazione 65 Ridiamoci su

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Viaggio nei regali di Natale dei bresciani

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Il futuro secondo i gemelli Carraro

Motori 63 Guida diversamente abile di O. Mairani

IN COPERTINA Anno 1-Dicembre 2011

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Festeggiamo insieme il Natale dei bresciani con i regali più venduti, le torte di Giada e le inedite fiabe in dialetto.

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Le prime fiabe in dialetto bresciano

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attualità

le TORTE DI GIADA Da qualche mese Brescia ha un cuore fatto di pan di spagna e fantasia. In corso Mameli esiste un negozio che apre le porte a golosi e sognatori. Non ci credete? Andate al numero civico 2 e vi stupirete

di Claretta Pasotti

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mmaginate di trovarvi di fronte al palazzo della Bella addormentata. Oppure al protagonista del cartone animato o del fumetto che più vi ha commosso o fatto ridere. E immaginate che tutto ciò sia ancor più dolce in quanto tutto… da mangiare. Non è fantasia ma autentica realtà nel mondo di Giada Farina, giovane cake designer che da giugno aspetta nel cuore di Brescia, in corso Mameli, chiunque desideri una torta per sognare in un’occasione speciale. Trentenne di Salò, Giada ha frequentato l’Istituto d’arte di Gargnano prima

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di prendere il volo per Inghilterra, America, Australia e altri Paesi dove ha lavorato per una decina d’anni come designer d’interni. Senza mai dimenticare però la sua passione di bambina. «Ho sempre amato cucinare, a sei anni ho iniziato a dedicarmi ai piatti della tradizione bresciana con le nonne» ricorda con un sorriso. «Tutti i familiari mi hanno spronato per anni a sfruttare la mia manualità e così ho deciso di dedicarmi ai dolci». Il risultato? Torte decorate secondo la tradizione anglosassone, realizzate con composizioni scenografiche e piani d’arredo, ricche all’interno di pan di spagna e creme (dalla chantilly alla pasticcera, dalla nocciola al cioccolato), per una qualità tutta italiana. Insomma, belle ma soprattutto buone. L’esterno e tutti i personaggi sono in pasta di zucchero modellata a mano. Quelle più complesse

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(minimo da venti porzioni) richiedono anche 3/4 giorni di lavoro. Giada dà vita ai personaggi dei cartoni animati (Disney e non) e dei fumetti, per occasioni quali compleanni, matrimoni e battesimi, ma realizza anche torte glamour per diciottesimi, feste di laurea o anniversari. Senza dimenticare la dolce installazione della Loggia e del Colosseo realizzata in occasione dell’ultima Mille Miglia. Le torte di Giada piacciono agli adulti come e forse più che ai bambini e la sua fama ha varcato i confini della provincia. «La curiosità è molta, le persone sostano spesso davanti al laboratorio a vista» racconta.


In corso Mameli 2/i, nell’attività aperta da Giada insieme a mamma Maria Rosaria e al suo “braccio destro” Marco, si trova anche Yogolilla, yogurteria artigianale che propone “solo prodotti di qualità realizzati con yogurt naturale da latte intero”, si possono assaggiare cioccolata calda, muffin di ogni tipo, panettoni decorati e dolci anche per celiaci. «Le torte sono preparate solo su ordinazione e se ne viene richiesta una senza glutine sanifichiamo tutto prima di iniziare il lavoro» spiega Giada. «Organizziamo inoltre corsi per imparare a manipolare la pasta di zucchero». Chi vuole sognare un po’, ma ad occhi aperti e con dolcezza, può dare un’occhiata al sito www.tortedigiada.com.

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A sei anni ho iniziato a dedicarmi ai piatti della tradizione bresciana grazie alle mie nonne

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SENZA GLUTINE SI PUÒ In passato uscire a cena per un celiaco poteva essere un vero problema. Da qualche anno a questa parte, grazie all’importante azione svolta dalle associazioni di categoria, sono sempre più diffusi i locali in cui si possono mangiare cibi senza glutine. Anche il territorio bresciano risponde: “presente”

di Claretta Pasotti

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ALIMENTI SENZA GLUTINE

In queste immagini prodotti dedicati per celiachi farina, pasta e dolci

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on lei si deve confrontare un italiano su cento. Le diagnosi sono ad oggi poco più di 100 mila ma con un incremento annuo del 20 per cento. Potenzialmente, secondo una stima, si potrebbe arrivare a contare 600 mila soggetti interessati. Stiamo parlando della celiachia, intolleranza permanente al glutine, cioè quella sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale. Se per curarsi è necessario escludere completamente dalla propria alimentazione alcuni degli alimenti più comuni (come pane, pasta, biscotti e pizza), è altrettanto vero che negli ultimi anni, grazie anche all’operato dell’Associazione

italiana celiachia, si è diffusa la conoscenza e la sensibilità in materia, sono aumentati i prodotti “con la spiga barrata” (ovvero permessi) così come i locali certificati dove è possibile cenare in totale sicurezza. La dieta senza glutine è attualmente l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. Ciò implica un forte impegno in fatto di educazione alimentare, evitando accuratamente nel proprio piatto ogni minima traccia di glutine. Dal 2006 l’Aic (nata nel ’79 e membro dell’Association of european coeliac societies) si occupa direttamente del controllo sul processo produttivo degli alimenti (rendendo la “spiga barrata” sinonimo di verifica e sicurezza) e della certificazione di ristoranti, pizzerie e altri locali in grado di assicurare primi, secondi, dolci e quant’altro si possa assaporare senza glutine. Così da rendere più facile il reperimento quotidiano dei cibi adatti alle esigenze del celiaco, parte dei quali può essere acquistata gratuitamente in tutte le

ALCUNI PRODOTTI CON GLUTINE

Pasta ripiena e pasta comune

Frumento

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Orzo


farmacie da chi è stato diagnosticato dal Servizio sanitario nazionale. Attraverso la Fondazione celiachia onlus, Aic finanzia inoltre la ricerca in campo genetico, immunologico e clinico, raccogliendo fondi attraverso le sue attività anche a sostegno del popolo saharawi, nell’omonima Repubblica araba democratica. “Se lo riconosci, puoi invitarlo fuori a cena” suggeriva una campagna pubblicitaria di alcuni anni fa alla quale hanno preso parte Daniele Bossari, Gaia de Laurentiis e Pierluigi Collina. Dove? Nella nostra città, ad esempio, sono certificati Bierhaus, I silvani, Il piacere, Impero, La duchessa, Novotel e Sushi box. Tra le new entry compare Mangiarè (insieme alla trattoria Le trote a Gavardo). Sono una quarantina i ristoranti segnalati dall’Aic in tutta la provincia (quattro dei quali a Sirmione: La paul, Mauro, l’hotel Du lac e Riel-ristorante Al braciere), ai quali si aggiungono anche le gelaterie Possi (a Brescia), Gelatando (a Capriano del colle) e il bed & breakfast Al Mulino (Nuvolento). La lista dei locali bresciani certificati si trova sul sito www.celiachia.it, insieme a tutti quelli dislocati nel resto d’Italia e alle catene Airest, Autogrill, Finigrill e Mychef. Rinunciare al glutine non vuol dire rinunciare alla buona cucina, fuori porta come a casa. Provare per credere.

Farro

Dolci in generale

ATTENTI ALLE REGOLE NORME PER RISTORANTI, PIZZERIE E HOTEL - LUOGO DI LAVORAZIONE PULITO O AD USO ESCLUSIVO - DIVISA PULITA O CAMICE MONOUSO - LAVARE LE MANI - ATTREZZI PULITI O DEDICATI - NO ACQUA DI COTTURA PROMISCUA - NO OLIO UTILIZZATO PER ALIMENTI CON GLUTINE - NO CESTELLI MULTICOTTURA - SEGNO IDENTIFICATIVO PER PIATTO SENZA GLUTINE - EVITARE L’USO DEL FORNO CON PROMISCUITÀ

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L’Amarone della Valpolicella, oggi unanimemente considerato come il più pregiato dei vini veronesi e come uno dei più importanti rossi italiani, apprezzato dai più esigenti consumatori di tutto il mondo, nasce dall’evoluzione del Recioto, vino tra i più antichi della nostra storia vitivinicola. Nel quarto secolo dopo Cristo, Cassiodoro, ministro di Teodorico, re dei Visigoti, descrive in una lettera un vino ottenuto con una speciale tecnica d’appassimento delle uve, chiamato allora Acinatico, prodotto in quel territorio denominato Valpolicella (nome che secondo alcuni deriverebbe dal latino “Vallis-poliscellae” e potrebbe significare “Valli dalle molte cantine”).

LA RICETTA DE “I FANTONI”

Il Risotto all’Amarone è uno dei piatti più amati della tradizione culinaria veronese, punta di diamante di molti rinomati ristoranti della città. In esso si sposano due dei prodotti d’eccellenza del territorio: l’Amarone della Valpolicella e il riso Vialone Nano. Ingredienti per 4 persone 320 gr di Vialone Nano 60 gr di formaggio bagoss stagionato gratugiato 60 gr cipolla tritata finemente 40 gr di burro 35 gr di midollo di bue o, in alternativa 50 gr di olio extravergine d’oliva. 1 lt di brodo di carne 1/2 bottiglia di Amarone della Valpolicella

Preparazione del Risotto all’Amarone Riscaldare l’Amarone in una casseruola con metà burro, il midollo, o l’olio, far rosolare la cipolla. Quando la cipolla prende un bel colore dorato, aggiungere il riso e farlo tostare a fiamma media per alcuni minuti continuando a mescolando energicamente. Salare e pepare leggermente. Aggiungere lentamente l’Amarone. Portare a termine la cottura a fiamma viva, aggiungendo il brodo caldo poco alla volta man mano che si consuma e continuando a mescolare con un cucchiaio di legno. Regolare di sale se necessario. La cottura dipende dai gusti, ma il chicco dovrebbe mantenere una certa consistenza. Spegnere il fuoco e mantecare mescolando con vigore e aggiungendo il burro restante e il Monte Veronese grattugiato. A molti potrebbe piangere il cuore nell’utilizzare il “prezioso” Amarone come vino da cucina. Al primo assaggio tuttavia capirete che ne è valsa la pena.

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attualitĂ

FESTA ALLA CIOCCOLATA Tutti i giorni il cioccolato regala una festa a chi lo mangia. Ogni tanto però i ruoli si invertono. La festa della cioccolata di Monticelli Brusati lo dimostra

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ianco, nero, marrone. Con o senza nocciole, cacao in polvere o farcitura. Ce n’è per tutti i gusti e i golosi fanno festa. La sagra del cioccolato fa sempre il pienone perchè anche in tempi di crisi questo dolce piace tanto. Forse è proprio durante la crisi che si venderebbe più cioccolato almeno stando alle ricerche scientifiche che sottolineano da sempre le miracolose proprietà terapeutiche del cacao come toccasana per la tristezza e i malumori. La sagra del cioccolato organizzata dal comune di Monticelli Brusati ha dimostrato ancora una volta la passione che il territorio bresciano nutre per questo dolce in tutte le sue declinazioni. Giunta alla sua ottava edizione, la festa, dedicata a grandi e piccini, ha visto sfilare per gli

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stand quattromila visitatori che si sono lustrati gli occhi tra praline e “baci” senza dimenticare il palato e lo stomaco. «Il bilancio è senza dubbio positivo» ha commentato l’assessore alle attività produttive Giovanni Gavazzi. «Tantissime persone hanno dimostrato di apprezzare il nostro sforzo per far compiere alla rassegna un ulteriore salto di qualità, consolidandone l’immagine oltre i confini della Franciacorta. Dobbiamo ringraziare gli espositori, i tanti volontari, le associazioni e gli enti patrocinatori, ovvero la Regione, la Comunità montana, la Provincia e il Distretto commerciale Franzacurta. Senza di loro non sarebbe stato possibile realizzare questo evento». In totale hanno mostrato le loro magnificenze quindici addetti ai lavori tra cioccolatieri e pasticceri. In rassegna anche le dolci creazioni degli studenti delle scuole alberghiere: Cfp Canossa di Brescia e il Giuseppe Zanardelli di Clusane.


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attualità

A CIASCUNO IL SUO NATALE Le luminarie accese e il fuoco dello spirito natalizio contribuiscono a non spegnere la magia del Natale nonostante la crisi economica. La festa dedicata alla natività del Signore si affianca anche quest’anno alla tradizionale corsa ai regali per parenti e amici. Sbirciamo cosa va per la maggiore

di Claretta Pasotti

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atale è sempre Natale. Crisi o non crisi. Lo sperano i commercianti, molti dei quali hanno già iniziato in verità a incartare pacchetti regalo, complice anche l’avvicinarsi del giorno dedicato a Santa Lucia e a tutti i bambini. Ma basta passeggiare un sabato in centro storico, sotto le belle luminarie

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installate dal Comune, per averne la conferma. L’acquisto sarà, semmai, un po’ ridimensionato rispetto a qualche anno fa in quanto a budget. Le vie principali sono affollate, non c’è che dire. Cosa scegliere? Abbigliamento, libri, cosmetici, gioielli, articoli per la casa, tecnologici o altro ancora? «Da noi va per la maggiore il libro d’arte» spiega per esempio Marco di Serra Tarantola. «La narrativa è oggi purtroppo disponibile anche nei supermercati e in internet». Regalo apprezzato in quanto “sempre utile” è anche l’intimo, come illustrato da Sonia di Intimissimi, per la donna come per


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l’uomo: «Ma vanno molto anche i pigiami» dice. Il Natale è un “periodo di fuoco” del resto nelle profumerie: «Ai prodotti di bellezza si aspira ma non si comprano da sole, di solito ci pensano mariti o fidanzati» afferma Elisa da Limoni. «Ed è un regalo che si può acquistare anche all’ultimo momento». La passeggiata tra le vetrine prosegue e in qualche negozio piuttosto economico si intravedono perfino code alle casse. «Per ora si vendono soprattutto capi spalla, maglie lunghe o mini abiti da mettere con i leggins» rivela Melania, commessa di Motivi. «Le nonne scelgono completi da regalare per Santa Lucia. Ma in centro si deve sempre sperare nel bel tempo, se piove o fa molto freddo la gente opta per i centri commerciali». Le prospettive di vendita sono buone anche per Carlo di Eurosport. «I consumatori attenti riescono a fare buoni affari grazie all’attenzione di noi commercianti» afferma. «Cosa stiamo vendendo in misura maggiore ora? Felpe e maglioncini con

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disegnati pupazzi da regalare ai bimbi». Altro dono sempre apprezzato è un orologio o un gioiello. «Speriamo che il Natale faccia pendere l’ago della bilancia di questo 2011 in positivo» afferma Riccardo del negozio Pasini, mentre Marco ed Elena del White Store hanno già le idee chiare su quali saranno i regali più in voga nel loro settore: «In primo luogo l’iPad e il portatile MacBook Air. Moltissime sono le richieste per l’iPhone 4s, meno per l’iPod touch». Ma c’è anche chi fa scelte diverse, alternative. Basta entrare nella Bottega dei popoli di via San Faustino per accorgersene. Qui si può trovare dall’oggettistica per la casa all’alimentare, dall’abbigliamento alla cosmetica. Il tutto, però, nella logica dell’equo e solidale. A ciascuno la sua scelta, il suo regalo, il suo Natale.

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attualità

IMMERSI NEL SOGNO La tv su internet, i social network professionali, i magazine digitali. Provate a dire ai bresciani fratelli Carraro che il web è morto, come sostiene qualcuno. Loro non avranno bisogno di rispondere a parole. Basterà seguirli nel loro sogno virtuale (ma molto reale)

di Paola Gregorio

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Web is dead». Parola del direttore di «Wired», Chris Anderson che Gualtiero Carraro riporta provocatoriamente quando gli chiediamo di che cosa si sta occupando con il fratello Roberto. Diciamo provocatoriamente, perché i due gemelli bresciani ma con frequentazioni professionali internazionali («vi dice niente un certo Steve Jobs? Ma di questo diremo dopo», ndr), autori multimediali e designer proprio di web e dintorni si occupano. Anzi sarebbe meglio dire di web e di cosa c’è oltre il web. Perché dove ci sono i fratelli Carraro va in scena il futuro, e non solo quello prossimo. Loro sono già oltre il web 3.0 che Gualtiero,

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spiegandolo a una profana come la sottoscritta, dice: «è una Rete più intelligente che riesce a capire e interpretare i tuoi bisogni. Una rete che ingloba la terza dimensione». In realtà, la tecnologia - e tutto ciò che ruota attorno a Internet - ha già superato le previsioni del guru del web 3.0 «Già con Google assistiamo alla Rete che intercetta i bisogni degli utenti personalizzando la pagina. E per la terza dimensione Second Life l’ha in parte introdotta», ricorda Carraro. Tanto che i fratelli Carraro pensano e lavorano al dopo: la tv connessa a Internet, i social network professionali, la nuova generazione dei magazine digitali. Mentre li ascolti, ti perdi nei meandri degli scenari che prospettano, ti senti catapultato almeno un decennio avanti. E anche oltre. Non è un caso se Steve Jobs, il fondatore della Apple recentemente scomparso,

COS’È BUBBLE VIEWER L’applicazione permette all’utente di entrare all’interno di una bolla, trasformando lo schermo dell’iPad in un “telescopio” immaginario attraverso il quale è possibile osservare un’immagine reale o virtuale a 360°. Ad esempio, tramite questa speciale tecnologia, andando in un autosalone sarebbe possibile puntare la fotocamera dell’iPad sull’automobile che si desidera vedere, e visualizzarne ogni dettaglio e informazione. Ma le sorprese non finiscono qui! Infatti con Bubble Viewer, grazie al comodissimo zoom a due dita, potremmo ingrandire anche i più piccoli dettagli, andando così a scoprire ogni segreto che nasconde l’oggetto che stiamo guardando. Bubble Viewer è una tecnologia di realtà aumentata davvero innovativa, potete testarla utilizzando l’ottima app Virtual History – Roma (disponibile su AppStore al prezzo di 7,99 €), che vi consentirà di svolgere un autentico viaggio nel tempo, nella capitale ricostruita virtualmente e da esplorabile a 360 gradi in 3D. Al momento l’app è utilizzabile solo con l’iPad, ma non è escluso che presso approderà anche sui sistemi dell’iPhone.

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abbia preso a prestito il loro «Roma virtual history» (prodotta da Applix per Mondadori), una delle tantissime produzioni multimediali pensate per piattaforme e format Internet, smartphone e tablet, per cd rom, dvd e tv realizzate dai due fratelli, per la presentazione dell’iPad 2 nel marzo scorso. «E’ entrata nella top ten assoluta negli Stati Uniti. Steve Jobs in persona l’ha vista e ha voluto che fosse caricata su tutti gli iPad 2 dati ai giornalisti. Noi ci siamo resi conto, attraverso i feed back rimandati da sensori, che c’erano parecchie visite a Roma virtual history da Cupertino», raccontano Gualtiero e Roberto. Il segreto del viaggio virtuale nell’antica Roma si chiama Bubble Viewer, messa in cassaforte con un brevetto registrato in America. E’ come ritrovarsi in una bolla digitale. Con l’iPad si entra letteralmente nella Roma imperiale, il libro digitale diventa una sorta di stargate per viaggiare nel passato, nel futuro, nell’immaginazione. I mondi che i due fratelli Carraro chiamano «immersivi» sono una passione e contemporaneamente una specializzazione dei due gemelli bresciani. Rete e mondo reale, con il linguaggio “immersivo”, si saldano sempre di più: gli ambienti visitati virtualmente diventano iper realistici, si arricchiscono di dettagli e informazioni. Prendiamo la piattaforma per la promozione turistica del territorio italiano, Visual Italy, che funziona grazie a una tecnologia brevettata e impiegata in Italia già

I FRATELLI CARRARO Gualtiero e Roberto Carraro operano nell’arte contemporanea e nei media digitali a partire dagli anni ’80, con la partecipazione alla XLII Biennale di Venezia del 1986, nell’ambito del primo “Network Planetario dell’Arte”. Nel corso degli anni ‘90 i gemelli Gualtiero e Roberto Carraro hanno curato decine di opere multimediali, tra cui Omnia e altre enciclopedie su Cd Rom, ottenendo premi internazionali nell’editoria e nel web. Tra i riconoscimenti internazionali vanno citati il premio EMMA alla Fiera del Libro di Francoforte del 1995, con i Vangeli su CD ROM, il premio Macromedia a Londra con “Roma 2000 anni fa” e il Moebius, a Lugano nel 2001 con “Omnia Arte” e nel 2005 all’isola di Reunion con “Meraviglie del XXI secolo”. Un filone importante riguarda le ricostruzioni virtuali, tra cui la “Divina Commedia in DVD”, la prima opera video dedicata al capolavoro Dantesco. Pubblicata da DeAgostini, utilizza tecnologie di realtà virtuale e motion capture per rappresentare il mondo di Dante. Dopo il 2000 l’attività dei fratelli Carraro si è indirizzata verso le nuove forme di interattività legate al web, alla cartografia 3D e multimediale e ai media immersivi. Di particolare rilievo il progetto Visual Italy, una piattaforma per la promozione turistica del territorio italiano introdotta nel 2009. La fondazione di diverse aziende Hit Tech ha dato luogo a produzioni e soluzioni per l’editoria multimediale e la comunicazione Business to Business, come la piattaforma web tv Bit Channel, basata sul paradigma partecipativo tipico del web 2.0. Gualtiero e Roberto Carraro operano anche nella ricerca e nel design: hanno ideato e registrato dei brevetti d’invenzione nei settori della cartografia multimediale e della comunicazione on line over IP.

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prima dello Street View di Google, frutto dell’impegno di Telecom Design (una delle realtà della galassia aziendale dei fratelli Carraro) e di Geomondo (autrice del brevetto), Seat Pagine Gialle e Bit, a disposizione degli enti di promozione turistica. Con questo sistema innovativo sono state mappate oltre 13.500 chilometri di strade, e quando diciamo mappare intendiamo vere e proprie spedizioni digitali, rilievi fotografici e video, con una mappatura a 360 gradi degli ambienti naturali e urbani. Il risultato sono mappe che non sono più fogli bidimensionali ma ambienti 3d interattivi, visitabili nelle modalità fino a ieri immaginate solo nel teletrasporto. I fratelli Carraro bazzicano i media digitali e l’arte contemporanea da moltissimo tempo. Sottolineiamo «arte contemporanea» perché i loro esordi con l’arte sono di tutto rispetto. Nel 1986 partecipano alla Biennale di Venezia, con il gruppo Mida, nato a Milano

nell’ambiente di Brera. Le ricerche di Mida sono incentrate sui codici globali, alla ricerca del futuro esperanto iconico della civiltà digitale. Per il loro lavoro, hanno ricevuto vari riconoscimenti internazionali. E ora che cosa bolle in pentola, dopo le app per smartphone e applet, piattaforme di geoweb, cartografia immersiva, web tv, multimedia, comunicazione on line, progetti per tv e video? In parte l’abbiamo anticipato. Qualcosa Gualtiero e Roberto Carraro ce lo anticipano: contenuti televisivi pensati per la tv connessa, la possibilità di navigare in tv come nella Rete, i magazine pensati per i nuovi mezzi, come l’iPad appunto. Un esempio? «World Food Magazine «che abbiamo realizzato con Applix in partnership con la Fiera di Milano», in cui la notizia è su misura: si aggiorna automaticamente non solo con le news che interessano davvero, ma personalizzandosi a seconda delle esigenze di chi legge.

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HAI ATTACCATO LA SPINA ALL’AUTO? Sì, Brescia l’ha fatto. Il nostro capoluogo di provincia sta partecipando a un programma di utilizzo di macchine a energia elettrica in armonia con la progettualità europea che ha stanziato 24,2 milioni di euro per diffondere i veicoli a zero emissioni. Nella nostra città le colonnine per ricaricare le auto del futuro sono 70.

di Paola Castriota

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nche Brescia ha inserito la spina. Non solo per accendere le luminarie ma anche per alimentare le nuovissime auto elettriche destinata tra un qualche decennio a soppiantare le auto a combustione interna. Il progetto nasce dall’alleanza tra Renault e Nissan che ha portato alla stipulazione di numerose collaborazioni con amministrazioni comunali e società energetiche. Un esempio fatto in casa? La partnership tra E-Moving e A2A grazie alla quale per un anno intero a Milano e a Brescia clienti privati ed enti pubblici utilizzeranno una flotta composta da 60 veicoli tra Renault Kangoo Z.E. e Fluence Z.E. due tra le quattro auto create dalla casa automobilistica francese. Nei due

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capoluoghi lombardi sono posizionate 270 colonnine per il rifornimento di energia (200 a Milano e 70 a Brescia). In media il veicolo, dotato di batterie agli ioni di litio, consente un’autonomia di 170 km a un costo di circa 2 euro ogni 100 km. La ricarica completa (dura 6-8 ore) si effettua tramite prese da 220V . La casa francese Renault proprio in questi giorni sta lanciando sul mercato le sue nuove vetture: a fianco di Kangoo e Fluence ci sono inoltre l’innovativo Urban Crosser Twizy e la berlina compatta Zoe. Tutte le auto sono siglate Z.E. ossia Zero Emissioni. Dietro a questo progetto, come a numerosi altri programmi di sviluppo dell’uso dell’energia elettrica nei motori, c’è l’Europa


SCOOTER DEL FUTURO unita che ha un obiettivo preciso: entro il 2020 il numero delle vetture elettriche dovrà essere salito del 10 per cento. A tale proposito, ha stanziato 24,2 milioni di euro per il progetto “Green eMotion” che ingloba, tra le altre, anche la sopra citata collaborazione tra Renault e Nissan che ha dato vita all’esperimento milanese/bresciano. Le partnership tra case automobilistiche, industrie, aziende elettriche, università e comuni prevede inoltre la realizzazione di una rete di distribuzione dell’energia in modo che «tutti i veicoli elettrici possano essere ricaricati senza difficoltà nei punti pubblici in tutta l’Unione». La Germania, come sempre avanti anni luce rispetto all’Italia, ha già alzato il sipario su un progetto di sviluppo dell’auto elettrica: ha stanziato 2 miliardi di euro di incentivi al settore (compresi quelli per i cittadini che attrezzano il garage con prese elettriche adeguate). Entro il 2020 la nazione teutonica vuole arrivare a un milione di auto elettriche in circolazione ed entro il decennio successivo a cinque milioni. Il comune di Berlino in particolare ha fissato il 2020 come termine entro il quale almeno 100 mila dei veicoli dei propri cittadini dovranno essere alimentati a energia elettrica. Un piano di incentivi è previsto anche in Francia. Insomma, queste auto non andranno alla velocità della luce, ma volete mettere il salto di qualità della nostra vita?

AUTO ELETTRICA DA RECORD Un auto elettrica costruita dagli studenti di ingegneria dell’istituto BYU. La “Electric Car Sets” ha realizzato il suo record raggiungendo le 175 miglia orarie circa 282 chilometri orari.

I nostalgici del profumo di benzina e olio bruciato dovranno mettersi il cuore in pace: in futuro anche gli scooter andranno a energia elettrica. In verità non serve aspettare il futuro perché questi nuovi motorini sono già in commercio. La ditta padovana Oxygen ad esempio ha sfornato il Cargo Scooter che è in dotazione ai postini della Svizzera. In Italia purtroppo di motorini così non se ne vedono per due motivi: il primo è legato all’assenza di strutture per ricaricarli, il secondo ai costi (6 mila euro). Al di là di questi problemi – ci auguriamo, risolvibili entro pochi anni – ci siamo soffermati sulle caratteristiche tecniche di questo gioiellino a zero emissioni. Innanzitutto l’autonomia è di 75 km, parola d’onore di chi l’ha provato. Il Cargo Scooter è dotato di sensori acustici e visivi che allertano quando si arriva sulla soglia dei 60 km percorsi. A fine corsa è possibile percorrere ancora qualche chilometro a velocità ridotta (7-8 km/h). Quando si arriva a casa la sera, si può attaccare il motorino alla presa e la ricarica dura in media cinque ore. La mattina dopo, lo scooter è pronto per affrontare un’altra giornata di traffico. Il costo totale di energia consumata usando per una settimana questo scooter ammonta a sei millesimi di euro a km. Un euro e 24 centesimi per 200 km: poco più di un caffè e meno di un biglietto della metro di Milano. I punti deboli sono: la velocità massima (65 km/h) che diventa di 35 km/h se c’è il passeggero e si va un po’ in salita, e la scarso ammortizzamento sul pavé. La quasi totale assenza di rumore è un pregio ma – incredibile a dirsi – anche un difetto: le nostre orecchie saturate dal nevrotico rumore del traffico urbano, godono, ma allo stesso tempo i pedoni che attraversano la strada distratti, possono creare qualche problema…di frenata. Ma è solo una questione di abitudine anche per chi va a piedi. E allora addio scooter smarmittati che fanno il rumore di una zanzara cibernetica: il futuro sarà più silenzioso ma sicuramente più verde e salubre per tutti.

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economia

RIVOLUZIO NIAMOCI Con l’incontro “Domani è un altro giorno” l’associazione industriali bresciani in collaborazione con enti di ricerca e università, ha acceso i riflettori sull’importante ruolo che la tecnologia riveste nel modo di fare azienda

di Magda Biglia

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i rivoluzione ‘culturale’ si tratta. Se Beretta non vende più soltanto le armi, ma anche l’abbigliamento e gli accessori; se, ancora, non si accontenta e vende una piattaforma di controllo a distanza della posizione degli agenti di pubblica sicurezza, tramite contatti con le fondine o i vestiti, il salto è di mentalità, dalla pura transazione economica alla vendita di prestazioni. Prodotto, anzi prodotti integrati, più servizio, fa la differenza. La tecnologia cambia il modo di fare azienda. Di questo tema si è occupato Summit 2011, convegno organizzato con l’eloquente titolo ‘Domani è un altro giorno’ dall’Associazione industriale e dal Csmt, uno dei cinque partners di ‘Sistema Brescia’ per la ricerca e l’innovazione, con Aqm, Cseab, Isfor2000, Università & Impresa. Le testimonianze hanno mostrato progetti avanzati, anche nella nostra provincia, ai duecento imprenditori iscritti, attenti nella sala conferenze di via Cefalonia. «Oggi non basta più la qualità, serve fornire soluzioni che diano valore aggiunto. Il nostro IGun, studiato con il Csmt e la Statale, è la novità, a livello mondiale» ha spiegato loro Riccardo Trichilo,

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direttore della Divisione Armi del gruppo di Gardone Valtrompia. Certo l’investimento è di 9 milioni di euro, due dei quali finanziati dal Ministero per lo sviluppo. I fondi sono un problema, forse non il principale se non tutti i bandi ministeriali vanno esauriti e se all’Europa di richieste italiane ne giungono davvero poche. Sono più da considerare ostacoli il ritardo della realizzazione delle reti infrastrutturali e le insidie che si annidano nel web. Da una parte digital divide e banda larga hanno ancora tanta strada da compiere nella provincia e su per le valli industrializzate. Dall’altra le cyber minacce si annidano pronte a rubare identità personali o dati sensibili delle manifatture. Sono pericoli di cui occorre essere consapevoli, conoscendoli si possono combattere. In associazione ci sono i sostenitori accaniti del ‘guardiamo avanti’, da Saverio Gaboardi delegato per l’innovazione e la ricerca a Giancarlo Gervasoni, presidente del settore terziario i quali, con il docente di Ingegneria Marco Perona, hanno preparato il simposio. Ma tra gli associati non tutti sono così pronti ai passi lunghi, qualche volta persino più lunghi della gamba. L’informatica ha già ripensato la gestione, per l’ulteriore step, per un rinnovo radicale del modello di business, ci vuole tempo. E’ quanto alla fine emerso dalla tavola rotonda tra Luca Pedrotti di Innovagroup, Paolo Streparava dell’omonina azienda, Angelo


Baronchelli di AB Energy, Sandro Mangiaterra, giornalista del Sole24Ore che ha scritto un libro ‘Creatività high- tech’ in cui peraltro di esempi di casa nostra non ce ne sono. Un’indagine del 2005 metteva in evidenza nel Bresciano una percentuale media del 3% sul fatturato impiegata per l’innovazione, salita negli anni successivi fino al 4.5%: la crisi ha gelato l’entusiasmo ma non lo ha spento del tutto secondo Gaboardi. Ed è proprio nei momenti difficili, a detta di un altro docente Alessandro Perego del Politecnico di Milano, che la strada verso nuovi traguardi va intrapresa. E stavolta la strada è quella dell’Ict, Information and Communication Technology. Teniamo conto che il provider Ericsson, come ha ricordato Silvio Berardi responsabile per l’Europa mediterranea, ha nel suo piano sei miliardi di apparati, computer, tablet, telefonini, che si interconnettono e cinquanta miliardi di oggetti collegati in grado di dare e ricevere informazioni.

Nella foto il tavolo dove hanno partecipato i presidenti, Franco Bettoni (Cdc e Unione agricoltori), Giancarlo Dallera (Aib), Maurizio Casasco (Api), Giuliano Campana (Costruttori), Antonio Petrogalli (trasportatori), Aldo Cipriano (Cia), Carlo Massoletti (Ascom), Piergiorgio Piccioli (Confesercenti), Roberto Lazzari (Cna), assieme a rappresentanti delle altre associazioni.

IL LICEO PER L’IMPRESA Un Liceo Internazionale per l’Impresa a Brescia con l’obiettivo di fornire agli studenti le competenze per eccellere nelle migliori scuole e università del mondo. E’ il nuovo e ambizioso progetto, fortemente voluto dall’Associazione Industriale Bresciana. «Si tratta del primo progetto di questo genere in Italia. Non godrà di alcun finanziamento pubblico, in quanto la sua attività sarà interamente sostenuta da AIB. Sarà aperto a tutti, a prescindere dalle condizioni economiche, poiché desideriamo valorizzare il merito dei giovani. Borse di studio per gli studenti meritevoli e la messa a punto di piani agevolati di finanziamento consentiranno a tutti i giovani con alte potenzialità di frequentare la scuola», ha spiegato il presidente Dallera, ricordando l’intenzione di voler intitolare il Liceo a Guido Carli, illustre economista bresciano in passato governatore della Banca d’Italia. I corsi del Liceo Internazionale, che avrà inizialmente tra i 20 e i 30 iscritti, cominceranno con l’anno scolastico 20122013. Il percorso formativo, che prevede fin da subito materie insegnate in lingua inglese, avrà durata quinquennale, ma si prevede tuttavia la possibilità di concentrarlo in un quadriennio (2+2) per gli studenti in condizione di richiedere l’anticipo per merito. Nei primi due anni la preparazione spazierà dall’ambito scientifico-tecnologico, all’economico-giuridico e alla cultura generale, mentre nel secondo biennio verranno fornite abilità e competenze complesse pluridisciplinari, attinenti con l’indirizzo prescelto e con il curriculum maturato. Per raggiungere una preparazione d’eccellenza, ogni studente verrà seguito e consigliato da un tutor. Non mancherà l’esperienza, fin da subito, in azienda grazie a stage e summer job.

RILANCIO BRESCIANO: IL PROGETTO Aib, Apindustria, Confederazione Artigianato, Associazione artigiani, Confederazione nazionale artigianato, Confesercenti, Confcommercio, Confederazione italiana agricoltori, Unione provinciale agricoltori, Confcooperative, Legacoop, Collegio costruttori, edili, Federazione autotrasportatori italiani. Tredici associazioni rappresentative del mondo economico bresciano hanno firmato un documento con le ‘Proposte per il rilancio del sistema provinciale’. Danno voce a 121mila imprese, con oltre 50mila addetti; generano un valore aggiunto di 35 miliardi e mezzo, pari al 12% di quello lombardo, al 2,5% di quello italiano. Sono richieste avanzate da tempo ma tutti stavolta hanno posto l’accento sull’unitarietà a poco a poco costruita prendendo come riferimento la Camera di commercio. L’ultima ad aggiungersi è stata Apindustria col neo presidente Maurizio Casasco. Ci sono ancora sigle che mancano, la più grossa la Compagnia delle opere, ma anche Coldiretti. La situazione è grave e urgente, i tavoli istituzionali, come quello che si riunisce periodicamente in prefettura, non bastano più ai tredici presidenti che invieranno il documento sottoscritto alle autorità locali e nazionali, alle loro sedi centrali e ai parlamentari bresciani accusati di non fare lobby in favore del territorio. Alla politica di casa si chiede di non imporre nessuna nuova tassa o comunque di mantenere basse le aliquote. Si chiede di privatizzare le aziende non erogatrici di servizi essenziali e di dimezzare i compensi degli amministratori delle società pubbliche, specialmente quelle con i bilanci in passivo. E, al di là del patto di stabilità, gli enti devono trovare forme di pagamento più celeri e certe dei lavori effettuati. Alle banche si lancia un ennesimo appello a sostenere le aziende, a finanziare l’internazionalizzazione e l’innovazione, mentre si suggerisce la patrimonializzazione dei Confidi. Il tasto delle infrastrutture non viene dimenticato, è un chiodo su cui l’apparato economico batte da anni, e i nodi sono sempre i medesimi, dall’aeroporto alle autostrade, agli impianti intermodali. Richieste sono indirizzate pure al livello associativo nazionale e alla Cdc per un impegno potenziato in tema di accompagnamento verso i mercati esteri, in tema di formazione e di ricerca in rapporto con le università. E anche in occasione di Expo 2015. “Al riguardo le associazioni dovranno garantire tutte le informazioni, mentre un ruolo determinante deve essere svolto dalla Camera di commercio per il coordinamento e la valorizzazione delle notevoli potenzialità economiche, culturali, sociali della nostra provincia”. M.B.

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economia

Italiani

“Povera” Gente

Economia criminale, economia sommersa. Fatture non emesse, bilanci camuffati. Il risultato? Lo Stato italiano perde ogni anno circa 180 miliardi di entrate. Del resto a dichiarare al fisco più di 100 mila euro è lo 0,95% dei contribuenti

di Leonardo Wesendorf

L’

Italia si conferma paese in cui l’evasione viaggia su cifre record che superano i 100 miliardo annui e dove intere categorie professionali dichiarano redditi da fame. Chi denuncia redditi sopra i 100 mila euro appartiene alla risicata fetta del 0,95% dei contribuenti. Calcolando che i contribuenti nel Belpaese sono 42 milioni, il ministero dell’economia e della finanza ha affermato che in media ogni contribuente non dichiarerebbe 2.093 euro. Nel 2010 l’evasione

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italiana è cresciuta del 13,1% secondo le stime proposte dall’associazione contribuenti italiani sulla base dei dati raccolti dalla Krls Network of business ethics. Il volume complessivo del non-dichiarato arriva a quota 180,3 miliardi di euro pari al 51,1% di imposte sottratte all’erario. Entrando nel merito, emerge il ruolo massiccio svolto dall’economia criminale: in Italia mafia, camorra e organizzazioni straniere - sempre più presenti anche nelle zone del Nord - producono un’evasione di 78,2 miliardi. Il secondo fattore riguarda invece l’esercito di lavoratori in nero che costituiscono la cosiddetta economia sommersa. Si calcola che sul territorio dello Stivale ci siano circa 850 mila persone che, pur avendo un posto fisso, svolgono una seconda attività – in nero -, pratica accentuata dalla crisi economica nazionale. Il buco causato all’erario


ammonta a 34,3 miliardi. La terza voce riguarda le imprese, escluse quelle di grandi dimensioni. Il 78% dichiara redditi negativi o sotto i 10 mila euro. L’ammanco arriva a quota 22,4 miliardi. Per le grandi imprese il discorso è diverso: in molti casi chiudono con conti in rosso oppure si avvalgono di società controllate, poste in Paesi con regimi fiscali più “morbidi”. In questo caso, al fisco vengono a mancare 37,2 miliardi. Poi si aggiungono i lavoratori autonomi e i commercianti che non emettono fatture, ricevute o scontrini fiscali. Dal 1993 al 2007 la quota pagata sul totale delle imposte riscosse è sceso dal 13,2% al 5% per gli imprenditori e dal 7,6 % al 4,2% per i liberi professionisti. Può aiutare a inquadrare il problema uno studio di Bankitalia secondo il quale: «la ricchezza media di un lavoratore dipendente è 122 mila euro, quella di un lavoratore autonomo, imprenditore o libero professionista è 290 mila euro».

NUOVI STRUMENTI Tra gli strumenti efficaci alla lotta all’evasione – a fianco degli accertamenti operati dalla Guardia di Finanza – esistono misure volte a incentivare i pagamenti elettronici (la cui tracciabilità è scesa alla soglia dei 2.500 euro) e il cosiddetto “contrasto di interessi” ossia favorire situazioni in cui ai cittadini conviene chiedere scontrino o fattura per ottenere una deduzione delle spese sostenute. Esempi meritori sono le detrazioni fiscali del 36% sulle ristrutturazioni edilizie e del 55% per gli interventi che migliorino l’efficienza energetica.

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L’Italia è uno dei sei paesi – se si considera l’Europa a 27 – in cui la pressione fiscale è cresciuta di quasi 2 punti tra il 2000 e il 2009, mentre negli altri 21 è calata. Questi i dati di Confesercenti. Secondo la graduatoria Ocse, aggiornata al 2010, l’Italia sale sul terzo gradino del podio come pressione fiscale con il 43,5% (sul Pil), alle spalle di Danimarca (48,2%) e Svezia (46,4%) dove è tuttavia molto diversa l’efficienza della macchina statale e maggiore la qualità dei servizi pubblici a disposizione del cittadino.

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Son tornata. PAROLA DI LODOÌGA La Lodoìga è tornata in piazza Loggia. La statua di marmo del ‘500 dopo lungo peregrinare è stata posizionata sotto al portico del palazzo comunale vicino al luogo in cui sorgeva in origine. I bresciani hanno ritrovato un’amica

di Paola Castriota

«

Sono tornata a casa, nella mia piazza. Guarda che bella gente passa davanti alla Loggia. Ma dove sono finiti i cilindri neri dei gentiluomini? E le donne con le vesti ricamate e i corpetti stretti stretti? Ne sono cambiate di cose dall’ultima volta». Se avrete la benevolenza di fermarvi davanti alla grande statua posta sotto al portico di piazza Loggia, potrete anche voi “sentire” i pensieri della Lodoìga, l’amica della gente che passeggia nel foro del comune bresciano. Lei, la statua nata nel ‘500, è finalmente tornata a casa. Certo, il posto non è esattamente quello in cui è nata tanti anni fa: all’inizio la nostra amica vegliava sul brulicante ritmo del vivere cittadino vicino al primo pilastro del portico partendo da sinistra. Ma va bene comunque. Lei è felice ugualmente perché dal mese scorso è tornata vicina ai suoi bresciani e ai turisti e può anche rimettersi a dialogare con i suoi migliori amici: i due Macc dele ure, i ragazzotti che a colpi di mazza suonano la grande campana collocata a poche centinaia di metri di distanza dalla Lodoìga. Come nella migliore delle storie, la nascita della statua è avvolta nel mistero, ma una cosa è certa: la grande donna di marmo è diventata nel tempo paziente amica, discreta confidente e materna protettrice dei cittadini. E pensare che negli anni si era trasformata

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anche nella voce dei bresciani che erano soliti appiccicarle addosso fogli anonimi e bigliettini di satira politica. Lei li accettava di buon grado perché ai suoi bresciani ha sempre voluto bene. Si tratta di una questione di arte, storia, amicizia ma anche di fede perché la Lodoìga in origine portava nella mano destra un calice di marmo e nella sinistra una croce probabilmente di legno. Poi si sa, le epoche successive sono sfociate in moti turbolenti come quelli fortemente anticlericali dell’Ottocento napoleonico. E così la nostra Lodoìga è stata spogliata delle sue “virtù” iconografiche. Ma lei non se l’è mica presa. No di certo. Non ci ha nemmeno pensato di smettere di amare la propria città e i suoi abitanti e dopo lungo peregrinare è tornata lì, nella sua piazza Loggia. L’amica di tutti, la grande e materna Lodoìga ci ha dimostrato che alla fine avere speranza, o fede, ripaga sempre. Bentornata amica dei bresciani.


storia

DET TAG LIO

Un particolare della mano destra della statua che in origine stringeva al petto un calice, simbolo della fede cristiana. Nella mano sinistra invece pare che la Lodoìga cingesse una croce in legno. Entrambi i simboli sono andati perduti.

CURIOSITÀ La statua della Lodoìga per oltre trecento anni - dal ‘500 al 1874 - rimase affacciata su piazza Loggia. Poi venne fatta sostare in vari luoghi fra cui i Civici musei e la sede universitaria di Santa Chiara. La Lodoìga a breve dovrebbe essere raggiunta anche dal tanto annunciato reintegro del Bigio in piazza Vittoria. Per tornare definitivamente all’origine manca solo un “pezzo” al foro di piazza Loggia: la colonna con il leone di S. Marco andata distrutta in epoca giacobina e sostituita dal monumento alla Bella Italia.

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Lo

che

sapevate S

ono numerosi gli edifici che superano i 100 metri d’altezza in Italia, primo dei quali, in ordine temporale, la Torre Piacentini progettata dall’omonimo architetto, terminata nel 1940 a Genova, che conserverà il suo primato, inizialmente anche europeo, fino al 1960. Dal punto di vista strutturale il primo grattacielo costruito in Italia è stato però il Torrione, sempre di Marcello Piacentini: completato a Brescia nel 1932, rappresenta un adattamento del progetto uscito perdente al concorso per la Chicago Tribune Tower del 1922. I suoi 13 piani - uno in più del primo grattacielo di Chicago, l’Home Insurance Building del 1885 - raggiungono i 57 metri d’altezza. Un numero del 1932 della rivista settimanale L’illustrazione italiana lo indicava come il più alto edificio in cemento armato d’Europa.

1932

I due edifici a confronto. A sx il nostro grattacielo del 1932 alto 57 metri e primo edificio dell’epoca più alto in Europa. A dx il progetto del Chicago Tribune Tower del 1922, dove Piacentini ha preso lo spunto per costruire il nostro “Torrione” di Piazza Vittoria

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1922


The Two Mile High Tower Architettura realizzata dal designer Eugene Tsui (nella foto), The Two-Mile-High è il progetto per la costruzione dell’edificio più alto del mondo mai realizzato. Una torre alta 2 miglia ossia 3,2 chilometri. Ideata per alleviare il congestionamento delle nuove metropoli, tramite la realizzazione di un’ecocostruzione in linea con l’ambiente sia per materiali costruttivi che per l’impatto ambientale, la torre invece di sfidare il vento, con forme minimaliste, spigolose e lineari, come gli attuali grattacieli più alti del mondo, ricorda i terrapieni tipici delle termiti. Totalmente basata sull’arcologia, ovvero il concetto di un enorme edificio dall’altissima densistà abitativa in grado di mantenere autonomamente una propria ecologia ed ecosistema interno, il progetto si basa sulla vita di alberi e piante, e sulla realizzazione di laghi artificiali. Tutto questo grazie all’energia rinnovabile della forza del vento, alle cellule fotovoltaiche in grado di sopperire al fabbisogno complessivo energetico, all’approvvigionamento idrico autonomo ed al sistema di illuminazione naturale basata su un sistema di specchi riflessi. Tutto interessante, ma per ora si attende un finanziatore.

1885 Home Insurance Building del 1885 è stato superato in altezza per la prima volta nella sua storia dal Torrione bresciano

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musica

Gói de cöntàla Un progetto nato undici anni fa e creato a quattro mani da Cristian Delai, cuore e mente di Palcogiovani, e il mitico Charlie Cinelli, cantautore bresciano doc

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uando è nato il progetto “Palcogiovani”? Undici anni fa durante un faccia a faccia con Charlie Cinelli nella vecchia sede di Borgo Trento al numero 56. Lui mi disse che avrebbe seguito volentieri la parte artistica e Palcogiovani avrebbe dovuto pensare al resto e così si partì.

Per chi, pochi ne siamo certi, non conoscesse la realtà “Palcogiovani”, come la descriveresti in poche parole? Palcogiovani nasce dall’idea di lavorare sulle potenzialità dei giovani pensando così di valorizzare un’età rischiosa se passata nell’ozio e nella mancanza di ideali. Un progetto socio educativo più che culturale. Il punto centrale restano gli eventi che organizziamo per mettere in risalto le capacità dei giovani. Quest’anno preziosa è stata la collaborazione proprio di un musicista che ha partecipato al disco Goi de contale, il cantautore di Rezzato, Sergio Minelli, ed è stata fondamentale la collaborazione con l’associazione Diffusione Arte che ha seguito la parte di stampa e tutta la burocrazia nonché Antonio D’Alessandro un barese che crede molto in questo progetto canoro perché ama pensare che si possa condividere un progetto solo per la bellezza di farlo senza secondi fini. A chi fai gli auguri di Natale? Gli auguri vanno fatti a tutti gli uomini onesti che ancora ci sono: resistete anche se essere una minoranza costa tanto. Farei gli auguri anche al Natale: non mercifichiamolo. Il Natale dovrebbe essere un momento di forte interiorità. Un augurio che questa parte non svanisca per sempre.

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musica

CANTÓMCRISMAS Piergiorgio Cinelli. Classe 61, voce profonda e battuta sempre pronta, esperto di parodie, canta e suona cover famose riscritte in dialetto bresciano. Sul palco il mix giusto tra musica e comicità in uno spettacolo che ogni volta cambia forma. Attualmente è impegnato nella preparazione del suo spettacolo natalizio

di Emanuele Sciarra

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ome e quando nasce il tuo percorso musicale? Ho cominciato a cantare a quattro anni nel coro della parrocchia di Sarezzo, ci volevo andare a tutti i costi perché mi piacevano le tuniche da coro gospel. A sei anni ho vinto il mio primo e unico concorso canoro, il premio era un sacchetto gigante di caramelle che ho diviso con i “coristi” che mi accompagnavano. A otto cantavo Scende la pioggia di Morandi. Il resto è praticamente attualità. Quali sono le formule con cui ti proponi al pubblico? Nella maggior parte delle mie esibizioni canto e suono la mia mini chitarra da solo. D’estate, fortunatamente, ci sono più occasioni per cantare con una formazione più completa, così posso alternarmi tra il trio acustico (insieme alla fisarmonica di Andrea Bettini e al contrabbasso di Fausto Ongarini ndr) e il Qui Quo Quartet (oltre ai citati Andrea e Fausto, si aggiungono Alessandra

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Nova al violino, Elena Laffranchi alla viola e Claudio Azzini al violino ndr). Per tutto il 2011 sei stato impegnato nel “Titanic tour”. Puoi raccontarci questa esperienza? Devo dire che le serate con il Qui Quo Quartet che in realtà è un sestetto - con il quale abbiamo affrontato il Titanic Tour, sono quelle che mi danno più soddisfazioni. Le sonorità degli archi mescolate alla chitarra e alla fisarmonica per accompagnare le mie canzoni, per lo più parodie di brani famosi, danno un’idea nuova, originale, soprattutto se si considera che il mio repertorio è quasi esclusivamente in dialetto bresciano. Sonorità nobili, dunque, per una musica di tradizione pop, per non dire popolare. Anche il pubblico apprezza molto questa contaminazione, anche perché probabilmente non s’aspetta di ridere mentre ascolta dei violini ordinatamente disposti sul palco. Sei in fase di pubblicazione del lavoro di Natale. Puoi darci qualche anticipazione? Di cosa si tratta? Il lavoro di Natale riprende un concerto che Daniele Gozzetti ed io abbiamo preparato lo scorso anno per la rassegna Natale nelle pievi. Si tratta di un concerto di canzoni natalizie, alcune nostre originali, altre versioni dialettali delicatamente


parodistiche di famosi brani natalizî, tradizionali, ma anche di classifica. Pubblicheremo a breve un album che raccoglie dodici di questi brani. Si intitola, come lo spettacolo, “Cantomcrismas”, giusto per sottolineare ancora una volta le intersezioni tra le varie lingue, e verrà presentato sabato 10 dicembre a Brescia, all’Istituto musicale “Ottava”. Progetti e sogni per il 2012? Hai mai pensato ad un album di canzoni inedite, scritte da te? Magari cantato in italiano? Sì, ho pensato spesso, se non proprio ad un album, almeno a canzoni mie in italiano. Pian piano, tra le molte serate e i vari impegni musicali che si susseguono, sto riuscendo a mettere giù qualcosa, con un unico solo vincolo: riuscire a scrivere canzoni allegre, divertenti che non siano solo stupide o banali. Molto spesso collabori con altri artisti bresciani. Recentemente hai condiviso progetti con qualcuno? Quanto è importante per te avere “contaminazioni”? Beh, delle contaminazioni ho già detto qualcosa prima. Aggiungo: sono fondamentali per imparare, per condividere, per crescere o anche solo per risvegliare gusti musicali sopiti o solo sfiorati in passato. Penso, per esempio, alla collaborazione che è nata e che porterà alla pubblicazione di un disco con Dellino degli Italian Farmer. Io ci metto la parte melodica, i ritornelli, e lui ci mette quello che gli riesce benissimo, il rap. Anche qui brani originali e qualche canzone famosa, doverosamente riveduta e scorretta (non è un errore, proprio scorretta ndr). Di certo accomunare te e Charlie è abbastanza automatico. Sappiamo però che siete due artisti ben distinti. Puoi fare un paragone per tracciare le differenze tra te e tuo fratello? Probabilmente la stessa differenza, con le dovute cautele, che c’è tra Michael Jackson e uno dei suoi fratelli, tra Paolo e Giorgio Conte, tra DeGregori e Luigi Grechi, tra Gigi e D’Alessio, tra Paola e Chiara, tra il dire e il fare, di a da con su per tra e fra. A parte le scemenze, Charlie è un musicista come ce ne sono pochi, gli dai un qualsiasi strumento e poco dopo lo

suona come lo suonerebbe un normale musicista dopo qualche giorno. Infatti da sempre fa il musicista di professione, io da tre, quattro anni, prima era un secondo lavoro, prima ancora una passione. Qualcosa in comune abbiamo di sicuro, probabilmente i certificati di nascita in comune a Sarezzo. I geni, con una i sola, per carità, sono quelli, per buona pace dei nostri familiari. Oggi il mondo della musica è una giungla. Quali ostacoli incontri nel tuo lavoro? Cosa significa per te fare l’artista di musica dialettale? Avresti dei consigli per chi inizia la propria carriera? Come penso e dico spesso, io sono un privilegiato e ne sono ben consapevole. Prima di tutto perché posso vivere di un lavoro che mi piace. Canto e suono spesso, quando qualcuno a fine serata mi dice: «Ti devo proprio ringraziare perché mi hai fatto passare due ore spensierate, per due ore sono riuscito a non pensare ai problemi, alle difficoltà di tutti i giorni» mi dà l’energia, la forza di continuare a cantare, a scrivere sempre meglio. Essere un cantante di musica dialettale ha un limite fisico, evidente. A parte Brescia, Bergamo e qualche piccola zona nelle altre province limitrofe, non c’è quasi altra possibilità di esibirsi. Questo è un altro dei motivi per cui non solo sto scrivendo cose in italiano, ma sto anche provando a tradurre in italiano, alcune delle mie canzoni. Per chi volesse conoscere il calendario del tuo nuovo tour, per chi volesse saperne di più su Piergiorgio Cinelli, dove possiamo trovarti? Ho un sito. Come dico spesso, a forza di sentirmi dire “fa sito, fa sito” ho finito per farmi un sito per davvero! www.piercinelli.it e poi pubblico su Facebook le mie serate, oltre a qualche ameno spezzone di improbabili videoparodie. Sto cominciando ad addomesticare anche Twitter. Piergiorgio, lascia un tuo augurio natalizio in dialetto per i lettori di Panorama Bresciano. Cantomcrismas!

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società

INTERNET TIRANNO Per il secondo anno consecutivo è stata proposta la candidatura di Internet al Nobel per la pace alla luce della capacità dei social network e dei blog di diffondere libertà e democrazia nei regimi dittatoriali. Ma c’è chi non è d’accordo.

E

se internet non fosse un propagatore di democrazia, ma un subdolo strumento alla mercé delle propagande dittatoriali? Del resto uno dei pilastri su cui si basa il concetto stesso di Rete è la libertà di inserire informazioni nel rispetto del codici di comportamento che gli internauti devono rispettare, ma questo non vieterebbe ai regimi oppressivi di inserire false notizie o censurare siti “pericolosi” per gettare cenere sui focolai degli attivisti in cerca di democrazia. Secondo il blogger/ricercatore alla Stanford University, Evgenij Morozov, internet sarebbe oggetto di strumentalizzazioni da parte dei dittatori con buona pace di chi crede invece nel potere della Rete di diffondere il “virus” della democrazia. Morozov è convinto che la Primavera araba, nata dal movimento verde iraniano sia

stata innescata da un insieme complesso di fattori che hanno creato le condizioni favorevoli al rovesciamento delle varie dittature nordafricane. Insomma per il ricercatore della Stanford la tecnologia ha svolto un importante ruolo di mobilitazione, ma solo perché l’atmosfera era già propizia. «La Primavera araba» ha sottolineato Morozov «ha svelato anche fino a che punto si spinge la complicità delle aziende occidentali, che non si sono fatte scrupolo di vendere sofisticati sistemi tecnologici di sorveglianza e censura ai regimi più odiosi del pianeta; ha smascherato quanto sono abili i governi autoritari a oscurare del tutto internet, grazie a un semplice interruttore “kill-switch”; ha messo il dito sulle clausole legali di siti come Facebook, tanto aberranti quanto inefficaci, che hanno imposto ai dissidenti egiziani e tunisini di registrarsi con i loro veri nomi, anziché pseudonimi per poter accedere ai servizi, pena la cancellazione del sistema». Insomma, come spesso accade quando si parla di progresso tecnologico, non si può puntare il dito contro lo strumento, ma è necessario concentrasi sull’uso che ne viene fatto. L.W.

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società

FINCHÉ SMARTPHONE NON VI SEPARI Tradimenti che corrono sul filo della Rete. Software che avvertono quando il coniuge fedifrago è in azione. Spionaggio su cellulari e computer degni del migliore agente segreto. Nell’era moderna tutto è tecnologico. Anche le corna.

di Paola Castriota

I

n passato erano una traccia di rossetto sconosciuto sul colletto della camicia del marito oppure un rasoio o un indumento intimo maschile –altrettanto sconosciuto–e trovato per caso in bagno o sotto al letto. Ma le cose sono cambiate nel tempo, di pari passo con l’evoluzione tecnologica: prima si è passati alle e-mail, poi agli sms e

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infine ai social network tanto che adesso chi viene colto in flagrante tramite il semplice messaggino sul cellulare viene quasi visto come un preistorico del tradimento. Adesso sono in funzione nuovi meccanismi per tradire e per essere “beccati”: Facebook, Twitter, Messenger. Una cosa è certa, il telefonino rimane lo strumento sfasciafamiglie per eccellenza. Oggi giorno bonificare il proprio cellulare da qualsiasi traccia compromettente è diventato un vero e proprio secondo lavoro sia per i traditori occasionali che per quelli abituali. Secondo una recente analisi condotta dalla Astra Ricerche sarebbe 1 milione e 700


LEI LUI

SMS PERI COL OSI

do di restare nu Sono stanco ne se o nd ua Q sul balcone. ? va tuo marito le, solare, Sei passiona telligente. in e a simpatic amo la notte di Quando ci ve il ma, sei tutto vola. Insom lie. og m ia m di contrario n hai perso Tranquilla no iamato ch il beauty. Ha siamo stati i cu in o rg l’albe e che l’hai ic D . nd nel weeke . là dimenticato

Sono in cinta. D ic marito che è su o a mio o? Mio ma rit boxer s o ha trovato i ott Gli ho d o al suo cuscin ett o. regalo a o che erano u n sorpres a. Non po ssia a casa m mo più veder ci ia stato lic . Mio marito è enziato e se si ce figurati rca pigrone un lavoro! Q ue starà in giorno! casa tu l tto il Da ogg i vediam sempre oci da te.

COSA DICE LA LEGGE mila il numero di italiani che utilizzano questi luoghi di incontro virtuali per consumare il peccato oppure concordare ora e luogo del tradimento fisico. Ma lasciamo aperta la discussione, spinosa e complessa, sul grado di gravità del tradimento virtuale e di quello carnale. Ciò che interessa è sapere che Facebook in America è diventato la fonte principale di prove per due terzi degli avvocati. Quattro legali su cinque ammette che il proprio cliente decide di divorziare dopo aver scoperto, sulla piazza virtuale più famosa al mondo, i tradimenti del coniuge. «In Italia» spiega Gian Ettore Gassani, presidente degli Avvocati matrimonialisti italiani «è a discrezione del giudice ammettere o no come prova una informazione acquisita illegittimamente». In genere si parte da Facebook, da sms o da chat per cominciare una vera investigazione e farsi trovare pronti per cogliere in castagna il fedifrago. Ma attenzione: non tutte le infedeltà possono essere punite da un giudice che, caso per caso, dovrà valutare se il tradimento è stato fonte o conseguenza di una crisi matrimoniale.

«Se uno dei partner fruga sul telefonino senza il consenso dell’interessato viola la libertà di corrispondenza. Lo stesso vale se si legge la posta elettronica o una conversazione in chat» spiega Francesco Pizzetti dal 2005 presidente dell’Autorità garante della privacy. Del resto l’articolo 15 della Costituzione parla chiaro: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”. Dunque chi spia il partner leggendo il suo telefonino e le e-mail viola sia la carta costituzionale, sia l’articolo 616 del codice penale dedicato alla violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza rischiando pene di una certa entità: leggere la corrispondenza implica una pena fino a un anno di reclusione e una multa da 30 a 516 euro. Rivelarla ad altri può comportare una reclusione fino a sei mesi e una multa da 103 a 516 euro. Chi installa apparecchiature elettroniche per spiare il partner rischia da uno a quattro anni di carcere. Per l’avvocato Annamaria Bernardini de Pace, uno degli avvocati matrimonialisti più esperti in Italia, leggere la corrispondenza del partner è sì reato, ma di fronte alla violazione dei doveri coniugali (tra cui la fedeltà) ogni arma è lecita e «per la difesa questo non è difficile da argomentare».

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L’INFRAROSSO AL SERVIZIO DELLE AZIENDE PREVENIRE E’ MEGLIO CHE CURARE: scopri il problema prima che diventi un guasto EFFE EMME Costruzioni s.r.l., con il suo personale altamente qualificato offre un supporto indispensabile alle Aziende per la risoluzione dei problemi di installazione, gestione, manutenzione e conduzione di utilities industriali e complessi immobiliari La Termografia a infrarossi è divenuta il più valido strumento diagnostico per la manutenzione predittiva. Rilevando anomalie solitamente invisibili ad occhio nudo, la termografia ad infrarossi permette di intraprendere azioni correttive prima che si verifichino costosi guasti ai sistemi. Le termocamere sono strumenti eccezionali per determinare dove e quando sia necessaria la manutenzione, poiché le installazioni elettriche e meccaniche mostrano spesso un innalzamento della temperatura prima di subire un guasto. Scoprire questi punti caldi con una termocamera rende possibile intraprendere azioni preventive. Questo può evitare costosi fermi di produzione o, ancora peggio, incendi. Una termocamera è un affidabile strumento senza contatto in grado di rilevare e visualizzare la distribuzione della temperatura di intere superfici di macchinari e dispositivi elettrici, in modo rapido e preciso. Cosa è la termografia Ogni corpo emette una radiazione elettromagnetica che dipende dalla propria temperatura; misurando questa radiazione tramite le termocamere può essere così ricavata la temperatura del corpo senza alcun contatto fisico. La termografia è quindi una metodologia di indagine assolutamente non invasiva. Sicurezza Prevenire un guasto in un quadro elettrico significa anche incendi, folgorazioni e danni alle persone. Servizi Innovativi evitare Tecnologici Vantaggio economico La possibilità di valutare un processo produttivo durante il suo funzionamento individuando preventivamente possibili anomalie, garantisce all’utente un notevole vantaggio che si traduce in termini economici. Capita spesso di trovare grazie alla termografia un componente elettrico o meccanico difettoso che può essere sostituito Dall’alto in basso: o riparato con meno di 100 €. Se l’elemento difettoso non Analisi di un quadro a bassa tensione con fosse individuato, il costo degli eventuali danni provocati anomalia termica Analisi di una spina di derivazione su dallo stesso ai macchinari potrebbe raggiungere anche blindosbarra con anomalia decine di migliaia di Euro. Analisi di trasformatori e collegamenti

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Ispezione di una sheda elettronica

Immagine di relä in bassa tensione

Analisi termica di un motore elettrico in funzione

Incendio di un quadro

RISPARMIO ANNUO RAGGIUNTO GRAZIE ALLA TERMOGRAFIA

prima dell’introduzione della termografia

dopo l’introduzione della termografia

67

7. $

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14.300

n° di rotture annue

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costi a rottura

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469.000

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costo di manutenzione costi totali risparmio dopo la analisi annuo termografica Nella tabella è riportato il calcolo del notevole vantaggio economico che la termografia ha apportato all’azienda UPS, leader mondiale nel trasporto espresso merci.

Alcuni esempi di applicazione della termografia in campo industriale Sistemi elettrici ad alta e media tensione Tra gli esempi di guasti che sono rilevabili con le termocamere nelle installazioni ad alta e media tensione vi sono: Ossidazione di interruttori ad alta e media tensione Surriscaldamento dei collegamenti Fissaggio imperfetto dei collegamenti Guasto di isolatori Sistemi elettrici a bassa tensione Tra gli esempi di guasti che sono

rilevabili con le termocamere nei dispositivi a bassa tensione vi sono: Collegamenti ad alta resistenza Corrosioni dei collegamenti Danneggiamenti del fusibile interno Guasti interni agli interruttori automatici Collegamenti inefficienti e danni interni Installazioni meccaniche Tra gli esempi di guasti meccanici che sono rilevabili con le termocamere vi sono: Problemi di lubrificazione

Disallineamenti Motori surriscaldati Rulli a temperature sospette Sovraccarico delle pompe Assali dei motori surriscaldati Cuscinetti caldi Condutture Tra gli esempi di guasti in tubazioni che sono rilevabili con le termocamere vi sono: Perdite in pompe, tubi e valvole Decadimenti di isolamento Otturazione di tubi

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FREGOLI LA BIOGRAFIA

IL NUOVO LIBRO DEL PRESTIGIATORE BRESCIANO ALEX RUSCONI EDITO DA STAMPA ALTERNATIVA CON LA PREFAZIONE DI ARTURO BRACHETTI

Dopo tre anni di lavoro vede la luce il nuovo libro di Alex Rusconi, un saggio storico che ripercorre la vita e la carriera di uno dei più interessanti personaggi dello spettacolo a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo: Leopoldo Fregoli. Attore, cantante, compositore, pioniere del cinema e della radio, Fregoli è passato alla storia soprattutto come inventore del ‘trasformismo’, arte della quale è stato Maestro insuperabile e imitatissimo. Suo degno erede è, ai giorni nostri, Arturo Brachetti, considerato universalmente il più grande attoretrasformista del mondo che, non a caso, ha scritto la prefazione del libro (impreziosito anche da un ‘omaggio’ a Fregoli di Dario Ballantini, attore multifaccia di “Striscia la notizia”). Su Leopoldo Fregoli non era mai stato scritto un libro biografico in italiano, se si eccettua la sua autobiografia data alle stampe nel 1936. A questa amnesia storica pone rimedio questo lavoro di Alex Rusconi, un viaggio nel tempo che ci accompagnerà dalla nascita alla morte e oltre, in un percorso affascinante che ci restituirà il piacere di conoscere da vicino gli anni d’oro del teatro e i grandi protagonisti del tempo. Eleonora Duse, Gabriele D’Annunzio, Ermete Zacconi, Eugenio Montale, Trilussa, Papa Pio X, i fratelli Lumière, Georges Méliès, Sarah Bernhardt sono solo alcuni dei personaggi le cui vite si sono incrociate a quella di Fregoli, spesso con risultati sorprendenti. 300 pagine e oltre 100 fotografie per rivivere un passato che non è poi così lontano.

Alex Rusconi FREGOLI LA BIOGRAFIA prefazione di Arturo Brachetti ed. Stampa Alternativa Nuovi Equilibri pagine: 304 (115 illustrazioni) prezzo: 18,00 euro

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CIANO FIABE CLASSICHE IN BRES PER LA PRIMA VOLTA LE ANEVE NC CON GLI STIVALI E BIA CENERENTOLA, IL GATTO

Testi di Mario Castriota Illustrazioni di Michele Mor Edizioni LE AMAZZONI

CENERÈNTOLA

G

h’éra na ólta ‘n bù òm ché ‘l ghìa ciapàt en secónde spùze na moér chè la sè dàa tàte dè chèle àrie chè s’éra mai vést. La ghìa dò fiöle en töt e pèr töt compàgn dè lé, catìe e malmustùze cóme chèla bröta fómna dè la sò màma. A l’encontràre ‘l marìt el ghìa na s-cèta isé bùna e isé dólsa chè l’è emposìbil chöntàla. La ghìa ciapàt chèste bùne maniére da la sò màma chè l’éra stàda la piö bràa fómna dè chèsto mónd. Sűbit spusàcc, la madrégna la ga ambiàt i sò spropòzet. La pudìa mia mandà zó ‘l mèret dèla zùena, chè fàa deentà amò piö udiùze lè sò fiöle. La ga dat lè encombènse e lè mansiù piö bàse e ordenàre dè la ca: ghè tocàa a lé laà i piàcc e snetà lè scàle, scuà ‘l paimènt nèla stànsa dèla siùra e dèle siorìne sò fiöle, la durmìa söl solér, nel granér, ensìma a ‘n stras sö la pàia trìda, en chèl chè lè sorèle lè ghìa stànse còi paimèncc entarsiàcc, lècc a l’öltema mòda e spècc dóe lè sè ardàa dal có ai pè. La pòera s-cèta la patìa töt cò la pasiènsa, gnach la olsàa lamentàs còl bubà, sedenò lűche l’arès rezentàda, confórma ché ‘l sè fàa comandà a batèca da la moér. Finìt el sò mestér, la sé mitìa en bànda al camì e la sè sintàa zó sö la sèner, isé en cà i la ciamàa Cuciolóna. La

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CENERENTOLA Cera una volta un gentiluomo il quale in seconde nozze si pigliò una moglie che la più superba non s’era mai vista. Aveva costei due figlie che in tutto e per tutto le somigliavano. Dal canto suo, il marito aveva una figlia, ma così dolce e buona che non si può dire: doveva queste qualità alla mamma che era stata la più brava donna di questo mondo. Subito dopo le nozze, la matrigna diede sfogo al suo malanimo. Non poteva soffrire le doti della figliastra che rendevano ancor più odiose le figlie sue. La incaricò dei più umili servizi della casa: toccava a lei lavare i piatti e spazzar le scale, stropicciare l’impiantito in camera della signora e delle signorine figlie, dormire in cima alla casa, in un granaio, sopra un misero pagliericcio, mentre alle sorelle erano assegnate camere con pavimenti intarsiati, letti di ultima moda e specchi in cui si miravano da capo a piedi. La povera ragazza soffriva tutto con pazienza, né osava lamentarsi col padre, perché questi l’avrebbe sgridata, visto che dalla moglie si faceva comandare a bacchetta. Finito il suo lavoro, si metteva accanto al camino e si sedeva nella cenere, in modo che in casa la si chiamava comunemente Cucciolona. La minore delle due

48 pagine 16 tavole ad acquarello


EL GAT CÒI STIÀI

IL GATTO CON GLI STIVALI

Quand chè gh’è riàt la sò ùra, ‘n molinér el ga lasàt ài sò tré fiöi gnènt’óter chè’l sò mulì, ‘l sò àzen e ‘l sò gàt. Isé lè spartezèle1 i è sűbit fàde, gh’è gnà ocorìt del’aocàt e del nodér. Chèi, cóme sucét, i garès maiàt en dè‘n bocù töta entégra la mìzera eredità. El piö grand dèi fradèi el gà it el mulì, chèl dè mèz l’àzen, el piö picinì ‘l gà it sul el gat. Chestoché ‘l riisìa mìa a tignìs dè bu, chè credìa la sò rasiù gràma fés. «I mé fradèi» ‘l disìa «i podrà tirà drit con unùr e scampà ensèma, ma mé, quand garó maiàt el gat e tràt ensèma ‘n manicòt cò la sò pèl, garó dè rasegnàm a mörer dè fam» El gat, chè sintìa chèste ciàcole e finzìa dè mìa preműràsen, ghè dis col műs sorniù e quiét: «Despéret mìa, padrù! Té ta ghét dè fa gnènt’àlter chè troàm ‘n sach e compràm ‘n pér dè stiài pèr nà nel bósch! Po’ té ta edarét chè cò la spartezèla chè t’è tocàt, ta sét mìa stat tat strepasàt2 cóme ta crèdet» Aisebé ‘l padrù del gat el crèt mìa a chèl chè’l dis, en quach fòza ‘l ghìa dè cambià opiniù, chè ‘l ghia ést chè l’éra brào a cùcà i sorèch, talùra a mitìs a pendolù tacàt vià pèr i pè, talùra a parì ‘n mórt, scundìt nèla

Un mugnaio, venuto a morte, non lasciò altri beni ai suoi tre figliuoli che aveva, se non il suo mulino, il suo asino e il suo gatto. Così le divisioni furono presto fatte: né ci fu bisogno dell’avvocato e del notaio, i quali, com’è naturale, si sarebbero mangiati in un boccone tutt’intera la piccola eredità. Il figlio maggiore ebbe il mulino. Il secondo, l’asino. E il minore dei fratelli ebbe solamente il gatto. Quest’ultimo non sapeva darsi pace, per essergli toccata una parte così meschina. «I miei fratelli» diceva «potranno tirare avanti onestamente, menando vita in comune: ma quanto a me, quando avrò mangiato il mio gatto, e fattomi un manicotto della sua pelle, bisognerà che mi rassegni a morir di fame». Il gatto, che sentiva questi discorsi e faceva finta di non darsene per inteso, gli disse con viso serio e tranquillo: «Non vi date alla disperazione, padron mio! Voi non dovete far altro che trovarmi un sacco e farmi fare un paio di stivali per andare nel bosco. Dopo vi farò vedere che nella parte che vi è toccata, non siete stato trattato tanto male quanto forse credete». Sebbene il padrone del gatto non pigliasse queste parole per moneta contante, a ogni modo gli aveva visto fare tanti giuochi di destrezza nel prendere i

Biancanéf e i sèt nàni

BIANCANEVE E I SETTE NANI

‘Na ólta, quand chè l’envéren l’éra quàze pasàt, ma i fiòch dè néf i vignìa amó zó dal ciél compàgn dè piöme, ‘na regìna la cuz sintàda zó en bànda a ‘na fenèstra chè la ga la curnìs dè lègn négher. E nel momènt chè la cuz e la lea i öcc per ardà la néf, la sè sponz ‘n dit e trè góse dè sanch le birùla zó nèla néf. El rós l’è isé bel söl càndet dèla néf, chè la pènsa entramès:” ah,sé ghès dè ìga ‘n pűtì biànch cóme la néf, rós cóme ‘l sanch e négher cóme ‘l lègn dèla fenèstra!” Dè lé a póch la nas ‘na pűtìna biànca cóme la néf, rósa cóme ‘l sanch e coi caèi négher cóme ‘l lègn dèla fenèstra; e isé i la batèza col nòm dè Biancanéf. Ma nel nàser, la regìna la tìra ‘l sgarlèt. Dè lé a ‘n an, el Rè el sé spűza tùrna; el sé marìda con‘na fómna bèla fés, ma piéna pienènta dè àrie; la pöl mìa patì chè vergűna la sìes piö bèla dè lé. La ga ‘n spèc e quand la sè spècia, la dis: ” Spèc, spèc fadàt, en chèl castèl ché, ta ghét fórse té ist na fatèsa piö bèla dè mé?” E ‘l spèc el repét: ” l’è la tò, Regìna, la piö bèla dè töte!” Lé l’è contéta, chè la sa chè ‘l spèc l’è mìa boziàder, el dis sèmper el véro. Ma Biancanéf la diènta grànda, l’è sèmper piö

C’era una volta, nel pieno dell’inverno, quando soffici fiocchi di neve cadevano come piume dal cielo, una regina che cuciva seduta a una finestra dalla cornice nera di legno d’ebano. Mentre cuciva, guardava la neve e si punse un dito con l’ago così tre gocce di sangue caddero sulla neve e il rosso sul bianco risultò così bello ch’ella pensò: «Ah, se solo avessi una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano di questa finestra!». Poco tempo dopo le nacque una figlia che era bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano, così la chiamarono la loro piccola Biancaneve. Purtroppo, la regina morì durante il parto. Un anno dopo, il Re riprese moglie. Sposò una bella donna, ma altrettanto arrogante e orgogliosa, la quale, non poteva sopportare che un’altra la superasse in bellezza. Ella aveva uno specchio magico e ogni mattina vi si specchiava dicendo: Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame. E lo specchio rispondeva: Del tuo regno, regina, la più bella sei tu. E ciò la soddisfaceva poiché sapeva che lo specchio non mentiva. Ma Biancaneve crebbe

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di Claudia Salfa

Elisabetta Canalis

Ilaria Spada

Stanno insieme da un anno e si amano alla follia. Tra poco nascerà il loro bambino, un maschietto. Ilaria Spada, 30 anni, e Kim Rossi Stuart, 42, sono la coppia che non ti aspetti, ma che poi alla fine funziona alla grande. L’ex valletta, ora attrice, partorirà a breve, intanto si gode il pancione e i dieci chili in più insieme all’uomo che una sera a casa di Caterina Balivo le ha rapito l’anima. E’ tornata in Italia! Elisabetta Canalis è sbarcata a Milano direttamente da Los Angeles per partecipare ad alcuni eventi. Intanto è stata paparazzata per le strade del centro, bella ma struccata, elegante in jeans, stivali col tacco e cappottino, intenta a fare shopping. La ex velina ha acquistato abiti firmati, ma lunedì a mezzogiorno sarà in piazza Duomo con la Peta e chissà se per dire no alle pellicce sceglierà di spogliarsi. In viaggio verso l’Italia Eli ha scritto su Twitter: “Ciao ragazzi, sono quasi in Italia (sento già freddo, brrr), non vedo l’ora di rivedere Milano e i miei amici per qualche giorno, oltre che lavorare con le persone di sempre”. Quella a Milano sarà una toccata e fuga, perché il futuro professionale della Canalis è in America. Pare abbia in lavorazione due film e nel nuovo anno parteciperà a uno show a stelle e strisce. Intanto ha deciso di non menzionare più il nome di George Clooney, ora che si accompagna con l’attore-modello Mehcad Brooks. Scelta da Pantene come testimonial, la ex velina parlerà di capelli e doppie punte, ma poi si preparerà all’evento Peta, per la quale si era già spogliata. Per prtestare contro le pellicce la Canalis va ripetendo su Twitter la data dell’appuntamento il 28 novembre a mezzogiorno in piazza Duomo

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Saline

Preferisce le parti alte a quelle basse. Ma Federica Pellegrini non è certo l’unica vip a fare gli scongiuri prima di una gara. Dai bagni di sale della Marini alle farfalle di Lola Ponce, passando per il chiodo storto di Giulio Scarpati e i gatti neri di Emanuele Filiberto “Il metodo antisfiga” di Gian Maria Aliberti Gerbotto svela un superstizioso mondo dello showbiz. A mettere nero su bianco le scaramanzie più segrete è stato il giornalista 39enne che ha raccolto le confessioni dei personaggi più famosi in un libro pubblicato da Aliberti editore. Ed è così che si scopre che se un gatto nero attraversa la strada ad Emanuele Filiberto di Savoia, il Principe è capace d’aspettare delle ore, fermo sul ciglio della carreggiata, che passi qualcun altro a portarsi via la sfortuna. Guai invece a passare il sale di mano in mano se si ha la fortuna di sedersi a tavola con Elisabetta Canalis, o vestirsi di viola se si è anche solo il pubblico di un qualsiasi programma di Carlo Conti, o di verde con Paola Perego nei paraggi. Una puntata di Buona Domenica andò a catafascio solo perché una sua assistente nascondeva sotto i pantaloni un paio di slip di quel colore, sostiene la presentatrice. Isabella Ferrari, il sale scaccia guai, lo mette persino sotto il letto mentre Serena Dandini lo sparge negli angoli dello studio televisivo: “Contro il potere”. E infine c’è anche chi sa toglierlo il malocchio, solo per gli amici più cari però, come fa Moira Orfei. Ad un’incredula Rosa Russo Iervolino invece lo toglieva la suocera, a Pupi Avati che era convinto d’esserne vittima lo levava la moglie del truccatore di scena. Chi invece non ne vuole sapere di sfortuna è Leonardo Pieraccioni: “La mia migliore scaramanzia è quella di non farmi intervistare per i libri sulla scaramanzia”


bellezza

DEPILAZIONE O EPILAZIONE?

La depilazione consiste nell’eliminare il fusto del pelo senza intervenire sulla radice. Può essere attuata con il rasoio (a lama o elettrico) o attraverso creme o saponi depilatori. Questo tipo di depilazione, lasciando in sede la radice, comporta una ricrescita piuttosto rapida e, nel contempo, un visibile ispessimento del pelo. L’epilazione invece consiste nell’estirpare il pelo dalla radice attraverso uno strappo meccanico. Sia che venga utilizzata la cera a caldo o a freddo, sia un epilatore elettrico, il pelo deve avere una lunghezza minima di 4 millimetri per poter essere agevolmente e completamente estirpato. E’ il metodo più efficace per mantenere la pelle depilata a lungo (fino a 2/3 settimane). Il rasoio A lama o elettrico, il rasoio è il metodo più rapido e indolore, ma provoca una ricrescita molto rapida (in genere in 2 giorni). Il rasoio non è idoneo per radere zone particolarmente sensibili (inguine, viso, braccia e cosce) dove è più facile che si formino peli incarniti. I rasoi a lama devono essere sempre utilizzati con l’ausilio di prodotti (schiume, creme o sapone) che agevolino lo scorrimento della lama sulla pelle, in modo da minimizzare la

possibilità di tagli e iarritazioni cutanei. Se invece si utilizza il rasoio elettrico è utile cospargere la pelle, prima della rasatura, di talco. Le creme e i saponi depilatori I cosmetici depilatori sono un metodo indolore e piuttosto rapido, ma meno pratico rispetto al rasoio. Sia le creme che i saponi sono a base di acido tioglicolico che agisce indebolendo la struttura della cheratina, il principale componente del pelo, senza danneggiare o intaccare la radice. L’acido tioglicolico è una sostanza particolarmente aggressiva, non solo per il pelo, ma anche per pelle e unghie per questo motivo è opportuno rispettare i tempi di applicazione del prodotto, in quanto la permanenza sulla pelle per tempi superiori può provocare fastidiose irritazioni. Durante l’applicazione si consiglia di indossare guanti protettivi

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e, a operazione terminata, risciacquare abbondantemente, meglio se con un detergente a pH acido, per ripristinare il naturale pH della pelle. Subito dopo si può applicare una lozione a pH neutro o leggermente acido e dall’azione lenitiva ed emolliente. La ricrescita del pelo sarà, anche in questo caso, visibile nel giro di pochi giorni (4/5). Quando si utilizza il prodotto per la prima volta è opportuno procedere ad una prova di tollerabilità su una piccola porzione di pelle, onde evitare l’insorgenza di fenomeni allergici. E’ meglio rispettare un intervallo di almeno una settimana tra una depilazione e l’altra per evitare spiacevoli fenomeni irritativi. Questi prodotti non vanno applicati su cute lesa e sul viso.

L’epilatore elettrico

La ceretta a caldo

La pinzetta

E’ il rimedio ideale per una peluria folta e spessa. Le cerette a caldo sono costituite da un mix di sostanze (soprattutto resine e cere) che vengono riscaldate e spalmate sulla pelle, allo stato fuso, nella direzione del pelo. Nel solidificare, inglobano il pelo che così può essere estirpato con uno strappo energico. Il calore della cera consente al follicolo pilifero di aprirsi, facilitando l’operazione. Per contro, il calore, provocando un vasodilatazione, rende questo metodo controindicato per chi soffre di vene varicose o di fragilità capillare.

Con la pinzetta si strappano i peli ad uno ad uno, bulbo compreso. E’ perciò indicata solo per depilare zone limitate come sopracciglia, baffetti, intorno ai capezzoli, ombelico ed eventualmente inguine. Utile anche per i ritocchi, specie dopo la ceretta, oppure per liberare peli incarniti. Il pelo deve essere afferrato il più vicino possibile alla pelle ed estirpato con un colpo secco, tirando nella direzione del pelo. E’ consigliabile disinfettare la zona trattata prima e dopo la depilazione.

La ceretta a freddo Più semplice e più pratica rispetto alla cera a caldo, la cera a freddo deve essere preferita da chi soffre di fragilità capillare e ipersensibilità della cute al calore. La cera a freddo è costituita da vari componenti: il principale, il glucosio, conferisce una consistenza semisolida al preparato. Può essere utilizzata tale e quale oppure sottoposta ad un breve riscaldamento (a bagnomaria o a microonde) per facilitarne l’applicazione sulla pelle. La cera va spalmata nella direzione del pelo e successivamente viene fatta aderire una striscia di tessuto compatto. Con uno strappo energico contropelo è possibile asportare contemporaneamente la cera e i peli che vi sono rimasti intrappolati. Sono anche disponibili in commercio particolari strisce con un sottile strato di cera incorporata. La striscia, dopo un breve riscaldamento fra le mani, va applicata sulla zona da depilare e strappata energicamente.

E’ un’apparecchiatura elettrica nella cui testina sono presenti dischetti o molle rotanti, che, con il loro movimento, imbrigliano i peli e li strappano dal follicolo. L’epilatore va utilizzato come un normale rasoio, facendolo scorrere sulle zone da depilare. Ideale per depilare le gambe, è meno indicato per zone ricche di ghiandole, come inguine e ascelle. Prima di usare l’epilatore può essere utile fare un bagno caldo, per dilatare il bulbo pilifero e facilitare lo strappo del pelo alla radice. E’ consigliabile non applicare nessun prodotto sulla parte prima dell’epilazione poiché potrebbe ostacolare lo scorrimento dell’apparecchio sulla pelle.

La decolorazione Quando la peluria è sottile e rada è preferibile sostituire la depilazione con una semplice decolorazione. Si applica una crema schiarente a base di acqua ossigenata e ammoniaca che in pochi minuti (mediamente 10) decolora il pelo. Questo metodo è idoneo sia per zone circoscritte (baffetti), sia per zone più estese, come braccia e addome. Per scongiurare allergie o fenomeni irritativi è consigliabile fare una prova preventiva in una piccola area. E dopo? Dopo l’epilazione o la depilazione, per ridurre al minimo i “danni” provocati, è d’obbligo idratare la pelle, che può essere “addolcita” con un olio o un latte per il corpo, meglio se ricco di sostanze ad azione lenitiva. E’ inoltre importante evitare di applicare sulle parti trattate saponi, deodoranti e spray profumati per le successive 24 ore.

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motori

GUIDA DIVERSAMENTE ABILE Al recente Motor Show di Bologna Fiat ha riservato uno specifico spazio al Programma Autonomy, iniziativa dedicata alla mobilità delle persone diversamente abili

di Osvaldo Mairani

I

l gruppo torinese è sempre in prima linea quando si tratta di lanciare sul mercato veicoli che rispondano alle più svariate esigenze degli automobilisti. L’ha fatto anche a Bologna in occasione del consueto appuntamento motoristico più famoso d’Italia. Tra le novità presentate spiccano la nuova Panda, la Lancia Ypsilon e il Doblò per la prima volta proposto con un ribassamento del pianale. Su tutti modelli sono stati montati alcuni dispositivi speciali realizzati dagli allestitori Kivi, Handytech, Focaccia e Guidosimplex. Da tempo queste aziende collaborano con Fiat nel settore delle attrezzature per la mobilità assistita. Gli accessori della Panda - allestita dalla società Handytech – consistono in un acceleratore elettronico a cerchiello, posto sotto il volante, e un leva-freno a lungo braccio verticale completo di blocco freno e clacson. Presente anche la porta roto-traslante elettrica che rende la porta posteriore sinistra scorrevole in modo da facilitare il carico a bordo della carrozzina per mezzo di un robot automatico (portata 30 kg). In questo modo è possibile sollevare e inserire la carrozzina e ripiegarla su se stessa all’interno del veicolo. Di spazio come sempre ce n’è in abbondanza sul Doblò Wheelchair Accessible Vehicle, realizzato da Focaccia e omologato a livello europeo come il primo

Doblò accessibile a persone in carrozzina con pianale ribassato. La trasformazione, certificata da Fiat, aumenta l’altezza interna del veicolo fino a 1.400 mm tramite l’abbassamento del pianale e permette alla persona in carrozzina di accedere dalla rampa posteriore con portata 300 kg: un apposito verricello di carico consente l’operazione senza difficoltà. Il Doblò Wav dispone inoltre del nuovo acceleratore Ghost della Guidosimplex, un innovativo sistema di accelerazione applicato direttamente nella parte posteriore del volante. Il suo design è talmente particolare da essere quasi invisibile. Non manca l’elegantissima Lancia Ypsilon allestita dalla Kivi con acceleratore a cerchiello, posto sotto il volante, leva-freno, porta posteriore sinistra roto-traslante a comando elettrico e verricello con braccio snodato fissato alla parte superiore del montante che consente il caricamento manuale della carrozzina dietro il posto guida. Per quanto riguarda gli oggetti, si segnalano inoltre l’esposizione della carrozzina “B-Free Multifunction” oggetto di design e prodotto dell’azienda “Able to enjoy” che, sostituendo in modo semplice alcune parti, può affrontare i terreni e le situazioni più diverse (neve, fuoristrada e sport); e della stampella Tompoma, resistente e leggera, grazie al titanio e alle migliori leghe di alluminio.

direttore Edoardo Beccalossi redazione Paola Castriota, Claretta Pasotti, Paola Gregorio, Magda Biglia, Leonardo Wesendorf, Osvaldo Mairani, Cristina Salfa, Emanuele Sciarra, Cristian Delai contributi speciali Radio Vera fotografia Remio Maifredi, Edophoto, A. Colantonio, Mauro Brunelli impaginazione Francesca Vezzoli pubblicità

info@bresciapubblicita.com info@panoramabresciano.it 030.2191305 / 334.3575976 segreteria info@panoramabresciano.it stampa Pressup via La Spezia 118/c Ladispoli (VT) Chiuso in redazione il 28-11-2011 alle 18,00 Autorizzazione del Tribunale di Brescia Edizioni Le Amazzoni via Genova 8 Brescia www.panoramabresciano.it info@panoramabresciano.it Ogni riproduzione realizzata sia con mezzi meccanici che elettronici è vietata senza autorizzazione scritta dell’editore

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RIDIAMOCI

SU !!

Poco prima di Natale nell’Ufficio Postale di un paesino gli impiegati trovano nella cassetta una lettera con la scritta “Per Babbo Natale”. Decidono di aprirla e di leggerla: “Caro Babbo Natale, sono un bimbo di 7 anni di nome Marco e vorrei chiederti un regalo. La mia famiglia e’ povera, perciò invece di giocattoli ti chiedo di inviarmi mille euro, così anche noi possiamo passare le Feste con gioia”. Gli impiegati della posta, commossi, fanno una colletta e, raggiunta la cifra di 500 euro, la spediscono all’indirizzo del povero bambino. L’anno successivo, nello stesso periodo, nello stesso Ufficio Postale, gli impiegati trovano un’altra busta “Per Babbo Natale”. La aprono e leggono: “Caro Babbo Natale, sono Marco, il bimbo che ti ha scritto l’anno scorso. Vorrei chiederti lo stesso regalo, mille euro. Grazie per aver esaudito il mio desiderio lo scorso anno, ma quest’anno mandami un assegno non trasferibile, perche’ l’altra volta quei ladri delle poste m’hanno fregato 500 euro!”. A Natale siamo tutti più buoni. Se uno ti ruba il posto auto, non rigargli la fiancata... scrivigli Buone Feste! La mia famiglia era così povera che a Natale mio padre usciva di casa e sparava un colpo di pistola; poi rientrava dicendo: Babbo Natale si è suicidato

Una delle renne cade e rimane a gambe all’aria, ma Babbo Natale non si scompone: ha la medicina giusta... il voltaren!

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